Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 16

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con diciannove navi d'alto bordo, e si avviò verso il Chesapeack, dove
sperava di arrivare prima di Barras. Pare, ch'egli non avesse ancora
nissuna contezza dell'arrivo del conte di Grasse in quel golfo. Ma non
sì tosto potè scoprire di lontano il capo Enrico, che osservò l'armata
francese, la quale consisteva in quel punto in ventiquattro vascelli,
sorta di modo, che dal capo medesimo si distendeva sino allo scanno, che
chiamano il _Middleground_. Si preparava incontanente alla battaglia,
quantunque avesse meno cinque navi del suo avversario. Da un altro canto
il conte di Grasse, veduto comparire l'armata inglese, levatosi con
maravigliosa celerità d'in sull'ancore, ed entrato nell'alto mare
veleggiava, acciò non perturbasse la speranza della vittoria, alla volta
del nemico. L'intenzione dell'Inglese era di combattere una stretta
battaglia, poichè la condizione del tempo era sì grave, che vi andava,
se più si tardasse, tutta la fortuna dell'armi britanniche, ed il
destino di tutta la guerra. Una totale sconfitta avrebbe per
gl'interessi della Gran-Brettagna poco peggiori effetti partorito, che
una battaglia larga e sciolta, la quale non potendo essere
determinativa, avrebbe sempre lasciato i Francesi padroni del
Chesapeack, e per conseguente Cornwallis nel medesimo pericolo. Ma il
conte di Grasse, il quale aveva buono in mano, non voleva recare il
giuoco vinto a partito, nè commettere all'arbitrio dell'incerta fortuna
quello, che quasi già sicura preda teneva in poter suo. Nella qual
risoluzione tanto più si confermò, che quindici centinaia de' suoi
marinari non si trovavano sulle navi, impiegati essendo nel trasportar a
terra i soldati di San Simone; e fu sì subita l'apparizione dell'armata
inglese, che non ebbe tempo a fargli rimontare. Solo si proponeva
d'intrattenere, e di dar tanto impaccio con affronti trascorrevoli, e
lontani al nemico, che potesse Barras sicuramente arrivare nel
Chesapeack. Con questi diversi pensieri andarono all'incontro l'uno
dell'altro i due nemici ammiragli. Si appiccò la battaglia molto aspra
tra le due vanguardie, nella quale però entrarono anche alcune navi del
mezzo. I Francesi, i quali non volevano troppo mordere, nè essere morsi,
avendo anche ricevuto non poco danno, si ritirarono indietro, e
condussero la vanguardia loro a ricongiungersi colla restante armata. La
prossimità della notte, e la vicinanza delle nemiche coste obbligarono
l'ammiraglio inglese a desister dal cercar più oltre di mescolarsi col
nemico. Fu fatto grave danno altresì alla sua vanguardia. I vascelli più
malconci furono il Shrewsbury, il Montagu, l'Aiace, l'Intrepido ed il
Terribile, che anzi quest'ultimo fu sì rotto, che, non potendovisi più
aggottare, fu costretto Graves ad arderlo. Perdettero gl'Inglesi in
questo fatto tra morti e feriti 336 soldati e marinari; i Francesi poco
più di dugento. Continuarono a starsene le due armate l'una a riscontro
dell'altra ancora pei quattro seguenti dì; ma godendo per lo più i
Francesi il sopravvento, e sempre persistendo nella risoluzione di non
volerne venire ad una battaglia giudicata, più non si attaccarono.
Finalmente, quando il conte ebbe inteso, che Barras era entrato sano e
salvo colle navi armate, e colle onerarie nel Chesapeack, si ritrasse
dall'alto mare ed andò a riporsi nel golfo, dond'era partito. Volle
anche la fortuna, in tutto contraria agli Inglesi, che, nell'atto del
rientrar nella bocca di quello, due fregate l'Iride ed il Richmond, che
si erano durante la sua assenza introdotte dentro per portare, sebbene
ciò non sia loro riuscito, spacci a Cornwallis, tolte in mezzo dalle
navi di Francia, rimanessero loro in preda Graves, avendo le navi sue
fracassate essendo il mare diventato tempestoso, e venutogli meno il
disegno d'intraprendere Barras, era alcuni giorni dopo ito ad apportare
alla Nuova-Jork. Divenuti in tal modo i Francesi totalmente padroni del
Chesapeack sbarcarono prima le armi e le munizioni portate dall'Isola di
Rodi, poscia con grandissima sollecitudine si adoperarono a traghettar
colle votate navi da carico, e colle più leggieri fregate l'esercito di
Washington da Annapoli (imperciocchè a capo d'Elk non si era trovato in
pronto sufficiente navilio per operare un tal passaggio) alle bocche del
fiume James, e di là a Williamsburgo. Così fu tolta del tutto la
campagna a Cornwallis, e le genti sue, ch'erano nel torno di settemila
combattenti, si trovarono tutto ad un tratto per un mirabile concorso di
prudenza umana, e di favorevole fortuna cinte da ogni intorno d'assedio,
dalla parte di terra da un fiorito esercito di ventimila soldati,
inclusi quattro migliaia di milizie, e da quella di mare, e per la via
dei fiumi James e Jork da un'armata di circa trenta vascelli di alto
bordo, e da una moltitudine di legni di minore grandezza. Tutto
l'esercito dei confederati si era, come abbiam detto, raccolta dentro
Williamsburgo, la qual città è lontana a poche miglia da Jork-town.
Avevano però mandato una grossa banda di soldati, massimamente cavalli,
sotto la condotta del signor de Choisy, e del generale Wieden a campo
sulla sinistra riva del fiume Jork rimpetto Glowcester per impedire che
di là gl'Inglesi non uscissero a foraggiare. Si erano i Francesi
alloggiati sulla sinistra del campo a rincontro della dritta della città
assediata, distendendosi dal fiume sino alla palude; gli Americani si
eran posti sulla destra, e congiuntisi coi Francesi presso la palude,
accerchiavano quindi la sinistra della città sino al fiume sotto la
medesima.
Avea Clinton, al quale sì grandemente era a cuore il soccorrere
Cornwallis nello stesso tempo, in cui l'ammiraglio Graves si era recato
verso il Chesapeack, mandato a fare una fazione nel Connecticut.
Sperava, tenendo in sulle brighe questa provincia, farvi concorrere una
parte dei nemici; poichè avvisava ottimamente, che rimanendo le forze
loro intere attorno le mura di Jork-town, avrebbe agli assediati
convenuto arrendersi. Era il fine della fazione l'acquisto della città
di Nuova Londra, ricca e prosperante Terra, posta sulle rive del fiume
Nuovo Tamigi. Fu l'impresa commessa ad Arnold, il quale poca prima era
ritornato dalla Virginia alla Nuova-Jork. Era l'accesso del porto di
Nuova Londra reso difficile da due Forti piantati sulle due opposte
spiagge, dei quali uno chiamavano Forte Trumbull, l'altro Griswold.
Sbarcati i regj la mattina molto per tempo, agevolmente si fecero
padroni del primo. Ma intorno al secondo vi fu che fare assai. Vi s'era
gettato dentro a molta fretta il colonnello Ladyard con una banda di
milizie, ed il Forte stesso era gagliardo, consistendo in una murata
quadrata con orecchioni ai quattro angoli. Andarono ciò nonostante i
reali valorosamente all'assalto, il quale se fu feroce, non fu
men'ostinata la difesa. Si combattè prima coll'armi da fuoco, poscia,
quando gl'Inglesi pervennero, sebbene non senza gravissime difficoltà e
notabile strage loro, sulle mura, colle picche molto arrabbiatamente.
Entrati finalmente dentro gli assalitori ammazzarono e chi s'arrendeva,
e chi resisteva. Arse quindi tutta la Terra; chi scrive a caso, chi a
posta. Molte ricche navi vennero in potere di Arnold. Compiuta la
bisogna, non vedendo gl'Inglesi farsi all'intorno alcun motivo in favore
loro, anzi romoreggiandovi i popoli contro, se ne tornarono là,
dond'erano partiti, non senz'aver prima miserabilmente lacerato tutto il
paese, pel quale passarono. Fu questa spedizione dal canto loro una
ladronaia del tutto inutile. Imperciocchè poterono bene a posta loro
tempestare, e furiare nel Connecticut, che Washington, avendo questo
movimento in piccolissimo concetto, non si lasciò smuovere dal suo
proposito, sapendo benissimo, che a colui, al quale ne fosse andata la
vittoria di Jork-town, ne sarebbe anche andata quella di tutta la
guerra. In luogo di mandar genti nel Connecticut le faceva tutte
riscontrare nella Virginia.
Riusciti vani i due tentativi fatti per soccorrere Cornwallis, uno per
mezzo della raccontata battaglia navale, l'altro per quello della
fazione contro la Nuova Londra, Clinton raunò una Dieta di tutti i Capi
dell'esercito e dell'armata, perchè tra di loro esaminassero e
risolvessero quello che far si dovesse. Era a questo tempo arrivato
dall'Europa alla Nuova-Jork l'ammiraglio Digby con tre vascelli d'alto
bordo, ed inoltre un altro di pari portata vi era giunto con parecchie
fregate dalle Antille. E sebbene, nonostanti tutti questi rinforzi,
l'armata inglese non fosse ancora eguale alla francese, tuttavia,
considerata la grandezza del pericolo, e l'importanza del caso,
deliberarono i Capi britannici di porsi in mare, e correre in
sovvenimento dell'assediato esercito. La qual cosa, premendo il tempo,
avrebbe essi voluto fare immediatamente. Ma i racconci da farsi alle
navi rotte dalla battaglia gl'impedirono. Sperarono però, che avrebbero
potuto salpare ai cinque d'ottobre. Questo annunziò Clinton a Cornwallis
per una scritta in cifera, la quale, malgrado l'estrema diligenza del
nemico, gli fu il giorno 29 settembre ricapitata. Questa lettera operò
di modo nella mente di Cornwallis, che, abbandonate tutte le difese
esteriori, si ritirò del tutto dentro la piazza. Della quale risoluzione
gli uomini intendenti della guerra molto, e secondo che a noi pare,
molto meritevolmente il biasimarono, ed alcuni de' suoi capitani stessi
ne lo avevano sconfortato; imperciocchè sebbene il capitano generale gli
avesse annunziato, che aveva ogni ragione di sperare, gli aiuti
sarebbero partiti dalla Nuova-Jork il dì 5 d'ottobre, ciò non di meno ei
doveva considerare, che questa speranza per molte impensate cause poteva
sfallire, e che ad ogni modo i viaggi marittimi sono più di ogni altra
umana impresa soggetti agli accidenti della fortuna. Dal ch'egli è
manifesto, che doveva ogni industria usare, ed ogni sforzo fare per
mandar in lungo la difesa; ad ottener il quale intento le fortificazioni
esteriori gli offerivano un mezzo molto efficace. Erano esse assai
gagliarde; vi si era speso intorno incredibile fatica, e le genti erano
a bastanza numerose, perchè potessero convenientemente difenderle.
L'aver poi le genti medesime stivate dentro di una Terra, o per meglio
dire di un campo trincerato, angusto per tanta moltitudine, le difese
del quale erano tuttora imperfette, ed esposto per ogni dove, eccetto
solo forse nel pendìo della collina verso il fiume, ad essere solcato
dalle artiglierie del nemico, non fu certamente partito, che si possa
lodare. Forse credette, che il restringersi, ed il ritirarsi in dentro,
siccome pareva segno di timore, così sarebbe stato un nuovo sprone alla
baldanza dei Francesi, perchè andassero subito all'assalto, del quale
non dubitava punto di avere una compiuta vittoria. Ma Washington era
altrettanto prudente, quanto animoso; ed i Capi francesi in quelle
lontane contrade erano, ed a gran ragione, avari della vita dei loro.
Tutti poi ripugnavano al rendere dubbia un'impresa, che ogni cosa
annunziava, dover essere certa. Per la qual cosa saviamente deliberarono
di farsi avanti colle zappe nel lavori di una regolare oppugnazione,
prima di voler coll'armi assalire la Fortezza.
Egli è Jork-town, siccome abbiamo detto, una Terra posta sulla destra
riva del fiume Jork. In questa era ridotta tutta la somma della guerra.
L'avevano gl'Inglesi cinta di fortificazioni di diversa sorta. Dalla
parte dritta, cioè superiore, l'avevano munita con un serraglio di
puntoni tra di loro uniti, ed accortinati per mezzo di uno steccato, il
quale sopportava un terrato a foggia di parapetto. I puntoni erano
assicurati vieppiù da palizzate di frecce, e da abbattute d'alberi, e di
terra. Una fondura paludosa si distendeva a fronte di queste opere, e
quivi avevano costrutto un altro grosso puntone frecciato anch'esso, ed
affossato. Questa era la parte più forte della Terra. Da fronte, cioè
nel mezzo del circuito della piazza, avanti il quale girava anche la
fondura, le difese consistevano in una tela di grosse palificate, ed in
batterie, che guardavano i dicchi, che a traverso la palude davano
l'adito alla palificata. Sul lato sinistro della fronte avevano alzato
un'opera a corno affossata anch'essa, ed impalizzata; e quantunque non
ancora perfetta fosse, nondimeno già vi avevano aperte alcune
cannoniere. La parte sinistra poi, ch'è la inferiore, era assicurata da
puntoni, e da semplici batterie accortinate con alzate di terra. Due
altri piccoli, e non ancora finiti ridotti erano stati costruiti alcuni
passi più in fuori verso la campagna, affine di dar maggior forza a
questa parte, di verso la quale credevano principalmente avessero a
venir le offese. Quivi la campagna era o piana, o solcata da stroscie,
ed opportuna agli assediatori. Lo spazio poi dentro le fortificazioni
era molto stretto, e mal sicuro alla guernigione. Dall'altra parte del
fiume, vale a dire a Glowcester si era fatta un'altra cinta con terrati,
e batterie, dove meglio il sito lo consentiva, ma però di poco momento.
Incominciarono i confederati a lavorare alle trincee la notte de' 6
ottobre. Nel che procedendo con cautela, fecero, nonostante che quei di
dentro non avessero mancato di noiargli colle artiglierie, tanto frutto,
che non tardarono a condur a termine tutta la prima circonvallazione, a
rizzarvi su le batterie, ed a mostrar alla piazza poco meno di cento
bocche da fuoco delle più grosse. Contro tanto impeto non avrebbero
potuto resistere le meglio edificate mura, non che quelle di Jork-town
ancora imperfette. Erano gl'Inglesi occupati non solo nel difenderle e
ripararle, ma ancora in finirle. In pochi giorni la maggior parte dei
cannoni loro erano soffocati, le difese levate, e le bombe traboccavano
a copia in ogni luogo, e perfino, oltrepassata la Terra, nel fiume, dove
appiccarono il fuoco, ed arsero la fregata il Caronte. Si vedeva
manifestamente, che il valor non bastava contro tanto furore, e che non
avrebbe la difesa potuto durar lungo tempo. Le artiglierie degli
assedianti erano governate dal generale americano Knox, il quale così in
questa, come in tutte le altre fazioni della guerra meritò lodi di
ottimo bombardiere, e fu operatore, che i suoi in ciò tanto
profittassero, che i Francesi stessi restavano maravigliati
all'industria loro nel maneggiare questa sorta di armi.
In mezzo a tanto pericolo ricevè Cornwallis lettere da Clinton, per le
quali ei gli faceva intendere, che sperava, che l'armata soccorritrice
avrebbe potuto passar lo scanno, ed entrar nell'alto mare il dì 12 di
ottobre, salvi i venti, e gli accidenti contrarj. Lo avvertiva però, che
tutte queste cose erano molto soggette a ingambature; e perciò gli
facesse a sapere, se potesse tenersi sino alla metà di novembre; poichè
nel contrario caso avrebbe egli fatto un motivo per la via di terra,
correndo contro la città di Filadelfia. Il che avrebbe fuor di dubbio
fatto una possente diversione in suo favore. Così scrisse il capitano
generale a Cornwallis. Perchè poi nei concieri da farsi alle navi si sia
più tempo consumato di quanto i Capi britannici si erano fatti a credere
da principio, e come in ciò si siano ingannati sì grossamente, che
invece di uscir dal porto della Nuova-Jork ai cinque d'ottobre, come
annunziato avevano, non siano usciti, che ai diecinove, a noi non è
noto. Certo è, che l'annunzio, e l'inopinato indugio furono causa, che
si perdè l'esercito. Imperciocchè Cornwallis stando a speranza del
vicino soccorso persistette nella difesa, e si astenne da quelle
risoluzioni, che lo avrebbero potuto salvare. Nel che però, se egli si
può scusare, dopo ch'ebbe la prima lettera di Clinton ricevuto, colla
quale questi gli aveva annunziato che l'armata sarebbe partita il dì 5
d'ottobre, non lo è ugualmente, siccome pare, dopo ricevuta la seconda,
per la quale seppe, ch'essa armata non poteva mettersi in via, se non se
ai dodeci, lasciata anche la partenza medesima molto in dubbio. Non
mancarono alcuni fra i capitani britannici, i quali furono confortatori,
abbandonasse quelle fievoli mura, ritirasse improvvisamente l'esercito
sulla sinistra riva del fiume, altro scampo cercasse alla sua salute. Lo
consigliarono, trasportasse la notte la maggior parte delle sue genti a
Glowcester; il che si poteva agevolmente fare per la copia del navilio,
che si aveva in pronto dentro il fiume; rompesse, cosa anche facile ad
ottenersi pel caso impensato, e per la superiorità delle forze, la
schiera del signor de Choisy. Mostrarono, che allora si sarebbe trovato
l'esercito in quella fertilissima regione, che è posta tra i due fiumi
Jork e Rappahanock, dove per non aver essa fin allora patito nissuna
percossa d'armi, si sarebbero trovati cavalli e vettovaglie in
abbondanza; che si sarebbe potuto dilungare, marciando velocemente, di
cento miglia dal nemico; che si sarebbe potuto proteggere la ritirata
con una coda di tremila soldati valentissimi a piè ed a cavallo.
Argomentarono, che una volta guadagnate le Terre oltre il fiume Jork, si
sarebbe potuto deliberare, se si dovesse correre verso Filadelfia per
andarsi a congiungere con Clinton il quale vi sarebbe venuto per la
Cesarea, ovvero volgersi verso le Caroline, tenendo le vie superiori per
poter guadar i fiumi sopra le diramazioni loro; che l'uno e l'altro
partito offerivano pure qualche speranza di salute; perciocchè
Washington non avrebbe potuto tostamente passare il fiume per
seguitargli, a cagione del mancamento delle navi, e non sapendo a qual
meta s'indirizzassero, sarebbe stato costretto a dividere in più parti
il suo esercito. Aggiunsero, che quando anche avesse avuto prontamente
le novelle della via, che intrapreso avessero, non avrebbe potuto tener
loro dietro velocemente; perchè non avrebbe trovato nè stanze
sufficienti per alloggiare, nè forni per ispianar pane, che bastasse ad
alimentare tanta moltitudine. Concludettero, che il rimanere era un
abbandonarsi in una perdita certa, e che l'andarsene poteva offerire
qualche occasione di salvamento; e che in ogni caso la generosa impresa
avrebbe con nuovo splendore le armi del Re illustrato. Se è fisso
colassù, dicevano, che sì fiorito esercito non possa dalla cattività
scampare, ciò non sia, se non dopo ch'esso abbia ogni sforzo fatto per
allontanarla, e dopo d'aver onorato nome acquistato, e chiara fama
presso gli uomini valorosi. Non volle Cornwallis, checchè di ciò ne sia
la cagione, prestar orecchio a questi consiglj, e si risolvette a voler
continuare a difendersi dentro le non difendevoli mura. Fors'ei
credette, poter resistere più lungo tempo, dover gli aiuti arrivar più
presto, e non potere, se questi fossero arrivati, venir escusato presso
il suo Re, quando nella ritirata perduto avesse l'esercito. Pensò forse
finalmente, che l'incertezza di salvarlo per mezzo della ritirata fosse
altrettanto grande, quanto quella dell'arrivo dei soccorsi. Ma quello,
che ne fosse la cagione, già le cose si volgevano a quel fatal fine, al
quale erano incamminate. I confederati s'erano posti intorno i lavori
della seconda circonvallazione, e con incredibile diligenza procedendo
molto s'avanzavano. Era ella soltanto a trecento passi dalla piazza.
Cercarono gl'Inglesi d'impedirgli cogli obici e colle bombarde. Ma gli
altri colle artiglierie della prima circonvallazione, che continuamente
fulminavano, operarono di modo, che gli assediati non solo non poterono
guastare, o ritardar i lavori, ma ancora furono in sì fatta guisa
battute le cannoniere sulla sinistra parte, che le artiglierie di dentro
non potevano più fare effetto alcuno. Il che fu di tanto maggior
pregiudizio, che verso quella appunto quei di fuori distendevano le
trincee loro. Rimaneva a poterle compire, che si cacciassero gli
assediati dai due ridotti esteriori, dei quali abbiam favellato, e
ch'erano situati sulla sinistra della Terra. Comandò Washington, si
pigliassero d'assalto. E per destar emulazione fra le due nazioni,
commise l'assalto del ridotto destro posto a riva il fiume agli
Americani, quello del sinistro ai Francesi. Erano i primi condotti dal
marchese de La-Fayette, e dal colonnello Hamilton, aiutante di campo di
Washington, giovane di grandissima aspettazione. Si trovava pure con
essi il colonnello Laurens, figliuolo del presidente, ch'era tenuto
prigione nella Torre di Londra, giovane anch'esso di alta speranza, e
che avrebbe dato pruove della sua virtù, se un'acerba morte non l'avesse
poco dopo alla sua famiglia ed alla patria tolto. Guidava i secondi il
barone di Viomenil col conte Carlo di Damas, ed il conte di Due-Ponti. I
capitani confortavano gli uni, e gli altri, combattessero con animo
forte; quell'ultima fatica dover partorire una perpetua quiete. Andarono
all'assalto con impeto grandissimo. Dall'esito di esso dipendeva
massimamente quello dell'assedio. Approssimaronsi gli Americani cogli
archibusi scarichi, e solo confidandosi nell'opera delle baionette.
Arrivati, senza aspettare, che si rimuovessero gli ostacoli delle
palificate, ma superatigli con grandissima celerità, saltarono dentro.
Non così tosto si erano gli Inglesi messi in punto di difendersi, che
furono dall'improvviso impeto oppressi, e se fu grande nell'assalto la
virtù dei vincitori, non fu minore la umanità dopo la vittoria.
Concedettero la vita a tutti coloro che la domandarono, malgrado le
recenti crudeltà esercitate a Nuova Londra. L'uffiziale inglese si
arrendè a Laurens, il quale in questo fatto si portò da uomo valoroso,
ed acquistonne buon nome presso i suoi. Pochi soldati vi perdettero la
vita da ambe le parti. Dall'altro canto vi fu maggiormente che fare. Ma
infine i primi feritori, ed i granatieri francesi incuorati dai Capi,
superati tutti gli ostacoli, entrarono dentro colle baionette appuntate,
e si fecero padroni del ridotto. Così furono con non minor gagliardìa,
che utilità loro guadagnati dai collegati i due ripari. Presentò
Washington i due reggimenti Gatinese, e di Due-Ponti, i quali si erano
trovati nel fatto, con due cannoni di quelli, che conquistati avevano.
Non fecero gli assediati nissun motivo per ricuperar i due ridotti, e
tosto gli assedianti gli rinchiudettero dentro la seconda
circonvallazione, la quale si trovò allora compiuta sino al fiume. Ora
la condizione degli assediati era diventata pericolosissima, e quasi
disperata. Prevedeva ottimamente Cornwallis, che quando quei di fuori
avessero piantate le batterie sopra la seconda circonvallazione, e con
queste fulminato la piazza, non vi poteva più essere speranza alcuna di
poter resistere. Le artiglierie sue erano la maggior parte o imboccate,
o rotte, o senza carretti, i fossi scassati, le mura intronate, e quasi
tutte le difese levate. Era egli a tanto bassamento condotto, che
perduto l'uso delle artiglierie più grosse, appena che potesse dar segno
di difesa col trarre degli obici, e di alcune più piccole bombarde.
Oltre di ciò stavano i confederati apparecchiando certe batterie per
trarre in arcata, e non si aveva dentro alcun riparo contro le offese
delle palle di rimbalzo. In questo stato di cose, affine di ritardare,
per quanto fosse in poter suo, il compimento delle batterie nemiche
sulla seconda circonvallazione, si risolvette il capitano britannico a
fare una sortita per farvi tutto quel guasto che potesse. Non credendo
però, neanco con questo spediente, potere sbrigarsi dal pericolo in cui
si trovava, nè prolungar le difese lungo spazio, scrisse a Clinton, che,
essendo esposto ogni ora ad un assalto dentro fortificazioni rovinate,
in una Terra poco atta alle difese, e con un presidio infievolito dalle
ferite e dalle malattie, la condizione della Fortezza era molto incerta,
e non portava il pregio, che l'armata, e le genti della Nuova-Jork si
mettessero a qualche sbaraglio per soccorrerlo. Salivano gl'Inglesi
dalla Terra la notte dei sedici sotto la condotta del colonnello
Abercrombie, ed ingannati i nemici coll'aver dato voce, che fossero
Americani, s'impadronirono di due batterie della seconda
circonvallazione, una francese, e l'altra americana. Non pochi de'
Francesi, che le difendevano, rimasero uccisi. Inchiodarono undeci pezzi
di grosse artiglierie, e maggior male avrebbero fatto, se non che il
visconte di Noailles, spintosi avanti prestamente, gli rincacciò, e
rimesse dentro. Questa sortita riuscì del tutto inutile agli assediati,
poichè per l'industria dei Francesi e le opere furono in breve tempo
rassettate, e le artiglierie schiodate. Ora tutti i cannoni della piazza
erano spenti; solo gli assediati briccolavano ad ora ad ora nel campo
degli assedianti qualche bomba, ma ciò con poco frutto, e già veniva
loro meno la provvisione delle bombe. Erano i soldati assai diradati,
perduti d'animo, rifiniti dalle fatiche. Niuna speranza rimaneva di
difesa; un assalto sarebbe stato irreparabile. Stretto Cornwallis da
ogni parte, e disperato delle cose fu costretto di pensare per lo scampo
suo a nuovi rimedj. Per la qual cosa deliberò di appigliarsi a quel
partito, che avrebbe dovuto prima, quando era ancor tempo, abbracciare,
e questo fu di far passare improvvisamente il fiume alle sue genti, e
cercar quello, che sulla sinistra riva del medesimo determinasse la
fortuna. Avvisava, che quando anche non potesse sfuggir la cattività,
l'avrebbe almeno per qualche tempo ritardata, e che ad ogni modo i
confederati occupati nel perseguitarlo, non avrebbero potuto sì tosto
volger l'animo e l'armi ad altre imprese. Si preparano le barche; la
notte vi s'imbarcano le genti, si lascian dietro le bagaglie, una
piccola schiera, perchè capitoli, i feriti e malati, che non si possono
trasportare, una lettera di Cornwallis a Washington per raccomandargli
alla generosità del vincitore. Già una parte è sbarcata a Glowcester;
già un'altra ha afferrato; già si aspettavano le rimanenti; i venti
erano in calma, le acque tranquille, tutte le circonstanti cose parevano
il nuovo disegno favoreggiare. Ma in questo arrischievole momento ecco
improvvisamente sorgere una spaventevole bufera, che ogni cosa trasse a
rovina. Le navi, che trasportavano le restanti genti ne furono di forza
spinte all'ingiù del fiume, e l'esercito si trovò ad un tratto diviso in
varie parti, le quali tra di loro non potevano comunicazione avere, nè
vicendevolmente aiutarsi. Il pericolo era grande. Già si avvicinava la
luce del dì. I nemici avevano posto mano ad allumare le artiglierie loro
della prima e della seconda circonvallazione, e con orribile rimbombo e
fracasso fulminavano la Terra. Le bombe traboccavano a copia nel fiume.
Ma la tempesta intanto si era tranquillata, le barche poterono
ritornare, ed essendo stato chiuso dall'inesorabile fortuna quest'ultimo
spiraglio di salute agl'Inglesi, se ne tornarono essi, sebbene non senza
pericolo durante il tragitto, là, dov'erano sicuri trovare od una certa
morte, od un'inevitabile cattività. Occuparono pertanto di nuovo
Jork-town. Cornwallis non vedendo alle cose sue rimedio alcuno, ed
anteponendo la vita de' suoi valenti soldati all'onore, che avrebbero
potuto acquistare in un mortalissimo assalto, mandò per mezzo di un
tamburino dicendo a Washington, si cessassero le offese lo spazio di
ventiquattr'ore, e si creassero intanto da ambe le parti commissarj per
accordar l'arrendimento dei posti di Jork-town, e di Glowcester. Rispose
il generale dell'America (imperciocchè non voleva andar tanto in là col
tempo pel sospetto degli aiuti), che concedeva una tregua di due ore;
proponesse in questo mezzo i patti. Avrebbe desiderato Cornwallis, che i
suoi avessero la facoltà di ritornarsene alle case loro, gl'Inglesi in
Inghilterra, i Tedeschi in Germania, dando però la fede di non portar le
armi contro la Francia, e l'America sino agli scambj. Desiderò altresì,
si regolassero gl'interessi di coloro fra gli Americani, i quali
l'esercito britannico seguitato avevano, ed erano venuti a parte della
sua fortuna. Ma nè l'una, nè l'altra di queste condizioni potè
impetrare, la prima, perchè il Re d'Inghilterra non potesse i soldati
cattivi adoperare nelle guernigioni interne, la seconda, perchè quella
era una bisogna civile, fuori dell'autorità dei Capi della guerra.
Rispetto però a quest'ultima tanto operò, che ottenne la facoltà di
mandar per ispaccio, e senza che potesse essere ricerca, alla Nuova-Jork
la corvetta la Bonetta. Solo fu obbligato di promettere, che tutte
quelle persone, che vi si sarebbero imbarcate, dovessero esser poste al
ragguaglio dei prigionieri di guerra, ed in tale condizione rimanersi
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