Storia dei musulmani di Sicilia, vol. III, parte II - 34

tiranni Arabi” che, per colpo di mano, fece entrare i Cristiani nel
castello. Ibn-Hamdîs, nel verso 25 della citata kasîda, esclama: “Lo
comperarono (il castello di Dimas) e vendettero alcune anime (de’
loro) alla distruzione. Dimmi s’essi hanno perduto o guadagnato in tal
baratto?”
[104] _Relazione_. In questo stesso documento, ridondante di figure,
si dice degli assediati che “il fuoco li arse, che sembrava quel
dell’inferno”. Se ne può dedurre che nell’assedio fosse stata adoperata
la nafta.
Le tribù di Arabi che segnalaronsi in queste fazioni, secondo i versi
51 a 58 della citata kasîda, furon quelle dei Riâh, Dahmân, Zeid e
Sakhr.
[105] Tigiani.
[106] _Baiân._
[107] Questo numero è dato dal solo Ibn-Abi-Dinar, compilatore moderno,
ma esatto e non tanto rettorico. Forse trovavasi in alcuna delle
relazioni ufiziali contemporanee; perocchè negli squarci serbati dal
Tigiani si legge lo stesso numero di centomila, erroneamente dato, e
forse per mero sbaglio di copista, al presidio cristiano del piccol
castello di Dimas. Si vegga nella _Bibl. ar. sic._ la nota 5 della pag.
397.
[108] Ibn-Hamdîs, nella kasîda citata, verso 35, dice “molti provarono
a riscattarsi dalla dura lor sorte con tant’oro quant’e’ pesavano; e
l’oro non fu accettato!”
[109] _Baiân_, senza dire il motivo al quale io attribuisco la
longanimità del governo zirita.
[110] Ibn-el-Athîr, porta la catastrofe il mercoledì 15 giumadi 2º;
il _Baiân_ il 15 giumadi; Tigiani il mercoledì 14 giumadi. I fatti
sono raccontati con poco divario in quelle tre opere. E lo stesso in
Ibn-Khaldûn e Ibn-Abi-Dinar.
[111] L’è data da Tigiani. Ibn-el-Athîr fa menzione di questa _Busera_,
“la grida” diremmo noi.
[112] Questa poesia, che manca nel Ms. di Pietroburgo, si legge in
quello della Vaticana, pag. 127 della copia del prof. Sciahuan. La
pubblicherò in appendice alla _Bibl. ar. sicula_.
[113] _Baiân_, testo, nella _Bibl. ar. sic._, pag. 382, e nella
edizione del Dozy, pag. 317. Si vegga il cenno biografico di
Abu-s-Salt, nella nostra Introduzione, vol. I, pag. xxxviij, n. IV.
Ibn-Khallikân, quivi citato, riferisce che Abu-s-Salt andò a Mehdia il
506.
[114] Si vegga la pag. 378, in nota, anno 1127.
[115] Alessandro di Telese, presso Caruso, _Bibl. sic._, pag. 259. Il
cronista dice che Ruggiero “si rammaricò del non aver saputo a tempo
la morte del Duca.” Or noi ritraggiamo da Falcone Beneventano e da
Romualdo Salernitano, che l’era seguìta il 20 luglio.
[116] Lettera di Ruggiero al conte di Barcellona e minuta della
risposta che gli si richiedea; chè tal è di certo sendo scritta a nome
del conte di Barcellona e data dal Palazzo di Palermo lo stesso giorno.
La copia è cavata dall’Archivio regio di Barcellona, come si scorge
dalla sottoscrizione dello archivario del tempo. Io la tolgo dalla
Biblioteca comunale di Palermo, volume segnalo Q. 9. G. 1. ch’è de’
manoscritti di Antonino Amico il quale riportò di Spagna in Sicilia
preziosissima raccolta di documenti storici. A questi due diplomi si
riferì, al certo, il Di Biasi (_Storia del Regno di Sicilia_, libro
VII, cap. xvi) chiamandoli “Monumenti tratti dal Regio Archivio”, senza
dir di qual paese.
La data dal 1127 dell’Incarnazione, torna al 1128, poichè si tratta del
mese di gennaio. Se pur non ci fosse per dimostrarlo la indizione 6ª,
basterebbe il titolo di Duca di Puglia dato a Ruggiero, il quale nol
potea prendere innanzi l’agosto 1127. Lascio da canto il mese di marzo,
scritto per sbaglio, quando il XV. _Kal. februarii_ indica precisamente
il gennaio. La _prossima state_ riferita alla 7ª indizione, mentre
correa la 6ª, mi fa supporre usata qui per anomalia, l’indizione che
si rinnovava il 25 marzo, di che v’ha esempii appo la stessa corte di
Roma, nell’XI e nel XIIº secolo. Del resto, la cancelleria siciliana
adoperava ordinariamente la indizione costantinopolitana. Ei non è
verosimile che l’impresa fosse stata proposta per la state della 7ª
indizione 1129, a capo, cioè, di 17 mesi dalla data del diploma.
Su i combattimenti che seguirono allora in Catalogna, si vegga il
Surita, _Anales de la corona de Aragon_, lib. I, cap. xlix.
Or ecco i due diplomi:
I. Ego R (Rogerius) Dei gratia Princeps, et Dux Apuliae, Siciliae,
et Calabriae Comes, concedo tibi Domino R (Raimundo) eadem gratia
Comiti Barcinonensi, per honestissimos legatos tuos, videlicet Petrum
Archidiaconum; et Raimundum, venientes ad nos Panormum, gratia (?)
requirendi auxilium, et consilium propter guerras, et multiplices
incursus Saracenorum in partibus Hispaniae, hanc subscriptam pactionem.
Concedo tibi per securitatem baronum meorum, videlicet Roberti de
Terona, et Roberti de Miliaco, quia si in praesentia legatorum meorum,
videlicet Guilelmi de Pincinniaco, et Samsonis de Surda-valle, ad
praesentiam tuam proficiscentium, iuraveris, infra octo dies eorum
aduentus ad te, cartulas praesentes mearum pactionum, legatis tuis,
vel legato, pro hoc negotio ad me venturis, vel venturo, iurabo quia in
futura aestate septimae indictionis, in mense Julii, vel ante, galeas
quinquaginta in servitium Dei, et auxilium exercitus, ad exercitum in
Hispaniam, excepta occasione, quae propter hoc non sit reperta, mittam.
Facta Panormi in palatio Domini Ducis, anno Dominicae Incarnationis M
centesimo XXVII, Mense Martii (Januarii) XVº Kal. Februarij, indictione
sexta.
II. Ego R (Raimundus) Dei gratia Barcinonensis Comes iuro, et assecuro
tibi Domino Rogerio eadem gratia duci, quod ibo in Kal. Julij septimae
Indictionis, vel ante, cum exercitu meo in Hispania, in servitium Dei,
et auxilium tuum, et adiuvabo homines tuos terra, et mari per fidem: et
in auxilio tuo, et hominum tuorum permanebo quandiu classis tua, quae
Extolyum dicitur, terra, et mari Hispaniae fuerit. Ego galeis tuis,
et aliis navibus tuis, et hominibus Extolij tui, et rebus eorum secura
receptacula in mari, et in terra, in Civitatibus, Castellis, et Villis
dabo ad posse meum, et liberam victualium, et stipendiorum emptionem:
et assecuro tibi de universa adquisitione nostra, tempore exercitus
lui, terra, et mari in partibus Hispaniae, scilicet Civitatum,
Castellorum, Castrorum, burgorum, casalium, villarum, omnium denique
terrarum, hominum, auri, argenti, et rerum omnium, tam mobilium, quam
etiam stabilium, integram medietatem habendam tibi, et hominibus tuis
super hanc causam tua illusione ordinatis, sine contrarietate, vel
contradictione, vel vi eis illata; ei non queram, neque querere faciam,
neque consentiam quomodo eam perdas. Et adiuvabo tibi eam tenere,
defendere, et hominibus, et baiulis tuis per fidem, sine fraude, et
ingenio, contra omnes homines, et foeminas, qui praedictam partem
tibi, vel hominibus tuis ad tollendum invaserit. Quod si forte de his
praedictis pactionibus aliquid minus factum in exercitu tuo factum
fuerit. Infra octo dies emendabo, vel emendari faciam per iustitiam,
si inde requisitus fuero, vel per concordiam, quae sit grata illi, vel
illis, cui, vel quibus, minus facium fuerit factum, si ex eo, vel ex
eis, qui recipere debet non remanserit. Haec attendam, et observabo per
fidem sine fraude, et ingenio tibi, et baiulis tuis, et hominibus tuis;
sicut supra scriptum est in praesenti cartula. Facta Panormi in palatio
Domini Ducis, anno Dominicae Incarnationis M centesimo XXVII, mense
Martij (Ianuarij) XV. Kal. Februarij, indictione sexta.
_A carta recondita in scrinio mensae Aulae inferioris Regij Archivij._
Michel Bernardo Archivario del Regio Archivio de Barcelona. Raphael de
Dominic.
[117] Presso Caruso, _Bibl. Sicula_, pag. 257, 258. La Cronica di
Falcone Beneventano e gli Annali di Romualdo Salernitano mostrano i
particolari di questo brutto quadro.
[118] Si vegga il Libro V, cap. X, pag. 271 segg. di questo volume.
[119] Nel Capitolo 1º del presente libro, pag. 347, abbiamo accennato
ad alcuni casi sotto la reggenza. Romualdo Salernitano, _Annali_, 1126,
dice espressamente che i baroni seminavano zizzanie tra Guglielmo e
Ruggiero.
[120] Romualdo Salernitano, op. cit., dal 1121 al 1127.
[121] Alessandro abate di Telese.
[122] Falcone Beneventano.
[123] Si confrontino: Alessandro abate di Telese, lib. I, e Falcone
Beneventano, anni 1127 a 1129, presso Caruso, _Bibl. Sicula_, pag.
259 segg. 329 segg.; e Romualdo Salernitano, anni 1126 a 1130, presso
Muratori, _Rer. Ital. Script._, VII, pag. 184 segg. Lascio da parte le
dispute che si son fatte su l’assentimento dell’antipapa Anacleto, su
la doppia incoronazione del re, ecc.
[124] Le scarse sorgenti istoriche di questo fatto non ci permettono
di ritrarre precisi i particolari. Abbiamo in primo luogo la bolla
dell’antipapa Anacleto, data il 27 settembre 1130, pubblicata in parte
dal Baronio e poi dal Pirro, _Chronologia_, pag. XV e XVI, per la
quale concedeasi a Ruggiero la corona _del regno_ di Sicilia, Calabria
e Puglia, dichiarandone _capo_ la Sicilia. Ma noi non sappiam se
questa bolla sia stata mai spedita, e sopratutto se Ruggiero l’abbia
accettata. L’abate di Telese, scrittor di corte, non ne fa parola. Ei
narra il fatto come proceduto dal solo voto del Parlamento e limita il
titolo regio alla Sicilia. Ma questo abate cortigiano scrisse dopo la
pace del re con Innocenzo II; onde si potrebbe supporre ch’egli avesse
trascurata ad arte la concessione dell’antipapa e ridotto il titolo
regio ne’ termini che poi assentì Innocenzo. La bolla, in fine, di
questo papa, data il 27 luglio 1139, pare una transazione, ammettendo
il titolo di re per la Sicilia e mantenendo quel di duca per la
Calabria e la Puglia, pretesi feudi della Santa Sede.
Ho detto transazione, perchè il titolo usato da Ruggiero tra il 1130
e il 1139 fu _Sicilie atque Italie rex_, come si legge nei diplomi di
settembre 1131, presso Pirro, _Sic. Sacra_, pag. 386, 387; del 1133
e 1137, presso Ughelli, _Italia Sacra_; e vedeasi a rilievo in una
campana del duomo di Palermo, detta _la Guzza_, gittata in Palermo
il 1136, indiz. xiv, della quale il Pirro, _Chronologia_, pag. XVI,
riferisce la leggenda. Occorre anco in un diploma di Ruggiero, dato
di novembre 1137 e trascritto da Falcone Beneventano, presso Caruso,
_Bibl. Sic._, pag. 367. Cotesto titolo ricomparisce talvolta nei
diplomi de’ due Guglielmi: ma più ordinariamente fu usato quello di
re di Sicilia, del Ducato di Puglia e di Calabria, e del Principato
di Capua. Si corregga con questi particolari il saggio storico ch’io
scrissi nella mia prima gioventù, stampato il 1835 nelle _Effemeridi
scientifiche e letterarie per la Sicilia_, fasc. 35, sotto il titolo di
_Osservazioni intorno un’opinione del Signor Del Re_, ecc.
[125] Si confrontino: Alessandro abate di Telese, lib. II, III; Falcone
Beneventano, anni 1130 segg.; Romualdo Salernitano, negli stessi anni.
Marangone, nell’_Archivio Storico Italiano_, tomo VI, parte II, pag. 9,
dice dell’armata di Ruggiero. L’abate di Telese, presso Caruso, _Bibl.
Sic._, pag. 282 e 295, fa menzione delle compagnie stanziali. La bolla
d’Innocenzo II è stata già citata nella pag. precedente, in nota.
[126] Alessandro abate di Telese, presso Caruso, op. cit., pag. 274.
[127] Otone di Frisingen, _Chronicon_, lib. VII, cap. 20.
[128] Abate di Telese, nell’op. cit., pag. 275, 276.
[129] Anno 1133.
[130] Anno 1133, presso Caruso, op. cit., pag. 351.
[131] Anno 1127.
[132] Falcone Beneventano, presso Caruso, op. cit., pag. 345.
[133] Epistole, presso Martene e Durand, _Veterum Scriptorum_, ecc.
tomo II. Parigi, 1724, pag. 183, 186 segg.
[134] Si confrontino: Ibn-el-Athîr, anno 529; Tigiani, Ibn-Khaldûn,
e Ibn-Abi-Dinâr, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 284, 398,
487 e 536. Nessuno di questi compilatori ci dice appunto in qual mese
dell’anno musulmano fossero succeduti gli avvenimenti ch’e’ narrano.
La durata dell’assedio e i due fatti che seguono, sono riferiti dal
solo Ibn-Abi-Dinâr, nell’op. cit., pag. 537. Tutti pongono l’assedio
di Mehdia prima del saccheggio delle Gerbe, del quale abbiamo la data
precisa dall’Edrîsi.
Al citato luogo d’Ibn-Khaldûn risponde la versione francese di M.
De Slane, vol. II, pag. 27; la quale, nello stile scorrevole e netto
dell’egregio traduttore, dà talvolta ai fatti quella precisione che
lor manca nel testo e li ravvicina l’uno all’altro e connette più
strettamente che non abbia fatto l’autore. Così il passo “Roger prit
_aussitôt_ la résolution, etc.” rappresenta come avvenuti entro pochi
mesi, due fatti tra i quali corsero nove anni, cioè dal 1127 al 1135.
[135] Ho dati alcuni ragguagli su le cose di questa isola nella _Storia
del Vespro Siciliano_, edizione del 1866, tomo I, pag. 309 segg. e
in una lettera indirizzata al signor Federigo Odorici, tra gli _Atti
e memorie delle regie deputazioni di storia patria per le province
modenesi e parmensi_, vol. III. N’ho fatta anco menzione nel presente
lavoro, libro III, cap. X, vol. II, p. 197.
[136] Si confrontino: Edrîsi; Ibn-el-Athîr, anno 529; _Baiân_, anno
530; Tigiani; Abulfeda, anno 529; Nowairi; Ibn-Khaldûn e Ibn-Abi-Dinâr,
nella _Bibl. arabo-sicula_, pag. 73, 286, 372, 384, 415, 456, 494
segg. 498 e 537. La versione e il testo di Edrîsi si veggan anco nella
_Description de l’Afrique et de l’Espagne_ par MM. Dozy et de Goeje,
Leyde, 1866, pag. 151-152; quella d’Ibn-Khaldûn, nella _Histoire des
Berbères_, per M. De Slane, tomo I, 245; II, 397, 427; III, 63 segg.
87, 122; e quella di Tigiani, per M. Rousseau, nel _Journal Asiatique_,
Aôut-sept. 1852, pag. 170 segg. Debbo avvertire il lettore che il
paragrafo d’Ibn-el-Athîr su le Gerbe ed alcuni altri citati nel corso
del presente capitolo, sono stati tradotti dal baron De Slane, in
appendice al II volume della _Histoire des Berbères, par Ibn-Khaldoun_,
pag. 578 segg. anni 529, 537, 541, 543, 544, 546, 547.
Fuorchè il _Baiân_, gli altri portano il fatto nel 529, e l’Edrîsi,
ch’è il solo contemporaneo e lo potea ben sapere, lo riferisce allo
scorcio dell’anno. Ibn-Khaldûn, in un luogo, dice l’occupazione
avvenuta il 529 e in un altro il 530.
[137] Ibn-Abi-Dinâr, compilatore, com’ho avvertito altre volte,
moderno ma diligentissimo, il quale, senza dubbio, copiò questo
squarcio da qualche cronista contemporaneo, scrive che il re “pose i
Gerbini superstiti nella condizione di _Khewel_ suoi.” Questa voce
significa “famigliari, servi, uomini che lavorano pel padrone.”
Ibn-Khaldûn, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 498, dice che
gli abitatori furono lasciati nell’isola e sottoposti alla gezìa. Lo
stesso autore, narrando in altro luogo (_Bibl. arabo-sicula_, testo,
pag. 496) che l’isola si ribellò e fu ripigliata il 1153, dice che i
Siciliani adoperarono al lavoro i _raia’_ (infime classi del popolo)
e i contadini: le quali parole il dotto baron De Slane ha tradotte
(_Histoire des Berbères_, tomo III, pag. 64) “et [les Siciliens] y
établirent des agents chargés d’administrer les gens du peuple et les
cultivateurs.” Anco il Tigiani, nel luogo citato, fa supporre diversa
la condizione de’ Gerbini avanti e dopo la ribellione; poich’ei dice
del conquisto del 1135, che gli avanzi della popolazione rimasero sotto
il dominio de’ Siciliani, e di quello del 1153 che gli abitatori furono
la più parte menati prigioni in Sicilia e non rimase nella Gerbe se non
che la gente da nulla. Anco Edrîsi parla della cattività in Palermo il
1153.
E questa parmi la principale differenza de’ provvedimenti dati nelle
due imprese. Nell’occupazione del 1135, confiscati i possessi, ma
lasciata nel paese la gente, che non fu menata in cattività prima che
si promulgasse l’_amân_. In quella del 1153, fatti schiavi quanti non
furono uccisi e lasciato un pugno d’uomini, sì poco da non potersene
temere altra sollevazione.
[138] Si veggano i _Diplomi Arabi dell’Archivio fiorentino_,
Introduzione, § XVII, pag. xxxix, segg. e Mas-Latrie, _Traités de paix,
etc., au moyen-âge_, Paris, 1866, in 4. Introduzione, pag. 83 segg.
[139] Si riscontri il capitolo precedente, pag. 372.
[140] N’abbiam fatta parola nel Libro V, cap. VI, pag. 156, di questo
volume.
[141] Nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 536.
[142] Op. cit., pag. 537.
[143] Si riscontri ciò che abbiam detto nel Lib. V, cap. X, pag. 332,
sul commercio de’ grani con l’Affrica. Ibn-el-Athîr, anno 536 (1141-2)
nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 286, narra che Hasan, dopo le
prede fatte a Mehdia dall’armata siciliana, mandò a implorare pace da
Ruggiero, “per aver grani dalla Sicilia; perocchè la fame era orribile
quell’anno e grande la mortalità.” Noi abbiam notato più volte che la
carestia e quindi il bisogno dei grani di Sicilia, era ormai permanente
nell’Affrica propria. Sappiamo inoltre da Ibn-Abi-Dinâr, citato nel
seguito di questa narrazione, che Hasan, lo stesso anno 536, dovea a
Ruggiero grosse somme di danaro.
[144] Nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 537-8.
Questo del 536 dell’egira (1141-2) par sia stato l’ultimo trattato.
Come si è detto altre volte, tali patti erano sempre temporanei, e
nel XII secolo soleano stipularsi per dieci anni. Or Ibn-el-Athîr, il
quale narra cotesti fatti più largamente che ogni altro compilatore,
dice in principio del capitolo su la presa di Mehdia il 543, che il
trattato durava allora per altri due anni. Ammettendo, com’io fo,
cotesta lezione, si riterrebbe che il trattato fosse stato stipulato
il 1141-2, per dieci anni. Ma il duale _sanatein_ del testo si può
supporre scritto per isbaglio, con lievissima mutazione, in luogo del
plurale _sanîn_, che significherebbe alcuni anni e lascerebbe perciò
indeterminata la data del trattato più recente.
[145] Si vegga il nostro Libro II, cap. XII, pag. 476, del volume I.
[146] Il _Baiân_, testo del Dozy, tomo I, pag. 322 e nella _Bibl.
arabo-sicula_, pag. 373, dice che Giorgio “conosceva appunto i lati
deboli di Mehdia e degli altri paesi” (dello Stato); il Tigiani nella
_Bibl. arabo-sicula_, testo, a pag. 399, ch’ei “conoscea di Mehdia ogni
cosa: l’abitato come la campagna” ed a pag. 398, ch’egli tenea spie in
Mehdia.
[147] Si confrontino: Ibn-el-Athîr, anno 536; il _Baiân_, sotto
lo stesso anno; Tigiani; e Ibn-Abi-Dinâr, tutti nella _Bibl.
arabo-sicula_, pag. 286, 372-3, 388-9 e 537. Ancorchè questi
compilatori narrino diversamente alcuni particolari e il Tigiani non
ponga data, evidentemente trattano tutti dello stesso avvenimento.
[148] Tigiani nell’op. cit., pag. 399. Un altro _Mezzo Mondo_, carico
di merci, fu mandato di Sicilia ad Alessandria d’Egitto, il 1242,
dall’imperator Federigo.
[149] Ibn-Abi-Dinâr nell’op. cit., pag. 537-8.
[150] Ibn-Abi-Dinâr, l. c.
[151] Ibn-el-Athîr, anno 537; _Baiân_ nello stesso anno; Abulfeda,
idem; Ibn-Khaldûn; e Ibn-Abi-Dinâr, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo,
pag. 287, 373, 415, 498, 538.
[152] Le stesse autorità, fuorchè il _Baiân_ e Abulfeda. Gigel rimase
mezzo abbandonata e al tutto impoverita fino al tempo in cui scrisse
Edrîsi. Veggasi questo autore, nella _Bibl. arabo-sicula_, pag. 72, e
nella edizione de’ sigg. Dozy e De Goeje, _Description de l’Afrique_,
ec., pag. 114, della versione.
[153] Ibn-el-Athîr, e Abulfeda, anno 539, nell’op. cit., pag. 287 e 415.
[154] Ibn-el-Athîr, anno 540, e Ibn-Abi-Dinâr, nella _Bibl.
arabo-sicula_, testo, pag. 288 e 538. Ibn-Abi-Dinâr, porta questo fatto
nell’anno 537, ma forse è errore del manoscritto.
[155] Si vegga il Capitolo precedente, pag. 388.
[156] Si ritrae da un aneddoto che Ibn-el-Athîr riferisce sotto l’anno
539, nel capitolo su la occupazione di Edessa per Zengui, nella _Bibl.
arabo-sicula_, testo, pag. 288, e nella edizione del Tornberg, tomo XI,
pag. 66.
[157] Confrontinsi: Edrîsi; Ibn-el-Athîr, anno 541; Tigiani; Abulfeda,
Nowairi, Ibn-Khaldûn, Ibn-Abi-Dinâr, Ibn-Khallikân, nella _Bibl.
arabo-sicula_, testo, pag. 73, 289, 388, 415, 457, 500, 538, 642.
L’Edrîsi e il Tigiani portano il fatto nel 540; ma la differenza
sarebbe di pochissimi giorni, poichè le ostilità cominciarono il terzo
giorno del 541. Il Tigiani, per manifesto sbaglio, dice presa Tripoli
dopo Mehdia e Sfax. Il codice d’Ibn-Khaldûn del quale ho fatta speciale
menzione, è quello seguito dal Tornberg, _Ibn-Khaldûni_, ecc., _de
Expeditionibus Francorum_, Upsal, 1840, pag. 37. L’Anonimo Cassinese,
presso Caruso, _Bibl. Sicula_, pag. 510, registra la presa di Tripoli
nel 1145, contando forse l’anno dell’èra volgare sopra la indizione,
senza badare al mese. Roberto abate del Monte di San Michele, presso
Pertz, _Scriptores_, tomo VI, pag. 497, la porta il 1146.
[158] Ibn-el-Athîr, anno 542, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag.
292, ed anno 543, testo, del Tornberg, tomo XI, pag. 90. Ho usata la
moderna appellazione di Barbarìa, come quella che meglio rende, in
questo caso, il _Maghreb_ de’ testi. L’Affrica propria non n’era che la
parte orientale.
[159] Ibn-el-Athîr, loc. cit., e tutte le altre autorità arabiche che
noi citeremo or ora pei fatti di Kâbes e di Mehdia.
[160] Nel Capitolo precedente, pag. 369.
[161] Cotesto abituro degli Arabi, ch’era nella parte più alta
dell’antica città, fu chiamato la _Moa’llaka_, che vuol dir la
“sospesa in alto.” Si vegga Edrîsi, edizione de’ sigg. Dozy e De
Goeje, _Description de l’Afrique_, ec., pag. 112 del testo, e 131 della
versione.
[162] Si confrontino: Ibn-el-Athir, anno 542, Tigiani; Ibn-Khaldûn e
Ibn-Abi-Dinâr, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 290 segg. 384,
489, 500 e 538.
[163] Citerò gli scrittori contemporanei nel capitolo seguente dove
occorrerà dare un cenno della guerra di Ruggiero contro Emmanuele
Comneno. Basti qui ricordare che la cronologia degli avvenimenti,
incerta presso gli annalisti bizantini, è bene determinata da Le
Beau, _Histoire du Bas Empire_, lib. LXXXVII, § 22 a 39, e dal
Muratori, _Annali_, 1146 a 1149. La cronaca della Cava, presso Pertz,
_Scriptores_, tom. III, pag. 192 e presso Muratori, _Rer. Ital.
Script._, tom. VII, porta appunto nel 1147, le prime ostilità contro
l’impero bizantino.
[164] Tigiani, loc. cit.
[165] Non occorrono citazioni pei fatti notissimi della Crociata. Le
pratiche de’ Gesuiti di quel tempo con re Ruggiero si rivelano in una
epistola che scrivea a questo principe Pietro il Venerabile, abate di
Cluny, la quale è stata ristampata dal Caruso, _Bibl. Sicula_, pag.
980.
[166] Tigiani.
[167] Ibn-el-Athir, anno 513, nella _Bibl. arabo-sicula_, pag. 205.
[168] Il Tigiani dice seguito lo sbarco sette ore dopo l’arrivo
dell’armata. Secondo Ibn-el-Athir, eran corsi due terzi della giornata.
Or, nel giugno, il sole spunta in Mehdia verso le cinque del mattino e
tramonta poco dopo le sette della sera: onde la giornata dura 14 ore.
Ambo le relazioni si accordano, dunque, a porre lo sbarco tra le 2 e
le 3 dopo mezzogiorno, se noi contiamo le sette ore del Tigiani, non
dall’alba quando si videro i primi legni, ma dalla riunione di tutto il
navilio, per la quale dovettero passar due o tre ore.
[169] I Cristiani di Mehdia in questo tempo erano, com’e’ mi sembra, in
parte indigeni dell’Affrica propria e in parte stranieri. Chi voglia
notizie più particolari su’ Cristiani dell’Affrica settentrionale
nell’XI e XII secolo, potrà consultare la introduzione storica
dell’opera del signor Mas-Latrie, intitolata _Traités de paix_, ecc.,
pag. 7 ed 11 e 67 segg. Ancorchè io ritenga lontani dal vero alcuni
particolari, quivi narrati, delle guerre che seguirono tra gli italiani
e i Musulmani d’Affrica nell’XI secolo, (pag. 7, 8, 9,) ed ancorchè
l’autore, per troppa tenerezza, esageri qui i meriti della Corte
romana, mi piace pur di attestare la diligenza delle ricerche, la copia
della erudizione e il bell’ordine di tutto il lavoro.
Oltre i fatti citati dal signor Mas-Latrie su quel favorito argomento,
va ricordata una testimonianza di cronisti arabi su le chiese
dell’Affrica propria nel 955. (_Storia de’ Musulmani di Sicilia_,
tomo II, pag. 248, lib. IV, cap. II) e il detto del continuatore di
Sigiberto da Gembloux: che Ruggiero, nel 1148, rimandò libero alla sua
sede il vescovo di Affrica, il quale era ito da servo a consecrarsi in
Roma, (presso Caruso, _Bibl. Sicula_, pag. 950). Ci occorrerà anco nei
capitoli seguenti di aggiugnere qualche altro particolare su questo
subietto.
[170] Quelle del sabato e del venerdì, il 558, e il 573, dell’egira,
secondo il Baiân, ediz. del Dozy, tomo I, pag. 326, e nella _Bibl.
arabo-sicula_, testo, pag. 374. Edrîsi descrive cotesto piano che
dividea le due città e chiamavasi Er-Ramla, ossia “La Sabbia;” presso
Dozy et De Goeje, _Description_, ec., pag. 128.
[171] In linguaggio legale sono chiamate _Omm-walid_, ossia “madre di
figlio.”
[172] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, anno 543; _Baiân_, stesso anno;
Tigiani; Abulfeda, stesso anno; Ibn-Khaldûn; Ibn-Abi-Dinâr, nella
_Bibl. arabo-sicula_, pag. 292 segg. 373, 399, 416, 500 segg. 539.
Abulfeda, per errore, com’ei pare, avendo del resto compendiato o
piuttosto mutilato il racconto d’Ibn-el-Athîr, dice che la fuga fu
consigliata ad Hasan dagli ottimati. Negli scrittori cristiani si fa
un cenno appena della occupazione di questa città, alla quale è dato,
al solito, il nome d’Affrica. Così Romualdo Salernitano e il Dandolo,
anno 1148, presso Muratori, _Rer. Ital._, tomo VII, pag. 191, e XII,
pag. 283. Si veggan anco: Continuazione di Sigeberto da Gembloux, anno
1148; Appendice al Malaterra, luglio 1149; Ugo Falcando, presso Caruso,
_Bibl. Sicula_, pag. 950, 250, 410. La continuazione di Sigeberto è
stata ultimamente ristampata dal Pertz, _Scriptores_, tomo VI, pag.
453-4, dove i nomi delle città prese sono scritti: Africa, Suilla,
Asfax, Clippea.
[173] Stesse autorità citate nella nota precedente. Edrîsi dice anco
presa Sfax il 543, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 72, e nella
_Description_, ecc. di Dozy e De Goeje, traduzione, pag. 126.
[174] Ibn-el-Athîr, loc. cit.
[175] Il capitolo d’Ibn-el-Athîr citato dianzi a questo proposito
(_Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 297) ha un passo che va
corretto secondo la copia litterale che ne fece il Nowairi (_Bibl.
arabo-sicula_, testo, pag. 458, nota 1): “Il dominio de’ Franchi si
stese da Tripoli del Garbo fin presso Tunisi, e dai deserti del Maghreb
a quelli di Kairewâu.” Deserto del _Maghreb_ pare che qui significhi
quello di Barca.
[176] Si confrontino gli stessi autori citati per l’occupazione di
Mehdia nella pag. 418, nota 3. I Cristiani, dicendo dei conquisti di
Ruggiero in Affrica, danno, oltre il nome di Mehdia, que’ di Susa,
Bona, Cafsa, Sfax e Tripoli.
Chi legga gli _Annali Musulmani_ del Rampoldi, crederà ch’io qui
defraudi il pubblico d’un tesoro di fatti storici. Il Rampoldi, portata
nel 1149 la presa di Mehdia, aggiunge di capo suo che 60 mila crociati
francesi e italiani sbarcarono in Libia; che Ruggiero li seguì per
visitare i recenti acquisti delle sue armi; ch’ei volea varcare il
deserto per andare in Egitto; che Hasan signore di Bugia si oppose
(!!), ma che costui fu sconfitto e i Cristiani, lasciato presidio a
Bugia, passarono veramente in Egitto, ecc.
[177] Ibn-el-Athîr, anno 544, nella _Bibl. arabo-sicula_, pag. 297;
Sefedi, nella _Bibl. arabo-sicula_, testo, pag. 657. Il proverbio ch’è
nel testo di Sefedi, si legge con poche varianti nel Meidani, ediz. di
Freytag, tomo II, pag. 588, ed anco nel Dizionario dello stesso dotto
orientalista, tomo II, pag. 517.
[178] Ibn-el-Athîr, anno 543, nella _Bibl. arabo-sicula_, pag. 295, 296.
[179] Il Kartâs, pag. 126 del testo e 169 della traduzione latina, ha
ch’ei fosse andato a Genova. Nella Storia de’ Berberi, per Ibn-Khaldûn,
testo arabico, tomo I, pag. 231, e versione francese, tomo II, pag.
58, è un luogo che M. De Slane ba tradotto: “Yahya s’embarqua pour la
Sicile, afin de se rendre, de là, à Baghdad. Au lieu de pousser jusqu’à
cette île, il alla débarquer à Bòne, etc.” Or l’autore, nella sua
concisione, spesso frettolosa ed oscura, ha qui litteralmente: “Jehia
s’imbarcò per la Sicilia, proponendosi di passare indi a Baghdad; poi
si volse a Bona,” ecc. in guisa da far capire più tosto, che, arrivato