Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 29

10, 11, cap. IV, § 2. Probabilmente questo infaticabile viaggiatore andò
a Napoli poco prima o poco appresso di Palermo, ove si trovò l'anno 362
dell'egira (972-3). Ibn-Haukal dice aver veduto egli stesso a Napoli
questi bellissimi tessuti di lino, che da un'altra espression del testo
possiam supporre anco ricamati ovvero operati a damasco. Ogni _thaub_,
lungo 100 _dsira'_ e largo da 10 a 15, si vendea più o meno 150
_ribâ'i_, o vogliam dir quarteruoli d'oro. Cotesta moneta usata in
Sicilia dal X al XII secolo torna in peso di metallo a lire 3,80. La
_dsira'_, o _dra_, come pronunzian oggi, vuol dir braccio; e tra le
varie maniere, che ve n'ebbe e ve n'ha in Oriente, è probabilissimo che
Ibn-Haukal abbia ragionato con quella chiamata “negra” ch'era a un di
presso 0,48 metri. S'aggiunga questo agli altri copiosi materiali che
abbiamo per la storia dell'industria italiana nel medio evo. Spieghin
poi gli eruditi il lavorío di cotesta tela sì fina, larga da 5 a 7
metri, che si vendea 570 lire la pezza di 48 metri, e dicano se si debba
supporre errore nei numeri scritti da Ibn-Haukal.
[384] Confrontinsi: _Chronicon Cantabrigiense_, l. c., an. 6437 (1º
settembre 928 a 31 agosto 929), e Nowairi, l. c. La prima dice che in
Lombardia non fu espugnata da Sâin alcuna “città;” e ciò si accorda con
la tradizione del _Baiân_, citata di sopra. La data posta nella Cronica
di Cambridge par quella del ritorno fin Palermo sul finir della state, è
però nel 928.
[385] Confrontinsi: _Chronicon Cantabrigiense_, l. c., an. 6436 (1º
settembre 929 a 31 agosto 930); _Baiân_; tomo I, p. 201, an. 317 (13
febbraio 929 a 1 febbraio 930). Le due croniche notano concordemente
essere stata questa la terza espedizione di Sâin. Ho scritto così il
nome secondo la lezione della Cronica di Cambridge, e di quella di
Gotha. Il Nowairi ha Sâreb. Il dotto editore del _Baiân_ corresse Sâber.
[386] Ibn-Haukal nella descrizione di Palermo dà questo nome
topografico. In oggi si chiama il Quartier del Capo.
[387] Nowairi, l. c.
[388] Dsehebi. Mi par bene dì accennare distintamente la origine dei
particolari che sappiamo di questo fatto importante della storia
italiana.
[389] Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn. Nel confuso racconto di Dsehebi si fa
anche cenno d'un assalto anteriore a quello in cui fa presa la città.
[390] Dsehebi.
[391] Liutprando: _Cunctosque civitatis et ecclesiarum thesauros_. Non
credo si debba intendere del comune e della chiesa, ma de' cittadini
etc.
[392] Così chiaramente nel manoscritto di Dsehebi. In que'
d'ibn-el-Athîr si legge chiaramente Karkesia, e così in uno de' due
squarci d'Ibn-Khaldûn, ove si aggiugne “su le spiagge di Siria.” Ciò ha
spinto l'erudito baron de Slane a correggere “Cesarea;” sendo grossolano
errore Karkesia. Ma ibn-Khaldûn, o il copista, par che abbia aggiunto
quella spiaggia di Siria, appunto perchè non gli venne a mente che si
trattava della Corsica. Ciò mi par certo dalla narrazione
d'Ibn-el-Athîr, il quale parla di unica espedizione a Genova, in
Sardegna e in quel terzo paese.
[393] Dsehebi.
[394] Si confrontino: _Chronicon Cantabrigiense_, presso Di Gregorio,
_Rerum Arabicarum_, p. 46, an. 6442 (lº settembre 933 a 31 agosto 934);
Ibn-el-Athîr, MS. B, tomo I, p. 149 e 163, e MS. C, tomo IV, fog. 321
verso e 325 verso, anni 322 (21 dicembre 933 a 9 dicembre 934), e 323
(10 dicembre 934 a 28 novembre 935); _Baiân_, tomo I, p. 216; Nowairi,
presso Di Gregorio, op. cit., pag. 14; Dsehebi, _Tarîkh-el-Islâm_, an.
323, manoscritto di Parigi, Ancien Fonds, 646, fog. 505 verso;
Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique_ etc., p, 162, 163, e _Storia dei
Fatemiti_, manoscritto di Parigi 742 quater, tomo IV, fog. 18 verso, con
la versione datane da M. De Slane nella _Histoire des Berbères_ dello
stesso Ibn-Khaldûn, tomo II, p. 529, appendice.
[395] Liutprando, _Antapodesis_, lib. IV, cap. V, presso Pertz,
_Scriptores_ ec., tomo III, p. 316.
[396] Iacopi de Varagine _Chronicon_, presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo IX, p. 10.
[397] Il Martorana, tomo I, p. 86 e 215, nota 115, seguito dal Wenrich,
crede personaggi diversi Salem emiro del 917 e Salem del 937, fondandosi
in su questo, che Nowairi aggiunga nel primo caso il nome patronimico
Ibn-Ased; e Abulfeda nel secondo, Ibn-Rescîd. Tal supposto or si dilegua
con l'autorità degli altri compilatori citati nel capo VII, p. 160, e
soprattutto d'Ibn-el-Athîr, il quale scrive Sâlem-ibn-Rescîd sì nel 313
e sì nel 325 dell'egira.
[398] Si vegga il Capitolo precedente, p. 170, seg., 176.
[399] Eutichii, _Patr. Alexandrini annales_, tomo II, p. 508, 509.
Questo scrittore, poco men che contemporaneo, è il solo che narri
l'episodio dei prigioni risparmiati; tra i quali pone in primo luogo i
Siciliani. Ei riferisce la battaglia al 307 dell'egira; ma Ibn-el-Athîr,
MS. C, tomo IV, fog. 298 recto e verso, la scrive nel 306 (13 giugno 918
a 1 giugno 919); e la Cronica di Cambridge nota nel 6427 (1 settembre
918 a 31 agosto 919) la spedizione dei Fatemiti in Alessandria.
[400] _Taglieggiare_ è versione litterale del testo arabico. Donde
sappiamo questo dazio insolito e gravoso, ma non di che natura el fosse.
[401] Così la Cronica. _Sceikh_, vecchio, indi anziano, senatore, capo
d'una frazione di tribù, capo d'un villaggio, o semplicemente preposto o
dottore.
[402] Cioè il primo di Belezma, città d'Affrica che abbiam citato
altrove; il secondo, di Kalesciana a 12 miglia da Kairewân, della quale
il Bekri, _Notices et Extraits des MSS._, tomo XII, 479.
[403] _Cronica di Cambridge_, op. cit., p. 45.
[404] Si vegga al Capitolo VIII, p. 172, 173.
[405] _Cronica di Cambridge_, op. cit., anno 6427.
[406] Si vegga il Capitolo I di questo Libro III, p. 3 in nota.
[407] Confrontinsi: _Cronica di Cambridge_, op. cit., p. 46, anno 6442;
Ibn-el-Athîr, anno 322, MS. B, p. 149, MS. C, tomo IV, fog. 321 verso;
_Baiân_, tomo I, p. 216. Questi due ultimi dicono occultato il caso più
a lungo.
[408] _Cronica di Cambridge_, op. cit., p. 47, anno 6442. Il nome
somiglia a quel di Randazzo, grossa città surta in Sicilia nel medio
evo, che in Edrisi leggiamo _Rendag_. Sembra di origine greca, poichè la
_Storia Miscella_, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo
I, parte I, p. 150, ricorda un patrizio Sisinnio soprannominato
_Rendacium_, sotto Leone Isaurico; e la Continuazione di Teofane nel
regno di Romano Lecapeno, § 4, parla di un ‘Ρεντάκιος uom dell'Attica, e
forse ateniese, parente del patrizio Niceta; il qual nome è scritto con
le stesse lettere da Giorgio Monaco, e ‘Ρεντάκης da Simeone (ediz. Bonn,
p. 399, 891, 732). Nulla toglie che il governatore di Taormina fosse
appartenuto alla medesima famiglia, e che da lui o da altri fosse venuto
il nome di Randazzo. Che il caso seguisse in Palermo non mi par dubbio,
Quantunque la Cronica dica: “innanzi il palagio (_Kasr_) di Sâlem.” Non
v'ha memona di terra in Sicilia chiamata _Kasr Sâlem_ (il nome attuale
di Salemi è corruzione dell'arabico _Senem_, idolo o statua); e la
stessa Cronica, notando poi la morte dell'emiro, aggiugne che seguì nel
suo _kasr_. Probabilmente il palagio vecchio, al quale rimase il nome di
Salem, per essere stato l'ultimo emiro che vi soggiornò; tramutati poi
gli ofici pubblici ecc. nella Khalesa.
[409] Confrontinsi: _Cronica di Cambridge_, ann. 6443, presso Di
Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 47; Nowairi, op. cit., p. 14.
[410] _Cronica di Cambridge_, l. c., anno 6444.
[411] Il testo ha _N rd barîn_, che non dà significato. I primi editori
lessero _Brediaræos_. Probabilmente è la voce persiana _Bardadâr_,
guardie palatine.
[412] Il nome non sarebbe molto diverso da Asaro, l'antica Assorus; ma
l'a scritta con un'_ain_ indica origine arabica; e il sito di Asaro
presso Leonforte si allontana troppo a levante dalla via tra Palermo e
Girgenti. Mancando di vocali il MS., questo nome si potrebbe leggere
_Osra_, che significherebbe “asilo, riparo,” e sarebbe nome di luogo
oggi sconosciuto.
[413] La Cronica di Cambridge, la sola che fornisca questo e gli altri
particolari della guerra, dà il secondo vocabolo in guisa da potersi
anco leggere Tâlis, Nâlìs, Iâlis e Mâlis. Il primo è suscettivo della
ottima lezione _Mosciaiad_, che significherebbe “edifizio, monumento.”
Non mi sovviene di nomi topografici antichi o moderni di Sicilia che ci
aiutino a trovare il vero nome e il sito preciso, che dovea essere molto
vicino a Palermo. Ma Bâlîs è nome d'una provincia tra il Sind e il
Segestân, _Geografia_ d'Edrisi, versione francese, I, 444, 449. Bâlis o
Bâles era picciola città su la sponda occidentale dell'Eufrate.
Veggansi: Ibn-Haukal., MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 885, fog. 85 recto;
Edrisi, op. cit., I, 335; Jakût, _Merâsid_, ediz, di Leyde, I, 122;
Abulfeda, _Geografia_, testo arabo, ediz. di Parigi, p. 268. In Ispagna
era città (Velez Blanco?) nella provincia di Begiâia e porto tra
Alicante e Cartagena. (Edrisi, op. cit., tomo II, p. 14, 39.).
[414] Lo stesso MS. ha _M r nuh_, Marineo, a 17 miglia da Palermo,
sovrasta al fiume di Misilmeri, appunto su la strada per la quale
doveano ritirarsi i Girgentini. Le due battaglie senza particolari di
leggono in Ibn-el-Athîr, anno 325; e in Nowairi, presso Di Gregorio, p.
14, 15. Abulfeda, anno 325, dà appena un cenno della rivoluzione.
[415] Così la _Cronica di Cambridge_. Il Nowairi ha invece Ishâk-Bostâni
(ossia il giardiniere) e Mohammed-ibn-Hamw. Probabilmente son le
medesime persone. Ibn-Sebâia potrebbe essere il nome patronimico d'Ishâk
soprannominato Il Giardiniere; ed Abu-Târ, il soprannome di Mohammed.
Quanto al nome patronimico di quest'ultimo, forse va corretto Hammoweih,
e sarebbe d'origine persiana. Il Martorana, tomo I, p. 88, e con lui il
Wenrich, arbitrariamente danno i due primi come capi del tumulto del 17
settembre, e i due secondi di quello del 7 ottobre.
[416] _Cronica di Cambridge_, op. cit., p. 48, anno 6446, e ve n'ha un
cenno in Ibn-el-Athîr, anno 325, e in Nowairi, op. cit., p. 15.
[417] Ibn-el-Athîr e Nowairi, ll. cc. Il secondo, che par abbia copiato
qui la cronica primitiva, dice: “con un esercito e parecchi kâid.”
Perciò questa voce non sembra adoperata nel significato generale di
capitani d'esercito, ma in quel di condottieri di corpi minori.
[418] Confrontinsi: Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi,
fog. 104 recto; e _Baiân_, tomo I, p. 225, anno 325.
[419] _Riadh-en-Nofûs_, fog. 60 recto. Iehia era morto verso il 290.
Però ho supposto che si tratti di questa impresa o dell'altra del 916.
[420] Così la _Cronica di Cambridge_, op. cit., p. 48, anno 6446.
Nowairi, op. cit., dice alla fine del 325; il che torna allo stesso con
poco divario.
[421] Si vegga qui appresso, Lib. IV, Cap. 1, p. 236. Sâlem rimase al
certo in autorità insieme con Khalîl. Senza questo non si può trovare
ragione plausibile dell'abboccamento coi Girgentini, nè dell'essere lui
rimaso in palagio vecchio; nè del titolo di emir che gli si dà alla
morte.
[422] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, Nowairi e Ibn-Khaldûn, ll. cc.
[423] Fazzello, Deca I, lib. VIII, cap. II, scrive del palagio reale di
Palermo: _Hanc_ (arcem) _a Sarracenis primum Panormum adeptis, super
veteris arcis ruinis excitatam literæ in eo incisæ indicant_. Ma nè egli
dà, nè si è mai trovata la iscrizione, e però non allego tal
testimonianza.
[424] Ibn-Haukal, _Description de Palerme_, nel _Journal Asiatique_,
IV^e série, tomo V, p. 95.
[425] Makkari, _Mohammedan dynasties in Spain_, versione di Gayangos,
tomo I, p. 220; Edrisi, _Géographie_, vers. di Jaubert, tomo II, p. 58
seg.
[426] Bekri, versione di Quatremère, _Notices et Extraits_, tomo XII, p.
473.
[427] Bargès, descrizione della Moschea principale d'Algeri al 1830, nel
_Journal Asiatique_, série III^e, tomo XI, p. 182. Quivi non si dice in
vero che di una porta di comunicazione col palagio del governatore.
[428] Veggasi il cap. VII di questo Libro, p. 157, 158.
[429] Ibn-Haukal, _Description de Palerme_, nel _Journal Asiatique_,
série IV^e, tomo V, p. 22, 23; Nowairi, _Enciclopedia_, ibid., p. 104,
Edrisi, _Géographie_, versione di Jaubert, tomo II, p. 77.
[430] Ibn-el-Athîr, anno 325, scrive che “la gente fu molto aggravata
nella costruzione della cittadella.” I pubblicisti musulmani,
principalmente Mawerdi, ci danno il comento. Veggasi il cap. I di questo
Libro, p. 10, nota 4.
[431] _Cronica di Cambridge_, Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn, ll. cc.
[432] Cotesti nomi dalla sola _Cronica di Cambridge_. La sillaba _wa_
entra in parecchi nomi berberi in vece dell'arabico _ibn_, figlio.
_Modû_ sembra dello stesso conio; non arabico al certo. Si trova in
Edrisi con ortografia poco diversa il nome d'un castelletto tra Randazzo
e Castiglione, che risponderebbe a Mojo d'oggidì.
[433] Risponde a Collesano d'oggidì secondo le distanze notate da
Edrisi, il quale la dà con questo nome istesso di Kalat-es-Sirât.
[434] L'ordine delle operazioni militari di Khalîl è dato dalla _Cronica
di Cambridge_ e sta bene a martello. Il nome che scrivo Mazara è
_””lb”ra_, letto dai primi traduttori Kalbara, arbitrariamente nella
prima sillaba. Correggendo Mazara non si viene ad alterare alcun dei
tratti principali e si trova la importante città nominata da
Ibn-el-Athîr. Quanto a Kalbara, o come che si legga la prima sillaba,
non v'ha nome noto da potervisi adattare; e non è da pensare nè anco per
ombra alla Calabria.
[435] Il fatto e il nome nella sola _Cronaca di Cambridge_, ove il
secondo è scritto senza vocali _Fkh_ e si potrebbe legger Foca, o con
altra vocale che fu preferita nella version latina, e non è bello
ripeterla in Italiano. Ancorchè _Fikh_ significhi in arabico la scienza
del dritto, qui è nome d'uomo e d'un luogo che il prese da lui; nè credo
abbian gli Arabi tal nome proprio. Al contrario è noto ad ognuno nelle
istorie bizantine il casato Foca, illustre in que' tempi: e ciò mi ha
suggerito la prima lezione. Nondimeno il latino e (perchè no?)
l'italiano potean anco fornire il soprannome d'alcun cristiano di
Sicilia, il cui braccio avessero accettato i ribelli musulmani, sì come
avean chiesto gli aiuti di Costantinopoli. E in vero presso il Capo di
San Marco è un luogo detto Ficana. Questo appunto, e la coincidenza del
sito presso Mazara e Caltabellotta, mi ha persuaso che si tratti della
penisola del Capo San Marco. Ho interpretato penisola la voce _gesîra_
del testo, che vuol dire anche isola.
[436] Si vegga pel XII secolo la geografia d'Edrisi; pel XIII e XIV, i
diplomi accennati da Pirro, _Sicilia Sacra_, p. 136, e da
Huillard-Breholles, _Historia diplomatica Frederici II imperatoris_,
tomo I, p. 118, 194; Mortillaro, _Catalogo dei diplomi della Cattedrale
di Palermo_, p. 90; e pel XVI, la descrizione di Fazzello, Deca I, lib.
X, cap. III.
[437] La _Cronica di Cambridge_ accennando sola questo fatto, usa la
espressione _sebi_, che vuol dir propriamente le donne e fanciulli
prigioni. Parmi qui adoperata in significato più largo.
[438] Il nome etnico di 'Attâf è dato dal solo Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, p. 165.
[439] Quest'ultimo periodo della rivoluzione si ricava in parte dalla
Cronica di Cambridge, anni 6447 a 6450, presso Di Gregorio, _Rerum
Arabicarum_, p. 48, 49; in parte da Ibn-el-Athîr, anno 325. Si veggano
anche il _Baiân_, ediz. Dozy, tomo I, p. 223; Abulfeda, anno 325;
Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, versione, p. 164,
165. Il Nowairi, presso Di Gregorio, p. 15, accenna la venuta e la
partenza di Khalîl, senza far motto della guerra. Il Rampoldi, _Annali_,
tomo V, p. 213, 217, 221, 223, 230, anni 937, 938, 939, 940, 941,
aggiugne di capo suo una ribellione in Palermo in questo secondo
periodo, aiutata dai Bizantini; e che il governo d'Affrica mandasse
grani in Sicilia.
[440] Era modo familiare il chiamare col _keniel_, ossia primo
soprannome, anzichè col nome proprio o col titolo di dignità.
[441] Confrontinsi: _Baiân_, l. c., e Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 104 recto.
[442] Peccato, poichè i pubblicisti più accreditati non permetteano di
uccidere i ribelli presi con le armi alla mano, nè di tenerli in
prigione finita che fosse la guerra, nè di prendere i loro beni, nè di
far cattive lor donne e figliuoli. Veggasi Mawerdi, _Ahkâm Sultanîa_,
ediz. Enger, p. 98 e seg.; _The Hedaya_, versione inglese di Hamilton,
lib. IX, cap. IX, nel tomo II, p. 250. Nell'impero ottomano prevalsero
poi dottrine più tiranniche, le quali si ricerchino in D'Ohsson,
_Tableau de l'Empire Ottoman_, tomo VI, p. 253.
[443] Confrontinsi: Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi,
fog. 104 recto; _Baiân_, tomo I, p. 223; Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV,
fog. 343 recto, anno 333.
[444] Significa, “Que' che dicono: _Non vogliam saperne nulla_.” Proprio
come i _Know-nothings_ d'America.
[445] Veggasi: Tigiani nel _Journal Asiat._, série IV^e, tomo XX, p.
171, seg.; Ibn-Khaldûn, _Histoire des Berbères_, passim.
[446] È voce arabica che significa “buona nuova;” un de' nomi che
volentieri si davano alli schiavi. Andrebbe meglio trascritta in
francese _Bochra_, che non si può rendere col nostro alfabeto. Tigiani
dice costui siciliano (sikilli); il testo d'Ibn-Khaldûn pubblicato da M.
De Slane porta Schiavone (saklabi); nè so determinar la vera lezione. La
critica storica ci ricorda che tra gli schiavi e mercenarii dei Fatemiti
vi fossero al paro e Siciliani e Slavi. La differenza tra coteste due
voci in scrittura arabica è lievissima, e però il merito dei MSS. non
può servire di argomento decisivo. Nondimeno, Tigiani fu erudito più
diligente che Ibn-Khaldûn, e i MSS. delle sue opere, copiati assai men
sovente che quelli d'Ibn-Khaldûn, sembrano men sospetti d'errore.
[447] Queste due battaglie sono raccontate da Tigiani, _Journal
Asiatique_, série IV^e, tome XX, p. 101, seg. Si vegga anche
Ibn-Khaldûn, _Storia dei Berberi_, testo arabo, tomo II, p. 18, 19.
[448] I dotti e la cittadinanza di Kairewân seguirono con molto zelo
Abu-Iezîd all'assedio di Mehdia. Chi mai scriverà questo bel tratto di
storia, non dimentichi le notizie che ne dà il _Riâdh-en-Nofûs_, fog. 89
verso a 91 verso. Quivi si narra la deliberazione presa dai _fakih_
nella Moschea giami' di Kairewân; i dotti che s'armavano; le
corporazioni che veniano in arnesi di guerra con lor bandiere di varii
colori scritte con varie leggende; i martiri caduti in battaglia ec. Il
dotto Abu-l-Arab, ch'era dei capi rivoluzionarii, sclamava all'assedio
di Mehdia: “Ho scritto di mia mano 1500 trattati; ma il combatter qui
val meglio che tanta dottrina!”
[449] Il cenno che do di questa grande rivoluzione è tolto da
Ibn-el-Athîr, anni 333, 334; MS. C, tomo V, fog. 343 recto a 346 recto;
_Baiân_, tomo I, p. 200 a 228; Tigiani, _Journal Asiatique_, série V^e,
tomo I, p. 178, seg.; Ibn-Khaldûn, _Storia dei Berberi_, testo, tomo II,
p. 16 a 23; Ibn-Hammâd, _Journal Asiatique_, série IV^e, tomo XX, p.
470, seg. Per le date, seguo a preferenza Ibn-el-Athîr. Si veggano anche
il _Riâdh-en-Nofûs_, fog. 89 verso, seg.; Iehia-ibn-Sa'îd,
_Continuazione di Eutichio_, fog. 87 verso; Ibn-Khallikân, versione di
M. De Slane, tomo I, p. 218, seg., e III, p. 185.
[450] Ibn-Hammâd, op. cit., p. 497.
[451] _Cronica di Cambridge_, op. c., p. 49, an. 6450.
[452] ’Ο Κρηνίτης Χαλδίας τῆς Καλαβρίας γεγόμενος στρστηγὸς. Nella
edizione di Parigi fu aggiunto tra parentesi παρὰ dopo il nome proprio;
e fu tradotto _Crenita Chaldiæ in Calabria prefectus_; la quale versione
non è mutata nella edizione di Bonn, ancorchè sia stato ridotto a
miglior lezione il testo, Chaldia era nome d'un _tema_ bizantino, che
avea per capitale Trebisonda nell'Armenia minore; e qui indica la patria
di quel barattiere, non la sua sede in Calabria, ove non fu mai luogo di
tal nome. Si vegga per Caldia, Costantino Porfirogenito, _De
Thematibus_, p. 30, e _De administrando imperio_, p. 199, 209, 226,
ediz. di Bonn.
[453] Cedreno, ediz. di Bonn, tomo II, p. 357.
[454] Cedreno, l. c. Costantino riprese il comando dell'impero in
dicembre 944.
[455] _Cronica di Cambridge_, l. c. Il cronista avea ben dato il titolo
di emir a tutti i precedenti infino a Sâlem; e nol dimentica parlando
poco appresso del kelbita Hasan-ibn-Ali.
[456] Nowairi, presso Di Gregorio, p. 15, senza nominare Ibn-Kufi. Il
Nowairi direbbe secondo la versione: “_Anno 334, præfectus electus fuit
Mohammed ben el Aschaat, qui usque ad annum 336 leniter gessit
imperium;_” ma va corretto secondo il testo: “Fu wâli in Sicilia l'anno
334 Mohammed-ibn-Asci'ath; e resse gli affari infino al 336
(Ibn)'Attâf.” L'oscurità di questo passo, che mosse M. Caussin a
considerare, fuor d'ogni regola grammaticale, il nome proprio 'Attâf
come sostantivo o aggettivo, viene appunto dalla dubbiezza del
compilatore; il quale, trovando due nomi di governanti nello stesso
tempo, impiastrò l'uno essere stato wâli fino al 34, e l'altro avere
tenuto la somma delle cose fino al 36. Ibn-el-Athîr, incontrata, com'ei
pare, la stessa difficoltà nelle croniche, se ne cavò col silenzio. Non
disse degli altri; non disse del tempo in cui Ibn-'Attâf prendesse il
governo; ed occorrendogli di nominarlo, non gli diè alcun titolo. Se si
volesse seguire il Nowairi senza badare all'ambiguità delle sue parole
nè al silenzio della Cronica di Cambridge e d'Ibn-el-Athîr, si potrebbe
supporre che nel 34 fu fatto emiro Ibn-Asci'ath; e dal 35 al 36 governò
di nuovo Ibn-'Attâf. Il Rampoldi, tomo V, p. 256, anno 945, citato dal
Martorana, tomo I, p. 217, nota 13, dice che Mohammed-ibn-Asci'ath fosse
stato precettore di Mansûr. Non credo che i compendii ch'egli ebbe alle
mani gli abbian potuto fornire tal notizia. Al suo modo di compilare
supporrei piuttosto un enorme anacronismo che l'abbia portato a
confondere questo Ibn-Asci'ath con l'autore della setta dei Karmati, del
quale ho fatto cenno nel Libro III, cap. V, p. 116 di questo volume.
[457] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, anno 336; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, p. 165, 166, e il breve cenno del Nowairi
presso Di Gregorio, p. 15. Il passo di quest'autore che Di Gregorio
tradusse: “_De perturbato rerum Siciliensium statu, et quod in earum
administratione nonnulla vitia irrepsissent;_” e M. Caussin: “_La peine
que lui donnaient les habitants et le mauvais état des affaires;_” si
renderebbe più correttamente: “Che i Siciliani rimbaldanzivano, e
piegavano al male;” cioè si disponeano alla ribellione.
[458] Ibn-el-Athîr; da cui tenghiamo i particolari di questi fatti e di
quei che seguirono all'arrivo di Hasan in Sicilia, non segna altre date
che il tumulto di Palermo a 1º scewâl 335, e la elezione di Hasan il 336
(22 luglio 947 a 9 luglio 948). La _Cronica di Cambridge_ non porta
altra data dell'arrivo di Hasan che il 6456 (1 sett. 947 a 31 ag. 948);
ma un fatto che racconta dopo, ci porta a supporre l'arrivo verso la
fine dell'anno costantinopolitano. Da un'altra mano si sa (Ibn-Hammâd
citato di sopra ap. 202) che Mansûr sino alla fine di giumadi 2º del 333
(gennaio 948) facea condurre per le strade di Kairewân la pelle
imbottita di Abu-Iezîd; che poi volea mandar in Sicilia quella e la
testa di Fadhl con Hasan; e che la barca fece naufragio, ec. Infine
Ibn-el-Athîr nota che dopo l'uccisione di Fadhl, figliuolo di Abu-Iezîd,
il califo tornava a Mehdia, di ramadhan 336 (marzo ed aprile 948); ed è
da supporre ch'ei non abbia pensato alle cose di Sicilia prima di
questo. Però credo che l'arrivo di Hasan in Sicilia si debba protrarre
fino a giugno o luglio 948.
[459] Ibn-el-Athîr, solo narratore in questo luogo, scrive: la gente
d'Affrica. Senza il menomo dubbio accenna agli Arabi venuti di recente
dall'Affrica. I coloni si chiamavano Siciliani; i Berberi, i Kotamii,
ciascuno col suo nome.
[460] Così Ibn-el-Athîr. Palermo avea un cadi; onde il titolo di _Hâkim_
è generico qui in significato di magistrato, ovvero è adoperato perchè
vacasse l'oficio in quel tempo, e, invece di cadi eletto dal principe,
rendesse ragione un supplente. Hâkim si addimandò, dopo il conquisto
normanno, il capo della municipalità di Malta; ma mi sembra fatto
eccezionale, nato dalla dominazione cristiana.
[461] Ibn-el-Athîr, anno 336; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de
la Sicile_, p. 166. Quivi si legga sempre “Tabari” invece di “Matîr,”
ch'è errore del MS. sul quale fece la versione M. Des Vergers.
[462] Questo riscontro mi è suggerito dal bello studio del professore
Dozy, su le fonti della storia de' Musulmani Spagnuoli, _Histoire de
l'Afrique_ etc., _intitulée Al-Bayano-'l-Moghrib_, Introduction, p. 16,
seg.
[463] La _Cronica di Cambridge_, che sola porta la data e il supplizio,
dice: “Venuto il giorno di _mila_” che fu un lunedì, l'emiro etc.” La
voce che ho trascritto dall'arabico e che è chiara nel MS., significa il
Natale de' Cristiani, sol che vi si aggiunga un d alla fine ove ho messo
le virgolette. I primi editori supplendo invece un'altra lettera
scrissero _Mi'âd_ “giorno prefisso” come si potrebbe tradurre. Ma questa
voce oltrechè sarebbe insolita, imbroglierebbe il fatto or che
Ibn-el-Athîr ci racconta l'ordine del tradimento palatino, e farebbe
mancar la data del giorno; la quale non è probabile che il cronista
avesse trascurata, mentre designava il giorno della settimana. Il Natale
del 948 cadde appunto in lunedì.
[464] Debbo avvertire che Ibn-el-Athîr dal quale tenghiamo i nomi, narra
il tradimento, la cattura, la confiscazione, non il supplizio: il casato
che dovrebbe trovarsi dopo il nome di Mohammed è lasciato in bianco in
uno dei MSS., e manca al tutto negli altri due. La _Cronica di
Cambridge_ al contrario dice della uccisione dei “côlti alla rete, tra i
quali un Marisc (in inglese sarebbe Marîsh) e i suoi compagni.” Questo
nome fu scritto dal traduttore inglese, Coreish; ma il codice dà
chiarissima la iniziale _m_. Non l'ho scritto nel testo, parendomi
soprannome e che debba indicare il capo della fazione, cioè
Ismaele-ibn-Tabari; e ciò sembra confermato dai significati della voce
_Marîsc_ dati dal Meminski, cioè “saetta impennata” e una specie di
pomo. _Marîs_ sarebbe dei nomi che si danno ai leone.
[465] Confrontinsi: _Cronaca di Cambridge_, ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn,
ll. cc.
[466] Si vegga il Libro IV, capitolo III.
[467] Capitolo X del presente Libro, p. 203-204 di questo volume.
[468] Non va in questo periodo l'autore anonimo della Vita di San
Niceforo vescovo di Mileto di cui or or si dirà. Questo autore,
probabilmente siciliano, visse nella seconda metà del decimo secolo. Il
testo greco è nella Biblioteca imperiale di Parigi, Nº 1181; e M. Hase
ne ha pubblicato uno squarcio in nota a Leone Diacono, edizione di Bonn,
p. 442.
[469] Leonis Diaconi Caloensis, l. c. L'anonimo dice che i Veggenti per
virtù divina abbondavano in Sicilia com'ogni altro prodotto del suolo.
Τὸ δὲ καὶ απὸ τινος τῶν ὲν τῇ χώρα δεοπτικῶν (πλεονεκτεῖ γὰρ καὶ τῇ
τοῦτων φορᾷ τῆς ἄλλης εὺδηνιας οὺκ ἔλαττον.)
[470] Liutprandi _Legatio_, presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo II, parte I, p. 485. “_Hippolytus quidam Siciliensis
episcopus._” La _Cronica di Cambridge_ citata al capitolo VIII di questo
Libro, p. 172, ha: “Leone vescovo della Sicilia;” nè la costruzione
arabica permette d'interpretare “uno dei vescovi di Sicilia.”
[471] Si vegga il cap. VII del presente Libro, p. 173.
[472] _De Thematibus_, p. 58, ediz. di Bonn, tomo III, delle opere di
Costantino: καὶ τὰς λοιπὰς πόλεις τὰς μὲν ἠφημωμένας, τὰς δὲ κφατουμένας
παφὰ τῶν Σαρακηνῶν.
[473] Costantino Porfirogenito, op. cit., p. 60, e _De administrando
imperio_, p. 225.
[474] Libro II, cap. XII, p. 470, 471 del primo volume.
[475] Libro II, cap. VI e IX, vol. primo, p. 323, 325, 407.
[476] _Journal Asiatique_, série IV^e, vol. V, 1845, p. 105, nota 9.
[477] Veggasi il Libro IV, cap. III, su la popolazione musulmana al 962.
[478] V'era in Palermo un borgo di Giudei. Ibn-Haukal, nel _Journal
Asiatique_, vol. cit., p. 97.