Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 10

Total number of words is 4491
Total number of unique words is 1543
36.0 of words are in the 2000 most common words
51.8 of words are in the 5000 most common words
60.9 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
dotandola di libertà e d'indipendenza. L'Italia è fatta, libera ed
indipendente. Si dovrebbe condurre il nostro governo al Campidoglio,
piuttosto che alla Rupe Tarpea.


CAPITOLO QUARTO
SPIRITO DI PARTE

Con questa locuzione, _Spirito di parte_, intendo accennare ad un
sentimento che lega fra loro i partigiani di una dottrina, o i seguaci
di un uomo qualunque egli siasi, quando questo sentimento abbia
raggiunto l'esaltamento della passione, a tal segno da acciecare chi da
esso è dominato, da offuscarne l'intelletto, e far sì che la dottrina, o
l'uomo oggetto di quella idolatria, si anteponga ad ogni altra cosa, e
che il sostenere questo o quella sembri il primo, anzi l'unico dovere
imposto al partigiano.
Una fazione composta di uomini così fatti è sempre pericolosa pel paese
dove si è formata. I cittadini che ad essa appartengono non conoscono
più nè patria, nè patriottismo, e più non si curano nè di libertà, nè di
nazionalità, nè d'indipendenza; o, per dir meglio, confondono tutte
queste cose, le credono concentrate nella loro stessa fazione, e
pretendono che adoperandosi al suo trionfo, adempiono ai loro più
imperiosi doveri verso la patria, e le procurino ogni sorta di beni,
libertà cioè, nazionalità, indipendenza, prosperità, fama, ecc. ecc.
Convincere dell'error suo un uomo invaso dallo spirito di parte, è cosa
pressochè impossibile; ed è perciò che, non solo gli uomini di opinioni
moderate, i patriotti, e gli amici dell'ordine nell'amministrazione
delle pubbliche cose, rifuggono da tutto ciò che riveste l'aspetto di
fazione, ma che i faziosi stessi, i meno accecati ad ogni evento, si
mostrano bene spesso desiderosi di non essere confusi con quelli che
accettano il titolo di faziosi; e vanno ripetendo: che non appartengono
a fazione veruna; che sono indipendenti da qualsiasi legame di parte;
che parlano per convinzione loro propria, e non perchè così parlano i
loro amici, ecc. ecc.; e tali proteste hanno per iscopo di ottenere
l'attenzione di chi li ascolta o li legge, essendo a tutti noto che le
opinioni dettate dallo spirito di parte non sono generalmente tenute in
alcun conto. — Il che solo dovrebbe bastare ad emancipare dallo spirito
di parte ogni uomo di sano intelletto e di buona volontà.
Ma appunto perchè dallo spirito di parte si ripetono molti scandali,
disordini e sciagure, non di rado avviene che ad un fantasma di fazione
o di spirito di parte s'imputino i poco fondati malcontenti, le assurde
pretese, le esagerate opinioni, la intolleranza di ogni salutare
disciplina, il negato rispetto alla legge, e tutte quelle pecche civili
e politiche, a fronte delle quali riesce troppo difficile il governare,
e diventa pericolosa la libertà, mentre l'accusato spirito di parte non
esiste di fatto. Ciò si verifica sovente in Italia, e ne vediamo ogni
giorno gli esempi.
Molti sono da noi i malcontenti. — Ambiziosi, delusi nelle loro
speranze, animi poco generosi e poco divoti alla patria, feriti nei loro
interessi, e costretti a pagare le sempre crescenti imposte, senza le
quali non sussisterebbe l'Italia; oziosi, turbati nel pacifico godimento
degli agi loro; timidi, che sentono per la prima volta rossore della
loro codardia; impazienti, che vorrebbero seminare e raccogliere nello
stesso giorno; stolti, che non intendono perchè occorra di aver seminato
per raccogliere; fanatici, che sognavano la creazione spontanea di un
nuovo paradiso terrestre. Tutti questi e molti altri ancora, che
tralascio di nominare per amore di brevità, sono e si dichiarano
malcontenti del modo con cui siamo governati, perchè al governo
s'imputano sempre gli errori dei governati. Codesti malcontenti, che
malcontenti sarebbero sotto qualunque reggimento o forma di reggimento,
si sforzano di dare al malcontento loro un certo aspetto di
disinteresse, che lo nobiliti e lo innalzi al di sopra delle puerili
loro lagnanze.
Essi cercano inoltre di appoggiarsi ad altri malcontenti, che sappiano
farsi un'arma del loro malcontento, e collegarlo a certe dottrine
politiche, imputando le sventure di cui si lagnano al poco gradimento
che codeste dottrine incontrarono nel maggior numero degli italiani. —
In tal modo quei pochi repubblicani, che si mantengono ostili al nostro
governo e all'Italia, perchè sono divoti alla forma di reggimento
repubblicana più che all'Italia stessa, si vedono sovente seguiti,
ascoltati, invocati, e portati alle stelle, da una turba di malcontenti,
che loro si stringono intorno, perchè da essi sperano udire parole di
conforto, in armonia coi loro sentimenti; e per parlare schiettamente e
senza velo, perchè sono certi di udirsi dire che hanno ragione di
maledire l'attuale ordinamento di cose, e gli uomini posti al governo
del paese. Così si compongono le moltitudini che assistono ai così detti
_meetings_, tenuti da qualche famigerato repubblicano che trovasi di
passaggio nelle nostre città. Così si fanno le elezioni, quando gli
amici delle agitazioni politiche affiggono sulle mura delle città o dei
borghi cartelloni, su cui sta scritto il nome di un agitatore con simili
raccomandazioni: Elettori! se volete por fine agli abusi, alle
illegalità, alle malversazioni, ecc. ecc. di cui a ragione vi lagnate,
scegliete per vostro rappresentante il cittadino N. N. Così acquistano
abbonati e lettori i fogli periodici, qualunque ne sia il valore ed il
merito, che si diedero la missione di biasimare e di condannare ogni
atto governativo.
Ma se alcuno da questi fatti credesse di concludere che la moltitudine
accorsa ad udire le parole di un ben noto repubblicano, o gli elettori
che lo scelsero a loro rappresentante, o tutti quelli che leggono
avidamente le sue quotidiane diatribe contro il governo, ne approvano, e
ne dividono le opinioni e le dottrine; egli commetterebbe un madornale
errore, e mostrerebbe di non conoscere la natura di quelle genti. —
Credo che da per tutto i malcontenti tendano ad associarsi ad altri
malcontenti, senza indagare se la cagione del comune malcontento sia la
stessa per gli uni come per gli altri; ma nel nostro paese questa
tendenza deve essere più diffusa ancora che altrove, perchè le passioni
vi sono più ardenti, impetuose e spensierate, che nei paesi più freddi e
meglio assestati. — Se ai partigiani delle dottrine repubblicane non si
unissero i partigiani di ciò che non esiste, ossia gli oppositori di
tutto ciò che esiste, si vedrebbe a che si riduce da noi la fazione
repubblicana. — E lo vedrebbero ben tosto i pochi repubblicani che
tuttora si mantengono tali, e sono per così dire monumenti dell'epoca
dei lunghi esilii politici, e della patria servitù, se per uno di quelli
accidenti, impossibili a prevedersi, si trovassero un giorno assunti al
potere: vedrebbero ben tosto, con qual fondamento supposero che i
malcontenti di un governo monarchico dovessero essere partigiani divoti
di un governo repubblicano. E siccome i repubblicani, che ora suppungo
assunti al potere, non potrebbero nè prodigare gli onori e gli impieghi
agli oziosi, nè contentarsi delle spontanee largizioni di coloro che si
sdegnano contro il regolare sistema delle imposte, nè pesare ed
apprezzare il valore di ogni singolo cittadino colla bilancia della sua
individuale ambizione; i repubblicani saliti in seggio si vedrebbero
tosto abbandonati da coloro che li seguivano un tempo, non perchè ne
dividessero le opinioni, ma perchè li consideravano come malcontenti di
ciò che non era di loro soddisfazione.
A parer mio lo _spirito di parte_ propriamente detto non esiste in
Italia, per quanto si riferisce alla fazione repubblicana.
In tutti i paesi che furono subitamente sconvolti da rivoluzioni
politiche, e che mutarono rapidamente un reggimento in un altro affatto
opposto, rimangono certe memorie, certe abitudini, certe tendenze a
vedere e a giudicare ogni cosa sotto l'aspetto in cui si sarebbero
vedute e giudicate altre volte, certa facilità di obliare gli
inconvenienti del distrutto governo, e di anteporlo a quello che gli è
subentrato, i cui difetti, perchè presenti, appaiono assai più odiosi di
quelli di cui più non esiste che la memoria; e da tutte queste
abitudini, da queste tendenze, da queste memorie nasce una fazione
politica, che ha per oggetto il ritorno al passato, e da cui si dà nome
di retrograda, o di partito della reazione, perchè i suoi seguaci
reagiscono difatti contro il primo e forse esagerato amore dei mutamenti
e delle novità che producono le rivoluzioni. — Questo ritorno alle idee
e al modo di sentire del passato, fu quasi sempre la vera cagione degli
eccessi a cui si portarono troppo sovente i novatori, o rivoluzionari,
perchè il pensiero di ricadere nell'abisso, da cui con tanti sacrifizi,
e con tanti sforzi riescirono di recente ad uscire, sembra ad essi la
maggiore sventura e la più vergognosa catastrofe che mai possa loro
accadere; cosicchè i _retrogradi_ sono dai _novatori_ considerati come
propri nemici e nemici della pubblica salvezza, e fra gli uni e gli
altri si accendono le ire più implacabili e violenti.
Da noi non esiste la fazione politicamente retrograda, e perciò non sono
neppure da temersi gli eccessi dei novatori. — V'hanno bensì taluni che
confrontando l'amministrazione dei cessati governi, o il regolare
andamento della procedura civile, o tale altra frazione del vecchio
ordinamento, con ciò che fu loro sostituito, giudicano le prime
superiori alle seconde; e se tale confronto è fatto da chi abbia
appartenuto all'antica e non appartenga all'attuale amministrazione, può
darsi che la inferiorità di quest'ultima non sia da lui riconosciuta
senza un segreto contento. Ma nessuno fra gli italiani, neppure fra
coloro che hanno perduto, per gli avvenimenti del 59 e del 60, potere e
ricchezze, rimpiange il cessato dominio, ed ardisce desiderarne il
ristabilimento, foss'anco nel più segreto del cuor suo. — Dicesi che fra
i principi e i duchi della corte Borbonica si trovano dei dolenti per
quella antica casa reale, e degli invincibili renitenti all'ordine
attuale delle cose nostre. — Di ciò sono ignara; ma ciò di cui sono
convinta si è, che quei renitenti (supposto che ve ne sieno di fatto)
non sanno precisamente nè che cosa rimpiangono, nè che cosa desiderano.
E se stesse nelle mani di uno di essi l'avvenire del regno d'Italia,
dubito assai che gli reggesse l'animo di distruggerlo. Molte cose si
dicono, che non si direbbero se le parole avessero l'importanza dei
fatti. — Il piangere sulle sventure di una casa caduta dal trono nel
nulla, ha un non so che di poetico e d'innocuo, che può sedurre chi non
ha mai veduto oltre l'esterno delle cose, e non ha mai pensato alla
parità dei diritti concessi da Dio a tutte le sue creature, e per
conseguenza alla somma di benefizi necessari perchè il potere assoluto
dei sovrani sia legittimo o per lo meno giustificato. Ma chi parla senza
riflettere, non opererebbe sempre colla egual leggerezza ed
inconsideratezza. D'altra parte questi divoti agli antichi padroni non
saranno mai in numero sufficiente per formare neppure un nucleo di
fazione politica. Il passato non ha lasciato fra noi che amarissime
memorie, dolorosissime cicatrici; e se a quei malcontenti, che più
aspramente si lagnano del governo italiano, venisse dimostrato che colle
loro lagnanze essi rendono possibile il ritorno del passato, tutti
farebbero silenzio, ed in questo persisterebbero quanto lo permetterebbe
il loro naturale, oltremodo inclinato alla critica ed al biasimo. — Il
solo partito che potrebbe far valere alcun titolo al nome di fazione
politica, ed i cui membri siano veramente sostenuti, animati, e condotti
dallo spirito di parte, si è il partito così detto _clericale_. Questo
sa che cosa vuole, e perchè lo vuole, riconosce dei capi, e da questi si
lascia guidare.
Ogni fazione politica si divide in due categorie: l'una comprende gli
uomini di buona fede, che si sforzano di conseguire un risultato, perchè
lo credono giusto e salutare; l'altro si compone di ambiziosi o di
cupidi, che dal trionfo della loro fazione aspettano il privato loro
vantaggio. — Di questi ultimi non occorre parlare, poichè sono in ogni
tempo e in ogni condizione i medesimi; ma i primi hanno un carattere
proprio, che li distingue dai clericali politici di qualsiasi altro
paese, e di questi parlerò con qualche estensione.
La _fazione clericale_ è naturalmente e in ogni dove la più formidabile
delle fazioni politiche: non solo perchè ne è la più compatta, la meglio
disciplinata, la più docile ai comandi de' suoi capi, e quella i cui
capi sono più prudenti, più accorti e più illuminati di tutti; ma
altresì perchè i faziosi che ad essa appartengono credono, mantenendosi
tali ed operando come tali, di compiere un sacrosanto dovere, e sono
convinti di riceverne quindi una rimunerazione che di gran lunga avanza
ogni terrena, ogni mondana prosperità o ventura. La superiorità di tale
fazione sopra qualsiasi altra è dovuta inoltre alla sua tendenza ad
unirsi e ad associarsi a tutti coloro che piangono altri beni perduti, e
che per un motivo o per l'altro sono a buon diritto annoverati fra i
retrogradi. — Questo nome di retrogradi si applica generalmente ai
clericali, che vorrebbero ricondurre le moderne società ai tempi in cui
il clero primeggiava per la sua superiore istruzione e coltura, e gli
venivano attribuite autorità e virtù speciali, come suoi esclusivi
privilegi. Questa tendenza della fazione clericale ad impossessarsi e ad
inscrivere su' suoi roli tutti i retrogradi, non si verifica nei
clericali italiani del secolo decimonono. — In primo luogo il rinforzo,
che i retrogradi fornirebbero alla fazione clericale coll'unirsi ad
essa, sarebbe di pochissimo momento; ma il discredito in cui sono fra
noi caduti i retrogradi è tale, che la loro alleanza colla suddetta
fazione potrebbe riescirle dannosa ed indebolirla, distaccando da essa
molti de' suoi partigiani, i quali essendo di buona fede vogliono
conservare i beni politici acquistati nel 59, cioè la libertà e
l'indipendenza, segnando loro per limite le prerogative e le immunità
ecclesiastiche o clericali; quelli insomma che sottoscrivono alla
massima del Cavour, _libera Chiesa in libero Stato_, dando però a quelle
parole un significato assai diverso da quello che loro dava lo stesso
Cavour, cioè confondendo la libertà della Chiesa coll'autorità e col
potere de' suoi ministri. — Cavour intendeva dire, che il capo dello
Stato non doveva considerarsi come capo della Chiesa, nè seguire in ciò
l'esempio di Enrico VIII d'Inghilterra, nè quello degli Czar della
Russia, nè di alcuni altri sovrani di nazioni che professano la
religione cristiana riformata; ma che la Chiesa italiana doveva essere
indipendente nelle sue relazioni colle coscienze dei fedeli, e in tutte
quelle cose che non cadono sotto il dominio della legge civile; mentre i
clericali che sottoscrivono al detto, _libera Chiesa in libero Stato_,
intendono che la Chiesa, ossia il clero sia libero di modificare
l'ordinamento politico e civile, opponendosi ad esso quando ciò gli
sembra opportuno, e debba conservare nella sua qualità di clero quelle
immunità e privilegi, di cui godeva nel passato, ed a cui nessun laico
pretende. — Ognun vede quale differenza passi fra codesti clericali ed i
retrogradi, i quali vorrebbero richiamare il passato con tutte le sue
sciagure e le sue vergogne. Ed i nostri clericali sentono così
fortemente il bisogno di appoggiarsi a tale differenza, loro
salvaguardia rispetto alla pubblica opinione, che ne menano gran vanto;
e quand'anco i retrogradi fossero assai più numerosi che non lo sono di
fatto fra noi, credo che i clericali ne respingerebbero l'alleanza,
piuttosto che correre il pericolo di essere confusi con loro.
La rivoluzione, o per meglio dire il risorgimento della nazione
italiana, ha creato un inevitabile antagonismo fra il clero e la parte
laica di essa. — La più apparente origine di tale antagonismo si fu la
quistione romana, cioè la pretesa (giusta a parer nostro) di considerar
Roma come qualunque altra città italiana, di lasciare ai romani la
facoltà di disporre di sè stessi, e di scegliere se vogliono rimanere
sudditi del Pontefice, o unirsi a tutto il rimanente d'Italia, di cui la
città loro sarebbe necessariamente, perchè naturalmente, la capitale. —
Contro sì fatta pretesa insorgeva e protestava la Corte romana,
asserendo esserle il potere temporale affidato dallo stesso Supremo
ordinatore delle cose create, non altrimenti che le affidava l'autorità
spirituale come capo della Chiesa, per gli stessi fini, e per tutto il
tempo che si manterrà questo nostro pianeta e questa nostra razza di
esseri organizzati.
Di tale asserzione si sdegnava alla sua volta l'Italia, e più
fervorosamente sosteneva i diritti dei romani a disporre di sè medesimi
come tutti gli altri popoli inciviliti, a cui la moderna società
riconosce gli eguali diritti. — Così nacque l'antagonismo che tuttora
esiste fra il clero ed i laici d'Italia; e nel suo nascere poteva
trascinarci ad atti violenti, se la Francia non fosse intervenuta a
porre il Pontefice sotto l'egida della propria bandiera. — Ed ora,
sebbene gli abbia levata una tale protezione, la suppliva mediante una
convenzione che ci preclude ogni via di fatto in favore dei diritti del
popolo romano. — Ma questi diritti sussistono, sebbene non sieno
apertamente confessati dalla maggioranza delle nazioni cattoliche, alle
quali conviene verosimilmente che il capo della chiesa cattolica sia in
una condizione elevata e in apparenza indipendente, e non le richiegga
di protezione o di sussidio ogni qual volta l'esigessero le sue
circostanze. — Tale convenienza può essere discussa e sostenuta con
argomenti che hanno certo il loro valore, e si può mettere in bilancia
coi diritti della popolazione romana e cogli interessi dell'Italia
tutta, senza suscitare fra i difensori di quella e dell'altra opinione
nè atti, nè sentimenti di nimicizia. — Ma ciò che eccita lo sdegno degli
italiani, è appunto quel confondere la convenienza politica degli uni e
degli altri coi doveri del cristiano, e quel far intervenire la santità
della religione, e tutto ciò che ad essa ne lega, in una quistione tutta
mondana e politica, benchè interessi il ben essere del clero, e le
prerogative a cui esso non vuol rinunziare. — Di ciò appunto si sdegnano
gli italiani; e se la quistione politica non è degenerata in quistione
dommatica, in uno scisma o in una eresia, dobbiamo renderne grazia al
profondo senso religioso della nazione italiana, che si mantenne sin quì
non meno salda nella convinzione e nella difesa de' suoi diritti civili
e politici, che nella integrità della sua fede. La religione cattolica è
tuttora professata e rispettata dagli italiani, ma il clero è da essi
veduto con diffidenza e sospetto. — Da ciò risulta che la fazione
clericale, sebbene comprenda nelle sue file pressochè tutto il clero,
non conta molti partigiani nella parte laica della nazione, ed ha poca
probabilità di farsi mai più numerosa. — Ora, sino a tanto che il clero
solo propugna i propri interessi, la fazione clericale non può dirsi
veramente fazione politica, o per lo meno non può essere come tale di
molta importanza e gravità. — Il clero superiore, che guida e regge il
basso clero, non manca di prudenza nè di destrezza nella condotta degli
affari di questo mondo; e giudica con bastevole accorgimento lo stato
suo, e le conseguenze che potrebbero avere le mosse avventurate che
alcuni gli consigliano. — Esso intende benissimo che non può tentare
alcun passo sulla via della resistenza aperta, se non ha ottenuto in
prima il concorso di buona parte della società laica; e tale concorso si
sforza di ottenerlo operando sulle coscienze più timorose, ed in
particolare sulle coscienze femminili, e su quelle dei giovanetti, la
cui educazione è ad esso affidata. Ma tali sforzi, sebbene sostenuti con
zelo indefesso, non sono però confortati dalla speranza di un prossimo e
felice successo. — I capi della fazione clericale, e molti dei loro
militi altresì, giudicano assennatamente la condizione loro, e vedono
che l'opinione pubblica, sebbene oscillante e malferma in molte
quistioni che si riferiscono alla nuova vita civile e politica a cui
testè rinacquero gli italiani, non si volge però mai verso di essi con
fiducia e favore. Coloro, i quali difendono i propri privilegi dicendoli
a loro concessi da Dio stesso e per tutti i secoli avvenire, non possono
ispirare confidenza alle nostre popolazioni, tutte intente ad
affrancarsi o rinforzarsi nel possesso dei loro diritti, contro ogni
potere che vanta per sua origine il diritto divino. — Le pretensioni
pontificie ad una teocrazia senza limite e senza fine, suonano agli
orecchi degli italiani come l'ultima e la più esagerata espressione di
quelle consimili pretensioni, sostenute sino ai giorni nostri da tutti i
sovrani assoluti, la cui caduta fu la nostra salvezza.
La fazione clericale ha dunque poche eventualità di felice successo; ed
i suoi capi, saggi ed avveduti, sentono come vacilla il suolo su cui
posano, ed agiscono quindi con somma prudenza e cautela. Noi dobbiamo
aspettarci dai clericali una guerra coperta, mascherata, senza tregua;
ma nulla abbiamo a temere da essi che sappia di violenza, e che ad essi
soltanto imputare si possa. — In una parola, l'ora del risorgimento
d'Italia fu per essi l'ora della decadenza come corpo civile e politico;
al che non si rassegneranno, se non quando alla rassegnazione si
vedranno costretti dalla necessità. Sino a quel momento essi saranno
irreconciliabili nostri nemici; ma nemici prudenti, nemici non per
passione di nimicizia, ma soltanto in quella misura che richieggono gli
interessi loro come classe privilegiata della società e della nazione.
Prima di chiudere questo esame delle fazioni politiche contro cui
l'Italia deve stare in guardia, è necessario ch'io dica alcune parole in
proposito di una di esse, nata recentemente, inaspettatamente, laddove
appunto sembrava che nessuna fazione potesse germogliare; fazione che
nel breve corso di sua esistenza è già stata di grave danno all'Italia,
creando nuovi ostacoli alla libera azione del suo governo, e
risvegliando nelle estere nazioni una certa diffidenza del carattere
italiano, di cui avevano salutato la trasformazione con favore e
simpatia.
Voglio parlare della fazione conosciuta sotto il nome della
_Permanente_, e che si compose sulle prime di un gran numero di
cittadini torinesi, sdegnati sino al delirio dall'inaspettato annunzio
della convenzione stabilita fra i governi d'Italia e di Francia, per la
quale la sede del nostro governo si trasferiva da Torino a Firenze. —
Gli animi inaspriti, le menti offuscate e forviate dall'ira, non
ascoltarono che la voce della passione, e giunsero sino a sospettare,
che dico? ad affermare come cosa provata e certa, che il Piemonte era
ceduto alla Francia, e che la partenza di Vittorio Emanuele da Torino
altro non era che il prologo alla entrata che vi farebbe in breve
Napoleone. — Lodi sieno rese al Piemonte, che non seguiva l'impulso dato
dalla sua capitale, ma rimaneva freddo e dolente spettatore delle
lugubri, sebbene puerili scene, che insanguinarono Torino nel settembre
del 1865.
Il grosso della popolazione torinese però non durò lungo tempo in quel
delirio, e riparò degnamente i suoi errori di un giorno, facendo ciò che
avrebbe dovuto far subito, e che avrebbe fatto se non lo avessero
trascinato i direttori del movimento; cioè esaminò coraggiosamente i
danni che ad esso poteva produrre il trasferimento della capitale, e
ricercò le vie aperte alla notevole sua energia, per rimediarvi,
bilanciarli e compensarli. — Le burrascose discussioni, che seguirono in
quegli stessi giorni nel parlamento, e dalle quali i malevoli speravano
nuove provocazioni e nuove catastrofi, non eccitarono la minima
agitazione popolare; e il popolo torinese col suo contegno dignitoso
diede il più sicuro indizio che il pentimento era stato in lui piuttosto
contemporaneo che posteriore all'offesa, e che sulla sua sagacità come
sul suo patriottismo l'Italia poteva tuttora e doveva fidare. E di tanta
moderazione e virtù ricevette prontamente la meritata mercede;
imperocchè chi vuol essere veritiero e di buona fede riconosce, che la
città di Torino non ha sofferto dal trasferimento della sede governativa
tutti quei danni che la minacciavano sulle prime; che essa non è
rovinata ad un tratto dalla condizione di capitale di uno stato di primo
ordine a quella di città di provincia, come sono le città francesi; ma
che la energica ed intelligente operosità della sua popolazione le ha
creato parecchie fonti di prosperità, parecchi centri d'industria, che
tirando a sè i forestieri coi loro capitali formano un abbondante
compenso al movimento ed alle ricchezze piuttosto apparenti che reali e
sostanziali che circondano le Corti. — La fazione detta la Permanente
non si compone dunque più che di pochi signori torinesi, fra i quali
v'hanno dei partigiani del passato, dei così detti retrogradi, che
dissimularono sulle prime il loro rammarico e il loro dispetto, perchè
temevano appunto di essere additati come retrogradi, e che oggi credono
di aver trovata una maschera sotto la quale possano dare sfogo ai loro
odi e alle loro avversioni, senza che alcuno sospetti la vera origine
degli uni e delle altre. Come in ogni fazione, v'hanno anche in questa
degli uomini forviati, accecati, ma di buona fede, che credono o che si
sforzano di credere che avversano il trasferimento della capitale per
motivi patriottici; perchè il trasferimento della capitale a Firenze ne
ritarda il trasferimento definitivo a Roma, perchè l'allontanamento
della sede governativa dal Piemonte abbandona questa parte importante
d'Italia alle ambiziose mire della Francia, ecc.
Ma tali pretesti non possono illudere lungamente chi li adopera per
giustificare i propri errori; e la sola conclusione che possiamo da essi
cavare si riduce a questo: che se col trasferimento della capitale a
Firenze il nostro governo si è esposto a qualche imbarazzo o qualche
pericolo, spetta a' suoi veri amici, agli amici cioè del paese ch'esso
rappresenta, di stringersi vie più a lui d'intorno, di prestargli
vieppiù valido aiuto; mentre il creare nuovi ostacoli alla sua libera
azione, per fargli sentire che alienandosi l'animo di alcuni suoi vecchi
amici, esso si è spogliato di gran parte della sua forza, altro non è
che una puerile ed ingiusta soddisfazione, procurata all'amor proprio di
alcuni pochi, a spese dello stesso governo, ossia del paese.
La fazione detta la Permanente, nata dal dispetto di un certo numero di
cittadini torinesi, è condannata dalla stessa sua origine e natura alla
sterilità, cioè a non estendersi mai al di là del piccol centro che le
diede la vita; e se la opposizione piemontese nel parlamento spiega
talvolta proporzioni ragguardevoli, ciò accade per circostanze fortuite,
e non già perchè s'ingrossi il numero dei Permanenti. Il numero di
questi andrà anzi sempre più scemando, secondochè si stancheranno
dell'isolamento in cui si sono posti, e dell'obblìo in cui vanno
cadendo. Un pronto ed aperto ritorno a sentimenti migliori, un abbandono
esplicito delle loro indebite pretese, e dell'aria minacciosa che
presero in faccia al governo, possono solo redimere ancora quelli che
persistono a presentarsi come i direttori e i capi della Permanente.
Da questo rapido esame dello stato delle fazioni politiche in Italia
parmi si possa concludere, che lo spirito di parte non vi giunse ad un
grado di sviluppo e di forza tale da svegliare i timori dei veri amici
d'Italia. — Il fatto è che gli italiani si lasciano trasportare dalla
vivacità del loro carattere e delle loro passioni, e dalla naturale loro
disposizione a criticare e censurare tutto ciò che viene presentato al
giudizio loro; a proferire delle parole spesse volte violenti ed amare,
che fanno supporre in essi sentimenti ostili al governo ed all'ordine di
cose esistenti: sentimenti che in verità non esistono, o che si spengono
nelle parole stesse che li esprimono. — Ciò che distingue gli italiani
dagli altri popoli meridionali è questo, che alla vivacità della
fantasia e delle passioni, comune ad essi tutti, gli italiani accoppiano
una forte dose di buon senso pratico, come si suol dire, che non appare
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 11
  • Parts
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 01
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1715
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    50.4 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 02
    Total number of words is 4348
    Total number of unique words is 1661
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 03
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1668
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 04
    Total number of words is 4342
    Total number of unique words is 1620
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    61.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 05
    Total number of words is 4449
    Total number of unique words is 1622
    36.6 of words are in the 2000 most common words
    53.4 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 06
    Total number of words is 4345
    Total number of unique words is 1659
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    59.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 07
    Total number of words is 4440
    Total number of unique words is 1747
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 08
    Total number of words is 4410
    Total number of unique words is 1658
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    60.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 09
    Total number of words is 4462
    Total number of unique words is 1686
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 10
    Total number of words is 4491
    Total number of unique words is 1543
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 11
    Total number of words is 4403
    Total number of unique words is 1580
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 12
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1664
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    47.1 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - 13
    Total number of words is 1443
    Total number of unique words is 659
    48.5 of words are in the 2000 most common words
    64.6 of words are in the 5000 most common words
    70.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.