Storia degli Italiani, vol. 06 (di 15) - 35

sciolga qualunque società di popolani o di militi; nè gli uni nè gli
altri abbiano podestà o consoli speciali, ma vengano tutti governati
dal rettore del Comune, dal quale solo dipendano gli armati; statuarj,
consiglieri, uffiziali sieno eletti come faceasi da dieci anni in poi;
annullata la libertà dai militi data ad alcuni borghi od abitanti del
distretto; non si ponga ostacolo al portar vittovaglie in città; non
si faccia adunanza di nobili o di popolo a suon di campana; bando e
infamia a chi contraffà.
[260] _Statut._, lib. III. c. 168. 169. Lo statuto 170, _de cerna
potentium_, fa il catalogo delle famiglie nobili, _ne sub velamine
popularium defendantur_.
[261] _Croniche_, IV. 78. — Ai Guelfi rende giustizia persino Voltaire,
dicendo che l’imperatore _voulait régner sur l’Italie sans borne et
sans partage_ (Essai, cap. 66); e chiama i Guelfi _partisans de la
papauté, et encore plus de la liberté_ (cap. 52). Guelfi e Ghibellini
erano come i Tories e Whigs dell’odierna Inghilterra; bisogna essere
di quel partito, e conservarlo quand’anche cambia; i Tories del 1843
fecero tutto quello che voleano i Whigs nel 1830. Così i Guelfi di
Firenze divengono fautori dell’Impero e nemici del papa; non cambiano
nome, ma diconsi _bianchi e neri_; Dante era guelfo, come testè fu tory
Roberto Peel.
Vedi il trattato di Bártolo sui Guelfi e Ghibellini. Una storia de’
Guelfi e Ghibellini nostri sarebbe la più bella spiegazione delle
vicende italiane.
[262] Nelle _Memorie e documenti per servire alla storia di Lucca_,
vol. III. p. 47, leggesi: _Orlandinus notarius, filius domini
Lanfranchi, et Chele filius Lamberti, sindici et procuratores hominum
partis guelfæ, eorum terræ.... volentes se et alios eorum partis ab
erroris tramite revocare, et Lucanam civitatem recognoscere tamquam
eorum matrem, et ad hoc ut tota provincia vallis Neubulæ_ (val di
Nievole) _bonum statum sortiatur, promiserunt et concenerunt... quod
ipsi et alii eorum partis guelfæ de dictis communitatibus perpetuo
erunt in devotione Lucani communis etc._
In Milano il colore de’ Guelfi era il bianco, de’ Ghibellini il rosso.
In Valtellina i Guelfi portavano piume bianche alla tempia destra e
un fiore all’orecchio destro; i Ghibellini piume rosse o un fiore alla
sinistra. Tutti i palazzi di Firenze hanno merli quadrati, eccetto uno.
Brescia nel 1212 avea tre podestà, eletti da tre fazioni.
[263] Vedasi in capo ai vol. I e II dei _Monumenta historica ad
provincias Parmensem et Placentinam pertinentia_ (Parma 1857) un
discorso del cav. Ronchini, che dà la storia civile del paese. L’ultimo
degli statuti di Parma, stampati nel 1858, è tale: _Nullus de civitate
vel episcopatu Parmæ de cetero contrahat aliquam parentelam vel
matrimonium cum aliquo vel cum aliqua, qui vel quæ non sit de parte
Ecclesiæ: nec aliquis sit mediator nec proxeneta nec relator verborum
aliquorum dictæ parentelæ faciendæ, nec testis, nec instrumentum
celebret seu scribat, nec promissionem, nec securitatem, nec tractatum
faciat, vel recipiat ullo modo alicujus parentelæ faciendæ, in aliquo
tempore. Et si aliqua promissio vel securitas facta est de aliqua
parentela facienda, sit nullius momenti. Et si qui vel si qua de cetero
contra prædicta vel aliquod prædictorum fecerit vel facere præsumserit,
in tantum puniatur. Mediator vero, sive proxeneta puniatur in trecentis
libris parm.; et testis in trecentis libris parm., et tabellio puniatur
in tantumdem, et perpetuo ab officio notariatus sit remotus: fratres
nihilominus mulierum, si patrem mulier non habet, in mille libris parm.
quilibet puniantur._
[264]
Non s’attien fede nè a comun nè a parte,
Chè Guelfo e Ghibellino
Veggio andar pellegrino,
E dal principe suo esser deserto.
Misera Italia! tu l’hai bene esperto
Che in te non è latino
Che non strugga il vicino
Quando per forza e quando per mal arte.
GRAZIOLO, cancelliere bolognese nel 1220.
Ed ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
Di quei che un muro ed una fossa serra.
Cerca, misera, intorno dalle prode
Le tue marine, e poi ti guarda in seno
Se alcuna parte in te di pace gode.
DANTE, _Purg._, VI.
Benchè non fossero costanti nel parteggiare, offriamo alquanti dei nomi
che assumeano le fazioni in varie città:
GUELFI GHIBELLINI
Milano Torriani Visconti
Firenze Neri Bianchi
Arezzo Verdi Secchi
Genova Rampini Mascherati
Grimaldi e Fieschi Doria e Spinola
Como Vitani Rusca
Pistoja Cancellieri Panciatichi
Modena Aigoni Grasolfi
Bologna Scacchesi (Geremei) Maltraversi (Lambertazzi)
Verona San Bonifazio Tegio
Piacenza Cattanei Landi
Pisa Pergolini (Visconti) Raspanti (Conti)
Roma Orsini Savelli
Siena Tolomei Salimbeni
Orvieto Malcorini Beffati
Asti Solari Rotari
A Roma i due fratelli Stefano e Sciarra Colonna erano capi, uno dei
Guelfi, l’altro de’ Ghibellini. Inoltre erano emuli nelle varie città,
senza star saldi a una parte sola, Beccaria e Langosco in Pavia;
Tornielli e Cavalazzi o Brusati in Novara; in Ferrara Salinguerra e
Adelardi; in Vercelli Avvocati e Tizzoni; in Lodi, Vignati e Vistarini;
in Genova, Doria e Adorni; in Asti, Isnardi e Gottuari; in Perugia,
Oddi e Baglioni; in Bergamo, Suardi e Colleoni, Bongi e Rivoli; in
Brescia, Casalalta e Bruzella; in Perugia, Bettona, Assisi la parte di
sopra e quella di sotto; in Padova, Carrara e Macaruffo; in Sicilia,
Palizzi, Alagona, Ventimiglia, Chiaramonti; in Ravenna, Polenta e
Bagnacavallo; in Imola, Mendoli e Brizi; in Faenza, Manfredi e Acarisi;
in Rimini, Gambacari e Amadei; in Forlì, Ordelaffi e Galboli; in
Cesena, Righizzi e Popolo; in Sangeminiano, Ardinghelli e Salvucci; in
Sansepolcro, Graziani e Goracci contro Pichi e Righi; in Acqui, i Blesi
e i Bellingeri.... A Savigliano erano ghibellini i Cambiano, i Soleri,
i Galateri; in Alba, capi dei Guelfi i Graffagnini; e così via.
[265] G. VILLANI, V. 9. — _In diebus meis vidi plusquam quinquies
expulsos stare milites de Papia, quia populus fortior illis erat_.
_Ventura_, _Chron. Astense_, cap. VIII. Rer. It. Scrip., XI.
[266] _Chron. Astense_, cap. XVII. — SAVIOLI, _Ann. bologn. ad ann._ —
G. VILLANI, IX. 213.
[267] Dicevansi i Senesi il popolo più orgoglioso della Toscana
e vendicativo; di malafede i Romagnuoli; volubili e impazienti i
Genovesi: i Milanesi pacchioni ecc. San Bernardo nel 1152 scriveva:
_Quid tam notum sæculis quam protervia et fastus Romanorum? gens
insueta paci, tumultui assueta, gens immitis et intractabilis usque
adhuc, subdi nescia nisi quum non valet resistere._ De consideratione,
IV. 2. Basta legger Dante per raccorvi ingiurie contro ciascuno de’
nostri popoli.
[268] Avverti la distinzione tra i Ferraresi e il Comune di Ferrara.
_Ant. Estensi_, part. I. c. 39.
[269] Il carroccio di Cremona chiamavasi Gajardo; quel di Padova,
Berta; quel di Parma, Crepacuore o Regoglio ecc.
[270] Vedi spesso il Machiavelli, che dice come le guerre prima de’
suoi dì «si cominciavano senza paura, trattavansi senza pericolo,
finivansi senza danno»; lib. V. Anche il Guicciardini dice la battaglia
del Taro «memorabile, perchè fu la prima che da lunghissimo tempo
in qua si combattesse con occisione e col sangue in Italia». E più
umanamente il buon Muratori narra d’una battaglia del 1469, importante
«ma con uccisione di pochi perchè in questi tempi gli Italiani faceano
guerra non da barbari ma da cristiani, e davano quartiere a chiunque
non potendo resistere si arrendeva».
[271] _Chron. Ferrariæ_, Rer. It. Scrip., VIII.
[272] Chi ricorda le colonie civilizzanti e lavoratrici che proponevano
i Sansimoniani nel 1833, e i Falansteri di Fourier predicati dopo il
1840, ne troverà già il modello nei Cistercensi. Dove era il grosso
dei loro possessi doveva porsi una colonia di frati conversi, diretti
da un professo, il quale era come il fattore di tutta la grancia o
cascina. Egli dava il segno quando dovessero uscire al lavoro, egli
distribuiva ad essi i ferri del mestiere, egli ne fissava le funzioni
di armentiero, carrettiere, zappatore, boaro, e così via. Non doveva
accettarsi frate se non chi potesse guadagnarsi il vivere colle proprie
mani. I conversi non doveano tenere alcun libro, nè imparar altre preci
che il _pater_, il _credo_ e il _miserere_. Chi avesse dei fondi male
andati chiamava una colonia di Cistercensi a rimetterli in essere: così
Rainaldo arcivescovo di Colonia, ch’era venuto a portarci guerra col
Barbarossa, avendo trovato la sua prebenda in disordine, chiamò di tali
frati, _qui et curtibus præessent, et annuos redditus reformarent_.
Il monastero di Chiaravalle fu fondato nel 1135 con tenuissime rendite,
ma i monaci lavorando, comprando principalmente i _zerbi_ cioè incolti,
e prendendo a livello, ebber in breve quattro buone possessioni: indi
acquistarono il fondo di Cerreto nel Lodigiano, e Morimondo nel Pavese,
e altri. A Chiaravalle, sopra uno spazio di tre pertiche appena, si
incrocicchiano ben sette acquedotti artifiziali. Fin del 1138 ci resta
un contratto, ove quei monaci compravano alquanti zerbi da un Giovan
Villano col diritto di trarre acqua dalla Vetabia, e di potere all’uopo
fare fossati traverso ai poderi d’esso Villano e una chiusa: _ut
monasterium possit ex Vectabia trahere lectum, ubi ipsum monasterium
voluerit: et si fuerit opus, liceat facere eidem monasterio fossata
super terram ipsius Johannis ab una parte vie et ab alia, et possit
firmare et habere clusam in prato ipsius Johannis, etc._ Di simil
tenore molte carte sono addotte nelle _Memorie Longobardiche Milanesi_,
e massime per l’acquisto delle acque d’un fosso che i Milanesi aveano
fatto attorno alla città, obbligandosi di tenerlo spurgato. Fin
d’allora vi riscontriamo tutti gli artifizj presenti di paratoje,
stravacatori, salti di gatto, bocchelli, incastri; insegnarono essi
l’economica distribuzione per ore, vendendo e affittandone il diritto.
Coltivavano anche la vigna, e tutti gli storici nostri menzionano una
botte di 500 brente di vino, ch’essi distribuivano in elemosina. _Prati
marcidi_ son mentovati in carte del 1233 e 35 e 54.
È un dovere il rammentare al secolo gaudente le opere di quei poltroni
di frati (nota tratta dalla _Storia di Milano_ del Cantù).
[273] AFFÒ, _Storia di Parma_, tom. II. p. 249. Anche più tardi Amedeo
VIII di Savoja faceva doni a un eremita che s’occupava di mantenere
le strade presso Ginevra, ed altri a un canonico che fondò la strada
da Meillery a Bret. V. CIBRARIO, _Economia polit._, 363. Una supplica
sporta il 5 aprile 1317 alla Signoria di Firenze comincia: _Cum fratres
Sancti Salvatoris de Septimo et fratres Humiliatorum omnium Sanctorum
de Florentia, olim et hodie multipliciter servierint et quotidie
serviant communi et populo florentino in omnibus quæ ipsi communi
expediunt etc._
[274] «E tutte le creature appellava fratelli e sirocchie, dicendo
che tutti aveano uno cominciamento da un medesimo creatore e padre».
_Vite de’ Santi Padri._ — _Fratres mei aves, multum debetis laudare
Creatorem.... Sorores meæ hirundines... Segetes, vineas, lapides
et silvas, et omnia speciosa camporum, terramque et ignem, aerem et
ventum, ad divinum movebat amorem.... Omnes creaturas fratris nomine
nuncupabat, frater cinis, soror musca._ TOM. CELANO suo discepolo.
_Acta SS. octobris_. Vedi i _Fioretti_ di san Francesco, uno de’ più
ingenui libri del nostro Trecento.
[275] È particolarità notevole nei frati questa venerazione per
le opere di Dio, e la custodia delle piante storiche. Abbiamo già
accennato l’albero di san Benedetto a Napoli: a Roma si sta volentieri
al rezzo di quello ove san Filippo Neri col bello educava alla virtù
i giovani del suo Oratorio: ivi pure a Santa Sabina additano un
arancio piantato da san Domenico: uno da san Tommaso d’Aquino a Fondi.
Se Aristotele o Teofrasto scrivessero ora la storia naturale, non
dimenticherebbero queste particolarità.
[276]
Nullo donca oramai più mi riprenda,
Se tal amore mi fa pazzo gire.
Già non è core che più si difenda...
Pensi ciascun come cor non si fenda,
Fornace tal come possa patire....
Data m’è la sentenza
Che d’amore io sia morto;
Già non voglio conforto
Se non morir d’amore....
Amore, amore, grida tutto il mondo;
Amore, amore, ogni cosa clama...
Amore, amor, tanto pensar mi fai;
Amore, amore, nol posso patire;
Amore, amore, tanto mi ti dai;
Amore, amore, ben credo morire;
Amore, amore, tanto preso m’hai;
Amore, amore, fammi in te transire;
Amor, dolce languire;
Amor mio desioso,
Amor mio dilettoso,
Annegami d’amore.
Amor, amor, Jesù son zonto a porto;
Amor, amor, Jesù dammi conforto;
Amor, amor, Jesù sì m’ha infiammato;
Amor, amor, Jesù io sono morto...
Amor, amor, per te sono rapita;
Amor, amor, viva, non me dispregia;
Amor, amor, l’anima teco unita;
Amor, tu sei sua vita,
Jam non se po’ partire,
Perchè la fai languire,
Tanto struggendo amore.
[277] _Ap_. JOH. LUCIUM, _De regno Dalmatiæ_, pag. 338; e GHIRARDACCI,
_Storia di Bologna_, lib. V.
[278] _Impugnationis arma secum fratres non deferant nisi pro
defensione romanæ ecclesiæ, christianæ fidei, vel etiam terræ ipsorum_.
Cap. VII.
[279] Guitton d’Arezzo scriveva di san Francesco:
Cieco era il mondo, tu failo visare;
Lebbroso, hailo mondato;
Morto, l’hai suscitato;
Sceso ad inferno, failo al ciel montare.
Dante ne pone un magnifico elogio in bocca a san Tommaso e san
Bonaventura nel X e XI del _Paradiso_.
[280] LANDULFI SENIORIS _Historia Mediolani_, II. 27.
[281] _Multa petebant instantia prædicationis auctoritatem sibi
confirmari._ Stefano di Borbon ap. GIESLER, pag. 510.
Che il nome di Valdesi derivi da Pietro Valdo, lo smentirebbe il
trovarlo in un manoscritto della _Noble leçon_ di Cambridge che si
suppone del 1100, cioè prima di esso Valdo, ove leggesi in provenzale:
_Que non vollìa maudire, ni jurar, ni mentire,_
_Ni ahountar, ni ancire, ni prenre de l’autrui,_
_Ni venjar se de li sio ennemie,_
_Illi disent quel és Vaudés, e degne de murir._
Forse viene dal tedesco _wald_ foresta. — Cataro in greco vuol dire
_puro_, e forse presero tal nome per la pretesa innocente vita.
Sant’Agostino già chiama _cataristi_ i Manichei, _De hær. Manich._ I
Tedeschi chiamano ancora _ketzer_ gli eretici. — _Patarini_ furon detti
da _pati_, perchè ostentavano penitenza; o dal _pater_, che era la loro
preghiera. In una costituzione di Federico II leggesi: _In exemplum
martyrum, qui pro fide catholica marthyria subierunt, Patarenos se
nominant, veluti expositos passioni._ Ed anche le _Assise_ di Carlo I
portano nel francese d’allora: _Li vice de ceaus son coneu par leur
anciens nons, et ne veulent mie qu’il soient apelé par leur propres
nons, mais s’apellent Patalins par aucune excellence, et entendent
que Patalins vaut autant comme chose abandonnée à soufrir passion en
l’essemble des martyrs, qui souffrirent torment pour la sainte foy._
Con infiniti nomi se ne indicavano le varie sêtte, de’ _Gazari_,
_Arnaldisti_, _Giuseppini_, _Leonisti_, _Bulgari_ (da cui il _bougre_
dei Francesi, e il _bolgiron_ de’ Lombardi), _Circoncisi_, _Publicani_,
_Insabbatati_, _Comisti_ (che alcuno volle chiamati così da Como),
_Credenti di Milano_, _di Bagnolo_, _di Concorezzo_, _Vanni_, _Fursci_,
_Romulari_, _Carantani_....
[282] Così il Vignerio, reputato dai Protestanti restauratore della
storia ecclesiastica. _Bibliotheca historica_, addiz. alla P. II. p.
313. Anche frà Ranerio Saccone dà per origine delle chiese di Francia e
d’Italia quelle di Bulgaria e Drungaria.
«Quando i Valdesi si separarono da noi, ben pochi dogmi avevano
contrarj ai nostri, o forse nessuno». BOSSUET, _Hist. des variations_,
lib. XI. — E fra Ranerio Saccone: _Cum omnes aliæ sectæ immanitate
blasphemiarum in Deum audientibus horrorem inducant, hæc magnam
habet speciem pietatis, eo quod coram hominibus juste vivant, et bene
omnia de Deo credant, et omnes articulos qui in symbolo continentur
observent; solummodo romanam ecclesiam blasphemant et clerum_.
Corrado Uspergense dice che papa Lucio li condannò per alcuni dogmi ed
osservazioni superstiziose. Claudio di Seyssel arcivescovo di Torino
dichiarò irriprovevole la loro vita: locchè a Bossuet pare una nuova
seduzione del demonio.
Moltissimi autori ne scrissero: e dopo tornati i suoi re al Piemonte
nel 1814, qualche inquietudine fu data ai Valdesi rifuggiti nelle
valli subalpine; onde i re di Prussia ed Inghilterra porsero ad essi
soccorso. Allora varj Inglesi andarono a visitarli, e ne uscirono
diversi scritti, quali sono _Authentic details of the Valdenses in
Piedmont and other countries, with abridged translations of_ L’histoire
des Vaudois par Bresse, _and_ La rentrée glorieuse d’Henri Armand;
_with the ancient Valdesian catechism; to which is subjoined original
letters, written during a residence among the Vaudois of Piedmont and
Würtemberg in_ 1825. Londra.
GILLY, _Narrative of an excursion to the mountains of Piedmont in the
year 1823, and researches among the Vaudois or Waldenses protestants
inhabitants of the Cottien alpes. With maps_. Londra 1820.
JONES, _The history of the Christian Church, including the very
interesting account of the Waldenses and Albigenses_, 2 vol.
LOWTHEC’S _Brief observations on the present state of the Waldenses_.
1825.
ACLAND, _A brief sketch of the history and present situation of the
Vaudois_. 1826.
ALLIX, _Some remarks upon the ecclesiastical history of the ancient
churches of Piedmont_.
_Recherches historiques sur la véritable origine des Vaudois_. Parigi
1836. È cattolico.
PEYRUN, _Notice sur l’état actuel des églises vaudoises_. Ivi, 1822. Li
sostiene coevi del cristianesimo.
A. MUSTON, _Hist. des Vaudois des vallées du Piémont_. 1834.
_L’Israel des Alpes, ou les Martyrs vaudois_ li fa oriundi da Leone,
che nel IV secolo si separò da papa Silvestro, quando questi accettò
beni temporali da Costantino.
[283] Abbiamo consultato in proposito moltissime opere e diversi
manoscritti e processi. Il cremonese Moneta, uom dissoluto, sentendo
predicare in Bologna Reginaldo d’Orléans, si convertì, e fatto
inquisitor della fede a Milano il 1220, _tamquam leo rugiens_
si scagliò contro le eresie, e scrisse una _Summa theologica_,
grosso volume in-foglio, edito a Roma il 1743 dal padre Tommaso
Agostino Richino col titolo _Venerabilis patris Monetæ Cremonensis,
ordinis Prædicatorum, sancto patri Dominico æqualis, adversus
Catharos et Valdenses libri quinque._ Il Saccone, dopo stato cataro
diciassett’anni, si convertì, e li perseguitò come vedremo; e la
sua _Summa de Catharis et Leonistis, sive Pauperibus de Lugduno_ fu
inserita nel _Thesaurus novus anecdotorum_ dei PP. Martène e Durand,
Parigi 1717, tom. V. In questa _Summa_ trovo menzionato un volume di
dieci quaderni, in cui Giovanni di Lugio avea deposti i suoi errori.
Buonaccorso, già vescovo dei Catari in Milano, li confutò nella
_Manifestatio hæreseos Catharorum_: è nello _Spicilegio_ del padre
d’Achery, tom. I. p. 208 del 1723. Nel suddetto _Thesaurus_ vedasi
pure una _dissertatio inter Catholicum et Patarinum_; e l’opera di frà
Stefano di Bellavilla inquisitore.
Questo punto si attacca a opinioni ridestatesi ai giorni nostri sul
comunismo, onde molto se ne parlò di recente, e noi di proposito ne
abbiamo trattato negli _Eretici d’Italia_.
[284] Il domenicano Sandrini, che potè a sua posta indagare gli archivj
del Sant’Uffizio in Toscana, scrive: — Per quanto io abbia cercato
ne’ processi eretti da’ nostri frati, non ho trovato che gli eretici
Consolati in Toscana passassero ad atti enormi, e che si commettesse
mai da loro, massime tra uomini e donne, eccesso di senso; onde, se
i frati non si tacquero per modestia, il che non mi par credibile
in uomini che abbadavano a tutto, i loro errori erano, più che di
sensualità, d’intelletto». Ap. LANZI, _Lezioni di antichità toscane_,
XVII.
[285] MONETÆ _Summa_.
[286] Due ne pubblicò Costantino contro gli eretici, uno Valentiniano
I, due Graziano, quindici Teodosio I, tre Valentiniano II, dodici
Arcadio, diciotto Onorio, dieci Teodosio II, e tre Valentiniano III,
tutti inseriti nel codice Giustinianeo.
[287] _Late patet Dei clementia, qui, pulso infidelitatis errore,
veritatem fidei suis fidelibus patefecit: justus enim ex fide vivit,
qui vero non credit, jam judicatus est. Nos igitur, qui gratiam fidei
in vanum non recipimus, omnes non recte credentes, qui lumen fidei
catholicæ hæretica pravitate in imperio nostro conantur extinguere,
imperiali volumus severitate puniri, et a consortio fidelium per
totum imperium separari; præsentium tibi auctoritate mandantes,
quatenus hæreticos Valdenses et omnes qui in Taurinensi diœcesi
zizaniam seminant falsitatis, et fidem catholicam alicujus erroris seu
pravitatis doctrina impugnant, a toto Taurinensi episcopatu imperiali
auctoritate expellas; licentiam enim, auctoritatem omnimodam, et
plenam tibi conferimus potestatem, ut, per tuæ studium sollicitudinis,
Taurinensis episcopatus area ventiletur, et omnis pravitas, quæ fidei
catholicæ contradicit, penitus expurgetur_. Ap. GIOFFREDO, Storia delle
Alpi Marittime al 1209.
[288] Höffler pubblicò (_Kaiser Friedrich II, ein Beytrag etc._ Monaco
1844) nuove lettere di Federico II, fra cui la seguente a papa Gregorio
IX, relativa all’inquisizione ereticale:
_Celestis altitudo consilii, que mirabiliter in sua sapientia cuncta
disposuit, non immerito sacerdotii dignitatem et regni fastigium
ad mundi regimen sublimavit, uni spiritualis et alteri materialis
conferens gladii potestatem, ut hominum ac dierum excrescente malitia,
et humanis mentibus diversarum superstitionum erroribus inquinatis,
uterque justitie gladius ad correctionem errorum in medio surgeret,
et dignam pro meritis in auctores scelerum exerceret ultionem.... Quia
igitur ex apostolice provisionis instantia, qua tenemini ad extirpandam
hereticam pravitatem, potentiam nostram ad ejusdem heresis exterminium
precibus et monitionibus excitatis; ecce ad vocem virtutis vestre,
zelo fidei quo tenemur ad fovendam ecclesiasticam unitatem gratanter
assurgimus, beneplacitis vestris devotis affectibus concurrentes, illam
diligentiam et sollicitudinem impensuri ad evellendum et dissipandum
de predictis civitatibus pestem heretice pravitatis, ut auctore Deo,
cui gratum inde obsequium prestare confidimus ac vestris coadjuvantibus
meritis, nullum in eis vestigium supersit erroris, ac finitimas et
remotas quascumque fama partes attigerit, inflicta pena perterreat, et
omnibus innotescat nos ardenti voto zelare pacem Ecclesie, et adversus
hostes fidei ad gloriam et honorem matris Ecclesie ultore gladio
potenter accingi. Dat. Tarenti_ XXVIII _febr. indict._ IV.
In un’altra lettera esso Federico insiste con nuovo fervore per la
repressione degli eretici: _Ut regi regum, de cujus nutu feliciter
imperamus, quanto per eum hominibus majora recipimus, tanto
magnificentius et devotius obsequamur, et obedientis filii mater
Ecclesia videat devotionem ex opere pro statu fidei christiane, cujus
sumus tamquam catholicus imperator precipui defensores, novum opus
assumpsimus ad extirpandam de regno nostro hereticam pravitatem, que
latenter irrepit et tacite contra fidem. Cum enim ad nostram audientiam
pervenisset, quod, sicut multorum tenet manifesta suspicio, partes
aliquas regni nostri contagium heretice pestis invaserit, et in locis
quibusdam occulte latitant erroris hujusmodi semina rediviva, quorum
credidimus per penas debitas extirpasse radices, incendio traditis,
quos evidens criminis participium arguebat; providimus ut per singulas
regiones justitiarias cum aliquo venerabili prelato de talium statu
diligenter inquirant, et presertim in locis, in quibus suspicio
sit hereticos latitare, omni sollicitudine discutiant veritatem.
Quidquid autem invenerint, fideliter redactum in scriptis, sub amborum
testimonio serenitati nostre significent, ut per eos instructi, ne
processu temporis illic hereticorum germina pullulent, ubi fundare
studemus fidei firmamentum, contra hereticos, et fautores eorum, si
qui fuerint, animadversione debita insurgamus. Quia vero supradicta
vellemus per Italiam et Imperium exequi ut sub felicibus temporibus
nostris exaltetur status fidei christiane, et ut principes alii
super his Cesar em imitentur; rogamus beatitudinem vestram quatenus
ad vos, quem spectat relevare christiane religionis incommodum, ad
tam pium opus et officii vestri debitum exequendum diligentem operam
assumatis, nostrum si placet efficaciter coadjuvandum propositum, ut
de utriusque sententia gladii, quorum de celesti provisione vobis
ac nobis est collata potentia, subsidium non dedignatur alternum,
hereticorum insania feriatur, qui in contemtum divine potentie extra
matrem Ecclesiam de perverso dogmate sibi gloriam arroganter assumunt.
Messine_ XV _jul. indict._ VI.
[289] Constitutio _Inconsutilem_; Const. _De receptoribus_, lib. I, —
Una lettera d’Onorio III papa alle città lombarde 1226 (RAYNALDI, _ad
an._ Nº 26) dice che «l’imperatore gli recò lamento perchè esse città
l’avessero impedito di procedere come si era proposto contro l’eresia».
[290] RAYNALDI, _ad_ 1231. — CORIO, part. II. f. 72.
[291] Per _ussit_: è in piazza de’ Mercanti. Ma Galvano Fiamma,
frate, cronista di retto senso, dice: _In marmore super equum residens
sculptus fuit, quod magnum vituperium fuit._ Il Frisi, nelle _Mem. di
Monza,_ II. 101, reca gli statuti dell’arcivescovo Leon da Perego e
dell’arciprete di Monza contro gli eretici.
[292] Cap. XXXI _De simonia_; cap. XXIV _De accusationibus_.
[293] Cap. fin. _De hæreticis_.
[294] BERGIER, _Dictionnaire théol._, voc. _Inquisition_. Gli
enciclopedisti rimproverano all’Inquisizione spagnuola d’avere abusato
«nell’esercizio d’una giurisdizione, in cui gl’italiani suoi inventori
usarono tanta dolcezza».
[295] Per dire un caso fra cento, nel 1220 i Trevisani diedero il
guasto alle diocesi di Ceneda e di Feltre e Belluno; e dell’ultima
uccisero anche il vescovo.
[296] BOLLAND., tom. X, _Vita s. Petri Parens_.
[297] _Regesta_, num. 123. 124, e pag. 130. lib. X.
[298] GIACHI, _App. alle Ricerche storiche di Volterra_.
[299] _Archivio dipl. fiorentino_.
[300] RICARDI S. GERMANI, _Chron. ad ann_. 1232.
[301] Ap. MATTIA PARIS _ad_ 1243.
[302] Firenze serba molte memorie di que’ fatti. Sulla facciata
dell’uffizio del Bigallo, rimpetto a San Giovanni, due affreschi
di Taddeo Gaddi figurano san Pietro martire quando a dodici nobili
fiorentini dà lo stendardo bianco colla croce rossa per tutela della
fede. San Pietro fu deposto in altro magnifico arco in Sant’Eustorgio a
Milano coll’epitafio scritto da san Tommaso:
_Præco, lucerna, pugil Christi, populi fideique._
_Hic silet, hic tegitur, jacet hic mactatus inique_
_Vox ovibus dulcis, gratissima lux animorum,_
_Et verbi gladius, gladio cecidit Catharorum etc._
[303] _Chron. parmense_ nei Rer. It. Scrip., IX.
[304] FR. CHRIST. SCHLOSSER,_ Abelardo e Dolcino; vita ed opinioni d’un
entusiasta e d’un filosofo._ Gota 1807. — C. BAGGIOLINI, _Dolcino e i
Patareni_. Novara 1838. — JULIUS KRONE, _Frà Dolcino und die Patarener,
historische Episode aus den piemontesischen Religionskriegen_. Leipzig
1844.
[305] MARTÈNE e DURAND, _Collect. ampl._, III. 304.
[306] Furono espresse con questo barbaro distico:
Gram. _loquitur_: dia. _vera docet_: rhet. _verba colorat_:
Mus. _canit_: ar. _numerat_: geo. _ponderat_: ast. _colit astra_.