Storia dei musulmani di Sicilia, vol. III, parte I - 14

Palermo, Castrogiovanni, Girgenti, Siracusa e Catania. D’altronde la
rivendicazione si può con fondamento supporre estesa a tutta l’isola,
perocchè la non toccava al certo le proprietà, ne’ luoghi dove per
accordo o necessità rispettolle il vincitore.
De’ possedimenti demaniali fruiva il Conte, come ciascun feudatario
de’ suoi proprii, riscotendo da’ villani ed altri coloni il tributo in
danari e grani, e il servigio d’opere manuali; e da’ borghesi delle
terre e città le gabelle, tasse o guadagni di vendita privativa: dei
quali pesi abbiam toccato nel trattar le condizioni del popolo e ci
siamo riferiti al Gregorio.[792] E conviene rimanerci alle generalità;
perchè le prove che dà il Gregorio non bastano in tutti i particolari.
Egli argomentò il sistema de’ primi tempi normanni dalle liste di
que’ che alla metà del XIII secolo si chiamavano diritti antichi, per
opposizione ai nuovi ordinati da Federigo imperatore; ma non possiamo
non supporre che grandissime innovazioni fossero seguite nella prima
metà del XII secolo. Si affidò inoltre il Gregorio alla descrizione
dei detti pesi per Andrea da Isernia, senza considerare che questo
dotto giureconsulto del XIII secolo avesse lavorato su le memorie del
Napoletano al par che della Sicilia. In fine ei fece assegnamento su
certi documenti del XIII secolo, ne’ quali si noveravano le entrate
pubbliche soggette a decima ecclesiastica; ma non s’accorse che il
clero per lo meno esagerava i proprii diritti.[793] Occorrono quindi
novelli studii su i documenti, stampati o no, per appurare ciascun capo
di entrata pubblica ne’ tempi di cui si ragiona. Ma tutto insieme si
vede il fatto che dovea nascere, l’innesto della ragione feudale su la
fiscalità musulmana: da una parte, nuovi diritti dominicali e angherie
feudali; dall’altra alcune maniere di testatico, e da entrambe,
gabelle di consumo e di produzione. Sappiamo, per testimonianze di
contemporanei, recata in Sicilia da’ Normanni la privativa de’ bagni,
de’ molini, de’ forni e delle canove.[794] I diritti di erbatico,
legnatico e simili, nacquero dalla nuova forma della proprietà; i
proventi giudiziali, dal potere politico attribuito a proprietarii
privati. Continuò la capitazione su i Giudei, trovato musulmano.
Scendeano da tempo più antico, modificate da’ Musulmani ed accresciute
al certo da’ Normanni, le gabelle alla entrata o uscita delle merci, le
tasse su i movimenti delle navi mercantesche, i diritti su le industrie
e i mestieri. Dalle denominazioni si può talvolta conghietturare
l’origine; per esempio, la _cabella bucherie_ sembra normanna tanto
certamente, quanto il diritto di rahaba e quello di _cangemia_
musulmani.[795] Non è poi da dimenticare che coteste gravezze variavano
forse da terra a terra in quantità e in qualità e che, se in teoria le
appartenean tutte al principe, sì come i terreni non allodiali, pure
ei non ne fruiva se non che ne’ paesi del demanio, ma nelle città e
terre concedute le andavano a beneficio dei feudatarii. Il supposto
del Gregorio che, per lo meno, quelli che or diciam diritti doganali si
riscuotessero dal principe per ogni luogo[796] non mi pare avvalorato
da alcun fatto, nè consentaneo al diritto pubblico de’ tempi.
Tributo generale bensì, la colletta, si poneva anco su i feudatarii
ne’ noti quattro casi feudali; della quale ancorchè non abbiam ricordi
al tempo del primo conte, la si dee supporre, quando e’ si ritrae
che Roberto Guiscardo levolla in Terraferma e in Palermo[797] e poi
i re normanni in tutta la Sicilia.[798] Generale anco il diritto di
marineria, col quale si manteneva il navilio; se non che, com’e pare,
i municipii vi contribuivano, più che i feudatarii, e ciò in compenso
del servigio militare.[799] Ed ancorchè non risulti da alcun documento
di quella età, credo fermamente sia da aggiugnere alle sopradette e
da tener principalissima entrata del conte Ruggiero, come la fu de’
successori, la tratta de’ grani. Sappiam noi dagli annali musulmani le
spaventevoli carestie che patì l’Affrica propria in quella età,[800]
sendo permanente la causa principale: gli Arabi ladroni d’Egitto i
quali desolarono tutta la campagna e corserla in guisa da impedirvi per
tanti secoli ogni maniera di coltivazione.[801] Sappiamo dal raccontato
aneddoto del conte Ruggiero quanto assegnamento facesse il governo
di Sicilia in sul traffico de’ grani con l’Affrica; il qual fatto non
rimarrebbe men vero, se il racconto si riferisse alla prima metà del
XII secolo, anzichè alla seconda dell’XI.[802] E veramente la reciproca
pazienza degli Ziriti e della casa di Hauteville a mantenere la pace
negli ultimi diciotto anni della sanguinosa lotta che il cristianesimo
combatteva contro l’islamismo in Sicilia,[803] non si potrebbe credere,
quand’anco si supponesse in ambo le parti inalterabile saviezza e
freddo giudizio degli interessi politici; ma la parrà naturale e
necessaria, supponendo che il conte Ruggiero mandasse a vendere i grani
dell’azienda in Mehdia, in Tunis e nelle altre città della costiera,
sì come fece il figliuolo Ruggiero quindici o venti anni dopo la morte
di lui: e questo commercio di grani aprì la via alle imprese del re
sopra l’Affrica, e rese per due secoli i principi di Tunis tributarii a
que’ di Sicilia, come si dirà nel libro seguente. Con ciò la tratta de’
grani comparisce fin dalla prima metà del XIII secolo ricchissimo capo
d’entrata del tesoro siciliano e se ne scorge vestigia al principio del
XII.[804] Tutte le ragioni conducono al supposto che il conte Ruggiero
l’abbia istituita o forse continuata in ciascuna città marittima della
Sicilia, come prima egli se ne insignorisse: ed è verosimile ch’ei
v’abbia fatto doppio guadagno; cioè levare grossa contribuzione in
denaro o in genere all’uscita de’ grani altrui, e intanto, aumentato
così il prezzo della merce, mandar a vendere in altri paesi i grani
ch’ei possedea, raccolti da’ canoni in derrata ne’ suoi proprii demanii
o ritratti dalla medesima tassa d’uscita. Ammessa questa sorgente, non
farà maraviglia l’inesauribile ricchezza del conquistatore.
Dopo i tributi verrebbero i servigi, ch’erano sì gran parte de’
pubblici pesi negli stati feudali; e possono dividersi in servigi di
pace e di guerra. Dei primi, cioè le giornate di lavoro ne’ campi,
i trasporti, l’opera manuale nelle edificazioni e simili fatiche,
abbiam già toccato; nè occorre altro aggiugnere, sendo simili coteste
obbligazioni nelle terre demaniali e nelle feudali.[805] Il servigio
militare di terra era prestato da’ baroni in Sicilia al par che in
ogni altro stato feudale, come si legge nel Gregorio.[806] Notiamo
tuttavia che i feudi ecclesiastici non andarono esenti per generalità
dal servigio militare, sì com’ei dice; ma alcuni ne furono eccettuati
e similmente alcune città. Inoltre i fatti narrati da noi provano come
il Conte chiamasse talvolta alla guerra i Musulmani di Sicilia;[807]
il quale esempio fu seguìto dai re suoi discendenti e dalla dinastia
sveva. Verosimile egli è che i Musulmani facesser oste capitanati
dai loro kâid,[808] nutriti a spese del principe durante l’impresa
e gratificati col bottino. È da ricordare infine che il Conte ebbe
schiere di stanziali stipendiati, e che i suoi successori ne tenner
anco di Cristiani e di Musulmani.
Del navilio siciliano allo scorcio dell’undecimo secolo non avanza
alcuna memoria. Si potrebbe anzi supporre, se non distrutto,
decaduto di molto; ritraendosi che verso il millesessantotto la gente
dell’armata, per cagion delle guerre civili, riparò in Affrica,[809]
e che le forze navali operaron poco nella difesa di Palermo il
1071, ancorchè quello fosse stato sempre il gran porto militare de’
Musulmani di Sicilia.[810] Ciò nondimeno, s’egli è vero che a metter
su un navilio di guerra si richiegga tempo e spesa e grandissima cura,
convien che il conte Ruggiero abbia adoperato a ristorare il navilio
siciliano i buoni elementi del pugliese e del calabrese già messi
alla prova negli assedii di Bari e di Palermo e usati da Roberto nella
guerra di Grecia; e ch’ei gli abbia felicemente innestati con que’ del
navilio musulmano. Perchè i Normanni di Sicilia rivaleggiaron in sul
mare con le repubbliche marittime nella prima metà del XII secolo;
e, fin dal 1113, l’Adelaide, vedova del Conte, andando in Ascalona
per rimaritarsi a Baldovino re di Gerusalemme, era scortata da nove
legni da guerra siciliani, due de’ quali portavano cinquecento uomini
ciascuno; e gli altri rifulgean d’oro, argento, porpora, e i guerrieri
di preziose vestimenta e ricche armadure, senza contare i tesori
profusi nella galea dell’Adelaide, nè una schiera di arcieri saraceni
splendidamente vestiti, ch’ella recava in dono allo sposo.[811] La
mole de’ legni e il lusso, provano che la Sicilia avea già di nuovo
un’armata possente.
Della quale noi possiamo figurarci la costituzione, rannodando le
notizie che n’abbiamo ne’ tempi appresso, con quelle che si ritraggono
ne’ tempi innanzi, del navilio bizantino e de’ musulmani.[812] Or
del primo sappiam noi ch’era di due maniere, il regio cioè e il
provinciale, ch’è a dire fornito e armato a carico delle città di certe
province. Così leggiamo nella Tattica dell’imperatore Leone.[813] Il
tumulto di Rossano al quale noi accennammo, dimostra qual fastidio
recasse ai popoli così fatto armamento:[814] e n’abbiamo anco
riscontro da Ibn-Haukal, il noto viaggiatore del X secolo, il quale,
descrivendo i paesi marittimi dell’Asia minore e le varie maniere di
legni da guerra che vi armava l’impero bizantino, dice che la spesa
era levata su i villaggi vicini al mare «a tanto per fumajolo, ossia
tanto per casa.»[815] Ma come i Musulmani, venuti in sul Mediterraneo,
necessariamente messer su forze navali, e necessariamente usarono
gli ordini e gli uomini che le avevano mantenute appo i popoli
vinti,[816] così veggiamo nelle armate loro i legni mandati dalle
varie città. Un antico scrittore citato da Makrizi, ci narra che in
Egitto, al tempo dei califi fatemiti, la più parte del navilio era
fornita da’ governatori delle province e pagati gli stipendi dal “diwân
dell’armamento navale” insieme con quelli de legni regii; e che inoltre
ciascuna provincia avea la sua armatetta.[817] Sappiamo da Ibn-Khaldûn
che il navilio de’ califi omeiadi di Spagna, il quale arrivò talvolta
a dugento legni, era raccolto da tutti i porti del reame, ciascun de’
quali forniva i suoi.[818] Ora in Sicilia ricomparisce una sembianza
di cotesto ordinamento, insieme con l’armata che soggiogò la costiera
d’Affrica e infestò le isole della Grecia (1123-54): la _marineria_
dovuta dalle popolazioni lombarde;[819] i dugencinquanta marinai
che dovea fornire il Municipio di Caltagirone; i dugento novantasei
richiesti a quel di Nicosia, che giace tra i monti come quell’altra
città; i venti marinai dovuti dal vescovo di Patti.[820] Le galee
delle varie città si veggono combattere contro il navilio angioino
allo scorcio del decimoterzo secolo.[821] Quanta parte poi prendessero
durante il duodecimo i Musulmani nelle armate di Sicilia, si vedrà nel
libro seguente.
E quivi sarà discorso di que’ fatti d’incivilimento che riferir si
potrebbero al tempo del primo conte, ancorch’e’ compariscano nei
regni de’ suoi successori. Breve e sanguinoso, il periodo che abbiamo
studiato in questo libro non lasciò campo alle arti della pace; non
permesse di ricordar quelle che, per necessità dell’umana natura e
della convivenza sociale, si esercitavano pure in mezzo alle stragi e
alla distruzione. Pertanto abbiamo raccolti nel libro precedente[822]
que’ bricioli di storia letteraria de’ Musulmani che riferir si
poteano al tempo della guerra. Della storia letteraria de’ Cristiani
di Sicilia altre reliquie non abbiamo che i codici, le immagini e le
minuterìe del Prete Scholaro.[823] Le chiese e i monasteri che Roberto
e Ruggiero edificarono, in luogo de’ sontuosi palagi distrutti, sono
state consumate dal tempo, come i loro diplomi in carta bombicina che
fu mestieri di rinnovare entro mezzo secolo; o, se qualche pietra
n’avanza, la non si riconosce tra le costruzioni eleganti di re
Ruggiero e de’ Guglielmi. Ma abbiam citati a lor luogo i ricordi che ne
fanno i cronisti o i documenti.
Ci è occorso altresì di rammentare le opere di fortificazione, che
a’ vincitori premeano al men quanto gli edifizii ecclesiastici: la
cittadella e il castel di Roberto in Palermo,[824] i baluardi di
Ruggiero in Messina,[825] e quelli che si affrettò a costruire San
Gerlando con le pietre de’ tempii agrigentini.[826] Edrisi fa un cenno
della ristorazione di Marsala, mostrando non ignorare che la fosse
surta su le rovine di Lilibeo e attestandoci una seconda distruzione
seguìta nella guerra de’ Normanni o poco innanzi. «_Marsa Alì_, egli
scrive, antica, anzi primitiva città, delle più notabili della Sicilia,
era abbandonata, che ne rimaneano appena le vestigie, quando il conte
Ruggiero primo la ripopolò e cinsela di mura. Indi la s’è riempita di
case, mercati e magazzini.»[827]
Oltre le fortificazioni, sono da attribuire a’ primi tempi normanni
alcune strade militari. Tale al certo fu quella ch’è chiamata «lo
Stradale[828] francese di Castronovo» in un diploma di Ruggiero, dato
del 1096, secondo il quale i confini assegnati dal Conte alla diocesi
di Messina risalgono lungo il Fiume Torto insino alla sorgente, e
indi ripiegano sul detto stradale e di là al Monte di San Pietro
e continuano verso Levante.[829] Par sia questa la medesima strada
che da Palermo, com’attesta un diploma del 1132, menava a Vicari,
Castronovo e Petralia;[830] continuava alla volta di Traina, dove
la versione d’un diploma greco del 1094 ricorda una “via regia;” e
forse, valicati i monti a Sant’Elia d’Ambola,[831] ripigliava essa
il corso lungo la costiera settentrionale, poichè il medesimo nome
di “via regia” ricomparisce il 1143 presso Patti,[832] e molto prima
presso Milazzo.[833] Il predicato di basilica, chè così dicea senza
dubbio il testo, dato a cotesta strada nel diploma del 1094, la fa
supporre bizantina: e sarebbe per avventura quella che tennero i
Normanni addentrandosi nel cuor dell’isola e ch’essi prolungarono
o racconciarono dopo Petralia o Castronovo, per farsene linea
d’operazione sopra Palermo. Si potrebbe riferire anco ai tempi del
primo conte l’altra via detta precisamente militare, in un diploma
della Chiesa di Monreale del 1182, la quale par sia corsa ne’ dintorni
della Ficuzza, tra Palermo e Corleone;[834] ma non si ritrae se
mettesse capo nella via di Castronovo, che ne sarebbe stata discosta in
linea retta una ventina di miglia a scirocco. Può solo argomentarsi che
la qualità, o almeno l’origine di questa via militare, differisse da
quella delle grandi vie del commercio interno, che menavano da Palermo
a Mazara, da Palermo a Sciacca, ed altre nominate vie pubbliche o
stradali nel medesimo diploma della Chiesa di Monreale,[835] le quali
erano forse aperte molto tempo innanzi la guerra normanna.
Diciamo in ultimo della sola manifattura che ci possiamo aspettare
dal novello principato, dopo le chiese e le opere militari. Si
rinvengono in tutti i musei d’Europa tante monete battute dai re
normanni di Sicilia ed anco dagli svevi, con leggende arabiche e
formole musulmane, che si è supposto con fondamento essere incominciato
così fatto conio ne’ primi anni della dominazione. Il Tychsen, che
dissodò la numismatica orientale e inciampò sovente in quel novello
terreno, pubblicò, sul disegno mandatogli di Sicilia, una moneta d’oro
attribuita da lui a Roberto Guiscardo, da altri all’abate Vella; nella
quale, se i caratteri non son mutati del tutto dopo tre o quattro
copie del disegno, leggesi in sul diritto il nome di re Tancredi, e
però torna alla coda anzichè alla testa della serie normanna.[836]
L’Adler poi die’ fuori alcuni quartigli, o diciamo _roba’i_, o tarì
d’oro, nei quali è chiarissimo il nome di Ruggiero e in alcuni il
titolo di re; ma in altri parve all’Adler di veder la voce _emîr_,
talchè potea cadere dubbio se al padre appartenessero ovvero al
figliuolo, com’egli suppone dal tipo.[837] Seguillo il Castiglioni,
aggiugnendo alla lezione di _emir_ quella di _Sicilia_[838] e tiraronsi
dietro, riluttante, il Marsden.[839] Altra via batteva il principe di
San Giorgio Spinelli quando, avute alle mani in Napoli ricchissime
collezioni, compilò un’opera di gran mole, corredata di tavole e in
molte parti degna di lode. Quel gentiluomo napoletano, molto erudito ma
conoscitor mediocrissimo dell’arabico, riferì al gran Conte diciassette
tarì d’oro che pesano un grammo o poco meno ed hanno da una faccia il
simbolo musulmano, dall’altra il nome di Ruggiero, preceduto, come
crede l’autore, dal titolo or di conte or di duca, e su i margini
qualche residuo di leggenda, dove lo Spinelli rintracciava date di
tempo e di luogo.[840] Coteste monete ha accettate il Mortillaro,
con alcune correzioni che non risguardano il nome del principe.[841]
Mi rincresce che il lavoro tutto dello Spinelli non dia guarentigia
di quella erudizione e di quella sicurezza d’occhio in fatto di
numismatica musulmana, che ci potrebbero indurre a prestar fede alla
lezione di codeste diciassette monete; duolmi altresì non poter fare
assegnamento su le figure incise, le quali, sia difetto delle monete
fruste o sia del disegno, bastano talvolta a conoscere erronea la
lezione dello Spinelli, ma non aiutano punto a rifarla. Si aggiunga
che, a giudicar dalle tavole, il titolo di _duca_ letto dallo Spinelli
in una moneta[842] somiglia perfettamente al vocabolo che in altra egli
trascrive _conte_; e che, ammettendo il primo, si tornerebbe a Ruggiero
duca di Puglia che fu signore pria di tutta la città di Palermo e poi
della metà. Or a noi non piace andar così a tentoni. Aspetteremo che
le collezioni le quali servirono allo Spinelli, cioè la sua propria e
quelle di Fusco, Tafuri, Santangelo e Capialbi siano riviste da occhi
più esperti; sì che le monete del XII secolo si scemano da quelle che
per avventura avesse battute il primo conte. E in questo mezzo rimarrà
in sospeso la piccola lite, se i roba’i siciliani fossero stati coniati
senza interruzione da’ tempi dei califi fatemiti[843] a quelli di
re Ruggiero e dei successori; e intanto rimarranno al primo conte di
Sicilia le sole monete di rame con effigie e lettere latine, che a lui
sogliono attribuirsi.[844]


SOMMARIO DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TERZO VOLUME.

LIBRO QUINTO.
Capitolo I.
an.
970-1011. Cagioni esteriori della caduta della
dominazione musulmana in Sicilia. Movimento
nazionale nella Terraferma italiana. Imprese
navali dei Pisani contro i
Musulmani Pag. 1
1015. Mogêhid usurpatore di Denia 4
» La Sardegna infestata precedentemente 5
» Mogêhid a Luni e in Sardegna 7
1016. È sconfitto e ricacciato in Spagna 9
» Contese de’ Pisani co’ Genovesi 10
1016-1114. Altre fazioni contro i Musulmani 13
» I Normanni 14
» Loro tradizioni 20
1078-1086. Croniche de’ Normanni d’Italia. Amato 21
» Guglielmo di Puglia 22
» Malaterra 23
» Leone d’Ostia e Lupo 24
» I Normanni a Salerno 25
1017-1021. Melo 26
» Compagnia Normanna 29
1040-1041. Argiro e Ardoino 30
» Battaglia dell’Olivento ed altre vicende 33
1043. Nuovo ordinamento della Compagnia 37
» La casa di Hauteville 38
1051. Rivolta contro i Normanni 40
1055-1058. Roberto Guiscardo 42
1059. Ruggiero. Espugnazione di Reggio 49
» Condizioni della Compagnia Normanna 52
Capitolo II.
1060. Disposizioni de’ Cristiani messinesi 55
» Supposta congiura 56
» Correria sopra Messina 61
» Ibn-Thimna 62
1061. Nuova fazione 63
» Presa Messina 66
» Rametta 70
» Tripi, Frazzanò, Maniace, Centorbi 71
» Paternò, Emmelesio, Sanfelice; battaglia di
Castrogiovanni 72
» Scorreria a Girgenti. Tregua con Palermo 75
» Ritirata 76
» Castel di San Marco. Dominazioni diverse nelle
province 78
Capitolo III.
» Rivolgimento in Palermo 79
» Condizioni degli Ziriti 80
» Aiuti di Mo’ezz 81
» Scorreria di Ruggiero sopra Girgenti 82
» Patti co’ Trainesi 83
1062. Ruggiero sposa Giuditta di Evreux 84
» Correrie in Sicilia. Morte d’Ibn-Thimna 85
» Brighe di Ruggiero con Roberto 87
» Rivolta di Traina 89
» Vittoria di Ruggiero 91
1063. Nuova spedizione affricana 92
» Scorrerie di Ruggiero 94
» Battaglia di Cerami 96
» Fazione de’ Pisani in Palermo 101
» Fazioni de’ Normanni a Collesano, Brucato, Cefalù.
Combattimento presso Girgenti 105
Capitolo IV.
1064. Vano assedio di Palermo 106
» Bugamo presa: scontro presso Girgenti 107
1064-1068. Aiûb ed Ali, figliuoli di Temim, occupano la
Sicilia occidentale 108
» Guerra civile; partenza degli Affricani ed
emigrazione 110
1066. Ruggiero a Petralia 111
1068. Battaglia di Misilmeri 113
1068-1071. Assedio di Bari 114
» Armamento contro Palermo 115
» Presa Catania 116
» Assedio di Palermo 118
» Assalti 124
1072. Resa della città 130
» E di Mazara 133
Capitolo V.
» Distribuzione de’ conquisti ivi
» Morte di Serlone 134
» Roberto ordina il governo in Palermo 136
1072-1085. Ritorna in Terraferma. Suoi doni alla Badia di
Montecassino 139
» Contrasta co’ suoi baroni 141
1072-1085. E co’ principi di Salerno e Capua 142
» Roberto e Gregorio VII 143
» Imprese di Grecia e di Roma 144
» Morte di Roberto 146
Capitolo VI.
1072. Condizioni de’ Normanni in Sicilia 147
» E dei Musulmani 148
» Benavert 149
1073-1075. Progressi lenti di Ruggiero 150
» Vittoria di Benavert 151
1076. Ruggiero dà il guasto al Val di Noto 153
1077. Prende Trapani ed altri paesi 154
1078. E Taormina 156
1079. Rivolta di Cinisi e Giato 159
1081. Ruggiero padrone di Messina 161
» Catania presa da Benavert e racquistata 162
1082. Rivolta di Giordano 163
1085. Scorreria di Benavert in Calabria 164
1086. Ruggiero prende Siracusa 165
1087. Impresa navale degli Italiani sopra Mehdia 168
» Ruggiero occupa Girgenti e la provincia 172
» Ibn Hammûd gli dà Castrogiovanni 173
1089-1091. Prese Butera e Noto. Urbano II a Traina 176
» Conquisto di Malta 177
Capitolo VII.
1093. Morte di Giordano e rivolta di
Pantalica 180
1085-1093. Cresciuta potenza del conte Ruggiero 181
» Aiuta il nuovo duca di Puglia, il quale gli
concede metà di Palermo 182
1091-1094. Imprese di Cosenza e Castrovillari 184
1096. Assedio di Amalfi. La prima Crociata 185
1098. Ruggiero assedia Capua co’ Musulmani 186
» E impedisce la loro conversione 187
» Aneddoto attribuitogli da Ibn-el-Athîr 188
» Scuola di monaci statisti 190
» Relazioni del conte con Urbano II 191
» Privilegio dell’Apostolica legazione 193
1101. Morte del conte 194
» Famiglia della contessa Adelaide 196
» La Marca aleramica 198
» Bonifazio del Vasto 199
Capitolo VIII.
» Condizioni dell’isola dopo il conquisto 200
» Diplomatica siciliana dell’XI e XII secolo.
Falsa pergamena arabica dell’archivio di
Napoli 201
1101. Diplomi arabici e greci 202
» Diplomi latini 204
» Varie schiatte. Antichi abitatori 206
» Distribuzione geografica delle nuove schiatte 207
» Ebrei 209
» Tribù arabe e berbere 210
» Normanni e altri Francesi 213
» Colonie della Terraferma italiana 218
» Lombardi 222
» Baroni aleramidi 225
» Dialetto de’ Lombardi di Sicilia 227
» Caltagirone 228
» Origini di altre città 231
» Della famiglia Bonello 232
Capitolo IX.
» Condizioni de’ vinti. Schiavi 233
» Villani 237
» Sinonimo di Rustici 238
» Due maniere di villani 242
» Domini di Maks 243
» Platee 245
» Doveri e diritti de’ villani 246