Storia dei musulmani di Sicilia, vol. III, parte II - 42

[715] Mi riferisco pei particolari ai capitoli 5 ed 11 dell’opera
di Lelewel, intitolata: _Géographie du Moyen-âge_, monumento di
erudizione, amor della scienza e volontà ostinata contro gli oltraggi
della fortuna. Sventuratamente il libro non è ben ordinato, ed è
scritto in un tal francese, che spesso non si capisce, e sempre stanca
il lettore.
[716] Si veggano: Reinaud, _Géographie d’Aboulfeda_, Introduction, §
II; Lelewel, op. cit. _Epilogue_, cap. 87 a 61; Sédillot _Prolégomènes
des Tables d’Oloug Beg._, pag. viij segg. e Sprenger, _Die Post-und
Reiserouten des Orients_, Leipzig, 1864.
[717] Su la cartografia presso gli Arabi, si vegga Reinaud, op. cit.,
pagine xliv, xlv, ccliii, e Lelewel, op. cit. _passim_.
[718] Nel cap. iij del presente libro, pag. 453 segg.
[719] Il testo ha in tutti i mss. ..r..sios-el-Antaki, senza vocale
dopo la _r_, e senza alcun segno che determini la prima lettera, se
sia _a_, _i_, ovvero _o_. Paolo Orosio da Tarragona, potea forse venir
chiamato Antiocheno da qualche traduttore siro o arabo, per cagion del
suo viaggio in Oriente. Egli è d’altronde il solo storico latino di
cui facciano menzione gli Arabi; sul quale si vegga Hagi-Khalfa, ediz.
Fluegel, V, 171, num. 10,626. Intorno le nozioni geografiche contenute
nella Storia di Paolo Orosio, si confronti Lelewel, op. cit., cap. 28
del volume intitolato _Epilogue_, pag. 35.
[720] Si vegga su questi autori, Reinaud, op. cit. Introduction, § II,
pag. lvij, lx, lxj, lxiij, lxii, lxxxj.
[721] I nomi proprii, al par che l’etnico, dànno a vedere che
quest’autore era di schiatta tartara.
[722] Le ricerche del Reinaud, del Lelewel, dello Sprenger, del
Sédillot, e di M. Barbier de Meynard, non ci dànno alcuna notizia su
cotesti autori.
[723] Reinaud, vol. cit., Introduction § II, pag. lxij, xciij, xcv,
cij; Barbier de Meynard, _Le Livre d’Ibn-Khordadbeh_, nel _Journal
Asiatique_, di gennaio 1865; Sprenger, op. cit. prefazione.
[724] Sprenger, op. cit., p. XVIII segg.
[725] Su l’importantissima opera geografica di Bekri si vegga la nostra
Introduzione, nel primo vol., pag. XLII, XIV. Il baron De Slane ha
pubblicato poi il testo arabico ed una nuova traduzione francese.
[726] Venticinque parasanghe da tre miglia ciascuna. A questa misura
s’appiglia l’autore, traduzione francese, I, 2, il quale cita quelle
degli Indiani e d’Erastotene e tace la misura di Tolomeo. Si veggano a
questo proposito le osservazioni di Lelewel, op. cit., cap. 60, tomo I,
pag. 100.
[727] Lelewel, op. cit. cap. 247 e 60, tomo I, pag. LIX e 101. Si vegga
anche la mia _Carte comparée de la Sicile_, Notice, pag. 13, 14. Il
miglio romano è valutato, secondo le ultime ricerche, a metri 1481, e
il siciliano, secondo il sistema del 1809, torna quasi allo stesso,
cioè 1487 metri. Si avverta che Edrîsi, ne’ diversi itinerarii, e
perfino in que’ della Sicilia, adopera talvolta altre specie di miglia;
il che or dovea produrre errori ed or no, sembrando che gli autori
dell’opera siciliana abbiano conosciuto i rapporti di alcune di quelle
specie di miglia.
Il Lelewel conchiude che la misura di 75 miglia al grado era “positiva,
siciliana, tradizionale in Sicilia....” quella appunto di Pytheas da
Marsiglia, trapiantata in Sicilia da Timeo di Taormina.
Si ricordi inoltre che il sistema metrico siciliano del 1809 innovò
poco le antiche misure, le quali non erano, per altro, uniformi in
tutta l’isola.
[728] Per esempio _Gaud..s_-Gaulos (Gozzo); _Nabbudi_-Anapus;
_Marsa-el-Julis_-Odyssæum portus.
Non metto in lista qualche altro nome il quale si può supporre
mantenuto fino al XII secolo, come _Libniados_, ch’Edrîsi dà a Licata e
che si trova scritto Limpiados e Ολυμπίαδος, in un diploma bilingue del
1144.
Non mi pare impossibile che i geografi di Palermo abbiano trascritto
da carte greche alcuni nomi che non si trovavano nelle arabiche. Noi
sappiamo dal Masûdi, _Les Prairies d’or_, testo e traduzione, Paris,
1861, I, 185, che gli Arabi non sapeano leggere alcuni nomi nelle carte
di Tolomeo, perchè erano scritti in greco. Il che non si deve intendere
di tutti i nomi, ma di quelli de’ quali i traduttori arabi non avean
saputo trovare il riscontro, o non l’aveano cercato per la poca
importanza del luogo.
[729] Si veggano nel vol. II della traduzione di M. Jaubert:
_N..b..kta_, p. 121, Naupactos (Lepanto).
†_sck..la_, p. 125, Scyllaeum.
_Ellak..d..mona_, p. 125, Lacedemona.
†_ghr..b..s_, p. 296, Euripos (Negroponte).
†_blakhonia_, o †flakhonia, p. 299, Paphlagonia.
_M.diolân_, p. 240, Mediolanum.
_Arinminis_, p. 247, Ariminum.
_Badi_, p. 253, Padum.
_Ang..l..zma_, p. 227, Aequolesima (Angoulême).
_Albernia_, p. 368, Alvernia (Auvergne).
E da un altro lato:
_L..g_, p. 116, Lecce.
_B.rzâna_, p. 417, Bruzzano.
†_nbria_, p. 240, Umbria.
_S..gona_, p. 249, Savona.
_G..b..t B.ka_, p. 250, Civitavecchia.
Di Nardò si dànno due nomi, p. 119. _Nudrus_ (correggasi Nardros)e
_Neritos_; proprio il nuovo e l’antico.
È certo poi che i geografi di Palermo ebbero sotto gli occhi qualche
carta o relazione araba della costiera d’Italia, poichè non poteano
trovare altrove il porto di _Khinziria_ che suona “cinghialeria” (forse
Porto Ferraio) pag. 250, nè il secondo nome di _Keitûna-el-Arab_ “Cala
degli Arabi” che si dava al Monte _G..rgio_ (Capo Circeo), pag. 256. Il
vocabolo _Keitûn_, del quale Edrîsi dà qui la forma femminile, è preso
manifestamente da Κοιθὠν, che dall’antico significato di letto e camera
da letto, passò nel greco bizantino a quello di “cala” o di “scalo.” Si
vegga l’annotazione che fa M^r Hase a questa voce, nella nuova edizione
del _Thesaurus_.
_B..lonia_, p. 240, Bologna.
_B..ri_, pag. 241, Berry.
†_kl..rm..nt_, pag. 241, Clermont.
_Auzb..rg._. p. 246, Augsbourg.
†_nk..rt..ra_, p. 356, Inghilterra.
†_nkl..sin_, p. 356, Inglesi.
_K..mrâi_, p. 366, Cambray.
†_strik_, p. 367, Utrecht.
_H..stings_, p. 374. Hastings.
_R..ng B..rg e Rinscb..rg_, p. 570, Regensburg.
Centinaia di nomi si potrebbero aggiugnere all’una o all’altra classe,
ma i nuovi abbondan più ne’ paesi di lingue germaniche.
Si avverta che abbiamo segnate con puntini (..) le vocali brevi che
mancano quasi sempre nel ms. e con una crocetta (†) l’_elif_ arabica,
la quale, secondo le vocali aggiuntevi, può suonare _a, i, o, e_
talvolta è premessa meramente per eufonia innanzi due consonanti, come
noi usiamo l’_i_ avanti la _s_ impura.
[730] Si vegga il cap. iij del presente libro, pag. 454, nota 2.
[731] Edrîsi parla di soli compatriotti di Ruggiero; ma non si può
supporre esclusi i Musulmani, quando lo scrittore, e forse molti altri
collaboratori, professavan quella religione. Tutte le memorie del
XII secolo, e particolarmente il viaggio d’Ibn-Giobair, provano il
frequente passaggio di viaggiatori musulmani in Sicilia.
[732] Come ho avvertito a pag. 455, nota 2, Edrîsi dice che, per fare
tal confronto, si prese la tavola del _tarsîm_. Quest’ultimo vocabolo
significa “fare il _rasm_” e vale, secondo i dizionarii, “vergare,
segnare per bene” e specialmente “tirar linee, listare.” Così avremmo
tavola lineata, o in altri termini, graduata.
Ma la voce _rasm_, qual che si fosse il suo valore primitivo nella
lingua arabica, fu dal tempo di Mamûn in giù, adoperata da’ geografi
per indicare i contorni del mondo conosciuto; onde agli eruditi è parsa
mera trascrizione di όρισμας. (Cf. Lelewel, op. cit., cap. 15, tomo I,
pag. 21, e Reinaud, op. cit., Introduzione, pag. xlv.) Abbiamo in fatti
varii _Rasm el rob’ el ma’mûr_ ossia “Figura del quarto (di superficie
terrestre) abitato.” Ora egli è perfettamente conforme all’uso della
lingua arabica che si cavi da un sostantivo la seconda forma del verbo
analogo a quella radice, e gli si dia il significato di fare o produrre
la cosa designata dal nome; in guisa che _tarsîm_ vorrebbe dire
precisamente, l’atto di delineare il _rasm_, cioè la supposta figura
della terra abitata.
Ognun vede, finalmente, che nel nostro caso i due lavori designati da
que’ due vocaboli tornavano allo stesso effetto. La tavola graduata
(sia a gradi di latitudine e longitudine, sia coi sette climi che
faceano da paralelli e con dieci suddivisioni per ciascun clima che
supplivano a’ meridiani) serviva a delinearvi il mappamondo secondo
le tavole di latitudine e longitudine compilate dagli astronomi;
e il _rasm_ era il mappamondo copiato da un esemplare ch’era stato
precedentemente costruito o corretto secondo le medesime tavole.
[733] Che mi sia permesso questo neologismo per significare con un sol
vocabolo la linea itineraria accompagnata dalla sua direzione rispetto
ai punti cardinali. Si vegga l’errata, nel quale ho corretto così
la espressione ch’io tradussi vagamente “distanze” nella pag. 455,
spiegandola bensì nella nota 1 della pagina stessa.
[734] Si vegga la pag. 455, nota 3.
[735] Ho citati i codici e le loro carte geografiche, nella
Introduzione, vol. I, pag. XLIII seg. num. XX, e poi nella _Carte
comparée de la Sicile_, pag. 10.
Il mappamondo del codice della Bodlejana (Grav. 3837-42) è delineato
in un gran foglio, e quello del ms. di Parigi (Suppl. arabe 892) sopra
uno più piccolo. Da coteste due copie manoscritte M^r Jomard trasse il
disegno, pubblicato poi da M^r Reinaud, _Géographie d’Aboulfeda_, pag.
cxx. Il Lelewel, dopo averne fatto un diligentissimo studio nel cap.
57 della sua opera ed aver copiata nella tavola Xª (n. XX, 39) del suo
atlante la figura del mappamondo, ricostruì questo in un rame ch’è il
secondo tra quelli annessi ai suoi Prolegomeni. Ei nota (op. cit., cap.
62 nel tomo I, pagina 103), tra gli altri errori di coteste immagini,
la lunghezza del Mediterraneo, molto diversa da quella che risulta dal
testo.
[736] Lelewel, capp. 8, 9, 10 e 50, e nell’Atlante, tavole VII
e IX, figure xj e xvij. È da notare che nel mappamondo di Torino
sono raffigurati i quattro venti cardinali, i quali mancano nelle
precedenti immagini del mondo di origine latina. Del resto, la figura
del Mediterraneo e dell’Adriatico toglie ogni sospetto che questo
mappamondo possa essere stato mai cavato da carte nautiche.
Il sagace Lelewel lo ha supposto delineato, o almeno ricopiato, nella
contea di Maurienne, poichè vi ha scoperto, non ostante gli errori,
il nome di quel piccolo paese. Si vegga la descrizione del codice
e la incisione della carta, presso Pasini, _Codices mss. Bibl. reg.
Taurinensis Athenaei_, II, 26, segg. Ritraggo di più da una lettera del
dotto bibliotecario Gaspare Gorresio, che il codice va riferito alla
fine del XII secolo, se non al principio del XIII, e che la carta fu
fatta, o per lo meno scrittovi i nomi, dalla stessa mano che copiò il
codice.
[737] Versione francese, II, 421.
[738] Si veggano i fac-simile, in fin del primo volume della versione
francese. Il Lelewel, op. cit., cap. 60, 246, pag. liv e 99, del
1º volume, trascrive le cifre delle latitudini e longitudini che
si trovano soltanto per 26 posizioni, una delle quali appartiene al
secondo clima e tutte le altre al primo.
[739] Mi sembra che il Lelewei, tomo I, pag. 99, abbia compresa
l’operazione in questo stesso modo, quantunque egli fosse incatenato
dalla traduzione francese di M. Jaubert, la quale rendea così il passo
di Edrîsi: “il voulut savoir d’une manière positive les longitudes et
les latitudes et les distances respectives des points.” Ma veramente
questo passo, che si riferisce a Ruggiero, significa “volle vedere se
tornassero precisamente le linee itinerarie orientate,” come ho detto
poc’anzi nella nota 3, pagina 673 seg.
Delle carte nautiche del medio evo ha trattato il Lelewei, op. cit.,
cap. 256, tomo I, pag. lxxxij, e cap. 108, tomo II, pag. 16 seg. Egli
attribuisce ai perfezionamenti successivi di quelle, la nuova èra delle
scienze geografiche. Si vegga anche il discorso letto da M^r D’Avezac
alla Società Geografica di Parigi, intorno la proiezione delle carte.
Paris, 1863, § XI.
Si ricordi che la prima carta conosciuta fin oggi, è quella genovese
di Pietro Visconti (1318). Ma la prima menzione dell’ago calamitato
si legge in Pietro d’Ailly e in Guyot de Provins, cioè a dire verso il
1190.
[740] Asselin, console francese al Cairo ne’ principii del nostro
secolo, riportò una bella collezione di Mss. comperata poi dalla
Biblioteca parigina. Vien da cotesta collezione il prezioso codice
denotato con la lettera B nella versione di M^r Jaubert, in questa mia
storia e nella _Biblioteca arabo-sicula_.
M^r Jomard, che creò poi la magnifica collezione di carte posseduta
dalla Biblioteca Parigina, fece copiare queste di Edrîsi, come si
scorge dal Reinaud, op. cit., pag. CXIX. L’industre Lelewei ne incise
egli stesso nell’op. cit., una riduzione alla decima parte (da 0,32 ×
0,18 a 0,03 × 0,02).
[741] Nella _Carte comparée_ citata dianzi, io ho messa a riscontro
la Sicilia del ms. Asselin con quella cavata da un bel ms. greco di
Tolomeo, posseduto dalla stessa Biblioteca Parigina.
[742] Si vegga il nostro libro IV, cap. xiv, pag. 446 del 2º vol.
[743] Mi fa pensar questo la posizione rispettiva di Messina e di
Palermo. Nella periferia dell’isola, veggiamo troppo alterata la parte
che guarda l’Affrica. Ma si rammenti che la copia è fatta ad occhio.
[744] Si vegga Lelewel, op. cit., vol. III pag. 71 e 220, dove l’autore
esamina la descrizione con critica da maestro, ma sbaglia talvolta per
poca pratica della lingua e scrittura arabica.
[745] Il baron de Slane, nell’articolo sopra Edrîsi, pag. 388 del
citato volume del _Journal. asiat._, riferisce il giudizio di M. Hase
ed accenna al confronto de’ nomi geografici di quelle regioni, sul
quale l’illustre ellenista faceva un lavoro, di cui v’ha qualche saggio
nella traduzione del Jaubert, II, 286 segg.
[746] Reinaud, _Géographie d’Aboulfeda_, II, 263 segg.
[747] Tomo II, 250 segg. della traduzione francese. Edrîsi le tolse
in parte da Ibn-Khordadbeh, il quale alla sua volta le avea raccolte
da autori più antichi. Si vegga la citata traduzione d’Ibn-Khordadbeh,
nel _Journal asiatique_ di giugno 1865, pag. 482 segg. con le note di
M. Barbier de Meynard, il quale attribuisce a mercatanti musulmani ed
ebrei questa descrizione di Roma, degna delle _Mille ed una notte_,
come ben dice l’erudito traduttore. Edrîsi lasciò indietro alcune
favole più grosse. Ma ripetè quella del Tevere foderato di rame;
l’origine della quale è un equivoco sul _flavus Tiber_, come lo nota M.
Reinaud, _Géogr. d’Aboulfeda_, pag. 310, 311 nota, poichè _sofrah_ in
arabico significa ad un tempo “giallo” ed “ottone.”
[748] A foglio 10, recto, lin. 5 del testo mediceo. Non posso citare
altrimenti, poichè le pagine non sono numerate. I traduttori, nella
prefazione, dissero cristiano l’autore perchè nomina G. C. “il signor
Messia.” Ma una lettura alquanto più estesa delle opere di Arabi
musulmani avrebbe fatto cader subito così fatto argomento; e in ogni
modo quella espressione, usata nella corte di Ruggiero, non dovea far
maraviglia, nè potea provar punto nè poco la professione di fede dello
scrittore.
L’errore da me citato è di copia, non di stampa, leggendosi anco nel
ms. di Parigi, Suppl. arabe 894, ch’è lo stesso sul quale fu fatta la
edizione di Roma, e pervenne, non si sa come, nelle mani dell’Abate
Renaudot e indi nella Biblioteca di Saint Germain des Près. V’ha
l’_imprimatur_ della censura di Roma e la nota di qualche passo tolto
da’ censori: per esempio, il racconto che nell’isola di Ceylan rimanea
l’orma del pie’ di Adamo. Sempre gli stessi!
Secondo il catalogo di Assemani, n. CXI, pag. 162, la Laurenziana
possederebbe un codice del _Nozhat_, o per lo meno del compendio. Ma
il manoscritto CXI, oggi rilegato con un altro e segnato di n. 49, non
è altro che la seconda metà dell’_Agidib-el-Mekhlûkat_ di Kazwini.
Di due cose, dunque, l’una: o il catalogo di Assemani è sbagliato
in questo, come in tanti altri luoghi, o il codice fu barattato dopo
la compilazione del catalogo; cioè che lo Edrîsi scomparve e che per
surrogarlo si spezzò in due il Kazwini. Non si può metter da parte tal
sospetto, quando abbiamo certissimi i due fatti: 1º che il Suppl. 894
di Parigi è quel desso che servì a stampar l’opera nella tipografia
medicea; e 2º che il codice passò per la biblioteca del Renaudot, sì
gradito a corte dei Gran Duchi di Toscana al suo tempo. Ognuno intende
ch’io non accuso con ciò quello illustre trapassato. Si può dare che
la corte di Toscana gli avesse regalato il codice; che gli fosse stato
prestato dal bibliotecario, ec.
[749] Il signor Reay lavorava a così fatta edizione, come si scorge dal
rapporto di M. Mohl, nel _Journ. asiatique_ di luglio 1840, pag. 124.
Ma non se n’è più parlato.
[750] _Description de l’Afrique_ etc, par R. Dozy et M. J. de Goeje.
Leyde, 1866, in 8º.
[751] Si veggano gli Atti della Società geografica di Parigi in quel
tempo, e il citato articolo del baron De Slane, nel Journal Asiatique.
[752] Reinaud, op. cit. Introduction, pag. CXX.
[753] Sprenger, _Die Post- und Reiserouten_, già citato, pag. xvij.
[754] Il libro di Ruggiero, per quanto io sappia, non è stato studiato
addentro se non che dal Lelewel; il quale l’ha confrontato con le opere
anteriori ed ha rifatto, com’ei potea meglio, il mappamondo e alcune
carte parziali. Non è cosa facile il citare dei passi dell’opera di
Lelewel. Si veggan pure i capitoli 54 a 68, e 246 a 254, le carte X, XI
e XII, dell’Atlante, quelle date ne’ _Prolegomeni_, l’_Epilogue_, cap.
73 segg. e tutta l’_Analyse_.... _d’Edrîsi_ nel III volume. Ritornando
su l’argomento nell’Epilogue, cap. 72, pag. 126, il signor Lelewel
indovinò felicemente gli altri elementi del mappamondo siciliano; ma
costretto, lo voglio replicare, dalla versione di M. Jaubert, a credere
che si fossero trasportate nell’abbozzo «le latitudini e longitudini» e
non già «le linee itinerarie orientate», ei non potè scoprire il merito
principale dell’opera.
[755] Reinaud, _Géog. d’Aboulfeda_, Introduzione, pag. CXX.
[756] Questo giudizio ch’io dètti una volta, è stato ratificato dal
Dozy, nella prefazione all’opera citata su l’Affrica e la Spagna.
[757] Il testo latino di questa iscrizione fu pubblicato dal Fazzello,
Deca I, libro viij, cap. 1, indi dal Pirro; e, co’ testi greco ed
arabico, dal Gregorio, _Rerum Arab_., pag. 176; dal Morso, _Palermo
antico_, pag. 27 segg., e in parte poi dal Buscemi e dal Lanci. Io ho
data una lezione, com’io credo più esatta, de’ testi, accompagnata di
alcuni schiarimenti, nella _Rivista Sicula_, Palermo, vol. I, pag. 339
segg. (maggio 1869.)
[758] Kazwini, _Athâr el Belâd_, nella edizione del Wüstenfeld,
Zaccaria.... _Cosmographie_, II, 373; e nella mia _Bibl. arabo-sicula_,
testo, pag. 143.
[759] Estratto della _Kharida_ di Imad-ed-dîn, nella _Bibl.
arabo-sicula_, pag. 581. Ibn-Ramadhan è indicato quivi col nome di
Abd-er-Rahmân e da Kazwini col cognome di Abu-l-Kasem, il che non prova
nulla contro la identità della persona.
[760] Eghinardi, _Annales_, anno 806.
[761] Testo del Wright, pag. 281 segg. Di questo squarcio ho data la
traduzione italiana, nel mio articolo su la iscrizione trilingue della
Cappella Palatina, pag. 346, 347 della citata _Rivista Sicula_.
[762] Nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 617. Il Casiri, _Bibl.
arabo-hispanica_, I, 384, dando il medesimo squarcio, tradusse
erroneamente: “De instrumentis hydraulicis, ubi de cochleis ad aquas
exhauriendas.”
[763] _Kartâs_, ossia _Annales Regum Mauritaniae_, ediz. del Tornberg,
testo, I, 151, e versione latina, pag. 200. Ho ragionata la _roba’_,
o _arrova_, come in oggi scrivono gli Spagnuoli, a 400 libbre da 400
grammi. I dinâr di cui si tratta qui, dovrebbero esser quelli dei primi
califi almohadi, dei quali que’ che possiede il gabinetto numismatico
di Parigi pesano, su per giù, grammi 4,75, e son d’oro purissimo. Onde
tornano a un di presso a 17 lire ciascuno. Se li supponessimo dinâr
ordinarii, la somma scemerebbe a lire 1,450,000.
Il partito di portar su una di quelle sfere per l’interno della torre,
si comprende bene riflettendo che la Giralda, come il campanile di San
Marco in Venezia, suo coetaneo e compagno, ha la scala non a gradini ma
a piani inclinati. Si vegga su questo particolare Girault de Prangey,
_Essai sur l’architecture des Arabes_. Paris 1841, pag. 105 seg.
[764] _Cronica del sancto rey D. Fernando_, cap. 73.
Si confronti il signor De Schack, _Poesie und Kunst der Araber in
Spanien_ etc., Berlino, 1865, II, 241, segg. dal quale traggo questa
citazione, non avendo potuto trovare il testo nelle biblioteche di
Firenze.
[765] Cap. ij del presente libro, pag. 397 del volume.
[766] Abate di Telese, presso Caruso, _Bibl. Sicula_, p. 279.
[767] Cap. V del presente libro, pag. 508.
[768] Ivi, pag. 538.
[769] Diplomi del 23 aprile 1284, citati nella mia _Guerra del Vespro
Siciliano_, ediz. di Firenze, 1866, I, 283, nota.
Si faccia attenzione altresì a un diploma del 6 maggio quivi citato,
nel quale è detto di una quantità di sassi lavorati (_finarrati_) pei
mangani.
[770] Libro II, cap. ix, vol. I, pag. 399.
[771] Cap. V del presente libro, pag. 539.
[772] Cap. ij di questo libro, pag. 397.
[773] Si vegga la nota 5 della pag. 611 di questo stesso volume, cap.
viij.
[774] Si vegga il cap. v di questo libro, pag. 461.
[775] _Turikh-el-Hokamâ_, nella _Biblioteca arabo-sicula_, testo, pag.
619. La famiglia era siciliana, come lo dice espressamente il Zuzeni e
come si vede dal nome del padre, Isa-ibn-Abd-el-Mon’im, giureconsulto e
poeta, del quale ci occorrerà di far parola nel capitolo seguente, tra
i poeti e i giureconsulti. Secondo la notizia biografica che abbiamo
nella _Biblioteca_ citata, pag. 586-587, questo Isa visse nella prima
metà del secolo.
[776] Falcando, presso Caruso, _Bibl. sicula_, pag. 481, narra che il
cancelliere Stefano, aspettando la congiunzione di corpi celesti che
gli astrologhi cercavan favorevole a lui, differì la mossa da Palermo
alla volta di qualche altra fortezza.
[777] Il ms. latino 7316 della Biblioteca di Parigi, che comincia
con l’_Introductorium Albumazar_, ha un opuscolo di cento brevissime
proposizioni con questo titolo: “Domino manfrido inclito regi Sicilie,
Stephanus de Messana hos flores de secretis astrologie divi ermetis
transtulit.” Comincia a fog. 152 verso e finisce a fog. 154, recto di
questo buon codice latino di mano francese del XV secolo, posseduto un
tempo da Francesco II.
Il gran credito di Hermes trismegisto si può argomentare da’ libri che
gli attribuiscono gli Arabi, presso Hagi-Khalfa, edizione di Fluegel,
N^i 6177, 6257, 6259, 7733, 7873, 9197, 9815, 9831, 10523, 10620, ec.
ec.
[778] Il Mongitore, _Bibliotheca Sicula_, pag. 314, citò un Codice di
quest’opera posseduto dalla Biblioteca di sant’Antonio in Venezia,
quello appunto di cui il Tomasini (_Bibliothecæ venetæ, Mss._, pag.
5) dà il titolo: “Tabulae Toletanae Joannis de Sicilia super Canonibus
Arzachelis.”
Io ne ho visti due altri nella Biblioteca parigina e sono segnati
Mss. Latins, Ancien Fonds, 7281 e 7406. Il primo de’ quali torna al
XV secolo, ed è intitolato: “Exposicio Jo. De Sicilia supra canones
Arzachelis, facta Parisius (sic) anno Christi 1290,” com’io lessi con
l’aiuto dell’illustre M. Gerard. L’altro del XIII o XIV secolo ha per
titolo, “Canones in tabulas toletanas quos exposuit Joannes de Silicia
(sic) 1290.” E sul bel principio occorrono i metodi della riduzione
degli anni dell’egira a quei dell’èra volgare, della bizantina, etc.
[779] Del primo di cotesti astrolabii ho trattato nella Introduzione
alla presente Storia, tomo I, pag. XXV, XXVI. Sul secondo si
vegga Sédillot, _Matériaux pour servir à l’histoire des sciences
mathematiques_ etc. Paris 1815 (1819?) in 8º pag. 347. Questo
astrolabio del XII secolo, trovato nella cittadella di Aleppo,
fu descritto dall’illustre orientalista R. Dorn dell’Accademia di
Pietroburgo, il quale lo credette siciliano, per cagion de’ caratteri
magbrebini. Ma il Sédillot non giudica sufficiente tal prova, e mi par
abbia ragione.
[780] Capitolo IX di questo libro, pag. 641.
[781] Huillard-Bréholles, op. cit., Introduction, pag. DXXVI, seg.
[782] _Opuscoli di Leonardo Pisano_, pubblicati dal principe
Baldassarre Boncompagni, 2ª edizione. Firenze, 1836, in 8º, pag. 55.
L’erudito signor Huillard-Bréholles, nella Introduzione, op. cit.,
pagina DXXXV, ha sostenuto con buone ragioni che la data del 1225 sia
quivi sbagliata e che le si debba forse sostituire 1230.
[783] Opuscoli citati, pag. 2, 17.
[784] Opus. cit., pag. 114.
[785] Opus. cit., pag. 44.
[786] Opus. cit., pag. 20.
[787] Il monaco Filagato, contemporaneo di Ruggiero ed autore di alcune
delle omelie che si attribuirono a Teofane Cerameo, ha in alcuni mss.
il titolo di filosofo, come notammo nel libro Iº di questa istoria,
vol. I, pagina 488. In un diploma greco del 1172 ed in uno latino del
1173, nel Tabulario della Cappella palatina di Palermo, pag. 30 e 33,
è citato Giovanni, _filosofo_ e prefetto della Cappella. Su questa
dignità ecclesiastica si vegga il glossario latino del Ducange.
[788] Diplomi del 1221 e del 1210, presso Huillard-Bréholles, _Historia
Diplomatica_, vol. II, 185, e V, 720.
Il nome preciso di maestro Giovanni di Sicilia è preposto ad un
trattato latino di stile epistolare, il quale, con altri opuscoli
somiglianti, si ritrova nel codice di Parigi, Fonds saint Germain,
1450, scrittura, come parmi del XIV secolo. Questo trattato prende 12
fogli, dal 3 recto, dove si legge “Incipit rectorica magistri Joannis
de Sicilia in arte dictandi” infino al 14 verso, dove incomincia
un’altra “Summa dictaminis.... composita per magistrum _Laurentium
de Aquilegia_ lombardum, juxta stilum romane curie et consuetudinem
modernorum.” Segue la “Summa Britonis”, opuscolo dello stesso genere.
Meglio che le due ultime terze parti del volume sono occupate da un
dizionario latino etimologico, nel quale è soscritto _Petrus Thibodi_,
monaco in Parigi, con la data del 1298. Forse questo segretario latino
maestro Giovanni di Sicilia, visse anch’egli allo scorcio del secolo ed
è pertanto diverso dal filosofo di Federigo II.
[789] Diploma dato di Sarzana il 15 dicembre 1239, presso Bréholles,
op. cit. V, 556.
[790] Diplomi del 6 e 10 febbraio 1240, op. cit., V, 727, 745.
[791] Diploma del 12 febbraio 1240, op. cit., V, 750-751.
[792] Si riscontrino gli aneddoti di cotesti astrologhi di Federigo,
nella cronaca vicentina del Godi, presso Muratori, _Rer. Ital._, VIII,
83 e in quella di Rolandino, vol. cit., 228, dove è nominato maestro
Teodoro; e notisi infine ciò che ne dice in generale frate Francesco
Pipino, Muratori, op. cit., IX, 660.
[793] Si veggano i versi latini citati dal Bréholles, Introduction, p.
DXXXI seguente.
[794] Il prologo d’una traduzione francese del notissimo _Libro di
Sidrac_ dice che “un homme d’Antioche qui ot non Codre le philosophe”
intimo di Federigo, procacciò e mandò ad Obert, patriarca d’Antiochia,
la traduzione latina di quel libro, fatta da un frate palermitano per
nome Ruggiero, che l’imperatore avea mandato apposta a Tunis, sapendo
che quel re possedesse il testo arabico. M^r Huillard-Bréholles, dalla
cui Introduzione tolgo questa notizia (pag. DXXIX), non la crede
apocrifa, com’altri ha pensato e riconosce nell’_Obert_, Alberto
patriarca d’Antiochia, e nel Codre il nostro Teodoro. Le quali
correzioni mi sembrano ottime. Chiunque ha pratica di paleografia
latina, sa quanto spesso si confonda la _t_ con la _c_. E lo
scorciamento di _Theodoros_ in _Todros_ è comunissimo in Oriente, come
ognun sa.
Il nome dell’Imperatore comparisce anco in una traduzione latina
del “liber novem judicum, quem misit Soldanus Babiloniae Friderico
imperatori” di che nel _Catalogue Mss. Angliae_, II, 346, n. 8509,
citato dello Steinschneider nel _Giornale della Società orientale di