Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 02

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quei luoghi; la terza per disperdere affatto le reliquie delle bande
americane, le quali tuttavia andavano ronzando tra il Cooper e la
Santee, e principalmente per rompere una testa di repubblicani, che
sotto la condotta del colonnello Buford si ritiravano a gran giornate
dalla Carolina. Ebbero tutte e tre felice fine. Accorrevano da ogni
banda gli abitatori verso le genti regie, dichiarando di voler
all'antica leanza ritornare, ed offerendosi di voler armata mano
difendere e sostenere la causa del Re. Molti si affoltavano per le
stesse cagioni e fini nella città stessa di Charlestown, a ciò ancora
invitati da un bando mandato fuori da Clinton. Il conte di Cornwallis,
spazzate le rive del Cooper, e varcata la Santee, s'impadroniva di
Georgetown. Sì grand'era lo zelo dei popoli, o vero o simulato pel Re,
ed il desiderio, parte per paura, parte per amore di gratuirsi il
vincitore, che non contenti al venire essi stessi, conducevano anco
prigioni seco loro quei libertini, che potevano aver fra le mani, ai
quali poco prima con tanta prontezza obbedito avevano, e che ora col
nome di oppressori appellavano. Intanto Buford colla sua schiera già si
era assai dilungato, ed era assai difficile impresa quella di
raggiungerlo. Ma Tarleton si offeriva pronto, e dava speranza di trarla
a buon fine. Cornwallis gli concedè a tal uopo una buona frotta di
cavalleggieri, ed un centinaio di fanti montati in groppa. Camminando
egli con grandissima celerità arrivò il giorno 28 maggio a Cambden, dove
ricevè le novelle, che Buford era partito il dì precedente da
Rugeley's-mills, e che a gran giornate marciando era vicino a
congiungersi con un'altra schiera di repubblicani, ch'era in via per
venire da Salisbury a Charlotte nella Carolina Settentrionale. Conosceva
Tarleton, di quanta importanza fosse il prevenire la congiunzione di
queste genti. E perciò malgrado la stanchezza degli uomini e dei
cavalli, dei quali alcuni per questa sola cagione erano morti, ed il
calore della stagione, raddoppiò i passi, e tanto fu presta la mossa
delle sue genti, che venne sopra il nemico in un luogo chiamato Wacsaws,
trascorso avendo 105 miglia in cinquantaquattr'ore. Gl'Inglesi
intimavano la resa agli Americani; questi ricusavano le condizioni
animosamente rispondendo, volersi difendere. Ordinò Buford i suoi alla
battaglia, ch'erano da quattrocento stanziali della Virginia con una
torma di cavalleggieri del Washington. Gli distendeva in una sola fila;
i cannoni, le bagaglie, tutta la salmerìa continuavano intanto ad andar
al viaggio loro. Comandava, non traessero, finchè i cavalli inglesi non
fossero vicini a venti passi. Tarleton non metteva tempo in mezzo; ma a
trabocco si mescolava col nemico. Fatta una leggiera resistenza,
andarono gli Americani in volta. Gli seguitarono ferocemente gl'Inglesi,
e ne fecero strage. Fu piena la vittoria. Quasi tutti furono o uccisi o
sconciamente feriti, o fatti prigioni. Tanto fu il furore degl'Inglesi
in questo fatto, che spietatamente manomisero anche coloro, che si
arrendevano. Da ciò si accanirono viemmaggiormente gli Americani, e
nacque tra di loro un proverbio volgare, che volendo significare un
crudel nemico, od una strage orribile dicevano: _I quartieri di
Tarleton_. Le armi, inclusi i cannoni, le munizioni, le bagaglie, il
carreggio, tutto vennero in poter del vincitore. E' pare che abbia
Buford commesso in questo fatto due errori, dei quali il primo si fu
quello di aver aspettato l'inimico, che prevaleva di cavalleria, in
luogo aperto. Se invece di aver mandato il carreggio indietro, tosto
ch'ebbe scoperto i regj, ne avesse fatto carrino tutto all'intorno delle
sue genti, o non lo avrebbero gl'Inglesi assaltato, o ne sarebbero forse
rimasti colla peggio. Il secondo poi fu quello di aver vietato a' suoi,
non traessero al nemico, se non vicino; il che fu causa, che i cavalli
di Tarleton caricarono avventati ed ordinati. Ritornò questi
subitamente, conducendo seco le conquistate spoglie a Cambden, dove si
ricongiunse con Cornwallis. Quella schiera di Americani, che si era
avviata a Charlotte, udita la rotta di Wacsaws, fece altri pensieri, e
se ne tornò più che di passo a Salisbury.
La vittoria di Wacsaws, siccome quella, ch'ebbe rotte le ultime speranze
dei Caroliniani, ridusse tutta la Carolina ad una intiera soggezione.
Scrisse Clinton al ministro a Londra, che tutto vi seguitava il nome
degl'Inglesi, e che pochi uomini vi rimanevano, i quali non fossero o
prigionieri sulla fede loro, o coll'armi in mano in servizio del Re. Ma
conosceva benissimo, che quello che acquistato aveva coll'armi,
bisognava coi buoni ordinamenti civili confermare. Volse perciò l'animo
a dar forma alle cose della provincia. Nel che fare si consigliava di
volere e quetar gli animi colle perdonanze, e far concorrere i popoli
alla difesa della provincia, ed al ristoramento in ella dell'autorità
del Re. Bandì a questo fine congiuntamente coll'ammiraglio Arbuthnot un
indulto pieno e libero in favor di coloro, i quali immediatamente alla
leanza loro ritornassero, promettendo, che dei delitti e delle
trasgressioni commesse per il passato circa le cose dello Stato non
sarebbero riconosciuti. Solo eccettuò quelli, i quali posto avessero,
sotto la coperta di schernevoli forme della giustizia, le mani nel
sangue di quei concittadini loro, che la ribellione e le usurpazioni
abborrito avevano. Considerato poscia, che molti tra gli abitatori della
Carolina erano sotto la fede loro prigionieri di guerra, e che sino a
tantochè in tale condizione continuassero, non si potevano
convenevolmente costringere a pigliar le armi in favore del Re, Clinton
poco curandosi, siccome vincitore, del rompimento della fede pubblica,
dichiarò con un pubblico bando, mandato fuori espressamente il dì 3
giugno, ch'erano sciolti e liberi dalle parole, che date avevano,
eccettuati solamente gli stanziali stati fatti prigionieri nel Forte
Moultrie, e nella città di Charlestown. Aggiunse, ch'erano restituiti a
tutti i diritti ed a tutti i doveri dei cittadini inglesi. Perchè poi
non vi potesse esser dubbio intorno le intenzioni sue, e per chiarir
anche i sospetti, fece a sapere, che ognuno doveva attivamente
adoperarsi nel ristabilire ed assicurare il governo del Re, e nel
liberar la contrada da quell'anarchia, che già da troppo lungo tempo
afflitta l'aveva. E per dar sesto ed ordine alla cosa comandò, che
ognuno si tenesse pronto a marciare al primo avviso, e che coloro che
avevano famiglia si ordinassero in bande di milizia per le difese di
casa, ma quei, che non ne avevano, dovessero militare in compagnia delle
forze regie per cacciare, siccome diceva, i ribelli oppressori dalla
provincia, e dalle calamità della guerra liberarla. Non durasse però la
loro condotta oltre sei mesi, e non potessero adoperati essere fuori
delle due Caroline e della Giorgia. Così i cittadini si spingevano
contro i cittadini, i fratelli contro i fratelli; e coloro, i quali
erano stati riconosciuti come soldati del congresso, poichè erano stati
ammessi alla condizione di prigionieri di guerra, si costringevano a
militare in favore del Re; cosa, se non nuova, certo non tollerabile, e
che fu di pessimi effetti cagione, come racconteremo in appresso, contro
coloro, che la usarono. Vedutasi da Clinton la quiete della provincia e
l'ardore che pareva universale dei popoli nell'aiutare i regj,
distribuite le genti nei presidj pe' luoghi più opportuni, e lasciate
tutte quelle che stanziavano nella Carolina e nella Giorgia sotto la
condotta del conte di Cornwallis, se ne partì da Charlestown per
ritornarsene alla Nuova-Jork.
Non erano in questo mezzo state le cose di quest'ultima città senza
travaglio; perchè si trovò improvvisamente esposta ad un gravissimo
pericolo. Era la vernata stata sì aspra, che il fiume del Nort con tutti
i vicini stretti e canali ne erano invetrati e rassodati. Tale era la
spessezza e la durezza del diaccio, che i più gravi pesi e le
artiglierie stesse potevano passarvi sopra sicuramente. A questo
inaspettato accidente si risentirono grandemente i generali del Re, e
molto temevano della città stessa della Nuova-Jork, essendovi dentro
assai deboli i presidj, e fuori l'esercito di Washington poco lontano.
Non tralasciarono però nissuna di quelle diligenze, che in simil caso
usare si potevano. Tutti i Jorchesi di qualsivoglia ordine o condizione
si fossero, furono arruolati, armati ed ordinati in compagnie. I
marinari stessi furono descritti in queste. Gli uffiziali e le ciurme
delle fregate si posero alle artiglierie, quei delle navi da carico,
annonarie e mercantili, armati di picche, stavano alle difese delle navi
medesime, delle rive e dei magazzini. Ma Washington non era da sè stesso
bastante a tentare cosa di momento alla vittoria. Le sue genti ch'erano
baraccate a Morristown, non arrivavano al novero degli stanziali
inglesi, che si trovavano nella Nuova-Jork. Mandò bene per tentar la
cosa lord Stirling con una grossa banda di soldati sopra l'Isola degli
Stati; ma questi, veduto, che niuno accidente nasceva dentro della
città, che potesse dare speranza di prospero evento, se ne tornò a' suoi
primi alloggiamenti. Così gli Americani per quella peste della brevità
delle ferme, e per la tiepidezza, che presso di loro prevaleva a quei
tempi, perdettero la più propizia occasione, che desiderar potessero, di
affliggere con un gran fatto la potenza britannica.
E se gli Americani per la debolezza loro erano costretti a contenersi
nella quiete nelle vicinanze della Nuova-Jork, gl'Inglesi, inoltrata
essendo di già la stagione, ed allontanato per lo scioglimento del
ghiaccio il pericolo che corso avevano, non se ne stavano neghittosi.
Ritornarono in su quelle loro ladronaie nella Cesarea. L'intento loro
questo stesso era di voler devastare e rapinare, siccome anche di
consuonar colle cose che si facevano nella Carolina, acciocchè l'inimico
distratto in varj luoghi non potesse soccorrere a nissuno. I Generali
Knyphausen, Robertson e Tryon, i quali, durante l'assenza di Clinton,
governavano le genti della Nuova-Jork, in sull'entrar di giugno, ed
alcuni giorni prima, che il capitano generale ritornato da Charlestown
vi arrivasse, erano venuti con cinquemila uomini sopra le terre
cesariane, ed impadronitisi d'Elisabethtown. Quivi si portarono molto
lodevolmente, astenendosi dal sacco. Spintisi poscia più avanti
occuparono Connecticut-farms, nuova ed assai prosperevole villata.
Instizziti alla resistenza che incontrato avevano per via, imperciocchè
le bande paesane stormeggiando tutto all'intorno erano accorse, e gli
avevano combattuti, tutta l'arsero, eccetto solo due case. La chiesa
stessa fu consumata dalle fiamme. In questo luogo successe un caso molto
compassionevole, e che contribuì non poco a vie più inviperir i
repubblicani contro i reali. Viveva in Connecticut-farms una gentildonna
molto bella, e di lodevoli costumi ornata, sposata ad un Jacopo Cadwel,
sviscerato libertino in quella provincia. Avvertita dal marito e dagli
amici, si cansasse, non volle, confidatasi nella propria innocenza.
Stavasene ella nelle camere sue sicuramente, conversando co' suoi
piccioli figliuoli, che gli stavano attorno, con accanto la fantesca, la
quale sulle proprie braccia sosteneva un bambino di lei. In questo mezzo
ecco un soldato arrivare (dicesi sia stato un efferato Essiano), il
quale posto l'archibuso sulla finestra, e presala di mira con una ferita
mortalissima nel maternale petto l'ammazzò. Il sangue della madre
sgorgando bruttò le tenere membra de' spaventati fanciulli.
Sottentravano i soldati, e sotterrata in fretta la morta donna, la casa
arsero ed ogni cosa. In tale guisa raccontano il dolente caso i
repubblicani. Ma i reali mantengono, il colpo essere stato tratto dagli
Americani, poichè affermano, fosse venuto dalla parte, ov'eglino si
ritrovavano. Quale di questo sia la verità, la lagrimevol morte di
questa gentildonna a tanta rabbia concitò i libertini, che,
romoreggiando da ogni parte, ed accorrendo a calca, la fecero tornar in
capo ai commettitori. Si erano questi messi in cammino per andar a
conquistare un'altra Terra quivi vicina, chiamata Springfield, e giunti
poco lungi vi trovavano dentro il generale Maxwell, il quale con un
colonnello di stanziali cesariani, ed un grosso di arrabbiate milizie
gli aspettava. Si fermarono gl'Inglesi, e quivi alloggiarono la notte.
La mattina, ossiachè non bastasse loro l'animo di assalire un nemico sì
grosso e sì risoluto, ovverochè, come divolgarono, avessero avuto le
novelle, che si trovaron vere, che Washington avesse a gran fretta
inviato da Morristown in aiuto di Maxwell una grossa squadra, davano
indietro, e si ritiravano alle stanze di Elisabethtown. Gli seguitarono
ferocemente gli Americani, sebbene con poco effetto pei buoni ordini, e
pel valore di quelli. In questo punto arrivò Clinton alla Nuova-Jork, e
tosto si deliberò di voler l'incominciata impresa ad un buono ed utile
fine condurre. Era il suo intento di sbarbare Washington dai forti
posti, che aveva pigliati nella contrada alpestre della Morrisonia, la
quale, quasi come una cittadella naturale, aveva servito di sicuro asilo
al capitano d'America contro gli assalti inglesi, anche quando le forze
sue erano state più deboli. A questo fine imbarcò Clinton molte genti
alla Nuova-Jork, e tali dimostrazioni faceva su pel fiume del Nort, che
pareva, ch'ei vi volesse salire, per andare ad impadronirsi dei forti
passi delle montagne per alla volta dei laghi. Teneva per fermo, che,
saputesi da Washington queste mosse, avrebbe fatto qualche
precipitazione, si sarebbe posto in gran gelosia di questi passi, e non
avrebbe omesso di venire o con tutto, o colla più gran parte delle sue
genti a guardargli. La qual cosa ottenutasi, disegnava l'Inglese colle
genti che aveva a Elisabethtown, correre velocemente verso la
Morrisonia, ed occupar in tal modo il solito nido di Washington. E
quando per la lontananza loro que' luoghi non si fossero potuti tenere,
era pure una gran cosa il distruggere le canove, che gli Americani fatte
vi avevano. Effettivamente Washington, che stava continuamente alla
vista, ed aveva odorato la mente di Clinton, temendo di West-point, e
delle vicine ed importanti strette, serbatosi a randa il suo bisogno per
guardare i poggi della Morrisonia, mandava le restanti genti sotto la
guida di Greene sulle rive dell'Hudson. Partivano allora i reali da
Elisabethtown, incamminandosi a gran passo verso Springfield. Giace
Springfield alle falde delle montagne della Morrisonia sulla destra
sponda di un fiumicello, che, sceso da quelle, lo bagna da fronte. Stava
alla guardia del ponte il colonnello Angel con pochi, ma valenti
soldati. Dietro questi, come una seconda schiera, si era posto in
ordinanza il colonnello Shrieve col suo reggimento, e più in su sopra i
primi poggi presso Short's-hill si erano attelati Greene, Maxwell, e
Stark. Di stanziali difettavano; ma erano numerose, e concitatissime le
milizie. Arrivavano i regj al ponte, e si attaccavano con molta furia
coll'Angel. Questi si difendeva assai valorosamente. Molti ammazzava de'
nemici, pochi perdeva de' suoi. Finalmente sopraffatto dal numero diè
luogo, e con ottima ordinanza procedendo, andò a congiungersi colla
seconda schiera. Occupato gl'Inglesi il ponte, si avventavano contro di
questa. Sosteneva Shrieve un pezzo l'urto loro francamente. Ma in
ultimo, vedutigli così grossi, ed armati di molte artiglierie, cedè il
luogo, ed andò a porsi dietro la schiera del Greene. Esaminata poscia
bene la positura de' luoghi, e la fortezza degli alloggiamenti
americani, si levarono gl'Inglesi dal pensiero di assaltargli. Forse
l'ora tarda, in cui già erano, l'ignorare la qualità delle forze
nemiche, la difficoltà della contrada, l'ostinata difesa del ponte, il
correre, che facevano da ogni banda le milizie all'armi, e la
malagevolezza di tener aperta la via sino ad Elisabethtown contribuirono
non poco a questa deliberazione dei reali. Intanto arrabbiati al non
poter far frutto, predarono ed affocarono la ricca Terra di Springfield.
Poscia indietreggiarono verso Elisabethtown. I repubblicani gonfj d'ira
a quelle arsioni aspramente gli perseguitarono, e sì fattamente gli
accanarono, che, se non fosse stata la disciplina, ed i buoni ordini
loro ne sarebbero stati sconfitti all'estremo. La notte, abbandonate del
tutto le terre cesariane, varcarono nell'Isola degli Stati. In questo
modo dall'inaspettato valore degli Americani fu rotto tutto il disegno
di Clinton. Ne ottennero gl'Inglesi biasimo e disonoranza, ed un odio
immortale presso il nemico. Washington con lettere pubbliche molto
commendò la virtù de' suoi.
Tornando al proposito della nostra narrazione delle cose della Carolina,
il reggimento inglese, che vi era stato introdotto, dacchè i reali
avevano preso la tenuta della provincia, andava considerando del modo di
ristorarvi i danni causati dalla guerra e dalle fazioni, e di vieppiù
confermarla nella divozione del Re. Dopo la conquista i biglietti di
credito perduto avevano ogni sorta di riputazione, e più non vi si
potevano spendere per nissun valore. E siccome molti da un canto avevano
ricevuto in pagamento di antichi crediti i biglietti scapitanti, e da un
altro vi rimanevano da pagarsi molti residui di debiti contratti nel
valore edittale di essi biglietti, così si vollero costringere i primi
debitori a compensare ai loro creditori con un nuovo pagamento di moneta
la differenza, che passava tra il valore reale, e l'edittale dei
biglietti, e stabilire una norma ferma, giusta la quale i debitori dei
residui dovessero con moneta ai loro creditori soddisfare. Si crearono a
questo fine tredici commissarj, i quali fossero per informarsi dei varj
gradi dello scapito dei biglietti, e facessero poscia uno specchietto, o
tavola scalata della declinazione del credito di quelli; la qual tavola
dovesse servire di norma legale nel pagamento degli anzidetti debiti.
Procedettero i commissarj in questa difficile bisogna con eguale e
giustizia ed avvedimento; e ragguagliando i prezzi che avevano le grasce
nel paese a' tempi dei biglietti con quelli, che esse avevano l'anno
precedente alla guerra, ed esaminate le diverse proporzioni degli scambj
tra le monete effettive, ed i biglietti medesimi, formarono la tavola
non solo anno per anno, ma ancora mese per mese, contenendo la prima
colonna le date, la seconda la ragione del valor dei biglietti a quello
delle monete, la terza la ragion del valore dei biglietti a quello delle
grasce, e la quarta il mezzo proporzionale dello scapito. Questa
estinzione del valor dei biglietti di credito causata dalla presenza
degl'Inglesi nella Giorgia e nella Carolina fece sì, che quei, che se ne
trovavano ancora per le mani, gli portarono, o mandarono nell'altre
province, nelle quali, sebbene poco, conservavano però ancora qualche
valore. Da questo, siccome pure dalla perdita della Carolina, e dal
sinistro aspetto che avevano le cose del congresso a questo tempo, ne
nacque, che i biglietti andaron soggetti in tutti gli Stati ad un nuovo
e soverchio bassamento. La qual cosa vedutasi dal congresso, e
conoscendo benissimo che nissun rimedio vi era, che atto fosse a
resistere a tanta rovina, e ad arrestar il corso del disavanzo,
determinò di cedere al temporale, ordinando, che per l'avvenire si
spendessero i biglietti non nel valore edittale, ma nel convenzionato, e
fece a quest'uopo anch'esso fare la tavola scalata, la quale dovesse
servir di norma nei pagamenti. Questa risoluzione del congresso ch'era
una violazione della pubblica fede, se si eccettuano alcuni debitori
disonesti, fu e grata, ed utile all'universale. Imperciocchè nissuna
calamità possa essere maggiore ad una nazione di quella, che nasce
dall'avere un mezzo, che serve di pecunia, il quale sia fisso dalla
legge, e variabile nell'opinione; e da un'altra parte i biglietti si
trovavano allora nelle mani non dei primi, ma sibbene degli ulteriori
possessori, i quali anch'essi gli avevano avuti a basso prezzo. Solo si
sarebbe desiderato, che il congresso non avesse fatto tante e sì
efficaci protestazioni di voler mantenere il valor edittale dei
biglietti. Conciossiachè ed il tenore stesso dei biglietti, ed i termini
della creazione loro, e tutti gli atti pubblici, che a quelli
risguardavano, promesso avessero, e solennemente assicurato, che un
dollaro in biglietti sempre speso si sarebbe, e compro per un dollaro
d'argento. E pochi mesi prima aveva il congresso in una sua lettera
circolare favellato, come di una cosa ingiustissima di questa stessa
risoluzione, che ora aveva preso, affermando, che la supposizione sola,
che si volesse abbracciare, era da aversi in orrore. Ma tal è la natura
dei reggimenti nuovi, massimamente a' tempi delle rivoluzioni, in cui
gli affari dello Stato sono, più che in altri, soggetti all'arbitrio
della fortuna, che spesso promettono di quelle cose che poi non possono
attenere, essendo più forte l'imperio delle circostanze, che la
necessità di serbar la fede. La qual cosa dovrebbe tali reggimenti
rendere rispettivi nell'allargarsi in promesse. Ma eglino, o poco
esperti, o troppo confidenti, o credendosi di aver vinto l'impresa,
quando han trovato modo di spignerla pure avanti un dì, sembrano per
l'ordinario più voler promettere, quanto meno hanno facoltà di attenere.
Il bando mandato fuori dai capitani britannici, pel quale disobbligavano
dalle parole loro i prigionieri di guerra, e, restituendogli alla
condizione di sudditi inglesi, gli costringevano ad unirsi alle genti
regie, aveva causato non poco disgusto fra i Caroliniani. La maggior
parte desideravano, poichè perduto avevano la libertà, di godersi almeno
la pace alle case loro, accomodandosi in tal modo al tempo, e servendo
alla necessità; la qual cosa, se fosse stata ad essi conceduta non
avrebbero più fatto novità, e meno impazientemente sopportato avrebbero
l'infelice condizione della repubblica. Quindi appoco appoco si
sarebbero avvezzati al presente ordine di cose, e dimenticato avrebbero
il passato. Ma quel bando di nuovo concitò la rabbia loro. Tutti
dicevano; _se si ha a ripigliar le armi si combatta piuttosto per
l'America, e per gli amici, che per l'Inghilterra, e per gli strani_.
Alcuni, come dissero, così fecero. Sciolti dalla fede loro, siccome
credettero di aver acquistato il diritto di ripigliar le armi, così lo
vollero anche usare, e risoluti di pruovare ogni fortuna, per vie
strane, ed incogniti tragetti si conducevano sulle terre della Carolina
Settentrionale occupate tuttavia dalle genti del congresso. Altri
continuarono a dimorare nel paese, e nella condizione di prigionieri,
aspettando a volersi risolvere, che fossero chiamati attualmente dai
capitani britannici sotto le insegne. I più, cedendo ai tempi, e non
sofferendo loro l'animo di abbandonar le proprietà loro, e di ritirarsi
in lontane regioni, come i primi, o temendo delle persecuzioni
degl'Inglesi, e di quelle dei proprj paesani, desiderosi d'ingraziarsi
presso i nuovi signori, amarono meglio, dissimulando, scambiar la
condizion loro, e da prigionieri americani, diventar sudditi britannici.
Alla quale risoluzione tanto più volentieri si accostarono, che correva
voce, forse data ad arte, che il congresso fosse venuto in sulla
determinazione di non contrastar più oltre agl'Inglesi la possessione
delle meridionali province. La qual cosa non solo non era vera, ma era
vero tutto il contrario, stantechè aveva il congresso nella sua tornata
dei 25 giugno con molta solennità dichiarato, che ogni maggiore sforzo
si voleva fare per ricuperarle. Ma queste cose non si sapevano dai
prigionieri della Carolina, e vi si credeva dai più, ch'ella rimasta
sarebbe una provincia britannica. Così la moltitudine correva parte per
amore, parte per forza alla leanza. Ma gl'Inglesi avrebbero voluto
avergli tutti, e non tornava lor bene, che vi rimanesse dentro, o fuori
della provincia alcuno, che seguisse le parti del congresso. Epperò ogni
sorta di stranezze usavano contro i beni, e le famiglie di coloro
ch'erano fuorusciti, o di quei che rimasti erano prigionieri di guerra.
Le proprietà dei primi erano sequestrate, e guaste, e le famiglie
guardate di mal occhio, e taglieggiate, come di ribelli. I secondi erano
spesso dai parenti loro separati e confinati in luoghi disagiosi e
strani. Quindi quelli rientravano ogni giorno, e venivano a piegare il
collo sotto il giogo della nuova servitù; e questi andavano anch'essi ad
offerirsi, come buoni e fedeli sudditi del Re. Tra gli uni e gli altri
vi erano di quegli stessi, i quali più vivi si erano dimostrati in
quella loro impresa della libertà, e che avevano tenuto i primi
maestrati nel reggimento popolare. Generalmente si escusavano col dire,
che non avevano mai posto la mira all'independenza, e che detestavano la
lega fatta colla Francia. Così gli uomini amano meglio esser tenuti
bugiardi e spergiuri, che viver poveri e disgraziati. Queste cose si
facevano nel contado. Ma gli abitatori della città, siccome quelli, che
avevano per la capitolazione il diritto di starsene alle case loro, non
furono inclusi nel bando dei 3 giugno. Epperò altri modi si usarono per
fargli calare alla leanza. Gl'Inglesi ed i leali inveterati bucherarono
di modo, che dugento e più Charlestonnesi fecero, e sottoscrissero una
lettera pubblica, colla quale si rappresentarono al Capi britannici,
seco loro congratulandosi dell'avuta vittoria. E siccome quest'era un
concerto, fu loro risposto, goderebbero la protezione dello Stato, e
tutti i benefizj della cittadinanza inglese, se volessero sottoscrivere
una dichiarazione di leanza, e del buon animo loro a voler sostenere la
causa del Re. Così fecero essi; molt'altri gl'imitarono. Quindi nacque
una distinzione tra i sudditi ed i prigionieri. Erano i primi protetti,
onorati, incoraggiati; i secondi guardati di traverso, molestati,
perseguitati nella roba e nelle persone. I beni di costoro posti in
contado erano manomessi e calpestati. In città era intrachiuso loro il
ricorso ai tribunali per dirvi ragione contro i loro debitori, mentre da
un altro canto era fatto abilità ai creditori, quand'eran sudditi, di
chiamargli in giudizio. Quindi eran forzati a pagare i debiti, ed
impediti dal riscuotere i crediti. Non erano lasciati uscir dalla città,
se non colla licenza, la quale spesso, e senza nissun motivo era loro
negata; e minacciati ancora di carcere, ove la leanza non
sottoscrivessero. Le robe loro erano state messe a bottino dai soldati,
e particolarmente gli schiavi involati. Nè v'era modo, che fossero loro
restituiti, se non si piegavano, mentre i sudditi ciò di leggieri
ottenevano. Erano gli artigiani permessi di lavorare, ma era poi negata
loro la facoltà di farsi pagar la mercede delle opere dagli avventori,
quando questi la ricusavano. Gli Ebrei stati erano lasciati comperare
molte e ricche robe dai mercatanti inglesi, i quali colà eran venuti
coll'esercito. Ma a meno che diventassero sudditi, non si permetteva
loro di venderle. Insomma ogni arte si usava, e le minacce, e la forza
per fare, che i cittadini mancassero alla fede data, ed all'antica
soggezione ritornassero. I più simularono e dissimularono; e diventati
sudditi furon fatti partecipi della britannica protezione. Altri o più
ostinati o più virtuosi non s'inclinarono. Quindi le proprietà loro eran
fatte bersaglio alla sfrenata cupidità delle soldatesche; altri nelle
strette e pestilenti prigioni confinati; altri più fortunati, o più
accorti incontrarono un volontario esiglio. In mezzo a così fiera
catastrofe le donne caroliniane diedero l'esempio di una fortezza più
che virile; e tanto amore dimostrarono di quella patria americana, che
per me non saprei se le storie sì antiche che moderne ci abbiano
tramandato la memoria di uguali, non che di maggiori. Non solo non
tenevano a male, ma e si rallegravano, e si gloriavano all'essere
chiamate col nome di donne ribelli. Invece di andarsene per le adunate
pubbliche, dove si facevano le feste ed i rallegramenti, concorrevano a
bordo delle navi ed in altri luoghi, in cui erano tenuti prigioni i
consorti loro, i figliuoli e gli amici, e quivi con modi pieni di
cortesia gli consolavano e riconfortavano. «Stessero forti, dicevano,
non cedessero al furor dei tiranni; doversi anteporre le prigioni alla
infamia, la morte alla servitù; risguardar l'America i suoi diletti
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