Storia dei musulmani di Sicilia, vol. III, parte I - 16
critica del fatto in Depping, _Histoire des Expéditions maritimes des
Normands_, edizione del 1843, p. 140, segg.
[39] Non occorrendo citazioni distinte dei luoghi d’opere moderne dai
quali ho cavati i primordii dei Normanni, indicherò quelle che mi sono
riuscite più utili. Nel sentimento storico ho avuto a sicura guida la
_Conquête de l’Angleterre par les Normands_, di Augustin Thierry, alla
cui memoria debbo d’altronde amore, riverenza e gratitudine. Le minuzie
dei fatti sono fornite in abbondanza dalla citata opera di Depping;
e molte critiche avvertenze si rinvengono in Lappenberg, _A history
of England under the Norman kings_, versione inglese con aggiunte del
traduttore Benjamin Thorpe. Importanti e novelli fatti su la società
primitiva degli Scandinavi si ritraggono dalla prefazione di Samuele
Laing alla _Heimskringla_ di Snorro Sturleson, versione inglese.
[40] Gli storici francesi pongono vagamente la data tra l’896 e
l’898, non trovandola precisa nei cronisti, e dovendo tenere questa
occupazione come diversa da quella che i cronisti riferiscono al
17 novembre 876, cioè avanti l’assedio di Parigi. Si riscontrino le
opere citate di Depping, lib. III, cap. III; di Thierry, lib. II; e di
Lappenberg, versione inglese, p. 7, segg. I cronisti normanni in prosa
e in versi confusero le tradizioni, volendo dare a Roll, nello assedio
di Parigi e nella prima occupazione di Rouen, la parte principale che
di certo non v’ebbe.
[41] Al messaggero di Carlo il Semplice, che innanzi la battaglia
dell’898 domandava il capo loro, i Normanni risposero: «Non n’abbiamo;
siam tutti eguali».
[42] _Hrôlfr_, con le mutazioni eufoniche di Rolf, Roll, Rou.
[43] Rispondeva, secondo Depping, all’odierno dipartimento della Bassa
Senna e parte di quello dell’Eure.
[44] Wace, _Roman du Rou_, passim. I Francesi vendicavansi con un
_calembourg_, più antico al certo del XII secolo quando visse l’autore:
_Francheis dient ke Normandie Ço est la gent de North mendie_, versi
119, 120.
[45] Si vegga il Libro IV della presente Storia, cap. X, p. 580 del
secondo volume.
[46] Wace, op. cit., verso 2108, accenna le tradizioni ritmiche, le
quali in sua fanciullezza avea inteso cantare a’ giullari (_jugléors_,
oggi _jongleurs_).
[47] _Dudonis super Congregationem Sancti Quintini decani, De Moribus
Normannorum_, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum Scriptores_, p.
56 a 59. Si vegga la critica di Lappenberg, _A history of England under
the Norman Kings_, versione del Thorpe, p. XX.
[48] Guglielmo di Jumièges (_Wilelmus Gemmeticensis_), detto _Calculus_
(1137); Odorico Vitalis (1141); Wace di Jersey, _Roman du Rou_ (1184),
e molti altri che si veggano in Lappenberg, op. cit., p. XXI a XXVIII.
[49] _L’Ystoire de li Normant et la Chronique de Robert Viscard par
Aimé moine du Mont-Cassin_, pubblicata da M. Champollion-Figeac, Paris,
1835. L’editore con molta sagacità ha provato irrefragabilmente il
nome e nazionalità dell’autore e la data dell’opera. _Prolégomènes_,
p. XXXIII, segg. M. Gauttier d’Arc aveva usato fino dal 1830 un MS.
imperfetto di Amato nella _Histoire des Conquêtes des Normands en
Italie_ ec.
[50] Le interpolazioni che non cadono in dubbio furon messe tra
parentesi dal dotto editore. Se ne può supporre delle altre, come
parmi; ed anche qua e là qualche taglio, per esempio nell’infelice
fine di Dato, lib. I, cap. XXV. Nella Cronica di Roberto Guiscardo,
della quale abbiamo il testo latino, il traduttore frantende alcune
frasi, fin dai primi righi, dove leggendo d’una dama _nec minus facie
quam vitæ integritate formosa_, squadernò: _belle de face et de touts
membres entière_. Similmente parmi che nella battaglia di Canne del
1019 Amato abbia messo il nome del luogo, là dove il traduttore scrive:
_et sont veues les lances estroites come les canes sont en lo lieu où
il croissent_.
[51] Urbano secondo, francese, fu papa dal 1088 al 1099; Ruggiero,
figlio di Roberto Guiscardo, regnò in Puglia dal 1085 al 1111.
[52] L’incontro fortuito di Melo e dei Normanni al Monte Gargano mi
pare episodio classico posto a capo del poema. I fendenti di Roberto
Guiscardo alla battaglia di Civitella, vengono a dirittura dalla Tavola
Rotonda. Lo stratagemma di Roberto, infintosi morto e messosi nella
bara per occupare un castello in Calabria del quale non si dà il nome,
è copia della fazione di Hastings a Luni, favola scandinava ripetuta
da Dadone di San Quintino alla fine del X secolo (presso Duchesne,
op. cit., p. 64, 65) e replicata nella saga di Aroldo il Severo, come
accennammo nel Libro IV, cap. X, p. 385, 386 del secondo volume.
[53] Tiraboschi, _Storia della Letteratura Italiana_, lib. IV, cap.
III, § 8, si voltò con gran collera contro i Benedettini di Saint-Maur,
i quali nella _Histoire Littéraire de la France_, tomo VIII, p. 488,
ci rapivano questo Guglielmo di Puglia. Il signor Ruggiero Wilmans,
tedesco, fa opera a rendercelo per varie ragioni accennate nella
prefazione alla detta cronaca presso Pertz, _Scriptores_, tomo IX, p.
239, e più largamente discorse nell’_Archivio Storico di Pertz_, tomo
X, p. 93, segg. Contuttociò Guglielmo, al nome ed alla parzialità sua
contro i Longobardi, i Greci e gli abitatori della Puglia, mi sembra
chierico venuto di Francia o nato in Italia in casa francese. Quel che
parrebbe in bocca sua biasimo de’ Normanni, si trova a tanti doppii nel
francese Malaterra, e suonava lode a usanza loro.
[54] Il Malaterra, lib. I, cap. XXV, nota che in Calabria una volta il
conte Ruggiero con quaranta suoi fedeli masnadieri _plurimum penuriarum
passus est, sed latrocinio armigerorum suorum in multis sustentabatur;
quod quidem ad ejus ignominiam non dicimus, sed ipso ita præcipiente,
adhuc viliora et reprehensibiliora de ipso scripturi sumus, ut pluribus
patescat quam laboriose et cum quanta angustia a profunda paupertate
ad summum culmen divitiarum vel honoris attingerit_. In fondo dunque il
vecchio conte Ruggiero se ne vantava.
[55] Questa è la cronica che il Caruso pubblicò nella _Bibliotheca
Sicula_, p. 827, segg., col titolo di _Anonymi Historia Sicula_; indi
il Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo VIII, p. 740, segg.,
col titolo di _Anonymi Vaticani Historia Sicula_. La versione in antico
francese che se ne trovava nello stesso MS. di Amato, è stata data alla
luce da M. Champollion, op. cit., col titolo di _Chronique de Robert
Viscard_. Non si può affatto assentire al dotto editor francese che
l’autore sia Amato stesso. Se ne dee togliere in vero, come notava
M. Champollion, tutta la parte che corre dal 1101 al 1283. Ma ciò
che precede è compilazione scritta verso il 1146, come lo mostran le
parole (presso Caruso, p. 856) _Huic successit ille hominum maximus....
Rogerius.... rex Siciliæ, Tripolis Africæ_.... le cui lodi l’autore,
com’ei dice, non osava intraprendere. La continuazione comincia
immediatamente dopo questo passo con le parole: _Post mortem comitis
Rogerii, prout confitetur in chronica, successit Rogerius_ ec.
Pongo la data del 1146, poichè vi si accenna il conquisto di Tripoli,
non quel di Mehdia e di tutta la costiera che seguì il 1149.
La diversità degli autori ch’io sostengo, è provata anche dalla
incompatibilità di alcuni racconti, per esempio la diserzione di
Ardoino, il tempo in cui Guglielmo Braccio di Ferro ebbe il comando di
tutta la banda a Melfi ec.
[56] Si vegga il Libro IV, cap. VII, p. 343, segg., del secondo volume.
[57] Tale Gilberto Drengot, o Buatère, coi fratelli Rainolfo, Rodolfo,
Anquetil ed Ormondo, su i quali si veggano: Amato, op. cit., lib. I,
cap. XX; Rodolfo Glabro, _Historiarum_, lib. III, cap. I, nel _Recueil
des Historiens de la Gaule_, tomo X, p. 25; e Guglielmo di Jumièges,
lib. VII, cap. 30, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum Scriptores_,
p. 284. Gilberto aveva ucciso un Guglielmo Repostel che si vantava
d’avergli sedotta una figliuola. I nomi son dati diversamente dai tre
cronisti. Debbo avvertire che Amato qui dice regnante il duca Roberto
di Normandia, onde il fatto andrebbe posposto al decennio 1026-35. Ma è
da supporre sbagliato il nome anzichè il tempo.
[58] Si vegga il Libro IV, cap. VII, p. 340 e 342 del secondo volume.
[59] Secondo il biografo di Arrigo II, _Acta Sanctorum_, 14 luglio,
p. 760, l’imperatore elesse Melo duca di Puglia, il quale morì a
Bamberg. Lupo Protospatario, anno 1020, fa ricordo di Melo col titolo
di duca di Puglia, che probabilmente gli era stato dato dai popoli o
da’ suoi partigiani in Italia. Il monaco Ademaro della nobile casa di
Chabanois, nella cronaca terminata verso il 1029, scrive che al tempo
di Riccardo II duca di Normandia un Rodolfo con molti altri Normanni
andavano armati a Roma, e, connivente papa Benedetto, assaltavano e
guastavan la Puglia, vincean tre battaglie; poi sconfitti dai Russi e
altri soldati dell’impero bizantino, molti n’erano condotti prigioni a
Costantinopoli; e che per tre anni i Bizantini, per rancore o sospetto
de’ Normanni, vietarono ai pellegrini occidentali il passaggio di
Gerusalemme, senza dubbio per l’Italia meridionale. Nel _Recueil
des Historiens des Gaules_, ec., tomo X, p. 156, Rodolfo Glabro, che
scrisse verso il 1044, narra le prime imprese dei Normanni in Italia
in questo modo: che il guerriero Rodolfo perseguitato da Riccardo
di Normandia, andava a Roma; si appresentava a papa Benedetto; era
confortato da lui a combattere i Greci nell’Italia meridionale;
cominciava gli assalti; era rinforzato di innumerevoli Normanni
vegnenti alla spicciolata con piacere del conte Riccardo; guadagnava
due battaglie; ma dopo la terza, vedendo scemati i suoi, andava a
chiedere aiuti all’imperatore ch’indi passò in Italia (1022). Dunque
in Francia, una ventina d’anni dopo, si attribuiva al papa l’origine
di questa guerra. Si vegga la storia di Glabro, lib. III, cap. I,
nel _Recueil des Historiens des Gaules_ ec., tomo X, p. 25, 26. Il
guerriero Rodolfo è un de’ fratelli di Gilberto, di cui dicono Amato e
Leone d’Ostia.
[60] I cronisti non dicono espressamente di due fazioni a Bari, se non
che nella guerra del 1051 e nell’assedio del 1071, quando l’occuparono
i Normanni. Ma i casi di Melo, seguito dai Baresi, poi abbandonato,
costretto a fuggire, e la moglie e il figliuolo di lui mandati dai
cittadini a Costantinopoli, mostrano incominciate fin dal principio del
secolo quelle fazioni che pur erano inevitabili. La plebe doveva essere
amica dei Bizantini, e i nobili nemici.
[61] Amato, lib. I, cap. XX, e Leone d’Ostia che lo copia, lib. II,
cap. 37, dicono con molta brevità che i Normanni, invitati già a venire
in Italia dal principe di Salerno, incontraron Melo a Capua, e che
_les coses necessaires de mengier el de boire lor furent données, de li
seignor et bone gent de Ytalie_. Il velo è molto trasparente. Guglielmo
di Puglia, sia per render omaggio alle Muse, sia perchè la corte di
Guiscardo dopo la iniqua occupazione di Salerno non amava a sentirsi
ripetere che i principi di Salerno avessero chiamato i primi Normanni,
esordisce dall’incontro fortuito dei pellegrini al santuario di Monte
Gargano con uno straniero vestito di strane fogge, il quale scopre sè
esser Melo, e agevolmente li persuade a far venire lor compatriotti
ai suoi stipendii. Questo par di tutto punto un episodio poetico,
contrario alla tradizione di Amato.
[62] Leon d’Ostia, lib. II, cap. 37.
[63] Si riscontrino: Amato, lib. I, cap. XXI, segg.; Guglielmo
di Puglia, lib. I; Lupo Protospatario, anni 1017 a 1019; _Annales
Beneventani_, 1017, presso Pertz, _Scriptores_, tomo III, p. 178; Leone
d’Ostia, lib,. II, cap. 37, 38. I cronisti non si accordano sul numero
delle battaglie vinte dai Normanni, e Amato solo narra la seconda
sconfitta. Il traduttore di Amato, non comprendendo bene il testo, nel
cap. XXII, suppone che tremila Normanni fossero venuti di Salerno dopo
la battaglia di Canne; ma parmi inverosimile, e da correggersi come ho
fatto.
[64] Si riscontrino: Amato, lib. I, cap. XXIV, segg., e lib. II, cap.
I a VII; Guglielmo di Puglia, lib. I; Lupo Protospatario, anno 1021,
segg. Il Malaterra, tacendo le imprese dei Normanni prima della venuta
di Guglielmo di Hauteville, spiega pur molto precisamente nel lib. I,
cap. VI, l’indole delle compagnie normanne innanzi il 1040.
[65] Dopo la battaglia di Canne (1019) scrive Amato: _Et de li Normant
non remainstrent se non cinc cent et vj grant home de li Normant
remainstrent, de liquel ij remainstrent avec Athenulfe_ ec., lib.
I, cap. XXII. L’Imperatore Arrigo I, nel 1022, avea lasciato in un
castello dei nipoti di Melo ventiquattro cavalieri normanni capitanati
da un Trostaino. Amato, lib. I, cap. XXIX e XXXII. Nel 1040 i 300
Normanni venuti d’Aversa in aiuto d’Ardoino, ubbidivano come innanzi
diremo a dodici condottieri uguali tra loro. Dunque nel primo caso una
compagnia somma ad 80 cavalli, e nei due secondi a 25.
[66] Libro IV, cap. X, p. 380 e 389, segg., del secondo volume.
[67] Si ricordino le fazioni di Rayca accennate da noi nel Libro IV,
cap. VII, p. 345 del secondo volume.
[68] Si veggano gli _Annali di Bari_, e Lupo Protospatario, anni 1039,
1040 e 1041, in Pertz, _Scriptores_, tomo V, p. 56, 57.
[69] _Et vous i habitez comme la sorice qui est en lo pertus.... que
sachiez que je vous menerai à homes feminines, c’est à homes comme
fames, liquel demorent en moult riche et espaciouse terre._ Amato, lib.
II, cap. XVII, p. 43.
_Cum terra sit utilitatis,_
_Fœmineis Græcis cur permittatur haberi?_
Guglielmo di Puglia, lib. I.
[70] Amato: _Et estut li conte_ (il conte) _xij pare à liquel_ ec.
Cap. XVIII, p. 43. Guglielmo di Puglia... _comitatus nomen honoris Quo
donantur erat_.
[71] Amato, lib. II, cap. XIX, p. 44.
[72] _Et quant il oïrent ensi parler Arduyne, se consentirent à lui
et font sacrement de fidelité de chascune part de paiz_ se la terre
non avoit autre seignor que ou à cui face tribut se clame tributaire.
_Et en ceste regne se clame terre de demainne et se a autre seignorie
se clame colonie come sont en ceste regne la terre qui a autre
seignorie. Et sanz lo roy estoit seignor Arduyne et en celle part se
clament colone._ Amato, lib. II, cap. XIX, p. 44, 45. Il passo che ho
notato in caratteri tondi è guasto al certo, e ciò che segue è nota
interpolata dal traduttore, spiegando a suo modo il diritto pubblico
napoletano del XIII secolo; poichè Amato non potea scrivere nell’XI le
voci regno e re. Leone d’Ostia tralascia questo importantissimo fatto,
e però non possiamo ristabilire il testo d’Amato. Ma il significato
necessariamente è che i Melfitani non ubbidissero a feudatario e non
prestassero servigi feudali, nè pagassero tributo se non che allo
stato: il che dopo il conquisto normanno si chiamò in Sicilia e in
Puglia: stare in demanio.
[73] Gli avvenimenti che ristringo in questo paragrafo, dal ritorno
di Ardoino in terraferma sino all’occupazione di Melfi, son tratti
da Amato, lib. II, cap. XIV, segg.; Guglielmo di Puglia, lib. I,
_Aversam subito venit Hardoinus_; Malaterra, lib. I, cap. VIII; Leone
d’Ostia, lib. II, cap. LXVI; Cedreno, tomo II, p. 545 della edizione
di Bonn; Annali (ossia anonimo) di Bari e Lupo Protospatario, anni
1040, 1041. Oltre le discrepanze di minor momento, se ne scorge una che
occorre di notare. Amato, seguendolo Leone d’Ostia, dice che Ardoino
dopo l’ingiuria di Maniace rimase al servigio bizantino, suscitò
occultamente i Pugliesi, e andò ad Aversa pretestando un viaggio di
devozione a Roma. Guglielmo di Puglia lo fa insultare e rivoltare a
Reggio, e correr di lì dritto ad Aversa. Malaterra, con poco divario,
reca l’ingiuria in Sicilia, l’aperta ribellione appena ripassato il
Faro, e non parla punto degli aiuti d’Aversa. Nelle due tradizioni
dunque, la prima d’Amato e Leone, la seconda di Guglielmo e Malaterra,
si dà essenzialmente diverso il modo e tempo dell’ammutinamento di
Ardoino con la banda normanna. Or covaron essi l’onta parecchi giorni,
o parecchi mesi? Chiarironsi disertori nel novembre 1040 in Calabria,
ovvero nei principii del 1041 a Melfi? Guglielmo di Puglia fin dà il
numero di cinquanta soldati uccisi dai Normanni alla schiera bizantina
mandata a inseguirli, quando lasciarono il campo a Reggio. Amato,
all’incontro, particolareggia la dissimulazione di Ardoino: com’ei
corruppe Doceano con molt’oro; come fu preposto al governo di parecchie
terre in Puglia; come incominciò ad accarezzare e convitare i maggiori
cittadini, a compiangere gli aggravii della dominazione greca, a
promettere che farebbe opera a liberarli; come infine tolse commiato,
sotto specie d’andare alle perdonanze a Roma, e andò ad Aversa.
Or dovendosi necessariamente tacciare di bugia l’una o l’altra
tradizione, ammettendo anche la sincerità di chi la scrivea, le
condizioni dei due cronisti e l’indole di loro opere accusano
Guglielmo, anzi che Amato. Del Malaterra non parlo, il quale in questo
periodo ripeteva un romanzo di casa Hauteville, tacea gli aiuti di
Aversa, facea capitano dei Normanni Guglielmo Braccio di Ferro, che
lo fu tre anni dopo. Quella fuga inoltre con le armi alla mano dal
centro della Sicilia secondo Malaterra, e da Reggio secondo Guglielmo
di Puglia, infino a Melfi, è molto men credibile che la prolungata
simulazione dei Normanni e che il favor di Doceano ad Ardoino, non
disertore ma guerriero ingiuriato ingiustamente da Maniace. Infine il
fatto riferito da Lupo e dagli _Annali Baresi_, che Doceano tornava di
Sicilia di novembre 1040 per domare i sollevati di Puglia, dà luogo al
supposto che i Normanni passassero con le forze di Doceano e fossero
da lui posti a presidio in qualche terra non lontana da Melfi. Qual
maraviglia che a capo di cinquanta o sessant’anni questo cambiamento di
guarnigione, com’or diremmo, si raffazzonò nelle brigate dei principi e
nobili normanni alla foggia che ci rappresentano Guglielmo di Puglia, e
Malaterra, esagerando il valore ed attenuando la perfidia della passata
generazione?
Pertanto mi appiglio alla tradizione d’Amato e cancello quel che
scrissi in contrario nel Libro IV, cap. X, p. 389 del secondo volume,
seguendo Guglielmo e Malaterra e tutti gli istorici moderni che loro
credettero, i quali non aveano sotto gli occhi Amato. Che se altri
mi tacci di leggerezza per questo, mi spiacerà meno del ricusar
testimonianza al vero una volta ch’io ne sia convinto.
[74] Gli _Annali di Bari_ col privilegio del «si dice» fanno
montare i Greci a 18,000 e portano poco più di 2000 i Normanni; Lupo
Protospatario li dice 3000. Senza esitare accetto cotesti numeri
anzichè quelli dei due cronisti normanni, cioè Guglielmo di Puglia
che dà 700 cavalli e 500 fanti, e Malaterra che dice tondo 500 militi
da una parte e 60,000 Greci dall’altra. Al par che nelle guerre di
Sicilia, convien dividere per sei la cifra dell’esercito nemico, e
moltiplicare per sei quella del Normanno, quando si legga il Malaterra.
Quanto alla data, la più parte degli storici, annalisti, compilatori
ed eruditi editori, non esclusi il Muratori e il De Meo, han messo
l’occupazione di Melfi e la prima battaglia nel 1040. Il riscontro con
fatti vicini e di data certa nella storia bizantina, ci mostra che
si debba seguire piuttosto gli _Annali di Bari_ e il Protospatario,
i quali scrivono 1041. Leone d’Ostia ne fa anche espresso attestato,
dicendo occupata Melfi anno _Dominicæ Nativitatis MLXI, quo videlicet
anno dies paschalis Sabbati ipso die festivitatis Sancti Benedicti_ (21
marzo) _venit_: e in vero la Pasqua cadde il 22 marzo nel 1041, non già
nel 1040. Il _Chronicon Breve Northmannicum_, presso Muratori, _Rerum
Italicarum Scriptores_, tomo V, p. 871, porta anche nel 1041 la prima
occupazione della Puglia pei Normanni _capitanati da Ardoino_, e in
marzo e maggio 1042 (dalla Incarnazione, ossia 1041 del conto comune)
le due prime vittorie sopra i Greci.
[75] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXI, segg.; Guglielmo di
Puglia, lib. I, _Audito reditu Michælis_, sino alla fine del Libro;
Malaterra, cap. IX, X; Lupo Protospatario, ed _Annali di Bari_,
anni 1041, 1042; Leone d’Ostia, lib. II, cap. LXVI. L’ordine degli
avvenimenti è uguale in tutti; le date si trovan solo in Lupo e
negli _Annali di Bari_. Contandosi da Lupo gli anni dell’èra volgare,
talvolta al modo salernitano dal 25 dicembre (Vedi Pertz, _Scriptores_,
tomo V, p. 51), ma più sovente col periodo costantinopolitano, cioè
dal 1º settembre dell’anno precedente, il settembre 1042 risponde al
nostro settembre 1041, e così fino a decembre. Che in questa epoca
Lupo segua tal cronologia lo provano le esaltazioni degli imperatori
di Costantinopoli, le quali noi possiamo riscontrare con le date di
Cedreno e degli altri Bizantini.
[76]
_Pro numero comitum bit sex statuere plateas,_
_Atque domus comitum totidem fabricantur in urbe._
Guglielmo di Puglia, Lib. I.
[77] Cedreno dice espressamente: Italiani delle province tra il Po e
le Alpi; Amato: _Et li Normant d’autre part non cessoient de querre li
confin de principal pour home fort et soffisant de combatre_ ec. Lib.
II, cap. XXIII, p. 50.
[78] Amato, ricordata l’occupazione di Melfi nel lib. II, cap. XIX,
narra nel cap. XXX il partaggio dei conquisti al conte d’Aversa
e dodici altri capi normanni dei quali dà i nomi ed i territorii
assegnati a ciascuno, aggiugnendo: _et_ (à) _Arduyne secont lo
sacrement donnerent sa part c’est la moitié de toutes choses si come
fa la covenance_; il qual fatto torna al 1043. Leone d’Ostia copia
Amato nel lib. II, cap. 67, con le parole: _Arduino autem juxta quod
sibi juraverant parte sua contradita_. I nomi dei dodici oltre il conte
d’Aversa son tutti normanni. I territorii assegnati son quasi tutte
città vescovili in un triangolo curvilineo dal Gargano a Frigento e di
lì a Monopoli, nel quale spazio rimane in vero un’altra metà di luoghi
importanti da potersi supporre assegnati ad Ardoino se si conoscesse
che i Normanni li aveano occupati in quel tempo.
Ma l’illustre capo non è nominato da nessun altro cronista dopo il
patto di Melfi; non da Amato nè da Leone dopo quel partaggio, nè alcuno
dice che gli altri territorii di Puglia, caduti poi tutti in potere dei
Normanni, fossero stati tolti sia ad Ardoino sia a feudatarii italiani
della sua compagnia. Il modo più plausibile di spiegar cotesto silenzio
mi par di supporre la immatura morte di Ardoino e la incorporazione de’
suoi nelle compagnie normanne. Guglielmo Braccio di Ferro che veniva
di Sicilia con Ardoino, è il primo dei dodici nominati nel partaggio, e
nello stesso anno fu creato conte di Puglia, come or si vedrà.
[79] Guglielmo di Puglia, Lib. I, appone questa scelta d’uno straniero
a corruzione e invidia dei Normanni: _Sed quia terrigenis, terreni
semper honores, Invidiam pariunt_ ec.; ma Amato, italiano ancorchè
monaco, dice: _Et à ce qu’il donassent ferme cuer à li colone de la
terre lo prince de Bonivent_ ec.
[80] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII; Guglielmo di Puglia,
lib. I, _Nam reliqui Galli_ ec.; Lupo Protospatario anno 1042. Secondo
Guglielmo, vi fu un principio di divisione tra i Normanni dopo la
deposizione di Atenolfo, volendo alcuni ubbidire a Guaimario principe
di Salerno, ed altri ad Argiro. Ei narra la esaltazione di Argiro
in Bari, richiesto dal popolo, ricusante questa dignità innanzi i
primarii cittadini che avea convocati nella chiesa di Sant’Apollinare,
sforzato dal comun voto ed eletto principe. Sembra che il poeta voglia
descrivere in qual modo fosse stato fatto duca di Puglia il cittadino
al quale i Normanni aggiunsero l’autorità di capo o protettore di lor
banda. Ad una elezione simultanea e comune dei Baresi e dei Normanni,
ci sarebbero gravi difficoltà.
Lupo scrive: _et mense februarii factus est Argyrus Barensis princeps
et dux Italiæ_; ma non dice da chi. Il certo è che Bari in questo tempo
era ribelle, nè tornò all’ubbidienza dei Greci se non che il 1043.
[81] Amato, lib. II, cap. XXVII. Secondo il Protospatario questo
assedio cominciò in agosto 1042, e durò un mese.
[82] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII, XXVIII; Guglielmo
di Puglia in fine del primo e in principio del secondo libro; Leone
d’Ostia, lib. II, cap. 66; Lupo Protospatario, anni 1042, 1043 e 1046,
nell’ultimo dei quali si nota che Argiro andò a Costantinopoli e quella
corte richiamò a Bari tutti gli esuli. Non potendo dunque strappare
la Puglia ai Normanni con la forza, gli imperatori d’Oriente cedeano
ai voti dei popoli, salvo ad aggravar di nuovo la mano quando lo
potessero.
[83] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII, segg.; Guglielmo di
Puglia, lib. II dal principio; Lupo Protospatario, anni 1042 a 1053;
Leone d’Ostia, lib. II, cap. 66.
[84] Guglielmo di Puglia, lib. I: _Multa per hoc tempus sibi
promittente Salerni_, e segg.
[85] Amato, lib. II, cap. XXVIII a XXX; Leone d’Ostia, lib. II,
cap. 66. Le tredici città assegnate, in Capitanata, Terra di Bari e
Principato ulteriore, son oggi tutte vescovili, e metà l’era anche
avanti l’XI secolo. Si ricordi ciò che avvertii su questo partaggio
nella nota 2, p. 34.
[86] Così dovea seguire necessariamente, ancorchè poche vestigia
rimangano di quel primo abbozzo della feudalità normanna. Di certo si
vede che nei principii alcune terre furono soggiogate per forza o per
accordi; altre, quasi confederate, ritennero governo municipale pagando
soltanto un tributo o contribuzione federale, che forse rimase in
comune per supplire al mantenimento dell’esercito. In fatti Guglielmo
di Puglia, supponendo bene o male un partaggio avanti la occupazione di
Melfi, scrive, lib. I:
...... _undique terras_
_Divisere sibi ni sors inimica repugnet._
_Singula proponunt loca quæ contingere sorte_
_Cuique duci debent et quæque tributa locorum._
Amato accenna in questo modo, lib. II, cap. XXVII, gli acquisti dei
Normanni sotto la condotta di Argiro, cioè nel 1042: _et toutes les
cités d’eluec entor constreigneient qui estoient al lo commandement
et à la rayson et statute que estoient; ensi alcun voluntairement se
soumettoient et alcun de force et alcun paioient tribut de denaviers
chascun an_.
[87] Così le concessioni del conte Unfredo a’ fratelli germani Roberto,
Maugerio e Guglielmo, e infine di Roberto a Ruggiero.
[88] Si vegga qui sopra, p. 18.
[89] Il luogo è determinato da Gauttier d’Arc, _Histoire des conquêtes
des Normands en Italie_ ec., Paris 1830, lib. I, cap. IV, p. 64, segg.
[90] Su le condizioni di Tancredi di Hauteville si riscontrino:
Malaterra, lib. I, cap. IV e XL: _Cronica di Roberto Guiscardo_,
traduzione francese, lib. I, cap. I, p. 263; e testo latino presso
Caruso, p. 829; _Cronica di San Massenzio_, detta _Chronicon
Malleacense_, nel _Recueil des Historiens des Gaules_ etc., tomo XI, p.
644; Guglielmo di Malmesbury, lib. III, nella stessa raccolta, tomo IX,
p. 187; Odorico Vitale, lib. V, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum
Scriptores_, p. 584.
La cronica di San Massenzio dice la famiglia poco nota e povera;
Guglielmo di Malmesbury, _Mediocri parentela ortus_ ec. Il Malaterra
e la cronica di Roberto Guiscardo rincalzano la nobiltà di Tancredi:
_præclari admodum generis — genere nobilis_.
La parentela coi duchi di Normandia, affermata per lo primo da sbadati
compilatori del XIII e XIV secolo, non è ammessa ormai da alcun
critico. Si vegga un’apposita dissertazione di E. F. Mooyer stampata
a Minden nel 1830 in-4, secondo la quale il supposto si riduce a due
fila debolissime, 1º che il padre di Tancredi fosse stato un dei figli
di Riccardo I, dei quali non si conoscono i nomi; 2º ovvero che Muriel
figliuola bastarda di esso Riccardo fosse la Moriella prima moglie
di Tancredi. Questa opinione par che corresse a corte di Palermo nel
1140, perchè la cronica di Roberto Guiscardo scrive _uxor nobilissima
Muriella nomine_.
Inaspettatamente ci verrebbe un lume dagli autori arabi, se potessimo
fidarci a loro scrittura ed erudizione. Ibn-Kaldûn in due luoghi della
storia (_Biblioteca Arabo-Sicula_, testo, p. 484 e 497) dà il nome
del primo conte di Sicilia, Rogiar-ibn-Tankred-ibn-Khaira, o secondo
Normands_, edizione del 1843, p. 140, segg.
[39] Non occorrendo citazioni distinte dei luoghi d’opere moderne dai
quali ho cavati i primordii dei Normanni, indicherò quelle che mi sono
riuscite più utili. Nel sentimento storico ho avuto a sicura guida la
_Conquête de l’Angleterre par les Normands_, di Augustin Thierry, alla
cui memoria debbo d’altronde amore, riverenza e gratitudine. Le minuzie
dei fatti sono fornite in abbondanza dalla citata opera di Depping;
e molte critiche avvertenze si rinvengono in Lappenberg, _A history
of England under the Norman kings_, versione inglese con aggiunte del
traduttore Benjamin Thorpe. Importanti e novelli fatti su la società
primitiva degli Scandinavi si ritraggono dalla prefazione di Samuele
Laing alla _Heimskringla_ di Snorro Sturleson, versione inglese.
[40] Gli storici francesi pongono vagamente la data tra l’896 e
l’898, non trovandola precisa nei cronisti, e dovendo tenere questa
occupazione come diversa da quella che i cronisti riferiscono al
17 novembre 876, cioè avanti l’assedio di Parigi. Si riscontrino le
opere citate di Depping, lib. III, cap. III; di Thierry, lib. II; e di
Lappenberg, versione inglese, p. 7, segg. I cronisti normanni in prosa
e in versi confusero le tradizioni, volendo dare a Roll, nello assedio
di Parigi e nella prima occupazione di Rouen, la parte principale che
di certo non v’ebbe.
[41] Al messaggero di Carlo il Semplice, che innanzi la battaglia
dell’898 domandava il capo loro, i Normanni risposero: «Non n’abbiamo;
siam tutti eguali».
[42] _Hrôlfr_, con le mutazioni eufoniche di Rolf, Roll, Rou.
[43] Rispondeva, secondo Depping, all’odierno dipartimento della Bassa
Senna e parte di quello dell’Eure.
[44] Wace, _Roman du Rou_, passim. I Francesi vendicavansi con un
_calembourg_, più antico al certo del XII secolo quando visse l’autore:
_Francheis dient ke Normandie Ço est la gent de North mendie_, versi
119, 120.
[45] Si vegga il Libro IV della presente Storia, cap. X, p. 580 del
secondo volume.
[46] Wace, op. cit., verso 2108, accenna le tradizioni ritmiche, le
quali in sua fanciullezza avea inteso cantare a’ giullari (_jugléors_,
oggi _jongleurs_).
[47] _Dudonis super Congregationem Sancti Quintini decani, De Moribus
Normannorum_, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum Scriptores_, p.
56 a 59. Si vegga la critica di Lappenberg, _A history of England under
the Norman Kings_, versione del Thorpe, p. XX.
[48] Guglielmo di Jumièges (_Wilelmus Gemmeticensis_), detto _Calculus_
(1137); Odorico Vitalis (1141); Wace di Jersey, _Roman du Rou_ (1184),
e molti altri che si veggano in Lappenberg, op. cit., p. XXI a XXVIII.
[49] _L’Ystoire de li Normant et la Chronique de Robert Viscard par
Aimé moine du Mont-Cassin_, pubblicata da M. Champollion-Figeac, Paris,
1835. L’editore con molta sagacità ha provato irrefragabilmente il
nome e nazionalità dell’autore e la data dell’opera. _Prolégomènes_,
p. XXXIII, segg. M. Gauttier d’Arc aveva usato fino dal 1830 un MS.
imperfetto di Amato nella _Histoire des Conquêtes des Normands en
Italie_ ec.
[50] Le interpolazioni che non cadono in dubbio furon messe tra
parentesi dal dotto editore. Se ne può supporre delle altre, come
parmi; ed anche qua e là qualche taglio, per esempio nell’infelice
fine di Dato, lib. I, cap. XXV. Nella Cronica di Roberto Guiscardo,
della quale abbiamo il testo latino, il traduttore frantende alcune
frasi, fin dai primi righi, dove leggendo d’una dama _nec minus facie
quam vitæ integritate formosa_, squadernò: _belle de face et de touts
membres entière_. Similmente parmi che nella battaglia di Canne del
1019 Amato abbia messo il nome del luogo, là dove il traduttore scrive:
_et sont veues les lances estroites come les canes sont en lo lieu où
il croissent_.
[51] Urbano secondo, francese, fu papa dal 1088 al 1099; Ruggiero,
figlio di Roberto Guiscardo, regnò in Puglia dal 1085 al 1111.
[52] L’incontro fortuito di Melo e dei Normanni al Monte Gargano mi
pare episodio classico posto a capo del poema. I fendenti di Roberto
Guiscardo alla battaglia di Civitella, vengono a dirittura dalla Tavola
Rotonda. Lo stratagemma di Roberto, infintosi morto e messosi nella
bara per occupare un castello in Calabria del quale non si dà il nome,
è copia della fazione di Hastings a Luni, favola scandinava ripetuta
da Dadone di San Quintino alla fine del X secolo (presso Duchesne,
op. cit., p. 64, 65) e replicata nella saga di Aroldo il Severo, come
accennammo nel Libro IV, cap. X, p. 385, 386 del secondo volume.
[53] Tiraboschi, _Storia della Letteratura Italiana_, lib. IV, cap.
III, § 8, si voltò con gran collera contro i Benedettini di Saint-Maur,
i quali nella _Histoire Littéraire de la France_, tomo VIII, p. 488,
ci rapivano questo Guglielmo di Puglia. Il signor Ruggiero Wilmans,
tedesco, fa opera a rendercelo per varie ragioni accennate nella
prefazione alla detta cronaca presso Pertz, _Scriptores_, tomo IX, p.
239, e più largamente discorse nell’_Archivio Storico di Pertz_, tomo
X, p. 93, segg. Contuttociò Guglielmo, al nome ed alla parzialità sua
contro i Longobardi, i Greci e gli abitatori della Puglia, mi sembra
chierico venuto di Francia o nato in Italia in casa francese. Quel che
parrebbe in bocca sua biasimo de’ Normanni, si trova a tanti doppii nel
francese Malaterra, e suonava lode a usanza loro.
[54] Il Malaterra, lib. I, cap. XXV, nota che in Calabria una volta il
conte Ruggiero con quaranta suoi fedeli masnadieri _plurimum penuriarum
passus est, sed latrocinio armigerorum suorum in multis sustentabatur;
quod quidem ad ejus ignominiam non dicimus, sed ipso ita præcipiente,
adhuc viliora et reprehensibiliora de ipso scripturi sumus, ut pluribus
patescat quam laboriose et cum quanta angustia a profunda paupertate
ad summum culmen divitiarum vel honoris attingerit_. In fondo dunque il
vecchio conte Ruggiero se ne vantava.
[55] Questa è la cronica che il Caruso pubblicò nella _Bibliotheca
Sicula_, p. 827, segg., col titolo di _Anonymi Historia Sicula_; indi
il Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo VIII, p. 740, segg.,
col titolo di _Anonymi Vaticani Historia Sicula_. La versione in antico
francese che se ne trovava nello stesso MS. di Amato, è stata data alla
luce da M. Champollion, op. cit., col titolo di _Chronique de Robert
Viscard_. Non si può affatto assentire al dotto editor francese che
l’autore sia Amato stesso. Se ne dee togliere in vero, come notava
M. Champollion, tutta la parte che corre dal 1101 al 1283. Ma ciò
che precede è compilazione scritta verso il 1146, come lo mostran le
parole (presso Caruso, p. 856) _Huic successit ille hominum maximus....
Rogerius.... rex Siciliæ, Tripolis Africæ_.... le cui lodi l’autore,
com’ei dice, non osava intraprendere. La continuazione comincia
immediatamente dopo questo passo con le parole: _Post mortem comitis
Rogerii, prout confitetur in chronica, successit Rogerius_ ec.
Pongo la data del 1146, poichè vi si accenna il conquisto di Tripoli,
non quel di Mehdia e di tutta la costiera che seguì il 1149.
La diversità degli autori ch’io sostengo, è provata anche dalla
incompatibilità di alcuni racconti, per esempio la diserzione di
Ardoino, il tempo in cui Guglielmo Braccio di Ferro ebbe il comando di
tutta la banda a Melfi ec.
[56] Si vegga il Libro IV, cap. VII, p. 343, segg., del secondo volume.
[57] Tale Gilberto Drengot, o Buatère, coi fratelli Rainolfo, Rodolfo,
Anquetil ed Ormondo, su i quali si veggano: Amato, op. cit., lib. I,
cap. XX; Rodolfo Glabro, _Historiarum_, lib. III, cap. I, nel _Recueil
des Historiens de la Gaule_, tomo X, p. 25; e Guglielmo di Jumièges,
lib. VII, cap. 30, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum Scriptores_,
p. 284. Gilberto aveva ucciso un Guglielmo Repostel che si vantava
d’avergli sedotta una figliuola. I nomi son dati diversamente dai tre
cronisti. Debbo avvertire che Amato qui dice regnante il duca Roberto
di Normandia, onde il fatto andrebbe posposto al decennio 1026-35. Ma è
da supporre sbagliato il nome anzichè il tempo.
[58] Si vegga il Libro IV, cap. VII, p. 340 e 342 del secondo volume.
[59] Secondo il biografo di Arrigo II, _Acta Sanctorum_, 14 luglio,
p. 760, l’imperatore elesse Melo duca di Puglia, il quale morì a
Bamberg. Lupo Protospatario, anno 1020, fa ricordo di Melo col titolo
di duca di Puglia, che probabilmente gli era stato dato dai popoli o
da’ suoi partigiani in Italia. Il monaco Ademaro della nobile casa di
Chabanois, nella cronaca terminata verso il 1029, scrive che al tempo
di Riccardo II duca di Normandia un Rodolfo con molti altri Normanni
andavano armati a Roma, e, connivente papa Benedetto, assaltavano e
guastavan la Puglia, vincean tre battaglie; poi sconfitti dai Russi e
altri soldati dell’impero bizantino, molti n’erano condotti prigioni a
Costantinopoli; e che per tre anni i Bizantini, per rancore o sospetto
de’ Normanni, vietarono ai pellegrini occidentali il passaggio di
Gerusalemme, senza dubbio per l’Italia meridionale. Nel _Recueil
des Historiens des Gaules_, ec., tomo X, p. 156, Rodolfo Glabro, che
scrisse verso il 1044, narra le prime imprese dei Normanni in Italia
in questo modo: che il guerriero Rodolfo perseguitato da Riccardo
di Normandia, andava a Roma; si appresentava a papa Benedetto; era
confortato da lui a combattere i Greci nell’Italia meridionale;
cominciava gli assalti; era rinforzato di innumerevoli Normanni
vegnenti alla spicciolata con piacere del conte Riccardo; guadagnava
due battaglie; ma dopo la terza, vedendo scemati i suoi, andava a
chiedere aiuti all’imperatore ch’indi passò in Italia (1022). Dunque
in Francia, una ventina d’anni dopo, si attribuiva al papa l’origine
di questa guerra. Si vegga la storia di Glabro, lib. III, cap. I,
nel _Recueil des Historiens des Gaules_ ec., tomo X, p. 25, 26. Il
guerriero Rodolfo è un de’ fratelli di Gilberto, di cui dicono Amato e
Leone d’Ostia.
[60] I cronisti non dicono espressamente di due fazioni a Bari, se non
che nella guerra del 1051 e nell’assedio del 1071, quando l’occuparono
i Normanni. Ma i casi di Melo, seguito dai Baresi, poi abbandonato,
costretto a fuggire, e la moglie e il figliuolo di lui mandati dai
cittadini a Costantinopoli, mostrano incominciate fin dal principio del
secolo quelle fazioni che pur erano inevitabili. La plebe doveva essere
amica dei Bizantini, e i nobili nemici.
[61] Amato, lib. I, cap. XX, e Leone d’Ostia che lo copia, lib. II,
cap. 37, dicono con molta brevità che i Normanni, invitati già a venire
in Italia dal principe di Salerno, incontraron Melo a Capua, e che
_les coses necessaires de mengier el de boire lor furent données, de li
seignor et bone gent de Ytalie_. Il velo è molto trasparente. Guglielmo
di Puglia, sia per render omaggio alle Muse, sia perchè la corte di
Guiscardo dopo la iniqua occupazione di Salerno non amava a sentirsi
ripetere che i principi di Salerno avessero chiamato i primi Normanni,
esordisce dall’incontro fortuito dei pellegrini al santuario di Monte
Gargano con uno straniero vestito di strane fogge, il quale scopre sè
esser Melo, e agevolmente li persuade a far venire lor compatriotti
ai suoi stipendii. Questo par di tutto punto un episodio poetico,
contrario alla tradizione di Amato.
[62] Leon d’Ostia, lib. II, cap. 37.
[63] Si riscontrino: Amato, lib. I, cap. XXI, segg.; Guglielmo
di Puglia, lib. I; Lupo Protospatario, anni 1017 a 1019; _Annales
Beneventani_, 1017, presso Pertz, _Scriptores_, tomo III, p. 178; Leone
d’Ostia, lib,. II, cap. 37, 38. I cronisti non si accordano sul numero
delle battaglie vinte dai Normanni, e Amato solo narra la seconda
sconfitta. Il traduttore di Amato, non comprendendo bene il testo, nel
cap. XXII, suppone che tremila Normanni fossero venuti di Salerno dopo
la battaglia di Canne; ma parmi inverosimile, e da correggersi come ho
fatto.
[64] Si riscontrino: Amato, lib. I, cap. XXIV, segg., e lib. II, cap.
I a VII; Guglielmo di Puglia, lib. I; Lupo Protospatario, anno 1021,
segg. Il Malaterra, tacendo le imprese dei Normanni prima della venuta
di Guglielmo di Hauteville, spiega pur molto precisamente nel lib. I,
cap. VI, l’indole delle compagnie normanne innanzi il 1040.
[65] Dopo la battaglia di Canne (1019) scrive Amato: _Et de li Normant
non remainstrent se non cinc cent et vj grant home de li Normant
remainstrent, de liquel ij remainstrent avec Athenulfe_ ec., lib.
I, cap. XXII. L’Imperatore Arrigo I, nel 1022, avea lasciato in un
castello dei nipoti di Melo ventiquattro cavalieri normanni capitanati
da un Trostaino. Amato, lib. I, cap. XXIX e XXXII. Nel 1040 i 300
Normanni venuti d’Aversa in aiuto d’Ardoino, ubbidivano come innanzi
diremo a dodici condottieri uguali tra loro. Dunque nel primo caso una
compagnia somma ad 80 cavalli, e nei due secondi a 25.
[66] Libro IV, cap. X, p. 380 e 389, segg., del secondo volume.
[67] Si ricordino le fazioni di Rayca accennate da noi nel Libro IV,
cap. VII, p. 345 del secondo volume.
[68] Si veggano gli _Annali di Bari_, e Lupo Protospatario, anni 1039,
1040 e 1041, in Pertz, _Scriptores_, tomo V, p. 56, 57.
[69] _Et vous i habitez comme la sorice qui est en lo pertus.... que
sachiez que je vous menerai à homes feminines, c’est à homes comme
fames, liquel demorent en moult riche et espaciouse terre._ Amato, lib.
II, cap. XVII, p. 43.
_Cum terra sit utilitatis,_
_Fœmineis Græcis cur permittatur haberi?_
Guglielmo di Puglia, lib. I.
[70] Amato: _Et estut li conte_ (il conte) _xij pare à liquel_ ec.
Cap. XVIII, p. 43. Guglielmo di Puglia... _comitatus nomen honoris Quo
donantur erat_.
[71] Amato, lib. II, cap. XIX, p. 44.
[72] _Et quant il oïrent ensi parler Arduyne, se consentirent à lui
et font sacrement de fidelité de chascune part de paiz_ se la terre
non avoit autre seignor que ou à cui face tribut se clame tributaire.
_Et en ceste regne se clame terre de demainne et se a autre seignorie
se clame colonie come sont en ceste regne la terre qui a autre
seignorie. Et sanz lo roy estoit seignor Arduyne et en celle part se
clament colone._ Amato, lib. II, cap. XIX, p. 44, 45. Il passo che ho
notato in caratteri tondi è guasto al certo, e ciò che segue è nota
interpolata dal traduttore, spiegando a suo modo il diritto pubblico
napoletano del XIII secolo; poichè Amato non potea scrivere nell’XI le
voci regno e re. Leone d’Ostia tralascia questo importantissimo fatto,
e però non possiamo ristabilire il testo d’Amato. Ma il significato
necessariamente è che i Melfitani non ubbidissero a feudatario e non
prestassero servigi feudali, nè pagassero tributo se non che allo
stato: il che dopo il conquisto normanno si chiamò in Sicilia e in
Puglia: stare in demanio.
[73] Gli avvenimenti che ristringo in questo paragrafo, dal ritorno
di Ardoino in terraferma sino all’occupazione di Melfi, son tratti
da Amato, lib. II, cap. XIV, segg.; Guglielmo di Puglia, lib. I,
_Aversam subito venit Hardoinus_; Malaterra, lib. I, cap. VIII; Leone
d’Ostia, lib. II, cap. LXVI; Cedreno, tomo II, p. 545 della edizione
di Bonn; Annali (ossia anonimo) di Bari e Lupo Protospatario, anni
1040, 1041. Oltre le discrepanze di minor momento, se ne scorge una che
occorre di notare. Amato, seguendolo Leone d’Ostia, dice che Ardoino
dopo l’ingiuria di Maniace rimase al servigio bizantino, suscitò
occultamente i Pugliesi, e andò ad Aversa pretestando un viaggio di
devozione a Roma. Guglielmo di Puglia lo fa insultare e rivoltare a
Reggio, e correr di lì dritto ad Aversa. Malaterra, con poco divario,
reca l’ingiuria in Sicilia, l’aperta ribellione appena ripassato il
Faro, e non parla punto degli aiuti d’Aversa. Nelle due tradizioni
dunque, la prima d’Amato e Leone, la seconda di Guglielmo e Malaterra,
si dà essenzialmente diverso il modo e tempo dell’ammutinamento di
Ardoino con la banda normanna. Or covaron essi l’onta parecchi giorni,
o parecchi mesi? Chiarironsi disertori nel novembre 1040 in Calabria,
ovvero nei principii del 1041 a Melfi? Guglielmo di Puglia fin dà il
numero di cinquanta soldati uccisi dai Normanni alla schiera bizantina
mandata a inseguirli, quando lasciarono il campo a Reggio. Amato,
all’incontro, particolareggia la dissimulazione di Ardoino: com’ei
corruppe Doceano con molt’oro; come fu preposto al governo di parecchie
terre in Puglia; come incominciò ad accarezzare e convitare i maggiori
cittadini, a compiangere gli aggravii della dominazione greca, a
promettere che farebbe opera a liberarli; come infine tolse commiato,
sotto specie d’andare alle perdonanze a Roma, e andò ad Aversa.
Or dovendosi necessariamente tacciare di bugia l’una o l’altra
tradizione, ammettendo anche la sincerità di chi la scrivea, le
condizioni dei due cronisti e l’indole di loro opere accusano
Guglielmo, anzi che Amato. Del Malaterra non parlo, il quale in questo
periodo ripeteva un romanzo di casa Hauteville, tacea gli aiuti di
Aversa, facea capitano dei Normanni Guglielmo Braccio di Ferro, che
lo fu tre anni dopo. Quella fuga inoltre con le armi alla mano dal
centro della Sicilia secondo Malaterra, e da Reggio secondo Guglielmo
di Puglia, infino a Melfi, è molto men credibile che la prolungata
simulazione dei Normanni e che il favor di Doceano ad Ardoino, non
disertore ma guerriero ingiuriato ingiustamente da Maniace. Infine il
fatto riferito da Lupo e dagli _Annali Baresi_, che Doceano tornava di
Sicilia di novembre 1040 per domare i sollevati di Puglia, dà luogo al
supposto che i Normanni passassero con le forze di Doceano e fossero
da lui posti a presidio in qualche terra non lontana da Melfi. Qual
maraviglia che a capo di cinquanta o sessant’anni questo cambiamento di
guarnigione, com’or diremmo, si raffazzonò nelle brigate dei principi e
nobili normanni alla foggia che ci rappresentano Guglielmo di Puglia, e
Malaterra, esagerando il valore ed attenuando la perfidia della passata
generazione?
Pertanto mi appiglio alla tradizione d’Amato e cancello quel che
scrissi in contrario nel Libro IV, cap. X, p. 389 del secondo volume,
seguendo Guglielmo e Malaterra e tutti gli istorici moderni che loro
credettero, i quali non aveano sotto gli occhi Amato. Che se altri
mi tacci di leggerezza per questo, mi spiacerà meno del ricusar
testimonianza al vero una volta ch’io ne sia convinto.
[74] Gli _Annali di Bari_ col privilegio del «si dice» fanno
montare i Greci a 18,000 e portano poco più di 2000 i Normanni; Lupo
Protospatario li dice 3000. Senza esitare accetto cotesti numeri
anzichè quelli dei due cronisti normanni, cioè Guglielmo di Puglia
che dà 700 cavalli e 500 fanti, e Malaterra che dice tondo 500 militi
da una parte e 60,000 Greci dall’altra. Al par che nelle guerre di
Sicilia, convien dividere per sei la cifra dell’esercito nemico, e
moltiplicare per sei quella del Normanno, quando si legga il Malaterra.
Quanto alla data, la più parte degli storici, annalisti, compilatori
ed eruditi editori, non esclusi il Muratori e il De Meo, han messo
l’occupazione di Melfi e la prima battaglia nel 1040. Il riscontro con
fatti vicini e di data certa nella storia bizantina, ci mostra che
si debba seguire piuttosto gli _Annali di Bari_ e il Protospatario,
i quali scrivono 1041. Leone d’Ostia ne fa anche espresso attestato,
dicendo occupata Melfi anno _Dominicæ Nativitatis MLXI, quo videlicet
anno dies paschalis Sabbati ipso die festivitatis Sancti Benedicti_ (21
marzo) _venit_: e in vero la Pasqua cadde il 22 marzo nel 1041, non già
nel 1040. Il _Chronicon Breve Northmannicum_, presso Muratori, _Rerum
Italicarum Scriptores_, tomo V, p. 871, porta anche nel 1041 la prima
occupazione della Puglia pei Normanni _capitanati da Ardoino_, e in
marzo e maggio 1042 (dalla Incarnazione, ossia 1041 del conto comune)
le due prime vittorie sopra i Greci.
[75] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXI, segg.; Guglielmo di
Puglia, lib. I, _Audito reditu Michælis_, sino alla fine del Libro;
Malaterra, cap. IX, X; Lupo Protospatario, ed _Annali di Bari_,
anni 1041, 1042; Leone d’Ostia, lib. II, cap. LXVI. L’ordine degli
avvenimenti è uguale in tutti; le date si trovan solo in Lupo e
negli _Annali di Bari_. Contandosi da Lupo gli anni dell’èra volgare,
talvolta al modo salernitano dal 25 dicembre (Vedi Pertz, _Scriptores_,
tomo V, p. 51), ma più sovente col periodo costantinopolitano, cioè
dal 1º settembre dell’anno precedente, il settembre 1042 risponde al
nostro settembre 1041, e così fino a decembre. Che in questa epoca
Lupo segua tal cronologia lo provano le esaltazioni degli imperatori
di Costantinopoli, le quali noi possiamo riscontrare con le date di
Cedreno e degli altri Bizantini.
[76]
_Pro numero comitum bit sex statuere plateas,_
_Atque domus comitum totidem fabricantur in urbe._
Guglielmo di Puglia, Lib. I.
[77] Cedreno dice espressamente: Italiani delle province tra il Po e
le Alpi; Amato: _Et li Normant d’autre part non cessoient de querre li
confin de principal pour home fort et soffisant de combatre_ ec. Lib.
II, cap. XXIII, p. 50.
[78] Amato, ricordata l’occupazione di Melfi nel lib. II, cap. XIX,
narra nel cap. XXX il partaggio dei conquisti al conte d’Aversa
e dodici altri capi normanni dei quali dà i nomi ed i territorii
assegnati a ciascuno, aggiugnendo: _et_ (à) _Arduyne secont lo
sacrement donnerent sa part c’est la moitié de toutes choses si come
fa la covenance_; il qual fatto torna al 1043. Leone d’Ostia copia
Amato nel lib. II, cap. 67, con le parole: _Arduino autem juxta quod
sibi juraverant parte sua contradita_. I nomi dei dodici oltre il conte
d’Aversa son tutti normanni. I territorii assegnati son quasi tutte
città vescovili in un triangolo curvilineo dal Gargano a Frigento e di
lì a Monopoli, nel quale spazio rimane in vero un’altra metà di luoghi
importanti da potersi supporre assegnati ad Ardoino se si conoscesse
che i Normanni li aveano occupati in quel tempo.
Ma l’illustre capo non è nominato da nessun altro cronista dopo il
patto di Melfi; non da Amato nè da Leone dopo quel partaggio, nè alcuno
dice che gli altri territorii di Puglia, caduti poi tutti in potere dei
Normanni, fossero stati tolti sia ad Ardoino sia a feudatarii italiani
della sua compagnia. Il modo più plausibile di spiegar cotesto silenzio
mi par di supporre la immatura morte di Ardoino e la incorporazione de’
suoi nelle compagnie normanne. Guglielmo Braccio di Ferro che veniva
di Sicilia con Ardoino, è il primo dei dodici nominati nel partaggio, e
nello stesso anno fu creato conte di Puglia, come or si vedrà.
[79] Guglielmo di Puglia, Lib. I, appone questa scelta d’uno straniero
a corruzione e invidia dei Normanni: _Sed quia terrigenis, terreni
semper honores, Invidiam pariunt_ ec.; ma Amato, italiano ancorchè
monaco, dice: _Et à ce qu’il donassent ferme cuer à li colone de la
terre lo prince de Bonivent_ ec.
[80] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII; Guglielmo di Puglia,
lib. I, _Nam reliqui Galli_ ec.; Lupo Protospatario anno 1042. Secondo
Guglielmo, vi fu un principio di divisione tra i Normanni dopo la
deposizione di Atenolfo, volendo alcuni ubbidire a Guaimario principe
di Salerno, ed altri ad Argiro. Ei narra la esaltazione di Argiro
in Bari, richiesto dal popolo, ricusante questa dignità innanzi i
primarii cittadini che avea convocati nella chiesa di Sant’Apollinare,
sforzato dal comun voto ed eletto principe. Sembra che il poeta voglia
descrivere in qual modo fosse stato fatto duca di Puglia il cittadino
al quale i Normanni aggiunsero l’autorità di capo o protettore di lor
banda. Ad una elezione simultanea e comune dei Baresi e dei Normanni,
ci sarebbero gravi difficoltà.
Lupo scrive: _et mense februarii factus est Argyrus Barensis princeps
et dux Italiæ_; ma non dice da chi. Il certo è che Bari in questo tempo
era ribelle, nè tornò all’ubbidienza dei Greci se non che il 1043.
[81] Amato, lib. II, cap. XXVII. Secondo il Protospatario questo
assedio cominciò in agosto 1042, e durò un mese.
[82] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII, XXVIII; Guglielmo
di Puglia in fine del primo e in principio del secondo libro; Leone
d’Ostia, lib. II, cap. 66; Lupo Protospatario, anni 1042, 1043 e 1046,
nell’ultimo dei quali si nota che Argiro andò a Costantinopoli e quella
corte richiamò a Bari tutti gli esuli. Non potendo dunque strappare
la Puglia ai Normanni con la forza, gli imperatori d’Oriente cedeano
ai voti dei popoli, salvo ad aggravar di nuovo la mano quando lo
potessero.
[83] Si riscontrino: Amato, lib. II, cap. XXVII, segg.; Guglielmo di
Puglia, lib. II dal principio; Lupo Protospatario, anni 1042 a 1053;
Leone d’Ostia, lib. II, cap. 66.
[84] Guglielmo di Puglia, lib. I: _Multa per hoc tempus sibi
promittente Salerni_, e segg.
[85] Amato, lib. II, cap. XXVIII a XXX; Leone d’Ostia, lib. II,
cap. 66. Le tredici città assegnate, in Capitanata, Terra di Bari e
Principato ulteriore, son oggi tutte vescovili, e metà l’era anche
avanti l’XI secolo. Si ricordi ciò che avvertii su questo partaggio
nella nota 2, p. 34.
[86] Così dovea seguire necessariamente, ancorchè poche vestigia
rimangano di quel primo abbozzo della feudalità normanna. Di certo si
vede che nei principii alcune terre furono soggiogate per forza o per
accordi; altre, quasi confederate, ritennero governo municipale pagando
soltanto un tributo o contribuzione federale, che forse rimase in
comune per supplire al mantenimento dell’esercito. In fatti Guglielmo
di Puglia, supponendo bene o male un partaggio avanti la occupazione di
Melfi, scrive, lib. I:
...... _undique terras_
_Divisere sibi ni sors inimica repugnet._
_Singula proponunt loca quæ contingere sorte_
_Cuique duci debent et quæque tributa locorum._
Amato accenna in questo modo, lib. II, cap. XXVII, gli acquisti dei
Normanni sotto la condotta di Argiro, cioè nel 1042: _et toutes les
cités d’eluec entor constreigneient qui estoient al lo commandement
et à la rayson et statute que estoient; ensi alcun voluntairement se
soumettoient et alcun de force et alcun paioient tribut de denaviers
chascun an_.
[87] Così le concessioni del conte Unfredo a’ fratelli germani Roberto,
Maugerio e Guglielmo, e infine di Roberto a Ruggiero.
[88] Si vegga qui sopra, p. 18.
[89] Il luogo è determinato da Gauttier d’Arc, _Histoire des conquêtes
des Normands en Italie_ ec., Paris 1830, lib. I, cap. IV, p. 64, segg.
[90] Su le condizioni di Tancredi di Hauteville si riscontrino:
Malaterra, lib. I, cap. IV e XL: _Cronica di Roberto Guiscardo_,
traduzione francese, lib. I, cap. I, p. 263; e testo latino presso
Caruso, p. 829; _Cronica di San Massenzio_, detta _Chronicon
Malleacense_, nel _Recueil des Historiens des Gaules_ etc., tomo XI, p.
644; Guglielmo di Malmesbury, lib. III, nella stessa raccolta, tomo IX,
p. 187; Odorico Vitale, lib. V, presso Duchesne, _Historiæ Normannorum
Scriptores_, p. 584.
La cronica di San Massenzio dice la famiglia poco nota e povera;
Guglielmo di Malmesbury, _Mediocri parentela ortus_ ec. Il Malaterra
e la cronica di Roberto Guiscardo rincalzano la nobiltà di Tancredi:
_præclari admodum generis — genere nobilis_.
La parentela coi duchi di Normandia, affermata per lo primo da sbadati
compilatori del XIII e XIV secolo, non è ammessa ormai da alcun
critico. Si vegga un’apposita dissertazione di E. F. Mooyer stampata
a Minden nel 1830 in-4, secondo la quale il supposto si riduce a due
fila debolissime, 1º che il padre di Tancredi fosse stato un dei figli
di Riccardo I, dei quali non si conoscono i nomi; 2º ovvero che Muriel
figliuola bastarda di esso Riccardo fosse la Moriella prima moglie
di Tancredi. Questa opinione par che corresse a corte di Palermo nel
1140, perchè la cronica di Roberto Guiscardo scrive _uxor nobilissima
Muriella nomine_.
Inaspettatamente ci verrebbe un lume dagli autori arabi, se potessimo
fidarci a loro scrittura ed erudizione. Ibn-Kaldûn in due luoghi della
storia (_Biblioteca Arabo-Sicula_, testo, p. 484 e 497) dà il nome
del primo conte di Sicilia, Rogiar-ibn-Tankred-ibn-Khaira, o secondo
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