Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 10

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i quali si ritrovavano nel porto, vennero in poter dei vincitori.
Oltreacciò s'impadronirono nel porto medesimo di una fregata olandese, e
di cinque altri legni da guerra di minore levata. Nè a questo fu
contenta la fortuna in quei dì contraria agli Olandesi. Era partita poco
prima dal porto di Sant'Eustachio una conserva di trenta bastimenti
mercantili carichi di zucchero e di altre grasce di quelle terre alla
volta d'Europa, ed era convogliata da una nave da guerra. Tosto Rodney,
che era uomo vigilantissimo ed operosissimo, la faceva perseguitare da
due grossi vascelli e da una fregata. Non indugiarono molto ad arrivar
sopra la conserva. L'Ammiraglio olandese Krull, quantunque tanto
inferiore di forze volle piuttosto pericolosamente combattere, che
disonoratamente arrendersi. Si attaccarono la sua nave il Marte, e la
inglese il Monarca. Non fu lungo il combattimento; perciocchè Krull di
prima presa vi perdè la vita. Il successore, abbassata la tenda, si
arrendè. In questo mezzo le altre navi avevano dato la caccia ai
bastimenti della conserva, e presigli, tutti gli condussero nel porto.
Lasciarono gl'Inglesi un pezzo le bandiere d'Olanda sventolare sulle
cime del Forte di Sant'Eustachio, al quale inganno prese molte navi
olandesi, francesi ed americane entrarono nel porto, non meno ricco, che
sicuro acquisto ai nuovi signori. L'aver posto mano nelle proprietà dei
particolari uomini, quantunque nemici, solite a rispettarsi anche a'
tempi di guerra dalle civili nazioni, diè luogo a molte rimostranze da
parte degli abitatori delle Antille inglesi, e della Gran-Brettagna
stessa, che vi avevano interesse. Allegarono, che le merci avevano colà
portate in virtù delle leggi del Parlamento; che in ogni età i
conquistatori, i quali del tutto barbari non siano stati, rispettarono
non che le proprietà private dei concittadini loro, ma ancora quelle dei
nemici; che l'esempio sarebbe perniziosissimo; imperciocchè se per la
variabile fortuna della guerra le isole inglesi venissero in poter del
nemico, questi per rappresaglia ne sarebbe autorizzato a far lo stesso
contro le proprietà dei privati uomini inglesi con grave danno, e totale
rovina loro; che con questi barbari modi proceduto non avevano i
Francesi a tempo della conquista della Grenada, i quali tutte le
proprietà private franche ed inviolate conservarono, quantunque per
assalto, e senza capitolazione veruna di quell'isola impadroniti si
fossero; che anzi avendo il conte D'Estaing sequestrato sino alla pace
le proprietà degli assenti, la Corte di Francia con parole gravissime
aveva disapprovato questa risoluzione del suo ammiraglio, e fatto levar
il sequestro; che Sant'Eustachio era un porto franco, e per tale
riconosciuto da tutti i Potentati marittimi dell'Europa, e
dall'Inghilterra stessa; che le leggi di questa non solo permesso, ma
incoraggiato avevano il traffico con quell'isola; che gli uffiziali
della dogana nella Gran-Brettagna avevano conceduto le bollette d'uscita
per quelle merci stesse indiritte a Sant'Eustachio, che ora state erano
poste al fisco; che questo commercio era stato quello che aveva
alimentato le isole di Antigoa e di San Cristoforo, senza del quale ne
sarebbero gli abitatori morti di fame, o stati costretti a gettarsi in
grembo al nemico; che gli Eustachiesi andavano debitori di grosse somme
ai mercatanti inglesi, ai quali non avrebbero potuto soddisfare, se le
robe loro rimanessero confiscate; che finalmente si doveva pur credere,
che si fosse la conquista dell'isole olandesi intrapresa dall'armi del
Re per un altro più nobil fine, che quello non era dello spogliamento e
del sacco. Tutto fu nulla. Rodney aveva ciò fatto, perchè il governo suo
aveva voluto, che così facesse. Rispose ai rimostranti, che si
maravigliava bene, che mentre i mercatanti inglesi avevano la facoltà di
portar le merci loro nelle isole di spettanza inglese a sopravvento, le
avessero mandate a sottovento in quella di Sant'Eustachio, dove ad altro
fine non potevano portate essere, se non a quello di sopperir ai bisogni
dei nemici del Re e della patria loro. Nel che si dee notare, che se i
mercatanti avevano il torto, non l'avevano minore i capitani delle navi
britanniche, e quelli stessi dell'armata di Rodney, i quali le prede
fatte in sui mari di vettovaglie, ed anche di armi e di munizioni da
guerra erano andati vendendo nel medesimo porto di Sant'Eustachio,
dond'erano state ricompre, e convertite in usi guerreschi dai nemici
della Gran-Brettagna. Aggiunse Rodney, che l'isola di Sant'Eustachio era
olandese; che tutto ciò, che in essa si conteneva, era pure olandese;
che tutto vi stava sotto la protezione della bandiera olandese, e che
intendeva, che ogni cosa vi fosse trattata, come se olandese fosse. Gli
stessi rigori si esercitarono sopra le vicine isole di San Martino e di
Saba, le quali a quei medesimi dì seguitarono la fortuna del vincitore.
Ma i capitani britannici non contenti al rapir le robe, incrudelirono
contro le persone. Tutti coloro, che il nome inglese non portavano, non
solo dall'isola sbandirono, ma ancora crudelmente trattarono. Furono gli
Ebrei, assai numerosi e ricchi, i primi a pruovar la rabbia loro. Gli
stivaron tutti dentro la magione della dogana; gli stazzonarono da capo
a piè; tagliaron loro i gheroni delle vestimenta; ruppero, e ricercaron
le casse e le valige; gli spogliarono degli effetti e del denaro loro,
ed imbarcatigli così nudi e miseri gli mandarono a cercar loro civanza
nell'Isola di San Cristoforo. Un Saxton, capitano di una nave
britannica, era il soprantendente, e l'esecutore della crudeltà dei
Capi. Tennero dietro agli Ebrei gli Americani, i quali spogliati di
tutto furono anch'essi, come gente disperata, buttati a San Cristoforo.
Eppure vi erano fra di questi non pochi di coloro, i quali venuti in
odio ai conterranei loro per cagione dello zelo, che dimostrato avevano
in favore del Re, erano stati costretti ad andar a cercare in estrane
contrade asilo contro il furore di quelli. Così questi leali erano
cacciati dalla patria loro, come amici agli Inglesi, e perseguitati
dagli Inglesi come amici agli Americani, del pari infelici per aver
serbato la fede al Re, che se l'avessero violata. Dimostrò l'assemblea
di San Cristoforo molta pietà verso i confinati, concedendo ai medesimi
provvisioni e per l'immediato ristoro loro, e pel futuro collocamento.
Furono in ultimo luogo banditi da Sant'Eustachio i mercatanti francesi,
ed olandesi, gli Amsterdammesi più aspramente di tutti. Nel medesimo
tempo Rodney bandì un pubblico incanto di tutte le robe confiscate,
facendo facoltà a chiunque di venirle a comprare. Concorsero in
grandissimo numero i mercatanti delle nazioni amiche, o neutrali, e per
sè stessi, e per conto dei nemici dell'Inghilterra, massime dei Francesi
e Spagnuoli, i quali come più vicini, ed in guerra ne avevano più degli
altri bisogno. Così quelle robe stesse per aver fatto comodità delle
quali ai nemici della Gran-Brettagna per la via ordinaria del commercio
erano stati gli Eustachiesi sì crudamente manomessi, e quasi all'ultimo
termine condotti, ora per la pubblica e franca vendita fattane dai Capi
britannici, in mano di quei medesimi nemici liberamente trapassarono.
Questo fu il maggior incanto che mai si facesse, e la parte delle
ricchezze, che ne toccò a Rodney, ed a Vaughan non fu poca. Ma era
fatale, che essi lungo tempo non ne godessero; poichè Dio, che, come si
vuol dire, non paga il sabbato, altro fine riserbava all'avarizia loro;
della quale cosa faremo noi parole, quando avremo quelle cose
raccontate, che più da vicino si appartengono al filo di queste storie.
Ritornando adunque al principal proposito nostro, dal quale il dolore
giustissimo del danno pubblico, e della nuova infamia inglese ci aveva,
forse più lungamente, che non conviene alla legge dell'istoria,
traportati, la perdita di Sant'Eustachio non fu la sola sventura, alla
quale siano gli Olandesi andati soggetti nelle occidentali Indie, avendo
gl'Inglesi preso, come a gara il correre contro di essi, quasi
dimenticatisi degli altri nemici, che avevano alle mani. Possedevano
sulla terra-ferma d'America una ricca colonia, che chiamano di Surinam,
la quale è parte di quella vasta contrada, a cui fu dato il nome di
Guianna. Stavanvi i governatori a mala guardia, e senza sospetto, non
avendo peranco nissuna notizia avuto della guerra. Ma in questo mezzo
arrivarono alcuni corsari inglesi, la maggior parte bristolesi, i quali
entrati, non senza grave pericolo, nei fiumi di Demerary, e d'Essequibo
molte navi cariche di preziose merci recarono in poter loro. Gli
Olandesi, conosciuta la cosa, e temendo di diventar preda agli sfrenati
venturieri, mandarono dicendo al governatore della Barbada, che si
arrendevano, e davano in balìa del Re della Gran-Brettagna. Solo
pregarono, non sapendo, quali fossero, si concedesser loro i medesimi
patti, che agli Eustachiesi erano stati conceduti. Il governatore
consentì. Ma quando poco dopo gli conobbero, aspettavano di esser
depredati. Ciò nondimeno mostrò Rodney maggior umanità verso gli
abitatori di Demerary, di Essequibo e di Berbice, i quali tutti
addomandato avevano i patti, di quello, che verso di Sant'Eustachio
fatto si avesse. Furono assicurati nella roba e nelle persone, e
permessi a continuare ad aver quelle leggi e quei maestrati, che fin là
governati gli avevano. Così arrideva ovunque agl'Inglesi la fortuna
nell'indiana guerra, che con tanta rabbia contro gli Olandesi
esercitavano. Ma a questo tempo le cose succedevan loro sinistramente
contro gli Spagnuoli, i quali erano entrati coll'esercito ne' confini
della Florida occidentale. Conciossiachè Don Galvez e Don Solano dopo
d'essere stati stranamente strabalzati e rotti da una furiosa tempesta
vennero a por l'assedio sotto le mura di Pensacola, città forte, e
capitale di quella provincia. Stavavi dentro il generale Campbell, il
quale si difese valorosamente lunga pezza. Ma finalmente una bomba
caduta vicina alla polveriera, dato fuoco alle polveri, fe' con orribile
scoppio saltar in aria un grosso bastione. Se ne giovarono gli
Spagnuoli, e, presone possesso, minacciavano di prossimo assalto la
piazza. Campbell calò agli accordi, che furono molto onorevoli. Così
tutta la provincia della Florida occidentale, la quale era stata uno de'
più preziosi frutti della guerra del Canadà, ritornò dopo non molto
tempo in poter degli Spagnuoli.
Ora dagli estremi campi, sui quali si esercitava la guerra, l'ordine
della storia richiede, che ci accostiamo alle fonti, dond'ella
procedeva, e che andiamo divisando, quali fossero a questi tempi i
pensieri, ed i disegni dei Re, e delle repubbliche guerreggianti. Si
erano gli Americani posti in mal umore, ed aspramente si dolevano dei
Francesi loro alleati, siccome di quelli, che da alcune vane
dimostrazioni in fuori, nissuno aiuto, che efficace fosse, prestato
avessero, e quasi gli abbandonassero ad arrissarsi soli nell'aspra
contesa contro di un potente nemico. Affermavano, le genti sbarcate
all'Isola di Rodi essere riuscite di niun frutto per la mancanza delle
forze navali; così sempre ancora inutili dover riuscire, o poco manco,
quando da un prepotente navilio non fossero accompagnate; non potersi
sperare di poter una guerra fruttuosa fare in quelle spiagge, se non da
colui, che abbia il dominio del mare; continuar intanto gl'Inglesi a
posseder la Giorgia, la più gran parte della meridional Carolina, tutta
la Nuova-Jork; minacciare per soprassoma la Virginia; nissuna insegna
francese essersi veduta in difesa, ed a ricuperazione di queste
province; venir meno intanto gli Stati Uniti sotto il peso di sì
sproporzionata guerra; logorarvisi gli uomini, mancarvi la industria,
negligentarvisi l'agricoltura, disseccarvisi le fonti del pubblico
tesoro; nissun prossimo fine discoprirsi a tante calamità. Così si
lamentavano i popoli dell'America. Ma in Europa si maravigliavano le
genti, come una tanta, e sì possente lega così pochi frutti partorito
avesse contro il comune nemico, che paresse in vero, che questi in luogo
di rimanerne al di sotto, se ne stesse in sul vantaggio; imperciocchè
l'Inghilterra e correva alle offese in America, e signoreggiava i mari
delle Antille, e conquistava le colonie olandesi, e si avvantaggiava
nelle Indie orientali, e teneva la fortuna in bilico in Europa. Quindi
è, che i nomi spagnuolo e francese ne andavano soggetti a diminuzion di
riputazione. La Francia specialmente, come quella, che era l'anima, e la
principal guidatrice di tanta mole, ci metteva del suo. Il Re Cattolico
stesso era scontento, ed assai si richiamava del Cristianissimo, perchè
non l'avesse aiutato nell'impresa della Giamaica, che voleva
incominciare, ed in quella di Gibilterra, che già aveva incominciato,
nelle quali posto aveva un ardentissimo desiderio. Gli Olandesi poi, i
quali avevano principiato a pagare sì duro scotto, sclamavano a cielo,
che fossero senza sovvenimento lasciati stare soppozzati in quel
pericolo, nel quale erano stati gittati dai consiglj, e dalle
instigazioni della Francia. E tanto maggior rammarico facevano, in
quanto che avevano avuto sentore, che si allestiva nei porti della
Gran-Brettagna una possente armata destinata ad assaltar il capo di
Buona Speranza, scala di tanto momento a quelle nazioni che fanno il
traffico nelle Indie orientali. Temevano di aver a pruovar in oriente
altrettanti danni, quanti di già provato avevano in occidente. E
certamente priachè avessero potuto apparecchiar le difese, e mandar gli
aiuti, gl'Inglesi meglio preveduti, e provveduti avrebbero avuto tempo
di trarre il disegno loro a compimento.
Mosso il Re di Francia da tutte queste cagioni e dal proprio interesse
si determinò di mostrarsi nel presente anno più vivo, di quanto stato
fosse nel passato, volendo con nuova vigorìa riparar i danni operati
dalla antica freddezza. Per la qual cosa faceva lavorar di forza
nell'arsenale di Brest, ed apparecchiava in ogni parte del Regno
gagliardamente le armi terrestri. Tre erano i fini che principalmente si
proponeva di voler conseguire. Il primo era quello di mandar sì fatta
armata nelle Antille, che congiunta a quella che si trovava ne' porti
della Martinica, se ne venisse ad acquistar superiorità sull'armata
inglese. Quest'armata, al governo della quale fu preposto il conte di
Grasse, doveva anche trasportare un buon numero di soldati, i quali
accozzatisi nella Martinica con quei del Bouillé avrebbero qualche
impresa d'importanza tentato contro le Isole inglesi. La qual cosa
ottenutasi, e prima che fosse trascorso il tempo di guerreggiare in quei
climi, s'intendeva, che il conte di Grasse si recasse sulle americane
spiagge per ivi cooperare con Rochambeau e con Washington al
sottoponimento delle forze, che la Gran-Brettagna vi aveva. Il secondo
poi si era quello d'inviar una sufficiente flotta sulle coste africane,
perchè soccorresse al pericolo del capo di Buona Speranza, e ciò fatto
s'incamminasse alla volta delle Indie orientali, dove per l'industria e
per la gagliardìa dell'ammiraglio inglese Hughes le cose francesi erano
al di sotto. Col terzo finalmente si voleva una qualche rilevata fazione
fare nei mari d'Europa in benefizio della Lega, e massimamente della
Spagna. Si motivava specialmente dell'impresa di Minorca.
Frattanto in Inghilterra parte si sapevano, e parte si presumevano i
disegni degli alleati; e perciò vi si facevano contro tutti quei
preparamenti che si credevano del caso. Già vi si allestiva con gran
sollecitudine una flotta, la quale doveva portar un rinforzo di alcuni
colonnelli inglesi, e di tremila Essiani in America al lord Cornwallis,
acciocchè fosse in grado non solo di poter conservare quello che
acquistato aveva, ma ancora distendere più oltre la prosperità delle sue
armi. Perocchè le vittorie di Cambden e di Guilford avevano
maravigliosamente sollevato gli animi di tutta la nazione a nuove
speranze, e tutti già si promettevano il pronto fine della guerra, ed il
soggiogamento dell'America. S'intendeva parimente colla giunta della
flotta medesima, quantunque in sè stessa non molto forte, a quella, che
già esisteva nell'acque delle Antille, conservar all'armi britanniche
quella superiorità, che acquistato vi avevano. Ma ognuno particolarmente
stava attentissimo ad osservare, a qual fine tendesse un armamento forte
che si faceva nei porti, consistente in una nave di 74 cannoni, una di
54, tre di 50, con parecchie fregate, brulotti, giunchi ed altri minori
legni da guerra. Lo dovevano accompagnare molte navi da carico
fornitissime di armi e di munizioni. Tre migliaia di valenti soldati
erano stati posti a bordo sotto la condotta del generale Meadows. Il
governo della flotta era stato commesso al comandante Johnstone. Molto
varj erano i romori che correvano fra la gente intorno l'oggetto di
questa spedizione, il quale era con grandissima gelosia tenuto segreto.
I più però concorrevano nel dire, che la spedizione fosse volta alle
Indie orientali per por fine colà alla signoria francese. La qual cosa,
per quanto si potè giudicare dagli accidenti che seguirono, fu vera. Ma
e' pare ancora, che la guerra, che sopravvenne coll'Olanda, abbia i
ministri della Gran-Brettagna indotto a darle altro destino,
restringendola alla fazione del capo di Buona Speranza, ed al mandar
nelle Indie quegli aiuti, ch'erano creduti necessarj, se non al
conquistar nuovo paese, almeno al conservar il conquistato. Ma di tutte
le cure, che a questi dì pressavano nei consiglj britannici, forse la
più rilevante, e certamente la più premurosa, era quella di soccorrere
al presidio di Gibilterra. Nel che, oltre l'importanza della cosa,
l'onor della nazione era grandemente interessato. Gli Spagnuoli e
gl'Inglesi avevano quell'assedio preso in gara, ed i primi si andavano
vantando, che ad ogni modo colla flotta che avevano a Cadice, avrebbero
ogni soccorso, che si fosse voluto far entrare, impedito. Già dentro
s'incominciava a disagiar grandissimamente di vettovaglie, essendo in
gran parte consumate le munizioni l'anno precedente introdotte
dall'ammiraglio Rodney, e quelle che sopravanzavano, erano sì corrotte,
che poco erano mangerecce. Già Elliot era stato costretto a diminuire di
un quarto la provvisione giornaliera del vitto a' suoi soldati; gli
uffiziali stessi, perchè i gregarj sopportassero di miglior animo la
privazione, furono proibiti dall'usar la polvere di cipri nella cura dei
loro capelli. A queste strette era ridotto il presidio. Ma gli abitatori
della città per la mancanza delle cose al vivere necessarie
travagliavano grandemente. Tal era stata la vigilanza e la prontezza
degli Spagnuoli nel vietar le vettovaglie, che dall'ultimo
rinfrescamento in poi pochissime navi erano state lasciate entrar dentro
dalle più vicine, come dalle più rimote, parti dell'Africa. Solo alcuni
legni minorchesi, molto sguizzanti, a volta a volta vi erano trapelati.
Ma non bastavano a gran pezza a tanta bisogna, ed i prezzi che mettevano
i padroni alle robe loro, erano sì esorbitanti, che pochi vi si potevano
accostare. Perfino le miserabili reliquie delle antiche provvisioni
guaste, com'erano, si vendevano a prezzi sfoggiati. Una libbra di
vecchio biscotto di bordo tutto bacato vi si comperava ventiquattro
soldi, e non se ne trovava. Le farine corrotte, ed i piselli intonchiati
un terzo più; il sale il più immondo, la spazzatura dei granai valevano
sedici soldi la libbra; il butirro salato una mezza corona; un pollo
d'India, quando se ne trovava, valeva meglio di trenta franchi; un
porcello non si poteva avere, se non con cinquanta franchi; un'anitra ne
costava più di dodeci; una gallina magra dieci; un ventre di vitello non
si poteva avere per una ghinea, che sono meglio di venticinque franchi;
ed un capo di bue si vendeva ancor più caro. Da ardere si aveva sì
scarsamente, che le biancherie si lavavano coll'acqua fredda, e non si
distendevano co' ferri; cosa, che riuscì di grave danno alla salute
degli uomini nella stagione umida, e fredda del varcato inverno.
Sopportava bene la guernigione tutti questi disagi con maravigliosa
costanza; ma non avrebbe potuto durar più oltre, e quella importante
rocca, la chiave del Mediterraneo, sarebbe fra breve ritornata
all'obbedienza degli antichi signori, se prontamente non le si
soccorreva. Da questi pensieri erano occupate le menti degli uomini in
Inghilterra. In Olanda intanto si lavorava incessantemente negli
arsenali per allestire un navilio, che capace fosse a rinnovar l'antica
gloria, ed a mantener la dignità della repubblica. Si aveva
principalmente in animo di proteggere il commercio, che gli Olandesi
andavano facendo nel Baltico, e preservarlo dalla rapacità degl'Inglesi.
In ciò però non si ottenevano tutti quegli effetti, ch'erano da
desiderarci, sì per cagione delle Sette, che tuttavia bollivano in quel
paese, e che la forza del reggimento infievolivano, come perchè la lunga
pace vi aveva gli animi ammolliti, e fattovi trasandar le provvisioni
navali.
Tali erano i rispetti, coi quali reggevano a questo tempo i principi i
pensieri e le operazioni loro. Gli apparecchj di guerra, che avevano
fatti per venirne a capo, erano grandi. Stava il mondo in grandissima
aspettazione delle cose avvenire. I primi ad uscire furono gl'Inglesi.
L'intento loro era di recarsi al soccorso di Gibilterra. Partirono da
Portsmouth con ventotto navi d'alto bordo il giorno 13 di marzo. Ma
furono obbligati a soprastar alcuni dì sulle coste d'Irlanda per
aspettar le annonarie e le passeggiere, che in grandissimo numero si
erano raccolte nel porto di Cork. Le conserve volte alle Indie sì
orientali, che occidentali accompagnavano l'armata; dalla quale,
arrivate che fossero in certi luoghi fuori del pericolo delle flotte
nemiche, si dovevano spiccare per andarsene al viaggio loro. Viaggiava
medesimamente di compagnia colla grande armata la flotta spedita di
Johnstone destinata, come si è narrato, alla fazione del capo di Buona
Speranza; e questa doveva sin là convogliare la conserva d'Oriente. Era
l'armata governata dagli ammiragli Darby, e Digby, e da Lockart Ross; ed
essendo partita in tre squadre ciascuna era da uno di essi capitanata.
Siccome la necessità di soccorrere Gibilterra era evidente, che i
preparamenti, che a questo fine si facevano nei porti della
Gran-Brettagna, erano noti a tutti, e che anzi gl'Inglesi apertamente
confessavano di voler ciò fare, così gli Spagnuoli avevano fatto ogni
sforzo per far tornare vano questo disegno. Per verità avevano allestito
nel porto di Cadice una armata di trenta navi di alto bordo, e datone il
governo a Don Luigi di Cordova, uffiziale di molto valore. Tali erano le
forze degli Spagnuoli. Ma queste magnificavano ancora vieppiù per
istornare, se possibile fosse, gl'Inglesi dal tentar l'impresa. Perchè
poi alle forze, ed alle parole si accoppiasse anche l'ardire, Don Luigi
entrava, ed usciva spesso da Cadice, ed iva colla sua armata
volteggiandosi sulle vicine coste del Portogallo per quella via, che
gl'Inglesi dovevano tenere per correre a Gibilterra. Aggiungevano, esser
pronte a congiungersi colle loro molte grosse navi francesi, che allora
si trovavano nel porto di Tolone, ed in quei dell'Oceano. Infatti vi era
nel solo porto di Brest un'armata sì possente, che di per sè stessa
stata sarebbe abile a contrastar il passo, ed a combattere con buona
speranza di vittoria tutta l'armata inglese. Vi si annoveravano ventisei
vascelli d'alto bordo tutti pronti al veleggiare. E certamente, se
questa si fosse congiunta coll'armata di Spagna, avrebbero i confederati
acquistato una forza prepotente, e sarebbe agli Inglesi riuscita assai
dura impresa quella del soccorso di Gibilterra. Così speravano gli
Spagnuoli, che i Francesi avrebbero operato. Ma questi avevano troppo a
cuore di proseguir i disegni loro nelle Antille, e nella terra-ferma
d'America, siccome pure di ristorar le cose loro, che andavano in
declinazione nelle Indie orientali, perchè si volessero risolvere,
trasandati tutti questi oggetti di sì gran momento, ad aiutar la Spagna
in una impresa, la quale ridondata sarebbe in solo e privato utile di
questa. Per la qual cosa il giorno 22 di Marzo uscì da Brest con tutta
l'armata il conte di Grasse, e volte le prue all'occidente s'incamminò
verso le Antille. Viaggiava di conserva con esso lui il Signor di
Suffren colla sua flotta consistente in cinque navi d'alto bordo,
parecchie fregate, ed una grossa mano di soldati da terra. Doveva
questi, tosto arrivato all'isola Madera, partirsi dalla grossa armata, e
veleggiando a ostro verso la punta d'Africa, preservare il capo di Buona
Speranza; e, ciò fatto, recarsi nell'Indie orientali. Così le due grandi
armate, e le due più piccole inglesi, e francesi, alle quali i due
nemici Re avevano commesso fazioni di tanta importanza, e nelle quali sì
grandi speranze della salute e della prosperità dei regni loro collocato
avevano, uscirono le une e le altre quasi nel medesimo tempo all'alto
mare; e senza di quel soprastamento, che gl'Inglesi furono costretti a
fare sulle spiagge dell'Irlanda; ogni ragion persuade, che si sarebbero
incontrate, ed avrebbero definito con una giudicata battaglia sui mari
d'Europa quella lite, che non dovevano se non se nelle lontane regioni
delle due Indie determinare. Viaggiavano gli Inglesi con vento prospero
verso il capo San Vincenzo, dove pervenuti con molta circospezione si
governavano per sospetto dell'armata spagnuola. Ma Don Luigi, il quale
ne' precedenti dì era ito in volta nel golfo di Cadice, avuto presto
avviso dell'avvicinarsi degl'Inglesi, non confidandosi nelle forze
proprie, e dimenticatosi dell'importanza della cosa, non gli stette ad
aspettare, ed andò tostamente a ricoverarsi nel porto medesimo di
Cadice. Così fu lasciata libera la via al nemico sino a Gibilterra.
L'ammiraglio Darby, guardato dentro in Cadice, e conosciuto, che gli
Spagnuoli nissuna mostra facevano di voler uscire, spinse avanti tutte
le navi da carico, le quali sommavano nel torno di cento, facendole
scortare da un certo numero di navi da guerra. Parte di queste dovevano
stanziare nel golfo stesso di Gibilterra per difender le navi
passeggiere dagli assalti delle piatte spagnuole, delle quali abbiamo
nel precedente libro favellato; e parte arringarsi alla bocca dello
stretto verso il Mediterraneo per impedir le offese, che di là avrebbero
potuto venire. Darby intanto continuò a volteggiarsi avanti Cadice per
attendere con ogni diligenza gli andamenti del nemico. Le cose
riuscirono, come l'Inglese le aveva disegnate. E comechè gli Spagnuoli
colle piatte molto si affaticassero per danneggiar alle annonarie, e che
male le navi grosse potessero dalle importune bezzicature di quelle
liberarle, perciocchè fossero troppo piccole a poter esser prese di
mira, del che gli uffiziali inglesi a grandissima rabbia si concitavano,
tuttavia nissun notabile frutto poteron'operare. Furono sicuramente
poste a terra tutte le armi, e le munizioni sì da guerra, che da bocca
con incredibile allegrezza degl'Inglesi, con non poco biasimo degli
Spagnuoli, e con molta maraviglia di tutta l'Europa.
Il Re di Spagna, che aveva posto l'occhio a quest'impresa di Gibilterra,
e che già vi aveva speso intorno tanti tesori, essendosi fatto a
credere, che quella rocca sarebbe, come sicura preda, venuta tosto nelle
sue mani, vedutosi ingannato di sì vicina speranza, determinossi a voler
coll'armi di terra acquistar quello, che colle marittime non aveva
potuto conseguire. In ciò tanto più vivo era il suo desiderio, che
conosceva benissimo, a quanta diminuzione di gloria fossero andate
soggette le armi sue presso gli uomini valorosi a quell'inaspettato
rinfrescamento della Fortezza. Già si erano i suoi soldati dal campo di
San Rocco fatti avanti, per quanto ciò era possibile ad eseguirsi, coi
lavori della circonvallazione, e le opere loro avevano munite con una
quantità grandissima di grossissimi cannoni e bombarde. Arrivavano i
primi a centosessanta, le seconde a ottanta. Adunque ai dodeci d'aprile,
e quando ancora la flotta inglese si trovava nel porto di Gibilterra,
incominciarono tutto ad un tratto ad allumare queste artiglierie, le
quali col fuoco, cogli scoppj, col fumo e colle palle facevano uno
spettacolo orribile a vedersi e ad udirsi. E siccome il bersaglio loro
era molto stretto, perciocchè la rupe di Gibilterra sia a un di presso
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