Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - 02

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Tychsen, Adler, Marsden, Moëller, Fraehn, Soret, ec.; ricercarne infine
per tutte le grandi collezioni d'Europa, il che io ho fatto soltanto in
quella di Parigi. Per necessità lascio dunque ad altre persone, o
rimetto ad altro tempo, coteste ricerche, dalle quali la Storia non
potrà cavar altro che qualche nome e qualche data svelati dalle monete e
iscrizioni; qualche particolarità di diritto pubblico e qualche altro
nome proprio e topografico forniti dai diplomi del duodecimo secolo; e
qualche notizia artistica o filologica.
Da tal classe di materiali ho dovuto rigettare due notizie date dal
Mortillaro. L'una risguarda Abi-Kanom (_sic_) ben Mohammed ben Osman
segestano, autore del _Kitabo-l-Nachli_ ossia Libro delle palme, MS.
dell'anno 1004 dell'era cristiana, posseduto dal Monastero di San
Martino presso Palermo.[18] Tal titolo e nome van corretti
_Kitâb-el-Nahl wal-'Asl_, (Trattato delle api e del miele) di
Abu-Hâtim-Sahl-ibn-Mohammed del Segestân;[19] chè di quella provincia di
Persia si tratta e non di Segesta in Sicilia, distrutta molti secoli
innanzi il conquisto musulmano. Perciò si tolga dal novero degli
scrittori Arabi Siciliani questo Segestano postovi da alcun compilatore
di Giornale di Scienze e Lettere, che un tempo si pubblicava in Palermo
sotto gli auspicii della Polizia e la direzione del Mortillaro.[20] Va
eliminato al pari un Hâmid-ibn-Ali, che il Mortillaro suppose siciliano,
senza per altro affermarlo, nella illustrazione di un bell'astrolabio in
ottone che v'ha in Palermo,[21] delineato il 343 dell'egira (954-955)
dal detto Hâmid, e, com'io credo, copiato sul metallo qualche secolo
appresso,[22] per uso d'un personaggio, il cui nome va letto
Scerf-ed-dîn-Ahmed-ibn-Mongiâ-ibn-Nâgi-ibn-Mohammed, della tribù di
Sa'd, nato o dimorante in Zenkelûn, terra in Egitto.[23] Il nome
dell'autore va bene, e anco il tempo in cui visse; poichè l'astronomo
Ibn-Iunis, che morì il 1008, cita appunto tra i più celebri costruttori
di astrolabii questo Hâmid-ibn-Ali, da Wâset, aggiugne egli, e così
toglie luogo ad ogni contesa su la patria.[24]
Raccolti e studiati i materiali, senza rimorso di lasciarne addietro che
fossero di momento, ho scritto la Storia, scopo di quelle mie ricerche.
E comincio a pubblicarla prima della _Biblioteca Arabo-Sicula_, sì che
ne presento adesso il primo volume, e gli altri due intendo stamparli a
un tempo con quella raccolta. Ho cavato i fatti, in primo luogo dai
settanta scrittori arabi, inediti la più parte, che compongono la
_Biblioteca_; i nomi dei quali, accompagnati di cenni biografici e
bibliografici, si leggeranno nella seconda parte della Tavola Analitica
in fin di questa Introduzione. Indi il lettore potrà giudicare delle
autorità che si citano in tutto il corso dell'opera. Primeggian tra
quelle il _Riadh-en-Nofûs_, la Cronica di Cambridge, Imâd-ed-dîn,
Ibn-el-Athîr, il _Baiân_, Nowairi, Ibn-Khaldûn, Tigiani, Ibn-Haukal,
Edrisi, Ibn-Giobair. Dei settanta poi, qual mi ha fornito un centinaio
di pagine, qual due o tre righi, qual fatti nuovi e importanti, e qual
noiose ripetizioni o racconti che mal reggono alla critica. Pochi
contengono tradizioni primitive; sendo perdute le migliori croniche
musulmane della Sicilia, e non rimanendone che i nomi di dieci autori
ch'ho noverato nella prima parte della Tavola. Pur l'uso degli annalisti
arabi a copiare le croniche troncandole qua e là, anzi che rimpastare i
fatti nel proprio stile, ci ha conservato in parte le prime scritture.
In generale le croniche e annali arabi sono diligenti nelle date;
accennano i fatti anzi che narrarli; difettan di critica; non raccontano
nè cagioni nè conseguenze nè gli episodii, in cui si vegga l'indole, le
fattezze e le passioni degli attori. Fa eccezione a questo qualche
biografia. Lavorando su elementi di tal fatta, chi voglia scrivere la
storia com'oggi la s'intende, è trattenuto ad ogni passo, costretto a
indovinare, a far supposizioni, a mettere in forse, e sovente è
strascinato ad imitare l'andatura monotona degli originali. Per buona
sorte, la tendenza del secol nostro ai lavori storici ha fatto
pubblicare, da una trentina d'anni a questa parte, molti testi, versioni
e dotti comenti, mercè i quali si comprendono ormai pienamente gli
ordini politici, le leggi civili, penali e di culto, l'indole delle
sètte religiose, le vicende delle scienze e lettere, tutti in somma i
fatti generali della Storia dei Musulmani: e ciò supplisce a molte
lacune degli annali. Fra coteste opere sol ricorderò l'_Ahkâm-Sultanîa_
di Mawerdi, trattato fondamentale di dritto pubblico, da me studiato
sopra un MS. di Parigi, ed or meglio assai su la edizione che ne diè
l'anno scorso il dottor Enger a Bonn. Altri lumi ho cavato dai MSS.
parigini di Ibn-abd-Rabbih, Ibn-Kutîa, Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn, ec.
Degli scrittori bizantini e latini sarebbe superfluo a presentare una
tavola analitica. Tra i primi, ho preferito sempre gli originali ai
copisti; e però la Continuazione di Teofane, che ci accompagna per gran
tratto di queste istorie, al Cedreno, seguíto da alcuni moderni non so
per quale predilezione. Quasi sempre ho adoperato, come più recenti, le
edizioni di Bonn. Oltre gli autori ch'ebbero alle mani il Martorana e il
Wenrich, è adesso di ragion pubblica il libro di Eustatio, arcivescovo
di Tessalonica, su la espugnazione di quella città per le armi siciliane
nel 1185; dove si ritrovano particolari prima ignoti, e alcuni toccano i
Musulmani che rimaneano in Sicilia. Quanto agli scrittori latini usciti
in luce dopo il Muratori, ho cavato partito dalle croniche: di Giovanni
Diacono di Venezia, pubblicata da Zanetti e indi nel Pertz; del monaco
Amato che tanto rischiara i fatti del conquisto normanno, data dallo
Champollion; di Benedetto monaco di Sant'Andrea, nel Pertz; di
Marangone, nell'_Archivio Storico Italiano_; e dalla poesia latina su la
impresa de' Pisani e Genovesi a Mehdîa nel 1088, per la quale mi son
servito della edizione di M. Du Méril. Ho rigettato, per esserne
evidente la falsità, i _Chronici Neapolitani Fragmenta_; il _Chronicon
Arnulphi monachi_; e le interpolazioni alla _Cronica della Cava_: tutte
fatture di Francesco Pratilli, erudito napoletano del secol passato,
appigliatosi a tal tristo espediente, per ticchio di gareggiar col
Muratori. Alcune agiografie greche e latine, vagliate con giusta
diffidenza, mi han pure fornito fatti degni di fede: tali, tra le
greche, la Vita di San Giovanni Damasceno; quella di Sant'Ignazio
patriarca di Costantinopoli; quella di San Nilo il Giovane; e gli
squarci di quella di San Niceforo vescovo di Mileto pubblicati da M.
Hase nelle note a Giovanni Diacono Caloense; tali i testi o versioni in
latino che si trovano nel Gaetani, delle quali la raccolta dei
Bollandisti offre talvolta i testi greci, e sempre dà qualche
correzione. I diplomi greci e latini di Sicilia mi hanno aiutato
sopratutto allo studio dei nomi topografici, ch'era necessario per
conoscere le città o villaggi dell'XI e XII secolo, i quali alla
cacciata dei Musulmani rimasero in parte abbandonati, con immenso danno
dell'agricoltura Siciliana, non riparato dopo sette secoli. Oltre le
collezioni di Pirri, De Grossis, Lello, Mongitore, ec., ho cavato quei
documenti dai tabularii stampati di alcune chiese, dal Giornale
Ecclesiastico di Sicilia, e dalla _Historia Diplomatica Friderici
Secundi Romanorum imperatoris_, della quale son già usciti cinque
volumi, a cura di M. Huillard-Breholles e spesa del duca di Luynes.
Infine ho tratto alcuni ragguagli di Storia letteraria dai MSS. latini
della Biblioteca imperiale di Parigi Nri. 7310, 7281, 7406, e Fonds
Saint-Germain 1450. Il primo dei quali, studiato un tempo
dall'Humboldt,[25] è versione dell'_Ottica_ di Tolomeo, fatta, sopra una
versione arabica, da Eugenio ammiraglio del reame di Sicilia; il quale
altresì tradusse dal greco le profezie dette della Sibilla Eritrea, di
cui v'ha tre MSS. a Parigi. I citati MSS. 7281 e 7406 sono compilazione
latina di un Giovanni di Sicilia su le notissime tavole astronomiche,
dette Alfonsine, del giudeo Arzachele da Toledo. Allo stesso Giovanni di
Sicilia, o altro di tal nome, appartiene il MS. 1450 Saint-Germain, ch'è
trattato di rettorica.
Lo argomento e divisione cronologica del presente lavoro è esposto a
capo del primo libro. Cotesto disegno non coincide con quello
dell'Accademia delle Iscrizioni, seguíto dal Wenrich. Da una mano io ho
voluto ristringere il campo alla Sicilia. Le guerre dei Musulmani in
Italia dal VII al XII secolo fanno due ordini di avvenimenti, dei quali
il primo dà argomento a Storia particolare, l'altro no; anzi questo non
si potrebbe accoppiar con quello altrimenti che negli Annali generali
d'Italia. L'uno è la guerra, prima d'infestagione poi di conquisto, che
movea dall'Affrica propria; portava lo stabilimento delle colonie
musulmane in Sicilia; tentava la Terraferma dallo stretto di Messina al
Tevere; e vi lasciava, con orribili guasti, anco qualche elemento di
civiltà. L'altro ordine si compone di scorrerie minori dei Musulmani or
d'Affrica or di Spagna, le quali affliggeano la Sardegna, la Corsica e
la riviera dalla foce del Tevere alle Alpi Marittime: calamità disparate
e senza compenso. Perciò ho accennato queste di passaggio nella
narrazione delle cose operate dai Musulmani in Sicilia; ma ben ho
raccontato distesamente i casi dell'Italia Meridionale, poichè sono
connessi a quei di Sicilia. Da un'altra mano, dovendo esporre le
condizioni d'ogni maniera in cui si vivea nell'isola innanzi il
conquisto musulmano, ho preso le mosse necessariamente dai tempi più
antichi in cui ebbero origine: a che non pensarono i dotti stranieri
lodati di sopra. Dopo la dominazione musulmana, ho toccato i fatti
principali dei monarchi normanni di Sicilia e dei due primi di Casa
Sveva; e l'ho scritto tanto più volentieri, quanto i testi arabi me ne
davano ragguagli ignoti per l'addietro. Mi son fermato alla deportazione
dei Musulmani di Sicilia in Puglia; parendomi opera insensata ad
abbozzare le vicende della colonia di Lucera su i vaghi cenni dei
cronisti, quando stan sepolte nei registri angioini di Napoli centinaia
di documenti su quella colonia: chè moltissimi ne vidi io stesso il 1840
e n'usai parecchi nella _Guerra del Vespro Siciliano_. Se un giorno
avverrà che l'Archivio di Napoli sia aperto liberamente agli eruditi,
altri, con migliori auspicii che i miei, intraprenderà così fatto
lavoro. Ho dato poi altr'ordine alle materie. I miei predecessori
conduceano la cronica dal principio alla fine, e poi ripigliavano da
capo a far la storia legislativa, religiosa, morale, letteraria,
artistica ed economica. In luogo d'imitarli, meglio mi è parso di
presentare i fatti, di qualunque classe, a misura che sviluppansi ed
operano. Pertanto ho interrotto spesso la narrazione delle guerre e
vicende politiche, per descrivere i fenomeni civili e intellettuali che
n'erano a vicenda effetti e cagioni: in vece di percorrere l'una dopo
l'altra tante linee di racconti, le ho troncato ad epoche, e disposto i
tronchi parallelamente l'uno all'altro; amando a seguire, il più che
potessi senza ingenerar confusione, l'ordine dei tempi, che mi par
logico sopra ogni altro. In fin del terzo volume porrò un indice dei
nomi proprii e di luoghi, e una tavola alfabetica degli autori citati in
tutto il corso dell'opera, indicando le edizioni o MSS. di cui mi sia
servito. I nomi o altre voci arabiche saranno trascritti, rendendo le
lettere e segni dell'alfabeto arabico d'Oriente nel modo che segue:
1. Elif — “a” italiana.
2. Ba — “b” id.
3. Ta — “t” id.
4. Tha — “th” inglese.
5. Gim — “g” italiana.
6. Ha — “h” latina.
7. Kha — “kh” italiana.
8. Dal — “d” id.
9. Dsal — “ds” id.
10. Ra — “r” id.
11. Za — “z” id.
12. Sin — “s” id.
13. Scin — “sc” avanti le vocali “e”, “i”, e “sci” o “sce” avanti le
altre; sempre col suono della “ch” francese e “sh”
inglese.
14. Sad — “s” italiana.
15. Dhad — “dh” id.
16. Ta — “t” id.
17. Za — “z” id.
18. Ain — suono particolare che si rende con un '.
19. Ghain — “gh” italiana.
20. Fa — “f” id.
21. Kaf — “k” id.
22. Caf — “k” id.
23. Lam — “l” id.
24. Mim — “m” id.
25. Nun — “n” id.
26. Hè — “h”, e quando è finale, si sopprime o si rende “t”.
27. Waw — “w” inglese.
28. Ia — “i” italiana.
La vocale “fatha” si rende “e”, e quando è seguíta dalla
“alef di prolungaz.”, â.
” “kesra” ” “i” ed î nel detto caso.
” “dhamma” ” “o” ed û nel detto caso.
Mi rimane adesso a rendere testimonianza degli aiuti altrui. Debbo ai
signori Reinaud e Hase, professori, l'un d'arabico, l'altro di greco
moderno, nella _École des Langues Orientales vivantes_ a Parigi, quel
che so di dette due lingue e della paleografia appartenente all'una o
all'altra: debbo loro inoltre di avermi avviato allo studio della
erudizione musulmana e bizantina, non meno che guidato nelle ricerche su
manoscritti o libri stampati. Mi diè consigli di questa fatta, nel primo
anno de' miei studii, il barone Mac-Guckin De Slane, dotto orientalista.
E, in ogni tempo, i due professori lodati di sopra m'assisteano
cortesemente, anzi amorevolmente, nella interpretazione di qualche passo
di testo, o in altra grave difficoltà.
Dissi di sopra che altri mi procacciava copie di parecchi testi arabi.
Riconosco tal favore, innanzi ogni altro, dal mio amico il dottor Dozy,
or professore d'istoria nella Università di Leyde; il quale, studiando
quella ricca collezione di manoscritti, ne prese quanto potea giovare al
mio intento. Altri estratti di testi mi sono stati mandati cortesemente
da M. Alphonse Rousseau, primo interprete della Legazione francese a
Tunis; dal dottor Weil, bibliotecario a Heidelberg; dal professore
Gayangos di Madrid; da M. Cherbonneau, professore d'arabo a Costantina;
dal signor Wright; e dal conte Miniscalchi da Verona, benemeriti delle
lettere arabiche. Tra i non orientalisti, il Conte di Siracusa mi fece
ottenere nel 1846 copia di un MS. di Madrid; il duca di Serradifalco
impetrò per me lo stesso anno il prestito di un manoscritto di
Pietroburgo, il quale mi fu mandato a Parigi per mezzo della Legazione
di Russia, con liberalità di cui debbo lodar quel governo, non ostanti
le mie opinioni politiche le quali non ho bisogno di ripeter qui.
L'ingegnere alemanno signor Honnegar, venendo alcuni anni fa da Tunis a
Parigi, mi recò altri squarci di testo, fatti copiare per conto mio. Il
lucido d'una iscrizione di Sicilia e alcune notizie bibliografiche ebbi
nel 1846 per favore dell'erudito principe di Granatelli, al quale io era
obbligato d'altronde per assai più efficaci prove di amistà. Altri
lucidi di iscrizioni mi ha fatto copiare il duca di Serradifalco, chiaro
per opere archeologiche, e ne tengo anche dal mio amico Saverio
Cavallari, ingegnere e archeologo. Debbo far menzione ancora del mio
fratel cognato Giuseppe di Fiore, per varie notizie raccoltemi in
Sicilia; del dotto ellenista siciliano Pietro Matranga, per aver
procacciato il confronto di un testo arabico alla Vaticana; e del signor
Power bibliotecario a Cambridge, e del defunto Samuel Lee professore in
quella Università, per altro simil favore.
Mentre io studiava in Parigi, risegnato lo impiego nel Ministero di
Palermo e lo stipendio di quello che m'era unico mezzo di sussistenza,
parecchi amici dal 1844 al 1846 mi soccorsero di danaro, da rimborsarsi
col prezzo dell'intrapreso lavoro. Il fecero per benevolenza verso di
me, e zelo per un'opera che speravano illustrasse la storia del paese:
tra i quali se alcuno partecipava delle mie opinioni politiche e altri
allora vi si avvicinava, altri non era meco legato che di privata
amistà; nè questa associazione ebbe mai indole nè scopo politico,
foss'anco di mera dimostrazione. L'associazione fu promossa dal barone
di Friddani e da Cesare Airoldi, nominato di sopra; la secondarono in
Sicilia Mariano Stabile, amico mio dalla fanciullezza, il principe di
Granatelli e altri amici; e lo Stabile si incaricò di riscuotere il
danaro in Sicilia, e, riscosso o no, me ne somministrava. Io accettai la
profferta. Soscrissero Cesare Airoldi, Massimo d'Azeglio, la signora
Carpi, il barone di Friddani, la famiglia Gargallo, Giovanni Merlo,
Domenico Peranni, il marchese Ruffo, il duca di Sammartino, il principe
di Scordia, il conte di Siracusa, Mariano Stabile, il signor Troysi, e
quegli che primo mi avea confortato agli studii storici tanti anni
innanzi, il carissimo mio Salvatore Vigo; i nomi dei quali ho messo per
ordine alfabetico. Non tutti fornirono la stessa somma di danaro: poichè
chi pagò in una volta tutte le cinque quote di ogni messa, le quali si
doveano fornire successivamente; e chi fu richiesto d'una o due quote, e
non fu sollecitato per le altre: i particolari del qual conto van
trattati tra me e i soscrittori, e al pubblico non ne debbo dir altro
che il beneficio e la gratitudine mia. Mutato alla fin del 1846 il
disegno della pubblicazione, e intrapresa questa dall'editore signor Le
Monnier, io non ho altrimenti usato, d'allora a questa parte, il comodo
che mi aveano offerto sì liberalmente i soscrittori.
_Parigi, luglio 1854._


TAVOLA ANALITICA
DELLE
SORGENTI ARABICHE DELLA STORIA DI SICILIA.

PARTE PRIMA. — OPERE PERDUTE.
I. =Ibn-Katâ'= (Abu-'l-Kasem-Ali-ibn-Gia'far-ibn-Ali, detto Ibn-Katâ')
discendente della regia schiatta aghlabita, nacque in Sicilia il 433
(1041-1042); uscì dopo il conquisto normanno, e morì in Egitto il 515
(1121-1122). Di questo sommo filologo darò, a suo luogo, la biografia.
Tra le molte opere ch'ei scrisse, era un _Târîkh-Sikillîa_ (Cronica di
Sicilia) ricordato da Soiûti[26] e da Hagi-Khalfa[27]. Nessuno annalista
par che abbia letto quella cronica. Compose di più _El-Dorra-el-Khatîra_
(La nobil Perla), antologia dei versi di censettanta poeti
arabo-siculi[28], della quale molti frammenti ci ha conservato
Imad-ed-dîn da Ispahan[29]; e ciò si vegga al nº XXVIII della parte
seconda di questa Tavola.
II. =Abu-Zeîd-el-Gomri=, di origine berbera come sembra al nome, scrisse
anch'egli una cronica di Sicilia. Lo afferma Sekhâwi, autore del XV
secolo, in un suo studio di storiografia[30]; e lo ripete
Hagi-Khalfa[31] . Nè il primo nè il secondo ci dicono dove e in qual
tempo sia vivuto questo Abu-Zeîd; non citato per altro da alcuno
annalista.
III. =Ibn-Rekîk= (Abu-Ishâk-Ibrahîm-ibn-Kasem-ibn-Rekîk) liberto ei
medesimo, o il padre, come potrebbe argomentarsi dalla voce _rekîk_
(schiavo), fu segretario in un oficio pubblico a Kairewân, verso la fine
del decimo secolo[32]. Egli scrisse una Cronica d'Affrica, che talvolta
fa menzione della Sicilia, ed è citata spesso dai compilatori:
Ibn-Wuedrân, Ibn-Abbâr, Ibn-Adsari autore del _Baiân_, Ibn-Khaldûn,
Nowairi, Tigiani, Leone Affricano. Quantunque io accetti il giudizio del
dotto barone De Slane, il quale gitta su le spalle d'Ibn-Rekîk le favole
che si mescolarono al racconto delle prime guerre dei Musulmani in
Affrica[33], penso pure che costui potea compilar senza critica le
narrazioni dei tempi andati, e scrivere schiettamente le vicende de'
suoi proprii. Si badi a tal distinzione, quante volte si vedrà citata
l'autorità d'Ibn-Rekîk nel corso del presente lavoro.
IV. =Ibn-Rescîk= (Abu-Ali-Hasan) forse di origine siciliana, nato in
Affrica d'uno schiavo greco, orafo, l'anno mille; vivuto a corte dei
principi Zîrîti a Mehdia e negli oficii pubblici a Kairewân; rifuggito
poscia in Sicilia; e morto a Mazara, chi dice il millecinquantotto, chi
il sessantatrè, e chi il settanta, fu uomo di molte lettere; del quale
tratterò più largamente nel quarto libro di questa istoria. Tra le altre
cose, ei scrisse una cronica di Kairewân, ove toccò talvolta i fatti di
Sicilia: come si ritrae dalle citazioni di varii compilatori.
L'_Anmûdeg_ (il Tipo), opera del medesimo autore, contiene un aneddoto,
trascrittoci da Ibn-Khallikân, risguardante il principe kelbita di
Sicilia Iusûf. Da altri frammenti che abbiamo d'Ibn-Rescîk ei sembra
informato della erudizione che potea rimanere in quel tempo tra i Greci
di Sicilia: il che aumenta l'autorità sua come cronista.
V. =Ibn-Iahîa= (Abu-Ali-Hasan-el-Fakîh, ossia il giurista) scrisse un
_Târîkh-Sikillîa_ (Cronica di Sicilia) del quale i geografi Jakût e
Kazwîni ci hanno conservato qualche squarcio. Ancorchè il soprannome e
il nome proprio di costui si riscontrino con quei d'Ibn-Rescîk e l'uno e
l'altro sembrin di certo vissuti al medesimo tempo, pure il divario dei
nomi patronimici; la origine greca d'Ibn-Rescîk; la qualità di giurista
data a Ibn-Iahîa; infine la diversità delle due croniche che
s'intitolano, l'una di Kairewân e l'altra di Sicilia, fanno supporre con
fondamento che ai tratti di due autori diversi.
VI. =Abu-s-Salt-Omeîa= (Ibn-Abd-el-'Azîz-ibn-abi-s-Salt) nato a Denia in
Spagna il 1067, morto a Mehdia in Affrica il 1131 o pochi anni appresso,
medico, poeta, erudito, meccanico, continuò la Cronica d'Ibn-Rekîk[34].
In questa, o altra opera, ci narra un curioso aneddoto della sconfitta
dell'esercito siciliano al Capo Dimas il 1123. Imâd-ed-dîn da Ispahan,
nella _Kharîda_, ci ha conservato alcuni squarci di poeti arabo-siculi e
di loro biografie, raccolti da Abu-s-Salt[35] in un'altra opera che ha
per titolo _Risâla min Ahl el-'Asr_ (Epistola su i contemporanei).
VII. =Ibn-Sceddâd=
('Izz-ed-dîn-Abu-Mohammed-Abd-el-'Azîz-ibn-Sceddâd-ibn-Temîm) della
tribù berbera di Senhâgia e della regia schiatta dei Zirîti, visse nella
seconda metà del XII secolo, poichè l'avol suo Temîm, regnava a Mehdia
dal 1062 al 1107. Secondo la espressa testimonianza di Abulfeda[36], ei
compilò due istorie, di Kairewân, cioè, e di Sicilia. Di questa ultima
troviamo squarci negli Annali d'Abulfeda, e perciò anche nell'opera di
Scehâb-ed-dîn-Omari[37]. In fine, il Tigiani tolse da Ibn-Sceddâd il
racconto della espugnazione di Mehdia nel 1160, che quel cronista sapea
da un testimonio oculare[38].
Ibn-Sceddâd, di cui adesso abbiamo precise notizie[39], è appunto
l'Ascanagius del Caruso, l'Al-Sanhaj del Di Gregorio, ec.[40], come si
trascriveva inesattamente il nome etnico di Es-Senhâgi col quale lo
denotò Abulfeda. Monsignor Airoldi, nella prefazione al Codice
diplomatico dell'abate Vella, diè i suoi nomi nella forma in cui li
trovava presso D'Herbelot; aggiugnendo, su la fede dello impostore
Vella, che l'opera in diciotto volumi si serbasse nella Biblioteca di
Fez[41].
VIII. =Ibn-Bescirûn=
(Othmân-ibn-Abd-er-Rahîm-ibn-abd-er-Rezzâk-ibn-Gia'far-ibn-Bescirûn-ibn-Scebib)
della tribù arabica di Azd, detto Sikîlli e Mehdi, ossia Siciliano e da
Mehdia (in Affrica), perchè nato forse in uno di cotesti paesi, non
sappiamo quale, e passato a dimorare nell'altro, visse nella seconda
metà del duodecimo secolo. Ei compilò un _Mokhtâr fi-l-Nezm wa-l-Nethr
li Afâdhil Ahl el-'Asr_ (Scelta di poesie e prose dei più illustri
contemporanei), nel quale ricordò molti Spagnuoli, Affricani e
Siciliani. Imad-ed-dîn da Ispahan[42] si servì di questa raccolta, che è
notata altresì nella bibliografia di Hagi-Khalfa[43]. Dell'autore diremo
nel sesto libro.
IX. =Gemâl-ed-dîn= (Mohammed-ibn-Sâlem) cadi supremo d'Egitto, nato il
1207, morto il 1297, conobbe di persona lo imperator Federigo Secondo;
fu poi mandato ambasciatore a Manfredi dal Sultan di Egitto Bibars: e
dimorò in Italia parecchi anni. Egli accennò, non sappiamo in quale
delle opere sue, la condizione dei Saraceni di Lucera, la sconfitta di
Manfredi, e il sapere di questo re in matematica, filosofia e lettere
arabiche. Di questi squarci abbiamo una trascrizione o sunto negli
annali di Abulfeda[44].
X. =Ibn-Sa'îd= (Nûr-ed-dîn-Ali-ibn-Sa'id-ibn-Musa) da Granata, nato il
1214, morto il 1274, oltre il trattato di geografia di che sarà detto
nella seconda parte di questa Tavola, e oltre un'opera istorica su
l'Oriente, che non appartiene al soggetto nostro, ne pubblicò un'altra
alla quale si lavorava in sua famiglia da due generazioni: opera
compiuta da lui con ricerche in Oriente e segnatamente nelle biblioteche
di Bagdad innanzi la irruzione dei Tartari[45]. Voglio dire del _Moghrib
fi Holâ-el-Maghreb_ (Peregrino discorso su gli ornamenti
dell'Occidente), del quale scrive il Makkari, che il primo libro
trattasse della Spagna, il secondo della Sicilia, il terzo della Italia
e altre province del continente[46]. Pertanto è da supporre molto
importante quella storia di Sicilia i cui elementi furono apprestati
forse alla famiglia di Ibn-Sa'îd da dotti Siciliani rifuggiti in Spagna.
Persuaso di ciò, io ho tentato per dieci anni tutti i modi di aver
questo libro; guidandomi cortesemente il professore Gayangos di Madrid,
ch'io richiesi dapprima, e cooperando poi meco il Dozy, che dal canto
suo desiderava anco di studiare quella celebre opera, intento, com'egli
era ed è, a rifare la storia della Spagna Musulmana. Ma fallirono le
speranze che noi avevamo posto in sir Thomas Read, console inglese a
Tunis, credendo ch'ei possedesse una copia di Ibn-Sa'îd; al quale
ancorchè io avessi scritto e fattogli scrivere da persone ch'ei
conoscea, non n'ebbi risposta mai. M. Alphonse Rousseau, interprete
della Legazione francese a Tunis, ch'è uom gentile ed erudito, si è
adoperato anco invano a trovare quel MS. a Tunis. Pur non dispero che si
venga a capo dell'intento, quando che sia; parendo che una copia
dell'Ibn-Sa'id si conservi nella moschea principale di Tanger, e forse
un'altra ve n'abbia a Pietroburgo[47], senza contare quella di sir
Thomas Read.
Queste dieci son le opere principali non pervenute insino a noi, note
per espresso attestato d'altri scrittori, o per gli squarci che questi
ne abbian dato; opere, dico, che di proposito o per incidenza toccavano
la storia dei Musulmani di Sicilia. V'ha inoltre parecchi biografi
affricani e siciliani del nono e decimo secolo, citati nel
_Riâdh-en-Nofûs_, dei quali farò menzione nella seconda parte della
presente tavola, nº XI, trattando del _Riâdh_. È probabilissimo che
abbian detto anco della Sicilia tanti cronisti di Kairewân, i cui nomi
sappiamo da Hagi-Khalfa e da altri, ma parmi inutile di trascriverli
qui. Se è da prestar fede a Leone Affricano, scrisse anco la cronica di
Sicilia un Ibn-Hossein[48], del quale invano ho cercato il nome presso
autori più diligenti di Leone. Infine avverto i lettori che non
troveranno qui il nome del Tabari, famosissimo annalista del nono e
decimo secolo, che condusse sua narrazione dai tempi più remoti fino
all'anno 302 dell'egira (914 e 915). Come ognun sa, que' pochi volumi
che abbiamo in Europa de' molti onde si componea l'opera del Tabari,
trattano di tempi anteriori al conquisto musulmano della Sicilia; e però
non se ne può sperar altro che qualche notizia su le incursioni del
settimo e ottavo secolo. Io ne ho cercato invano tra i frammenti del
Tabari che posseggono la Bodlejana (Hunt. 198), e la Bibl. di Parigi
(Supp. Ar., 744); onde mi è parso inutile di percorrere a questo effetto
i tre volumi della Biblioteca di Berlino, che comprendono gli Annali,
dal 71 al 159 (690-775).

PARTE SECONDA. — OPERE ESISTENTI.
I. =Ibn-Abd-el-Hakem= (Abd-er-Rahmân) autore del _Fotûh-Misr_ (Conquisti
in Egitto), morto verso l'874 dell'era cristiana. La Biblioteca
imperiale di Parigi n'ha due copie, Ancien Fonds 653 e 785; la prima
delle quali più bella, ma meno antica e men corretta dell'altra, che
porta la data del 1180. È diligentissima narrazione; condotta nel primo
stile storico degli Arabi, cioè nominando per ciascun fatto tutti coloro
per cui bocca fosse passato, dal testimone oculare infino al
compilatore. Ne ho preso pochi righi su la sconfitta navale di Costante
imperatore e la uccisione di lui in Sicilia. Alcuni squarci sul
conquisto d'Affrica sono stati tradotti in francese dal baron De Slane
nella _Lettre à M. Hase, Journ. Asiat._, (série IV, tomo IV 1844), pag.
356, e nella _Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun_, tomo I, pag. 301
seg.
II. =Ibn-Koteiba= (Abu-Mohammed-Abd-Allah-ibn-Moslem), autore
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