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Storia degli Italiani, vol. 05 (di 15) - 33
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comprendono due vite antiche, ma di poco valore. MURATORI, _Annali,
Rerum itaìicarum scriptores_, e _Antiquitates medii ævi_, che cito una
volta per sempre.
SARTORIUS, _Essai sur l'état civil et politique des peuples de l'Italie
sous le gouvernement des Goths_. Parigi 1811; premiato dall'Istituto
francese, ma che pare copiato dalle belle introduzioni di Giuseppe
Rovelli alla _Storia di Como_.
HURTER, _Gesch. des ostrogothischen Königs Theodorich und seiner
Regierung_. Sciaffusa 1808.
MANSO, _Gesch. des ostrogothisch. Reichs in Italien_. Breslavia 1814;
— _Uebersicht der Staats-Aemter und Vervaltungs-Behörden unter den
Oslgothen._ Ivi 1823.
Il sig. Felice Dahn, professore a Monaco, autore della vasta opera _Die
Könige der Germanen_, inserì nella _Allgemeine Zeitung_ del 1872 un
articolo _Teodorich und Odovacar_.
[6] _Et nos maxime qui, divino auxilio, in republica vestra didicimus
quemadmodum Romanis æquabiliter imperare possimus: regnum nostrum
imitatio vestra est, forma boni propositi, unici exemplar imperii,
qui quantum vos sequimur, tantum gentes alias anteimus... Pati vos
non credimus inter utrasque respublicas, quarum semper unum corpus sub
antiquis principibus fuisse declaratur, aliquid discordiæ permanere....
Romani regni unum velle, una semper opinio sit._ Variar., I.
_Romano_ da qui innanzi dinota quelli che non erano Barbari, fossero
i sudditi italiani dell'impero orientale, o i vinti dell'occidentale.
Anche i Turchi chiamano _Romania_ l'ultima provincia rimasta all'impero
greco, e _Romei, Romili_ i Greci soggiogati.
[7] CASSIODORO, _Variar._ spesso. Il Banduri, _Numism. imp. rom._, II.
601, pubblica quest'iscrizione: _Salvis domino nostro Zenone augusto et
gloriosissimo rege Theodorico_.
[8] ENNODIO, _Vita. s. Epiphanii. — Concil._ tom. IV.
[9] Teodorico mutò colla porpora l'abito nazionale; ma è gratuita
l'asserzione del Muratori che _inducesse i suoi Goti a fare lo
stesso_. Presso l'anonimo del Valois, Teodorico si lagna che _Romanus
miser imitatur Gothum, et utilis Gothus_ (cioè il ricco) _imitatur
Romanum_. E presso Cassiodoro, _Variar._, II. 15. 16: _Cum se homines
soleant de vicinitate collidere, istis prædiorum communio causam
noscitur præstitisse concordiæ: sic enim contigit, ut utraque natio,
dum communiter vivit, ad unum velle convenerit... Una lex illos et
æquabilis disciplina complectitur; necesse est enim ut inter eos
suaviter crescat affectus, qui servant jugiter terminos constitutos_.
Sono figure da retore. Da quanti secoli vivono sul suolo stesso Greci e
Turchi? forse ne nacque soave affetto?
[10] Un cenno ne trapela nella lettera di Teodorico al senatore
Sunivado, _ut petat Samnium, jurgia Romanorum cum Gothis compositurus_.
Variar., III. 13.
[11] _Variar._, i. 19; IV. 4; XII. 5. Cassiodoro accenna il _curialis_,
il _defensor_, il _curator_, il _quinquennalis_, ecc.
[12] — Salva la riverenza al diritto pubblico e alle leggi di
ciascuno». — _Jura veterum ad nostram capimus reverentiam custodiri. —
Delectamur jure romano vivere. — Reverenda legum antiquitas. — Secundum
legum veterum constituta_.
[13] _Is qui, quasi specie utilitatis publicæ, ut si necessaria faciat,
delator existat, quem tamen nos execrari omnino profitemur_. Editto 35.
[14] _Ibi potest census addi, ubi cultura profecerit._ Variar., IV.
38. Nella 10 dell'XI scrive essersi aumentato il tributo, perchè _longa
quies et culturam agris præstitit et populos ampliavit_.
[15] _Variar._, IV. 18.19; VI. 7; VII. 42; IX. 24.
[16] Variar., III. 13. 14. 15; VIII. 5. — _Necessarium duximus illum
sublimem virum ad vos comitem destinare, qui, secundum edicta nostra,
inter duos Gothos litem debeat amputare: quod si etiam inter Gothum et
Romanum natum fuerit fortasse negotium, adhibito sibi prudente Romano,
certamen possit æquabili ratione discingere. Inter duos autem Romanos,
Romani audiant quos per provincias dirigimus cognitores. Scitote autem
unam nobis in omnibus æquabiliter esse charitatem._ VIII. 3.
[17] _Variar._, V. 17.
[18] Da _gut_ buono. Ugo Grozio, nella _Storia dei Goti_, radunò i
passi che ne fanno l'elogio: modo cattivo di giungere alla verità.
[19] PROCOPIO, _De bello goth._, III. 8.
[20] _Reliqua per illum et illum_ (come oggi si direbbe) _per N. N.
legatos nostros patrio sermone mandamus_. Teodorico al re degli Eruli.
[21] Re Atalarico scrive a Cassiodoro: _Cum esset_ (Teodorico) _publica
cura vacuatus, sententias prudentum a suis famulis exigebat, ut factis
propriis se æquaret antiquis. Stellarum cursus, maris sinus, fontium
miracula, rimator acutissimus inquirebat, ut rerum naturis diligentius
perscrutatis, quidam purpuratus videretur esse philosophus_. Variar.,
IX. 24.
[22] Lettera del 533.
[23] Citato nella lettera d'Alarico ad Aratore.
[24] Così definisce la filosofia: _Sapientia est rerum quæ sunt
comprehensio_. Aritm., lib. I. c. 1.
[25] Prodigi aveano accompagnato la nascita di questo, sicchè suo
padre il nominò Epifanio, e promise consacrarlo a Dio. A 8 anni era
lettore nella chiesa episcopale di Ticino, piccola città che ancor non
chiamavasi Pavia: a 12 era scrittore del vecchio vescovo Crispino: a
18 soddiacono e amministratore dei beni della Chiesa cioè dei poveri.
Al tempo che il mondo degli impiegati e dei soldati crollava, senza
forza contro gli stranieri, senza virtù contro i disordini interni,
al clero di Pavia presedevano, oltre il santo vescovo, l'arcidiacono
Silvestro, zelante della tradizione e della disciplina antica, ma più
atto a dar pareri che ad operare; Bonoso, di cui diceasi che se il suo
corpo era nato nella Gallia, l'anima sua veniva dalla patria celeste:
Epifanio, più utile di tutti benchè più giovane, sosteneva le fatiche
gravissime che, nello sfacelo della società civile, toccavano alla
ecclesiastica: oggi avvocato a sostener avanti ai tribunali la causa
della Chiesa e dei poveri: domani paciere in una famiglia disunita,
poi raccoglitore e distributor di limosine ai poveri: istruttore e
consigliere degl'ignoranti e dei dubbj: integerrimo di vita, colla
costante moderazione, coll'inalterabile equità, col dominio sopra se
stesso, imponeva agli altri. La chiesa di Ticino dovea difendere i
suoi beni dalle erosioni del Po e dalle usurpazioni dei vicini. Banco,
confinante avido e ingiusto, pretendeva occupare un pezzo lasciato in
secco dal fiume, e ad Epifanio, che opponeva alle violenze la ragione,
diede una bastonata sul capo. Il giovane diacono ghermì il braccio
dell'avversario e il disarmò, e gli astanti avriano freddato Banco se
Epifanio non avesse posto la sua testa sanguinente fra l'offensore e i
vindici.
Crispino morente menò a Milano Epifanio per raccomandarlo al
metropolita e ai nobili come il miglior successore che potessero
dargli: e in fatto a 25 anni fu eletto vescovo di Pavia. Giusto, calmo,
fermo, caritatevole, non mutò la semplice vita, geloso della dignità
episcopale quanto meno la ostentava; subito fu l'oracolo della diocesi:
non affar pubblico o privato menavasi senza di lui; il tribunal suo era
il più frequentato, e sebbene non avesse nè la scienza di Agostino, nè
le grandi missioni d'Ambrogio, era stimato e venerato in tutta Liguria.
Questa si trovava allora minacciata di guerra civile fra Antemio
imperatore, e Ricimero suo genero. I nobili e le città liguri risolsero
di mandare una deputazione a Ricimero a Milano, pregandolo di pace;
ed esso gli ascoltò favorevole, insinuò per altro avrebber dovuto
chiederla ad Antemio, ma capiva che nessuno potrebbe presentarsi a
un imperatore violento e irritato. I nostri risposero che, quanto a
ciò, aveano l'uomo opportuno, che saprebbe domar anche le fiere, e
che bastava vedesse una buona azione perchè tosto vi si accingesse;
d'un'eloquenza poi che (diceano) incantava più d'un mago; e parlato che
avesse, non era possibile resistergli.
Quest'uomo era Epifanio, e Ricimero disse che lo conosceva, e
meravigliarsi non avesse ammiratori e amici. Pregato di assumersi la
pacifica missione, Epifanio disse che questi affari sorpassavano la
sua capacità, ma quando trattisi di salvar la patria, era dover suo
di nulla ricusare. Il suo viaggio fu un trionfo: la gente accorreva
in folla a veder il santo, che andava a chiedere ciò che i popoli
più desiderano, la pace. Antemio non vi vedea che un artifizio di
Ricimero; pure, mosso dalle manifestazioni di tutta Italia e di Roma
specialmente, lo accolse in tutta pompa, ne ascoltò le persuasioni
e le preghiere a favor di quella Italia, che allora prometteasi più
dai santi che dai politici. E il santo trionfò dove i politici erano
falliti, ed ebbe promessa di perdono e di pace, e senza pur soddisfare
la curiosità di veder Roma, tornò a Pavia perchè sovrastava la pasqua.
Indarno Milano l'invitò a ricever ringraziamenti, indarno Ricimero
il voleva alla corte, stupito di veder composta una pace, ch'egli
avea fatto di tutto per rendere impossibile, e che recideva le sue
ambizioni.
Ennodio, che questi fatti ci racconta, era stato allevato da Epifanio,
come Epifanio da Crispino, e gli succedette nella sede vescovile. Così
la plebe cristiana prevedeva da un pezzo chi sarebbe stato il suo
vescovo, e non le era mandato nè conosciuto, nè conoscendo; ed era
protetto da quella forza che nulla compensa, la considerazione e la
stima.
[26]
_Per Cenetam gradiens et amicos duplavicenses,_
_Qua natale solum est mihi..._
_Ast ego sensus inops, italæ quota portio linguæ_
_Fæce gravis, sermone levis, ratione pigrescens,_
_Mente hebes, arte carens, usu rudis, ore nec expers,_
_Parvula grammaticæ lambens reflumina guttæ,_
_Rhetoricæ exiguum prælïbans gurgitis haustum,_
_Cote ex juridica cui vix rubigo recessit,_
_Quæ prius addidici dediscens, et cui tantum_
_Artibus ex illis odor est in naribus istis._
Vita s. Martini, I e IV.
Siano saggio del suo merito poetico, e cenno degli studj che allora
si facevano; e vedasi la prima volta nominata la _lingua italiana_,
comechè per tale devasi intendere la latina.
[27] Giornandes dice che quel porto, già capace di duecencinquanta
vascelli, era mutato in un giardino, e la città divisa in tre parti:
la prima, più elevata, diceasi propriamente Ravenna; la seconda, che
conteneva il palazzo imperiale, chiamavasi Cesarea; la terza, detta
Classe, distava da Ravenna tre miglia.
[28] Probabilmente si valsero d'un piano inclinato, sostenuto da
piedritti. Vedasi RINALDO RASPONI, _La Rotonda prorata edifizio
romano_, 1776; come anche G. B. Passeri, Ippolito Ghiselli Gamba,
Sufflot, il conte Caylus e Enrico Gally nel 1842. Il p. Bacchini provò
che quella fabbrica non è del tempo di Amalasunta, bensì di Teodorico.
[29] _Quid dicamus columnarum junceam proceritatem? moles illas
sublimissimas fabricarum quasi quibusdam erectis hastilibus contineri,
et substantiæ qualitates concavis canalibus excavatæ, ut magis ipsas
æstimes fuisse transfusas, alias ceris judices factum quod metallis
durissimis videas expolitum. Variar., XV. 6, Form. de fabricis et
architectis_.
[30] L'iscrizione stessa è fastosa:
_Qui potuit rigidas Gothorum subdere mentes,_
_Hic docuit durum flumina ferre jugum._
Trajano, dopo vittorie di ben altra importanza, sul ponte della via
Appia scriveva solo:
TRAJANVS IMP. P. M. STRAVIT.
[31] Nella vita antichissima di s. Fulgenzio, _Acta SS. 1. jan._
[32] Per le spoletine, vedi _Variar._, II. 32. 33. delle altre
conservossi memoria in un'iscrizione, che trascurata si legge accanto
al duomo di Terracina:
DN. GLRMVS ADQ INCLYT (_Dominus gloriosissimus atque inclytus_)
REX THEODORICVS VICTOR AC TRIVMFANS SEMPER AVGVSTVS BONO REIPVBLICÆ
NATVS CVSTOS LIBERTATIS ET PROPAGATOR ROMANI NOMINIS DOMITOR GENTIVM
DECENNOVII VIÆ APPIÆ ID E A TRIP VSQ TARIC IT LOCA QVÆ CONFLVENTIBVS
AB VTRAQ PARTE PALVDIBVS PER OMN RETRO PRINCIP INVNDAVERANT VSVI PVBCO
ET SECVRITATI VIANTIVM ADMIRANDA PROPITIO DEO FELICITE RESTITVIT OPERI
INJVNCTO NAVITER ISVDANTE ADQ CLEMENTISSIMI PRINCIP FELIC DESERVIENT
PRÆCONII ET PROSAPIÆ DECIORVM CÆC MAV BASILIO DECIO VC ET INL EX PV
EX PPO EX COVS ORD PAT QVI AD PERPETVANDAM TANTI DOMINI GLORIAM PER
PLVRIMOS QVI ANTE NON ALBEOS DEDVCTA IN MARE AQVA IGNOTÆ ATAVIS ET
NIMIS ANTIQ REDDIDIT SICCITATI.
[33] Sotto Teodorico, per un soldo d'oro si davano sessanta moggia di
frumento e trenta anfore di vino. Il Valesiano dice scemato d'un terzo
il prezzo dei viveri, sicchè in tempo di caro compravansi venticinque
moggia di grano per un soldo d'oro, mentre al mercato se ne aveano
dieci. In una carestia, Cassiodoro scrive a Dazio vescovo di Milano di
far distribuire un terzo del panico che si trova ne' granaj di Pavia
e Tortona; agli affamati lo dia a un soldo per misura. Forse sono le
dette venticinque moggia.
[34] _Vita s. Epiphanii_.
[35] _Variar._, XII. 4. È il vin santo: poichè dice che, côlta l'uva
in autunno tardo, si sospende o serba in vasi da ciò; a dicembre si
pigia, e in mirabil guisa si ha il vino nuovo quando comincia ad esser
vecchio.
[36] _Variar._, IX. 3.
[37] _In actis concilii Palmaris_.
[38] L'apprensione degli Italiani è espressa in quelle parole di
Boezio: _Rex avidus communis exitii_ (_De consol._, lib. I), e dal
Valesiano: _Rex dolum Romanis tendebat_.
— E quindi ebbero principio quegli rumori, che nutricati e inaspriti
da zelo religioso e dalla mondana ambizione dei cherici ... causarono
poscia la rovina del dominio gotico in Italia, non senza infinito danno
degli Italiani». RANIERI, _Storia d'Italia dal_ V _al_ IX _secolo_, p.
113. Di questo giudizio appello ai fatti del 1848.
[39] — Quante volte ho messo a repentaglio il mio stato per salvare i
poveri, cui con infinite calunnie molestava la non mai punita avarizia
dei Barbari! In grave carestia essendo posto un gravoso balzello alla
Compagnia, tale ch'essa ne sarìa stata deserta, io pel comun bene tolsi
a difenderla davanti il re contro il prefetto del pretorio, e ottenni
non fosse riscosso».
[40]
_Carmina qui quondam studio florente peregi_
_Flebilis, heu! mæstos cogor inire modos._
_Ecce mihi laceræ dictant scribenda Camenæ_
_Et vivis elegi fletibus ora rigant._
_Has saltem nullus potuit pervincere terror_
_Ne nostrum comites prosequerentur iter._
_Gloria felicis olim viridisque juventæ_
_Solatur mæsti nunc mea fata senis._
_Venit enim properata malis inopina senectus,_
_Et dolor ætatem jussit inesse suam._
_Intempestivi funduntur vertice crines,_
_Et tremit effæto corpore laxa cutis._
_Mors hominum felix, quæ se nec dulcibus annis_
_Inserit, et mæstis sæpe vocata venit,_
_Eheu quam surda miseros avertitur aure,_
_Et flentes oculos claudere sæva negat!_
_Dum levibus malefida bonis fortuna faveret,_
_Pæne caput tristis merserat hora meum._
_Nunc quia fallacem mutavit nubila vultum,_
_Protrahit ingratas impia vita moras._
_Quid me felicem toties jactatis amici?_
_Qui cecidit, stabili non erat ille gradu._
Boezio in quest'opera mostrasi poco cristiano, e nulla meglio di
stoico, tanto che alcuno negò fosse sua fattura, e suppose un Boezio,
differente da quello che i Pavesi venerarono poi sugli altari, forse
per quel sentimento che anch'oggi fa considerare martiri coloro che
cadono per la causa nazionale.
[41] _Omnia regno nostro perfecte constare credimus, si gratiam vestram
nobis minime deesse sentimus... Claudantur odia cum sepultis... Illud
est mihi supra dominatum, tantum ac talem habere rectorem propitium...
Sit vobis regnum nostrum gratiæ vinculis obligatum_. Variar., VIII. 8.
[42] All'egual modo v'entrò Alfonso d'Aragona nel 1442. Questi fatti
ci sono descritti da Procopio (_De bello goth._, l. i. c. 8. 9. 10),
ch'era segretario di Belisario, e che esagera sempre in lode di questo.
[43] Lo dice Procopio; eppure soggiunge che l'esercito goto non bastava
a cingere tutta la città. Egli stesso fa uccidere in Milano μυριάδες
τριάκοντα, trecentomila maschi (lib. II. c. 7): esagerazione o sbaglio.
[44] Nel 536 da Belisario, nel 546 da Totila, l'anno appresso da
Belisario, nel 549 di nuovo da Totila, nel 552 da Narsete. Gregorio
Magno riferisce che san Benedetto avea assicurato che Roma non sarebbe
sterminata da Totila, bensì da turbini e tremuoti; e soggiunge che
di fatto, a' suoi giorni, si vedevano sovverse mura e case e chiese
ed edifizj. Forse a quel tempo sono da attribuire le tante rovine di
solidi fabbricati in Roma; chè certo i Barbari non avean ragione di
accingersi all'immensa fatica che sarebbesi voluta a scassinarli.
[45] Nov. 104, De præt. Siciliæ. E al capo 23: _Lites inter duos
procedentes Romanos, vel ubi romana persona pulsatur, per civiles
judices exercere jubemus, cum talibus negotiis vel causis judices
militares immiscere se ordo non patiatur. E in calce alle Novelle:
Jura insuper vel leges codicibus nostris insertas, quas jam sub
edictali programmate in Italiam dudum misimus, obtinere sancimus: sed
et eas, quas postea promulgavimus constitutiones, jubemus sub edictali
propositione vulgari, ex eo tempore quo sub edictali programmate
evulgatæ fuerint, etiam per partes Italiæ obtinere, ut una, Deo
volente, facta republica, legum etiam nostrarum ubique prolatetur
auctoritas. Annonam etiam, quam et Theodoricus dare solitus erat, et
nos etiam Romanis indulsimus, in posterum etiam dari præcipimus; sicut
etiam annonas, quæ grammaticis ac oratoribus vel etiam medicis vel
jurisperitis antea dari solitum erat, et in posterum suam professionem
scilicet exercentibus erogare præcipimus, quatenus juvenes liberalibus
studiis eruditi per nostram rempublicam floreant_.
[46] _König_ significa re, e _Adelig_ nobile. Così _All-boin_
tutto reggente; _Rose-mond_ bocca rosata; _Au-rich_ antico signore;
_Theud-linda_ benefica al popolo; _Ogil-ulf_ soccorso volontario;
_Rot-her_ signor della pace; _Ar-preth_ ricco d'onore; _Hund-preth_
ricco di benevolenza; _Cuni-preth_ ricco di coraggio; _Rad-wald_ pronto
e potente; _Hildi-brand_ molto ardente; _Rat-gis_ forte in consiglio;
_Ahist-hulf_ pronto al soccorso, ecc.
Paolo Diacono, De gestis Langobardorum, dice che le imprese d'Alboino
erano celebrate ne' versi, non soltanto dei Bavari e dei Sassoni,
ma di quanti usavano la stessa favella. Vedansi _Origo gentis nostræ
Langobardorum_, stampato in capo all'Editto di Rotari, Torino 1846;
e Andrea da Bergamo, Erchemperto, Benedetto da Sant'Andrea, e i
continuatori di Paolo Diacono, detti Cassinense, Salernitano, Romano,
Barberiniano, Andomarense, Fiorentino, Veneto, Trajectense.
PROCOPIO, _De bello gothico_.
ANASTASIO BIBLIOTECARIO, _De vitis pontificum romanorum_.
GREGORIO MAGNO, _Epistole e Dialoghi_.
J. CHRISTIUS, _Origines longobardicæ_.
SCHMIDT, _De Longobardis_.
_Gaillard_, _Mém. historique et critique sur les Longobards_ (Mem.
dell'Accademia francese, tom. XXXIII. XXXV. XLIII).
TURCK, _Forschungen auf dem Gebiete der Geschichte_. Rostock 1835.
ASCHBACH, _Gesch. der Heruler und Gepiden_. Francoforte 1835.
FLEGLER, _Das Königreich der Longobarden in Italien_. Lipsia 1851.
RICHTER, _Ueber die Abkunft und Wanderung der Langobarden_. Vienna
1848; _Friaul unter longobardischer Herschaft_. Ivi 1825.
MERKEL, _Die Gesch. des Langobardenrechts_. Berlino 1851.
BETHMANN, _Paulus Diaconus, und die Geschichtschreibung der
Langobarden_. Annover 1849.
E tutti gli storici d'Italia, e con qualche novità LEBRECHT e LEO,
_Gesch. von Italien_. Amburgo 1829, lib. I; BALBO, _Storia d'Italia_.
Torino 1830; e magistralmente TROYA, _Storia d'Italia_. 1841.
[47] DU CHESNE, App. del tom. I. _Rer. Francicarum_.
[48] PAOLO DIAC., op. cit., lib. II. c. 7.
[49] _Cum uxoribus, natis, omnique suppellectili... cum omni exercitu,
vulgique promiscua multitudine_. PAOLO DIAC., lib. II. c. 7. 8.
[50] Con Onorato vennero a Genova molto clero e patrizj, il vescovo
d'Acqui ed altri ragguardevoli personaggi. I Milanesi vi ottennero una
chiesa che dedicarono a sant'Ambrogio, e il brolo di Sant'Andrea, un
palazzo, le rendite d'alcuni benefizj, e le pievi di Recco, Auscio,
Rapallo, Camogli, colle loro decime e possessioni. Vogliono le cronache
che molti della bassa Insubria rifuggissero entro la grande palude,
detta mar Gerondio, formata dei fiumi Oglio, Serio, Adda; e quivi sopra
un isolotto fangoso, detto _La Mosa_ (_limosa_), fondassero la città di
Crema.
[51] La cronologia dei primi diciassette anni de' Longobardi va
molto confusa; nè Muratori, Fumagalli, Lupi la rischiararono a
sufficienza. L'unico storico cui ci troviamo ridotti, Paolo Diacono,
assegnato il tempo che Alboino uscì di Pannonia, prosegue per note
indeterminate, servendosi delle indizioni; perchè allora s'era cessato
di notare gli anni per consoli, nè ben introdotta l'êra vulgare. Forse
s'accomoderebbero le apparenti contraddizioni cambiando l'anno da cui
gli storici cominciano il regno d'Alboino, e desumendolo, non dalla
presa di Milano, ma dal suo entrare in Italia, cioè dal principio del
569.
Esso Paolo fa solo ai tempi di Autari conquistato Benevento, e primo
duca Zottone. Ma la lettera 46 lib. II di Gregorio Magno è diretta ad
Arechi (Arigiso) successore di Zottone; e poichè essa è del 592, se si
sottraggono i venti anni che, secondo Paolo, Zottone regnò, saliamo ai
tempi dell'assedio di Pavia.
[52] Paolo Diacono ce ne conservò l'epitafio, uno degli scarsi
monumenti di quell'età:
_Clauditur hoc tumulo, tantum sed corpore, Droctulf,_
_Nam meritis tota vivit in urbe suis._
_Cum Bardis fuit ipse quidem, nam gente suavus;_
_Omnibus et populis inde suavis erat._
_Terribilis visu facies, sed mente benignus,_
_Longaque robusto pectore barba fuit._
_Hic et amans semper romana et publica signa,_
_Vastator gentis adfuit ipse suæ._
_Contempsit caros, dum nos amat ille, parentes,_
_Hanc patriam reputans esse Ravenna suam._
_Hujus prima fuit Brexelli gloria capti;_
_Qua residens, cunctis hostibus horror erat._
_Qui romana potens valuit post signa juvare_
_Vexillum primum Christus habere dedit._
_Inde etiam retinet dum classem fraude Feroldus,_
_Vindicet ut classem, classibus arma parat._
_Puppibus exiguis decertans amne Badrino_
_Bardorum innumeras vicit et ipse manus._
_Rursus et in terris Avarem superavit Eois,_
_Conquirens dominis maxima palma suis._
_Martiris auxilio Vitalis fultus ad istos_
_Pervenit, victor sæpe triumphat ovans._
_Cujus et in templis petiit sua membra jacere,_
_Hæc loca post mortem bustis habere juvat._
_Ipse sacerdotem moriens petit ista Joannem,_
_His reddit terris cujus amore pio._
[53] _Inventæ sunt in eadem insula divitiæ multæ, quæ ibi de singulis
fuerant civitatibus commendatæ._ PAOLO DIAC., lib. III. c. 26.
[54] Lo stesso, lib. VI. c. 6. Leo dice: — Nessun re ardì arricchire
gli ecclesiastici cattolici, perchè tutti pendevano alla signoria de'
Romani». _Vic. della costit. in Italia_, § 10, parte 1ª. Che Rotari
fondasse parecchi monasteri, lo prova il documento pubblicato negli
_Hist. patriæ monumenta, Chart._ tom. I. p. 7. Di Agilulfo dice Paolo,
lib. VI. c. 6, che _multas possessiones Ecclesiæ largitus est_; e
sappiamo che regalò beni al monastero di San Colombano a Bobbio.
Liberalità de' re successivi indicheremo a suo tempo, e le storie ne
son piene.
[55] Porta scritto in giro, AGILULF GRAT. DIVIN. GLOR. REX TOTIUS ITAL.
OFERET SCO JOHANNI BATTISTE IN ECLA MODICIA. Se l'iscrizione potesse
credersi contemporanea del dono, sarebbe la prima volta che trovasi la
formola _per la grazia di Dio_, poi dal franco Pepino introdotta ne'
diplomi; e così pare quel _re di tutta Italia_, che, non senza maggior
ragione, fu quindi adoperato da Carlo Magno e da Napoleone. Sembra che
i Longobardi non coronassero i loro re, ma gl'investissero col metter
loro in mano un'asta: pure le loro effigie sulle monete portano corona.
[56] _Excellentissimo filio nostro Adulouwaldo reg. transmiter.
philacteria curavimus, idest crucem cum ligno s. crucis Domini, et
lectionem s. Evangeli theca persice inclusam. Filiæ quoque meæ, sorori
ejus, tres anulos transmisi, duos cum hyacinthis et unum cum albula:
quæ eis per vos peto dari_. Non si usava ancora mandare ossa di santi:
e Gregorio Magno lo disapprova assai.
[57] JONAS, in _Vita s. Bertulfi_, ap. MABILLON, _Ord. s. Benedict._
[58] _Brexiana civitas magnam semper nobilium Longobardorum
multitudinem habuit_. PAOLO DIAC., lib. V. c. 36.
[59] Fredegario e Paolo attribuiscono il fatto a Rodoaldo; ma i:
tempi non rispondono. Non occorre venire fino all'odierna civiltà
per trovare assurdo questo modo di ragionare. Ai tempi di Lodovico il
Pio, Agovardo arcivescovo di Lione scriveva: — Bell'arte a scoprir la
verità! e soprattutto quando l'un combattente e l'altro soccombono. Se
Dio volesse che in questa vita gl'innocenti fossero sempre vincitori
e i colpevoli vinti, Gerusalemme non sarebbe sottoposta ai Saraceni,
nè Italia ai Longobardi». _Liber adv. Gundobadum_, cap. XIV. I
contemporanei non guardavano dunque per una fortuna l'esser l'Italia
vinta dai Longobardi, come fecero alcuni mille anni più tardi.
[60] Burckhard (_Staats- und Rechtsgesch. der Römer_, § 42. Stutrgard
1841) vorrebbe che _oppida_ e _vici_ fossero terre smurate, le quali
non formavano Comune da sè, ma erano assegnate a municipj nel cui
territorio eran poste.
[61] Diceasi _guidrigild_, compenso privato; ben distinto dall'ammenda
(_fried_), che è compenso pubblico.
[62] _De bello goth._, II. 14; III. 34. Una loro migrazione, cantata
dallo scaldo di Gottland, componeasi di settanta navi, montate ciascuna
da cento uomini.
[63] _Aucto de diversis gentibus, quas superaverant, exercitu._ PAOLO
DIAC., lib. I. c. 20.
[64] La storia non parla che dell'isola; ma essa è tanto piccina, ch'è
forza credere sotto quel nome comprese le circostanze. A Lenno, terra
di quella riva, sono due iscrizioni del 571 e 572, ove l'anno è notato
per consoli, e Giustino II è detto signor nostro.
HIC REQVIESCIT IN PACE FAMVLVS CHRISTI LAVRENTIVS VENERABILIS SACERDOS,
QVI VIXIT IN HOC SÆCVLO ANNOS IV; DEPOSITVS DIE III NONAS IVLII, POST
CONSVLATVM DOMINI NOSTRI IVSTINI PERPETVI AVGVSTI ANNO VI, INDICTIONE
IV.
HIC REQVIESCIT IN PACE BONÆ MEMORIÆ CYPRIANVS, QVI VIXIT IN HOC SÆCVLO
ANNOS P. M. XXXIII; DEPOSITVS SVB DIE VII KALENDAS OCTOBRIS, INDICTIONE
V, POST CONSVLATVM DOMINI NOSTRI IVSTINI PERPETVI AVGVSTI ANNO VII.
[65] In tal senso l'editto di Rotari si dice fatto col consenso _cuncti
felicissimi exercitus nostri_.
[66] _Homo qui habet septem casas massaricias, habeat loricam cum
reliqua conciatura sua, debeat habere et caballos... Homines qui non
habent casas massaricias, et habent quadraginta jugis terræ, habeant
caballum, scutum et lanceam... Item de illis hominibus qui negotiantes
sunt et pecuniam_ (non) _habent, qui sunt majores et potentes, habeant
loricas, scutos, caballos et lanceas; et qui sunt sequientes, habeant
caballos, scutum et lanceam; minores habeant coccoras cum sagittas et
arcos._ Leggi di Astolfo, pubblicate dal Troya.
[67] ROTARI, leg. 177; LIUTPRANDO, lib. III. leg. 4. Da _fahren_
generare, radice disusata di _Vorfahren_ progenitori; sicchè
corrisponde a _gens_ de' Latini. Oggi in Albania _fara_ significa lo
stesso.
[68] Nelle leggi; ma Paolo Diacono, lib. I. c. 21, cita gli _Adalingi,
sic enim apud eos quædam nobilis prosapia vocabatur_. Forse era sola la
razza regia.
[69] _Liberi, ingenui, ingenuiles_, più tardi _boni homines_. Ehre
significa onore, ed heer esercito: onde arimanno è uom d'onore
o d'arme. Il Troya fa osservare che la voce αριμανες trovasi in
Appiano, _De bello mithr._ Ottone I, nel 967, dona a un monastero un
borgo _cum liberis hominibus, qui vulgo herimanni dicuntur_ (Antiq.
ital., I. 717). Enrico IV, nel 1074, _donamus insuper monasterio...
Rerum itaìicarum scriptores_, e _Antiquitates medii ævi_, che cito una
volta per sempre.
SARTORIUS, _Essai sur l'état civil et politique des peuples de l'Italie
sous le gouvernement des Goths_. Parigi 1811; premiato dall'Istituto
francese, ma che pare copiato dalle belle introduzioni di Giuseppe
Rovelli alla _Storia di Como_.
HURTER, _Gesch. des ostrogothischen Königs Theodorich und seiner
Regierung_. Sciaffusa 1808.
MANSO, _Gesch. des ostrogothisch. Reichs in Italien_. Breslavia 1814;
— _Uebersicht der Staats-Aemter und Vervaltungs-Behörden unter den
Oslgothen._ Ivi 1823.
Il sig. Felice Dahn, professore a Monaco, autore della vasta opera _Die
Könige der Germanen_, inserì nella _Allgemeine Zeitung_ del 1872 un
articolo _Teodorich und Odovacar_.
[6] _Et nos maxime qui, divino auxilio, in republica vestra didicimus
quemadmodum Romanis æquabiliter imperare possimus: regnum nostrum
imitatio vestra est, forma boni propositi, unici exemplar imperii,
qui quantum vos sequimur, tantum gentes alias anteimus... Pati vos
non credimus inter utrasque respublicas, quarum semper unum corpus sub
antiquis principibus fuisse declaratur, aliquid discordiæ permanere....
Romani regni unum velle, una semper opinio sit._ Variar., I.
_Romano_ da qui innanzi dinota quelli che non erano Barbari, fossero
i sudditi italiani dell'impero orientale, o i vinti dell'occidentale.
Anche i Turchi chiamano _Romania_ l'ultima provincia rimasta all'impero
greco, e _Romei, Romili_ i Greci soggiogati.
[7] CASSIODORO, _Variar._ spesso. Il Banduri, _Numism. imp. rom._, II.
601, pubblica quest'iscrizione: _Salvis domino nostro Zenone augusto et
gloriosissimo rege Theodorico_.
[8] ENNODIO, _Vita. s. Epiphanii. — Concil._ tom. IV.
[9] Teodorico mutò colla porpora l'abito nazionale; ma è gratuita
l'asserzione del Muratori che _inducesse i suoi Goti a fare lo
stesso_. Presso l'anonimo del Valois, Teodorico si lagna che _Romanus
miser imitatur Gothum, et utilis Gothus_ (cioè il ricco) _imitatur
Romanum_. E presso Cassiodoro, _Variar._, II. 15. 16: _Cum se homines
soleant de vicinitate collidere, istis prædiorum communio causam
noscitur præstitisse concordiæ: sic enim contigit, ut utraque natio,
dum communiter vivit, ad unum velle convenerit... Una lex illos et
æquabilis disciplina complectitur; necesse est enim ut inter eos
suaviter crescat affectus, qui servant jugiter terminos constitutos_.
Sono figure da retore. Da quanti secoli vivono sul suolo stesso Greci e
Turchi? forse ne nacque soave affetto?
[10] Un cenno ne trapela nella lettera di Teodorico al senatore
Sunivado, _ut petat Samnium, jurgia Romanorum cum Gothis compositurus_.
Variar., III. 13.
[11] _Variar._, i. 19; IV. 4; XII. 5. Cassiodoro accenna il _curialis_,
il _defensor_, il _curator_, il _quinquennalis_, ecc.
[12] — Salva la riverenza al diritto pubblico e alle leggi di
ciascuno». — _Jura veterum ad nostram capimus reverentiam custodiri. —
Delectamur jure romano vivere. — Reverenda legum antiquitas. — Secundum
legum veterum constituta_.
[13] _Is qui, quasi specie utilitatis publicæ, ut si necessaria faciat,
delator existat, quem tamen nos execrari omnino profitemur_. Editto 35.
[14] _Ibi potest census addi, ubi cultura profecerit._ Variar., IV.
38. Nella 10 dell'XI scrive essersi aumentato il tributo, perchè _longa
quies et culturam agris præstitit et populos ampliavit_.
[15] _Variar._, IV. 18.19; VI. 7; VII. 42; IX. 24.
[16] Variar., III. 13. 14. 15; VIII. 5. — _Necessarium duximus illum
sublimem virum ad vos comitem destinare, qui, secundum edicta nostra,
inter duos Gothos litem debeat amputare: quod si etiam inter Gothum et
Romanum natum fuerit fortasse negotium, adhibito sibi prudente Romano,
certamen possit æquabili ratione discingere. Inter duos autem Romanos,
Romani audiant quos per provincias dirigimus cognitores. Scitote autem
unam nobis in omnibus æquabiliter esse charitatem._ VIII. 3.
[17] _Variar._, V. 17.
[18] Da _gut_ buono. Ugo Grozio, nella _Storia dei Goti_, radunò i
passi che ne fanno l'elogio: modo cattivo di giungere alla verità.
[19] PROCOPIO, _De bello goth._, III. 8.
[20] _Reliqua per illum et illum_ (come oggi si direbbe) _per N. N.
legatos nostros patrio sermone mandamus_. Teodorico al re degli Eruli.
[21] Re Atalarico scrive a Cassiodoro: _Cum esset_ (Teodorico) _publica
cura vacuatus, sententias prudentum a suis famulis exigebat, ut factis
propriis se æquaret antiquis. Stellarum cursus, maris sinus, fontium
miracula, rimator acutissimus inquirebat, ut rerum naturis diligentius
perscrutatis, quidam purpuratus videretur esse philosophus_. Variar.,
IX. 24.
[22] Lettera del 533.
[23] Citato nella lettera d'Alarico ad Aratore.
[24] Così definisce la filosofia: _Sapientia est rerum quæ sunt
comprehensio_. Aritm., lib. I. c. 1.
[25] Prodigi aveano accompagnato la nascita di questo, sicchè suo
padre il nominò Epifanio, e promise consacrarlo a Dio. A 8 anni era
lettore nella chiesa episcopale di Ticino, piccola città che ancor non
chiamavasi Pavia: a 12 era scrittore del vecchio vescovo Crispino: a
18 soddiacono e amministratore dei beni della Chiesa cioè dei poveri.
Al tempo che il mondo degli impiegati e dei soldati crollava, senza
forza contro gli stranieri, senza virtù contro i disordini interni,
al clero di Pavia presedevano, oltre il santo vescovo, l'arcidiacono
Silvestro, zelante della tradizione e della disciplina antica, ma più
atto a dar pareri che ad operare; Bonoso, di cui diceasi che se il suo
corpo era nato nella Gallia, l'anima sua veniva dalla patria celeste:
Epifanio, più utile di tutti benchè più giovane, sosteneva le fatiche
gravissime che, nello sfacelo della società civile, toccavano alla
ecclesiastica: oggi avvocato a sostener avanti ai tribunali la causa
della Chiesa e dei poveri: domani paciere in una famiglia disunita,
poi raccoglitore e distributor di limosine ai poveri: istruttore e
consigliere degl'ignoranti e dei dubbj: integerrimo di vita, colla
costante moderazione, coll'inalterabile equità, col dominio sopra se
stesso, imponeva agli altri. La chiesa di Ticino dovea difendere i
suoi beni dalle erosioni del Po e dalle usurpazioni dei vicini. Banco,
confinante avido e ingiusto, pretendeva occupare un pezzo lasciato in
secco dal fiume, e ad Epifanio, che opponeva alle violenze la ragione,
diede una bastonata sul capo. Il giovane diacono ghermì il braccio
dell'avversario e il disarmò, e gli astanti avriano freddato Banco se
Epifanio non avesse posto la sua testa sanguinente fra l'offensore e i
vindici.
Crispino morente menò a Milano Epifanio per raccomandarlo al
metropolita e ai nobili come il miglior successore che potessero
dargli: e in fatto a 25 anni fu eletto vescovo di Pavia. Giusto, calmo,
fermo, caritatevole, non mutò la semplice vita, geloso della dignità
episcopale quanto meno la ostentava; subito fu l'oracolo della diocesi:
non affar pubblico o privato menavasi senza di lui; il tribunal suo era
il più frequentato, e sebbene non avesse nè la scienza di Agostino, nè
le grandi missioni d'Ambrogio, era stimato e venerato in tutta Liguria.
Questa si trovava allora minacciata di guerra civile fra Antemio
imperatore, e Ricimero suo genero. I nobili e le città liguri risolsero
di mandare una deputazione a Ricimero a Milano, pregandolo di pace;
ed esso gli ascoltò favorevole, insinuò per altro avrebber dovuto
chiederla ad Antemio, ma capiva che nessuno potrebbe presentarsi a
un imperatore violento e irritato. I nostri risposero che, quanto a
ciò, aveano l'uomo opportuno, che saprebbe domar anche le fiere, e
che bastava vedesse una buona azione perchè tosto vi si accingesse;
d'un'eloquenza poi che (diceano) incantava più d'un mago; e parlato che
avesse, non era possibile resistergli.
Quest'uomo era Epifanio, e Ricimero disse che lo conosceva, e
meravigliarsi non avesse ammiratori e amici. Pregato di assumersi la
pacifica missione, Epifanio disse che questi affari sorpassavano la
sua capacità, ma quando trattisi di salvar la patria, era dover suo
di nulla ricusare. Il suo viaggio fu un trionfo: la gente accorreva
in folla a veder il santo, che andava a chiedere ciò che i popoli
più desiderano, la pace. Antemio non vi vedea che un artifizio di
Ricimero; pure, mosso dalle manifestazioni di tutta Italia e di Roma
specialmente, lo accolse in tutta pompa, ne ascoltò le persuasioni
e le preghiere a favor di quella Italia, che allora prometteasi più
dai santi che dai politici. E il santo trionfò dove i politici erano
falliti, ed ebbe promessa di perdono e di pace, e senza pur soddisfare
la curiosità di veder Roma, tornò a Pavia perchè sovrastava la pasqua.
Indarno Milano l'invitò a ricever ringraziamenti, indarno Ricimero
il voleva alla corte, stupito di veder composta una pace, ch'egli
avea fatto di tutto per rendere impossibile, e che recideva le sue
ambizioni.
Ennodio, che questi fatti ci racconta, era stato allevato da Epifanio,
come Epifanio da Crispino, e gli succedette nella sede vescovile. Così
la plebe cristiana prevedeva da un pezzo chi sarebbe stato il suo
vescovo, e non le era mandato nè conosciuto, nè conoscendo; ed era
protetto da quella forza che nulla compensa, la considerazione e la
stima.
[26]
_Per Cenetam gradiens et amicos duplavicenses,_
_Qua natale solum est mihi..._
_Ast ego sensus inops, italæ quota portio linguæ_
_Fæce gravis, sermone levis, ratione pigrescens,_
_Mente hebes, arte carens, usu rudis, ore nec expers,_
_Parvula grammaticæ lambens reflumina guttæ,_
_Rhetoricæ exiguum prælïbans gurgitis haustum,_
_Cote ex juridica cui vix rubigo recessit,_
_Quæ prius addidici dediscens, et cui tantum_
_Artibus ex illis odor est in naribus istis._
Vita s. Martini, I e IV.
Siano saggio del suo merito poetico, e cenno degli studj che allora
si facevano; e vedasi la prima volta nominata la _lingua italiana_,
comechè per tale devasi intendere la latina.
[27] Giornandes dice che quel porto, già capace di duecencinquanta
vascelli, era mutato in un giardino, e la città divisa in tre parti:
la prima, più elevata, diceasi propriamente Ravenna; la seconda, che
conteneva il palazzo imperiale, chiamavasi Cesarea; la terza, detta
Classe, distava da Ravenna tre miglia.
[28] Probabilmente si valsero d'un piano inclinato, sostenuto da
piedritti. Vedasi RINALDO RASPONI, _La Rotonda prorata edifizio
romano_, 1776; come anche G. B. Passeri, Ippolito Ghiselli Gamba,
Sufflot, il conte Caylus e Enrico Gally nel 1842. Il p. Bacchini provò
che quella fabbrica non è del tempo di Amalasunta, bensì di Teodorico.
[29] _Quid dicamus columnarum junceam proceritatem? moles illas
sublimissimas fabricarum quasi quibusdam erectis hastilibus contineri,
et substantiæ qualitates concavis canalibus excavatæ, ut magis ipsas
æstimes fuisse transfusas, alias ceris judices factum quod metallis
durissimis videas expolitum. Variar., XV. 6, Form. de fabricis et
architectis_.
[30] L'iscrizione stessa è fastosa:
_Qui potuit rigidas Gothorum subdere mentes,_
_Hic docuit durum flumina ferre jugum._
Trajano, dopo vittorie di ben altra importanza, sul ponte della via
Appia scriveva solo:
TRAJANVS IMP. P. M. STRAVIT.
[31] Nella vita antichissima di s. Fulgenzio, _Acta SS. 1. jan._
[32] Per le spoletine, vedi _Variar._, II. 32. 33. delle altre
conservossi memoria in un'iscrizione, che trascurata si legge accanto
al duomo di Terracina:
DN. GLRMVS ADQ INCLYT (_Dominus gloriosissimus atque inclytus_)
REX THEODORICVS VICTOR AC TRIVMFANS SEMPER AVGVSTVS BONO REIPVBLICÆ
NATVS CVSTOS LIBERTATIS ET PROPAGATOR ROMANI NOMINIS DOMITOR GENTIVM
DECENNOVII VIÆ APPIÆ ID E A TRIP VSQ TARIC IT LOCA QVÆ CONFLVENTIBVS
AB VTRAQ PARTE PALVDIBVS PER OMN RETRO PRINCIP INVNDAVERANT VSVI PVBCO
ET SECVRITATI VIANTIVM ADMIRANDA PROPITIO DEO FELICITE RESTITVIT OPERI
INJVNCTO NAVITER ISVDANTE ADQ CLEMENTISSIMI PRINCIP FELIC DESERVIENT
PRÆCONII ET PROSAPIÆ DECIORVM CÆC MAV BASILIO DECIO VC ET INL EX PV
EX PPO EX COVS ORD PAT QVI AD PERPETVANDAM TANTI DOMINI GLORIAM PER
PLVRIMOS QVI ANTE NON ALBEOS DEDVCTA IN MARE AQVA IGNOTÆ ATAVIS ET
NIMIS ANTIQ REDDIDIT SICCITATI.
[33] Sotto Teodorico, per un soldo d'oro si davano sessanta moggia di
frumento e trenta anfore di vino. Il Valesiano dice scemato d'un terzo
il prezzo dei viveri, sicchè in tempo di caro compravansi venticinque
moggia di grano per un soldo d'oro, mentre al mercato se ne aveano
dieci. In una carestia, Cassiodoro scrive a Dazio vescovo di Milano di
far distribuire un terzo del panico che si trova ne' granaj di Pavia
e Tortona; agli affamati lo dia a un soldo per misura. Forse sono le
dette venticinque moggia.
[34] _Vita s. Epiphanii_.
[35] _Variar._, XII. 4. È il vin santo: poichè dice che, côlta l'uva
in autunno tardo, si sospende o serba in vasi da ciò; a dicembre si
pigia, e in mirabil guisa si ha il vino nuovo quando comincia ad esser
vecchio.
[36] _Variar._, IX. 3.
[37] _In actis concilii Palmaris_.
[38] L'apprensione degli Italiani è espressa in quelle parole di
Boezio: _Rex avidus communis exitii_ (_De consol._, lib. I), e dal
Valesiano: _Rex dolum Romanis tendebat_.
— E quindi ebbero principio quegli rumori, che nutricati e inaspriti
da zelo religioso e dalla mondana ambizione dei cherici ... causarono
poscia la rovina del dominio gotico in Italia, non senza infinito danno
degli Italiani». RANIERI, _Storia d'Italia dal_ V _al_ IX _secolo_, p.
113. Di questo giudizio appello ai fatti del 1848.
[39] — Quante volte ho messo a repentaglio il mio stato per salvare i
poveri, cui con infinite calunnie molestava la non mai punita avarizia
dei Barbari! In grave carestia essendo posto un gravoso balzello alla
Compagnia, tale ch'essa ne sarìa stata deserta, io pel comun bene tolsi
a difenderla davanti il re contro il prefetto del pretorio, e ottenni
non fosse riscosso».
[40]
_Carmina qui quondam studio florente peregi_
_Flebilis, heu! mæstos cogor inire modos._
_Ecce mihi laceræ dictant scribenda Camenæ_
_Et vivis elegi fletibus ora rigant._
_Has saltem nullus potuit pervincere terror_
_Ne nostrum comites prosequerentur iter._
_Gloria felicis olim viridisque juventæ_
_Solatur mæsti nunc mea fata senis._
_Venit enim properata malis inopina senectus,_
_Et dolor ætatem jussit inesse suam._
_Intempestivi funduntur vertice crines,_
_Et tremit effæto corpore laxa cutis._
_Mors hominum felix, quæ se nec dulcibus annis_
_Inserit, et mæstis sæpe vocata venit,_
_Eheu quam surda miseros avertitur aure,_
_Et flentes oculos claudere sæva negat!_
_Dum levibus malefida bonis fortuna faveret,_
_Pæne caput tristis merserat hora meum._
_Nunc quia fallacem mutavit nubila vultum,_
_Protrahit ingratas impia vita moras._
_Quid me felicem toties jactatis amici?_
_Qui cecidit, stabili non erat ille gradu._
Boezio in quest'opera mostrasi poco cristiano, e nulla meglio di
stoico, tanto che alcuno negò fosse sua fattura, e suppose un Boezio,
differente da quello che i Pavesi venerarono poi sugli altari, forse
per quel sentimento che anch'oggi fa considerare martiri coloro che
cadono per la causa nazionale.
[41] _Omnia regno nostro perfecte constare credimus, si gratiam vestram
nobis minime deesse sentimus... Claudantur odia cum sepultis... Illud
est mihi supra dominatum, tantum ac talem habere rectorem propitium...
Sit vobis regnum nostrum gratiæ vinculis obligatum_. Variar., VIII. 8.
[42] All'egual modo v'entrò Alfonso d'Aragona nel 1442. Questi fatti
ci sono descritti da Procopio (_De bello goth._, l. i. c. 8. 9. 10),
ch'era segretario di Belisario, e che esagera sempre in lode di questo.
[43] Lo dice Procopio; eppure soggiunge che l'esercito goto non bastava
a cingere tutta la città. Egli stesso fa uccidere in Milano μυριάδες
τριάκοντα, trecentomila maschi (lib. II. c. 7): esagerazione o sbaglio.
[44] Nel 536 da Belisario, nel 546 da Totila, l'anno appresso da
Belisario, nel 549 di nuovo da Totila, nel 552 da Narsete. Gregorio
Magno riferisce che san Benedetto avea assicurato che Roma non sarebbe
sterminata da Totila, bensì da turbini e tremuoti; e soggiunge che
di fatto, a' suoi giorni, si vedevano sovverse mura e case e chiese
ed edifizj. Forse a quel tempo sono da attribuire le tante rovine di
solidi fabbricati in Roma; chè certo i Barbari non avean ragione di
accingersi all'immensa fatica che sarebbesi voluta a scassinarli.
[45] Nov. 104, De præt. Siciliæ. E al capo 23: _Lites inter duos
procedentes Romanos, vel ubi romana persona pulsatur, per civiles
judices exercere jubemus, cum talibus negotiis vel causis judices
militares immiscere se ordo non patiatur. E in calce alle Novelle:
Jura insuper vel leges codicibus nostris insertas, quas jam sub
edictali programmate in Italiam dudum misimus, obtinere sancimus: sed
et eas, quas postea promulgavimus constitutiones, jubemus sub edictali
propositione vulgari, ex eo tempore quo sub edictali programmate
evulgatæ fuerint, etiam per partes Italiæ obtinere, ut una, Deo
volente, facta republica, legum etiam nostrarum ubique prolatetur
auctoritas. Annonam etiam, quam et Theodoricus dare solitus erat, et
nos etiam Romanis indulsimus, in posterum etiam dari præcipimus; sicut
etiam annonas, quæ grammaticis ac oratoribus vel etiam medicis vel
jurisperitis antea dari solitum erat, et in posterum suam professionem
scilicet exercentibus erogare præcipimus, quatenus juvenes liberalibus
studiis eruditi per nostram rempublicam floreant_.
[46] _König_ significa re, e _Adelig_ nobile. Così _All-boin_
tutto reggente; _Rose-mond_ bocca rosata; _Au-rich_ antico signore;
_Theud-linda_ benefica al popolo; _Ogil-ulf_ soccorso volontario;
_Rot-her_ signor della pace; _Ar-preth_ ricco d'onore; _Hund-preth_
ricco di benevolenza; _Cuni-preth_ ricco di coraggio; _Rad-wald_ pronto
e potente; _Hildi-brand_ molto ardente; _Rat-gis_ forte in consiglio;
_Ahist-hulf_ pronto al soccorso, ecc.
Paolo Diacono, De gestis Langobardorum, dice che le imprese d'Alboino
erano celebrate ne' versi, non soltanto dei Bavari e dei Sassoni,
ma di quanti usavano la stessa favella. Vedansi _Origo gentis nostræ
Langobardorum_, stampato in capo all'Editto di Rotari, Torino 1846;
e Andrea da Bergamo, Erchemperto, Benedetto da Sant'Andrea, e i
continuatori di Paolo Diacono, detti Cassinense, Salernitano, Romano,
Barberiniano, Andomarense, Fiorentino, Veneto, Trajectense.
PROCOPIO, _De bello gothico_.
ANASTASIO BIBLIOTECARIO, _De vitis pontificum romanorum_.
GREGORIO MAGNO, _Epistole e Dialoghi_.
J. CHRISTIUS, _Origines longobardicæ_.
SCHMIDT, _De Longobardis_.
_Gaillard_, _Mém. historique et critique sur les Longobards_ (Mem.
dell'Accademia francese, tom. XXXIII. XXXV. XLIII).
TURCK, _Forschungen auf dem Gebiete der Geschichte_. Rostock 1835.
ASCHBACH, _Gesch. der Heruler und Gepiden_. Francoforte 1835.
FLEGLER, _Das Königreich der Longobarden in Italien_. Lipsia 1851.
RICHTER, _Ueber die Abkunft und Wanderung der Langobarden_. Vienna
1848; _Friaul unter longobardischer Herschaft_. Ivi 1825.
MERKEL, _Die Gesch. des Langobardenrechts_. Berlino 1851.
BETHMANN, _Paulus Diaconus, und die Geschichtschreibung der
Langobarden_. Annover 1849.
E tutti gli storici d'Italia, e con qualche novità LEBRECHT e LEO,
_Gesch. von Italien_. Amburgo 1829, lib. I; BALBO, _Storia d'Italia_.
Torino 1830; e magistralmente TROYA, _Storia d'Italia_. 1841.
[47] DU CHESNE, App. del tom. I. _Rer. Francicarum_.
[48] PAOLO DIAC., op. cit., lib. II. c. 7.
[49] _Cum uxoribus, natis, omnique suppellectili... cum omni exercitu,
vulgique promiscua multitudine_. PAOLO DIAC., lib. II. c. 7. 8.
[50] Con Onorato vennero a Genova molto clero e patrizj, il vescovo
d'Acqui ed altri ragguardevoli personaggi. I Milanesi vi ottennero una
chiesa che dedicarono a sant'Ambrogio, e il brolo di Sant'Andrea, un
palazzo, le rendite d'alcuni benefizj, e le pievi di Recco, Auscio,
Rapallo, Camogli, colle loro decime e possessioni. Vogliono le cronache
che molti della bassa Insubria rifuggissero entro la grande palude,
detta mar Gerondio, formata dei fiumi Oglio, Serio, Adda; e quivi sopra
un isolotto fangoso, detto _La Mosa_ (_limosa_), fondassero la città di
Crema.
[51] La cronologia dei primi diciassette anni de' Longobardi va
molto confusa; nè Muratori, Fumagalli, Lupi la rischiararono a
sufficienza. L'unico storico cui ci troviamo ridotti, Paolo Diacono,
assegnato il tempo che Alboino uscì di Pannonia, prosegue per note
indeterminate, servendosi delle indizioni; perchè allora s'era cessato
di notare gli anni per consoli, nè ben introdotta l'êra vulgare. Forse
s'accomoderebbero le apparenti contraddizioni cambiando l'anno da cui
gli storici cominciano il regno d'Alboino, e desumendolo, non dalla
presa di Milano, ma dal suo entrare in Italia, cioè dal principio del
569.
Esso Paolo fa solo ai tempi di Autari conquistato Benevento, e primo
duca Zottone. Ma la lettera 46 lib. II di Gregorio Magno è diretta ad
Arechi (Arigiso) successore di Zottone; e poichè essa è del 592, se si
sottraggono i venti anni che, secondo Paolo, Zottone regnò, saliamo ai
tempi dell'assedio di Pavia.
[52] Paolo Diacono ce ne conservò l'epitafio, uno degli scarsi
monumenti di quell'età:
_Clauditur hoc tumulo, tantum sed corpore, Droctulf,_
_Nam meritis tota vivit in urbe suis._
_Cum Bardis fuit ipse quidem, nam gente suavus;_
_Omnibus et populis inde suavis erat._
_Terribilis visu facies, sed mente benignus,_
_Longaque robusto pectore barba fuit._
_Hic et amans semper romana et publica signa,_
_Vastator gentis adfuit ipse suæ._
_Contempsit caros, dum nos amat ille, parentes,_
_Hanc patriam reputans esse Ravenna suam._
_Hujus prima fuit Brexelli gloria capti;_
_Qua residens, cunctis hostibus horror erat._
_Qui romana potens valuit post signa juvare_
_Vexillum primum Christus habere dedit._
_Inde etiam retinet dum classem fraude Feroldus,_
_Vindicet ut classem, classibus arma parat._
_Puppibus exiguis decertans amne Badrino_
_Bardorum innumeras vicit et ipse manus._
_Rursus et in terris Avarem superavit Eois,_
_Conquirens dominis maxima palma suis._
_Martiris auxilio Vitalis fultus ad istos_
_Pervenit, victor sæpe triumphat ovans._
_Cujus et in templis petiit sua membra jacere,_
_Hæc loca post mortem bustis habere juvat._
_Ipse sacerdotem moriens petit ista Joannem,_
_His reddit terris cujus amore pio._
[53] _Inventæ sunt in eadem insula divitiæ multæ, quæ ibi de singulis
fuerant civitatibus commendatæ._ PAOLO DIAC., lib. III. c. 26.
[54] Lo stesso, lib. VI. c. 6. Leo dice: — Nessun re ardì arricchire
gli ecclesiastici cattolici, perchè tutti pendevano alla signoria de'
Romani». _Vic. della costit. in Italia_, § 10, parte 1ª. Che Rotari
fondasse parecchi monasteri, lo prova il documento pubblicato negli
_Hist. patriæ monumenta, Chart._ tom. I. p. 7. Di Agilulfo dice Paolo,
lib. VI. c. 6, che _multas possessiones Ecclesiæ largitus est_; e
sappiamo che regalò beni al monastero di San Colombano a Bobbio.
Liberalità de' re successivi indicheremo a suo tempo, e le storie ne
son piene.
[55] Porta scritto in giro, AGILULF GRAT. DIVIN. GLOR. REX TOTIUS ITAL.
OFERET SCO JOHANNI BATTISTE IN ECLA MODICIA. Se l'iscrizione potesse
credersi contemporanea del dono, sarebbe la prima volta che trovasi la
formola _per la grazia di Dio_, poi dal franco Pepino introdotta ne'
diplomi; e così pare quel _re di tutta Italia_, che, non senza maggior
ragione, fu quindi adoperato da Carlo Magno e da Napoleone. Sembra che
i Longobardi non coronassero i loro re, ma gl'investissero col metter
loro in mano un'asta: pure le loro effigie sulle monete portano corona.
[56] _Excellentissimo filio nostro Adulouwaldo reg. transmiter.
philacteria curavimus, idest crucem cum ligno s. crucis Domini, et
lectionem s. Evangeli theca persice inclusam. Filiæ quoque meæ, sorori
ejus, tres anulos transmisi, duos cum hyacinthis et unum cum albula:
quæ eis per vos peto dari_. Non si usava ancora mandare ossa di santi:
e Gregorio Magno lo disapprova assai.
[57] JONAS, in _Vita s. Bertulfi_, ap. MABILLON, _Ord. s. Benedict._
[58] _Brexiana civitas magnam semper nobilium Longobardorum
multitudinem habuit_. PAOLO DIAC., lib. V. c. 36.
[59] Fredegario e Paolo attribuiscono il fatto a Rodoaldo; ma i:
tempi non rispondono. Non occorre venire fino all'odierna civiltà
per trovare assurdo questo modo di ragionare. Ai tempi di Lodovico il
Pio, Agovardo arcivescovo di Lione scriveva: — Bell'arte a scoprir la
verità! e soprattutto quando l'un combattente e l'altro soccombono. Se
Dio volesse che in questa vita gl'innocenti fossero sempre vincitori
e i colpevoli vinti, Gerusalemme non sarebbe sottoposta ai Saraceni,
nè Italia ai Longobardi». _Liber adv. Gundobadum_, cap. XIV. I
contemporanei non guardavano dunque per una fortuna l'esser l'Italia
vinta dai Longobardi, come fecero alcuni mille anni più tardi.
[60] Burckhard (_Staats- und Rechtsgesch. der Römer_, § 42. Stutrgard
1841) vorrebbe che _oppida_ e _vici_ fossero terre smurate, le quali
non formavano Comune da sè, ma erano assegnate a municipj nel cui
territorio eran poste.
[61] Diceasi _guidrigild_, compenso privato; ben distinto dall'ammenda
(_fried_), che è compenso pubblico.
[62] _De bello goth._, II. 14; III. 34. Una loro migrazione, cantata
dallo scaldo di Gottland, componeasi di settanta navi, montate ciascuna
da cento uomini.
[63] _Aucto de diversis gentibus, quas superaverant, exercitu._ PAOLO
DIAC., lib. I. c. 20.
[64] La storia non parla che dell'isola; ma essa è tanto piccina, ch'è
forza credere sotto quel nome comprese le circostanze. A Lenno, terra
di quella riva, sono due iscrizioni del 571 e 572, ove l'anno è notato
per consoli, e Giustino II è detto signor nostro.
HIC REQVIESCIT IN PACE FAMVLVS CHRISTI LAVRENTIVS VENERABILIS SACERDOS,
QVI VIXIT IN HOC SÆCVLO ANNOS IV; DEPOSITVS DIE III NONAS IVLII, POST
CONSVLATVM DOMINI NOSTRI IVSTINI PERPETVI AVGVSTI ANNO VI, INDICTIONE
IV.
HIC REQVIESCIT IN PACE BONÆ MEMORIÆ CYPRIANVS, QVI VIXIT IN HOC SÆCVLO
ANNOS P. M. XXXIII; DEPOSITVS SVB DIE VII KALENDAS OCTOBRIS, INDICTIONE
V, POST CONSVLATVM DOMINI NOSTRI IVSTINI PERPETVI AVGVSTI ANNO VII.
[65] In tal senso l'editto di Rotari si dice fatto col consenso _cuncti
felicissimi exercitus nostri_.
[66] _Homo qui habet septem casas massaricias, habeat loricam cum
reliqua conciatura sua, debeat habere et caballos... Homines qui non
habent casas massaricias, et habent quadraginta jugis terræ, habeant
caballum, scutum et lanceam... Item de illis hominibus qui negotiantes
sunt et pecuniam_ (non) _habent, qui sunt majores et potentes, habeant
loricas, scutos, caballos et lanceas; et qui sunt sequientes, habeant
caballos, scutum et lanceam; minores habeant coccoras cum sagittas et
arcos._ Leggi di Astolfo, pubblicate dal Troya.
[67] ROTARI, leg. 177; LIUTPRANDO, lib. III. leg. 4. Da _fahren_
generare, radice disusata di _Vorfahren_ progenitori; sicchè
corrisponde a _gens_ de' Latini. Oggi in Albania _fara_ significa lo
stesso.
[68] Nelle leggi; ma Paolo Diacono, lib. I. c. 21, cita gli _Adalingi,
sic enim apud eos quædam nobilis prosapia vocabatur_. Forse era sola la
razza regia.
[69] _Liberi, ingenui, ingenuiles_, più tardi _boni homines_. Ehre
significa onore, ed heer esercito: onde arimanno è uom d'onore
o d'arme. Il Troya fa osservare che la voce αριμανες trovasi in
Appiano, _De bello mithr._ Ottone I, nel 967, dona a un monastero un
borgo _cum liberis hominibus, qui vulgo herimanni dicuntur_ (Antiq.
ital., I. 717). Enrico IV, nel 1074, _donamus insuper monasterio...
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