Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 03

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campioni; sperare, i mali loro dover fruttificare, e produrre e
confermare quella inestimabile libertà contro gli attentati dei ladroni
d'Inghilterra; martiri essi essere, ma martiri di una causa sacra agli
uomini e grata a Dio». Con tali detti ivano queste valorose donne
disasprando i mali dei miseri cattivi. Allorchè i conquistatori nelle
festevoli brigate, e ne' lieti concerti convenivano, non era mai che
volessero le Caroliniane intervenirvi, e quelle poche, che sì facevano,
n'erano presso le altre disgraziate. Ma come prima arrivava prigioniero
in Charlestown un uffiziale d'America, tosto il ricercavano, e con ogni
sorta di più onesta cortesia, e con ogni segno di osservanza e rispetto
il proseguivano. Altre ne' luoghi più segreti delle case loro
convenivano, e quivi addolorate lamentavano le sventure della patria.
Altre i mariti loro incerti e titubanti riconfortavano, sicchè
preferiron essi all'interesse ed ai comodi della vita un disagioso
esiglio. Nè poche furono quelle, le quali venute per la costanza loro in
odio ai vincitori, furono dalla patria bandite, ed ebbero i beni posti
al fisco. Queste nel prender l'ultimo congedo dai padri, dai figliuoli,
dai fratelli, e dagli sposi loro non che alcun segno dessero della
fralezza, non so se nel presente caso io mi debba meglio dire maschile,
o femminile, gli esortavano e scongiuravano, fossero di buono e saldo
proponimento, non cedessero alla fortuna, e non sofferissero, che
l'amore che portavano alle famiglie loro tanto in essi potesse, che
dimenticassero quello, di ch'erano alla patria debitori. Quando poi,
siccome accadde poco dopo, furono comprese in un bando dato ai
libertini, abbandonate colla medesima costanza le natie Terre, ed
esulando anch'esse, i mariti loro accompagnarono in lontane contrade, od
anche sulle fetide e schife navi gli seguitarono, che a quelli servivano
di prigione. Ivi ridotte in somma povertà, nutrendosi di vilissimi cibi,
andavano con miserabile spettacolo mendicando il pane. Molte, ch'erano
nate ed allevate in mezzo alle ricchezze, non solo ai soliti agi
rinunciarono della passata vita, ed alla speranza della condizione
avvenire delle famiglie loro, ma ancora ai più grossi lavorj; ed ai più
umili servigi le disavvezze mani accomodarono. Tutte queste cose
facevano non che con fortezza, con allegrezza; l'esempio loro confermò
gli altri, e da questa fermezza delle caroliniane donne stette
principalmente, che non venisse spento affatto nelle meridionali
province il desiderio ed il nome della libertà. Da questo conobbero
anche gl'Inglesi, che avevano alle mani un'impresa più dura di quello,
che prima si fossero fatti a credere. Imperciocchè il più manifesto
segno della generale opinione, e dell'ostinazione dei popoli in qualche
pubblica faccenda loro quello sia, che le donne ne siano venute a parte,
ed in questa abbiano posto la loro immaginazione, la quale se più
debol'è, e più variabile di quella degli uomini, quand'è in calma, è
bene molto più tenace e forte, quando è mossa ed accesa.
In cotal guisa si travagliava nella meridional Carolina, essendovi da
una parte, od una ostinazione aperta contro il volere dei vincitori, od
una simulata sottomessione, e dall'altra quei consiglj stessi che si
pigliavano, operando un tutto contrario effetto a quello, che gli autori
loro si proponevano. Il calore intanto della stagione, lo stato medesimo
poco sicuro della Carolina, la carestia delle provvisioni, e la
necessità di aspettar, per campeggiare, che fossero fatte le messi,
indussero un pressochè generale silenzio della guerra, e soprattennero
gl'Inglesi, acciò non si volgessero a voler conquistare la Carolina
Settentrionale prima dell'uscir d'agosto, o dell'entrar di settembre.
Per la qual cosa Cornwallis distribuì i suoi nelle stanze, di manierachè
più pronti fossero e a dar animo ai contenti, ed a frenar gli scontenti,
ed a por mano, quando fosse venuto il tempo, alla invasione di quella
provincia. Attendeva specialmente a raccor vettovaglie e munizioni da
guerra, delle quali fece la principal massa a Cambden, Terra grossa
posta sulle rive del fiume Wateree sulla calpestata, che conduce nella
settentrionale Carolina. Temendo poi, che i leali di questa provincia da
eccessivo zelo mossi non prorompessero innanzi tempo, e perciò
rimanessero oppressi, mandava loro continuamente dicendo, aspettassero
le messi; stessero quieti; apparecchiassero intanto provvisioni per le
genti del Re, che venute sarebbero a soccorrergli verso settembre.
Queste esortazioni non poterono tant'operare, che i leali della contea
di Tryon messi al punto dal colonnello Moore non insorgessero. Ma
oppressi tosto da un subito impeto dei libertini guidati dal generale
Rutherford, pagarono con una totale sconfitta il fio dell'imprudenza
loro, e del non aver dato ascolto agli avvertimenti di chi più di loro e
sapeva e poteva. Ottocento leali però sotto la condotta del colonnello
Bryan riuscirono a congiungersi colle genti regie. Mentre una delle
parti si ordinava ad assaltare nella stagione propizia la settentrional
Carolina per di là aprirsi la via nel cuore della Virginia, il congresso
faceva ogni diligenza per mettersi in grado di poter ricuperare la
Carolina Meridionale. Nel che fece, come si vedrà, grandissimi frutti.
Così la guerra, che per la malvagità della stagione era quasi spenta,
doveva al tempo nuovo con maggior rabbia, che prima, riaccendersi.
Prima di raccontar quelle cose, che accaddero nell'aspra contesa che ne
seguì, necessaria cosa è, che ci facciamo a descrivere quelle, che
intervennero nelle isole Antille tra i due possenti, ed instizziti
rivali. Già era seguìto un feroce affronto nelle acque de la Grange tra
Lamotte-Piquet, che guidava quattro grosse navi, tra le quali se ne
trovavano due di 74 cannoni chiamate l'una l'Annibale, l'altra il
Diadema, ed il comandante Cornwallis, che ne aveva tre, la più grossa
delle quali nominata il Lione portava 64 cannoni. Ma questa non fu, che
leggiera avvisaglia rispetto alle battaglie, che poco dopo seguirono.
Era verso il finir di marzo arrivato alle Antille il conte di Guichen
con tali rinforzi marittimi, che il navilio francese vi arrivava bene a
venticinque grosse navi di alto bordo. Diventati i Francesi superiori
per l'armi navali, e prevalendo medesimamente delle terrestri, avevano
senza soprastamento alcuno imbarcate molte genti sotto la condotta del
marchese di Bouillé, e si appresentarono con ventidue navi tutte di tre
ponti avanti l'isola di Santa Lucia. Intendevano di pigliarla per
assalto. Ma tali furono le disposizioni fatte dal generale Vaughan delle
forze terrestri, alle quali comandava, e sì accomodatamente si era
l'ammiraglio Hyde-Parker, il quale dalle americane spiagge si era in
queste recato con sedici maggiori navi, attraversato alla bocca del
Gros-Islet, che i capitani francesi si tolsero dall'impresa, e se ne
ritornarono alla Martinica. Giugneva pochi giorni dopo a Santa Lucia
cogli aiuti d'Europa l'ammiraglio Rodney, il quale congiuntosi
coll'Hyde-Parker venne ad aver con lui ventidue navi tutte di tre
coperte. Fatti allora gagliardi, gl'Inglesi, commesse le vele al vento,
andarono a volteggiarsi avanti il porto del Forte Reale della Martinica,
invitando i Francesi a battaglia. Ma Guichen, che voleva far seco loro a
ferri puliti, e combattere, quando voleva egli, e non quando volevano
gli altri, non uscì. Per la qual cosa Rodney, lasciate in crociata
alcune navi delle più veloci, perchè spiassero gli andamenti del nemico,
ed avvertissero, se salpasse, se ne tornò colle rimanenti a Santa Lucia.
I Francesi non si ristarono. La notte dei 13 aprile, levati quattromila
valenti soldati uscivano con ventidue vascelli, pronti ad intraprendere
quelle fazioni, per le quali si discoprisse loro migliore la occasione.
Ne ebbe Rodney subito avviso, e corse a ritrovargli, avendo seco venti
navi delle più grosse, ed una chiamata il Centurione di 50. Guidava la
battaglia lo stesso ammiraglio Rodney, capitano generale dell'armata,
l'antiguardo Hyde-Parker, il dietroguardo Rowley. Solcavano i Francesi
il canale della Domenica, intendendo di sboccar per questo per potersi
poscia allargare al vento della Martinica. Governava tutta l'armata come
capitano generale il conte di Guichen, la vanguardia il cavaliere di
Sade, la retroguardia il conte di Grasse. Si incontrarono le due armate
la sera dei 16 aprile. Si studiavano i Francesi di schivar la battaglia,
avendo le navi loro ingombre di soldati, e trovandosi a sottovento. Ma
gl'Inglesi andavano loro incontro. Sopraggiunse la notte, durante le
quale Guichen iva aggirandosi, affine di non trovarsi all'indomani nella
necessità del combattere; Rodney per lo contrario col disegno di
costringervelo. La mattina seguente le due armate, fatti con mirabil
arte molti volteggiamenti, finalmente ad un'ora meridiana si attaccarono
la vanguardia inglese colla retroguardia francese, la quale pei detti
volteggiamenti era divenuta vanguardia, mentre la vanguardia era
divenuta dietroguardia. Arrivava in questo mentre colla battaglia
Rodney, e si mescolava colla battaglia francese, combattendo francamente
il Sandwich, sul quale egli stesso si trovava, colla Corona, che portava
il conte di Guichen, e coi suoi due secondi. Ma siccome l'armata
francese aveva fatto grande sforzo di vele prima che s'incominciasse il
combattimento, così gli ordini suoi non erano fitti. Oltreacciò la sua
vanguardia, siccome quella, ch'era meno veloce veleggiatrice della
battaglia, e della dietroguardia, era rimasta indietro a sottovento, ed
era nata una notabile distanza tra essa e le due seconde. Questa
distanza era anche diventata maggiore, perciocchè la nave francese,
l'Azionario, che nella fila era l'ultima della battaglia, e perciò
avrebbe dovuto congiungersi colla prima della vanguardia diventata, come
dicemmo, dietroguardia, era anch'essa rimasta indietro, e lasciatasi
calare sottovento. Volle Rodney giovarsi di questa opportunità, e si
mosse a fine di entrar di mezzo, e tagliar fuori questa dietroguardia
dalla restante armata. Ma la nave il Destino, capitanata da Dumaits de
Goimpy, ch'era la testa della dietroguardia medesima, gli si attraversò
nel suo cammino, e combattendo valorosamente lo arrestò. Ne sarebbe ella
però stata sfolgorata da una forza tanto superiore, se non che il conte
di Guichen, accortosi del disegno di Rodney, aveva ordinato alle navi
della battaglia, che voltassero i bordi, e tutte di compagnia, pigliando
il vento in poppa, ed indietreggiando, andassero a raggiungere, ed a
soccorrere la dietroguardia. Fu la mossa eseguita con grandissima
celerità, ed in tal modo fu rotto all'ammiraglio inglese un disegno, il
quale, se avesse avuto effetto, causato avrebbe l'ultimo eccidio
dell'armata francese. In questo punto Rodney correndo pericolo, che
Guichen facesse a lui quello, ch'egli aveva voluto fare a Guichen, si
tirava indietro, ed iva di nuovo a porsi nella fila coll'altre sue navi.
Poco poi volle ricominciar la battaglia, e già aveva disposte le vele
per ciò fare. Ma veduto, che il Sandwich, ch'era la sua nave capitana, a
mala pena pei gravi danni sofferti poteva pigliar l'abbrivo, e che anzi
faceva le viste di voler affondare, avendo anche altre navi sconciamente
rotte e fracassate, se ne rimase. Il conte di Guichen, fatto penna,
racconciò le sue navi; poscia pose nella Guadaluppa per deporvi i suoi
feriti e malati. Rodney continuò a volteggiarsi nell'alto mare, e poscia
si condusse a porsi in crociata davanti il Forte Reale della Martinica,
sperando di poter intraprendere l'armata francese, che credeva, fosse
per venire a dar in terra a quel porto. Ma finalmente, non vedendo
comparir il nemico, e conosciuta la necessità di rassettar le navi, di
far acqua, di sbarcar i feriti, ed i malati, andò a dar fondo a Choc-bay
nell'isola di Santa Lucia. Morirono in questo fatto degl'Inglesi da 120,
e furon feriti 350. Dei Francesi morirono 221, e furon feriti 340.
Rodney nel racconto, che mandò in Inghilterra, della battaglia, assai
lodò l'ammiraglio francese, come capitano esperto e valoroso,
aggiungendo ancora, ch'era stato acconciamente secondato da' suoi
uffiziali. Nel che tacitamente rimproverò i suoi, dei quali generalmente
fu scontento. L'uno e l'altro ammiraglio pretendettero la vittoria, come
sempre suol accadere nelle battaglie, che hanno avuto un fine dubbio.
Guichen, racconciate le navi, e levati di nuovo i soldati dalle bande
terrestri sotto la guida di Bouillé, diè un'altra volta le vele ai
venti. Era il suo disegno di rimontar al vento dell'Isole passando a
tramontana della Guadaluppa, e ciò fatto sbarcar le genti a Gros-Islet
nell'isola di Santa Lucia. Avuto Rodney avviso della cosa, si pose
anch'esso in mare, andando in cerca del nemico. Sboccava dal canale di
Santa Lucia, quando Guichen radeva l'estreme spiagge della Martinica
verso la punta delle Saline. L'ammiraglio francese, veduta l'armata
inglese, si levò dal pensiero di assaltar Santa Lucia. Prese poi molto
accortamente la risoluzione di astenersi dal venir a battaglia,
quantunque avesse ciò in poter suo di fare agevolmente, godendo il
sopravvento. Ma prima voleva quei vantaggi ottenere, che la natura di
quei mari, e la qualità del vento gli offerivano. Per la qual cosa
andava muovendosi di modo, che conservar potesse il sopravvento, e
tirasse gl'Inglesi al vento della Martinica. Imperciocchè in tal caso,
vinto, avrebbe potuto ripararsi nei porti di quest'isola, vincitore, non
avrebbe il nemico disfatto trovato rifugio. L'Inglese andava via via
approssimandosi, ed ogni sforzo faceva per riuscir a sopravvento.
Avevano le due armate ricevuto ciascuna un rinforzo di una grossa nave
d'alto bordo, la francese del Delfino reale, l'inglese del Trionfo. In
questi volteggiamenti, nei quali i due ammiragli diedero pruove di non
ordinaria perizia nelle cose marinaresche, si consumarono parecchi
giorni, senza che l'Inglese potesse venir a capo dell'intento suo. I
Francesi, essendo le navi loro più veloci, a fine di adescar gl'Inglesi
colla speranza di una vicina battaglia, e tirargli, come si è detto,
vieppiù al vento della Martinica, spesso si lasciavano avvicinare;
poscia tutto ad un tratto, collate tutte le vele, si allontanavano.
Questo giuoco continuò buon tempo con prospero successo; ma infine poco
mancò, non impacciasse i Francesi in una generale battaglia, la quale
stata sarebbe ad essi molto pericolosa, non essendo, siccome quelli, che
tuttavia la volevano evitare, in ordinanza accomodata per combatterla.
Erasi, dopo varie folate, il vento volto ad ostro. La qual cosa vedutasi
da Rodney, che stava vigilantissimo, fece improvvisamente voltare le
prue alle sue navi, e, correndo per converso a forza di vele, cercava di
mettersi sopravvento al nemico per poter poi col vento prospero andargli
addosso. Gli sarebbe venuto fatto il disegno, se non che il vento
inclinatosi in quel forte punto subitamente a scirocco, diè facoltà
all'ammiraglio francese di rivoltar ancor esso i bordi; per mezzo della
qual mossa e fronteggiò l'inimico, e l'impedì che non riuscisse a
sopravvento. Di nuovo si tirò indietro per non combattere. Ma essendo
per l'ultime mosse accostatesi l'una all'altra le due armate, quanto
pativa il tiro delle artiglierie, e spingendosi avanti gl'Inglesi
velocemente colla vanguardia loro, si attaccò tra questa, e la
dietroguardia francese la battaglia, inclinando già il sole
all'orizzonte, il giorno dei quindeci maggio. Le prime navi della
vanguardia inglese, e più di tutte l'Albione, le quali erano alle mani
sole contro tutta la dietroguardia francese, ricevettero infinito danno.
Arrivarono intanto le altre. Ma i Francesi più destri al veleggiare si
allontanarono. Questo fu il secondo incontro tra l'ammiraglio Rodney, ed
il conte Guichen. Conservarono i Francesi il sopravvento. Continuarono
le due armate pei tre seguenti giorni in veduta l'una dell'altra,
muovendosi ambedue coi sovraddescritti fini. Finalmente la mattina dei
19 maggio, trovandosi già gl'Inglesi inoltrati al vento della Martinica
per ben quaranta leghe, ed a quattro o cinque a libeccio dei Francesi,
il conte di Guichen si determinò ad aspettar la battaglia, ed a questo
fine assicurò le vele. Quando poi già si era avvicinata la vanguardia
inglese buon pezzo, la francese si spiccò anch'essa e si attaccarono
l'una l'altra con eguale valore. Poco dopo arrivarono le altre squadre
a' luoghi loro, attelandosi i Francesi a sopravvento, gl'Inglesi a
sottovento. La battaglia diventò aspra e generale, combattendo gli uni
da orza, gli altri da poggia. Ma le navi francesi della vanguardia e
quelle del mezzo essendosi, per combattere più manescamente, accostate
più da vicino alla fila inglese, e perciò rimanendo la retroguardia buon
pezzo indietro, vi era pericolo, che gl'Inglesi dopo di aver orzato,
venissero, poggiando a piene vele, a caricarla. Per prevenir i mali, che
da questa mossa degl'Inglesi avrebbero potuto risultare, Guichen fe'
rivoltar i bordi alle sue, ed andò di nuovo a porsi in fila colla sua
retroguardia. Fu questa mossa molto opportuna; e se l'ammiraglio
francese non l'avesse eseguita, ne sarebbe qualche gran disastro
avvenuto alla sua flotta. Imperciocchè qualche tempo dopo, ch'ella era
stata condotta a fine, ecco che si scopersero nuove navi inglesi, le
quali si difilavano a slascio, ed a piene vele contro la retroguardia
francese. Ma però, quando esse conobbero, che già la vanguardia, e la
battaglia si erano a quella raccozzate, e che tutte e tre si erano in
ottima ordinanza arringate, si stettero. Allora l'ammiraglio Rodney
raccolse le sue, ch'erano sparse, e di nuovo le affilò. Stettero in tal
modo le due armate l'una a rimpetto dell'altra sprolungate sino alla
notte, anzi sino all'indomani; ma più oltre non si mescolarono,
probabilmente pei danni invero gravi, che avevano ricevuto in questo e
nel precedente combattimento. Rodney, mandate le navi il Conquistatore,
la Cornovaglia, ed il Boyne, che più delle altre stat'erano danneggiate,
a racconciarsi a Santa Lucia, si condusse colle rimanenti a far porto
nella cala di Carlisle nell'isola delle Barbade. La Cornovaglia affondò
in sull'entrar del carenaggio. Guichen nel medesimo tempo ammainò le
vele nel Forte Reale della Martinica. Perdettero gli Inglesi in questi
due ultimi incontri da 68 morti, e da 300 feriti. I Francesi 158 morti,
e meglio di 800 feriti. Tra i morti noverarono il figliuolo stesso di
Guichen, e molti uffiziali di conto. Anche gl'Inglesi ebbero a lamentar
la morte di alcuni uffiziali assai riputati. Questo fine ebbero le tre
battaglie combattute tra i Francesi, e gl'Inglesi nelle Antille, nelle
quali, se a un di presso uguali erano le forze dalle due parti, furono
anche uguali la industria ed il valore. Nel che si può far
considerazione, quanta efficacia abbiano nel destino delle battaglie, e
nel preservar le nazioni da fatali rotte l'arte e l'ingegno dei
capitani. Perocchè egli è evidente, che se nei tre combattimenti, che
abbiamo testè raccontato, o nel lungo fronteggiare, che fecero l'uno e
l'altro per lo spazio di molti dì, i due nemici ammiragli avessero
sfallito in un sol punto, ne seguiva la rotta e la rovina dell'armata.
Se sin qui erano state in bilico le forze francesi ed inglesi nelle
Antille, bene non tardarono molto le prime a diventar d'assai superiori
per l'accostamento di un'armata spagnuola poco dopo in quei mari
sopraggiunta. Erasi la Spagna posta in grandissimo desiderio d'acquistar
l'Isola Giamaica, ed i Francesi dall'altro canto bramavano
d'impadronirsi delle altre isole, che tuttavia erano in poter del
nemico. Le quali cose se si fossero potute ottenere, era del tutto posto
fine alla signoria inglese nelle Antille. Per queste cagioni era partito
verso mezzo aprile da Cadice Don Giuseppe Solano con dodici navi d'alto
bordo, e parecchie fregate. Scortavano queste meglio di ottanta navi da
carico, che portavano undicimila buoni fanti spagnuoli con una quantità
grandissima di artiglierie e di munizioni da guerra; fiorito, e
formidabile apparecchio, e molto capace invero a servir ai fini, che i
confederati, e principalmente la Spagna si proponevano. Già viaggiavano
felicemente per l'Atlantico, dirizzando il corso loro al Forte Reale
della Martinica. Quivi si doveva fare la massa generale con tulle le
forze francesi. Stavasi Rodney tuttavia nella cala di Carlisle,
attendendo a riposare, ed a curare i suoi, a far acqua e munizioni, ed a
racconciar le fracassate navi. Non aveva egli nissun sospetto di quella
piena, che gli veniva addosso. Ma il capitano Mann, che si volteggiava
in crociata per l'Atlantico colla fregata il Cerbero, incontrossi tra
via colla conserva spagnuola; e conosciuta la cosa di quell'importanza
ch'era, pigliando la carica sopra di sè, che il suo ammiraglio
sentirebbe tutto in bene, scostandosi dalle commessioni che aveva,
veleggiò rattamente alla volta delle Antille per recar l'avviso a
Rodney. Avuta Rodney questa novella, troncato ogni indugio, salpava per
andar all'incontro della flotta spagnuola, confidentissimo della
vittoria, se avesse potuto venirle sopra prima del congiungimento di lei
colla francese; e siccome sospettava di ciò, ch'era veramente, cioè, che
quella s'avviasse alla Martinica, così l'aspettava per combatterla in
sulla via solita a tenersi dalle navi, che verso la medesima isola sono
in cammino. Era molto bene considerato il suo disegno; ma la prudenza e
precauzione dell'ammiraglio spagnuolo glielo ruppe. Dubitandosi questi
di non so che, quantunque niuna cosa avesse spirato dello attendere
degl'Inglesi, e del pericolo che gli soprastava, invece di andar per la
diritta via verso il porto del Forte Reale della Martinica, torceva il
cammino a diritta verso tramontana, indirizzando il corso delle sue navi
più in su verso l'Isola Domenica, e la Guadaluppa. Quando poi già era
vicino a queste arrivato, si fermò, mandando per mezzo di una fregata
molto veloce dicendo a Guichen, venisse a congiungersi seco. Uscì il
francese con diciotto vascelli, ed essendo informato, che gl'Inglesi si
volteggiavano a sopravvento delle Antille, egli per ischivar l'incontro
loro navigò a sottovento delle medesime, e fu sì cauto e prospero il suo
viaggio, che le due armate si congiunsero insieme tra la Domenica e la
Guadaluppa. Certamente, se tutte queste forze, le quali assai superavano
quelle di Rodney, avessero potuto conservarsi intiere, o che i
confederati si fossero tra di loro meglio accordati, si sarebbe ottenuto
il fine, che si erano proposto, di distruggere affatto la potenza
britannica nell'Isole occidentali. Ma prima di ogni cosa queste forze
portavano dentro di sè medesime i semi della propria distruzione. Era
nata in mezzo ai soldati spagnuoli tra per la lunghezza del viaggio, la
carestia delle fresche vettovaglie, il cambiamento del clima, e la
immondizia loro una febbre pestilente, che, con incredibile celerità
propagatasi, molti già aveva tolti di vita, e tuttavia toglieva. Oltre i
morti nel tragitto, eransi sbarcati dodici centinaia di malati alla
Domenica, ed altrettanti, e forse più alla Guadaluppa ed alla Martinica.
Nè perchè il clima di quelle isole fosse sano, o perchè si
somministrassero loro nuovi alimenti, rimetteva il male della sua
ferocia. Ogni dì molti valorosi soldati passavano da questa all'altra
vita. La contagiosa influenza si appiccò anche ai Francesi, e molto fra
i medesimi infuriava, sebbene non tanto, quanto fra gli Spagnuoli. Da
quest'inopinato, disordine ne nacque, che i confederati non solo
grandemente rimetterono dell'ardire loro all'intraprendere, ma anche una
gran parte degl'instromenti a ciò fare venner loro meno. S'aggiunse a
questo, che gli Spagnuoli avrebbero voluto far prima l'impresa della
Giamaica, i Francesi quella di Santa Lucia, e delle altre vicine isole.
Il che fu causa, che non si tentò nè l'una, nè l'altra. In queste
circostanze tanto da quelle diverse, che gli alleati si erano poco prima
alla immaginazione loro rappresentate, imbarcarono di nuovo le poco sane
genti, e procedevano di conserva verso le isole disottane. Guichen
accompagnò gli Spagnuoli sino nelle acque di San Domingo, donde,
lasciatigli andare al viaggio loro, pose al Capo francese. Quivi si
congiunse colla flotta di Lamotte-Piquet, che colà stanziava per la
protezione del commercio. Gli Spagnuoli procedettero, ed andarono ad
afferrare all'Avanna. Rodney intanto, avute le novelle della
congiunzione delle due flotte nemiche, andò a porsi a Gros-islet in
Santa Lucia. Quando poi ebbe inteso, che i nemici erano partiti dalla
Martinica, avendo ricevuto dall'Inghilterra un rinforzo di vascelli e di
soldati guidati dal comandante Walsingham, ne mandò un buon polso alla
Giamaica per assicurarla contro gli assalti dei confederati. Coi
restanti se ne rimase a Santa Lucia per osservar il nemico, e proteggere
le isole vicine. In questa maniera si terminarono le speranze, che sì
verdi concette si erano in Francia ed in Ispagna intorno le conquiste da
farsi nelle Antille inglesi; colpa parte della fortuna, e parte della
diversità e della disgiunzione degl'interessi, che prevalgono per
l'ordinario nelle menti dei confederati, i quali concorrere uniti al
medesimo fine non vogliono, e discordi non possono.
Dopo le cose, che fin qui abbiamo raccontate, succedè per qualche tempo
nelle Antille come quasi una generale tregua da ambe le parti. Ma se era
cessata la rabbia degli uomini, sottentrò quell'assai più tremenda degli
elementi. Era giunto il presente anno al mese d'ottobre, e godevansi gli
Antillesi l'inaspettata cessazione dell'armi, e quella securità, che sì
poco avevano sperato, quando i mari e le spiagge loro furono afflitte da
una sì spaventevole tempesta, che pochi, o nissun esempio si trovano di
altrettanto furore nei ricordi delle cose marinaresche, sì pieni
peraltro di orribili disastri, e di compassionevoli naufragi. E
quantunque questo terribile flagello di Dio abbia, dove più, dove meno
disertato tutte le Antille, in nissuna però tanto infuriò, quanto nella
fiorita isola delle Barbade. Incominciò a menare la non descrivibile
tempesta la mattina dei dieci, e continuò ferocissimamente per ben
quarantotto ore. Le navi, che sicure stavano nel porto, furon tosto
strappate dalle ancore, e nell'alto e tempestoso mare sospinte.
Correvanvi un vicinissimo pericolo di naufragio. Non meno degna di
compassione si trovò la condizione di coloro, che rimasero in terra.
Imperciocchè la notte, che seguì, crescendo vieppiù la violenza della
bufera, le case diroccavano, gli alberi si diradicavano, gli uomini e le
bestie erano arrandellati qua e là, e pesti miserabilmente. La capitale
stessa dell'isola fu pressochè uguagliata al suolo. La magione del
governatore molto forte, conciossiachè avesse le mura grosse ben tre
piedi, era scossa fin dalle fondamenta, e faceva le viste di voler
crollare. Di dentro abbarravano le porte, e le finestre, ed ogni sforzo
facevano per resistere a tanto stravolgimento del cielo. Tutto fu nulla.
Superò il dragone irreparabile; schiantò dai gangheri e dagli arpioni le
porte e le imposte; le mura stesse diroccava. Il governatore colla sua
famiglia si rifuggiva nelle sotterranee volte. Ma da questo cercato
asilo contro il vento lo cacciava tosto l'acqua, la quale cadendo dal
cielo dirottissimamente inondò, e, quasi un secondo diluvio, sopraffece
ogni cosa. Uscivano allora all'aperta campagna, dove con incredibile
stento e pericolo si ricoverarono dietro un mastio, sopra il quale era
rizzata la stacca della bandiera; ma questo ancora traballando alla
furia del trabocchevole vento, temendo di essere stiacciati da cadenti
massi, un'altra volta si allargarono nei campi. Fortuna, che non si
sbrancarono, perciocchè separati e privi l'un l'altro dell'aiuto dei
compagni, tutti ne sarebbero stati morti. Pure aggirati dal remolino
tornavano qua e là, e s'avvoltolavano nel fango e nella mota. Infine
stanchi, fracidi e trafelati si ripararono ad una batteria, e dietro i
carretti dei grossi cannoni si appiattarono, miserabile e poco sicuro
asilo; imperciocchè anche questi erano violentemente scossi e traportati
dalla procella. Le altre case della città, siccome più deboli, essendo
state prima di quella del governatore rovinate, andavano gli abitatori
vagando qua e là in quella tristissima notte senza asilo e senza
ristoro. Molti perirono sotto i rottami delle case loro; altri
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