Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 12

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furono queste due nazioni nel decimo settimo secolo celebrate.
Esercitavano gli Olandesi nel mare Baltico un fioritissimo commercio coi
proventi delle colonie loro, ed essendo come quasi i fattori generali
diventati del traffico tra le nazioni settentrionali, e meridionali
d'Europa, ne avevano grandissime ricchezze acquistato. Oltreacciò i
paesi di verso tramontana erano quelli, nei quali andavano a far
procaccio di tutti gli oggetti alle construzioni navali necessarj. La
qual cosa molto più frequentemente usavano di fare, dopo ch'era nata la
guerra colla Gran-Brettagna, a fine di poter allestire il navilio
necessario, e mantener le possessioni, il commercio e la dignità della
repubblica. Conciossiachè molto mancava, che i suoi arsenali nel momento
della rottura fossero forniti delle cose, che abbisognavano. Non
isfuggiva agl'Inglesi, di quanta importanza fosse e l'interrompere
questo commercio, e l'impedire l'accivimento degli arsenali. Per la qual
cosa molto per tempo, e perfino dal mese di giugno avevano fatto uscire
con quattro grossi vascelli, ed uno di cinquanta l'ammiraglio
Hyde-Parker, padre di quell'altro, che militava nei mari d'occidente,
vecchio, ed espertissimo capitano di mare. Gli fu commesso, andasse a
correre i mari di tramontana, facesse quel maggior male, che potesse, al
commercio olandese, e ritornandosene a casa, sotto la sua tutela
pigliasse, e convogliasse una ricca conserva, che era raccolta, e pronta
al viaggio nel porto di Elseneur. Eseguì diligentemente Hyde-Parker i
comandamenti del suo Re, e già rivenuto dal Baltico segava colla
conserva le acque del mare d'Allemagna. Si erano dopo la sua partenza da
Portsmouth seco lui accozzate altre navi, tra le quali una di 74
chiamata il Berwick, una di 44 nominata il Delfino, e parecchie fregate,
dimodochè arrivava la sua flotta a sei navi d'alto bordo, oltre il
Delfino, e le fregate. Ma gli Olandesi non erano in questo mezzo tempo
stati neghittosi; anzi con incredibile sforzo operando avevano
apparecchiato una flotta di sette navi di fila con parecchie fregate, e
fuste armate in guerra. Ne davano il governo all'ammiraglio Zoutman, ed
al comandante Kindsberghen. Mettevasi Zoutman in mare verso la metà di
luglio con una conserva di legni mercantili destinata pel Baltico, sino
al quale intendeva di scortarla. Venne in questo mentre a congiungersi
seco lui una grossissima fregata americana, denominata il Charlestown.
S'imbattè la mattina dei 5 agosto coll'ammiraglio Hyde-Parker sopra lo
scanno detto Doggers-bank. L'armata d'Inghilterra aveva il sopravvento.
Veduto il nemico così gagliardo, mandavano al viaggio loro le navi della
conserva accompagnate dalle fregate; colle grosse si scagliavano contro
gli Olandesi. Questi, scoperto il nemico, fatt'anch'essi ritirare in
dietro verso i porti loro la conserva, si ordinavano animosamente alla
battaglia; poichè nel desiderio di questa non erano meno ardenti, che
gl'Inglesi si fossero. Si attelavano gl'Inglesi con sette navi, tra le
quali una di 80, ma questa vecchia e sdruscita, due di 74
gagliardissime, una di 64, una di 50, e finalmente una ultima di 44. Gli
Olandesi si affilavano anch'eglino con sette navi, una di 76, due di 68,
tre di 54, ed una di 44. Le fregate spigliate, e leggieri fuori della
fila se ne stavano pronte a correre, ove d'uopo facesse. Correva a piene
vele, e col vento in fil di ruota l'armata inglese contro la olandese,
che, ferma e ne' suoi ordini ristretta, l'aspettava. Un silenzio
profondo, ch'è segno per l'ordinario dell'ostinazione, regnava su tutte
a due. Nissun romore si udiva, se non se quello del cigolar delle
girelle, del fischiar del vento, e del fremere dell'onde. Stavano in
attitudine aspra arringati coll'armi in mano i soldati aspettando il
segno della battaglia, e gli artiglieri colle corde accese presso il
focone dei cannoni. Nissuno trasse, finchè non furono le due armate
vicine l'una all'altra ad una mezza gittata di moschetto. Si appettarono
le due capitane, cioè la Fortezza, su cui si trovava Hyde-Parker, e
l'Ammiraglio Ruyter, sulla quale era Zoutman, ed incominciarono una
ferocissima battaglia. Non tardarono a mescolarsi anche le altre, e
diventò essa tosto generale. Prevalevano gli Olandesi per la grossezza
delle artiglierie, e per le fregate, massime per la Charlestown, le
quali velocemente aggirandosi qua e là, ferivano da fianco le navi del
nemico. Prevalevano all'incontro gl'Inglesi, essendo essi più maneschi,
e le navi loro più maneggevoli, per la spessezza dei tiri. Si combattè
da ogni parte con grandissimo ardore, e con pari sorte lo spazio di tre
ore e mezzo, o di vantaggio. Non potevano gli Olandesi esser cacciati
dal luogo loro, e gl'Inglesi ogni altra cosa piuttosto si avrebbero
eletta, che di partirsi senza vittoria. Ma la forza degli elementi
quegli effetti produsse, ai quali ripugnava la rabbia degli uomini.
Erano le navi dall'una parte, e dall'altra sì fattamente malconce, che
più non si potevano governare. Si lasciavano, come legna morte,
trasportare all'ondeggiar dell'acque. Questo le separò di tanto spazio,
che più desiderarono, che potessero combattere. Ricevettero le navi
inglesi inestimabile danno negli alberi, nelle vele, e nel sartiame.
Volle Hyde-Parker, dopo pigliato breve rifiatamento, riordinar le sue
navi, e ricominciar la battaglia, quando tuttavia Zoutman se ne stava.
Volle seguitarlo, quando lo vide partire alla volta del Texel. Ma tutto
fu indarno. Vennero meno nello sforzarsi. Nè in miglior condizione si
trovavano le navi olandesi, mentre se ne andavano. A questa cadeva un
albero, a quella un altro. Ora un capitano mandava dicendo a Zoutman,
che il muoversi gli era divenuto impossibile; ora un secondo, che
tant'era l'acqua dentro le sfesse navi, che non si poteva aggottare; ora
un terzo, che andava a fondo; ed ora se ne udiva un quarto trar le
cannonate di misericordia. La nave la Olanda affondò a trenta leghe
distante dal Texel, e fu sì presto il caso, che la fuggente ciurma
lasciovvi dentro abbandonati a certa morte i miseri feriti. Le altre
rimorchiate dalle fregate si condussero, comechè non senza grave fatica,
a salvamento nei porti. Perdettero gl'Inglesi tra morti, e feriti da 450
soldati, tra i quali alcuni uffiziali di conto. Tra i morti fu con somma
lode rammentato il capitano Macartney, il quale aveva guidato la nave la
Principessa Amelia. Ma se fu mirabile la virtù sua, non fu minore quella
del giovine Macartney suo figliuolo, il quale fanciullo ancora di sette
anni se ne stette continuamente a' fianchi del capitano, mentre più
ardeva la pugna, essendo stato infelice, ma forte testimonio della morte
del padre. Lord Sandwich, capo del maestrato sopra le cose navali,
avendo l'ucciso capitano in questa vita lasciato una numerosa famiglia,
e poche facoltà, lo adottò in suo figliuolo. Nè qui si ristettero le
lodi date in Inghilterra ai combattitori della giornata di Doggers-bank.
Lo stesso Re Giorgio, giunto che fu l'ammiraglio Hyde-Parker nel porto
di Nora, lo andò a visitare a bordo della sua nave, e molto commendò e
questo, e gli suoi uffiziali pel calore dimostrato in quel pericoloso
cimento. Ma il vecchio Hyde-Parker, uomo brusco, e, siccome marino,
solito a svertarla, essendo gonfiato contro l'uffizio dell'ammiragliato,
perchè avendogli dato sì poche forze, gli avesse rotto la occasione di
una segnalata vittoria, disse a buona cera al Re, che gli desiderava più
giovani uffiziali, e migliori navi. Che in quanto a lui era diventato
tropp'oltre cogli anni, perchè potesse più lungamente servire. E
poterono bene il Re, i cortigiani, ed i ministri dire a posta loro,
ch'egli se ne stette sodo, e domandò licenza. Nè in Olanda il pubblico,
ed i maestrati furono avari delle lodi verso i loro capitani, e soldati,
che nella battaglia dei 5 agosto avevano sostenuto l'antica riputazione
del nome olandese. Scrisse il Principe Statholder lettere pubbliche a
Zoutman commendandolo, e molto ringraziandolo, in nome della repubblica,
e da sotto-ammiraglio, ch'egli era, lo creò vice-ammiraglio. Nominò
sotto-ammiragli i capitani Dedel, Braam, e Kindsberghen. Con grandissimi
onori poi proseguirono il conte Bentinck, mentre portato a riva, e
trafitto da cassale ferita se ne moriva. Aveva questi durante la
battaglia non meno espertamente che animosamente il vascello il Batavo
governato. Lo crearono anche, prima che morisse, sotto-ammiraglio. La
perdita degli Olandesi tra uccisi, feriti e sommersi fu maggiore di
quella degl'Inglesi. Tale fu l'esito della battaglia navale di
Doggers-bank, la più ordinata, e la meglio combattuta di tutta la
presente guerra. Chi ne avesse il vantaggio, egli è incerto. Ma certo è
bene, che gli Olandesi, essendo stati costretti a rientrar nei porti pe'
gravi danni sofferti, dovettero torsi giù dal disegno loro che era stato
di recarsi nei mari di tramontana. La nazione olandese però si levò
universalmente a nuove speranze, e si rinfrescò nel cuore di tutti la
virtù dei passati tempi.
Tosto che fu il conte di Guichen rientrato nel porto di Brest, si fecero
in Francia nuovi disegni. Conoscevano benissimo i ministri, che il conte
di Grasse si sarebbe fra breve trovato in bisogno di aiuti sì marittimi,
che terrestri. Imperciocchè nei mari dell'Antille e vi sono assai scarse
le provvisioni navali, e la natura del cielo, e dell'acque è tale, che
vi si logorano prontissimamente le navi. Oltreacciò sebbene si credeva,
che le forze colà mandate nel precedente, e nel presente anno fossero
sufficienti a compir i disegni, che fatti si erano sulla terra-ferma
d'America, e contro le isole inglesi più deboli, tuttavia a voler far
l'impresa della Giamaica, alla quale continuamente stimolava la Spagna,
vi abbisognavano più gagliarde armi sì da terra, che da mare. Nè era
nascosto a coloro, i quali reggevano lo Stato, che per ricuperar le cose
perdute nell'Indie orientali, era mestiero mandarvi nuove forze, e che
di più vi s'incominciava a difettar grandemente di armi, e di munizioni
da guerra. Per le quali cose tutte si ammassarono con grandissima
diligenza nel porto di Brest armi e munizioni destinate ad esser portate
nelle Indie. Vi si facevano marciar i soldati, e sollecitamente si
lavorava a risarcir il navilio, ed a metterlo in punto ad uscire. Infine
essendo ogni cosa in pronto, salpavano il conte di Guichen colla grossa
armata, il marchese di Vaudreil con una flotta più sottile, e le due
conserve per le Indie occidentali, ed orientali. Doveva Guichen, fatto
che avesse la posta a quest'ultime sino all'alto mare, e condottele
fuori del pericolo delle flotte, che stanziavano nei porti
d'Inghilterra, volgersi a ostro; ed andar a congiungersi coll'armata
spagnuola nel porto di Cadice. Quest'era per impedire i soccorsi, che
dalla Gran-Brettagna si sarebbero potuti mandare a Minorca. S'intendeva,
che Vaudreil conducesse i novelli soldati nelle Antille, e
congiungessesi col conte di Grasse per far unitamente agli Spagnuoli
l'impresa della Giamaica. Da lungo tempo non erano uscite dai porti
francesi conserve sì numerose; nè che sì importante carico portassero di
fornimenti guerreschi. Si ebbero in Inghilterra tosto dello smisurato
apprestamento le novelle, sebbene vi s'ignorasse, se per colpa dei
ministri, o altrimenti, che dovesse essere accompagnato da sì gagliarde
armi navali. Fu perciò commesso il carico all'ammiraglio Kempelfeldt,
perchè uscisse al mare con dodici navi di fila, una di 50, e quattro
fregate per correre contro le conserve. Ma Guichen aveva diecinove navi
delle più grosse, e Kempelfeldt, in vece di pigliar altrui, correva
pericolo di esser pigliato egli. Ciò nonostante fece la fortuna quello,
che gli uomini non potevano fare. Il giorno dodici di dicembre
l'ammiraglio inglese, essendo il tempo brusco, ed il mare fiottoso,
s'incontrò nella conserva francese, e sì fattamente ebbe la buona
ventura, che in quel punto trovandosi egli a sopravvento della conserva,
l'armata francese ne era a sottovento, e perciò fuori di facoltà di
soccorrerla. Giovossi l'Inglese molto destramente della favorevole
occasione, e dato dentro pigliò venti bastimenti, alcuni ne mandò a
fondo, ed i rimanenti disperdette. Più ne avrebbe pigliato, se il tempo
fosse stato più chiaro, il mare più tranquillo, ed avesse avuto maggiore
numero di fregate. Intanto sopraggiunse la notte. L'uno e l'altro
ammiraglio avevano le navi loro raccolto e rannodato. Viaggiava di
conserva Kempelfeldt tutta la notte con animo, subito che fosse spuntato
il nuovo dì, di dare la battaglia al nemico, tuttavia ignorando qual
fosse la forza di lui. Infatti la mattina lo discoprì a sottovento; ma
vedutolo così gagliardo, fece altri pensieri. E non volendo perdere per
imprudenza quello, che acquistato aveva per forza, e per un riguardo
favorevole della fortuna, volse le prue verso i porti dell'Inghilterra,
nei quali arrivò sicuramente con tutte le predate navi. Fe' egli in
quest'incontro prigioni undici centinaja di stanziali, da seicento a
settecento marinari. Le conquistate spoglie furono una quantità assai
considerabile di cannoni, e di ogni altra specie di armi, di munizioni,
e di attrezzi da guerra, siccome pure di grasce di diversa natura, come
sarebbe a dire vino, olio, spiriti, farina, biscotto, carne salata ed
altre di simil sorta. Nè a questo si ristette la fortuna avversa ai
Francesi; che il giorno seguente assalite le navi loro da una furiosa
tempesta accompagnata da tuoni, e folgori orribili, e da un vento di
scirocco impetuosissimo, furono obbligati a condurle, tutte rotte e
sdruscite, com'erano, nel porto di Brest. Solo le due di fila il
Trionfante ed il Bravo, e cinque o sei da carico poterono il viaggio
loro continuare. Fu questo gravissimo danno alla Francia; poichè oltre
la perdita inestimabile dell'armi e delle munizioni, penarono tanto le
navi da guerra ad essere ristorate, che trascorsero ben sei settimane
prima, che potessero rimettersi in mare alla volta delle Antille;
indugio che riuscì assai fatale, come si vedrà in appresso, all'armi
francesi in quelle spiagge.
Travagliandosi le armi nel modo che siamo andati finora discorrendo, con
varia fortuna in Europa, il conte di Grasse veleggiava prosperamente
alla volta della Martinica, e per arrivarvi più per tempo fece dalle sue
navi da guerra rimorchiare quelle da carico. Tanta fu la diligenza che
usò, che giunse in cospetto di quell'isola con cencinquanta vascelli,
computando insieme l'armata e la conserva, trenta giorni dopo, dacchè
egli era dal porto di Brest partito. Ebbe l'ammiraglio Rodney pronto
avviso dell'avvicinarsi dell'ammiraglio francese. Conosceva egli
ottimamente, di quanta importanza fosse l'impedire la congiunzione di
questa novella armata con quella, che già si trovava nei porti della
Martinica e di San Domingo. Conduceva seco il conte di Grasse venti navi
di alto bordo con una di 50, e nei porti sopraddetti già se ne avevano
in punto da sette in otto altre, che l'attendevano. Rodney non aveva che
ventuna navi di fila. Egli era vero che Hyde-Parker ne aveva altre
quattro alla Giamaica. Ma queste, oltrechè erano credute necessarie alla
difesa di quell'isola, trovandosi a sottovento, non si poteva sperare,
potessero venire in aiuto della grossa armata, che stava a sopravvento.
Mosso da tutte queste ragioni mandò Rodney i due ammiragli Samuele Hood
e Drake con diecisette vascelli a star in crociata avanti la bocca del
porto del Forte Reale della Martinica, al quale sapeva, che il conte di
Grasse aveva rivolto il corso del suo viaggio. Perchè l'ammiraglio
inglese abbia eletto di mandar quest'armata a bordeggiar rimpetto al
porto del Forte Reale, dov'era soggetta a cader sottovento, ed a lasciar
inevitabilmente, e sicuramente passar l'armata francese tra essa e la
terra per ridursi in quel porto medesimo, piuttosto che farla stanziare
a sopravvento presso la punta delle Saline a noi non è noto. Fu scritto,
che Hood, il quale era uomo nelle cose navali eccellentissimo, abbia
fatto in questo proposito qualche rimostranza. Ma Rodney, ch'era uomo di
sua testa, e che voleva quel che voleva, gli mandò dicendo, non pensasse
ad altro; attendesse ad eseguir le commissioni. Ma l'esito che ebbe la
cosa, dimostrò, che la crociata della punta delle Saline sarebbe stata
più opportuna, che quella del porto del Forte Reale. Compariva con
magnifica mostra il conte di Grasse presso la nominata punta la sera dei
28 aprile. Gli speculatori recarono tosto le novelle all'Hood
dell'approssimarsi dei Francesi. Ordinò egli prestamente le sue navi
alla battaglia colle prue rivolte verso la parte, donde veniva il
nemico. Comandò eziandio, che orzassero per poter poscia, poggiando,
meglio avvicinarsi alle coste della Martinica, a fine d'impedire ai
Francesi il trapassare tra sè e la terra. Intanto si fe' bruno, e
sopraggiunse la notte. La mattina gl'Inglesi ebbero vista dell'armata
francese, la quale in bellissimo ordine, ed in una lunga fila arringata
andava radendo terra terra le spiagge dell'isola. Dietro, cioè tra la
terra medesima e le navi da guerra, navigavano le onerarie. Ma le prime
colle orze rivolte all'armata inglese, e le prue al porto, tra essa
armata e le seconde s'interponevano. Le une e le altre si sforzavano di
girar intorno il capo Diamante, passato il quale avrebbero potuto
correre difilatamente nel porto. Tanto non poterono operar gl'Inglesi
per esser a sottovento, che le navi da guerra, che erano quattro di
fila, ed una di cinquanta, le quali già in quello si ritrovavano, non
uscissero, e non venissero a congiungersi colle vegnenti. Quindi il
conte di Grasse venne ad aver sotto i suoi comandamenti ventisei grosse
navi di fila; ed abbenchè in quel fortunoso punto si fosse accostato
all'Hood un vascello di 74 testè venuto da Santa Lucia, ciò nondimanco
non poteva la sua alla forza dell'avversario equiparasi. Ciò nonostante,
ossiachè credesse sulle prime, che de Grasse non avesse tanto numero di
navi, quant'egli aveva veramente, o che si fosse persuaso, che parecchie
fra le medesime, quantunque avessero la sembianza di navi da guerra, non
fossero però altro, che giunchi, o, come dicono i Francesi, navi armate
in _fluta_, o che veramente così il consigliassero il suo ardire e la
confidenza, che aveva grandissima ne' suoi, si sforzava ad avvicinarsi,
come meglio poteva orzando, all'armata francese. Il conte di Grasse
trovandosi forte, e volendo tuttavia condurre a salvamento nel porto la
conserva nè cercava, nè sfuggiva la battaglia. Arrivati che furono
gl'Inglesi a lunga gittata dai Francesi, s'incominciò da ambe le parti a
por mano al trarre delle artiglierie. Così si continuò a combattere di
lontano per lo spazio di tre ore con grave danno dei primi, e leggiero
dei secondi. In questo mezzo la conserva era entrata nel porto. Allora,
fatti i Francesi più arditi, si scagliavano contro gli Inglesi.
Quest'indietreggiarono, sebbene in ottima ordinanza. Ma le navi di Hood
per esser tutte foderate di rame erano più franche veleggiatrici, e non
era fatto abilità a de Grasse di raggiungerle. Oltreacciò il
dietroguardo francese essendo rimasto indietro, perchè non vi si erano
collate tutte le vele, fattosi un intervallo tra di esse e la rimanente
armata, poco mancò, che Hood non si ficcasse in mezzo, e non riportasse
una inaspettata vittoria. Ma accortosi prontamente de Grasse rife' il
ripieno, ed impedì l'imminente rovina. Continuarono per due dì i
Francesi a seguitare, gl'Inglesi a ritirarsi, finchè, tornati gli uni e
gli altri indietro, i primi posero nel porto del Forte Reale, ed i
secondi in Antigoa. In questi incontri le quattro navi britanniche il
Centauro, il Russel, il Torbay e l'Intrepido patirono gravissimo danno.
Avuto Rodney, il quale continuava a starsene a Sant'Eustachio
occupatissimo nella vendita delle opime spoglie, le novelle del danno
de' suoi, e dello avere il conte di Grasse felicemente afferrato al
Forte Reale, s'accorse incontanente, che non era quello il tempo di
starsi in sui mercati, e di aspettar lo scorcio della fiera. Conobbe,
che seppure voleva sostener le cose delle Antille, bisognava far altri
pensieri, e lavorarci dentro con tutte le forze. Per la quale cosa,
fatti con grandissima sollecitudine i suoi preparamenti, se ne andò con
tre vascelli, ed un polso di genti da terra a trovare Hood ad Antigoa.
Intendeva di riporsi tosto in mare per contrastare i disegni al
gagliardo nemico, il quale di già gli aveva fatto assai male, e
minacciava di voler far peggio. Ma i Francesi non istettero punto a
badare. Volevano con prestezza terminar quello che con felicità di
fortuna avevano principiato. Laonde, tentata prima, sebbene invano,
l'isola di Santa Lucia, si recarono velocemente contro quella di Tabago.
Il primo a sbarcarvi fu il signor di Blanchelande, il quale con quindici
centinaia di soldati s'impadronì di prima presa della città di
Scarborough e del Forte che la difendeva. Governava tutta l'isola
Fergusson. Aveva questi poco più di quattrocento stanziali, ma un numero
maggiore di milizie, ottima gente, ed affezionatissima allo Stato
inglese. L'universale ancora degl'isolani era nella opinione medesima
molto ardente. Trovandosi Fergusson così debole, abbandonate le spiagge,
si riparò più addentro nella isola alla città di Concordia, dalla quale
posta sopra di un sublime poggio si discopre da ambe le parti il mare,
cosa di somma importanza al presidio per vedere, se si movesse cosa
alcuna per quello in soccorso loro. Arrivava poco dopo il marchese di
Bouillé con un rinforzo di tremila soldati, e congiuntosi con
Blanchelande, sotto le mura di Concordia, cinse la città d'assedio. Nel
medesimo tempo il conte di Grasse con ventiquattro navi di fila si
andava, per impedir gli aiuti, attorno l'assaltata isola aggirando. Non
aveva pretermesso il governatore, tostochè ebbe veduto venirsi incontro
il nemico, di darne subito avviso, e chiedere pronti aiuti
all'ammiraglio Rodney, il quale da Antigoa già s'era recato alla
Barbada. Questi, o che si credesse che gli assalitori fossero più deboli
di quello ch'erano veramente, o che gli assaliti fossero più gagliardi,
o che al postutto non sapesse, che l'ammiraglio francese fosse venuto
con tutta la sua armata sopra Tabago, invece di venir egli stesso con
tutta la sua in aiuto dell'isola, fu contento al mandarvi solamente
l'ammiraglio Drake con sei vascelli, alcune fregate, e con forse
seicento soldati di sopracollo. Venne Drake presso Tabago; ma veduto il
nemico sì grosso si tolse dall'impresa, e rivolse le vele verso la
Barbada. Perseguitavalo de Grasse. Non potè però impedire, che l'Inglese
non arrivasse sano e salvo alla Barbada, dove portò le moleste novelle
all'ammiraglio Rodney. Ma intanto la condizione del governatore di
Tabago era diventata molto stretta; ed essendosi i Francesi impadroniti
di diversi poggi, i quali stanno a sopraccapo a Concordia, determinò di
ritirarsi sulla montagna più alta del miluogo. Ivi si erano costrutte
per le stanze e pel vivere dei soldati alcune baracche e magazzini. Già
messosi a camminare era arrivato alla città di Caledonia posta sulla via
per alla montagna. Tra questa e quella sono le strade così aspre e
difficili, che pochi uomini vi potrebbero tutto un esercito arrestare.
Bouillé conosceva, che il tempo e la necessità delle cose non pativano
la lunghezza di un assedio; e da un altro canto, se il nemico si
riparava a que' luoghi, ne sarebbe l'impresa di necessità lunga e
difficile diventata; il che avrebbe impedito i futuri disegni, che si
avevano. Si temeva altresì del prossimo arrivo di Rodney. Per la qual
cosa pensò Bouillé di accelerar in altro modo, che quello dell'armi, il
fine della fazione. Mandò dicendo al governatore, in ciò scostandosi
dalla consueta sua umanità, forse per l'ostinazione degl'isolani e forse
ancora per l'enormità commesse a Sant'Eustachio, che incomincerebbe ad
ardere due abitazioni e due campi di cannameli; e come disse, così fece.
Fece intendere altresì, che, se non si arrendesse, ogn'intervallo di
quattr'ore avrebbe fatto lo stesso a due volte altrettanti. Vedutosi
dagli abitatori, che la cosa non era da burla, e che se più oltre si
volesse perseverare nella difesa, ne sarebbero tutte le poste loro arse
e distrutte, abbiettatisi anche all'aver vedute le andantisi poppe di
Drake, e non punto disposti a tollerare il tedio dell'aspettare gli
aiuti ogn'ora più incerti, prima incominciarono a romoreggiare, poscia
appiccarono pratiche d'accordo col capitano francese. Fergusson,
accorgendosi ottimamente di non poter resistere al temporale, e
conosciuto inoltre, che gli stessi stanziali stanchi e sgomentati
nicchiavano, s'inclinò a convenire, e, chiesti i patti, gli ottenne.
Furono essi molto onesti e somiglianti a quelli, che Bouillé, solito
sempre a procedere con termini mansueti coi vinti, concesse agli uomini
della Domenica. Queste cose si facevano nell'entrar di giugno. Arrivò
Rodney poco dopo sopra l'isola con tutta la sua armata; ma udita la
perdita di quella, e trovato il conte di Grasse più di lui gagliardo,
schivata la battaglia, se ne tornò alla Barbada. In questo modo i
Francesi, diventati nelle Antille superiori di armi marittime, e con
lodevole celerità e prudenza usandole, e danneggiarono il nemico sul
mare, e conquistarono una ricca e bene munita isola. Ma questa non era,
che una parte dei disegni orditi dalla Francia, e commessi alla cura del
conte di Grasse. Gli avevano i ministri comandato, che, fatte quelle
maggiori e più utili fazioni nelle Antille, che meglio per la stagione
potesse, si recasse poscia con tutte le forze sue sulle coste
dell'America, e là cooperasse coi soldati nazionali e con quei del
congresso nel debellare, ed estirpar del tutto la potenza britannica in
quelle contrade. Washington e Rochambeau, per incominciar a metter mano
all'opera, lo aspettavano, e si erano per mezzo di spedite navi, mandate
da una parte e dall'altra, accordati di quello, che, quando congiunti
fossero, si avesse a fare. Lo avevano richiesto, conducesse oltre il
navilio, cinque o seimila soldati, munizioni da guerra e da bocca, e
soprattutto pecunia, della quale non solo gli Americani, ma ancora i
Francesi stessi difettavano. Pregavanlo finalmente, operasse presto,
perchè le cose andavano molto strette, e gli aiuti inglesi avrebbero
potuto arrivare. Stimolato il conte di Grasse da tutti questi motivi, e
dal desiderio della gloria che acquisterebbe, se egli avesse quello
fatto, che stato era tentato invano dal conte D'Estaing, con por fine
del tutto alla guerra americana, si risolvette a non metter tempo in
mezzo. Per la qual cosa partì dalla Martinica, ed arrivò al Capo
francese nell'isola di San Domingo. Quivi fu costretto a soprastar alcun
tempo per aspettar il denaro, il qual era necessario per levare le genti
e per far massa delle munizioni che si dovevano in America alla
grand'impresa trasportare. Il denaro però non potè ottenere. Nel
medesimo luogo si accozzarono con lui altre cinque navi d'alto bordo.
Finalmente imbarcati i soldati e le munizioni, commetteva le vele al
vento, e, scortata prima una grossa conserva sino a' luoghi sicuri, e
toccato la Havanna per levarvi denaro, che gli Spagnuoli di buona voglia
somministrarono, viaggiava con tempo prospero alla volta del golfo di
Chesapeack con vent'otto vascelli di fila. Portava tre migliaia di
valentissimi soldati, denari e munizioni a dovizia, e con essi tutta la
fortuna della guerra. Da un altro canto Rodney, che teneva l'occhio
attento a tutte le mozioni di Grasse, avuto lingua di quello che
accadeva, e giudicando la cosa di quella importanza, ch'ella era,
mandava speditamente alla volta dell'America l'ammiraglio Hood con
quattordici navi di fila, acciocchè congiuntele con quelle, che già vi
aveva l'ammiraglio Graves, si opponesse agl'intraprendimenti del conte
di Grasse. Egli poi cagionevole di salute con alcune navi malconce, ed
una grossa conserva se ne tornò in Inghilterra. Fu molto, e molto
acerbamente biasimato Rodney pei consiglj da lui presi a questi dì, ed
alcuni anche lo accagionarono dei sinistri avvenimenti, che poco dopo
sopravvennero. Argomentavano costoro, che se l'ammiraglio inglese avesse
seguitato tostamente il francese con tutta la sua armata, ed anzi
apportato alla Giamaica, ed ivi congiuntosi colla forza di Hyde-Parker
avesse così grosso fatto vela verso l'America, o il conte di Grasse non
avrebbe intrapreso di fare quello che fece, o ne sarebbe stato perdente
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