Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - 35

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Sicilia l'828 col patrizio Teodoto un esercito, la più parte, di
Alemanni. Quivi è evidente che si debba leggere Armeni. Veggasi il cap.
III del presente Libro.
[405] Questo nome, mancando di vocali brevi in tutti i MSS. che ho
veduto, ha le sole lettere _B lât h_. Credo non debba leggersi _Platâh_
come han fatto M. Caussin e il Di Gregorio; poichè gli Arabi non
comincian mai le sillabe con due consonanti, e al certo, volendo
trascrivere _Plata_, avrebbero messo avanti una _alef_, dando alla voce
la forma di _Iblâtah_. Del rimanente mal potremmo apporci al vero nome.
Forse è inesatta trascrizione del titolo di Curopalata, Palatino o
simili. La mutazione della _b_ in _p_ va bene, mancando nell'alfabeto
arabico la seconda di queste lettere.
[406] Confrontinsi Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 122 verso; MS. C,
tomo IV, fog. 191 recto; Nowairi, presso Di Gregorio _Rerum Arabicarum_,
p. 3, 4, e versione del Caussin, p. 10, 11; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, trad. di M. Des Vergers, p. 103 a 105.
[407] _Riadh-en-nofûs_, MS., nella vita di Ased-Ibn-Forât, MS., fog. 28
recto e verso.
[408] Εὺφήμιος ed Εὺθὺμιος pronunziati Evfimios ed Evthimios, poichè in
tutto il medio evo, come in oggi, e anche nell'antichità, i Greci
pronunziavano la η, come la υ e l'ι; le quali lettere si trovano
scambiate nella più parte dei MSS. Anche i copisti greci soleano
scrivere cotesti due nomi l'uno per l'altro, come si vede dal Cedreno,
edizione di Bonn, tom. II, p. 795.
[409] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 26 recto; Ibn-Abbâr, MS., fog. 148
verso.
[410] _Riadh-en-nofûs_, e Ibn-Abbâr, II. cc.
[411] Questo fatto si ritrae da Ibn-Khaldûn, il quale con lieve
anacronismo intitola Ased cadi in quel tempo, _Histoire de l'Afrique et
de la Sicile_, ediz. di M. Des Vergers, testo p. 35, e versione p. 92,
dove mi par che debba sostituirsi la voce minacce alla frase _offrir des
présents_. In luogo di Mogiâled forse si dee leggere Mokhâled, secondo
il Nowairi, _Conquête de l'Afrique_, in appendice alla _Histoire des
Berbères par Ibn-Khaldoun_, trad. di M. De Slane, tomo I, p. 400 e 405.
[412] Il fatto della elezione e di chi la consigliava si legge nel
_Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 recto. Vi si nota altresì che avanti Ased
e Abu-Mohriz non si fossero mai visti due cadi a un tempo in una
capitale. Parmi che nè anco se ne incontri esempii altrove. Vi furon
bene nei tempi posteriori in una stessa città quattro cadi, ma delle
quattro scuole diverse che viveano insieme in pace. Il _Baiân_, tomo I,
p. 89, porta anco la destinazione di Ased a cadi l'anno 205, e la novità
dell'esempio.
[413] Harun-Rascid riordinò la magistratura e istituì il Kadi-'l-Kodâ,
ossia cadi dei cadi, supremo giustiziere dello Stato, sedente nella
capitale. Verso quel tempo i magistrati e giuristi ebbero una divisa lor
propria. Veggasi Hamilton, _Hedaya_, tom. I, p. XXXIV.
[414] Al dire d'Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 29 verso, il califo
Mehdi, nella fierissima sua persecuzione contro i Zindîk in Oriente,
creò un inquisitore apposta, intitolato Sâheb-ez-zenâdika, l'anno 198
(794-5). Furonvi molti mandati al patibolo e gran copia di libri dati
alle fiamme. Zindîk significa in generale miscredente, scettico, ateo;
ma par che in principio questa appellazione siasi data ai Manichei,
forse anche ai Guebri, e si vuole nata dal nome del linguaggio zend e
del libro sacro degli antichi Persiani, il Zendavesta.
[415] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 29 recto. Quivi si nota che i due cadi
seguirono la opinione dei giuristi dell'Irak e l'altro consultore quella
dei giuristi di Medina. Que' discepoli di Malek si appigliarono dunque
alla decisione più mite di Abu-Hanîfa più tosto che a quella del loro
maestro. Su la prima veggasi l'_Hedaya_, tomo II, lib. IX, cap. IX, p.
225. La seconda è sostenuta dal compilatore del _Riadh-en-nofûs_,
scrupoloso Malekita.
[416] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso. Il caso di coscienza era:
_an fas esset balneum intrare cum cunctis pellicibus suis nudis._
Abu-Mohriz sostenea esser lecito al signore di guardarle da capo a piè,
ma non ad esse _quod vicissim pudenda conspicerent_.
[417] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 recto.
[418] Ibn-Abbâr, MS., fog. 148 verso.
[419] Ibn-Abbâr, loc. cit.
[420] La biografia di Ased si ritrae tutta dal _Riadh-en-nofûs_ e da
Ibn-Abbâr, che ho citato. M. Des Vergers, in nota a Ibn-Khaldûn, p. 105,
ne ha fatto un cenno preso dalle medesime sorgenti; dal quale se io
differisco in qualche parte, è che mi è parso interpretare in altro modo
i testi e i fatti. Il Conde, _Dominacion de los Arabes en España_, parte
I, cap. 75, ha tradotto, al solito suo con errori, lo squarcio di
Ibn-Abbâr. Tra gli altri, ei fa Ased congiunto (deudo) di
Ibrahim-ibn-Aghlab.
[421] Ibn-el-Athîr, MS. A, tom. I, fog. 123 recto; MS, C, tom. IV, fog.
191 recto.
[422] _Theophanes continuatus_, lib. II, cap. 27, p, 82.
[423] Si ritrae dalla discussione di dritto riferita nel
_Riadh-en-nofûs_; poichè gli ambasciatori dei quali vi si fa menzione
non poteano esser que' di Eufemio, sostenendo non essere stata violata
la tregua dal governo di Sicilia.
[424] Soleiman-ibn-Amrân, presso il _Riadh-en-nofûs_, fog. 28 recto.
Soleiman sedè tanto in questa adunanza, quanto in quella dell'813, nella
quale era stata promulgata la tregua. Il versetto del Corano citato da
Ased è il 133 della sura III; ma il testo che corre oggidì ha una
lezione inferiore d'assai alla variante di Ased, dicendo più
rimessamente: “Non vi sbigottite nè vi attristate; chè avrete il
primato, se sarete credenti.” Il patto della tregua, come lo riferisce
lo stesso Soleiman (veggasi il Lib. I, cap. X, p. 229) portava
assolutamente l'obbligazione di lasciare andar liberi dalla Sicilia
tutti i Musulmani che il volessero. Tuttavia è probabile che si fosse
stipolata, per reciprocità, qualche clausola analoga a quelle della
legge musulmana. Secondo questa uno straniero infedele venuto a
mercatare come _Mostamîn_, ossia guarentito da una permissione in buona
forma, può dimorare un anno senza molestia. Scorso il qual tempo, è
costretto a pagare la _gezia_ come gli _dsimmi_, ossiano sudditi
infedeli, e dopo qualche tempo può essere al par di quelli ritenuto nel
paese. Veggasi Hamilton, _Hedaya_, lib. IX, cap. VI.
[425] Ahmed-ibn-Soleiman, presso il _Riadh-en-nofûs_, fog. 28 recto.
[426] Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 4. Il
personaggio di cui si parla è diverso dal celebre giurista
contemporaneo, Sehnûn-ibn-Sa'id.
[427] Soleiman-ibn-Amrân, presso il _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28
recto. Il _Baiân_, tomo I, p. 95, dice più brevemente che Ased si
presentò come candidato a Ziadet-Allah, e fu accettato.
[428] Presso il _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso.
[429] Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 4.
[430] La voce che rendo “signoria” è _wilâia_ e _welâia_, che significa
l'autorità del capo di famiglia o tribù, d'indole diversa, come ognun
sa, dalla signoria dei baroni nel medio evo. Avrei tradotto “clientela,”
se questa voce, posta assolutamente, non ci avesse trasportato a Roma
antica, e dato così un significato assai più lontano.
[431] Sceikh anonimo, citata da Abu-'l-Arab, scrittore della prima metà
del X secolo, presso il _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso.
[432] Ibn-Khaldûn, _Histoire des Berbères_, versione di M. De
Slane, tomo I, p. 277, e testo arabico tomo I, p. 179. Vi è
nominato un condottiero di questa tribù che combattè in Sicilia,
Zowâwa-ibn-Ne'am-el-Half.
[433] Ciò si ricava dal fatto che ho narrato nel Lib. I, cap. VI, p.
142.
[434] _Baiân_, tomo I, p. 95.
[435] Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 4. Il _Baiân_,
l. c., dice 700 cavalli, e grandissimo numero di fanti; Ibn-Abbâr, MS.,
fog. 148 verso, 10,000 uomini, dei quali 700 cavalli; Abu-'l-Arab,
citato nel _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso, dà ad Ased 10,000
cavalli; Ibn-Wuedran, MS., § 1, e versione francese di M. Cherbonneau,
_Revue de l'Orient_, décembre 1853, p. 424, citando Ibn-Rascîk, autore
dell'XI secolo, dice che l'esercito sommò a un dipresso a ventimila
uomini; Ibn-abi-Dinâr (El-Kaïrouani), versione francese, p. 83, a un
dipresso a diecimila.
[436] Abulfeda, _Géographie_, versione francese, tomo II, p. 199;
Tigiani, nel _Journal Asiatique_, août 1852, p. 104; Ibn-abi-Dinâr, loc.
cit.
[437] Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 4.
Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn portano la sola data del mese. Nowairi fa
cadere il 15 rebi' 1º (16 è errore corso nella versione di M. Caussin e
del Di Gregorio) in giorno di sabato. Fu veramente un giovedì. Il
Rampoldi fa combattere due battaglie navali in questo passaggio; la
origine del quale errore si vegga nel capitolo seguente, p. 287, nota 2.
[438] Nowairi, loc. cit.
[439] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso; Ibn-Khaldûn, _Histoire de
l'Afrique et de la Sicile_, pag. 106. M. Des Vergers, secondo il MS. di
Parigi ha tradotto questo passo: “Les Arabes se tenaient d'abord (par
défiance) a l'écart du chef de l'île et des Grecs de son parti; mais
s'étant ensuite réunis, ils mirent en fuite Palata et son armée, dont
ils pillèrent tous les bagages.” Ma la lezione del MS. di Parigi è
manifestamente erronea, e va corretta con quella di un MS. di Tunis, del
quale io ho alcuni estratti. Indi convien tradurre: “Il Palata venne
alle mani con gli Arabi; i quali fecero mettere in disparte il capo
(Eufemio) e tutti gli altri Greci che (insieme con lui) li avean
chiamato in aiuto contro il Palata e sua fazione. Sconfitto il Palata e
i suoi, gli Arabi fecero bottino della roba loro, e il Palata fuggissi.”
Ibn-el-Athîr e Nowairi dicon solo del comando dato di mettersi in
disparte: e l'ultimo aggiugne che Ased “non volle aiuto da lui.” Questa
è la frase che il Di Gregorio, guastando testo e versione francese, rese
in latino: _eorum etenim fidem expertus non fuerat._
Secondo il _Riadh-en-nofûs_, la divisa fu un poco di Hascisc, che in
generale significa “erba secca,” e anche pianta.
[440] Soleiman-ibn-Sâlem, presso il _Riadh-en-nofûs_, loc. cit., con la
salvaguardia d'un “si dice.” Replicarono questa esagerazione.
Ibn-Rascîk, citato da Ibn-Wuedran e Ibn-abi-Dinâr che lo copia.
[441] Nowairi, loc. cit. Moltissimi luoghi in Sicilia chiamansi
_Balata_, che è la voce latina _platea_, guasta dagli Arabi nel suono e
nel significato, e in oggi nel dialetto dell'isola significa “pietra da
lastrico,” e altresì “pietra viva e liscia, non tolta per anco dal
monte.” Pertanto, non sapendosi nè donde venisse il Palata, nè a quanta
distanza l'andasse a incontrare Ased, sarebbe difficile determinare il
luogo della battaglia, anche supponendo che ritenga tuttavia il nome.
Nondimeno v'ha a sei miglia da Mazara un promontorio, detto da Edrisi
_Râs-el-Belât_, e in oggi capo Granitola o punta di Sorello, che si
stende in una vastissima pianura in parte paludosa, _margiu_, come noi
diciamo in dialetto. La uscita di Ased da Mazara in ordinanza e la
ritirata dell'esercito siciliano verso Castrogiovanni convengono
benissimo ad una battaglia data in quella pianura. M. Famin, _Histoire
des Invasions des Sarrazins en Italie_, tomo I, p. 150 in nota, promette
dimostrare in appresso che la battaglia si diè a Platani, castello
distrutto. Gli argomenti suoi, che non conosciamo per anco, possono
esser due: la vicinanza del luogo e la somiglianza del nome. Ma il luogo
è lontano da Mazara cinquanta miglia, e secondo Edrisi dovrebbe dirsi
70; il che non si accorda con la marcia in ordinanza. Il nome è diverso;
poichè gli Arabi, Nowairi con gli altri, nominando quel castello di
Platani che si arrese ai Musulmani l'840, scrivono Iblâtanû, non già
Belât.
[442] Il testo del Nowairi dice che Ased uscì di Mazara _'alâ ta'bia_
per andare a trovare il Palata nella pianura Palata o Balata. M.
Caussin, padre, prese _ta'bia_ per nome di luogo, e tirossi dietro il Di
Gregorio, che per giunta soppresse nel testo la preposizione _'alâ_, che
vuol dire: “sopra, in, in stato di.” Indi tradussero, l'uno: _marcha
vers Taabia_; e l'altro: _progressus exinde fuit ex Mazara ad Taabiam_.
Ma _ta'bia_ significa “schiera, ordinanza, ordine di battaglia;” e il
Nowairi un rigo sotto replica il verbo _'aba_, dal quale viene tal voce;
oltrechè se si trattasse di nome di luogo qualunque arabo gli avrebbe
messo innanzi la preposizione _ila_, “verso, alla volta di,” e non già
_'alâ_. Ibn-el-Athîr usa anch'egli in altro caso della guerra di Sicilia
la voce _ta'bia_ nel senso di schiera, ordinanza. Però non v'ha il
menomo dubbio alla correzione che io fo: “Indi Ased cavalcò in ordinanza
da Mazara per andare a trovare il Palata, il quale stava in una pianura
che ebbe lo stesso nome di lui.”
[443] Così pare, poichè sappiamo dai Musulmani lo sbarco il 13 giugno, e
la _Cronica di Cambridge_, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p.
41, porta la occupazione dell'isola a mezzo luglio 6335, notando, com'è
probabile, lo evento più segnalato, che fu questa battaglia.
[444] Oltre i molti esempii nelle battaglie, questa usanza è attestata
nella Tattica dell'imperatore Leone, versione francese, p. 122.
[445] Presso il _Riadh-en-nofûs_, l. c. L'autore aggiugne il comento che
“Barbari della costiera” alludesse a que' che avean preso la fuga nella
prima battaglia data da' Musulmani in Affrica. Forse fu questa
ricordanza che suggerì di dare 150,000 uomini al Palata, come se n'erano
supposti 120,000 nell'esercito di Gregorio.
[446] La ritirata del vinto a Castrogiovanni è riferita dal Nowairi,
presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 5. Il rimanente da Nowairi
stesso; Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 recto; MS. C, tomo IV,
fog, 191; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p. 106.
[447] Il solo Nowairi, l. c., indica il cammino tenuto dall'esercito
musulmano pria che giugnesse ad Acri. Ei ne nomina due luoghi soli, il
primo dei quali basta al proposito nostro, poichè si dice espressamente
posto sul mare. E veramente il più breve e facile viaggio da Mazara a
Siracusa corre lungo la marina fino a Terranova, e di là continua tra i
monti quasi in linea retta. Secondo l'Itinerario d'Antonino, questo
viaggio seguirebbe in parte il primo, e in parte il secondo dei sentieri
di posta dei Romani tra Girgenti e Siracusa; l'uno dei quali costeggiava
sempre il mare, e l'altro mai nol toccava. Il punto di ravvicinamento di
questi sentieri era nelle poste di _Plaga Calvisianis_ del primo, ed
_Hybla Haerea_ del secondo, situate l'una presso Terranova, e l'altra
presso Chiaramonte; tra le quali due stazioni l'Itinerario non segna
strada; ma v'ha oggi, e di certo non mancava al tempo dei Romani.
Determinata così con certezza la marcia di Ased, ci rimane a trovare i
due punti di questa linea nominati dal cronista. Dell'uno ei dice che fu
“la Chiesa di Eufemia, quella ch'è in sul mare.” Qui in luogo di Eufemia
leggerei Finzia; perchè questo nome nella scrittura arabica differirebbe
poco dal primo; e sopratutto perchè la stazione più notabile del detto
viaggio era appunto Licata, l'antica Phinthia, fabbricata sopra una rupe
ch'esce in penisola alla foce del Salso.
Il secondo nome geografico si legge in vario modo nei due MSS. di
Nowairi; dei quali il più corretto ha: “La Chiesa di _elm s l kîn_”
(senza vocali brevi), e l'altro di: “_elsci l kîn._” Invano ho cercato
nella geografia antica, arabica, o moderna, qualche nome che somigli a
cotesto. Pur dalla narrazione di Nowairi argomenterei volentieri che il
sito fosse il promontorio ch'or si chiama la Pietra di San Nicola, tra
Licata e Terranova, il quale nello Itinerario d'Antonino è chiamato
_Refugium Gelæ_, e posto a cinque miglia romane a levante da Licata, e
in Edrisi ha nome di _Marsa-es-Sceluk_ ad otto miglia arabiche dalla
foce del Salso. Non manca qualche debole assonanza tra i nomi.
La conghiettura che si trattasse di Sciacca non mi par che regga.
Oltrechè questo nome è al certo arabico, e però posteriore all'evento; e
oltre ch'è assai diverso da quello dei MSS., Sciacca si trova troppo
presso al luogo donde partiva Ased, e troppo lungi da Siracusa.
D'altronde, il solo autore di quella conghiettura, M. Caussin padre, la
ritrattò nella versione francese del Nowairi, pubblicata da lui stesso.
Veggasi la p. 14 di quell'opuscolo.
[448] Nella più parte dei MSS., ove si dice di questa fortezza, il nome
è scritto variamente. Dei due esemplari di Ibn-el-Athîr, il MS. A mostra
(al solito senza vocali brevi) le lettere _elk râ_, e in fine una senza
punti diacritici, che si potrebbe leggere _b_, _t_, ovvero _th_. Il MS.
C ha _elk rrâth_ assai nitidamente; ma la chiarezza può venire benissimo
dalla ignoranza di chi scrivea questo nome geografico, come il noto
vocabolo _kerrâth_, che significa “porro,” e ch'è altresì nome di luogo;
e tra gli altri d'un isolotto alla punta di Capo Passaro, detto anche
oggi l'isola dei Porri: nudo scoglio del quale al certo non si tratta
nel caso presente. Passando a Ibn-Khaldûn, il testo pubblicato da M. Des
Vergers secondo il MS. di Parigi ha _elk râd_; e quello di un MS. di
Tunis (il quale mi par migliore) ha _elk rat_. Questa ultima lezione
anche troviamo in entrambi i MSS. del Nowairi; sendo errore della
edizione del Di Gregorio la lettera _hé_ (26ma dell'alfabeto arabico
d'oriente) sostituita alla _t_ (terza lettera).
Or la lezione del Nowairi e del MS. tunisino d'Ibn-Khaldûn mi par che
renda quasi esattamente il nome di Acri: città notissima nella Sicilia
antica; rimasta in piè certamente infino al quinto secolo, come lo
mostrano lo Itinerario d'Antonino, le tavole di Peutinger e gli emblemi
cristiani trovati nel nostro secolo tra le sue rovine; e di più,
importante per lo sito, e posta proprio su la strada che dovea fare
Ased. La terminazione in arabico col suono di _Kerât_ non sarebbe più
viziosa di tante altre che ne conosciamo di nomi geografici greci e
latini storpiati dagli Arabi, e viceversa. Per altro ad aggiustarla
basterebbe togliere la lettera _l_ dell'articolo arabico, ovvero
aggiungere dopo quella una _a_, di modo che facesse _Akrât_ ovvero
_el-Akrât_. La desinenza _ât_, appartenendo al plurale femminino della
lingua arabica, renderebbe appunto la forma analoga αὶ Ἄκραι ed _Acrae_
che usavano nel nome di questa città i Greci e i Latini, insieme con
altre meno esatte, come Ἄκραιαι ed _Agris_.
Il Di Gregorio in nota al Nowairi, l. c., ha ricordato, a proposito di
questa fortezza, il nome di _Alcharet_, che leggesi in un diploma del
1082; ma poco ci giova, poichè il sito di _Alcharet_ si ignora, e forse
si dee cercare ad Alcara delli Fusi, su le montagne che sovrastano alla
costiera settentrionale. Meno lungi da Siracusa, ma pur troppo pel caso
nostro, sarebbe Valguarnera Caropini (leggasi Caropipi), terra presso
Castrogiovanni, alla quale pensò M. Des Vergers, p. 106 della versione
di Ibn-Khaldûn, credendo preferibile alle altre lezioni quella del MS. A
di Ibn-el-Athîr, e leggendovi _elk râb_.
[449] Ibn-el-Athîr; Ibn-Khaldûn; Nowairi, ll. cc.
[450] Johannes Diaconus, _Chronicon Episc. Sanctæ Neapolitanæ Ecclesiæ_,
presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte II, p.
312, dice pagato il tributo di 50,000 soldi dai Siracusani prima della
occupazione di Palermo. Dalla serie del fatti si vedrà che il pagamento
non potè aver luogo dopo il tempo in cui l'ho messo. Ibn-el-Athîr narra
le dette pratiche in modo da far supporre che fosse stata pagata una
parte della taglia.
[451] Il testo dice precisamente _haul_ “in giro.”
[452] Veggasi il capo X del presente libro. Questo quartiere era stato,
probabilmente, ristorato ai tempi di Augusto.
[453] Ibn-el-Athîr, l. c., narra l'occupazione delle caverne e l'assedio
di Siracusa cominciato per terra e per mare; il _Baiân_, tomo I, p. 95,
l'assedio per terra e per mare, l'arsione delle navi degli assediati, e
l'uccisione di lor gente. Queste due croniche ed altre dicon che _poi
vennero_ gli aiuti d'Affrica; e mi pare evidente che Ased li avesse
richiesto.
[454] Questi pare il Sehnûn-ibn-Kâdim che avea sconsigliato l'impresa.
Veggasi a p. 260.
[455] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 28 verso, racconto di
Soleiman-ibn-Sâlem. Quivi non si porta data; ma la condizione
dell'esercito affamato e la conchiusione del racconto non lascian dubbio
che il fatto debba riferirsi al lungo assedio di Siracusa.
[456] Ibn-el-Athîr e Ibn-Khaldûn fanno menzione soltanto di rinforzi
d'Affrica; ma Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 5, e
il _Baiân_, tomo I, p. 95, parlano espressamente di Affricani e di
Spagnuoli. Credo che questi ultimi venissero di Creta; perchè non è
probabile che gli Omeîadi di Spagna mandassero l'armata loro insieme con
l'affricana, e perchè il Marrekosci, testo arabo, edizione di Dozy, p.
14, dice che alcuni Spagnuoli di Creta passarono in Sicilia.
[457] Johannis Diaconi, _Chronicon Venetum_, presso Pertz, _Scriptores_,
tomo VII, p. 16, sotto l'anno 827.
[458] Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicilie_, p. 43 del
testo, e 106, 107 della versione, narra che, mentre Ased stava a campo a
Siracusa, gli aiuti di Affrica assediarono Palermo; che i Greci
assalirono Ased e furono rotti; e che Ased, morto del 213, fu sepolto a
Palermo. Nella pagina seguente, Ibn-Khaldûn dice presa Palermo il 217.
Vi ha dunque una manifesta confusione di tempi. Il nome di Palermo fu
messo al certo per errore nella guerra del 212 e 213, e l'errore nacque
dalla menzione che Ibn-el-Athîr, o altro cronista più antico, avea fatto
del governatore di Palermo, intendendo del bizantino non già del
musulmano. L'assedio di Palermo nel 213 è inverosimile o piuttosto
impossibile. Da un'altra mano il Nowairi, senza fare menzione della
battaglia, dice arrivati i navilii d'Affrica e di Spagna, e indi
rincalzato l'assedio di Siracusa. Il _Riadh-en-nofûs_, all'incontro,
senza parlare di aiuti, attribuisce ad Ased una seconda strepitosa
vittoria. Parrebbe da tutto ciò che la battaglia fosse combattuta sotto
Siracusa.
[459] Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 recto e verso; MS, C, fog.
191 verso. Veggasi anche Ibn-Khaldûn, l. c., il quale nel testo dice che
gli assediati respinsero i Greci venuti ad assalirli sotto Siracusa.
[460] L'assedio par che cominciasse verso la fine di luglio 827.
[461] Il Nowairi, l. c., scrive che i Siracusani chiedeano l'_amân_, che
Ased lo voleva accordare, e che i Musulmani si ostinarono a continuare
le ostilità. Credo più tosto un errore di questo compilatore, che mutata
improvvisamente l'indole di Ased.
[462] Veggasi qui appresso la fuga degli statichi che erano nel campo
musulmano. Il _Riadh-en-nofûs_, MS. fog. 26 recto, nel narrare la morte
di Ased, dice delle molte vittorie riportate e città soggiogate.
[463] Secondo il _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 26 recto, morì di ferite,
di rebi' secondo del 213 (tra giugno e luglio 828) e fu sepolto nel
campo; lo stesso dice Ibn-Rascik, citato da Ibn-Wuedrân, § 1, senza
spiegare la causa della morte; così anche Ibn-abi-Dinar (el-Kaïrouani),
_Histoire de l'Afrique_, p. 85; e testo, MS., fog. 20 verso. Il _Baiân_,
tomo I, p, 95, reca la morte dal mese di regeb (tra settembre e
ottobre); Nowairi, presso Di Gregorio _Rerum Arabicarum_, p. 5, di
scia'bân (tra ottobre e novembre): Ibn-Abhâr, MS,, fog. 148 verso;
Ibn-el-Athîr, l. c.,; e Ibn-Khaldûn, l. c., non portano altra data che
dell'anno 213. Ibn-el-Athîr lo dice morto della pestilenza; il Nowairi,
in generale di malattia.
[464] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 26 recto.
[465] _Baiân_, tomo I, p. 96.
[466] Così dicono espressamente Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum
Arabicarum_, p. 5, e il _Baiân_, l. c. Ibn-el-Athîr, e Ibn-Khaldûn
portano senz'altro che Mohammed-ibn-abi-'l-Gewâri succedea nel comando.
Questo nome patronimico è dato dai migliori MSS., e in altri sbagliato.
In una moneta, della quale ci occorrerà far menzione, è scritto
Ibn-el-Gewâri; e però, non ostante l'autorità dei cronisti, mi è parso
seguire questa lezione.
[467] Einhardus, _Annales_, presso Pertz, _Scriptores_, tomo I, p. 217,
anno 828; e presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo II,
parte I, p. 519. Veggansi gli _Annali_ del Muratori, sotto il medesimo
anno.
[468] _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 52 verso, senza data. Il giurista
Sehnûn, padre di Mohammed, è diverso dal Sehnûn-ibn-Kâdim di cui abbiam
detto. Ei si chiamava Abu-Sa'îd-Abd-es-Selâm-ibn-Sa'îd, e gli diceano
Sehnûn, per lode o ingiuria. Debbo avvertire che secondo la biografia di
Mohammed-ibn-Sehnûn, questi nacque il 202 dell'egira (817); onde il
combattimento suo con gli Italiani si dovrebbe supporre diverso da
quello dell'828. Invece di raddoppiare questo fatto, mi par più naturale
credere a uno sbaglio nella data della nascita di Mohammed. Pare che
Mohammed-ibn-Sehnûn fosse officiale delle milizie, leggendosi in fine
che da quel dì in poi montò sempre cavalli andando a far la ispezione.
[469] Il ribelle 'Amer-ibn-Nafi' si difese in Tunis fino alla sua morte,
che seguì di giugno 829.
[470] Confrontinsi: Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 123 verso, MS. C,
tomo IV, fog. 191 verso; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, p. 107; Nowairi, presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 5,
6.
[471] Leggenda della traslazione del corpo di Sant'Agrippina, epitome
del martirio e canone acrostico, dei quali il Gaetani, _Vitæ Sanctorum
Siculorum_, tomo I, p. 18 seg., diè le versioni latine, e i Bollandisti,
_Acta Sanctorum_, mese di giugno, tomo IV, p. 458 seg., inserirono le
versioni, col testo greco dell'epitome e del canone. Questi al giudizio
dei Bollandisti furono scritti nel X o XI secolo in Sicilia. La critica
degli stessi dotti editori ha tolto alcuni dubbi del Gaetani,
correggendo il tempo del martirio di Agrippina, e mostrando che il
supposto miracolo fosse operato contro i Musulmani e non contro gli
Iconoclasti. L'epitome, dettata, come parmi, prima del canone, è più
castigata: _Agareni vero, cum præsumpsissent depredari propugnaculum
templi ejus, omnigena morte interierunt_ (άπολεία παντελεῖ παρεδώθησαν)
che meglio si renderebbe: “furono compiutamente esterminati.” Il canone,
come scritto in versi, aggiugne un po' di colore, che: Santa Agrippina
come una colomba d'oro armata d'una croce distruggea gli Infedeli che di
notte assalivano il suo castello, ec.
[472] Ibn-el-Athîr alla fine del capitolo su la prima guerra di Sicilia
scrive i nomi delle città più rilevanti, lettera per lettera secondo
l'uso degli Arabi. L'ortografia che assegna al nome di questa città è,
_mim_, _ia_, _nun_, _alef_, _waw_, cioè Minâw. MS. A, tom. I, fog. 125
verso.
[473] Nel MS. del Beladori della Biblioteca di Leyde, nº 772, del
catalogo stampato del Dozy, p. 275, del MS., non si vede il
raddoppiamento della n; ma ce lo dà Ibn-el-Athîr, l. c., scrivendo:
_kaf_, _sad_, _ra_, _ia_, _alef_, _nun_ raddoppiata, _he_.
[474] Ho messo insieme i particolari di questo misfatto, riferiti
variamente dal Nowairi presso Di Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 6, e
dalla cronica imperiale, _Theophanes continuatus_, libro II, cap. XXVII,
p. 82, 83. Narra più brevemente quest'assassinio Ibn-el-Athîr, MS. A,
tomo I, fog. 123 verso, e MS. C, tomo IV, fog. 191 verso, e l'accenna
appena Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, p. 107.
Quivi in luogo di Mazara si legga Mineo, come hanno chiaramente i MSS.
di Ibn-el-Athîr e di Nowairi. Quanto al luogo dell'uccisione d'Eufemio,
ho seguito i cronisti arabi, non il bizantino che le porta a Siracusa.
Nella versione del Nowairi si corregga la frase del Di Gregorio _in
terram procubuere manus ipsius comprehensuri_, e si segua quella del
Caussin _comme pour se prosterner devant lui_, o meglio si sostituisca:
_in atto di baciar la terra innanzi i suoi piè._ Il Rampoldi, _Annali
Musulmani_, citando Nowairi, che punto nol dice, fa andare Eufemio ad
Enna “con un corpo dei suoi aderenti rinforzato da circa 1000
Affricani.”
[475] Veggasi il I capitolo del presente Libro, pag. 247, nota 1.
[476] Non essendo stato giammai a Castrogiovanni, mi sono affidato alle
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