Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 27
dice che la demolizione del castello Lucullano fu compiuta il 12 (quarto
idus) d'ottobre; il corpo di San Severino recato a Napoli il dì
appresso; e le stelle cadenti viste dopo sei dì, che tornerebbe al 18 o
al 19. Il _Baiân_, tomo I, p. 126 e 127, riferisce questo fenomeno al 22
del mese di _dsu-l-k'ada_, cioè dal tramonto del 27 al tramonto del 28
ottobre: e merita maggior fede, non solo per la solita diligenza di
cotesta compilazione, ma anco per l'uso degli Arabi di scrivere i numeri
alla distesa, più tosto che in cifre. D'altronde potrebbe supporsi che
il copista di Giovanni Diacono avesse notato VI in luogo di XVI o di XV
i giorni corsi dal ritrovamento delle ossa di San Severino alle stelle
cadenti. Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso,
ci conduce ad ammettere l'una e l'altra data, poichè fa supporre
replicato il fenomeno più o meno per molte sere, dicendo: “In
_dsu-l-ka'da_ di quest'anno morì Ibrahim-ibn-Ahmed; e da quel momento
furon viste stelle cadenti sparnazzantisi come pioggia a destra e a
sinistra; onde fu chiamato l'anno delle stelle.” Questo squarcio è stato
tradotto inesattamente da Conde, _Dominacion de los Arabes en España_,
parte IIª, cap. 75.
Io mi sono intrattenuto sì lungamente ad esaminare questa data, poichè
gli scienziati osservano un periodo annuale in tal fenomeno, e che sia
più notabile verso il dieci agosto e in novembre. Col medesimo intento
il barone De Hammer ha raccolto nel _Journal Asiatique_, serie IIIª,
tomo III (1837), p. 391, alcuni ricordi d'autori arabi in fatto di
stelle cadenti; e il baron De Slane vi ha fatto qualche correzione nel
tomo IV della medesima serie, p. 291.
[189] _Evangelium secundum Lucam_, XXI, 25. Questa riflessione è
dell'anonimo autore d'un MS. dell'XI secolo, posseduto dalla Biblioteca
di Bamberg, e citato nella raccolta di Pertz, _Scriptores_, tomo III, p.
548, in nota alla Cronica Salernitana. L'anonimo evidentemente ebbe alle
mani la narrazione di Giovanni Diacono, ch'ei compendia e guasta.
[190] _Corano_, Sura XV, verso 18; Sura XXXVII, verso 8, seg.
[191] Così lo chiama Giovanni Diacono.
[192] Il Nowairi dice il fiume. Potrebbero esser due, poichè il Busento
confluisce col Crati sotto Cosenza.
[193] Gli altri particolari della malattia d'Ibrahim si cavano dai
cronisti musulmani. Giovanni Diacono dice Ibrahim morto nella chiesa di
San Michele. In quella di San Pancrazio afferma la Cronica di Bari
presso il Muratori, _Antiquitates Italicæ Medii Ævi_, tomo I, p. 31; e
il Muratori vuol correggere chiesa di San Bertario.
[194] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92,
seg.; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; _Baiân_, tomo I,
p. 126; Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso;
Nowairi, _Storia d'Affrica_, MS. di Parigi, 702, A, fog. 53 verso e 54
recto; e la traduzione francese presso De Slane, op. cit., tomo I, p.
433, 434; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p. 143,
144; Ibn-Wuedrân, § 6; e versione di M. Cherbonneau, nella _Revue de
l'Orient_, décembre 1853, p. 429; Ibn-Abi-Dinâr (El-Kaïrouani), MS. di
Parigi, fog. 21 verso; e traduzione francese, p. 86; Abulfeda, _Annales
Moslemici_, anno 261; Johannes Diaconus, _Translatio_ etc, presso
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 62; _Chronicon Barense_
anno 902, presso Muratori, _Antiquitates Italica Medii Ævi_, tomo I,
pag. 31; e presso Pertz, _Scriptores_, tomo V, p. 52; MS. di Bamberg
citato nella raccolta stessa di Pertz, _Scriptores_, tomo III, p. 548,
in nota.
La data della morte, non scritta precisamente dall'accurato e
contemporaneo Giovanni Diacono, si ritrae dai Musulmani. La recan tutti
nel mese _dsu-l-ka'da_ del 289, ma v'ha divario nel giorno: secondo il
_Baiân_, il lunedì 17; secondo Nowairi, il sabato 18; e secondo
Ibn-el-Athîr, Ibn-Wuedrân, e Abulfeda, il sabato diciannove: che tornano
ai 23, 24 e 25 ottobre 902. Or poichè i giorni della settimana
coincidono nel nostro calendario e nel musulmano, e il 17 _dsu-l-ka'da_
289 cominciò al tramonto del 22 e finì al tramonto del 23 ottobre,
giorno di sabato, è evidente un lieve sbaglio in tutte quelle date. Qual
che fosse stata la cagione dell'errore, mi è parso di ritenere la data
del sabato 23 ottobre.
Nella versione del Nowairi, M. De Slane ha detto “quand la maladie
interne dont Ibrahim souffrait, etc.;” ma confrontando con Ibn-el-Athîr
e Ibn-Abi-Dinâr son certo che si debba sostituire “malattia viscerale.”
[195] Johannes Diaconus, op. cit., presso Gaetani, _Vitæ Sanctorum
Siculorum_, tomo II, p. 62; e presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 273.
[196] _Vita Sancti Eliæ Junioris_, presso Gaetani, _Vita Sanctorum
Siculorum_, tomo II, p. 74.
[197] _Chronicon Barense_, anno 902, presso Muratori, _Antiquitates
Italicæ Medit Ævi_, tomo I, p. 31; Vita di San Bertario citata quivi in
nota dal Muratori; Lupi, _Protospatæ_ (Protospatarii) _Chronicon_, anno
901, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo V; presso
Pratilli, _Historia Princ. Langob._, tomo IV, p. 20; e presso Pertz,
_Scriptores_, tomo V, p. 53; Romualdi Salernitani, _Chronicon_, anno
902, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo V.
Non cito la Cronica della Cava, e la Cronica di Calabria pubblicata
nella stessa raccolta di Pratilli, tomo III e tomo IV, perchè la prima è
interpolata, la seconda apocrifa del tutto.
Il Martorana, _Notizie Storiche_, tomo I, cap. II, p. 60, pensò di
impastare in uno tutti i racconti delle croniche. Scrisse che
“annottando l'emiro Ibrahim intorno all'assedio, e accaduto un gran
temporale con frequenti detonazioni, vi fu colpito si malamente da un
fulmine elettrico, che dovè levarsi tosto dall'ossidione; poi morì di
sfracello tra mille dolori entro al suo palazzo, nella città di
Palermo.”
[198] Per cotesti fatti notissimi non occorrono citazioni. I particolari
si possono vedere in Sciarestani e nelle altre opere che mi occorrerà in
breve di ricordare.
[199] Questo fatto mi è occorso per la prima volta nel
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 75 verso. Molti di quei
libri trattavano di veterinaria; e forse l'amor dei cavalli fu la prima
cagione che conducesse gli Arabi nel santuario delle scienze greche.
[200] Veggasi il Libro I, cap. VI, p. 141, 142 del 1º vol.
[201] Veggansi in generale Hagi Khalfa nei _Prolegomeni_; Pococke,
_Specimen historiæ Arabum_; Wenrich, _De auctorum græcorum versionibus_
etc. Il _Kitâb-el-Fikrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 67 verso, seg.,
fornisce dati importanti a chi voglia approfondire questa epoca della
storia intellettuale dell'umanità.
[202] _Tarîkh-el-Hokemâ_, MS. di Parigi, Suppl. Ar. 672, p. 13.
L'autore, che visse nel XII secolo, afferma aver veduto in una
biblioteca di Gerusalemme, tra i libri provenienti dal lascito dello
sceikh Abu-l-Feth-Nasr-ibn-Ibrahim di Gerusalemme stessa, un trattato di
Empedocle contro la immortalità delle anime, del quale ei non dà il
titolo, e nota soltanto che Aristotile l'avesse confutato, e che altri
avesse voluto scusar Empedocle supponendo allegorico il suo linguaggio;
ma l'autore aggiugne non vedervi punto allegoria. Hagi-Khalfa, ediz.
Flüegel, tomo V, p. 144, 152, n^i 10,448 e 10,500, attribuisce ad
Empedocle: 1º un “Libro della Metafisica,” così intitolato al par di
quello notissimo d'Aristotile, e 2º un “Libro su la resurrezione
spirituale e su l'assurdo che le anime risorgano come (si rinnovano) i
corpi.” Ma il Wenrich, _De auctorum græcorum versionibus_ etc., p. 90,
li crede apocrifi entrambi, non trovandoli in Diogene Laerzio.
Che che ne sia di questo argomento negativo, par che appartengano ad
Empedocle, o almeno ad alcun di sua scuola, i libri col nome del
filosofo agrigentino, dei quali gli Arabi possedeano le versioni. Penso
così perchè le opinioni fondamentali attribuite ad Empedocle dal
_Kitâb-el-Hokemâ_, e più distintamente da Sciarestani, testo arabico, p.
260, seg., ben si accordano col panteismo che ritraggiamo dai frammenti
di questo filosofo e dalle notizie che ce ne danno gli scrittori
antichi. Al dir de' due eruditi arabi, la Divinità d'Empedocle era
l'astrazione della scienza, volontà, beneficenza, potenza, giustizia,
verità ec.; non già un essere reale dotato di dette qualità e chiamato
con que' varii nomi. La nota dottrina di Empedocle su l'amore e l'odio,
ossia l'attrazione e repulsione, si vede anco chiaramente nella
cosmogonia che gli attribuisce Sciarestani.
Il filosofo spagnuolo che al dire del _Kitâb-el-Hokemâ_
tolse sue dottrine da Empedocle, ebbe nome Mohammed-ibn-Abd-Allah-ibn-
Mesarra-ibn-Nagîh, nato in Cordova l'883 e morto il 931. Costui, dopo
avere studiato alla scuola del proprio padre e di due altri dotti
spagnuoli, fu perseguitato come zindîk, per troppo zelo di spargere
le dottrine d'Empedocle; talchè si rifuggiva in Oriente. A capo di
lunghi anni, tornato in Spagna, ricominciò a insegnare la stessa
filosofia più copertamente e cadde di nuovo in sospetto d'empietà.
Un compendio di quest'articolo del _Tarîkh-el-Hokemâ_ si legge in
Ibn-abi-Oseibi'a, MS. di Parigi, Suppl. Ar. 673, fog. 22 recto, e Suppl.
Ar. 674, fog. 40 verso.
[203] Abulfeda, _Annales Moslemici_, an. 449 (1057), notando la morte di
questo gran poeta, inserisce senza scrupolo i versi che cito.
[204] Sciarestani, _Kitâb-el-Milel_ “Libro delle sètte,” testo arabico,
p. 147, seg., nota la differenza che correa tra i Bâteni antichi, ossia
filosofi razionalisti, e i Bâteni moderni, sètte miste, chiamate con
varii nomi in varii paesi.
[205] Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I,
p. XIII, attesta questo fatto. La origine arabica si vede anche dai nomi
dei capi di parte riferiti da Sciarestani.
[206] Veggasi il Libro I, cap. III, p. 69 del 1º volume.
[207] Sciarestani, _Kitâb-el-Milel_, testo arabico, p. 85, seg. L'autore
nota tra i principii comuni alle sètte kharegite che il peccato grave
porti infedeltà, ma nol ripete tra le opinioni particolari dei primi
Khâregi del tempo di Ali.
[208] Sciarestani, op. cit., p. 87 a 102.
[209] Sciarestani, op. cit, p. 108, 109.
[210] È plurale dell'aggettivo _Ghâli_, che significa “eccedente,
smoderato.”
[211] Sciarestani, op. cit., p. 109, 132, 133; il quale rintracciando il
cammino di coteste opinioni, e ignorando l'origine indiana della
incarnazione (_Holûl_) la attribuisce ai Cristiani. Si vegga anche
Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I, p.
XIII-XIV.
[212] Quest'ultimo fatto da Sciarestani, op. cit., p. 132.
[213] Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I,
p. XIII.
[214] Su le sètte del magismo ci danno molto lume Mohammed-ibn-Ishak,
autore del _Kitâb-el-Fihrist_, e Sciarestani ricordato di sopra; i quali
vissero l'uno nel decimo, l'altro nell'undecimo secolo, ebbero alle mani
gran copia di materiali persiani, ed erano entrambi uomini da saperne
cavare costrutto. Ciò non ostante mancaron loro le cognizioni che a noi
fornisce lo studio del buddismo, il quale ebbe tanta influenza su le
varie sètte dei magi. Per quella d'Ibn-Daisân si vegga il
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, Suppl. Ar., 1400, tomo II, fog. 194
recto, e 211 recto e verso; e Sciarestani, op. cit., p. 194, 196. Il
_Kitâb-el-Fihrist_ porta il cominciamento dell'eresia d'Ibn-Daisân una
trentina d'anni dopo quella dei Marcioniti, ai quali assegna il primo
anno d'Antonino imperatore (138), e alla eresia di Mani il secondo anno
di Gallo (252).
[215] Questa teoria sociale è attribuita a Mani nella compilazione turca
della cronica di Tabari, uno squarcio della quale, tradotto in inglese,
è uscito alla luce nel _Journal of the American oriental Society_, tomo
I, p. 443, New-Haven, 1849. Si trova altresì nelle compilazioni
orientali che compendiano Tabari e si copian tra loro. Io presto fede a
tale tradizione per la condizione politica della Persia al tempo di
Mani, e perchè Mazdak, predicatore del comunismo in Persia, seguiva la
sua scuola. Nondimeno debbo avvertire che non ne fan motto il
_Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 192 verso a 212 verso, nè Sciarestani,
op. cit., p. 179 a 196, in lor dottissime analisi della religione
manichea.
[216] Confrontinsi il _Kitâb-el-Fihrist_ e Sciarestani, ll. cc. Questo
passo del _Kitâb-el-Fihrist_ è stato tradotto dà M. Reinaud, _Géographie
d'Aboulfeda_, Introduction, p. CCCLXI.
[217] _Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 203 verso e 209 recto. Quivi si
dice del Râís, ossia capo, e della _Raîsa_, o vogliam dire direzione
centrale, de' Manichei a Bâbel, sotto Walîd I (705-715).
[218] Secondo il _Kitâb-el-Fihrist_ tomo II, fog. 216 verso e 217 recto,
v'ebbe due personaggi nominati Mazdak. Del primo non si dice l'epoca, ma
solo ch'ebbe séguito nel Gebâl, Aderbaigian, Armenia, Deilem, Hamadân e
Fars. I suoi settatori furon detti Khorramii. Il secondo Mazdâk è quelle
di cui si conosce la istoria, e i settatori presero il nome di
Mazdakiani.
[219] Confrontisi: Procopio, _De Bello Persico_, lib. I, cap. V; Tabari,
compilazione turca, versione del barone De Hammer, nel _Journal
Asiatique_, ottobre 1850, p. 344; _Kitâb-el-Fihrist_, l. c.;
Sciarestani, op. cit., p. 192, seg.; Mirkond, presso Sacy, _Antiquités
de la Perse_, p. 353, seg.; _Mogimel-et-Tewârikh_, versione di M. Mohl,
nel _Journal Asiatique_ di luglio 1852, p. 117, e di maggio 1853, p.
398. Nella Introduzione al _Solwân_ d'Ibn-Zafer, io ho toccato questo
punto di storia, mettendo in forse i racconti dei cronisti sul comunismo
di Mazdak; e penso tuttavia ch'ei non abbia mandato ad effetto tutte le
sue teorie nel tempo che tenne lo Stato. Ma la licenza di
quelle teorie non si può negare dopo l'autorevole testimonianza del
_Kitâb-el-Fihrist_, nel quale si cita un trattato speciale di Thelgi su
questo argomento.
[220] Sciarestani, op. cit., p. 187.
[221] Veggasi il Libro I, cap. VI, p. 140 e 141 del 1º volume.
[222] Confrontinsi: il _Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 220 recto, e
Sciarestani, op. cit., p. 194. Entrambi noverano la setta di Abu-Moslim
tra quelle derivate da Mazdak.
[223] Ibn-el-Athîr, anno 141, MS. C,. tomo IV, fog. 125 verso; e
Abulfeda che lo copia, _Annales Moslemici_, an. 141.
[224] Ibn-el-Athîr, anni 159 e 161, MS. C, tomo IV, fog. 148 verso e 150
verso; Abulfeda, op. cit., an. 163. Ma seguo la cronologia
d'Ibn-el-Athîr.
[225] Ibn-el-Athîr, an. 168, MS. A, tomo I, fog. 29 verso.
[226] Ibn-el-Athîr, an. 170, MS. A, tomo I, fog. 39 verso.
[227] Abulfeda, _Annales Moslemici_, an. 166.
[228] Questo soprannome, al dire d'Ibn-el-Athîr, significa “L'Eterno.”
Il nome patronimico era Ibn-Sahl.
[229] Così nel _Merâsid-el-Ittila'_. I cronisti la scrivono con
l'articolo. Dando alla lettera _dsal_ il valore di semplice _d_ si
pronunzierebbe _Bedd_, o _El-Bedd_.
[230] Confrontinsi: _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 217
recto, seg.; Ibn-el-Athîr, anni 201, 220, 221, MS. C, tomo IV, fog. 191
recto, 203 verso, 205 recto, seg.; Abulfeda, _Annales Moslemici_, anno
226.
[231] Questo nome si trova nel solo _Kitâb-el-Fihrist_, nè son certo
della lezione di quel mediocrissimo manoscritto.
[232] Così il _Kitâb-el-Fihrist_, che toglie ogni dubbio. Makrizi,
credendo patronimico il nome di Deisâni, scrisse Meimûn figlio di
Deisân; e M. De Sacy sospettò qualche errore nel noto Bardesane; ma nol
chiarì. Veggasi la sua _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 88 e 94. Ho
detto della setta deisanita a pag. 109.
[233] Nel _Kitâb-el-Fihrist_ si legge _Sce'âbîds_, che significherebbe
“giochi di mano” o di _prestidigitation_, come dicono i Francesi. Mi par
che qui si debba prendere in senso più generale.
[234] I varii racconti che correano su la origine della setta ismaeliana
si leggono, più distintamente che altrove, nel _Kitâb-el-Fihrist_, MS.
di Parigi, tomo II, fog. 5 verso a 9 verso, dove l'autore cita un
trattato speciale sopra questa setta, scritto per combatterla, da
Abu-Abd-Allah-ibn-Zorâm (o Rizâm). Non ostante la diversità delle
tradizioni, date come dubbie nel _Kitâb-el-Fihrist_, mi par che molto
ben si connettano insieme e che si possa accettare il grosso di tutti
que' fatti. Si veggano altresì Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 88; Sacy stesso, _Exposé de la religion des Druses_,
tomo I, p. LXIII e LXX, seg. — Makrizi sostiene, e M. de Sacy ripete con
incredibile semplicità, che Abd-Allah-ibn-Meimûn fabbricasse questa gran
macchina, non ad altro fine che di propagare l'ateismo e il
libertinaggio!
[235] Senza moltiplicare le citazioni mi riferirò al solo Sciarestani,
op. cit., testo arabico, p. 15, 16, 127.
[236] _Kitâb-el-Fihrist_, volume citato, fog. 6 recto e verso. Il nome
proprio Hamdan è dato da Ibn-el-Athîr. La pronunzia di Kirmit è
determinata da Sefedi, _Dizionario biografico_, MS. di Parigi, Suppl.
Ar., 706, articolo sopra Soleiman-ibn-Hasan. Varie etimologie si danno
di questo soprannome che al dir del _Kitâb-el-Fihrist_ si riferisce a un
castello. Su i fatti si vegga anche Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 89.
[237] Ibn-el-Athîr, anno 278, MS. C, tomo IV, fog. 269 verso, dà un
lungo ragguaglio su la origine, dottrine e riti dei Karmati; del qual
capitolo la parte meno importante fu trascritta dal Nowairi e tradotta
dal Sacy, vol. cit., p. 97. Veggasi ancora il Sacy, pag. 126 di esso
volume. Il mio giudizio, formato su la tendenza diversa degli Ismaeliani
e Karmati, si conferma coi particolari d'Ibn-el-Athîr. Notò anche questa
differenza il Taylor nell'opera, _The history of Mohammedism and its
sects_, p. 172, quantunque ei non abbia avuto alle mani tutti i fatti da
poterla provare. L'analogia dei Karmati con gli Ismaeliani era stata
sostenuta da M. De Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, p. LXIII,
seg., e da M. De Hammer, _Histoire de l'ordre des Assassins_, p. 47, 48,
su la fede degli autori musulmani citati da loro. Il _Baiân_, che allor
non si conoscea, contiene a pag. 292, seg., del 1º volume, un racconto
sugli Ismaeliani e Karmati; ove si replicano con molti particolari i
fatti già noti, e tra gli altri lo scandalo della notte lor festiva
detta della _Imamîa_, e il nome, troppo significativo, di figliuoli
della fraternità, dato ai fanciulli che nasceano da que' baccanali.
[238] _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso.
[239] Su l'associazione ismaeliana si veggano Sacy, _Esposé de la
religion des Druses_, Introduzione; Quatremère, _Mémoires historiques
sur les Fatimites_, nel _Journal Asiatique_, agosto 1835, e le autorità
musulmane citate da essi. Merita molta attenzione il racconto di
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 140, seg., su
gli ordini della setta trionfante nel regno dei Fatemiti.
[240] Confrontinsi: Warrâk, cronista spagnuolo del X secolo, citato nel
_Baiân_, tomo I, p. 117-118; Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 111, seg.
[241] Su questo sito si consulti una nota di M. Cherbonneau, _Journal
Asiatique_, décembre 1852, p. 509.
[242] Confrontinsi: Edrisi, _Geografia_, versione francese di M.
Jaubert, tomo I, p. 246; Ibn-Khaldûn, _Storia dei Berberi_, versione
francese di M. De Slane, tomo I, p. 291; _Cronica di Gotha_, presso
Nicholson, _An account of the establishment of the Fatemite Dynasty_, p.
88.
[243] Confrontinsi: _Baiân_, tomo I, p. 118; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 145-147;
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 113, seg.;
Ibn-Hammâd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 1 verso.
[244] Credo il 22 rebi' primo del 289 (5 marzo 902) più tosto che a
mezzo giugno del medesimo anno. L'una e l'altra data si legge nei
medesimi autori: ma forse non è errore, e la prima va intesa dello
esercizio del potere supremo, la seconda della solenne inaugurazione per
la quale forse si aspettò il diploma del califo abbassida. Veggansi le
autorità citate qui sopra a p. 77, e Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 33 verso, che porta appunto la data del 22
rebi' primo.
[245] Il mercoledì ultimo, secondo Ibn-el-Athîr, e penultimo giorno,
secondo il _Baiân_, del mese di sciabân 290. Indi si vede che l'uno
segue il calendario astronomico, e l'altro il conto civile, di che si è
fatta parola al cap. III del Libro I, pag. 57, del 1º volume.
[246] Detto _Geziret-el-Kerrâth_, ossia “Isola dei Porri.” Così fu
chiamato dagli Arabi un isolotto a Capo Passaro in Sicilia, che ritien
oggi il nome voltato in italiano. Ma credo qui si tratti della
Geziret-el-Kerrâth in Affrica, a 12 miglia da Tunis.
[247] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 172 recto, seg.,
an. 289, e MS. C, tomo IV, fog. 279, stesso anno, e fog. 286 recto,
seg., an. 296, e MS. Bibars, an. 289, fog. 129 verso; Ibn-Abbâr, MS.
della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso e 34 recto; _Baiân_,
tomo I, p. 128, 138, 139; Nowairi, _Storia d'Affrica_, in appendice alla
_Histoire des Berbères_ par Ibn-Khaldûn, versione di M. de Slane, tomo
I, p. 438 a 440; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_,
versione di M. Des Vergers, p. 146 a 149; Ibn-Abi-Dinâr, testo MS., fog.
21 verso, e traduzione, p. 87; Ibn-Wuedrân, nella _Revue de l'Orient_,
décembre 1853, p. 429, seg.; _Cronica di Gotha_, versione di Nicholson,
p. 51, 74, 75.
[248] Rendo così la voce arabica _tâbia_, donde lo spagnuolo _tapia_ e
credo anco il siciliano _taju_. In quest'ultima voce la _b_ par mutata
dapprima, alla greca, in _v_, e poscia dileguata nell'_j_.
[249] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV, fog. 286 recto, seg.,
an. 296; Ibn-Khallikân, _Wefiât-el-'Aiân_, versione inglese di M. De
Slane, tomo I, p. 465; _Baiân_, tomo I, p. 133 a 147, e _Cronica di
Gotha_, presso Nicholson, p. 83 a 91; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 150 a 156;
Nowairi, _Storia d'Affrica_, in appendice alla _Histoire des Berbères
par Ibn-Khaldoun_, versione di M. De Slane, tomo I, p. 441 a 447;
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo I, p. 113 a 115.
[250] Secondo i Sunniti era: “Venite alla preghiera ch'è migliore del
sonno.” Gli Sciiti corressero: “Venite alla preghiera ch'è l'opera
migliore.”
[251] Confrontinsi: _Baiân_, tomo I, p. 137, 141 a 149, e _Cronica di
Gotha_, versione di Nicholson, p. 64, 92, 96, seg.; Makrizi, presso
Sacy, _Crestomathie Arabe_, tomo II, p; 115; Sacy, _Exposé de la
religion des Druses_, tomo I, p. CCLXX, seg.
[252] Veggansi le autorità citate da M. Sacy, _Exposé de la religion des
Druses_, tomo I, p. CCXLVII, seg., e _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p.
88 a 92 e 95; e da M. Quatremère, _Journal Asiatique_, août 1836, p. 99,
seg., il primo dei quali sostiene e l'altro confuta le pretensioni dei
Fatemiti. Si aggiungano: _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II,
fol. 6 verso; _Baiân_, tomo I, p. 292, seg.; Ibn-Abbâr, MS. della
Società Asiatica di Parigi, fog. 37 verso. Non cadendo in dubbio che
Sa'îd, o vogliam dire Obeid-Allah, discendesse da El-Kaddâh, i
partigiani dei Fatemiti dovean provare la parentela di El-Kaddâh con
Ali; ma niuno l'ha fatto.
[253] Questo aneddoto è narrato nel _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi,
tomo II, fol. 7 recto, dove Abu-l-Kasem non è detto figliuolo
d'Obeid-Allah, come questi lo spacciò e come scrivono tutti gli altri
cronisti.
[254] Confrontinsi: Tahîa-ibn-Sa'îd, _Continuazione degli Annali
d'Eutichio_, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, fog. 87 verso, seg.;
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso, seg.;
Ibn-el-Athîr, an. 296, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, e MS. C, tomo IV,
fog. 290; _Baiân_, tomo I, pag. 149, seg.; _Cronica di Gotha_, versione
di Nicholson, p. 100, seg.; Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_,
tomo II, p. 114, 115. Traggo la data del 20 agosto 909 da Ibn-Abbâr, MS.
della Società Asiatica di Parigi, fog. 38 recto.
[255] Confrontinsi: _Riâdh-en-nofûs_, MS. di Parigi, fog. 67 verso;
Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, seg.; MS. C, tomo IV, fog.
290, seg., an. 296; _Baiân_, tomo I, p. 158, 159; Makrizi, _Mokaffa'_,
MS. di Parigi, Ancien Fonds, 675, fog. 222 recto; Ibn-Hammâd, MS. di M.
Cherbonneau, fog. 3 recto.
[256] Confrontinsi Ibn-el-Athîr e Makrizi, ll. cc. Veggasi anche nel
_Riâdh-en-nofûs_, fog. penultimo, verso, un curioso aneddoto che si
narra nella iniziazione d'Ibn-Ghâzi.
[257] Iahîa-ibn-Sa'îd, continuatore di Eutichio, scrive _Rûm_, il qual
nome si dava ad ambe le schiatte e comprendea perciò i Siciliani. La più
parte probabilmente erano cristiani di Sicilia, convertiti o no. Uscì da
questi giannizzeri fatemiti Giawher conquistatore del Marocco e
dell'Egitto, ch'è chiamato ora _Rûmi_ ed or _Sikîlli_, ossia siciliano.
[258] Si legge nel _Baiân_, tomo I, p. 175 e 184, che il Mehdi nel 303
(915-16) fece il catasto dei poderi tributarii (_dhi'â_) prendendo la
media tra il massimo e il minimo fruttato; e che nel 305 (917-18) levò
una tassa addizionale sotto pretesto di arretrati. La sottile avarizia
della finanza fatemita si ritrae da tante altre fonti.
[259] Iahîa-ibn-Sa'îd, fog. 89 recto.
[260] _Riâdh-en-nofûs_, fog. 67 verso. Il testo dice: “Prese i beni de'
lasciti pii e delle fortezze.” Quest'ultima voce significa senza dubbio
le città di provincia.
[261] _Riâdh-en-nofûs_, l. c.; Ibn-Hammâd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 2
recto.
[262] Iahîa-ibn-Sa'îd, l. c.
[263] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, an. 296, MS. A, tomo II, fog. 198
verso, e MS. C, tomo IV, fog. 290 verso; Ibn-Khallikân, nella vita di
Abu-Abd-Allah lo Sciita, versione inglese di M. De Slane, tomo I, p.
465; _Baiân_, tomo I, p. 158, seg.; Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 38 recto; Ibn-Hammâd, MS. de M. Cherbonneau,
fog. 2 recto e verso.
[264] Iahîa-ibn-Sa'îd, fog. 89 verso.
[265] Non si trovava modo di pesar coteste masse di ferro. Egli usò una
barca da bilancia idrostatica, caricandovi le porte e segnando ove
arrivasse il pel dell'acqua. Alle porte fu sostituita poi tanta zavorra;
e questa si pesò coi modi ordinarii.
[266] Confrontinsi: Bekri, versione di M. Quatremère nelle _Notices et
Extraits de MSS._, tomo XII, p. 479, seg.; Iahîa-ibn-Sa'îd,
Continuazione d'Eutichio, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, fog. 89
verso; Ibn-el-Athîr, an. 303, presso Tornberg, _Annales Regum
Mauritaniæ_, tomo II, p. 373; Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di
Parigi, fog. 38 recto.
[267] Ibn-el-Athîr, an. 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. C, tomo
IV, fog. 279 recto; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, p. 146; Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 11.
[268] Nowairi, l. c. I fasti della famiglia Ribbâh si veggano nel Vol. I
della presente istoria, p. 321, 322, 330, 343, 353, principiando da
Ia'kûb-ibn-Fezara, padre di Ribbâh.
[269] Confrontinsi: Nowairi, l. c., e _Chronicon Cantabrigiense_, p. 44,
dove si legga Ibn-Ribbâh, in luogo di Ibn-Ziagi.
[270] Nowairi, l. c.
[271] Si legge nella _Cronica di Gotha_, versione del Nicholson, p. 79,
che nel 294 (906-7) Ziadet-Allah mandò ambasciatori a Costantinopoli ed
accolse onorevolmente a Rakkâda un oratore bizantino.
[272] _Riâdh-en-nofûs_, manoscritto di Parigi, fog. 67 verso.
[273] Abd-Allah-ibn-Sâigh, ultimo vizir di Ziadet-Allah, s'era imbarcato
per la Sicilia quando il principe prese la fuga. Veggasi Nowairi,
_Storia d'Affrica_, in appendice alla _Histoire des Berbères par
Ibn-Khaldoun_, versione di M. De Slane, tomo I, p. 444. Certamente
Ibn-Sâigh non fu il solo a tentar questa via.
[274] I fatti esteriori si ritraggono riscontrando Ibn-el-Athîr e
Nowairi, ll. cc.; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_,
trad. di M. Des Vergers, p. 158, 159; Abulfeda, _Annales Moslemici_, an.
296, presso Di Gregorio, p. 78; Scehab-ed-dîn, ibid., p. 59.
Il nome compiuto di Ibn-abi-Khinzîr si legge nel _Baiân_, tomo I, p.
148; al par che l'oficio di _wâli_, conferito dallo Sciita, a lui nella
idus) d'ottobre; il corpo di San Severino recato a Napoli il dì
appresso; e le stelle cadenti viste dopo sei dì, che tornerebbe al 18 o
al 19. Il _Baiân_, tomo I, p. 126 e 127, riferisce questo fenomeno al 22
del mese di _dsu-l-k'ada_, cioè dal tramonto del 27 al tramonto del 28
ottobre: e merita maggior fede, non solo per la solita diligenza di
cotesta compilazione, ma anco per l'uso degli Arabi di scrivere i numeri
alla distesa, più tosto che in cifre. D'altronde potrebbe supporsi che
il copista di Giovanni Diacono avesse notato VI in luogo di XVI o di XV
i giorni corsi dal ritrovamento delle ossa di San Severino alle stelle
cadenti. Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso,
ci conduce ad ammettere l'una e l'altra data, poichè fa supporre
replicato il fenomeno più o meno per molte sere, dicendo: “In
_dsu-l-ka'da_ di quest'anno morì Ibrahim-ibn-Ahmed; e da quel momento
furon viste stelle cadenti sparnazzantisi come pioggia a destra e a
sinistra; onde fu chiamato l'anno delle stelle.” Questo squarcio è stato
tradotto inesattamente da Conde, _Dominacion de los Arabes en España_,
parte IIª, cap. 75.
Io mi sono intrattenuto sì lungamente ad esaminare questa data, poichè
gli scienziati osservano un periodo annuale in tal fenomeno, e che sia
più notabile verso il dieci agosto e in novembre. Col medesimo intento
il barone De Hammer ha raccolto nel _Journal Asiatique_, serie IIIª,
tomo III (1837), p. 391, alcuni ricordi d'autori arabi in fatto di
stelle cadenti; e il baron De Slane vi ha fatto qualche correzione nel
tomo IV della medesima serie, p. 291.
[189] _Evangelium secundum Lucam_, XXI, 25. Questa riflessione è
dell'anonimo autore d'un MS. dell'XI secolo, posseduto dalla Biblioteca
di Bamberg, e citato nella raccolta di Pertz, _Scriptores_, tomo III, p.
548, in nota alla Cronica Salernitana. L'anonimo evidentemente ebbe alle
mani la narrazione di Giovanni Diacono, ch'ei compendia e guasta.
[190] _Corano_, Sura XV, verso 18; Sura XXXVII, verso 8, seg.
[191] Così lo chiama Giovanni Diacono.
[192] Il Nowairi dice il fiume. Potrebbero esser due, poichè il Busento
confluisce col Crati sotto Cosenza.
[193] Gli altri particolari della malattia d'Ibrahim si cavano dai
cronisti musulmani. Giovanni Diacono dice Ibrahim morto nella chiesa di
San Michele. In quella di San Pancrazio afferma la Cronica di Bari
presso il Muratori, _Antiquitates Italicæ Medii Ævi_, tomo I, p. 31; e
il Muratori vuol correggere chiesa di San Bertario.
[194] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92,
seg.; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; _Baiân_, tomo I,
p. 126; Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso;
Nowairi, _Storia d'Affrica_, MS. di Parigi, 702, A, fog. 53 verso e 54
recto; e la traduzione francese presso De Slane, op. cit., tomo I, p.
433, 434; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p. 143,
144; Ibn-Wuedrân, § 6; e versione di M. Cherbonneau, nella _Revue de
l'Orient_, décembre 1853, p. 429; Ibn-Abi-Dinâr (El-Kaïrouani), MS. di
Parigi, fog. 21 verso; e traduzione francese, p. 86; Abulfeda, _Annales
Moslemici_, anno 261; Johannes Diaconus, _Translatio_ etc, presso
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 62; _Chronicon Barense_
anno 902, presso Muratori, _Antiquitates Italica Medii Ævi_, tomo I,
pag. 31; e presso Pertz, _Scriptores_, tomo V, p. 52; MS. di Bamberg
citato nella raccolta stessa di Pertz, _Scriptores_, tomo III, p. 548,
in nota.
La data della morte, non scritta precisamente dall'accurato e
contemporaneo Giovanni Diacono, si ritrae dai Musulmani. La recan tutti
nel mese _dsu-l-ka'da_ del 289, ma v'ha divario nel giorno: secondo il
_Baiân_, il lunedì 17; secondo Nowairi, il sabato 18; e secondo
Ibn-el-Athîr, Ibn-Wuedrân, e Abulfeda, il sabato diciannove: che tornano
ai 23, 24 e 25 ottobre 902. Or poichè i giorni della settimana
coincidono nel nostro calendario e nel musulmano, e il 17 _dsu-l-ka'da_
289 cominciò al tramonto del 22 e finì al tramonto del 23 ottobre,
giorno di sabato, è evidente un lieve sbaglio in tutte quelle date. Qual
che fosse stata la cagione dell'errore, mi è parso di ritenere la data
del sabato 23 ottobre.
Nella versione del Nowairi, M. De Slane ha detto “quand la maladie
interne dont Ibrahim souffrait, etc.;” ma confrontando con Ibn-el-Athîr
e Ibn-Abi-Dinâr son certo che si debba sostituire “malattia viscerale.”
[195] Johannes Diaconus, op. cit., presso Gaetani, _Vitæ Sanctorum
Siculorum_, tomo II, p. 62; e presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 273.
[196] _Vita Sancti Eliæ Junioris_, presso Gaetani, _Vita Sanctorum
Siculorum_, tomo II, p. 74.
[197] _Chronicon Barense_, anno 902, presso Muratori, _Antiquitates
Italicæ Medit Ævi_, tomo I, p. 31; Vita di San Bertario citata quivi in
nota dal Muratori; Lupi, _Protospatæ_ (Protospatarii) _Chronicon_, anno
901, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo V; presso
Pratilli, _Historia Princ. Langob._, tomo IV, p. 20; e presso Pertz,
_Scriptores_, tomo V, p. 53; Romualdi Salernitani, _Chronicon_, anno
902, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo V.
Non cito la Cronica della Cava, e la Cronica di Calabria pubblicata
nella stessa raccolta di Pratilli, tomo III e tomo IV, perchè la prima è
interpolata, la seconda apocrifa del tutto.
Il Martorana, _Notizie Storiche_, tomo I, cap. II, p. 60, pensò di
impastare in uno tutti i racconti delle croniche. Scrisse che
“annottando l'emiro Ibrahim intorno all'assedio, e accaduto un gran
temporale con frequenti detonazioni, vi fu colpito si malamente da un
fulmine elettrico, che dovè levarsi tosto dall'ossidione; poi morì di
sfracello tra mille dolori entro al suo palazzo, nella città di
Palermo.”
[198] Per cotesti fatti notissimi non occorrono citazioni. I particolari
si possono vedere in Sciarestani e nelle altre opere che mi occorrerà in
breve di ricordare.
[199] Questo fatto mi è occorso per la prima volta nel
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 75 verso. Molti di quei
libri trattavano di veterinaria; e forse l'amor dei cavalli fu la prima
cagione che conducesse gli Arabi nel santuario delle scienze greche.
[200] Veggasi il Libro I, cap. VI, p. 141, 142 del 1º vol.
[201] Veggansi in generale Hagi Khalfa nei _Prolegomeni_; Pococke,
_Specimen historiæ Arabum_; Wenrich, _De auctorum græcorum versionibus_
etc. Il _Kitâb-el-Fikrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 67 verso, seg.,
fornisce dati importanti a chi voglia approfondire questa epoca della
storia intellettuale dell'umanità.
[202] _Tarîkh-el-Hokemâ_, MS. di Parigi, Suppl. Ar. 672, p. 13.
L'autore, che visse nel XII secolo, afferma aver veduto in una
biblioteca di Gerusalemme, tra i libri provenienti dal lascito dello
sceikh Abu-l-Feth-Nasr-ibn-Ibrahim di Gerusalemme stessa, un trattato di
Empedocle contro la immortalità delle anime, del quale ei non dà il
titolo, e nota soltanto che Aristotile l'avesse confutato, e che altri
avesse voluto scusar Empedocle supponendo allegorico il suo linguaggio;
ma l'autore aggiugne non vedervi punto allegoria. Hagi-Khalfa, ediz.
Flüegel, tomo V, p. 144, 152, n^i 10,448 e 10,500, attribuisce ad
Empedocle: 1º un “Libro della Metafisica,” così intitolato al par di
quello notissimo d'Aristotile, e 2º un “Libro su la resurrezione
spirituale e su l'assurdo che le anime risorgano come (si rinnovano) i
corpi.” Ma il Wenrich, _De auctorum græcorum versionibus_ etc., p. 90,
li crede apocrifi entrambi, non trovandoli in Diogene Laerzio.
Che che ne sia di questo argomento negativo, par che appartengano ad
Empedocle, o almeno ad alcun di sua scuola, i libri col nome del
filosofo agrigentino, dei quali gli Arabi possedeano le versioni. Penso
così perchè le opinioni fondamentali attribuite ad Empedocle dal
_Kitâb-el-Hokemâ_, e più distintamente da Sciarestani, testo arabico, p.
260, seg., ben si accordano col panteismo che ritraggiamo dai frammenti
di questo filosofo e dalle notizie che ce ne danno gli scrittori
antichi. Al dir de' due eruditi arabi, la Divinità d'Empedocle era
l'astrazione della scienza, volontà, beneficenza, potenza, giustizia,
verità ec.; non già un essere reale dotato di dette qualità e chiamato
con que' varii nomi. La nota dottrina di Empedocle su l'amore e l'odio,
ossia l'attrazione e repulsione, si vede anco chiaramente nella
cosmogonia che gli attribuisce Sciarestani.
Il filosofo spagnuolo che al dire del _Kitâb-el-Hokemâ_
tolse sue dottrine da Empedocle, ebbe nome Mohammed-ibn-Abd-Allah-ibn-
Mesarra-ibn-Nagîh, nato in Cordova l'883 e morto il 931. Costui, dopo
avere studiato alla scuola del proprio padre e di due altri dotti
spagnuoli, fu perseguitato come zindîk, per troppo zelo di spargere
le dottrine d'Empedocle; talchè si rifuggiva in Oriente. A capo di
lunghi anni, tornato in Spagna, ricominciò a insegnare la stessa
filosofia più copertamente e cadde di nuovo in sospetto d'empietà.
Un compendio di quest'articolo del _Tarîkh-el-Hokemâ_ si legge in
Ibn-abi-Oseibi'a, MS. di Parigi, Suppl. Ar. 673, fog. 22 recto, e Suppl.
Ar. 674, fog. 40 verso.
[203] Abulfeda, _Annales Moslemici_, an. 449 (1057), notando la morte di
questo gran poeta, inserisce senza scrupolo i versi che cito.
[204] Sciarestani, _Kitâb-el-Milel_ “Libro delle sètte,” testo arabico,
p. 147, seg., nota la differenza che correa tra i Bâteni antichi, ossia
filosofi razionalisti, e i Bâteni moderni, sètte miste, chiamate con
varii nomi in varii paesi.
[205] Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I,
p. XIII, attesta questo fatto. La origine arabica si vede anche dai nomi
dei capi di parte riferiti da Sciarestani.
[206] Veggasi il Libro I, cap. III, p. 69 del 1º volume.
[207] Sciarestani, _Kitâb-el-Milel_, testo arabico, p. 85, seg. L'autore
nota tra i principii comuni alle sètte kharegite che il peccato grave
porti infedeltà, ma nol ripete tra le opinioni particolari dei primi
Khâregi del tempo di Ali.
[208] Sciarestani, op. cit., p. 87 a 102.
[209] Sciarestani, op. cit, p. 108, 109.
[210] È plurale dell'aggettivo _Ghâli_, che significa “eccedente,
smoderato.”
[211] Sciarestani, op. cit., p. 109, 132, 133; il quale rintracciando il
cammino di coteste opinioni, e ignorando l'origine indiana della
incarnazione (_Holûl_) la attribuisce ai Cristiani. Si vegga anche
Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I, p.
XIII-XIV.
[212] Quest'ultimo fatto da Sciarestani, op. cit., p. 132.
[213] Makrizi, presso Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, tomo I,
p. XIII.
[214] Su le sètte del magismo ci danno molto lume Mohammed-ibn-Ishak,
autore del _Kitâb-el-Fihrist_, e Sciarestani ricordato di sopra; i quali
vissero l'uno nel decimo, l'altro nell'undecimo secolo, ebbero alle mani
gran copia di materiali persiani, ed erano entrambi uomini da saperne
cavare costrutto. Ciò non ostante mancaron loro le cognizioni che a noi
fornisce lo studio del buddismo, il quale ebbe tanta influenza su le
varie sètte dei magi. Per quella d'Ibn-Daisân si vegga il
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, Suppl. Ar., 1400, tomo II, fog. 194
recto, e 211 recto e verso; e Sciarestani, op. cit., p. 194, 196. Il
_Kitâb-el-Fihrist_ porta il cominciamento dell'eresia d'Ibn-Daisân una
trentina d'anni dopo quella dei Marcioniti, ai quali assegna il primo
anno d'Antonino imperatore (138), e alla eresia di Mani il secondo anno
di Gallo (252).
[215] Questa teoria sociale è attribuita a Mani nella compilazione turca
della cronica di Tabari, uno squarcio della quale, tradotto in inglese,
è uscito alla luce nel _Journal of the American oriental Society_, tomo
I, p. 443, New-Haven, 1849. Si trova altresì nelle compilazioni
orientali che compendiano Tabari e si copian tra loro. Io presto fede a
tale tradizione per la condizione politica della Persia al tempo di
Mani, e perchè Mazdak, predicatore del comunismo in Persia, seguiva la
sua scuola. Nondimeno debbo avvertire che non ne fan motto il
_Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 192 verso a 212 verso, nè Sciarestani,
op. cit., p. 179 a 196, in lor dottissime analisi della religione
manichea.
[216] Confrontinsi il _Kitâb-el-Fihrist_ e Sciarestani, ll. cc. Questo
passo del _Kitâb-el-Fihrist_ è stato tradotto dà M. Reinaud, _Géographie
d'Aboulfeda_, Introduction, p. CCCLXI.
[217] _Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 203 verso e 209 recto. Quivi si
dice del Râís, ossia capo, e della _Raîsa_, o vogliam dire direzione
centrale, de' Manichei a Bâbel, sotto Walîd I (705-715).
[218] Secondo il _Kitâb-el-Fihrist_ tomo II, fog. 216 verso e 217 recto,
v'ebbe due personaggi nominati Mazdak. Del primo non si dice l'epoca, ma
solo ch'ebbe séguito nel Gebâl, Aderbaigian, Armenia, Deilem, Hamadân e
Fars. I suoi settatori furon detti Khorramii. Il secondo Mazdâk è quelle
di cui si conosce la istoria, e i settatori presero il nome di
Mazdakiani.
[219] Confrontisi: Procopio, _De Bello Persico_, lib. I, cap. V; Tabari,
compilazione turca, versione del barone De Hammer, nel _Journal
Asiatique_, ottobre 1850, p. 344; _Kitâb-el-Fihrist_, l. c.;
Sciarestani, op. cit., p. 192, seg.; Mirkond, presso Sacy, _Antiquités
de la Perse_, p. 353, seg.; _Mogimel-et-Tewârikh_, versione di M. Mohl,
nel _Journal Asiatique_ di luglio 1852, p. 117, e di maggio 1853, p.
398. Nella Introduzione al _Solwân_ d'Ibn-Zafer, io ho toccato questo
punto di storia, mettendo in forse i racconti dei cronisti sul comunismo
di Mazdak; e penso tuttavia ch'ei non abbia mandato ad effetto tutte le
sue teorie nel tempo che tenne lo Stato. Ma la licenza di
quelle teorie non si può negare dopo l'autorevole testimonianza del
_Kitâb-el-Fihrist_, nel quale si cita un trattato speciale di Thelgi su
questo argomento.
[220] Sciarestani, op. cit., p. 187.
[221] Veggasi il Libro I, cap. VI, p. 140 e 141 del 1º volume.
[222] Confrontinsi: il _Kitâb-el-Fihrist_, tomo II, fog. 220 recto, e
Sciarestani, op. cit., p. 194. Entrambi noverano la setta di Abu-Moslim
tra quelle derivate da Mazdak.
[223] Ibn-el-Athîr, anno 141, MS. C,. tomo IV, fog. 125 verso; e
Abulfeda che lo copia, _Annales Moslemici_, an. 141.
[224] Ibn-el-Athîr, anni 159 e 161, MS. C, tomo IV, fog. 148 verso e 150
verso; Abulfeda, op. cit., an. 163. Ma seguo la cronologia
d'Ibn-el-Athîr.
[225] Ibn-el-Athîr, an. 168, MS. A, tomo I, fog. 29 verso.
[226] Ibn-el-Athîr, an. 170, MS. A, tomo I, fog. 39 verso.
[227] Abulfeda, _Annales Moslemici_, an. 166.
[228] Questo soprannome, al dire d'Ibn-el-Athîr, significa “L'Eterno.”
Il nome patronimico era Ibn-Sahl.
[229] Così nel _Merâsid-el-Ittila'_. I cronisti la scrivono con
l'articolo. Dando alla lettera _dsal_ il valore di semplice _d_ si
pronunzierebbe _Bedd_, o _El-Bedd_.
[230] Confrontinsi: _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 217
recto, seg.; Ibn-el-Athîr, anni 201, 220, 221, MS. C, tomo IV, fog. 191
recto, 203 verso, 205 recto, seg.; Abulfeda, _Annales Moslemici_, anno
226.
[231] Questo nome si trova nel solo _Kitâb-el-Fihrist_, nè son certo
della lezione di quel mediocrissimo manoscritto.
[232] Così il _Kitâb-el-Fihrist_, che toglie ogni dubbio. Makrizi,
credendo patronimico il nome di Deisâni, scrisse Meimûn figlio di
Deisân; e M. De Sacy sospettò qualche errore nel noto Bardesane; ma nol
chiarì. Veggasi la sua _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 88 e 94. Ho
detto della setta deisanita a pag. 109.
[233] Nel _Kitâb-el-Fihrist_ si legge _Sce'âbîds_, che significherebbe
“giochi di mano” o di _prestidigitation_, come dicono i Francesi. Mi par
che qui si debba prendere in senso più generale.
[234] I varii racconti che correano su la origine della setta ismaeliana
si leggono, più distintamente che altrove, nel _Kitâb-el-Fihrist_, MS.
di Parigi, tomo II, fog. 5 verso a 9 verso, dove l'autore cita un
trattato speciale sopra questa setta, scritto per combatterla, da
Abu-Abd-Allah-ibn-Zorâm (o Rizâm). Non ostante la diversità delle
tradizioni, date come dubbie nel _Kitâb-el-Fihrist_, mi par che molto
ben si connettano insieme e che si possa accettare il grosso di tutti
que' fatti. Si veggano altresì Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 88; Sacy stesso, _Exposé de la religion des Druses_,
tomo I, p. LXIII e LXX, seg. — Makrizi sostiene, e M. de Sacy ripete con
incredibile semplicità, che Abd-Allah-ibn-Meimûn fabbricasse questa gran
macchina, non ad altro fine che di propagare l'ateismo e il
libertinaggio!
[235] Senza moltiplicare le citazioni mi riferirò al solo Sciarestani,
op. cit., testo arabico, p. 15, 16, 127.
[236] _Kitâb-el-Fihrist_, volume citato, fog. 6 recto e verso. Il nome
proprio Hamdan è dato da Ibn-el-Athîr. La pronunzia di Kirmit è
determinata da Sefedi, _Dizionario biografico_, MS. di Parigi, Suppl.
Ar., 706, articolo sopra Soleiman-ibn-Hasan. Varie etimologie si danno
di questo soprannome che al dir del _Kitâb-el-Fihrist_ si riferisce a un
castello. Su i fatti si vegga anche Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 89.
[237] Ibn-el-Athîr, anno 278, MS. C, tomo IV, fog. 269 verso, dà un
lungo ragguaglio su la origine, dottrine e riti dei Karmati; del qual
capitolo la parte meno importante fu trascritta dal Nowairi e tradotta
dal Sacy, vol. cit., p. 97. Veggasi ancora il Sacy, pag. 126 di esso
volume. Il mio giudizio, formato su la tendenza diversa degli Ismaeliani
e Karmati, si conferma coi particolari d'Ibn-el-Athîr. Notò anche questa
differenza il Taylor nell'opera, _The history of Mohammedism and its
sects_, p. 172, quantunque ei non abbia avuto alle mani tutti i fatti da
poterla provare. L'analogia dei Karmati con gli Ismaeliani era stata
sostenuta da M. De Sacy, _Exposé de la religion des Druses_, p. LXIII,
seg., e da M. De Hammer, _Histoire de l'ordre des Assassins_, p. 47, 48,
su la fede degli autori musulmani citati da loro. Il _Baiân_, che allor
non si conoscea, contiene a pag. 292, seg., del 1º volume, un racconto
sugli Ismaeliani e Karmati; ove si replicano con molti particolari i
fatti già noti, e tra gli altri lo scandalo della notte lor festiva
detta della _Imamîa_, e il nome, troppo significativo, di figliuoli
della fraternità, dato ai fanciulli che nasceano da que' baccanali.
[238] _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso.
[239] Su l'associazione ismaeliana si veggano Sacy, _Esposé de la
religion des Druses_, Introduzione; Quatremère, _Mémoires historiques
sur les Fatimites_, nel _Journal Asiatique_, agosto 1835, e le autorità
musulmane citate da essi. Merita molta attenzione il racconto di
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 140, seg., su
gli ordini della setta trionfante nel regno dei Fatemiti.
[240] Confrontinsi: Warrâk, cronista spagnuolo del X secolo, citato nel
_Baiân_, tomo I, p. 117-118; Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie
Arabe_, tomo II, p. 111, seg.
[241] Su questo sito si consulti una nota di M. Cherbonneau, _Journal
Asiatique_, décembre 1852, p. 509.
[242] Confrontinsi: Edrisi, _Geografia_, versione francese di M.
Jaubert, tomo I, p. 246; Ibn-Khaldûn, _Storia dei Berberi_, versione
francese di M. De Slane, tomo I, p. 291; _Cronica di Gotha_, presso
Nicholson, _An account of the establishment of the Fatemite Dynasty_, p.
88.
[243] Confrontinsi: _Baiân_, tomo I, p. 118; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 145-147;
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p. 113, seg.;
Ibn-Hammâd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 1 verso.
[244] Credo il 22 rebi' primo del 289 (5 marzo 902) più tosto che a
mezzo giugno del medesimo anno. L'una e l'altra data si legge nei
medesimi autori: ma forse non è errore, e la prima va intesa dello
esercizio del potere supremo, la seconda della solenne inaugurazione per
la quale forse si aspettò il diploma del califo abbassida. Veggansi le
autorità citate qui sopra a p. 77, e Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 33 verso, che porta appunto la data del 22
rebi' primo.
[245] Il mercoledì ultimo, secondo Ibn-el-Athîr, e penultimo giorno,
secondo il _Baiân_, del mese di sciabân 290. Indi si vede che l'uno
segue il calendario astronomico, e l'altro il conto civile, di che si è
fatta parola al cap. III del Libro I, pag. 57, del 1º volume.
[246] Detto _Geziret-el-Kerrâth_, ossia “Isola dei Porri.” Così fu
chiamato dagli Arabi un isolotto a Capo Passaro in Sicilia, che ritien
oggi il nome voltato in italiano. Ma credo qui si tratti della
Geziret-el-Kerrâth in Affrica, a 12 miglia da Tunis.
[247] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 172 recto, seg.,
an. 289, e MS. C, tomo IV, fog. 279, stesso anno, e fog. 286 recto,
seg., an. 296, e MS. Bibars, an. 289, fog. 129 verso; Ibn-Abbâr, MS.
della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso e 34 recto; _Baiân_,
tomo I, p. 128, 138, 139; Nowairi, _Storia d'Affrica_, in appendice alla
_Histoire des Berbères_ par Ibn-Khaldûn, versione di M. de Slane, tomo
I, p. 438 a 440; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_,
versione di M. Des Vergers, p. 146 a 149; Ibn-Abi-Dinâr, testo MS., fog.
21 verso, e traduzione, p. 87; Ibn-Wuedrân, nella _Revue de l'Orient_,
décembre 1853, p. 429, seg.; _Cronica di Gotha_, versione di Nicholson,
p. 51, 74, 75.
[248] Rendo così la voce arabica _tâbia_, donde lo spagnuolo _tapia_ e
credo anco il siciliano _taju_. In quest'ultima voce la _b_ par mutata
dapprima, alla greca, in _v_, e poscia dileguata nell'_j_.
[249] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV, fog. 286 recto, seg.,
an. 296; Ibn-Khallikân, _Wefiât-el-'Aiân_, versione inglese di M. De
Slane, tomo I, p. 465; _Baiân_, tomo I, p. 133 a 147, e _Cronica di
Gotha_, presso Nicholson, p. 83 a 91; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 150 a 156;
Nowairi, _Storia d'Affrica_, in appendice alla _Histoire des Berbères
par Ibn-Khaldoun_, versione di M. De Slane, tomo I, p. 441 a 447;
Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_, tomo I, p. 113 a 115.
[250] Secondo i Sunniti era: “Venite alla preghiera ch'è migliore del
sonno.” Gli Sciiti corressero: “Venite alla preghiera ch'è l'opera
migliore.”
[251] Confrontinsi: _Baiân_, tomo I, p. 137, 141 a 149, e _Cronica di
Gotha_, versione di Nicholson, p. 64, 92, 96, seg.; Makrizi, presso
Sacy, _Crestomathie Arabe_, tomo II, p; 115; Sacy, _Exposé de la
religion des Druses_, tomo I, p. CCLXX, seg.
[252] Veggansi le autorità citate da M. Sacy, _Exposé de la religion des
Druses_, tomo I, p. CCXLVII, seg., e _Chrestomathie Arabe_, tomo II, p.
88 a 92 e 95; e da M. Quatremère, _Journal Asiatique_, août 1836, p. 99,
seg., il primo dei quali sostiene e l'altro confuta le pretensioni dei
Fatemiti. Si aggiungano: _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II,
fol. 6 verso; _Baiân_, tomo I, p. 292, seg.; Ibn-Abbâr, MS. della
Società Asiatica di Parigi, fog. 37 verso. Non cadendo in dubbio che
Sa'îd, o vogliam dire Obeid-Allah, discendesse da El-Kaddâh, i
partigiani dei Fatemiti dovean provare la parentela di El-Kaddâh con
Ali; ma niuno l'ha fatto.
[253] Questo aneddoto è narrato nel _Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi,
tomo II, fol. 7 recto, dove Abu-l-Kasem non è detto figliuolo
d'Obeid-Allah, come questi lo spacciò e come scrivono tutti gli altri
cronisti.
[254] Confrontinsi: Tahîa-ibn-Sa'îd, _Continuazione degli Annali
d'Eutichio_, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, fog. 87 verso, seg.;
_Kitâb-el-Fihrist_, MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso, seg.;
Ibn-el-Athîr, an. 296, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, e MS. C, tomo IV,
fog. 290; _Baiân_, tomo I, pag. 149, seg.; _Cronica di Gotha_, versione
di Nicholson, p. 100, seg.; Makrizi, presso Sacy, _Chrestomathie Arabe_,
tomo II, p. 114, 115. Traggo la data del 20 agosto 909 da Ibn-Abbâr, MS.
della Società Asiatica di Parigi, fog. 38 recto.
[255] Confrontinsi: _Riâdh-en-nofûs_, MS. di Parigi, fog. 67 verso;
Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, seg.; MS. C, tomo IV, fog.
290, seg., an. 296; _Baiân_, tomo I, p. 158, 159; Makrizi, _Mokaffa'_,
MS. di Parigi, Ancien Fonds, 675, fog. 222 recto; Ibn-Hammâd, MS. di M.
Cherbonneau, fog. 3 recto.
[256] Confrontinsi Ibn-el-Athîr e Makrizi, ll. cc. Veggasi anche nel
_Riâdh-en-nofûs_, fog. penultimo, verso, un curioso aneddoto che si
narra nella iniziazione d'Ibn-Ghâzi.
[257] Iahîa-ibn-Sa'îd, continuatore di Eutichio, scrive _Rûm_, il qual
nome si dava ad ambe le schiatte e comprendea perciò i Siciliani. La più
parte probabilmente erano cristiani di Sicilia, convertiti o no. Uscì da
questi giannizzeri fatemiti Giawher conquistatore del Marocco e
dell'Egitto, ch'è chiamato ora _Rûmi_ ed or _Sikîlli_, ossia siciliano.
[258] Si legge nel _Baiân_, tomo I, p. 175 e 184, che il Mehdi nel 303
(915-16) fece il catasto dei poderi tributarii (_dhi'â_) prendendo la
media tra il massimo e il minimo fruttato; e che nel 305 (917-18) levò
una tassa addizionale sotto pretesto di arretrati. La sottile avarizia
della finanza fatemita si ritrae da tante altre fonti.
[259] Iahîa-ibn-Sa'îd, fog. 89 recto.
[260] _Riâdh-en-nofûs_, fog. 67 verso. Il testo dice: “Prese i beni de'
lasciti pii e delle fortezze.” Quest'ultima voce significa senza dubbio
le città di provincia.
[261] _Riâdh-en-nofûs_, l. c.; Ibn-Hammâd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 2
recto.
[262] Iahîa-ibn-Sa'îd, l. c.
[263] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, an. 296, MS. A, tomo II, fog. 198
verso, e MS. C, tomo IV, fog. 290 verso; Ibn-Khallikân, nella vita di
Abu-Abd-Allah lo Sciita, versione inglese di M. De Slane, tomo I, p.
465; _Baiân_, tomo I, p. 158, seg.; Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 38 recto; Ibn-Hammâd, MS. de M. Cherbonneau,
fog. 2 recto e verso.
[264] Iahîa-ibn-Sa'îd, fog. 89 verso.
[265] Non si trovava modo di pesar coteste masse di ferro. Egli usò una
barca da bilancia idrostatica, caricandovi le porte e segnando ove
arrivasse il pel dell'acqua. Alle porte fu sostituita poi tanta zavorra;
e questa si pesò coi modi ordinarii.
[266] Confrontinsi: Bekri, versione di M. Quatremère nelle _Notices et
Extraits de MSS._, tomo XII, p. 479, seg.; Iahîa-ibn-Sa'îd,
Continuazione d'Eutichio, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, fog. 89
verso; Ibn-el-Athîr, an. 303, presso Tornberg, _Annales Regum
Mauritaniæ_, tomo II, p. 373; Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di
Parigi, fog. 38 recto.
[267] Ibn-el-Athîr, an. 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. C, tomo
IV, fog. 279 recto; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, p. 146; Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 11.
[268] Nowairi, l. c. I fasti della famiglia Ribbâh si veggano nel Vol. I
della presente istoria, p. 321, 322, 330, 343, 353, principiando da
Ia'kûb-ibn-Fezara, padre di Ribbâh.
[269] Confrontinsi: Nowairi, l. c., e _Chronicon Cantabrigiense_, p. 44,
dove si legga Ibn-Ribbâh, in luogo di Ibn-Ziagi.
[270] Nowairi, l. c.
[271] Si legge nella _Cronica di Gotha_, versione del Nicholson, p. 79,
che nel 294 (906-7) Ziadet-Allah mandò ambasciatori a Costantinopoli ed
accolse onorevolmente a Rakkâda un oratore bizantino.
[272] _Riâdh-en-nofûs_, manoscritto di Parigi, fog. 67 verso.
[273] Abd-Allah-ibn-Sâigh, ultimo vizir di Ziadet-Allah, s'era imbarcato
per la Sicilia quando il principe prese la fuga. Veggasi Nowairi,
_Storia d'Affrica_, in appendice alla _Histoire des Berbères par
Ibn-Khaldoun_, versione di M. De Slane, tomo I, p. 444. Certamente
Ibn-Sâigh non fu il solo a tentar questa via.
[274] I fatti esteriori si ritraggono riscontrando Ibn-el-Athîr e
Nowairi, ll. cc.; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_,
trad. di M. Des Vergers, p. 158, 159; Abulfeda, _Annales Moslemici_, an.
296, presso Di Gregorio, p. 78; Scehab-ed-dîn, ibid., p. 59.
Il nome compiuto di Ibn-abi-Khinzîr si legge nel _Baiân_, tomo I, p.
148; al par che l'oficio di _wâli_, conferito dallo Sciita, a lui nella
- Parts
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 01
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 02
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 03
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 04
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 05
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 06
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 07
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 08
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 09
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 10
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 11
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 12
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 13
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 14
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 15
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 16
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 17
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 18
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 19
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 20
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 21
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 22
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 23
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 24
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 25
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 26
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 27
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 28
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 29
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 30
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 31
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 32
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 33
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 34
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 35
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 36
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 37
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 38
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 39
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 40
- Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 41