Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - 21


Più che mai genuino comparisce l'innesto di rampollo arabo
su ceppo siciliano in persona di Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-abi-Fereg-
ibn-Fereg-ibn-abi-l-Kasim, _Kattâni_ o vogliam dire “il Linaiolo,”
soprannominato il “Sottil Grammatico,” nato in Sicilia il
quattrocenventisette (1035-6); dove fece tutti gli studii e ne uscì
armato da capo a piè in giurisprudenza malekita, grammatica, lingua
ed erudizione d'ogni maniera; e nelle due prime fu tenuto uom sommo,
se non che attaccandosi ad appuntar gli errori di questo e di quello,
tutti gli si volser contro e tagliarongli i passi.[1304] Lasciata la
Sicilia, com'e' pare alla caduta di Palermo, andò a Bagdad nel Korasân,
e a Gazna; donde passò, su le orme dei conquistatori turchi, in India:
e per ogni luogo rifaceva il verso ai dottori ed appiccava battaglia.
Avvenne un dì ch'egli entrasse in una scuola, credo a Mêrw in Khorasân
e di teologia,[1305] tenuta da Mohammed-ibn-Mansûr, Sem'âni; il quale
cominciato a dettar la lezione, il Sottil Grammatico lo interruppe:
“Non è com'ei dice; va scritto così e così.” E Sem'âni ai
discepoli: “Correggete a sua posta, ch'ei ne sa più di me:” i
quali obbedirono. Non guari dopo il Siciliano, rivolto a
Sem'âni, “Signor mio,” disse, “ho sbagliato, chè menda non v'era nel tuo
dettato:” e quegli pacatamente: “Si rifaccia dunque come stava:” e
finita la lezione, trovandosi solo con gli amici, ripigliò: “Il
Magrebino[1306] mi sfidava per dirmene un sacco delle sue, com'ha fatto
con gli altri; ma gli uscii di sotto; ed ecco che s'è condannato di
bocca propria.” Kattâni morì a Ispahan, il cinquecento dodici (1148-9.)
Ebbe a maestro in dritto il celebre siciliano Mohammed-ibn-Iûnis, e in
grammatica un Ali-Haiûli, siciliano o dimorante nell'isola.[1307]
Nella gioventù di Kattâni era trapassato in Sicilia un valente filologo
secondo que' tempi, per nome, Abu-Ali-Hasan-ibn-Rescîk. Nacque l'anno
mille a Msila d'Affrica, d'un liberto di schiatta greca o italica:[1308]
il quale apparando al figlio la propria arte d'orafo, il mandò insieme a
scuola; e visto il pronto ingegno alla poesia ed alle lettere, gli
assentì d'andare a quindici anni, a Kairewân, antico emporio della
cultura arabica. Dove Ibn-Rescîk guadagnò dottrina, fama e stato. Un
poema in lode di Moezz-ibn-Badîs lo fece entrare al servigio del
principe;[1309] tenuto poscia tra i poeti di corte,[1310] e fatto
segretario di guerra.[1311] Sino al limitare della vecchiezza, visse
prosperamente a corte, tra gli studii, tra le amistà e nimistà
letterarie ed alcun brutto costume, svelatoci dal Siciliano
Abu-Abd-Allah-ibn-Seffâr, erudito dabbene, il quale trovandosi al
Kairewân, tutto lieto d'esser fatto intimo di Ibn-Rescîk, si trovò terzo
personaggio in una strana commedia.[1312]
Ma al conquisto degli Arabi d'oltre Nilo, quando Moezz era costretto a
chiudersi in Mehdia (1057) e il poeta ve l'accompagnava[1313], la mala
fortuna, come pur suole, accese discordia tra i due vecchi amici.
Un'armata cristiana, di Pisa forse o di Genova, s'era appressata
nottetempo a Mehdia; il principe affaccendato in sul far dell'alba a
provvedere al pericolo, leggea gli spacci a lume d'un doppiere,
quand'ecco Ibn-Rescîk entrare nella stanza, e porgergli un poema che
incominciava: “Fa' cuore; non ti s'offuschino i pensieri nel cimento:
chè già alla tua possanza ognun piega il collo.” — “E come far cuore,”
proruppe Moezz, “quando tu mi vieni tra i piedi ad aiutarmi così? Perchè
mo non stai zitto!” E stracciò il poema, e bruciollo al doppiere.
Ibn-Rescîk, voltate incontanente le spalle, s'imbarcò per la
Sicilia,[1314] dove avea amici; sapendosi di due poeti siciliani che si
carteggiavano con esso, e rimanendoci fino i versi ch'ei scrisse all'uno
arrivando a Mazara e la risposta per le rime.[1315] Raccolto a grande
onore dai principali della terra, lo rappattumarono con Ibn-Scerf, poeta
del Kairewân e della corte di Moezz e però suo mortal nemico; il quale,
avendo riparato in Sicilia prima di lui, s'era messo subito a
lacerarlo.[1316] L'ospitalità siciliana non tolse che venuto per cagion
di mercatare un legno di Mo'tadhed, principe Abbadida di Siviglia,
Ibn-Rescîk si mettesse ai panni al padrone, pregando di menarlo seco a
corte; il quale gliene promesse e poi lo piantò. Rimaso parecchi anni
tra sì e no di far il viaggio di Spagna, venne a morte in Mazara verso
il millesettanta.[1317]
Il cui soggiorno tra il romor delle armi cristiane, non promosse, credo
io, le lettere, nè ad altro giovò che a tramandarci qualche aneddoto
dell'antica corte kelbita e qualche barlume su la cultura
contemporanea. Lasciando addietro le opere perdute d'Ibn-Rescîk, in
giurisprudenza,[1318] lingua,[1319] storia letteraria,[1320] fatti
memorabili della storia,[1321] ed una Cronica del Kairewân;[1322]
lasciando addietro le poesie, facili, vivaci e talvolta oscene,[1323]
noterò un trattato di poetica denominato _La Colonna_, nel quale la
ragion dell'arte è considerata al modo che noi abbiamo appreso dai
maestri greci; e si accenna ad alcun precetto di quelli.[1324] Onde
direi cotest'opera compiuta in Sicilia da Ibn-Rescîk, con que' pochi
lumi di greche lettere che vi rimanessero: un anonimo Siciliano ne fece
poi un compendio col titolo di _Preparamenti_.[1325] Più chiara
apparisce la sorgente in due versi d'Ibn-Rescîk, coi quali il poeta
esortando, com'e' parmi, alcun regolo dell'isola a lasciarsi menare a
guinzaglio dai dotti, ricorda forse il nome d'Atene, e v'appicca quel
della Sicilia, con una etimologia che allor correa tra gli Arabi del
paese.[1326]
La falsa etimologia, dico, da due vocaboli greci che significan fico ed
olivo, ripetuta dai cronisti latini di Sicilia del decimoterzo
secolo,[1327] scritta per lo primo da un filologo arabo che visse fino
al millecinquantotto e fu maestro d'Ibn-Kattâ'. Ebbe nome
Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ali-ibn-Hasan-ibn-Abd-el-Berr, della tribù di
Temîm; il quale uscito di Sicilia per proseguire gli studii di
tradizioni, grammatica e lessicografia, soggiornò in Oriente, forse a
Bagdad; e tornando in patria, recò il celebre dizionario di Gewhari; fu
accolto e messo in alto stato da Ibn-Menkûd che regnava allor in Mazara,
principe d'austerissima pietà al dir del biografo.[1328] Che
Ibn-Abd-el-Berr abbia tolto da Ibn-Rescîk quella falsa etimologia e la
erudizione che pur vi si richiedeva, non mi par punto verosimile. Un
secolo innanti gli Arabi Siciliani avevano aiutato alla interpretazione
d'opere scientifiche dei Greci; notaron poscia gli avanzi d'antichi
monumenti; raccolsero qualche favola delle colonie greco-sicole;[1329]
vissero con Greci di Sicilia culti tanto o quanto. V'ha cagione dunque
di presumere che si fosse tentato dai Musulmani dell'isola nella prima
metà dell'undecimo secolo qualche studio su la letteratura greca, rozzo
sì, ma da poter mostrare agli scrittori arabi un altro campo come quello
delle scienze filosofiche e matematiche coltivato al tempo di Mamûn. E
la Sicilia offriva ottimo terreno all'esperimento. Se non che molto più
agevole torna a trapiantare da schiatta a schiatta le scienze che le
lettere; ed ormai la virtù degli Arabi mancava da per tutto; la colonia
siciliana era lì lì per cadere sotto il dominio straniero.
Quel soprannome d'Ibn-Kàttâ (Figliuolo del picconiere) si dètte ad una
famiglia del ceppo modharita di Temîm, ramo di Sa'd-ibn-Zeid-Monat, la
quale par venuta in Sicilia da Santarem di Portogallo verso la metà del
decimo secolo.[1330] Gia'far-ibn-Ali di tal gente, filologo di
molta dottrina, rinomato nello stile epistolare, lodato per
proprietà di linguaggio e delicato gusto in poesia, vivea fino al
millecinquantotto,[1331] forse in un villaggio a poche miglia di
Palermo.[1332] Da lui nacque, il dieci sefer del quattrocentotrentatrè
dell'egira (8 ottobre 1041), illustre figliuol d'uomo illustre, scrivono
i biografi, Ali-ibn-Gia'far, detto similmente Ibn-Kattâ', il quale ebbe
a maestri in lettere e tradizioni Ibn-Abd-el-Berr ed i primi eruditi del
paese; fece versi a tredici anni, a andò crescendo di dottrina e fama,
finchè, abbattuto l'ultimo vessillo mussulmano in Sicilia, emigrò in
Egitto: dove non fu onoranza che non gli fosse resa; anzi il tennero
come dittatore nelle lettere; e giuravano su l'Ei così disse. Il
ministro Afdhal, sì benigno agli usciti siciliani, lo volle maestro dei
proprii figliuoli;[1333] scriveasi a vanto nelle biografie chi gli fosse
stato amico o discepolo:[1334] da lui appresero gli Arabi d'Egitto, e
studiaronlo con le sue glose, il dizionario di Gewhari; a dispetto di
qualche saccente che accusavalo di non tenerne il testo autentico, ma
una copia con licenze posticce:[1335] che par calunnia, poichè
Ibn-Abd-el-Berr gli avea potuto insegnare quel libro in Sicilia. Morto
del mese di sefer cinquecentoquindici (aprile e maggio 1121) al Cairo
vecchio,[1336] lo seppellirono accanto al legislatore Sciafe'i.[1337]
Com'egli primeggiò tra i letterati arabi della Sicilia, Ibn-Kattâ' così
fu quel che più scrisse delle cose patrie. Dettò una storia di Sicilia
ch'è perduta;[1338] sparse qua e là cenni biografici, geografici e di
varia erudizione sul paese;[1339] compilò un'antologia siciliana
intitolata _La nobile Perla e l'eletta dei poeti dell'isola_: della
quale ci rimangono gli squarci che piacquero a Imâd-ed-dîn d'Ispahan; e
son di quarantatrè poeti,[1340] tra i censettanta che ne avea trascelti
Ibn-Kattâ',[1341] e di ciascuno par abbia data la biografia, poichè vi
messe la sua propria.[1342] Sortirono maggior fama in Levante e Spagna
le opere di filologia e storia letteraria. Il _Libro dei Verbi_, che al
dire d'Ibn-Khallikân tolse il primato a quel dello spagnuolo
Ibn-Kûtîa;[1343] la _Fabbrica dei nomi, verbi e infiniti_, cioè un
quadro generale delle forme grammaticali, lodato anche da Ibn-Khallikân,
dove l'autore aggiunse forse un centinaio di nuove forme spigolate nei
glossarii e scrittori; e sembra l'ultimo suo lavoro.[1344] In
lessicografia lasciò il comento al Gewhari;[1345] la _Correzione della
lingua_;[1346] il _Libro della Spada_, glossario de' nomi e predicati
che usano dar gli Arabi a quell'arme;[1347] il _Libro dell'Andare e del
Viaggiare_ anche esso in ordine alfabetico, il quale par lista dei verbi
che significan l'uno o l'altro;[1348] e il _Libro delle
Interiezioni_.[1349] Scrisse due trattati di versificazione[1350] ed un
comentario su le poesie di Motenebbi.[1351] Il compendio intitolato
_Kitab-el-Kisár_, sembra dizionario biografico di una classe di
scrittori;[1352] è trattato di storia letteraria il libro dei _Sali
contemporanei_;[1353] quel dei _Luccicanti Sali_, è Antologia de' poeti
Spagnuoli.[1354] Le quali opere quanto fossero tenute in conto appo gli
eruditi musulmani, lo mostrano la lode d'Ibn-Khallikân che lo chiama
“principe delle lettere, massime in fatto di lingua” e le notizie che
tolgono spesso da lui Ibn-Khallikân medesimo, Imâd-ed-dîn, Iakût,
Ibn-Sa'îd lo storico, l'enciclopedista Scehâb-ed-dîn-Omari, Firuzabadi
nel Kamûs,[1355] e varii biografi. Da questi squarci, in vero,
Ibn-Kattâ' sembra accurato e sottile filologo, ed elegante scrittore,
più sobrio che non portassero i tempi. Mediocre poeta comparisce dai
frammenti rimastici delle molte poesie ch'ei dettò; e pur talvolta,
dimenticati i bisticci e le arguzie, si fa a ritrarre le immagini con
semplicità graziosa.[1356] Che se guardiamo ai precetti più che alle
opere, lo diremmo iniziato a que' primi studii delle lettere greche: qua
par che condanni il tipo della _Kasîda_ arabica;[1357] qua rende
espresso omaggio alle bellezze dell'antichità.[1358]
Segnalaronsi in varii rami di filologia i già nominati: Ibn-Kuni
linguista,[1359] Abu-Bekr-Mohammed grammatico e linguista;[1360]
Ibn-Tazi grammatico, scrittore di epistole e poeta;[1361]
Ibn-Fehhâm autore d'un commentario su i Prolegomeni Grammaticali
d'Ibn-Babesciâd;[1362] ed Omar ovvero Othman-ibn-Ali da Siracusa
discepolo d'Ibn-Fehhâm, autore di opere su la lingua, la grammatica e la
versificazione, professore al Cairo vecchio, maestro del filologo
egiziano Abd-allah-ibn-Bera.[1363] Dsehebi, senza notarne l'età, ricorda
un Tâher-ibn-Mohammed-ibn-Rokbâni, della tribù di Taghleb, siciliano,
soprannominato il vizir, l'uom più dotto del tempo suo in lingua
arabica, rettorica ed arte di scrivere in prosa e in verso, al quale
riverenti accorreano, per apprendere, i letterati d'ogni paese e
trovavano un mar di scienza:[1364] ma non ne rimane altro vestigio che
que' quattro righi datigli dal biografo, e due che ne serba al figliuolo
Ali, poeta, erudito in lingua, nelle antiche istorie degli Arabi e in
ogni altro studio che appartenga alle lettere.[1365] Con lode anco
troviamo i nomi di Ia'kûb-ibn-Ali-Roneidi filologo e poeta,[1366]
Abu-Mohammed, detto Dami'a grammatico, poeta e ottimo pedagogo;[1367]
Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Sados, grammatico, segretario e facilissimo
scrittore in prosa e in rima;[1368] Abu-Fadhl-Ali-ibn-Hasan-ibn-Habîb,
gran linguista e buon poeta;[1369] ed Abd-Allah-ibn-abi-Malek-Mosîb
della tribù di Kais, cima di linguista, al dir di Sefedi,
poeta nato e dotto di più in prosodia e versificazione;[1370]
Abu-Hasan-Ali-ibn-Mohammed di Kerkûda erudito;[1371] Ali-ibn-Abd-Allah
di Giattini,[1372] Siciliani tutti e d'epoca ignota. Avvi tra i molti
comentatori di Motenebbi nell'undecimo o duodecimo secolo un Ibn-Fûregia
e un Abu-Hasan-ibn-abi-Abd-er-Rahman, entrambi Siciliani.[1373]
Nel passar dalla didattica e critica al proprio effetto dell'arte,
troviamo, filologo insieme ed oratore, Abu-Hafs-Omar-ibn-Khelef-ibn-Mekki,
ricordato dianzi nei tradizionisti e giuristi.[1374] Il quale,
rifuggito in Affrica quando le continue vittorie dei Normanni, forse
la espugnazione di Palermo, toglieano ogni speranza di salute, conseguì
il magistrato di cadi a Tunis[1375] che allora si governava a repubblica.
È attribuita ad Ibn-Mekki la _Correzione della lingua_ che altri
riferisce ad Ibn-Kattâ',[1376] e potrebbero supporsi due opere col
medesimo titolo, che Ibn-Kattâ' avesse imitato per gareggiare con
quel sommo, “il cui valore, dice egli, celebravano e ripeteano tutte
le lingue per ogni luogo; quel che in eloquenza non cedette il
vanto ad Ibn-Nobâta, e lasciò modelli di poesia.[1377]” Dsehebi
anzi lo antepone al Cicerone degli Arabi, e come raro esempio
aggiugne ch'ei solea porgere dal pulpito un sermone novello
ogni venerdì.[1378] Ma gli squarci dei versi d'Ibn-Mekki san troppo di
predica; ritraggono della natura umana i soli vizii, consigliano la
solitudine e l'egoismo, nè escon di vena poetica;[1379] ond'io dubito
ch'ei n'abbia avuta d'oratore.
All'agrume ascetico d'Ibn-Mekki va contrapposta la spensieratezza
cavalleresca del segretario Hâscem, che argomentiamo al paro dai versi:
i quali due tipi si alternano con poco divario nei poeti arabi di
Sicilia. Abu-l-Kâsim-Hascem-ibn-Iûnis, al dir d'Ibn-Kattâ', fu
lodatissimo scrittore di epistole, motti arguti, racconti e
_mekâme_:[1380] quella maniera di componimento accademico che ha dato
rinomanza ad Harîri. Perdute le prose d'Hascem e la più parte delle
poesie, ci rimangono varii tagli di due e tre versi, e bastano pure a
mostrarlo seguace della scuola classica degli Arabi. Vi cogliamo anco
una bravura, credo io, di guerra civile: il poeta vedendo i suoi
sgomentati senza consiglio, fa testa egli solo ad un fier nemico
Abu-Nasr, e il rinfaccia agli ingrati concittadini. Altrove accenna ad
avventure d'amore, millantandosi che una notte negra come vaga chioma,
viaggiò tutto solo al ritrovo, toltosi per ciambellano il brando
tagliente, e per segretario la lancia rodeinita; e somiglianti
freddure.[1381] Citammo già il nome d'Ibn-Tazi, lodato scrittore
d'epistole.[1382] Porremo in lista coi prosatori i _Kâtib_, o vogliamo
dir Segretarii in oficio pubblico, richiedendosi a questo appo gli Arabi
non comune erudizione letteraria, per compilare quei rescritti
tramezzati di prosa rimata, sì peregrini, sì lambiccati di lingua e
stile, da parer d'altro popolo o d'altra età che gli scritti di storia o
scienze. Levaron grido, com'ei sembra, il segretario Abu-Sewâb da
Castrogiovanni, ricordato da Iakût nella notizia geografica di quella
città;[1383] Abu-Hasan-Ali-ibn-abi-Isâk-Ibrahim-ibn-Waddâni preposto ad
un officio pubblico in Sicilia.[1384] E dei poeti d'Ibn-Kattâ'
son detti Segretarii Abu-Ali-Ahmed-ibn-Mohammed-ibn-Kâf;[1385]
Abu-Ali-ibn-Hosein-ibn-Kalid,[1386] Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Sahl detto
Rozaik;[1387] Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-Ali-ibn — Sebbâgh amico
d'Ibn-Rescîk;[1388] Abu-Feth-Mohammed-ibn-Hosein-ibn-Kerkûdi,
copioso scrittore in rima e in prosa;[1389] Ibn-Kereni l'astronomo
e computista;[1390] Abd-el-Gebbar-ibn-Abd-er-Rahman-ibn-
Sir'în;[1391] Ibn-Kûni filologo, astronomo e geometra;[1392]
Abu-Hafs-Omar-ibn-Abd-Allah;[1393] il cadi Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn-
Kâsim-ibn-Zeid della tribù di Lakhm;[1394] Abu-Abd-Allah-Mohammed-
ibn-'Attâr;[1395] ed Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-Tûbi, elegantissimo
prosatore e poeta.[1396]
Tra tanti ingegni che onorarono la Sicilia musulmana, pochi si volsero
alla Storia. La cronica sola che ci rimanga è scritta in arabico sì, ma
pensata in altra lingua da un cristiano o figliuol di cristiano di
Palermo, che visse alla metà del decimo secolo, famigliare forse dei
principi kelbiti; chè le date costantinopolitane, lo stile timido, la
lingua scarsa, la grammatica volgare, la reticenza dei sentimenti
religiosi, la prudenza cortigiana, la brevità in principio (827) e la
diligenza in sul fine (964), ci svelano tutte le condizioni dell'autore,
fuorchè il nome.[1397] La storia di Sicilia d'Ibn-Kattâ' è
perduta.[1398] Corse per le mani di pochi eruditi fino al decimoterzo
secolo quella del giurista Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia, della quale abbiamo
frammenti che illustrano la geografia,[1399] e sembra tolto anco da
quella il caso di Malta nella guerra di Maniace; onde l'autore
tornerebbe alla metà dell'undecimo secolo:[1400] siciliano è da dirsi,
per nascita o soggiorno, all'argomento ch'elesse ed alla
precisione delle notizie locali. L'età nè la patria non si scorge
d'Abu-Zeid-Gomari, d'origine berbera, autore d'un'altra storia di
Sicilia.[1401] Ali-ibn-Tâher, mentovato di sopra, si versò nell'antica
storia degli Arabi, senza la quale mal si poteano comprendere lor poeti
classici.[1402] Scrisse la Storia d'Algeziras Ibn-Hamdîs da
Siracusa.[1403]
Ma venendo ai poeti, il numero e la monotonia ci distoglie dal trattar
di ciascuno partitamente; se non che i maggiori nell'arte o che svelino
le condizioni e costumi del paese. E pria diremo di cui si esercitò nel
componimento eroico degli Arabi, la _Kasîda_, che suona “Trovata:”
adoperata con altro nome negli epicedii ed elegie d'amore; poemetto
sopra una sola rima, ove il poeta intesse le lodi proprie, o di sua
gente o del mecenate, con digressioni erotiche, descrizioni, apostrofe e
macchina ritraente la vita dell'avventuroso cavaliere nomade, sì come la
macchina di nostra epopea s'adatta alle prime imprese nazionali. Nè
l'effimero accentramento del califato generò appo di loro l'epopea,
quando popol arabico propriamente non v'era. La Kasîda antislamitica
pervenne tal quale a quel brulichío di stati musulmani del decimo e
undecimo secolo; e la si udì in Palermo a corte di Iûsuf (990-8) in
bocca di poeti africani.[1404]
La generazione seguente s'illustrò in Sicilia per parecchi
autori di Kasîde, tra i quali va innanzi per età e virtù poetica
Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn-Tûbi,[1405] lodato altresì per eloquenti
scritti in prosa, come notammo.[1406] Viaggiò in Oriente nei principii
dell'undecimo secolo, si versò in faccende politiche,[1407] e fors'anco
di amministrazione, e fu chiaro a corte di Moezz-ibn-Badîs,[1408] le cui
lodi si leggono in una sua Kasîda.[1409] Altre, e soprattutto i versi
d'amore, danno una fragranza direi quasi della poesia di Grecia e
d'Italia; v'ha un piglio di passione, una naturalezza d'immagini che non
sembrano tolti in prestito dalle muse arabiche.[1410] Suol cantare la
gioventù, le donne, il vino, le stelle, i fiori; piange i diletti
perduti nell'età matura, senza mai trascorrere alla schifa licenza di
tanti altri poeti arabi; poichè un suo epigramma, sì fino da parer de'
tempi d'Orazio o di Giovenale, è satira al certo, non confessione di
vizio.[1411] Gli argomenti, lo stile, fin qualche concetto e qualche
parola d'Ibn-Tûbi, si ravvisano nelle rime d'Ibn-Hamdîs, che di certo il
prese a modello e l'avanzò.
Fioriva in quel torno o qualche dieci anni appresso, Ibn-Sebbâgh il
segretario, amico d'Ibn-Rescîk, forse palermitano, ed intinto nelle
pratiche con Moezz-ibn-Badîs, al certo seguace di parte siciliana nella
rivoluzione d'Akhal, poichè con robusti versi, e talvolta gonfii, loda
il valor di sua gente contro i Bizantini e i Kelbiti.[1412] Armoniose e
gentili le rime d'amore d'un Abu-Fadhl-Mosceref-ibn-Râscid, autore di
tre o quattro Kasîde e altri componimenti; e pur non gli manca vigor di
parola nè altezza di pensieri quand'ei tocca la guerra civile, forse i
principii della normanna, e sospira la unione della Sicilia sotto un sol
capo.[1413]
Non guari dopo, il grammatico siciliano Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-er-
Rahman-ibn-Biscir, dettava una Kasîda ad onore di Nâsir-ed-dawla-
Ibn-Hamadân, capitano anzi padrone del califo d'Egitto,[1414]
e un'altra a lode del vizir Ibn-Modebbir,[1415] la prima
delle quali sembrò un capo lavoro a Malek-Mansûr, principe erudito del
secolo seguente.[1416] Un altro Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-er-Rahman,
segretario e grammatico, chiamato Bellanobi dalla patria, Ansâri dal
lignaggio,[1417] uscito di Sicilia nella seconda metà dell'undecimo
secolo, rifuggissi al Cairo; ove perduta la madre, piansela con una
elegia piena d'affetto e d'immagini poetiche. V'hanno inoltre
componimenti, brevi e cinque Kasîde, due delle quali a lode d'una casa
di Beni-Mawkifi, non sappiamo se di Sicilia o d'Egitto,[1418] onde
nasceva un mecenate del Bellanobi: versi studiati, puliti e
mediocri.[1419] Nè passò questo segno in poesia il filologo Ibn-Kattâ',
del quale abbiamo detto.[1420] Par fosse uscito di Sicilia
nell'adolescenza Megber-ibn-Mohammed-ibn-Megber che studiò in Egitto e
vi fece soggiorno, tenuto in gran pregio dai critici arabi, autore di
varie Kasîde, una delle quali al Kâid-Abu-Abd-Allah, soprannominato
Mamûn, ma nol credo dei regoli siciliani. Con altri versi, mordendo un
poeta bisognoso o avaro, ci ragguaglia del sussidio di cinque dînar al
mese che porgea la corte fatemita agli uomini di lettere. Morì costui
pria della metà del duodecimo secolo:[1421] l'ultimo forse dei Siciliani
che dopo il conquisto s'erano affidati alla carità fatemita.
Più franca ospitalità loro offrivano in Spagna da dodici dinastie
gareggianti a bandir corte per mostrar che da vero regnassero; la
miglior parte gentiluomini arabi, usi a far della poesia lusso ed a
tener unica virtù civile la liberalità. Sia la frequenza dei commerci,
sia il gusto delle lettere, si strinse con la Sicilia più che ogni altro
stato spagnuolo quel dei Beni-Abbâd di Siviglia: e già al tempo di
Mo'tadhed (1041-1068) s'era rifuggito nell'isola un poeta
Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan, di nobil gente spagnuola, amico del principe,
poscia temuto e perseguitato; il quale tornato alfine in patria,
Mo'tadhed lo fece assassinare.[1422] Ma succeduto al cupo tiranno il
figliuolo Mo'tamid, che avea gran cuore in guerra e in casa, ed
altamente sentiva in poesia, la corte di Siviglia fu asilo dei poeti
Siciliani Abu-l-Arab e Ibn-Hamdîs.
Abu-l-Arab-Mos'ab-ibn-Mohammed-ibn-Ali-Forât, coreiscita della schiatta
di Zobeir, nato in Sicilia il quattrocentoventitrè (1033) avea nome già
di gran poeta, quando, occupata Palermo dai Normanni, impazienza del
giogo stretta di povertà lo sospinsero ad andar via, dicendo alla patria
ch'essa l'abbandonava non egli lei.[1423] Mo'tamid gli avea profferto
asilo a Siviglia; mentr'egli pur tentennava, sbigottito dai rischi del
viaggio, invecchiato a quarant'anni, aveagli mandato per le spese
cinquecento dînar: e vedendolo giugnere a corte dopo un anno o poco meno
(465, 1072-73), l'accolse lietamente, gli fu poi sempre largo di danari
e d'affetto;[1424] e quegli ne rendea merito coi versi; par anco abbia
militato in alcuna impresa del mecenate.[1425] Sopravvisse Abu-l-Arab
alla ruina di casa Abbadida una ventina d'anni, sapendosi di lui fino al
cinquecento sette (1113-14). Improvvisatore, poeta di gran fama, più
arabo che niun altro Arabo nel pregio della lingua, dice Ibn-Bassâm,
scherzando sul soprannome; e Scehâb-ed-din-Omari, preso d'un estro di
prosa rimata, lo esalta duce e maestro di tutti i poeti del suo secolo e
gente.[1426] In vero le Kasîde ed altri componimenti d'Abu-l-Arab, dei
quali non ci mancano squarci, sembrano elegantissimi di lingua e stile;
arabici pur troppo in ragion poetica, ma vi si frammette spesso la
semplicità che dianzi lodammo in Ibn-Tûbi.
Abd-el-Gebbâr-ibn-Mohammed-ibn-Hamdis nacque in Siracusa (1056) di
nobile famiglia della tribù di Azd, che prendea nome da un Hamdîs, capo
himiarita ribellatosi (802) in Affrica contro Ibrahim-ibn-Aghlab.[1427]
Cresciuto al romor delle armi normanne che già infestavano il Val di
Noto, Ibn-Hamdîs, più che agli studii si diede a combattimenti, amori,
festini, trincare; finchè un successo sul quale ei tocca e passa, credo
avventura amorosa in nobil casato, sforzollo a fuggire[1428] in Affrica
il quattrocensettantuno (1078-79). Ma sdegnando i costumi delle tribù
arabiche scatenate dall'Egitto su l'Africa propria,[1429] allettato
altresì dalla fama di Mo'tamid-ibn-Abbâd, andò a corte di Siviglia, ove
fu accolto con onore e liberalità.[1430] In quel ritrovo dei primi poeti
contemporanei d'Occidente rifulse il genio d'Ibn-Hamdîs; non si corruppe
in corte l'animo franco, liberale, pien d'amore del padre, della
Sicilia, degli amici, della gloria, delle donne; d'ogni bellezza di
natura e d'arte. Seguì il principe nei campi com'uomo d'arme ch'egli era
ed anco ne facea troppa mostra nei versi. Alla battaglia di Talavera
(1086) abbattuto dal cavallo nei primi scontri che tornarono ad
avvantaggio dei Cristiani, si sviluppò gagliardamente, n'uscì con la
corazza tutta affrappata dai fendenti, più che a sè stesso pensando al
figlio giovinetto che combattea lì presso con gran valore.[1431] Ma
quando gli Almoravidi tornarono in Spagna da nemici; quando Mo'tamid fu
spoglio del regno e d'ogni cosa, e scannatigli due figliuoli sotto gli
occhi, e con le figlie mandato in catene ad Aghmat (1091), Ibn-Hamdîs
passava in Affrica, andava a visitarlo nella prigione: dove fecero
scambio di sante lagrime e versi mediocri.[1432] Tornatosi il poeta
siciliano a Mehdia,[1433] saputa non guari dopo la morte di Mo'tamid
(1095), soggiornò parecchi anni nelle due corti di casa zîrita, avendo
lasciato in lungo poema la descrizione d'un palagio di Mansûr principe
hammadita di Bugia, aspro nemico degli Almoravidi;[1434] due Kaside in
vita[1435] ed un'elegia in morte di Iehia-ibn-Temîm (1116) principe di
Mehdia;[1436] e le lodi di Ali-ibn-Iehia (1116-21) ed Hasan-ibn-Ali
(1121-1148) saliti successivamente a quel trono.[1437] Scrisse la Storia
di Algeziras.[1438] Rifinito dall'età e dall'avversa fortuna, ch'ei
s'assomigliava ad aquila che più non voli e i figli le imbecchino il
pasto,[1439] perduto il lume degli occhi, morì di ramadhan
cinquecentovensette (luglio 1133), chi dice a Majorca, chi a Bugia,
sepolto accanto al poeta spagnuolo Ibn-Labbâna, col quale avea
gareggiato nella grazia di Mo'tamid a Siviglia e nel carcere.[1440]
Ingegno felicissimo nel coglier e ritrarre le sensazioni, nel colorirne
le dipinture che veggiamo sparse a larga mano in duemila e cinquecento
versi: dipinture d'obietti materiali, avvenimenti, passioni, costumi.
Delle quali lascerem da canto ciò che non si riferisca alla Sicilia: le
geste di Mo'tamid, i suoi palagi ed orti o del principe di Bugia, gli
episodii accademici di Siviglia, la morte d'una moglie, il naufragio
d'altra sua donna nel viaggio di Spagna ed Affrica, le cacce affricane,
le descrizioni d'animali e frutta e fiori,[1441] gli specchi di
pece,[1442] le lampadi a spirito di vino,[1443] il piglio feroce dei
masnadieri d'oltre Nilo, cui poneva a riscontro gli Arabi inciviliti di
Sicilia. Quei compagni di sangue chiarissimo come lo splendor delle
stelle,[1444] coi quali in gioventù solea cercare all'odorato il miglior