Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 26

poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, nè
v'è mai stato. Il comune attuale di Francofonte, e non Francoforte, fu
fondato nel XIV secolo.
[139] Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167; MS. di Bibars,
fog. 123 recto. Il Nowairi, nella _Storia di Sicilia_ presso Di
Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 11, senza fare menzione delle guerre
che seguirono, dice Abd-Allah eletto emir di Sicilia il 287; e nella
_Storia d'Affrica_ data da M. De Slane in appendice a Ibn-Khaldûn,
_Histoire des Berbères_, p. 431, lo fa andare in Sicilia il 284,
sbarcare nel mese di giumadi primo (giugno 897), espugnare Palermo, e
accordare poi l'amân. Da ciò si conferma la incertezza delle sue
compilazioni.
[140] La Cronica di Cambridge dice che Abd-Allah “passò” di Affrica a
Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athîr che “arrivò” in Sicilia il primo di
scia'bân, che risponde al primo agosto.
[141] Questi è Ibn-Khaldûn, nella _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, p. 57 del testo, e 134 della versione di M. Des Vergers. Non so
donde abbia cavato tal particolare l'autore, che nel resto del racconto
compendia Ibn-el-Athîr.
[142] Nei due MSS. di Ibn-el-Athîr si trova il secondo nome senza punti
diacritici. Credo vada letto Bâgi. Questo, a detta del _Lobb-el-Lobbâb_
di Sojuti, edizione del Veth, può esser nome di famiglia persiana, o
nome etnico derivato da Bâgia, chè così addimandavasi una città della
penisola spagnuola (Beja in Portogallo); un villaggio in Affrica (Bedja
nell'odierno reame di Tunis, città dentro terra a poca distanza da
Tabarca); e un villaggio presso Ispahan in Persia.
[143] Traduco “vespro” la voce _'asr_ che indica una delle ore della
preghiera, e risponde a ventun'ora, secondo l'antico modo italiano, cioè
nei primi di settembre, e in Palermo, alle tre e mezza dopo mezzodì.
Veggansi le tavole delle ore delle preghiere musulmane alla latitudine
del Cairo, presso Lane, _Modern Egyptians_, tomo I, p. 302.
[144] Il _Baiân_ dice combattuta la giornata “alle porte della città;”
il che si deve intendere fuori i sobborghi, poichè Ibn-el-Athîr dice
occupati questi dopo la vittoria. È da ricordarsi che la strada da
Trapani a Palermo infino alla metà del XII secolo, e forse più oltre,
passava per Carini, come il mostrano gli itinerarii di Edrisi. Però
dovea correre per una delle valli che fiancheggiano Monte Cuocio, e
uscire alla pianura, sia tra Bocca di Falco e Baida, sia tra questa e la
montagna di Petrazzi, lungo la linea della nuova strada da ruota di
Torretta.
[145] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167,
seg.; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; _Baiân_, tomo I, p. 125;
Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p. 132, seg.;
_Chronicon Cantabrigiense_, p. 43; Giovanni Diacono di Napoli,
Traslazione del corpo di San Severino, presso Gaetani, _Vitæ Sanctorum
Siculorum_, tomo II, p. 60, ripubblicato da Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 269. È maraviglioso lo accordo di
Giovanni Diacono coi cronisti musulmani intorno la importanza dei fatti;
e della Cronica di Cambridge, di origine greca, con Ibn-el-Athîr, su la
data della battaglia di Palermo, che l'uno porta il 10 di ramadhân, e
l'altro l'otto di settembre, che è appunto il riscontro del calendario
cristiano col musulmano.
[146] Questi versi sono trascritti da Ibn-el-Athîr nella notizia
biografica di Abd-Allah, anno 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS.
C, tomo IV, fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con
qualche variante da Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi,
fog. 33 verso. Mettendo nell'ultimo verso un punto diacritico sotto la
_h_ della voce _b hâr_ e leggendola _bigiâr_, che vuol dire accanto, in
vicinanza, traduco così:
“Bevo la salutar bevanda, in terra straniera, lungi da' miei e dalla mia
casa:
“Ahi! soleva altre volte appressarla a'labbri, quand'io tutto olezzava
di muschio e d'aloe;
“Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra i vortici del fumo e il polverio.”
Ho reso “salutar bevanda” la voce _dewâ_, medicamento, farmaco.
[147] Iakût nel _Mo'gim el-Boldân_, MS. di Oxford, articolo _Palermo_,
trascrive uno squarcio della descrizione d'Ibn-Haukal, nel quale si dà
questo numero di moschee e si ripete quel di 300 del resto della città,
che si conoscea secondo la descrizione da me pubblicata. Quel passo va
or corretto secondo Iakût, la cui aggiunta ne compie la sintassi che
rimanea sospesa.
[148] Oltre ciò che ho detto su la topografia di Palermo nei capitoli
precedenti, veggasi Ibn-Haukal, _Description de Palerme_, da me
pubblicata nel _Journal Asiatique_, IV série, tomo V, p. 94, 95; e
nell'_Archivio Storico Italiano_, appendice XVI, p. 22. I nomi delle
porte della città antica che troviamo in Ibn-Haukal, ci permettono di
fissare il perimetro. Movendo dalla odierna parrocchia di Sant'Antonio
saliva verso libeccio per l'altura ov'è il monastero delle Vergini,
continuava per la strada del Celso fino a Sant'Agata la Guilia, volgeasi
a scirocco lungo una linea che or si tirasse dalla cattedrale allo
Spedal grande, e, ripiegandosi verso greco, toccava gli attuali
monisteri dei Benfratelli e Santa Chiara, Università degli studii,
Uficio della Posta, Monistero di Santa Caterina, donde tornava alla
chiesa di Sant'Antonio. Figura ellittica, il cui asse maggiore coincidea
con la strada del Cassaro d'oggi presa dalla cattedrale a Sant'Antonio.
A quest'asse correan quasi paralelle, d'ambo i lati, due strade che
agevolmente oggi si riconoscono, anguste e serpeggianti come tutte
quelle del medio evo; l'una dal Monastero delle Vergini alla Beccheria
vecchia (_Ocidituri_); l'altra dal Palagio Comunale al monastero di
Santa Chiara. Non si badi molto alla pianta del Morso, _Palermo antico_,
che si riferisce ai tempi normanni, e d'altronde è inesattissima.
[149] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr; il _Baiân_; e Ibn-Khaldûn ai luoghi
citati nella nota 2 della p. 67 del presente vol. Il _Baiân_ dice
espressamente che Abd-Allah entrava dopo accordato l'_amân_ il venti di
ramadhân.
[150] Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 60; e presso Muratori,
_Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 269.
[151] Vita di Sant'Elia, presso il Gaetani, op. cit., tomo II, p. 73.
[152] Si trova nel solo Ibn-el-Athîr, in un passo di cui abbiamo tre
MSS. con tre lezioni diverse: _Bartibûa_, _Iartînûa_, e nel MS.
ordinariamente più corretto, _Bartanobûa_. Facendo astrazione delle
vocali non accentuate, il nome si riduce a sette lettere, alcune delle
quali posson variare secondo i punti diacritici. Le lettere sono: 1ª
_b_, _i_, _n_, _t_, _th_, e può anche rispondere alle nostre _p e v_; 2ª
_r_, ovvero _z_; 3ª _t_; 4ª e 5ª stesse lettere che la prima; 6ª _w_,
ovvero _û_; 7ª _a_, la quale potrebbe esser muta, onde la finale è anche
incerta tra _û_ e _wa_. Combinando le consonanti con varie vocali, la
migliore lezione sembra _Neritînû_, che risponde al nome dato dai
geografi antichi ai popoli di _Neritum_ in terra d'Otranto. _Neritum_,
oggi Nardò, città poco lontana dal mare, fu assai importante nel medio
evo, fatta sede vescovile nel XV secolo. Ma la mia conghiettura è tanto
più incerta, quanto sappiamo assai vagamente la regione di cui si
tratti, come diremo nella nota seguente.
[153] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167
verso; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; ed anno 261, MS. A, tomo
II, fog. 92; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars, fog. ...;
Johannes Diaconus, _Translatio corporis Sancti Severini_, presso
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 60; e presso Muratori,
_Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 269, seg.; _Baiân_,
tomo I, p. 123, anno 288; _Chronicon Cantabrigiense_, presso Di
Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 44; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique
et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 137, 138; e il cenno
che ne fa Nowairi, con errore di data, nella _Storia d'Affrica_, in
appendice alla _Histoire des Berbères_, _par Ibn-Khaldoun_, versione di
M. De Slane, tomo I, p. 431; _Chronicon Vulturnense_ presso Muratori,
_Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 415.
Più che ad ogni altro si badi a Ibn-el-Athîr, e Giovanni Diacono. Nei
MSS. A e di Bibars si legge che le navi musulmane tornavan da Reggio a
Messina cariche di roba e _dakík_, che vuol dir farina, ma credo vada
corretto _rakîk_, schiavi. La battaglia di Reggio è riferita da
Ibn-el-Athîr al mese di regeb (21 giugno a 20 luglio 901), e dalla
Cronica di Cambridge precisamente al 10 giugno; e questa data io ho
seguito, ma forse è erronea, e si dee correggere 10 luglio, mutando una
sola lettera nel testo arabico, e leggendovi _iuliu_ in vece di _iuniu_.
Il _Baiân_ in luogo di _Ríwa_ (Reggio) ha _z la_, che si potrebbe
supporre Scilla, ma è alterazione del primo di questi nomi. Ibn-Khaldûn,
per errore, credo io, di memoria, frettolosamente compendiando questi
annali, scrisse che Abd-Allah, andato da Taormina a Catania, e
trovandola ostinata alla difesa, se ne tornò per ripugnanza a spargere
sangue musulmano. Ciò non si legge in ibn-el-Athîr; nè è probabile che
Catania a questo tempo fosse già divenuta colonia musulmana. Anzi, la
espugnazione del vicino castello di Aci nel 902, ch'era tenuto dai
Cristiani, li fa supporre signori anco di Catania.
Adesso debbo allegar le testimonianze di quell'ultima impresa di
Abd-Allah, dopo la distruzione delle mura di Messina. Ibn-el-Athîr,
abbozzando sotto l'anno 261 una biografia di Ibrahim-ibn-Ahmed, dice che
proponendosi costui il pellegrinaggio e la guerra sacra, andò a Susa
l'anno 289 (902) “e indi passò col navilio in Sicilia, _e pose il campo
a Demona, Assediatala per diciassette giorni, andò a Messina, e passò a
Reggio, ove s'era adunata gran gente dei Rûm. Ei li combatteva alle
porte della città; li sbaragliava; e prendea Reggio, con la spada alla
mano, del mese di regeb. Saccheggiatola, fece ritorno a Messina, di cui
abbattè le mura; e, trovando in porto le navi arrivate da
Costantinopoli, ne prese trenta. Andò poi a Neritînû_ (_Bartîbû_ etc.),
_e se ne insignorì alla fine di regeb. Ei diè esempi di giustizia e di
buona condotta verso i sudditi._ Andò poi a Taormina etc.,” seguendo a
narrare la espugnazione di questa città nel 902. Or lo squarcio che ho
messo in carattere corsivo è compendio esatto, e in molti luoghi
trascrizione, di quello che contiene le imprese di Abd-Allah del 901, il
quale si trova sotto l'anno 287; se non che in quest'ultimo manca la
impresa di Neritînû. E evidente dunque che Ibn-el-Athîr, o il copista,
replicò nella guerra d'Ibrahim parecchi fatti di quella di Abd-Allah
dell'anno precedente. È evidente, dico, per lo assedio di Demona,
vittoria di Reggio, presura delle navi greche a Messina, e distruzione
delle mura di questa città. Mi pare probabile per la occupazione di
Neritînû.
E ciò perchè Ibn-Khaldûn, il quale compendiava gli annali di
Ibn-el-Athîr, e un'altra cronica più antica, dopo tutte le imprese di
Abd-Allah come noi le abbiamo narrato, fino alla distruzione delle mura
di Messina, continua: “Indi tragittò nella vicina parte d'Italia (così
va resa la denominazione di _a'dwet-er-Rûm_); combattè con popoli
Franchi d'oltre il mare; e tornò in Sicilia.” La città dunque il cui
nome leggiam sì male in Ibn-el-Athîr, par che giacesse nella regione
vagamente chiamata _a'dwet-er-Rûm_, che non si può intendere del solo
stretto di Messina, ma di tutta la costiera che guarda la Sicilia, se si
ricordi il valor della denominazione analoga di _Berr-el-A'dwa_ in
Affrica. I Franchi combattuti da Abd-Allah non poteano esser che le
genti dei duchi di Spoleto e Camerino condotti ai soldi di Leone il
Sapiente. Ritraggiamo infatti ch'egli nel 904 abbia mandato danaro ai
_Franchi_ per rinforzare l'esercito destinato contro la Sicilia. Veggasi
il cap. IV del presente Libro, p. 87, 89.
[154] Johannes Diaconus Neapolitanus, l. c.
[155] Nowairi, _Storia d'Affrica_, MS. di Parigi 702 A, fog. 53 verso; e
traduzione di M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldûn, _Histoire des
Berbères_, tomo I, p. 431; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, versione di M. Des Vergers, p. 138 e 139. Avvertasi che M. De
Slane ha saltato il luogo del Nowairi, ove si dice della malattia che
colpiva Ibrahim in questo momento. Quanto alla tradizione, sembra che il
Nowairi l'abbia tolto da Ibn-Rekîk; al par di Ibn-Khaldûn, il quale lo
attesta espressamente. Egli è vero che Ibn-Abbâr, MS. della Società
Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, riferisce aver letto nella Storia
d'Ibn-Rekîk, che Mo'tadhed minacciò di deporre Ibrahim e surrogargli,
non il figliuolo, ma il cugino Mohammed; ma questo si dee tenere come
fatto diverso, seguito appunto nell'896, prima della uccisione del detto
Mohammed, della quale abbiam fatto parola nel Capitolo precedente, p.
58. Debbo avvertire che secondo una variante proposta dal prof.
Fleischer nel testo di Nowairi, invece di “malattia biliosa” si dovrebbe
tradurre “gli si fece incontro con vestimenta negre.” _Biblioteca
Arabo-Sicula_, testo, p. 451, e Introduzione, p. 63. Ma non n'è certo
quel dotto orientalista; nè io.
[156] _El-Fâsik_. Questo soprannome si legge in Ibn-Abbâr, op. cit.,
fog. 32 verso.
[157] _Baiân_, tomo I, p. 125 e 126.
[158] Veggasi nel Capitolo II del presente libro la nota 2 a p. 55.
[159] Riscontrinsi: il _Baiân_, l. c.; e Nowairi, _Storia d'Affrica_,
nell'op. cit., p. 432.
[160] Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167 verso; e MS. di
Bibars, fog. 123 recto, seg.
[161] Riscontrinsi: Nowairi, l. c.; Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo
II, fog. 92 recto; e MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; _Baiân_, tomo I, p.
126.
[162] Johannes Diaconus, _Translatio corporis S. Severini_, presso
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 62; e presso Muratori,
_Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte IIª, p. 209, seg.
[163] Ibn-el-Athîr e Nowairi, ll. cc. Nella versione di M. De Slane la
data della partenza per Nuba è posta per errore di stampa in vece del 16
il 22 di rebi' secondo, che tornerebbe al 5 aprile.
[164] Trapani certamente, come scrive Ibn-Khaldûn, ancorchè nel testo di
Nowairi si legga Tripoli. Nelle opere arabiche quei due nomi son confusi
spesso. Ma qui il testo di Nowairi non lascia luogo a dubbio, portando
che Ibrahim da Nûba navigò a quella città, e che indi _cavalcò_ per a
Palermo.
[165] In maggio, secondo la diligentissima Cronica di Cambridge. Secondo
il conto di Nowairi lo sbarco sarebbe avvenuto nella seconda metà di
giugno, poichè Ibrahim si intrattenea diciassette giorni a Trapani; ma
questa cifra può essere sbagliata, come lo è di certo quella del
soggiorno in Palermo.
[166] Giovanni Diacono napoletano espressamente nota che Ibrahim
sdegnasse d'entrare in Palermo, come casa propria. All'incontro Nowairi
riferisce tanti particolari da non potersi mettere in forse l'andata. Il
detto che Ibrahim non tenne, ma fece tenere da altri il Tribunale dei
Soprusi, mi fa supporre che il tiranno fosse rimaso fuor la città
vecchia.
[167] Riscontrinsi: Nowairi, _Storia d'Affrica_, MS. di Parigi 702 A,
fog. 53 verso; e traduzione francese di M. De Slane, in appendice a
Ibn-Khaldûn, _Histoire des Berbères_, tomo I, p. 432; Ibn-Khaldûn,
_Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, versione di M. Des Vergers, p.
142; Johannes Diaconus Neapolitanus, _Translatio corporis Sancti
Severini_, presso Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 61.
Non cito Ibn-el-Athîr perchè il testo è viziato, come dissi nel capitolo
precedente, nota, p. 73. Avvertasi che la versione di M. De Slane in
questo luogo del Nowairi sembra poco esatta, e v'ha qualche error di
stampa nelle date, oltre lo errore del Nowairi che Ibrahim arrivato in
Palermo il 28 regeb (8 luglio), e soggiornatovi _quattordici_ giorni, ne
fosse partito il 7 scia'bân (17 luglio). M. De Slane ha soppresso
quest'ultima data, accorgendosi che fosse sbagliata.
[168] Il nome di Costantino si legge nella Vita di Sant'Elia da
Castrogiovanni, e gli è dato il titolo di patrizio. I cronisti bizantini
scrivon che “fosse In Taormina,” al tempo della espugnazione, Caramalo,
come e' pare, capitano del presidio, quantunque non gli dian titolo di
patrizio, nè altro. Penso io dunque che si tratti d'un medesimo
personaggio per nome Costantino, e di casato Caramalo. I bizantini non
dicono nè anco il grado di Michele Characto, ma ch'egli accusò di viltà
e tradimento il Caramalo, quand'entrambi si rifuggirono a
Costantinopoli. Da ciò la conghiettura che il Characto fosse secondo in
grado, o capitanasse qualche corpo ausiliare, il quale virtuosamente
avesse combattuto contro Ibrahim. Giorgio Monaco fa supporre che
Eustazio, drungario dell'armata, fosse stato inviato a Taormina o
incaricato di recarle aiuto; il che ei non fece, e indi ne fu punito. Ma
par che il cronista supponga questa colpa, confondendola con quella che
certamente commise Eustazio, mandato contro l'armata di Leone da Tripoli
di Siria.
[169] Riscontrinsi: Georgius Monachus, _De Leone Basilii filio_, § 25,
p. 861; _Theophanes continuatus_, lib. VI, § 18, p. 365; Symeon
Magister, _De Leone Basilii filio_, § 9, p. 704; Leonis Grammatici,
_Chronographia_, p. 274.
[170] La versione latina ha: _Quippe lumbare lineum supra lumbos suos
ponere._ Dunque il buon vecchio, gittata la cocolla, si mostrava con le
sole mutande, per imitare, credo io, la foggia degli schiavi. _Vita
Sancti Eliæ Junioris_ presso Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo
II, p. 73 e 74; e nella collezione dei Bollandisti, 17 agosto, p. 479,
seg.
[171] Corano, Sura XLVIII, verso 1.
[172] Corano, Sura XXII, versi 20 e 21.
[173] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92; MS.
C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; Nowairi, _Storia
d'Affrica_, testo nel MS. di Parigi 702, A, fog. 53 verso, e traduzione
presso De Slane, op. cit., p. 432, 433; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, p. 142; _Chronicon Cantabrigiense_, presso
Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 44; Johannes Diaconus presso
Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 61. Non cito i
Bizantini perchè non portano particolari del fatto, nè date. Nella
Cronica di Cambridge l'anno è sbagliato dal copista che scrisse _sifta_
(sei) in luogo di _sena_ (anno), la qual voce differisce dalla prima per
un sol punto diacritico. Così vi si trova 6416 in luogo di 6410, cioè
908 in luogo di 902. Ma le altre testimonianze storiche non lascian
dubbio su la vera lezione; e a ritrovarla basterebbe anco il calendario,
perchè la Cronica di Cambridge espressamente dice presa Taormina la
domenica primo d'agosto, il qual dì incontrò in domenica il 902, e non
il 908. Il giorno designato da Ibn-el-Athîr, è il 22 scia'bân 289, che
risponde esattamente al 1º agosto 902. La Cronica del Monastero di
Volturno, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte
IIª, p. 415, accenna senza data la espugnazione di Taormina.
[174] Johannes Diaconus, l. c. È verosimile e perciò non l'ho tolto via,
quel vanto da cannibale che Ibrahim forse non intendeva di consumare.
Nel _Baiân_, tomo I, p. 123, leggiamo che il 283 (896) egli avea fatto
uccidere quindici persone a Taurgha nell'odierno Stato di Tripoli, e
cuocerne le teste, come se volesse imbandirle a mensa; il che fu cagione
che la più parte del proprio esercito lo abbandonasse. Un MS. della
Biblioteca di Bamberg, dello XI secolo, citato nell'opera di Pertz,
_Scriptores_, tomo III, p. 548, in nota alla Cronica Salernitana,
accenna il martirio di San Procopio, evidentemente compendiando e
alterando la narrazione di Giovanni Diacono.
[175] Nei varii MSS. d'Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn; e Nowairi questo nome
si legge Bîkesc, Benfesc, Tîfesc, Minisc, Minis, e talvolta è scritto
senza punti diacritici. Edrisi pone tra Messina e Taormina, in luogo
aspro e montuoso, a 15 miglia verso mezzodì da Monforte, una terra
Mîkosc, Mîkos, Minis, secondo i varii MSS. Non trovo in oggi nomi
somiglianti; ma il luogo risponde tra il Capo di Scaletta e il Monte
Scuderi; sia Artalia, o Pozzolo Superiore, o Giampileri ec. Castello par
che non ne rimanesse nè anco al tempo di Edrisi. Il nome mi par latino o
greco, Vicus, Μῦχος Μηκὰς o anche Νῖκος. Mandanici, che darebbe
quest'ultimo nome aggiunto a quel di Μάνδρα, non risponderebbe alla
detta distanza da Monforte, che per altro può essere inesatta o
sbagliata nel MS. di Edrisi.
[176] Veggasi la nota 4 a p. 468 del I Volume, lib. II, cap. XII,
intorno il sito del castel di Demona.
[177] Si pronunzii come _Hodjr_ in francese, e in inglese _Hojr_. Non
l'ho scritto _Hogr_ perchè darebbe un suono diverso.
[178] Certamente _El-Iagi_, quantunque alcun MS. porti _El-Bâgi_,
_Et-Tâgi_ ec., mutando i punti diacritici, e altro dia le lettere senza
punti. Edrisi lo scrive Liâgi, come si legge nei migliori MSS.,
dovendosi negli altri aggiugnere un punto diacritico alla lettera _b_ e
mutarla così in _i_, Liag o Liagi in luogo di Lebag che si è trascritta.
La differenza di ortografia tra Edrisi e le memorie, di certo anteriori
a lui, su le quali compilò Ibn-el-Athîr, dà luogo a una curiosa
osservazione filologica. Nel X secolo, al quale van riferite quelle
memorie, il nome di Ἄκις e _Acis_, pronunziato in Sicilia, com'oggi
_Iaci_, con la prima vocale strisciante nel modo che avvertii per Enna,
era scritto dagli Arabi col loro articolo _el_; probabilmente perchè i
Greci l'usavano anche con l'articolo. Nella prima metà del XII secolo,
in cui visse Edrisi, si dicea _Li Aci_ con l'articolo italiano, il che
può aggiugnersi alle altre prove che la lingua nostra già si parlasse in
Sicilia.
[179] Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn, e Nowairi, ll. cc. Il
racconto di Nowairi, che in questo luogo è particolareggiato più che gli
altri, dopo aver detto di Bico, Demena e Rametta, continua: “E mandò
sopra Aci, con un'altra schiera, Sa'dûn-el-Gelowi. Tutte le popolazioni
insieme si rivolsero a costui, profferendo la _gezîa_; ma egli non
l'accettò, nè volle altro patto che l'uscita loro dalle fortezze.
Uscironne dunque: ed egli distrusse tutte le rôcche e castella, e ne
gittò le pietre in mare.” Questo passo prova che la denominazione di
Aci, al principio del X secolo, comprendesse parecchie castella; ovvero
che Aci fosse come la capitale di quelle sparse sul fianco orientale
dell'Etna. Tra i due supposti, terrei piuttosto il primo; perchè ai
tempi di Edrisi, Aci par che fosse nominata al plurale, come dissi nella
nota precedente; e in oggi v'ha infino a sette comuni di tal nome, poco
lontani l'un dall'altro. Qual fosse la fortezza principale nel 902, non
so. Forse Castel d'Aci, posto sopra un masso di basalto in sul mare,
rimpetto alli scogli de' Ciclopi, o Faraglioni come or chiamansi: _Le
isole di Aci_ di Edrisi. Castel d'Aci è famoso nelle guerre degli
Angioini contro gli Aragonesi. Potrebbe darsi ancora che la rôcca
principale fosse stata sul vicin “Capo dei Molini” ove si trovano ruderi
antichissimi; ovvero nel quartier della odierna Acireale, detto Patané,
che ha avanzi di un edifizio romano o bizantino, e vi si è scavata una
grossa pietra di lava, col noto monogramma del motto “Gesù Cristo vince”
che si solea porre nelle fortezze e bandiere bizantine. Veggasi su le
antichità dette l'erudito lavoro di Lionardo Vigo, _Notizie storiche
d'Aci Reale_, cap. II.
[180] Veggasi il Libro I, cap. IV, p. 100, seg., e nota 1 alla pag. 102.
L'episodio di Ibrahim appartiene esclusivamente a Pietro Diacono. Si
conserva manoscritto nella Biblioteca di Monte Cassino; come ritraggo
dalla lista messa in appendice al trattato di Pietro Diacono, _De viris
illustribus Cassin._; presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_,
tomo VI. È pubblicato dal Gaetani, _Vitæ Sanctorum Siculorum_, tomo I,
p. 181, seg., con note che condannano qualche bugia e mostrano gli
anacronismi sconci della narrazione, compilata, come dice Pietro
Diacono, su la Cosmografia di Teofane, e la “Cronologia dei Pontefici
Romani.”
[181] Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92, seg.; MS. C, tomo
IV, fog. 246 verso.
[182] Georgius Monachus, _De Leone Basilii filio_, § 25, p. 860, 861; e
Leo Grammaticus, _Chronographia_, p. 274, dicono espressamente
condannati a morte, pel fatto di Taormina, il Caramalo ed Eustazio
drungario dell'armata; e nominano i due monasteri diversi nei quali
furono mandati per commutazion di pena. Contuttociò Giorgio Monaco nel §
29, narrando la impresa di Leone da Tripoli che seguì due anni dopo,
dice mandatovi Eustazio con tutte le forze navali; il quale tornò,
allegando non aver potuto trovare il nemico. Pare dunque che la condanna
debba riferirsi a questo secondo fatto; ma non è inverosimile,
trattandosi della corte bizantina, che dopo la prima prova sia stato
tratto Eustazio dal monastero, per affidargli di nuovo l'armata e la
fortuna dell'impero.
[183] Johannis Diaconi Neapol., _Translatio_ etc., presso Gaetani, _Vitæ
Sanctorum Siculorum_, tomo II, p. 62.
[184] Johannes Cameniata, _De Excidio Thessaloniciensi_, esattamente
narra tutti i particolari di cui fu testimone oculare; e tra gli altri,
al § 18, p. 512, la nazione dei soldati capitanati dal rinnegato Leone.
Perciò il Rampoldi grossolanamente sbagliò, _Annali Musulmani_,
scrivendo sotto l'anno 902 che i “Musulmani Aghlabiti, radunata una
flotta in Affrica e in Sicilia, prendeano Lenno, e minacciavano
Costantinopoli, comandati da Leone di Tripoli.” Lo seguì in questo
errore il Martorana, _Notizie dei Saraceni Siciliani_, tomo I, cap. II,
p. 69; e nota 88, p. 20; e scrisse i fatti di Lenno e Tessalonica “tra
le belle gesta che pur fecero i Saraceni Siciliani,” ingannato anche
dalla concisione di Cedreno, il quale suppone Taormina e l'isola di
Lenno occupate nella medesima impresa. Lenno fu presa dai Musulmani di
Cilicia, capitanati da un altro rinnegato per nome Damiano, l'anno 903;
come si scorge dalle autorità che cita il Le Beau, _Histoire du Bas
Empire_, lib. LXXII, § 31; e in particolare da Symeon Magister, _De
Leone Basilii filio_, § 9 e 10, p. 704, il quale porta in anni diversi i
due fatti di Taormina e di Lenno. Oltre Giovanni Cameniata si veggano
per la impresa di Tessalonica, _Theophanes continuatus_, lib. VI, cap.
XX, p. 366, seg.; Symeon Magister, § 13, 14, p. 705; Leo Grammaticus, p.
277; Georgius Monachus, § 20, p. 862.
[185] Cento libbre d'oro secondo Giorgio Monaco, la Continuazione di
Teofane, e Symeon Magister, ll. cc. Giovanni Cameniata accenna prima
vagamente una grossa somma di danaro, e poi due talenti d'oro, op. cit.,
§ 59, p. 569. Il secondo aggiugne che il danaro servisse agli stipendii
e spese dell'esercito in Sicilia (τοῦ κατὰ Σικελίαν στρατοῦ), ma si deve
intendere di quello che si pensava far passare di Calabria in Sicilia.
Symeon Magister dice che le cento libbre d'oro eran chiuse in un
cestellino (κανίσκιος) per recarle ai Franchi. Senza dubbio si tratta
degli stessi Franchi di cui fa menzione Ibn-Khaldûn nel 901; e
probabilmente erano i duchi di Spoleto e Camerino, che nel IX e X secolo
fecero un po' i capitani di ventura. Si vegga sopra a pag. 72, 74.
[186] Johannes Cameniata, op. cit., § 39 e 64, p. 569 e 576; _Theophanes
continuatus_, lib. VI, cap. XX, XXI, p. 366, seg.; Symeon Magister, _De
Leone Basilii filio_, § 13, 14, p. 705, seg.; Georgius Monachus, _De
Leone Basilii filio_, § 29, 30, p. 862, seg.; Leo Grammaticus, p. 277.
Veggasi anche Le Beau, _Histoire du Bas Empire_, lib. LXXII, § 32, seg.
[187] Ibn-el-Athîr, l. c.; Nowairi, _Storia d'Affrica_, MS. di Parigi,
702, A, fog. 53 verso; e la traduzione francese presso M. De Slane, op.
cit., p. 433; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p.
143, dice Ibrahim tornato in Sicilia, e morto all'assedio di Cosenza
ch'ei non sapeva essere in Calabria. Il detto ritorno è evidente sbaglio
nato dal confondere questa impresa di Ibrahim con quella del figliuolo
l'anno innanzi.
[188] Giovanni Diacono, testimone oculare ed autor di questo racconto,