Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 17

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sino agli scambj. Essendosi finalmente, dopo varie pratiche, i due
nemici capitani accordati intorno gli articoli della resa, convennero
nelle case di Moore i commissarj degli accordi, dalla parte inglese i
colonnelli Dundas e Ross, da quella dei confederati il visconte di
Noailles, ed il colonnello Laurens. Ai diciannove si fermarono gli
accordi. Fossero le genti da terra prigioniere dell'America, quelle di
mare della Francia; ritenessero gli uffiziali le armi loro, e le
bagaglie; fossero i soldati fatti stanziare, e per quanto possibil
fosse, raccolti in reggimenti nella Virginia, nella Marilandia, e nella
Pensilvania; una parte degli uffiziali dovessero rimaner nella contrada
in compagnia dei soldati; gli altri avessero la facoltà di andarsene
sotto la fede loro, o nei porti americani tenuti dagl'Inglesi, od in
Europa; la Bonetta ritornasse dalla Nuova-Jork, e fosse consegnata al
conte di Grasse. Tutte le navi ed attrezzi navali furono posti in mano
dei Francesi. Gli Americani ritennero le armi terrestri. Sommarono le
navi al novero di venti, tutte da carico, oltre le fregate la Guadaluppa
ed il Fowey. Altre venti erano state arse a tempo dell'assedio. Si
trovarono tra in Jork-town, e Glowcester cento sessanta cannoni, la più
parte di bronzo, ed otto bombarde. Il numero dei cattivi sommò, esclusi
i marinari, a meglio di settemila soldati, ma di questi più di duemila o
feriti, o malati. Morirono degli assediati da cinquecento cinquanta; fra
gli uffiziali di conto nissuno fuori del maggiore Cochrane. Ebbero gli
assedianti da quattrocento cinquanta tra morti e feriti. Deposte le armi
furono i vinti a' destinati luoghi condotti. Se furono grandi, e di
eterna lode meritevoli l'industria ed il valore, che dimostrarono gli
alleati durante l'assedio, lo furono del pari la umanità e le cortesie,
che usarono ai cattivi dopo la vittoria. I Francesi massimamente furono
in questo singolari. Parve che a niun'altra cosa più pensassero che a
quella di riconfortare, e racconsolare con memorabili pruove di
gentilezza e di liberalità i vinti. Nè contenti alle dimostrazioni,
profferirono, e ciò con istanze caldissime, la moneta loro sì pubblica
che privata. Rendè Cornwallis per le sue lettere pubbliche alla cortesia
loro solenne testimonianza. Fatte tutte queste cose, arrivava, il dì
ventiquattro d'ottobre, alle bocche del Chesapeack l'armata inglese
consistente in venticinque navi di fila con due di cinquanta cannoni, e
parecchie fregate. Era essa partita dalla Nuova-Jork il giorno
diciannove. Portava settemila soldati, e veniva in soccorso di
Cornwallis. Ma i Capi udito prima il romore, poscia le vere novelle del
disastro di Jork-town, la ricondussero tosto, tristi e dolenti, alla
Nuova-Jork.
Se al suono della novella di una tanta, e sì gloriosa vittoria si
rallegrassero gli Americani, non è da domandare. Tutti dimenticavano le
passate sciagure, tutti gratificavano a sè stessi colle speranze
dell'avvenire. Nissun dubbio intrattenevano della independenza. Tutti
vedevano, che se la vittoria di Saratoga condotti gli aveva all'alleanza
colla Francia, quella di Jork-town gli doveva condurre alla condizione
di una nazione libera e franca; che se quella era stata causa di una
fortunata guerra, questa doveva esserlo di una avventurosa pace. In ogni
parte degli Stati si fecero feste e rallegramenti a sì gran sollevamento
della fortuna d'America, ed a tanto abbassamento di quella del nemico.
Le lodi di Washington, di Rochambeau; di Grasse e di La-Fayette andavano
sino al cielo: Nè solo i popoli si rallegravano, e ringraziavano; ma il
congresso la riconoscenza di tutti con solenni decreti confermava. Rendè
pubbliche ed immortali grazie ai capitani, siccome pure a tutti gli
uffiziali, e soldati dell'esercito vincitore. Ordinò, si rizzasse a
Jork-town di Virginia una colonna di marmo ornata cogli emblemi
dell'alleanza tra gli Stati Uniti, ed il Re Cristianissimo, e vi
s'inscrivesse la compendiosa narrativa della dedizione del conte di
Cornwallis. Decretò, fosse Washington presentato con due stendardi dei
vinti, il conte di Rochambeau con due cannoni, e si richiedesse il Re di
Francia, perchè fosse contento, si presentasse del pari il conte di
Grasse. Andò altresì il congresso con solenne processione alla chiesa,
per rendere divote e liete grazie all'altissimo Dio dell'avuta vittoria.
Decretò finalmente, che il giorno tredici di dicembre fosse osservato,
come di ringraziamenti e di preci a cagione di quell'evidente aiuto
della divina Provvidenza. Nè a questo si ristettero le dimostrazioni
della gratitudine della repubblica verso del capitano generale della
lega. Gli Stati, le Università degli studj, le Società letterarie con
lettere pubbliche si congratularono, e delle cose fatte molto il
commendarono. Rispose a tutti assai modestamente, affermando, altro non
aver fatto, se non quello, ch'era il dover suo di fare; del rimanente
con acconce parole, e la virtù dell'esercito, e l'util opera del
possente e generoso alleato lodando.
Avrebbe voluto Washington sì fattamente indirizzare l'avuta vittoria,
che ne fossero del tutto gl'Inglesi cacciati dalla terra-ferma. Aveva
principalmente posto l'occhio all'impresa di Charlestown; le quali cose
tutte sarebbergli venute agevolmente fatte, se il conte di Grasse avesse
avuto in poter suo di rimanere più lungamente su quei lidi. Ma i
comandamenti del suo Re, e questi molto risoluti, il chiamavano nelle
Antille. Alla volta delle quali isole, imbarcati i soldati venuti col
marchese di San Simone, ei fece vela il dì cinque di novembre. Le genti
vincitrici di Jork-town, parte si recarono sulle rive del fiume del Nort
per vegghiar le cose di Clinton, che tuttavia si trovava forte nella
Nuova-Jork, parte s'avviarono presso le Caroline per ingrossar Greene, e
confermare alla lega l'acquisto di quelle province. Gl'Inglesi,
abbandonata intieramente la campagna, dentro le mura di Charlestown e di
Savanna si ritirarono. Intorno a questo medesimo tempo partì il marchese
de La-Fayette per alla volta d'Europa desiderato, ed oltre ogni dire
amato da quei popoli. Molto il congresso lo ringraziò dell'opera sua in
favor dell'America. Pregollo ancora, fosse presso i ministri di Francia
ad accordar seco loro le future cose, e molto tenesse presso il suo Re
raccomandata la divota repubblica. Washington si riparò a Filadelfia,
dove sovente si trovava a discorrere, ed a consultar col congresso sopra
i casi della guerra, e le faccende dello Stato. E tanto fece ed operò,
che gli affari appartenenti alla guerra furono per l'anno avvenire più
presto, che nei passati stati fossero, espediti ed apparecchiati. Questo
fu il fine della guerra virginiana, il quale fu anche a un di presso
quello di tutta la guerra americana. In tale modo fu afflitta dal caso
di Jork-town la potenza britannica su quel continente, che d'allora in
poi, disperati gl'Inglesi di poter più instaurar l'impresa, pensarono
non più all'offendere, ma soltanto al difendersi; ed eccettuati i luoghi
forti, o quelli, ai quali aveva l'adito il loro prepotente navilio, che
sono la provincia della Nuova-Jork, le circostanti isole, e le città di
Charlestown e di Savanna, tutto il rimanente era ritornato
all'obbedienza del congresso. Così pel cambiamento della fortuna i
conquistatori diventarono conquistati, e quei, che nel corso di una
crudele guerra l'arte di questa, come da maestri, dai nemici loro
imparavano, in sì fatta guisa se ne informarono, che la fecero tornar in
capo agl'insegnatori.
Nelle Antille intanto la fortuna non si mostrava più propizia
agl'Inglesi, di quanto si fosse mostrata sulla terra-ferma d'America.
Era venuto a notizia del marchese di Bouillé, che il governatore
dell'isola di Santo Eustachio, confidatosi o nella fortezza del luogo, o
nella lontananza dell'armata del conte di Grasse, faceva molto
negligenti guardie. Senza mettere punto tempo in mezzo imbarcò alla
Martinica dodici centinaia di stanziali, ed alcune milizie del paese
sopra tre fregate, una corvetta, e quattro altri legni minori armati in
guerra. Salpò, e volse il corso del suo viaggio a Sant'Eustachio. Per
meglio confermar il nemico in questa sicurtà, nella quale ei s'era
addormentato, diè nome, che se ne iva all'incontro dell'armata francese,
la quale ritornava dall'America. Arrivava la notte dei 25 novembre sopra
l'isola. Ma qui ebbe molto a travagliarsi. L'ira del mare, grosso fuori
dell'usato, non solo l'impedì di sbarcar tutti i suoi soldati, ma ancora
le fregate allontanò dalla riva, ed i palischermi fe' rompere contro gli
scogli. Si adoperò egli con tanta industria, ch'ebbe, comechè non senza
grandissima fatica, posto a terra quattrocento soldati della legione
irlandese con alcuni primi feritori di due reggimenti francesi. Queste
genti separate per mezzo di un mare fiottoso dalle compagne correvano
grandissimo pericolo; poichè il presidio dell'isola sommava bene a
settecento valenti soldati. Ma il marchese di Bouillé da quell'uomo
animoso ch'egli era, nulla punto smarritosi alla difficoltà del tempo,
tosto pigliò quella risoluzione, che sola lo poteva condurre alla
vittoria. Questa fu di spingersi velocemente avanti, ed operar per
sorpresa quello, che per la quantità delle forze non poteva. Arrivò
improvviso vicino alla Fortezza; e tale fu la buona fortuna, e la
celerità sua, e tanta la negligenza del nemico, che trovò la mattina a
buon'ora una parte del presidio, che sicuramente se ne stava armeggiando
sulla spianata. Altri erano sparsi qua e là per le case, e pei
quartieri. Il primo avviso, che ebbero gl'Inglesi della presenza del
nemico, imperocchè anche quando gli videro comparire gli scambiarono per
Inglesi, portando gl'Irlandesi gli abiti rossi, si fu una scarica di
archibusate fatta loro addosso a mezzo tiro, che tolse di vita alcuni, e
molti più ferì. Seguiva una baruffa. Il governatore Cokburn, che in quel
punto ritornava da una cavalcata fatta per diporto, accorso
all'improvviso romore, fu fatto prigioniero. Intanto i feritori francesi
si erano allargati, e girato alle spalle degl'Inglesi si erano alla
porta del Forte accostati. Vi accorrevano dentro disordinatamente
gl'Inglesi, e si studiavano di alzar il ponte levatoio. Ma sopraggiunti
in questo mentre i veloci Francesi, entrarono con quelli alla mescolata.
Sopraffatti gl'Inglesi dall'improvviso caso, e nissun ordine avendo, che
intiero fosse, poste giù le armi, si arrenderono. Così venne tutta
l'Isola di Sant'Eustachio in poter dei Francesi. Fu ricchissima la
preda. Settanta pezzi di cannoni furono il frutto della vittoria. Un
milione di lire, ch'era stato posto in sequestro dagl'Inglesi, fu tosto
dal vincitore generoso restituito agli Olandesi, ai quali apparteneva.
Il governatore Cokburn si richiamò di una somma di dugento
sessantaquattromila lire, come di suo peculio, e questa gli fu con
eguale liberalità consegnata. Ma però Bouillé partì a bottino fra suoi
soldati un milione, e seicentomila lire, che appartenevano
all'ammiraglio Rodney, al generale Vaughan, e ad altri uffiziali
inglesi, ed erano il frutto delle vendite fatte a Sant'Eustachio. Così
furono prima da Lamotte-Piquet, poscia da Bouillé rapite ai rapitori le
ricchezze di quest'isola, sicchè poco rimase in mano loro di sì preziose
spoglie. Le vicine isole di Saba, e di San Martino vennero anch'esse il
giorno dopo in poter dei Francesi.
[1782]
Ma sull'entrar di febbraio dell'anno susseguente i medesimi guidati dal
conte di Kersaint, e portati da sette navi sottili armate in guerra
racquistarono all'Olanda la colonia di Demerary, d'Essequibo, e di
Berbice, dimodochè l'Inghilterra tutte le conquiste dell'ammiraglio
Rodney, nelle quali molto liete speranze di prosperevole mercatura aveva
collocate, con quella facilità e prontezza perdè, colle quali le aveva
fatte. La Francia dal canto suo prima colla preservazione del Capo di
Buona Speranza, poscia col ricuperamento delle colonie si acquistò il
nome di fedele, e disinteressato alleato, ed ebbe cagione di vieppiù
congiungersi con questi benefizj gli Olandesi.
Fatta la conquista di Sant'Eustachio, ed essendo dall'America arrivato
alla Martinica il conte di Grasse, si determinarono i Francesi a
seguitar il corso delle vittorie loro; e trovandosi tanto superiori di
forze sì terrestri, che navali, non dubitavano di avere prosperi, ed
importanti successi. Posero l'animo a voler assaltare l'isola della
Barbada assai ricca; e siccome quella, che è posta a sopravvento
dell'altre, molto accomodata al dominio di tutte. Due volte si avviarono
con tutto l'apparato necessario, e due volte i venti contrarj gli
ributtarono indietro, soffocato in tal modo il valor degli uomini dalla
potestà troppo grande della fortuna. Si risolvettero allora a correre
contro l'isola di San Cristoforo, che è situata a sottovento della
Martinica. Vi arrivò il conte di Grasse il giorno undici di gennaio con
trentadue navi di fila, il marchese di Bouillé con seimila soldati.
Sorse l'armata nella cala di Bassa-terra, dove le genti sbarcarono.
Erano gli abitatori dell'isola scontenti del proprio governo, sia a
cagione della guerra d'America, che sempre avevano condannato, sia per
certe provvisioni, che credettero agl'interessi loro contrarie, fatte
dal Parlamento, e sia massimamente perchè le robe loro, che avevano
ammassate in Sant'Eustachio, erano state poste sì aspramente a bottino
da Rodney, e da Vaughan. Perciò in luogo di ostar ai Francesi, se ne
stettero dall'un de' lati ad osservare. Gli Inglesi si ritirarono dalla
Bassa-terra alla rocca di Brimstone-hill. Erano da settecento fanti
vivi, ai quali vennero poco dopo ad accozzarsi trecento soldati delle
bande paesane. Era governatore dell'Isola il generale Frazer, vecchio
capitano di guerra. Guidava le milizie un Shyrley, governator di
Antigoa. Brimstone-hill è un greppo, siccome di salita assai ripida,
così poco accostevole, e posto a riva il mare, poco distante dalla città
della Punta di Sabbia, che è riputata la seconda dell'isola, e circa
quattro leghe da quella della Bassa-terra, che ne è la capitale. Ma le
fortificazioni fatte sulla cima del poggio non erano alla naturale
fortezza di questo corrispondenti, ed inoltre troppo ampie, perchè
potessero convenevolmente esser difese da sì poco numero di soldati. Non
così tosto furono i Francesi sbarcati, che partiti in quattro colonne
marciarono alla volta di Brimstone-hill, e da ogni parte lo investirono.
E siccome le artiglierie della piazza molto gli tribolavano, così
conveniva loro di procedere con grande temperamento, facendosi avanti
con trincee, e parate di terra. Difettavano grandemente di grosse
artiglierie; perciocchè la nave che le portava, era andata a traverso
presso la Punta di Sabbia. Ma tanta fu la pazienza, e l'industria dei
Francesi, che una gran parte ne ripescarono. Ne fecero anche prestamente
venire dalle vicine isole. Oltreacciò tanto fecero, che s'impadronirono
di alcune assai ben grosse a piè del monte, che erano state mandate
dall'Inghilterra molto tempo prima, e che per negligenza del governatore
non erano state tratte sulla cima. Nè solo pigliarono le artiglierie, ma
ancora una quantità non ordinaria di palle e di bombe. Così le armi e le
munizioni, le quali il governo inglese aveva mandato per difesa della
Fortezza, venute per la trascuraggine degli uomini in mano del nemico
servirono alle offese. Eppure il caso della vicina isola di
Sant'Eustachio avrebbe dovuto tener i Capi di San Cristoforo attenti e
svegliati. Acciviti in tal modo i Francesi di ogni cosa necessaria, e
pigliati sui vicini poggi i luoghi più acconci, diedero mano a
percuotere colle artiglierie la rocca. Quei di dentro si difendevano
francamente, e più che non si sarebbe potuto aspettare da sì debole
presidio. In questo mezzo tempo, tornato dall'America, si ritrovava
l'ammiraglio Hood nella cala di Carlisle nella Barbada con ventidue navi
di fila. Avute le novelle del pericolo di San Cristoforo, quantunque
fosse tanto inferiore di forze al conte di Grasse, si pose in via per
andar a soccorrere l'assaltata isola. Salutata Antigoa dove levò il
generale Prescot con circa due migliaia di soldati, veleggiò poscia alla
volta della cala della Bassa-terra. Alla improvvisa apparizione
dell'armata britannica si risentì tosto il conte di Grasse, e, troncato
ogn'indugio, sciolse le ancore per andarle all'incontro. Ciò fece egli
per poter nel vasto mare meglio giovarsi del maggior numero dei
vascelli, pel quale prevaleva, ed anche per impedire, che Hood non
andasse a porre alla Punta della Sabbia, donde avrebbe potuto
vicinamente soccorrere Brimstone-hill. L'ammiraglio inglese, che stava a
riguardo, fece segno di voler aspettare la battaglia; poscia ad un
tratto indietreggiò, e ciò a fine di tirar il conte di Grasse ad
allontanarsi vieppiù dall'Isola. La qual cosa ottenuto avendo di
leggieri, improvvisamente voltò le prue verso la cala di Bassa-terra, ed
opportunamente valendosi colle sue veloci navi del vento, vi arrivò, e
gettò le ancore in quell'istesso luogo, dove prima le aveva poste
l'ammiraglio francese. La qual cosa non fu senza molto, non solo
cordoglio, ma ancora lode del suo nemico, il quale rimase a questa
maestrevole volta grandemente ammirato. Lo seguitarono i Francesi, e si
attaccò, sebbene con poco frutto, la vanguardia loro con quella
degl'Inglesi. Venne poco poscia con tutta la sua armata il conte di
Grasse, e diè un feroce assalto alla inglese, le navi della quale si
erano affilate di modo, che stavano su due ancore colle poggia rivolte a
terra, e l'orze al mare. Ne fu ributtato non senza grave perdita.
Rinfrescò un'altra volta la battaglia, ma con non miglior evento di
prima. Si astenne allora dal combattere, e se ne andò solamente
volteggiandosi alla larga per bloccar dentro la cala l'armata inglese, e
proteggere le conserve, le quali cariche di munizioni arrivavano dalla
Martinica, e dalla Guadaluppa. Hood, veduto, che i Francesi attendevano
ad altro, che a noiarlo in quella nuova stanza, sbarcò Prescot con
tredici centinaia di soldati, i quali, fatto voltar le spalle ad una
banda di Francesi, che là si trovavano, si posero in un forte
alloggiamento sopra di un poggio. Sperava, che si sarebbe scoperta
qualche occasione di soccorrere la rocca. Ogni cosa pareva promettergli
una gloriosa vittoria. Aveva grandissima confidenza, che per la fortezza
del luogo Frazer si sarebbe potuto tener lungo tempo. E siccome aveva i
certi avvisi, che Rodney, ritornato dall'Europa con un rinforzo di
dodici navi d'alto bordo, si avvicinava, così era certo, che, ove fosse
arrivato, e congiuntosi con esso lui, il conte di Grasse, e più ancora
il marchese di Bouillé avrebbero avuto carestia di buoni partiti. Già si
prometteva nella mente sua la cattività di tutte le genti di Bouillé. Ma
altre cose pensano gli uomini, ed altre ne dispone il cielo. Già il
marchese avendo spacciato duemila soldati contro Prescot, lo aveva
costretto ad abbandonar la Terra, ed a rifuggirsi di nuovo sulle navi.
Da un'altra parte scosse dall'impeto delle artiglierie diroccavano ad
ora ad ora a grandi sfasciumi le mura di Brimstone-hill; ed anzi quella
parte, la quale fronteggiava il campo dei Francesi, tutta era caduta a
terra. Non che una, ma parecchie breccie essendo fatte, vi si poteva
entrar per assalto da ogni banda. Il governatore, perduta ogni speranza
di conservar quella Fortezza, e non volendo aspettar l'assalto, il quale
non avrebbe potuto non riuscir funesto a' suoi, chiese i patti. Furono
essi assai onorevoli pei soldati, utili agl'isolani. In riconoscenza
della valorosa difesa, che dentro fatto avevano Frazer, e Shyrley furono
dal vincitor lasciati liberi, e franchi delle persone loro. Venuta per
la resa di Brimstone-hill tutta l'isola di San Cristoforo in poter dei
Francesi, l'armata dell'ammiraglio Hood, oltrechè lo stanziar in quel
luogo non poteva più esser di alcuna utilità, si trovava esposta, se non
tutta, almeno parte ai colpi delle artiglierie, che sulle più vicine
spiagge avrebbero quelli potuto piantare. Nè era di poco momento la
considerazione di doversi andare a congiungere coll'ammiraglio Rodney,
che di breve si aspettava, o forse già era arrivato alla Barbada. Ma
avendo l'armata francese così vicina, e così grossa, la cosa era piena
di pericolo. Tuttafiata la necessità delle cose non lasciava luogo a
dubitazione alcuna. Laonde la notte, che seguì la capitolazione, essendo
i Francesi lontani a quattro leghe, gl'Inglesi, tagliati i cavi,
acciocchè tutti i vascelli in uno, e nel medesimo punto potessero
pigliar il vento, e l'abbrivo, ed in tal modo viaggiar più rannodati, se
ne partirono, e senza nissun intoppo navigando arrivarono alla Barbada.
Quivi con incredibile allegrezza loro si accozzarono con Rodney, il
quale testè vi era giunto con dodici navi delle più grosse. Fu il conte
di Grasse gravemente accagionato di negligenza, e di poco ardire per non
aver istrettamente bloccato prima, che partisse, o assaltato quando
partiva, o perseguitato, quando era partita l'armata dell'Hood. Lo
scusarono alcuni, allegando, che avesse carestia di viveri; che non
fossero le sue navi a gran pezza sì veloci, quanto le inglesi erano; e
che inoltre in una indispensabile necessità si trovasse di ritornarsene
tosto alla Martinica per proteggervi le conserve, che si aspettavano di
breve dall'Europa. Comechè questa cosa se ne stia, certo è, che queste,
o negligenza, o necessità, e la congiunzione dei due ammiragli inglesi
riuscirono nel progresso del tempo non che di grande, di totale
pregiudizio agl'interessi della Francia, come per le cose, che si
diranno, sarà di mano in mano, a chiunque leggerà, manifesto. In questo
mentre l'isola di Monserrato si arrendè anch'essa all'armi dei conti di
Barras e di Flechin. Approdò il conte di Grasse pochi giorni dopo alla
Martinica.
In tal modo si era la fortuna britannica abbassata sì in America, che
nelle Antille. Ma l'armi del Re Giorgio miglior ventura non avevano in
Europa di quella, che nei lontani lidi dell'occidente si avessero. Che
anzi le cose sue si andavano di giorno in giorno riducendo in peggiore
stato con infinito contento dei confederati, massimamente della Spagna,
la quale ne raccolse prima i frutti. Era il duca di Crillon
desiderosissimo d'impadronirsi del castello di San Filippo, sapendo con
quant'ardore il Re Cattolico bramasse di aver in poter suo tutta l'isola
di Minorca. Perciò nissuna diligenza, o artifizio di guerra aveva
lasciato indietro per superare la Fortezza; e tanto si era acceso nel
batterla, che l'opera delle artiglierie era piuttosto maravigliosa, che
rara. Ma dubitando, che la oppugnazione per la natura del luogo, ch'era
per arte, e per sito munitissimo, e per la gagliarda difesa, che vi
facevano dentro gli assediati, troppo andasse in lunga, seguitò un
consiglio, il qual avrebbe dovuto grandemente abborrire, e questo fu di
sobillare, e di corrompere il governatore Murray, acciò gli desse per
tradimento in mano quella Fortezza, che per forza non si confidava di
potere sì tostamente conquistare. Aveva egli di così fare avuto
commissione dal Re Cattolico, il quale caldissimo essendo in su
quest'impresa di Minorca, non ebbe a disdegno l'abbassarsi ad un atto
tanto indegno della Maestà reale. Rispose gravemente, ed alteramente
Murray a Crillon; che allorquando un valoroso antenato di lui era stato
dal suo principe richiesto, perchè il duca di Guisa assassinasse, aveva
quella risposta dato, che egli avrebbe dovuto dare al Re di Spagna,
quando gli commetteva di contaminar il carattere di un uomo, il
nascimento del quale tanto era illustre, quanto fosse il suo, o quello
del duca di Guisa; non gli scrivesse, o facesse parlar più, perciocchè
ei non voleva più altramente con esso lui comunicare, che per la via
delle armi. Rescrisse Crillon a Murray, che bene stava, e che la lettera
di lui aveva l'uno e l'altro di essi in quella condizione collocati, che
loro ottimamente si conveniva; e che in quella stima lo aveva
confermato, nella quale sempre lo aveva avuto. Ma intanto le cose degli
assediati erano ridotte ad una somma necessità. Quantunque saltati fuora
avessero acremente assalito, e cacciato il duca di Crillon dal capo
Mola, dov'egli aveva il suo principale alloggiamento, ciò nonostante
ricevettero per la debolezza loro maggior nocumento, che utilità da
questa fazione. Non avrebbero essi potuto pel poco numero loro a gran
pezza bastare alla difesa di tanto ampie fortificazioni, quand'anche
tutti fossero stati freschi di salute. Ma molto lontano da questo era il
caso loro. Quei semi di scorbuto, dai quali erano i corpi loro infetti
già prima dell'assedio, ora sviluppandosi, avevano questa mortale
malattia tanto fatto montare, e moltiplicatala, e resala tanto feroce,
che ogni dì appiccandosi ad un gran numero di soldati, questi o
uccideva, o rendeva inutili alla difesa. Di questi effetti erano le
principali cagioni la carestia, o per meglio dire la totale privazione
degli ortaggi, l'essere i soldati stivati nelle sotterranee volte,
l'orribile puzzo di queste, l'incredibile fatica, che duravano nella
difesa della piazza. Allo scorbuto, come se di sè stesso non bastasse a
condurre all'ultimo termine la misera guernigione, vennero a
congiungersi le putride febbri, e la dissenteria, peste tanto fatale dei
campi. Ciò nonostante sopportavano e sani, e cagionevoli con
maravigliosa costanza i mali del corpo, e le fatiche dell'assedio; ed in
ciò erano tanto infervorati, che non pochi già bacati essendo, e tocchi
dai pestilenti morbi gli dissimulavano, ed ostinatamente affermavano
esser sani, perchè non venissero dai Capi loro dalle militari fazioni
esentati. Così pareva, che più per vigore dello spirito, che per
fortezza delle membra reggessero la vita. Alcuni furono veduti morire
stando in sulle guardie. Ma infine più potè la natura inferma, che la
ostinazione degli animi. Nell'entrar di febbraio si trovò il presidio in
tal modo assottigliato, che solo rimanevano seicentosessanta soldati,
che fossero atti o tanto o quanto alle fazioni; e di questi la maggior
parte erano anche infetti di scorbuto. Temevasi, che il nemico informato
di tanta debolezza non andasse all'assalto, e con una battaglia di mano
s'impadronisse del castello. Della qual cosa tanto maggiormente si
dubitava, che le artiglierie già avevano la maggior parte delle difese
superiori diroccate. Dei cannoni i più erano o scavalcati, o rotti, o
imboccati; e tuttavia i nemici continuavano a fulminare. In tale stato
di cose il resistere più lungo tempo sarebbe stato piuttosto bestiale
ostinazione, che umano valore. Si arrendè Murray a patti, i quali furono
molto onorevoli al presidio. Avessero tutti gli onori della guerra;
fossero, data però la fede loro, come prigioni trasportati in
Inghilterra; fosse fatto abilità a tutti i forestieri di ritornarsene
colle persone, e colle robe alle proprie case; ai Minorchesi, che
avevano seguitato le parti d'Inghilterra, fosse conceduto di poter
godersi la patria e tutti i loro beni. Uscivano i cattivi piuttosto
ombre, che uomini, miserabili avanzi di tanti valorosi soldati. Stavano
schierati dall'una parte, e dall'altra i Francesi e gli Spagnuoli.
Precedevano seicento, parte vecchi, parte decrepiti, parte malati, e
tutti emaciatissimi soldati. Seguitavano centoventi reali artiglieri,
poi dugento marinari; venivan dopo pochi Corsi, e forse alcuni più
Greci, Turchi e Mori. Vedevano mesti, e compassivi i vincitori passar in
mezzo di loro i cattivi. Giunti i vinti al luogo, in cui dovevano depor
le armi, diventò anche più pietoso di prima lo spettacolo; poichè quivi
sclamarono cogli occhi pregni di lagrime, che a Dio solo quelle armi
rendevano. La quale cosa non fu senza ammirazione veduta, nè senza lode
raccontata dai generosi vincitori. Fu grande altresì, e degna di onorata
ricordanza la umanità di questi. Onde stringendogli pure la pietà
naturale, e la forza della vera virtù cominciarono i soldati gregarj
stessi a porgergli diversi rinfrescamenti, e con parole cortesi lodavano
la loro costanza. Ma il duca di Crillon, ed il barone di Falkenhayen
niuna cosa tralasciarono, per confortare i sani, se alcuno ve n'era
rimasto, e per curar i malati, e gli uni, e gli altri di quelle cose
fornire, delle quali abbisognavano. In ciò tanto si travagliarono, che
parevano più di quelli, che dei proprj soldati solleciti. Le quali cose,
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