Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - 33

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[229] Così dice Sefadi, MS. di Parigi, biografia di Ziâdet-Allah. Sefadi
visse nel XIV secolo. Gli scrittori dai quali copiò tal giudizio provano
che vale per tutti i popoli il detto d'Ariosto: “Non fu sì santo nè
benigno Augusto ec.,” canto XXXV, st. 26.
[230] Ibn-Werdan, MS. di Tunis, § 1. Quest'autore aggiugne che furono
spesi nella moschea di Kairewân 86,000 dinar, ossia da 1,247,000 di lire
italiane. Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 30
verso, senza far menzione di ciò, narra i particolari dell'opera: che fu
abbattuta l'antica moschea; rifabbricata di pietra, marmi e cemento; che
il _Mihrâb_, ossia nicchia in dirittura della Mecca, era tutto di marmo
ornato di rabeschi e iscrizioni, sostenuto da colonne di bellissimo
marmo screziato bianco e nero; e che dinanzi a quello si innalzavano due
colonne rosse con fregi di vermiglio vivacissimo, che più belle non se
n'eran viste al mondo, e l'imperator di Costantinopoli le volea comprare
a peso d'oro. La voce che per analogia ho tradotto _cemento_, _è sahn_,
scritta con le lettere 14, 6, e 25 dell'alfabeto arabo d'oriente.
[231] Questo è senza dubbio il significato delle parole del _Baiân_,
copiate al certo da più antico scrittore: giund, eserciti (_giuiusc_), e
turbe sopravvegnenti (_wofûd_).
[232] Nowairi, presso De Slane, _Histoire des Berbères par
Ibn-Khaldoun_, p. 405, seg.; _Riadh-en-nofûs_, MS., fog. 26 recto, 28
recto e verso; Bekri, nella raccolta _Notices et extraits des MSS._,
tom. XII, p. 478; Ibn-el-Athîr, MS. A, fog. 120 recto, C, fog. 191
recto; _Baiân_, p. 88 a 95; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la
Sicile_, trad. di M. Des Vergers, p. 96, 103. Ho corretto il nome di
Tonbodsa su l'ortografia che ne dà Ibn-el-Athîr.
[233] Confrontinsi, _Baiân_, p. 28; Ibn-abi-Dinâr (el-Kaïrouani),
_Histoire de l'Afrique_, MS., fog. 16 recto, e traduzione francese, p.
63; Pagi, _ad Baronium_, ann. 696; e le autorità citate da Gibbon,
_Decline and fall_, ch. LI, note 207, 208, 209.
[234] Mi riferisco per i particolari alle parti 1ª e 2ª dell'accurato
lavoro di M. Reinaud, _Invasions des Sarrazins en France_.
[235] Veggasi Ibn-Khaldûn presso Gayangos, _The history of the
Mohammedan Dynasties in Spain_, tomo I, p. XXXV, seg.
[236] Confrontinsi Ibn-Kutîa, MS., fog. 21 recto e verso; _Baiân_, tomo
II, p. 78, 79, 82; Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo I, fog. 106 verso, e 107
recto, sotto l'anno 198; e 139 verso, sotto l'anno 206; Ibn-Khaldûn, MS.
di Parigi, Suppl. Arabe 742 quater, tomo IV, fog. 96 verso;
_Hollet-es-siiarâ_, presso Dozy, _Notices sur quelques MSS._, p. 38,
seg.; Marrekosci, p. 13, 14; Nowairi, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 702,
fog. 72 recto; Ed-Dhobbi, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 5
verso; Conde, _Dominacion de los Arabes en España_, parte II, cap.
XXXVI. La tradizione che scolpa Hâkem si legge nel _Baiân_, compilazione
del XIII secolo. La sorgente primitiva fu senza dubbio qualche cronica
dei liberti di casa Omeîade, scrittori la cui servilità è stata notata
dal professor Dozy, editore del _Baiân_, Introduzione, tomo I, p. 16,
seg.
[237] Ibn-el-Athîr, MS. A, tom. I, fog. 146 recto e 147 verso, anno 210;
_Hollet-es-siiarâ_; Ibn-Khaldûn; Nowairi, Conde, ll. cc. Veggasi ancora
Renaudot, _Historia Patriarcharum Alexandrinorum_, dalla p. 251 alla
270, che porta i fatti, ma sbaglia la cronologia.
[238] _Theophanes Continuatus_, p. 73 a 77, 79 a 81, §i 20 a 23, 25 a 26
del regno di Michele il Balbo; Symeon Magister, p. 621 a 624, §i 3, 4
del medesimo regno. — La Continuazione di Teofane, ch'è la principale
tra queste autorità bizantine, riferisce il primo disegno dell'impresa
dei Musulmani sopra Creta al principio della guerra di Tommaso di
Cappadocia, che tornerebbe all'821. Su questi e altri riscontri vaghi al
paro, i compilatori han posto la occupazione dell'isola nell'824, e
l'impresa d'Orifa nell'825. Secondo Ibn-el-Athîr, loc. cit., i Musulmani
spagnuoli non partirono d'Alessandria che l'anno 210 (aprile 825 ad
aprile 826).
[239] Ibn-Khaldûn, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 742 quater, tom. IV,
fog. 21 recto.
[240] Bekri, nella raccolta _Notices et Extraits des MSS._, tomo XII, p.
500. Quest'autore non assegna altra data che il califato di
Abd-el-Melik-ibn-Merwân; il quale durò venti anni, dal 685 al 705. Ma
senza timor di errore ne possiam togliere i primi tredici anni, quando
gli Arabi aveano ben altro da fare in Affrica che perseguitare i
rifuggiti di Pantellaria. Non trovandosi ricordato in questa fazione il
nome di Musa, è probabile che seguisse prima della sua venuta in
Affrica, la data della quale per altro è dubbia. Fa cenno di questa
impresa, forse su l'autorità di Bekri, il Tigiani, _Rehela_, nel
_Journal Asiatique_, août-sept. 1852, p. 80; e aggiugne essere state
allora occupate le isolette vicine all'Affrica.
[241] Ibn-Koteiba, _Ahâdîth-el-imâma_, presso Gayangos, _The history of
the Mohammedan Dynasties in Spain_, tomo I, Appendice, p. LXVI.
[242] Le varie opinioni degli eruditi musulmani sono esposte da due
diligenti compilatori: Tigiani, _Rehela_, nel _Journal Asiatique_,
août-sept. 1852, p. 65 a 71; e Ibn-abi-Dinâr (el-Kaïrouani), _Histoire
de l'Afrique_, traduzione francese, p. 1, a 20. — Ho detto “sgomberare”
e non, come gli scrittori musulmani, “scavare” il canale, poichè noi
sappiamo che questo e la laguna esistevano ne' tempi antichi. Veggasi a
tal proposito una nota del traduttore del Tigiani, M. Rousseau, op.
cit., p. 69, 70.
[243] Tigiani, op. cit., p. 69, dice che il califo comandò di inviarsi
dall'Egitto ad Hassân duemila Copti, tra uomini e donne, perchè si
servisse dell'opera loro, e che Hassân distribuì quelle famiglie tra
Râdes, presso Tunis, e gli altri porti dell'Affrica. Indi si vede
manifestamente che fossero artigiani.
[244] Tigiani, _Rehela_; Ibn-abi-Dinâr (el-Kaïrouani); e Ibn-Koteiba,
_Ahâdîth-el-imâma_, ll. cc.
[245] Lo argomento da ciò, ch'ei mandò in Sicilia mille uomini soltanto,
non ostante il cominciato apparecchiamento di sì grande numero di legni,
i quali, per piccioli che fossero, doveano portare almeno una
cinquantina d'uomini ciascuno, e però una forza totale di 5,000 uomini o
più.
[246] Ibn-Koteiba, _Ahâdith-el-imâma_, MS. del professor Gayangos, fog.
69 recto e verso, e versione inglese in appendice al Makkari, _The
history of the Mohammedan dynasties in Spain_, tomo I, p. lxvj.
L'erudito orientalista di Madrid, mandandomi copia di questo squarcio di
testo per lettera dell'11 maggio 1854, ha corretto in alcune parti la
detta sua versione. Quanto all'isola assalita, sul nome della quale io
gli esposi i miei dubbii, egli crede doversi ritenere la lezione del
MS.; perchè pochi righi appresso la voce Sicilia vi è scritta con
lettere diverse. Nondimeno io inclino all'opinione contraria,
riflettendo che tal variante possa provenire da una delle due sorgenti
alle quali par che Ibn-Koteiba abbia attinto questo racconto. In una di
quelle il nome di Sicilia potea per avventura essere scritto con la
_sin_ in luogo di _sad_ e la _Caf_ (XXII lettera) in luogo di _Kaf_ (XXI
lettera); nella qual forma _Sikilia_, facilmente si può confondere con
_Silsila_. Io ho veduto appunto Silsila chiaramente scritto su la
Sicilia in una ottima carta geografica in pergamena, delineata nel 1600
da Mohammed-ibn-Ali-es-Sciarfi, da Sfax, posseduta dalla Biblioteca
imperiale di Parigi.
Mi conferma nel mio supposto la Cronologia di Hagi-Khalfa, MS. di
Parigi, ove leggesi, nell'anno 82, una impresa in Sicilia di
'Attâr-ibn-Râfi'; poichè, non trovandosi questo fatto in Ibn-el-Athîr, è
verosimile che Hagi-Kalfa l'abbia tolto da alcun MS. d'Ibn-Koteiba più
corretto che quello del professor Gayangos.
[247] Ibn-Koteiba, fog. 69 verso, MS. del professor Gayangos, il quale,
mandandomi cortesemente copia di questo passo, ha corretto la lezione,
da cui risultava un errore nella sua versione inglese posta in appendice
all'opera di Makkari, _The history of the Mohammedan Dynasties in
Spain_, p. LXVII, seg.; Ibn-Scebbât, MS., p. 38 e 39, che cita,
abbreviandolo in su la fine, il medesimo passo d'Ibn-Koteiba;
Ibn-abi-Dinâr (el-Kaïrouani), _Histoire de l'Afrique_, traduzione
francese, p. 14 e 57, e MS., fog. 6 recto, e 14 verso.
[248] Ragiono il dinâr secondo il valore del metallo, il cui peso medio
dà 14 lire e 50 centesimi.
[249] Ibn-Koteiba; Ibn-Scebbât; Ibn-abi-Dinâr (el-Kaïrouani), ll. cc.;
ed il _Baiân_, p. 27, citando Ibn-Katân. Ibn-Koteiba porta positivamente
la data dell'86, ossia 705 dell'era volgare.
[250] Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 47 verso, anno 92; Nowairi, MS.
di Parigi, Ancien Fonds 702, fog. 10 verso, e traduzione francese del
barone De Slane, _Journal Asiatique_ (mai 1841), p. 575, 576.
Secondo la versione italiana, del Carli, Hagi Khalfa nella _Cronologia_
porrebbe nel 92 la espugnazione di Calabria per Farich figlio di Said.
Riscontrato il testo, mi accorgo che si tratti della notissima impresa
di Tarik in Spagna. M. Famin, _Histoire des invasions des Sarrazins en
Italie_, p. 60, ha seguíto così fatto errore, e aggiuntovi del suo il
nome di Tharec, e che “_ses soldats exercèrent des cruautés inouies_;” e
si mette francamente a particolareggiarle.
[251] Nowairi, capitolo della Sicilia, presso Di Gregorio, _Rerum
Arabicarum_, p. 2, che lo chiama Mohammed-ibn-abi-Edrîs; _Baiân_, p. 35,
secondo il quale correggo il nome e la data. Il Nowairi, capitolo
dell'Affrica, presso De Slane, _Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun_,
tomo I, p. 357, in appendice; e Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et
de la Sicile_, trad. di M. Des Vergers, p. 31, confondendolo con un
altro governatore d'Affrica, lo chiamano Mohammed-ibn-Iezîd. Il
Rampoldi, _Annali Musulmani_, tomo II, p. 225, anno 720, citando il
Nowairi, aggiugne di capo suo che Mohammed sbarcasse a Marsala, e
riportasse in Affrica “alcune centinaia” di prigioni.
[252] Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 74 verso, anno 109; _Baiân_, p.
35; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et de la Sicile_, trad. di M.
Des Vergers, p. 32; Nowairi, capitolo della Sicilia, presso Di Gregorio,
Rerum Arabicarum, p. 2; e capitolo dell'Affrica, presso De Slane,
_Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun_, tomo I, p. 357, in appendice.
Il Rampoldi, _Annali Musulmani_, tomo II, p. 229, anno 721, citando
Nowairi, aggiugne del proprio che Biscir riportava molti idoli
d'argento.
[253] Si argomenta dalle pratiche d'accordo dell'813, nelle quali il
governatore di Sicilia ricordava un primo trattato fatto ottantacinque
anni addietro. Veggasi il Capitolo X.
[254] Makrîzi, Dizionario biografico intitolato il _Mokaffa_, MS. di
Parigi, Ancien Fonds Arabe, 675, fog. 227 recto, Vita di Obeid-Allah. Il
caso di Mostanîr è narrato ancora, ma più brevemente, da Ibn-abi-Dinâr
(el-Kaïrouani), _Histoire de l'Afrique_, traduzione francese, p. 65, e
testo manoscritto, fog. 16 verso. Quest'autore, invece del nome
patronimico di Ibn-Habhâb, dà a Mostanîr quello di Ibn-Hârith.
[255] Makrizi, _Mokaffa_, MS. di Parigi, Ancien Fonds Arabe, 675, fog.
227 recto, Vita di Obeid-Allah.
[256] Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 81 recto, e 82 recto, anni 116
e 117.
[257] Confrontinsi Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 82 recto, anno
117; Ibn-Scebbât, citato da Ibn-abi-Dinâr (el Kaïrouani), _Histoire de
l'Afrique_, p. 67 e 68, e MS., fog. 17 recto; _Baiân_, p. 38-40;
Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique_, trad. di M. Des Vergers, p. 34. —
Lo scrittore cristiano contemporaneo, Isidoro De Beja presso Flores,
_España Sagrada_, tom. VIII, p. 305, dice che 'Okba (Ibn-Heggiâg),
governatore di Spagna, udita la sollevazione dei Mori in Affrica, vi
passò, uccise tutti i ribelli: “_Sicque cuncta optime disponendo, et
Trinacrios (portus) pervigilando, propriæ sedi clementer se restituit_.”
Accettando, come par si debba, la lezione di _Trinacrios_ (chè v'ha le
varianti _Trimacrios_, _Tinacrios_, _Patrios_), le parole di Isidoro
significano che qualche nave spagnuola fosse venuta con Habîb alla
impresa di Sicilia. Perchè la rivolta alla quale accenna Isidoro fu al
certo qualche movimento anteriore, represso dagli Arabi d'Affrica e di
Spagna, non il fatto dell'anno 122, che rese necessaria la ritirata
dell'esercito di Sicilia, e che, invece della strage dei ribelli, finì
con la sconfitta degli Arabi. Isidoro, del resto, non assegna data a
queste fazioni, se non che vanno dopo la destinazione di 'Okba al
governo di Spagna, ch'ei pone l'anno 775 dell'era spagnuola, e 18º di
Leone Isaurico, cioè il 733 dell'era volgare, ma che Ibn-Khaldûn
riferisce al 117 (735), e il cronista seguíto da Conde, _Dominacion de
los Arabes en España_, parte I, cap. 26, all'anno appresso.
[258] Confrontisi Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 118 recto, anno
135, e fog. 47 verso, nel capitolo della Storia di Sardegna, sotto
l'anno 92; _Baiân_, p. 49 e 53; Ibn-Khaldûn, _Histoire de l'Afrique et
de la Sicile_, trad. di M. Des Vergers, p. 44; Nowairi presso Di
Gregorio, _Rerum Arabicarum_, p. 2, 3.
[259] Veggansi le autorità citate da Le Beau, _Histoire du Bas Empire_,
lib. LXIII, § 22.
[260] _Baiân_, p. 48. Quivi si dice che corressero in Affrica due specie
di moria che chiamansi in arabico _webâ_ e _tâ' un_. La seconda disegna
particolarmente la peste. La prima è presa d'ordinario nello stesso
significato, ma si estende alle malattie epidemiche in generale. Veggasi
una nota di M. Reinaud nel _Recueil des historiens orientaux_, tomo I,
p. 133.
[261] Teophanes, _Cronographia_, tomo I, p. 651; e le altre autorità
citate dal Le Beau, _Histoire du Bas Empire_, lib. LXIV, § 13.
[262] Ibn-el-Athîr, MS. C, tomo IV, anno 130, dice che infieriva la
peste a Bassora; Ibn-el-Giuzi (Jauzi, secondo l'ortografia inglese)
citato da De Slane, _Ibn Khallikan's Biographical Dictionary_, tomo II,
p. 551, fa arrivare la mortalità a 70,000 persone in un dì, che si deve
intendere forse di Bassora stessa.
[263] Le Beau, _Histoire du Bas Empire_, lib. LXIV, § 13.
[264] Bollandisti, _Acta Sanctorum_, maggio, tomo II, p. 109, seg., 725,
seg., testo greco e versione della Vita di San Giovanni Damasceno
scritta da un Giovanni patriarca di Gerusalemme; e Ibidem, p. 731, seg.,
altro squarcio di agiografia attribuito a un Costantino Logoteta.
[265] Non ho bisogno di ricordare quanto sieno incerti i limiti del
territorio, compreso nella donazione di Pipino e di Carlomagno, e come i
papi non fossero mai entrati in possesso di molte terre tra quelle che
lor erano state donate senza dubbio.
[266] Costantino Porfirogenito, _De administrando imperio_, cap. 27, p,
995, dice che i Longobardi aveano occupato tutta l'Italia, fuorchè
Otranto, Gallipoli, Rossano, Napoli, Gaeta, Sorrento, Amalfi. Ciò si
deve intendere del tempo in cui l'impero bizantino avea perduto lo
esarcato e non ripigliato per anco la Puglia; cioè tra la prima metà
dell'VIII secolo e la seconda metà del IX.
[267] Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. IV, fog. 47 verso, sotto l'anno 92,
raccogliendo in un solo capitolo tutte le imprese dei Musulmani sopra la
Sardegna, afferma che quest'isola non fosse stata più molestata dal 135
al 323 dell'egira (752 a 935), e che in questo intervallo avesserla
tenuta i Rûm, che qui significa la schiatta indigena italiana. Le
cronache cristiane più vicine a quei tempi si accordano in generale con
tale narrazione; se non che aggiungono alcune sconfitte toccate dai
Musulmani in Sardegna e in Corsica. Quanto a questa isola, è falsa
evidentemente la dominazione musulmana supposta da alcuni annalisti dei
paese. Veggansi Reinaud, _Invasions des Sarrazins en France_, pag. 69; e
Wenrich, _Commentarium_, ec., lib. I, cap. III, § 49 in nota.
[268] Epistola di papa Paolo Primo, a re Pipino, _Codex Carolinus_,
edizione del Gretser, nº XV; edizione del Cenni, nº XVIII.
[269] _Codex Carolinus_, edizione del Gretser, nº XXIV; edizione del
Cenni, nº XXXVIII.
[270] _Codex Carolinus_, edizione dei Gretser, ep. LVI; edizione del
Cenni, ep. LXXII.
[271] _Codex Carolinus_, edizione del Gretser, ep. LXIV, LXXIII, XC;
edizione del Cenni, LXV, XC; LXXXIX.
[272] La prima di quelle citate nella nota precedente.
[273] _Codex Carolinus_, edizione del Gretser, ep. LIX e LXIV; edizione
del Cenni, LVII e LXV. La data del 780, che assegna alla seconda di
queste lettere il Cenni, è erronea, e le si dee sostituire il 787, come
lo avea mostrato prima il Muratori (_Annali_, anno 787), e vi assente,
contro il solito suo, lo Assemani, _Italicæ Historiæ Scriptores_, tomo
I, p. 488-489. Le ragioni che allega il Cenni per rifare il verso al
nostro grande Annalista son futilissime, e basta a distruggerle il fatto
che nella epistola si parla dei nefandissimi Beneventani come di
vassalli di Carlomagno; il che non si potea dire innanzi la pasqua del
787. La epistola LIX del Gretser, ancorchè riferita dal Cenni al 776, mi
pare scritta poco appresso l'altra, nello stesso anno 787. — Va errato
bensì il Muratori, quand'ei scrive che Adelchi fosse in questo tempo
patrizio di Sicilia. Ciò nè si può argomentare dalla detta epistola di
papa Adriano, come lascia supporre il Muratori; nè è detto da alcun
cronista; nè è punto verosimile. Il Muratori fu ingannato dall'assonanza
dei nomi di Teodoto e Teodoro; dei quali il primo fu preso da Adelchi,
come abbiam detto, e il secondo era il nome dell'eunuco, patrizio di
Sicilia, che sbarcò in Italia con Adelchi il 788. L'Assemani, l. c., non
manca di notare questo lieve sbaglio del Muratori.
[274] _Codex Carolinus_, edizione del Gretser, ep. LXXXVIII; edizione
del Cenni, ep. XCI.
[275] Theophanes, _Chronographia_, tomo I, p. 718 (anno 6281); _Historia
Miscella_, presso Muratori, _Rerum Italicarum Scriptores_, tomo I, parte
I, p. 167; Einhardus, ed _Annales Laurissenses_, presso Pertz,
_Scriptores_ etc., tomo I, p. 174, 175. — Due altre epistole di Adriano
inserite nel Codice Carolino, sotto i numeri XC e XCII del Gretser, e
LXXXIX e XC del Cenni, e poste dal Cenni nel 778, si debbono riferire,
come io credo, a questo tempo. Trattano entrambe delle mene di Adelchi
in Calabria; e nella seconda si dice che il patrizio di Sicilia e i due
spatarii, sbarcati con esso ad Agropoli del mese di gennaio, erano iti a
trovare la vedova di Arigiso a Salerno, e di lì eran passati a Napoli.
[276] Tale supposizione è fondata nel racconto di Sigeberto, cronista
dell'XI secolo, il quale mal interpretando la _Historia Miscella_, credè
a proposito far morire Adelchi, protagonista da tragedia, piuttosto che
il pacifico Giovanni. Non dobbiamo oggi seguire l'errore noi che abbiamo
alle mani Teofane, sul cui testo fu fatta la versione compendiata detta
_Historia Miscella_.
[277] _Annales Laurissenses_, presso Pertz, _Scriptores_, tomo I, p.
182, 186.
[278] Theophanes, _Chronographia_, tomo 1, pag. 736 (anno 6293).
[279] _Annales Laurissenses_, presso Pertz, _Scriptores_, tomo 1, p.
198.
[280] Epistola citata dell'11 novembre 813, presso il Labbe,
_Sacrosancta Concilia_, tomo VII, p. 1114; e presso il Cenni, _Codex
Carolinus_, tomo II, ep. IV di Leone.
[281] Epistola del 25 novembre 813, presso il Labbe, _Sacrosancta
Concilia_, tomo VII, p. 1117; e presso il Cenni, _Codex Carolinus_, tomo
II, ep. X, di Leone.
[282] Johannes Diaconus, _Chronicon_, presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo I, parte II, p. 312.
[283] Anonymus Salernitanus, presso Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo II, parte II, p. 209.
[284] Diodorus Siculus, lib. V, cap. VI.
[285] Ve n'era in Palermo, Catania, Girgenti ec., come si scorge dalle
epistole di San Gregorio, lib. V, 132; VII, 24, 26.
[286] A coteste famiglie di militari o impiegati venute di passaggio, e
talvolta rimaste in Sicilia, par che appartenessero alcuni uomini dei
quali il caso ci ha conservato i nomi; per esempio, Conone papa, nato in
Tracia e educato in Sicilia; Sergio papa, oriundo d'Antiochia e nato a
Palermo.
[287] Veggasi questo medesimo capitolo, pagg. 222 e 223.
[288] Theophanes, _Chronographia_, tomo I, p. 727.
[289] Ibn-el-Athîr, MS. A, tomo II, fog. 33 recto; MS. C, tomo IV, fog.
221 recto.
[290] Constantinus Porphyrogenitus, _De Thematibus_, lib. II, tomo III,
p. 58. Sarebbe da approfondire il cenno etnologico di Costantino,
relativamente ai Sicoli. Non saprei in quale scrittore antico egli abbia
potuto trovare che Liguri fosse il nome generale de' popoli di cui
facean parte i Sicoli; il qual nome, secondo la opinione del Niebuhr,
non è altro che una variante di pronunzia della voce _Itali_.
[291] Veggasi Torremuzza (G. L. Castelli), _Siciliæ... veterum
Inscriptionum_. Ricordisi inoltre la venuta di Porfirio, che scrisse e
diè lezioni in Sicilia verso il 300.
[292] Papiro del 444, presso il Marini, _I Papiri diplomatici_; nº
LXXIII, p. 108, seg. I nomi sono Zosimo, Caprione, Sisinnio, Eleuterio,
Eubudo.
[293] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. VII, nº LXIII, indizione 2ª.
[294] Pirro, Sicilia Sacra, p. 997; Di Giovanni, _Codex Siciliæ
Diplomaticus_, dissert. III, p. 423, seg.
[295] Anastasius Bibliothecarius, presso il Muratori, _Rerum Italicarum
Scriptores_, tomo II, p. 145.
[296] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. VII, nº LXIII, indizione 2ª;
e notisi la riflessione del Pirro, _Sicilia Sacra_, p. 34, a proposito
dei matrimonii dei preti.
[297] Diodorus Siculus, lib. I, cap. III.
[298] L'Assemani, trattando la presente questione nel tomo IV degli
_Italicæ Historiæ Scriptores_, cap. II, §i 1 a 22, ha sostenuto che
sempre prevalesse in Sicilia il linguaggio latino al greco. Ma gli
esempii che allega anzi mi rafforzano nella mia opinione. Tra gli altri,
v'ha le soscrizioni greche dei vescovi di Sicilia e di Calabria che
sedettero nei Concilio di Costantinopoli dell'869-70.
[299] _Codex Theodosianus_, lib. XII, tit. XXXIII, XXXV. — Venticinque
iugeri rispondono a un di presso a sei _hectares_ di Francia, e a tre
salme e mezza di Sicilia. Ma ricavandosi pochissimo dalla terra, si
dovrà quella riguardare come picciola possessione.
[300] Veggansi le autorità citate da Gibbon e dai suoi commentatori
Guizot e Milman, cap. II, note 46 a 61.
[301] _Codex Justinianeus_, lib. XI, tit. XLVII, legge 18. Questa legge
è scritta in greco, e posta tra quelle d'Onorio e Teodosio, ma senza
ripetervisi i nomi di questi imperatori; talchè la data rimane incerta,
e si può supporre più recente. Dice che i contadini (γεωργοὶ) altri sono
ascrittizii (ὲναπόγραφοι), e i loro peculii appartengono ai padroni;
altri, dopo trent'anni, divengono liberi coloni (μισθωτοὶ ἐλεύθεροι) con
la roba loro, e sono obbligati a pagar canone e lavorar la terra. _E
ciò_, conchiude la legge, _è più utile ed al signore e ai contadini_.
Una testimonianza sì diretta non ha bisogno di comento.
[302] Ducange, _Glossarium mediæ et infimæ latinitatis_, voce _Colonus_.
Ai tempi di Teodosio si distingueano in originarii e inquilini, cioè i
nati nel podere e gli avventizii. Sotto Giustiniano forse questa ultima
classe di coloni si diceva ascrittizii: e talvolta son chiamati
tributarii ed inquilini, talvolta rustici e coloni, _Codex
Theodosianus_, lib. V, tit. X; lib. X, tit. XII; lib. XIII, tit. I.
[303] _Codex Theodosianus_, lib. V, tit. IX, X, XI; Valentiniani,
_Novellæ_, nov. IX.
[304] Dei conduttori in Sicilia si fa menzione nel citato papiro del
444, Marini, _I Papiri Diplomatici_, nº LXXIII, e nella epistola di San
Gregorio, lib. I, nº XLII, indizione 9ª, che trovasi anco presso Di
Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, num. LXIX, p. 110.
[305] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, ibidem. Oltre I conduttori
distinti dai coloni, vi si parla di rustici in modo, che questa voce par
sinonimo di coloni, se pur non comprende gli uni e gli altri insieme.
[306] Dei _servi_ dei fondi patrimoniali in Sardegna, e, come pensa
Gotofredo, anche in Sicilia e in Corsica, si fa menzione in una legge di
Costantino il Grande, _Codex Theodosianus_, lib. II, tit. XXV, data
forse il 325. Veggasi anco Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_,
num. IV, p. 5. In un papiro del 489, risguardante certi poderi nel
territorio di Siracusa, leggiamo _inquilinos sive servos_, presso
Marini, _I Papiri Diplomatici_, nº LXXXII e LXXXIII, p. 128 e 129.
[307] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. I, nº XLII; e presso Di
Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, nº LXIX, p. 110.
[308] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. X, nº XXVIII: “_sed in ea
massa, cui lege et conditione ligati sunt, socientur._”
[309] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. V, nº XII.
[310] Ibidem, lib. III, nº IX; lib. V, nº XXXI e XXXII.
[311] Un fanciullo siciliano, per nome Acosimo, fu donato da lui il 593
al consigliere Teodoro, che avea ben meritato della Chiesa, e non
possedea schiavi. Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. II, nº XVIII,
indiz, 11ª.
[312] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. VII, nº XVIII, indiz. 2ª.
[313] Anastasius Bibliothecarius, presso Muratori, _Rerum Italic.
Script._, tomo III, p. 147: “_Itemque et aliam jussionem direxit ut
restituatur familia suprascripti patrimonii et Siciliæ, quæ in pignore a
militia detinebatur._”
[314] _Codex Theodosianus_, lib. XI, tit. IX.
[315] _Codex Justinianeus_, lib. XI, tit. XLVII.
[316] Veggasi la legge del _Codex Justinianeus_, lib. XI, tit. XLVII, nº
18, citata di sopra, p. 190.
[317] _Codex Theodosianus_, lib. II, tit. XXV, legge di Costantino il
Grande, di data incerta, forse del 325.
[318] _Codex Theodosianus_, lib. XI, tit. XVI, legge di Costanzo e
Giuliano Cesare, data il 359. Questa e la precedente si leggono altresì
presso il Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, nri IV e X, p. 5,
9.
[319] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, passim.
[320] Il papiro del 444, che ho citato più volte (Marini, _I Papiri
Diplomatici_, nº LXXIII), mostra che i sette poderi tra masse e fondi
appartenenti in Sicilia a Lauricio, e affittati separatamente, rendeano
ogni anno soldi 753, 500, 445, 200, 144, 75, 52.
[321] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, passim.
[322] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. VIII, nº LXIII, indizione 3ª
(a. 600-601). Il podere legato da una Adeodata per fondare un monistero
di donne al Lilibeo, rendea dieci soldi all'anno netti di tasse; e vi
erano tre ragazzi, tre gioghi di buoi, _altri cinque_ schiavi, dieci
giumente, dieci vacche, quattro _iastulas vinearum_, quaranta pecore e
altro. Si vegga anche il lib. XI, epistola XLIX, indizione 6ª (603,
604), ove si parla della vendita del vino prodotto delle vigne della
Chiesa Palermitana.
[323] Beladori, nel _Journal Asiatique_, série IV, tomo IV, p. 365.
[324] Nell'880, come da noi si racconterà nel Libro II, cap. X, le forze
navali bizantine venute presso Palermo presero moltissime barche cariche
d'olio, certamente non esportato. Nell'XI secolo, Bekri ci attesta la
esportazione degli olii da Sfax per la Sicilia e paese dei Rûm, _Notices
et Extraits des MSS._, tom. XII, p. 465. Nel XII secolo si mandava grano
di Sicilia in Affrica per levarne olio e altre derrate. Diploma del
1134, presso Pirro, _Sicilia Sacra_, p. 975.
[325] Veggasi il Lib. II, cap. II.
[326] Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, nº III, IV, IX, X, XXI,
XXII.
[327] Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, nº XLI, XLII, XLIII,
XLIV.
[328] Divi Gregorii papæ, _Epistolæ_, lib. IV, nº LXXVII, indizione 13ª
(a. 595); e presso Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, nº CXVI.
[329] Theophanes, _Cronographia_, tomo I, p. 631.
[330] Veggasi Di Giovanni, _Codex Siciliæ Diplomaticus_, diss. VII, c.
IV, seg.
[331] Veggansi i fatti presso Caruso, _Memorie storiche di Sicilia_,
parte I, lib. V; Palmieri, _Somma della Storia di Sicilia_, tomo I, cap.
XIV; Di Gregorio, _Discorsi intorno la Sicilia_, discorso XII.
[332] Justiniani _Novellæ_, nov. 75, altrimenti 104, _De præt. Siciliæ_;
Savigny, _Histoire du droit romain_, tomo I, p. 226, e 232, cap. V, §
105, 107.
[333] Da questo diritto nacque senza dubbio l'uso che la curia votasse a
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