Olanda - 24
trotto serrato, anche per tirare i carri del fieno, e quando non han
punto premura di arrivare. Le corse di questi cavalli, che si chiamano
le _harddraveryen_, sono uno spettacolo antico e caratteristico della
Frisia. In tutte le piccole città si prepara un'arena divisa in due vie
parallele e diritte, sulle quali i cavalli corrono successivamente a due
a due, e poi lottano fra loro i vincitori di ciascuna corsa fin che uno
li abbia vinti tutti, e questo ottiene il premio. Il popolo accorre in
gran folla a questo spettacolo, e l'accompagna con applausi e grida
festose, come alle gare dei patinatori.
Arrivando a Leuwarde ebbi il più bello e più inaspettato incontro che
potessi immaginare: un corteo nuziale di contadini. Erano più di trenta
carrozze, tutte colla cassa della forma d'una conchiglia, altissime,
coperte di dorature e di fiorami dipinti, e tirate da robusti cavalli
neri, su ciascuna delle quali stava seduto un contadino vestito in gala,
e una donnina rosea col casco d'oro e il velo bianco. I cavalli andavano
di gran trotto, le donne, strette al braccio dei loro compagni,
gettavano confetti ai ragazzi della via, le trine sventolavano, i caschi
mandavan lampi. Il corteo s'allontanò e disparve come una cavalcata
fantastica in mezzo a un frastuono di risa, di schiocchi e di voci
festose.
* * * * *
La sera, a Leuwarde, mi divertii a veder passare dinanzi alla porta
dell'albergo le donne e le ragazze dalla testa luccicante, come un
generale ispettore alla così detta rassegna annuale, quando i soldati
sfilano uno per uno con armi e bagaglio. A un certo punto però,
osservando che andavan tutte dalla stessa parte, seguii la corrente e
riuscii in una vasta piazza, dove suonava una banda musicale, in mezzo a
una gran folla, davanti a un edifizio con tutte le finestre illuminate,
alle quali s'affacciavano di tratto in tratto dei signori in cravatta
bianca, che dovevano essere là per un pranzo ufficiale. Benchè
piovigginasse, la gente rimaneva immobile, e le donne essendo tutte in
prima fila, formavano intorno alla banda un gran cerchio di caschi, che
da lontano, al lume dei fanali e a traverso il velo della nebbia, pareva
davvero una schiera di corazzieri a piedi, che tenesse indietro la
folla. Mentre la banda suonava, una ventina di soldati di fanteria,
raggruppati in un angolo della piazza, l'accompagnavano col canto,
agitando il berretto e saltellando ora sur una gamba ora sull'altra
cogli atteggiamenti grotteschi degli ubbriachi dello Steen e del
Brouwer. La folla li guardava, e m'immagino che lo spettacolo le paresse
straordinariamente bello e dilettevole, perchè rideva dai precordi, si
alzava in punta di piedi, accennava, esclamava, applaudiva. Io mi fermai
a osservare qualche bel viso di Frisona, che quando si vedeva guardata,
mi vibrava uno sguardo pieno di orgoglio guerresco, e poi me n'andai a
far conversazione con un libraio, cosa gradevolissima in Olanda, dove i
librai sono generalmente molto colti e molto cortesi.
* * * * *
La notte, all'albergo, non potei quasi chiuder occhio per cagione d'uno
scellerato pianista di campanile, il quale, forse perchè soffriva
d'insonnia, si prese il barbaro piacere di dare alla città addormentata
un saggio di tutte le opere del Rossini e di tutte le canzoni popolari
dei Paesi Bassi. Non ho ancora parlato del meccanismo di questi
organetti aerei, ed ecco com'è congegnato. L'orologio del campanile
mette in movimento un piolo, il quale alla sua volta fa girare una ruota
e un cilindro munito di cavicchi, simile a quello d'un organo di
Barberia. A questi cavicchi, disposti nell'ordine voluto dalla melodia,
sono attaccati dei fili di ferro i quali sollevano i battagli delle
campane e i martelli che le percuotono. Quando suonan le ore, risponde
un'arietta determinata; ma togliendo il cilindro, si possono suonare
tutte le arie che si vuole, per mezzo di molle mosse da due tastiere,
una delle quali si preme colle mani e l'altra coi piedi. Il suonare in
questa maniera richiede una forza e uno sforzo considerevole, poichè
alcuni dei tasti vogliono una pressione equivalente al peso di due
libbre; eppure, è tale il piacere che i campanari trovano in questa
musica, e che suppongono ci trovino anche gli altri, che suonano per ore
intere con un vigore e una passione degna veramente di più grata
armonia. Io non saprei dire se quel campanaro di Leuwarde suonasse bene;
ma son certo che doveva avere dei muscoli erculei e una spaventosa
passione per il Rossini. Dopo avermi addormentato col _Barbiere_, mi
svegliò colla _Semiramide_, poi mi riaddormentò coll'_Otello_, poi mi
fece riaprir gli occhi col _Mosè_, e così di seguito. Era una gara fra
noi due, egli a vibrarmi delle note e io a scagliargli delle
maledizioni. Cessammo tutti due insieme a un'ora molto avanzata della
notte, e non so, se avessimo fatto il conto, quale dei due sarebbe
rimasto creditore. La mattina mi lamentai col cameriere, un olandese
flemmatico, a cui credo che nessun rumore del cielo o della terra aveva
mai turbato la dolcezza del sonno. "Ma sapete" gli dissi, "che questa
vostra musica dei campanili è molto importuna?"--"Come," mi rispose
innocentemente, "non ha osservato che ci sono tutte le ottave coi tuoni
e coi semi-tuoni?"--"Proprio?" gli dissi coi denti stretti. "Allora il
caso è diverso: scusate."
La mattina per tempo partii per Groninga, recando con me, malgrado la
persecuzione della musica, un caro ricordo di Leuwarde e delle poche
persone che ci avevo conosciute, amareggiato però da un rammarico che mi
dura ancora: quello di non aver visto scivolare sul ghiaccio le belle,
ardite e severe figlie del Nord, che passano, come dice Alfonso
Esquiroz, avvolte in una nuvola e coronate d'un nembo d'oro e di trine,
simili a figure fantastiche intravvedute sognando.
* * * * *
La pianura olandese, che veduta la prima volta, desta un senso vago e
gradevole di malinconia, e presenta nella sua uniformità mille aspetti
nuovi e mirabili, che divagano l'immaginazione, finisce però col
generare stanchezza e noia anche in chi sia per natura meglio inclinato
a comprendere e a godere la sua maniera particolare di bellezza. Vien
sempre un giorno, in cui lo straniero che viaggia in Olanda, sente
improvvisamente un desiderio irresistibile di altezze che gli facciano
sollevare gli occhi e il pensiero; di curve su cui lo sguardo possa
salire, precipitare, aggirarsi; di forme che l'immaginazione possa
animare con quelle vaghe e meravigliose rassomiglianze di dorsi di
leoni, di fianchi di donne, di profili di visi e d'edifizi, che
presentano i poggi, i monti, le rupi del suo paese. La mente e gli occhi
sono sazi di spaziare e di smarrirsi per quel mare sconfinato di
verzura: hanno bisogno di cime, d'abissi, d'ombre, di azzurro, di sole.
Allora si è veduto abbastanza l'Olanda e si pensa alla patria con amore
impaziente.
Provai per la prima volta questo sentimento andando da Leuwarde a
Groninga, capitale della provincia del medesimo nome. Uggito di vedere,
a traverso la nebbia, praterie dopo praterie e canali dopo canali, mi
raggomitolai in un cantuccio del vagone e mi diedi a pensare ai poggi
della Toscana e alle colline delle sponde del Reno, nello stesso modo
che maestro Adamo di Dante pensava ai ruscelletti del Casentino. A una
piccola stazione posta a mezza strada fra le due città, salì nel vagone
un uomo che mi parve a primo aspetto, ed era infatti un contadino,
biondo, corpacciuto, color di cacio fradicio, come dice il Taine dei
contadini olandesi, vestito pulitissimo, con una gran ciarpa di lana
intorno al collo e una grossa catena d'oro al panciotto. Mi diede
un'occhiata benevola e mi sedette davanti. Il treno ripartì. Io
continuavo a pensare alle mie colline, e di tratto in tratto mi voltavo
a guardar la campagna colla speranza di qualche cangiamento di
paesaggio, e vedendo sempre pianura, facevo, senz'accorgermene, un atto
che voleva dire che ero ristucco. Il contadino guardò per qualche tempo
ora me ed ora la campagna; poi sorrise, e pronunziando le parole con
grande sforzo, mi disse in francese:
"Noioso..... non è vero?"
Gli risposi in fretta di no, che non m'annoiavo punto, che anzi la
campagna olandese mi piaceva.
"Eh no....." riprese sorridendo, "noioso: tutto piano," e accennava con
tutt'e due le mani; "non c'è montagne."
Dopo qualche momento, impiegato a tradurre mentalmente il suo pensiero,
mi domandò, accennandomi col dito: "Di che paese?"
"D'Italia," risposi.
"Italia," ripetè sorridendo. "Ci son molte montagne?"
"Moltissime," risposi, "da coprirne tutti i Paesi Bassi."
"Io," soggiunse, accennando sè stesso, "non ho mai visto una montagna in
vita; non so che sia; nemmeno le colline della Gheldria."
Un contadino che parlava francese per me era già una cosa straordinaria;
ma un uomo che non aveva mai visto nè una montagna nè una collina, mi
pareva una creatura favolosa. Perciò lo interrogai, e gli cavai di bocca
delle cose assai strane.
Egli non era mai stato più lontano che ad Amsterdam, non aveva mai
veduto neanco la Gheldria, che è la sola provincia montuosa della
Neerlandia; e perciò non aveva idea di che cosa fosse una montagna, se
non per le immagini che ne aveva viste nei quadri e nei libri. Le più
grandi altezze a cui si fossero mai sollevati i suoi occhi erano le
punte dei campanili e le cime delle dune. E quello ch'era di lui, è di
migliaia d'Olandesi, i quali dicono:--Vedrei volentieri un monte,--come
noi diremmo:--Vedrei volentieri le piramidi d'Egitto.--Mi disse in fatti
che appena avesse potuto, sarebbe andato a vedere il Wiesselschebosch.
Gli domandai che cosa fosse il Wiesselschebosch. Mi rispose che era una
montagna della Gheldria, vicina al villaggio di Apeldoorn, una delle più
alte del paese. "Quanto è alta?" domandai. "Cento e quattro metri," mi
rispose.
Ma quel buon uomo doveva ben altrimenti farmi stupire.
Di lì a qualche momento mi ridomandò: "Italia?"
"Italia," ripetei.
Stette un po' pensando, e poi disse: "Fu respinta la legge
sull'istruzione obbligatoria, vero?"
Oh cospetto!--dissi tra me;--stiamo a vedere che è abbonato alla
_Gazzetta ufficiale_. In fatti, pochi giorni prima la Camera aveva
respinto il progetto di legge per l'istruzione obbligatoria.
Gli risposi quel poco che sapevo.
Dopo un po', sorrise, cercò, mi parve, una frase, e poi mi domandò:
"E Garibaldi continua....." qui fece l'atto di zappare, e poi soggiunse:
".....la sua isola?"
Un'altra! "Continua," risposi, e lo guardai con tanto d'occhi, stentando
a persuadermi che fosse un contadino, benchè non ci potesse esser
dubbio.
Stette un po' senza parlare e poi disse:
"Voi," e appuntò il dito verso di me, "avete perduto un grande poeta."
A questa uscita, poco mancò che non facessi un salto.
"Sì, Alessandro Manzoni," risposi; "ma come diamine sapete tutte queste
cose?"
Or ora, pensai, costui mi mette sul tappeto la questione dell'unità
della lingua.
"Ma ditemi un po'," gli domandai, "sapreste per caso anche la lingua
italiana?"
"No, no, no," rispose scrollando la testa e ridendo; "niente, niente."
Detto questo, continuò a ridere e ad almanaccare, e mi parve di capire
che mi preparasse qualche sorpresa. Intanto il treno si avvicinava a
Groninga. Quando fummo per entrare sotto la tettoia della stazione, il
buon uomo prese il suo involto, mi guardò di nuovo sorridendo, e
segnando le sillabe coll'indice della mano destra, mi disse in italiano,
con una pronunzia impossibile ad esprimersi, e coll'aria di chi fa una
grande rivelazione:
"Nel mezzo!"
"Nel mezzo?" gli domandai meravigliato. "Nel mezzo di che cosa?"
"Nel mez-zo del cam-min di no-stra vi-ta!" disse facendo un grande
sforzo e saltando giù dal vagone.
"Un momento!" gli gridai; "Sentite! Una parola! Come mai....."
Era scomparso.
Avete capito che razza di contadini c'è in Olanda? E dico, potrei far
sacramento che non ho aggiunto una mezza parola di mio.
GRONINGA.
La Groninga è forse di tutte le provincie dei Paesi Bassi quella che la
mano dell'uomo ha più meravigliosamente trasformata.
Nel sedicesimo secolo, una gran parte di questa provincia era ancora
disabitata. Era un paese di aspetto sinistro, coperto di sterpeti,
d'acque stagnanti, di laghi tempestosi, e inondato ogni momento dal
mare; nel quale erravano frotte di lupi e sciami innumerevoli d'uccelli
acquatici, e non si sentiva altra voce che il canto dei ranocchi e il
lamento dei daini. Tre secoli di lavoro coraggioso e paziente, smesso
più volte senza speranza e poi ripreso con maggiore ostinazione, e
condotto a fine in mezzo a ogni sorta di difficoltà e di pericoli, hanno
trasformato quella regione selvaggia e spaurevole in una terra
fertilissima, intersecata da canali, popolata di fattorie e di ville,
dove fiorisce l'agricoltura, ferve il lavoro, circola il commercio, e
brulica e si espande una popolazione agiata e civile. La Groninga, la
quale nel secolo scorso era ancora una provincia povera, che pagava allo
Stato una metà meno della Frisia e dodici volte meno dell'Olanda
propriamente detta, è ora, rispetto all'estensione del suo territorio,
una delle provincie più ricche del regno, e produce da sè sola i quattro
decimi dell'avena, dell'orzo e della colza che si raccolgono nei Paesi
Bassi.
* * * * *
La parte più florida della Groninga è la settentrionale, e lo è a tal
segno, da non potersene formare una giusta idea, se non percorrendo
quelle campagne; nè io potrei, benchè le abbia percorse, descriverle
meglio che aggiungendo le mie osservazioni e quelle che raccolsi dai
Groninghesi, alle descrizioni che ne danno l'agronomo francese Conte di
Courcy, il quale pure non fece che attraversar di volo il paese, e il
belga Delaveleye, autore d'una bell'opera sull'economia rurale della
Neerlandia, ch'ebbi già occasione di rammentare.
* * * * *
Le case dei contadini sono straordinariamente grandi, e hanno quasi
tutte due piani, e molte finestre, ornate di ricche tendine. Fra la
strada e la casa v'è un giardino piantato d'alberi esotici e coperto
d'aiuole fiorite; e accanto al giardino un orto pieno di belli alberi
fruttiferi e d'ogni sorta di legumi. Dietro la casa, s'alza un edifizio
enorme, che racchiude sotto un solo tetto altissimo, la stalla, la
scuderia, il fienile, e un grande spazio libero che può contenere il
raccolto di cento ettari. In questo edifizio si vede ogni sorta di
strumenti d'agricoltura d'Inghilterra e d'America, molti dei quali
perfezionati dagli stessi contadini; delle file lunghissime di vacche,
degli stupendi cavalli neri, e una pulizia meravigliosa in ogni parte.
La casa dei contadini, nell'interno, può reggere il confronto di
qualunque casa signorile. Vi si trovan dei mobili di legno d'America,
dei quadri, dei tappeti, il pianoforte, la biblioteca, dei giornali
politici, delle riviste mensili, le più recenti opere d'agricoltura, e
non di rado l'ultimo fascicolo della _Revue des deux mondes_. Benchè
amino il lusso e la vita agiata, questi contadini hanno conservato i
costumi semplici dei loro padri. La maggior parte di essi, possessori
d'un mezzo milioncino di lire, o di poco meno, o di molto di più, non
sdegnano di metter mano all'aratro e di dirigere in persona i lavori dei
campi. Alcuni mandano uno dei loro figliuoli all'Università, il che non
è piccolo sacrifizio, perchè si conta che uno studente costi su per giù
ai suoi parenti quattromila lire all'anno; ma la maggior parte sdegnano
come inferiori al loro stato le professioni di medico, d'avvocato,
d'insegnante, e vogliono che tutti i loro figliuoli rimangano alla
campagna. Questi contadini sono alla testa del paese, e non v'è altra
classe della popolazione che s'innalzi sopra di loro. Fra loro son
scelti quasi tutti i membri dei varii Corpi elettivi, e persino dei
deputati agli Stati Generali. Le cure della campagna non li
distolgono dal pigliare una parte operosa nella vita politica e
nell'amministrazione della cosa pubblica. Non solamente seguono il
progresso dell'arte agricola; ma anco il movimento del pensiero moderno.
Ad Haven, vicino alla città di Groninga, mantengono a proprie spese una
buonissima scuola d'agricoltura, diretta da un agronomo illustre, e
frequentata da più di cinquanta scolari. Anche i piccoli villaggi hanno
musei di storia naturale e giardini botanici, istituiti e conservati a
spese comuni da poche centinaia di contadini. Le contadine stesse, nei
giorni di mercato, vanno a visitare i musei dell'Università di Groninga,
e vi si trattengono lungamente, domandando notizie e istruendosi fra
loro. Alcuni contadini fanno di tratto in tratto un viaggio d'istruzione
nel Belgio o nell'Inghilterra. La maggior parte s'occupano di quistioni
teologiche. Molti appartengono alla sètta dei mennoniti, che sono i
quaccheri dell'Olanda. Il Delaveleye racconta che, avendo visto sulla
strada che congiunge i due bei villaggi di Usquert e di Uythuysen,
quattro bellissime fattorie, domandò a un oste a chi appartenevano, e
questi gli rispose: che appartenevano a dei mennoniti, e soggiunse:--Son
gente comoda: devono avere ciascuno almeno seicento mila lire.--Ho
inteso dire,--ripigliò il Delaveleye--che fra i membri di questa sètta
non ci sono poveri: è vero, per ciò che riguarda questo distretto?--Non
è vero,--gli rispose l'oste;--cioè, sì, a esser giusti, perchè il solo
povero che c'era, è morto pochi giorni fa, ed ora non ce n'è più.--I
costumi severi, l'amore del lavoro e la carità reciproca bandiscono la
miseria da quelle piccole comunioni religiose, nelle quali tutti si
conoscono, si sorvegliano e s'aiutano. La Groninga, insomma, è come una
specie di repubblica governata da una classe di contadini civili; un
paese vergine e nuovo, nel quale nessun castello patrizio alza la testa
sopra le case dell'agricoltore; una provincia dove ciò che la terra
produce, resta nelle mani di chi la fa produrre, e l'agiatezza e il
lavoro sono da per tutto congiunti, e l'ozio e l'opulenza da per tutto
divisi.
* * * * *
Ma non sarebbe completa la descrizione, se tralasciassi di parlare del
diritto speciale dei contadini della Groninga, chiamato _beklem-regt_,
il quale si considera come la principale cagione dello Stato
straordinariamente prospero di questa provincia.
Il _beklem-regt_ è il diritto di occupare un podere col pagamento d'una
rendita annua, che il proprietario non può mai aumentare. Questo diritto
passa agli eredi così laterali che discendenti in linea retta, e il
possessore può trasmetterlo per testamento, venderlo, affittarlo,
ipotecarlo persino, senza il consenso del proprietario delle terre.
Però, ogni volta che questo diritto passa da una mano all'altra o per
eredità o per vendita, egli deve pagare al proprietario il fitto di uno
o di due anni. Gli edifizii che son nel podere, appartengono, per lo
più, al possessore del _beklem-regt_, il quale, quando il suo diritto
si estingua, può esigere il prezzo dei materiali. Il possessore del
_beklem-regt_ paga tutte le tasse, non può cangiar la forma della
proprietà, non ne può scemare il valore. Il _beklem-regt_ è
indivisibile. Una sola persona lo può possedere, e per conseguenza uno
solo dei suoi eredi riceverlo. Però, pagando la somma stipulata per il
caso del passaggio del _beklem-regt_ da una mano all'altra, il marito
può far inscrivere sua moglie, e la moglie suo marito, e allora il
consorte superstite eredita una parte del diritto. Quando il fittaiuolo
cade in rovina, o non paga il fitto annuale, il _beklem-regt_ non si
estingue punto di primo diritto: i creditori possono farlo vendere; ma
colui che lo compera deve prima di ogni cosa pagare al proprietario
tutti i debiti arretrati.
L'origine di questo fitto ereditario è assai oscura. Nella Groninga pare
che sia cominciato nel medio evo nei poderi dei conventi. Allora, avendo
la terra pochissimo valore, i monaci accordavano facilmente ai
coltivatori la possessione d'una certa parte dei loro poderi, colla
condizione che pagassero loro ogni anno una certa somma, ed un'altra
somma ad ogni decesso. Questo contratto assicurava al convento una
rendita fissa e lo esimeva dall'occuparsi d'un podere che ordinariamente
non produceva nulla. L'esempio dei conventi fu seguito dai grandi
proprietari e dalle Corporazioni civili. Essi si riserbavano la facoltà
di congedare il fittaiuolo di dieci in dieci anni; ma non si valevano di
questa facoltà perchè, valendosene, avrebbero dovuto pagare il valore
degli edifizii stati costruiti nelle loro terre, e non avrebbero trovato
facilmente un altro fittaiuolo. Durante i torbidi del secolo
decimosesto, il diritto diventò di fatto ereditario, o almeno parecchi
bandi lo dichiararono tale. La giurisprudenza e l'uso determinarono i
varii punti che erano oggetto di contestazione; fu redatta una formola
più chiara, che venne generalmente accettata; e d'allora in poi il
_beklem-regt_ si mantenne accanto al codice civile, sempre rispettato, e
si diffuse a poco a poco in tutta la provincia di Groninga.
I vantaggi che derivano all'agricoltura da questa maniera di contratto,
sono facili a comprendersi. In virtù del _beklem-regt_, i coltivatori
hanno un interesse continuo e fortissimo di fare ogni maggiore sforzo
possibile per accrescere la produzione delle loro terre. Sicuri come
sono, di godere essi soli il frutto di tutti i miglioramenti che possono
introdurre nella coltivazione,--di non aver cioè,--come i fittaioli
ordinari,--da pagare un fitto tanto più elevato, quanto meglio riescano
ad accrescere la fertilità delle terre che coltivano,--essi tentano a
questo scopo le imprese più ardite, introducono le novazioni più ardue,
effettuano i miglioramenti più costosi. La ricompensa legittima del
lavoro è il prodotto intero e certo del lavoro stesso. Quindi il
_beklem-regt_ è un potentissimo stimolo all'opera, allo studio, al
perfezionamento.
Così un diritto bizzarro, ereditato dal medio evo, ha creato una classe
di coltivatori che godono di tutti i beneficii della proprietà, eccetto
che non ne serbano per sè tutto il prodotto netto, ciò che appunto li
disporrebbe dalla coltivazione. Invece di fittaioli continuamente
trepidanti di perdere le loro terre, avversi ad ogni innovazione
costosa, soggetti ad un padrone e sempre intesi a nascondere la
prosperità del loro stato, c'è in Groninga un popolo di usufruttuarii
liberi, dignitosi, semplici di costumi, ma avidissimi d'un'istruzione,
della quale comprendono tutti i vantaggi, e interessati a propagarla in
tutti i modi; una classe di contadini che praticano la cultura, non come
un lavoro cieco e un mestiere disdegnato; ma come una nobile
occupazione, che richiede l'esercizio delle più alte facoltà
dell'intelligenza e loro procura fortuna, importanza sociale, rispetto
pubblico; dei contadini che sono economi nel presente, prodighi per
l'avvenire, disposti ad ogni sorta di sacrifizi per fecondare i loro
terreni, ingrandire le loro case, acquistare i migliori strumenti e le
migliori razze d'animali; una popolazione rurale, infine, che è contenta
del suo stato, perchè la sua sorte non dipende che dalla sua attività e
dalla sua previdenza.
Finchè il possessore dei _beklem-regt_ coltiva le sue terre egli stesso,
il fitto ereditario non produce che buoni effetti. Cessano però questi
buoni effetti dal punto che, valendosi del suo diritto di subafittare,
egli cede ad un altro il diritto di usufruttare il podere per una data
somma, colla quale continua a pagare il proprietario. In questo caso
rinascono tutti gl'inconvenienti del sistema comune, colla differenza
che qui il coltivatore deve mantenere due categorie di oziosi invece che
una. Il subaffitto era rarissimo altre volte, poichè i prodotti della
coltivazione bastavano appena a nutrire la famiglia del possessore del
_beklem-regt_, quando questi coltivava egli stesso il podere. Ma dopo il
rincaro di tutte le derrate alimentarie, e soprattutto dopo
l'istituzione del commercio coll'Inghilterra, i guadagni sono abbastanza
considerevoli, perchè il possessore del _beklem-regt_ possa trovare un
secondo fittaiuolo disposto a pagargli un fitto superiore alla rendita
ch'egli deve fornire al proprietario; e per questo l'uso di subaffittare
comincia a diffondersi, e diffondendosi maggiormente in avvenire,
porterà delle conseguenze dannose.
Frattanto, quando si cerca quale potrà essere lo stato futuro della
società umana, si suol desiderare che avvengano queste due cose: prima,
un aumento crescente della produzione; secondo, una ripartizione della
ricchezza conforme ai principii della giustizia. Ora un fatto che la
giustizia richiede è che al lavoratore sia assicurato il godimento dei
frutti del suo lavoro e dei suoi progressi. È dunque bello e consolante
il vedere sulla riva estrema del Mare del Nord un uso antico, che
risponde in qualche modo a codesto ideale economico, e che frutta a
tutta una provincia una prosperità straordinaria ed equamente divisa.
A questa opinione del Delaveleye fu fatta, tra le altre, un'obbiezione
capitale. La straordinaria proprietà della Groninga, gli si domandò,
deriva veramente dal _beklem-regt_, da codesto affittamento ereditario,
che pure produsse altrove delle conseguenze affatto diverse, o piuttosto
dalla fertilità eccezionale di quelle terre? Il Delaveleye respinge
questo dubbio, dicendo che quella stessa straordinaria prosperità e
quello stesso perfezionamento della cultura esistono nella zona torbosa
della Groninga, che è tutt'altro che fertile; e che non si trovano,
d'altra parte, se non in grado molto inferiore, nella Frisia, dove il
terreno è di uguale natura. Se poi l'affittamento ereditario non ha
prodotto in altri paesi le medesime conseguenze che nella Groninga, gli
è perchè in quei paesi fu od è praticato diversamente, esempio alcune
provincie d'Italia, dove il _condotto di livello_, ch'è presso a poco un
_beklem-regt_, inceppa la libertà del coltivatore, coll'obbligo di dare
ogni anno al proprietario una quantità determinata di un certo prodotto.
Tutti gli economisti olandesi, conchiude, sono concordi nel riconoscere
gli eccellenti effetti di quest'uso, affermando che la Groninga deve al
_beklem-regt_ la sua ricchezza, e nei congressi agricoli che trattano
codesta quistione, prevale il desiderio che siffatta maniera di
contratto venga adottata anco nelle altre provincie.
* * * * *
Proseguendo la mia escursione a traverso la campagna groninghese,
arrivai sino alla costa del Mare, del Nord, presso l'imboccatura del
golfo di Dollart. Questo golfo non esisteva prima del tredicesimo
secolo. Il fiume Ems sboccava di punto in bianco nel mare, e la Groninga
era congiunta all'Annover. Il mare distrusse la regione torbosa, che si
stendeva fra quelle due provincie, e formò il golfo il quale dal
sedicesimo secolo si va lentamente restringendo per effetto del limo che
si accumula lungo le sue coste. Già molte dighe, costruite l'una dinanzi
all'altra, segnano le conquiste che fece la terra sul mare, e se ne
innalzano continuamente delle nuove le quali accrescono via via il
dominio agricolo della Groninga, facendo fiorire bellissimi campi d'orzo
e di colza dove pochi anni innanzi infuriavano le onde e naufragavano i
battelli dei pescatori. È bello il vedere dall'alto delle dighe che
difendono quelle coste, come s'incontrano, si confondono e si
trasformano il mare e la terra. Ai piedi della diga si stende un limo
acquoso già coperto in gran parte di erba e di pianticelle verdi; un po'
più in là, una mota rappresa, che già è terra; più oltre, un fango umido
che digrada a poco a poco in un'acqua densa e torbida; e di là da
questa, dei banchi di sabbia, alcuni dei quali si sollevano in modo da
formare delle dune e delle isolette. In una di queste isole, chiamata
Rottum, abitava, anni sono, una famiglia, che viveva della caccia delle
foche; delle altre si raccontano cose strane, come di romiti misteriosi,
di apparizioni, di mostri. Gli stagni d'acqua limosa che si stendono ai
punto premura di arrivare. Le corse di questi cavalli, che si chiamano
le _harddraveryen_, sono uno spettacolo antico e caratteristico della
Frisia. In tutte le piccole città si prepara un'arena divisa in due vie
parallele e diritte, sulle quali i cavalli corrono successivamente a due
a due, e poi lottano fra loro i vincitori di ciascuna corsa fin che uno
li abbia vinti tutti, e questo ottiene il premio. Il popolo accorre in
gran folla a questo spettacolo, e l'accompagna con applausi e grida
festose, come alle gare dei patinatori.
Arrivando a Leuwarde ebbi il più bello e più inaspettato incontro che
potessi immaginare: un corteo nuziale di contadini. Erano più di trenta
carrozze, tutte colla cassa della forma d'una conchiglia, altissime,
coperte di dorature e di fiorami dipinti, e tirate da robusti cavalli
neri, su ciascuna delle quali stava seduto un contadino vestito in gala,
e una donnina rosea col casco d'oro e il velo bianco. I cavalli andavano
di gran trotto, le donne, strette al braccio dei loro compagni,
gettavano confetti ai ragazzi della via, le trine sventolavano, i caschi
mandavan lampi. Il corteo s'allontanò e disparve come una cavalcata
fantastica in mezzo a un frastuono di risa, di schiocchi e di voci
festose.
* * * * *
La sera, a Leuwarde, mi divertii a veder passare dinanzi alla porta
dell'albergo le donne e le ragazze dalla testa luccicante, come un
generale ispettore alla così detta rassegna annuale, quando i soldati
sfilano uno per uno con armi e bagaglio. A un certo punto però,
osservando che andavan tutte dalla stessa parte, seguii la corrente e
riuscii in una vasta piazza, dove suonava una banda musicale, in mezzo a
una gran folla, davanti a un edifizio con tutte le finestre illuminate,
alle quali s'affacciavano di tratto in tratto dei signori in cravatta
bianca, che dovevano essere là per un pranzo ufficiale. Benchè
piovigginasse, la gente rimaneva immobile, e le donne essendo tutte in
prima fila, formavano intorno alla banda un gran cerchio di caschi, che
da lontano, al lume dei fanali e a traverso il velo della nebbia, pareva
davvero una schiera di corazzieri a piedi, che tenesse indietro la
folla. Mentre la banda suonava, una ventina di soldati di fanteria,
raggruppati in un angolo della piazza, l'accompagnavano col canto,
agitando il berretto e saltellando ora sur una gamba ora sull'altra
cogli atteggiamenti grotteschi degli ubbriachi dello Steen e del
Brouwer. La folla li guardava, e m'immagino che lo spettacolo le paresse
straordinariamente bello e dilettevole, perchè rideva dai precordi, si
alzava in punta di piedi, accennava, esclamava, applaudiva. Io mi fermai
a osservare qualche bel viso di Frisona, che quando si vedeva guardata,
mi vibrava uno sguardo pieno di orgoglio guerresco, e poi me n'andai a
far conversazione con un libraio, cosa gradevolissima in Olanda, dove i
librai sono generalmente molto colti e molto cortesi.
* * * * *
La notte, all'albergo, non potei quasi chiuder occhio per cagione d'uno
scellerato pianista di campanile, il quale, forse perchè soffriva
d'insonnia, si prese il barbaro piacere di dare alla città addormentata
un saggio di tutte le opere del Rossini e di tutte le canzoni popolari
dei Paesi Bassi. Non ho ancora parlato del meccanismo di questi
organetti aerei, ed ecco com'è congegnato. L'orologio del campanile
mette in movimento un piolo, il quale alla sua volta fa girare una ruota
e un cilindro munito di cavicchi, simile a quello d'un organo di
Barberia. A questi cavicchi, disposti nell'ordine voluto dalla melodia,
sono attaccati dei fili di ferro i quali sollevano i battagli delle
campane e i martelli che le percuotono. Quando suonan le ore, risponde
un'arietta determinata; ma togliendo il cilindro, si possono suonare
tutte le arie che si vuole, per mezzo di molle mosse da due tastiere,
una delle quali si preme colle mani e l'altra coi piedi. Il suonare in
questa maniera richiede una forza e uno sforzo considerevole, poichè
alcuni dei tasti vogliono una pressione equivalente al peso di due
libbre; eppure, è tale il piacere che i campanari trovano in questa
musica, e che suppongono ci trovino anche gli altri, che suonano per ore
intere con un vigore e una passione degna veramente di più grata
armonia. Io non saprei dire se quel campanaro di Leuwarde suonasse bene;
ma son certo che doveva avere dei muscoli erculei e una spaventosa
passione per il Rossini. Dopo avermi addormentato col _Barbiere_, mi
svegliò colla _Semiramide_, poi mi riaddormentò coll'_Otello_, poi mi
fece riaprir gli occhi col _Mosè_, e così di seguito. Era una gara fra
noi due, egli a vibrarmi delle note e io a scagliargli delle
maledizioni. Cessammo tutti due insieme a un'ora molto avanzata della
notte, e non so, se avessimo fatto il conto, quale dei due sarebbe
rimasto creditore. La mattina mi lamentai col cameriere, un olandese
flemmatico, a cui credo che nessun rumore del cielo o della terra aveva
mai turbato la dolcezza del sonno. "Ma sapete" gli dissi, "che questa
vostra musica dei campanili è molto importuna?"--"Come," mi rispose
innocentemente, "non ha osservato che ci sono tutte le ottave coi tuoni
e coi semi-tuoni?"--"Proprio?" gli dissi coi denti stretti. "Allora il
caso è diverso: scusate."
La mattina per tempo partii per Groninga, recando con me, malgrado la
persecuzione della musica, un caro ricordo di Leuwarde e delle poche
persone che ci avevo conosciute, amareggiato però da un rammarico che mi
dura ancora: quello di non aver visto scivolare sul ghiaccio le belle,
ardite e severe figlie del Nord, che passano, come dice Alfonso
Esquiroz, avvolte in una nuvola e coronate d'un nembo d'oro e di trine,
simili a figure fantastiche intravvedute sognando.
* * * * *
La pianura olandese, che veduta la prima volta, desta un senso vago e
gradevole di malinconia, e presenta nella sua uniformità mille aspetti
nuovi e mirabili, che divagano l'immaginazione, finisce però col
generare stanchezza e noia anche in chi sia per natura meglio inclinato
a comprendere e a godere la sua maniera particolare di bellezza. Vien
sempre un giorno, in cui lo straniero che viaggia in Olanda, sente
improvvisamente un desiderio irresistibile di altezze che gli facciano
sollevare gli occhi e il pensiero; di curve su cui lo sguardo possa
salire, precipitare, aggirarsi; di forme che l'immaginazione possa
animare con quelle vaghe e meravigliose rassomiglianze di dorsi di
leoni, di fianchi di donne, di profili di visi e d'edifizi, che
presentano i poggi, i monti, le rupi del suo paese. La mente e gli occhi
sono sazi di spaziare e di smarrirsi per quel mare sconfinato di
verzura: hanno bisogno di cime, d'abissi, d'ombre, di azzurro, di sole.
Allora si è veduto abbastanza l'Olanda e si pensa alla patria con amore
impaziente.
Provai per la prima volta questo sentimento andando da Leuwarde a
Groninga, capitale della provincia del medesimo nome. Uggito di vedere,
a traverso la nebbia, praterie dopo praterie e canali dopo canali, mi
raggomitolai in un cantuccio del vagone e mi diedi a pensare ai poggi
della Toscana e alle colline delle sponde del Reno, nello stesso modo
che maestro Adamo di Dante pensava ai ruscelletti del Casentino. A una
piccola stazione posta a mezza strada fra le due città, salì nel vagone
un uomo che mi parve a primo aspetto, ed era infatti un contadino,
biondo, corpacciuto, color di cacio fradicio, come dice il Taine dei
contadini olandesi, vestito pulitissimo, con una gran ciarpa di lana
intorno al collo e una grossa catena d'oro al panciotto. Mi diede
un'occhiata benevola e mi sedette davanti. Il treno ripartì. Io
continuavo a pensare alle mie colline, e di tratto in tratto mi voltavo
a guardar la campagna colla speranza di qualche cangiamento di
paesaggio, e vedendo sempre pianura, facevo, senz'accorgermene, un atto
che voleva dire che ero ristucco. Il contadino guardò per qualche tempo
ora me ed ora la campagna; poi sorrise, e pronunziando le parole con
grande sforzo, mi disse in francese:
"Noioso..... non è vero?"
Gli risposi in fretta di no, che non m'annoiavo punto, che anzi la
campagna olandese mi piaceva.
"Eh no....." riprese sorridendo, "noioso: tutto piano," e accennava con
tutt'e due le mani; "non c'è montagne."
Dopo qualche momento, impiegato a tradurre mentalmente il suo pensiero,
mi domandò, accennandomi col dito: "Di che paese?"
"D'Italia," risposi.
"Italia," ripetè sorridendo. "Ci son molte montagne?"
"Moltissime," risposi, "da coprirne tutti i Paesi Bassi."
"Io," soggiunse, accennando sè stesso, "non ho mai visto una montagna in
vita; non so che sia; nemmeno le colline della Gheldria."
Un contadino che parlava francese per me era già una cosa straordinaria;
ma un uomo che non aveva mai visto nè una montagna nè una collina, mi
pareva una creatura favolosa. Perciò lo interrogai, e gli cavai di bocca
delle cose assai strane.
Egli non era mai stato più lontano che ad Amsterdam, non aveva mai
veduto neanco la Gheldria, che è la sola provincia montuosa della
Neerlandia; e perciò non aveva idea di che cosa fosse una montagna, se
non per le immagini che ne aveva viste nei quadri e nei libri. Le più
grandi altezze a cui si fossero mai sollevati i suoi occhi erano le
punte dei campanili e le cime delle dune. E quello ch'era di lui, è di
migliaia d'Olandesi, i quali dicono:--Vedrei volentieri un monte,--come
noi diremmo:--Vedrei volentieri le piramidi d'Egitto.--Mi disse in fatti
che appena avesse potuto, sarebbe andato a vedere il Wiesselschebosch.
Gli domandai che cosa fosse il Wiesselschebosch. Mi rispose che era una
montagna della Gheldria, vicina al villaggio di Apeldoorn, una delle più
alte del paese. "Quanto è alta?" domandai. "Cento e quattro metri," mi
rispose.
Ma quel buon uomo doveva ben altrimenti farmi stupire.
Di lì a qualche momento mi ridomandò: "Italia?"
"Italia," ripetei.
Stette un po' pensando, e poi disse: "Fu respinta la legge
sull'istruzione obbligatoria, vero?"
Oh cospetto!--dissi tra me;--stiamo a vedere che è abbonato alla
_Gazzetta ufficiale_. In fatti, pochi giorni prima la Camera aveva
respinto il progetto di legge per l'istruzione obbligatoria.
Gli risposi quel poco che sapevo.
Dopo un po', sorrise, cercò, mi parve, una frase, e poi mi domandò:
"E Garibaldi continua....." qui fece l'atto di zappare, e poi soggiunse:
".....la sua isola?"
Un'altra! "Continua," risposi, e lo guardai con tanto d'occhi, stentando
a persuadermi che fosse un contadino, benchè non ci potesse esser
dubbio.
Stette un po' senza parlare e poi disse:
"Voi," e appuntò il dito verso di me, "avete perduto un grande poeta."
A questa uscita, poco mancò che non facessi un salto.
"Sì, Alessandro Manzoni," risposi; "ma come diamine sapete tutte queste
cose?"
Or ora, pensai, costui mi mette sul tappeto la questione dell'unità
della lingua.
"Ma ditemi un po'," gli domandai, "sapreste per caso anche la lingua
italiana?"
"No, no, no," rispose scrollando la testa e ridendo; "niente, niente."
Detto questo, continuò a ridere e ad almanaccare, e mi parve di capire
che mi preparasse qualche sorpresa. Intanto il treno si avvicinava a
Groninga. Quando fummo per entrare sotto la tettoia della stazione, il
buon uomo prese il suo involto, mi guardò di nuovo sorridendo, e
segnando le sillabe coll'indice della mano destra, mi disse in italiano,
con una pronunzia impossibile ad esprimersi, e coll'aria di chi fa una
grande rivelazione:
"Nel mezzo!"
"Nel mezzo?" gli domandai meravigliato. "Nel mezzo di che cosa?"
"Nel mez-zo del cam-min di no-stra vi-ta!" disse facendo un grande
sforzo e saltando giù dal vagone.
"Un momento!" gli gridai; "Sentite! Una parola! Come mai....."
Era scomparso.
Avete capito che razza di contadini c'è in Olanda? E dico, potrei far
sacramento che non ho aggiunto una mezza parola di mio.
GRONINGA.
La Groninga è forse di tutte le provincie dei Paesi Bassi quella che la
mano dell'uomo ha più meravigliosamente trasformata.
Nel sedicesimo secolo, una gran parte di questa provincia era ancora
disabitata. Era un paese di aspetto sinistro, coperto di sterpeti,
d'acque stagnanti, di laghi tempestosi, e inondato ogni momento dal
mare; nel quale erravano frotte di lupi e sciami innumerevoli d'uccelli
acquatici, e non si sentiva altra voce che il canto dei ranocchi e il
lamento dei daini. Tre secoli di lavoro coraggioso e paziente, smesso
più volte senza speranza e poi ripreso con maggiore ostinazione, e
condotto a fine in mezzo a ogni sorta di difficoltà e di pericoli, hanno
trasformato quella regione selvaggia e spaurevole in una terra
fertilissima, intersecata da canali, popolata di fattorie e di ville,
dove fiorisce l'agricoltura, ferve il lavoro, circola il commercio, e
brulica e si espande una popolazione agiata e civile. La Groninga, la
quale nel secolo scorso era ancora una provincia povera, che pagava allo
Stato una metà meno della Frisia e dodici volte meno dell'Olanda
propriamente detta, è ora, rispetto all'estensione del suo territorio,
una delle provincie più ricche del regno, e produce da sè sola i quattro
decimi dell'avena, dell'orzo e della colza che si raccolgono nei Paesi
Bassi.
* * * * *
La parte più florida della Groninga è la settentrionale, e lo è a tal
segno, da non potersene formare una giusta idea, se non percorrendo
quelle campagne; nè io potrei, benchè le abbia percorse, descriverle
meglio che aggiungendo le mie osservazioni e quelle che raccolsi dai
Groninghesi, alle descrizioni che ne danno l'agronomo francese Conte di
Courcy, il quale pure non fece che attraversar di volo il paese, e il
belga Delaveleye, autore d'una bell'opera sull'economia rurale della
Neerlandia, ch'ebbi già occasione di rammentare.
* * * * *
Le case dei contadini sono straordinariamente grandi, e hanno quasi
tutte due piani, e molte finestre, ornate di ricche tendine. Fra la
strada e la casa v'è un giardino piantato d'alberi esotici e coperto
d'aiuole fiorite; e accanto al giardino un orto pieno di belli alberi
fruttiferi e d'ogni sorta di legumi. Dietro la casa, s'alza un edifizio
enorme, che racchiude sotto un solo tetto altissimo, la stalla, la
scuderia, il fienile, e un grande spazio libero che può contenere il
raccolto di cento ettari. In questo edifizio si vede ogni sorta di
strumenti d'agricoltura d'Inghilterra e d'America, molti dei quali
perfezionati dagli stessi contadini; delle file lunghissime di vacche,
degli stupendi cavalli neri, e una pulizia meravigliosa in ogni parte.
La casa dei contadini, nell'interno, può reggere il confronto di
qualunque casa signorile. Vi si trovan dei mobili di legno d'America,
dei quadri, dei tappeti, il pianoforte, la biblioteca, dei giornali
politici, delle riviste mensili, le più recenti opere d'agricoltura, e
non di rado l'ultimo fascicolo della _Revue des deux mondes_. Benchè
amino il lusso e la vita agiata, questi contadini hanno conservato i
costumi semplici dei loro padri. La maggior parte di essi, possessori
d'un mezzo milioncino di lire, o di poco meno, o di molto di più, non
sdegnano di metter mano all'aratro e di dirigere in persona i lavori dei
campi. Alcuni mandano uno dei loro figliuoli all'Università, il che non
è piccolo sacrifizio, perchè si conta che uno studente costi su per giù
ai suoi parenti quattromila lire all'anno; ma la maggior parte sdegnano
come inferiori al loro stato le professioni di medico, d'avvocato,
d'insegnante, e vogliono che tutti i loro figliuoli rimangano alla
campagna. Questi contadini sono alla testa del paese, e non v'è altra
classe della popolazione che s'innalzi sopra di loro. Fra loro son
scelti quasi tutti i membri dei varii Corpi elettivi, e persino dei
deputati agli Stati Generali. Le cure della campagna non li
distolgono dal pigliare una parte operosa nella vita politica e
nell'amministrazione della cosa pubblica. Non solamente seguono il
progresso dell'arte agricola; ma anco il movimento del pensiero moderno.
Ad Haven, vicino alla città di Groninga, mantengono a proprie spese una
buonissima scuola d'agricoltura, diretta da un agronomo illustre, e
frequentata da più di cinquanta scolari. Anche i piccoli villaggi hanno
musei di storia naturale e giardini botanici, istituiti e conservati a
spese comuni da poche centinaia di contadini. Le contadine stesse, nei
giorni di mercato, vanno a visitare i musei dell'Università di Groninga,
e vi si trattengono lungamente, domandando notizie e istruendosi fra
loro. Alcuni contadini fanno di tratto in tratto un viaggio d'istruzione
nel Belgio o nell'Inghilterra. La maggior parte s'occupano di quistioni
teologiche. Molti appartengono alla sètta dei mennoniti, che sono i
quaccheri dell'Olanda. Il Delaveleye racconta che, avendo visto sulla
strada che congiunge i due bei villaggi di Usquert e di Uythuysen,
quattro bellissime fattorie, domandò a un oste a chi appartenevano, e
questi gli rispose: che appartenevano a dei mennoniti, e soggiunse:--Son
gente comoda: devono avere ciascuno almeno seicento mila lire.--Ho
inteso dire,--ripigliò il Delaveleye--che fra i membri di questa sètta
non ci sono poveri: è vero, per ciò che riguarda questo distretto?--Non
è vero,--gli rispose l'oste;--cioè, sì, a esser giusti, perchè il solo
povero che c'era, è morto pochi giorni fa, ed ora non ce n'è più.--I
costumi severi, l'amore del lavoro e la carità reciproca bandiscono la
miseria da quelle piccole comunioni religiose, nelle quali tutti si
conoscono, si sorvegliano e s'aiutano. La Groninga, insomma, è come una
specie di repubblica governata da una classe di contadini civili; un
paese vergine e nuovo, nel quale nessun castello patrizio alza la testa
sopra le case dell'agricoltore; una provincia dove ciò che la terra
produce, resta nelle mani di chi la fa produrre, e l'agiatezza e il
lavoro sono da per tutto congiunti, e l'ozio e l'opulenza da per tutto
divisi.
* * * * *
Ma non sarebbe completa la descrizione, se tralasciassi di parlare del
diritto speciale dei contadini della Groninga, chiamato _beklem-regt_,
il quale si considera come la principale cagione dello Stato
straordinariamente prospero di questa provincia.
Il _beklem-regt_ è il diritto di occupare un podere col pagamento d'una
rendita annua, che il proprietario non può mai aumentare. Questo diritto
passa agli eredi così laterali che discendenti in linea retta, e il
possessore può trasmetterlo per testamento, venderlo, affittarlo,
ipotecarlo persino, senza il consenso del proprietario delle terre.
Però, ogni volta che questo diritto passa da una mano all'altra o per
eredità o per vendita, egli deve pagare al proprietario il fitto di uno
o di due anni. Gli edifizii che son nel podere, appartengono, per lo
più, al possessore del _beklem-regt_, il quale, quando il suo diritto
si estingua, può esigere il prezzo dei materiali. Il possessore del
_beklem-regt_ paga tutte le tasse, non può cangiar la forma della
proprietà, non ne può scemare il valore. Il _beklem-regt_ è
indivisibile. Una sola persona lo può possedere, e per conseguenza uno
solo dei suoi eredi riceverlo. Però, pagando la somma stipulata per il
caso del passaggio del _beklem-regt_ da una mano all'altra, il marito
può far inscrivere sua moglie, e la moglie suo marito, e allora il
consorte superstite eredita una parte del diritto. Quando il fittaiuolo
cade in rovina, o non paga il fitto annuale, il _beklem-regt_ non si
estingue punto di primo diritto: i creditori possono farlo vendere; ma
colui che lo compera deve prima di ogni cosa pagare al proprietario
tutti i debiti arretrati.
L'origine di questo fitto ereditario è assai oscura. Nella Groninga pare
che sia cominciato nel medio evo nei poderi dei conventi. Allora, avendo
la terra pochissimo valore, i monaci accordavano facilmente ai
coltivatori la possessione d'una certa parte dei loro poderi, colla
condizione che pagassero loro ogni anno una certa somma, ed un'altra
somma ad ogni decesso. Questo contratto assicurava al convento una
rendita fissa e lo esimeva dall'occuparsi d'un podere che ordinariamente
non produceva nulla. L'esempio dei conventi fu seguito dai grandi
proprietari e dalle Corporazioni civili. Essi si riserbavano la facoltà
di congedare il fittaiuolo di dieci in dieci anni; ma non si valevano di
questa facoltà perchè, valendosene, avrebbero dovuto pagare il valore
degli edifizii stati costruiti nelle loro terre, e non avrebbero trovato
facilmente un altro fittaiuolo. Durante i torbidi del secolo
decimosesto, il diritto diventò di fatto ereditario, o almeno parecchi
bandi lo dichiararono tale. La giurisprudenza e l'uso determinarono i
varii punti che erano oggetto di contestazione; fu redatta una formola
più chiara, che venne generalmente accettata; e d'allora in poi il
_beklem-regt_ si mantenne accanto al codice civile, sempre rispettato, e
si diffuse a poco a poco in tutta la provincia di Groninga.
I vantaggi che derivano all'agricoltura da questa maniera di contratto,
sono facili a comprendersi. In virtù del _beklem-regt_, i coltivatori
hanno un interesse continuo e fortissimo di fare ogni maggiore sforzo
possibile per accrescere la produzione delle loro terre. Sicuri come
sono, di godere essi soli il frutto di tutti i miglioramenti che possono
introdurre nella coltivazione,--di non aver cioè,--come i fittaioli
ordinari,--da pagare un fitto tanto più elevato, quanto meglio riescano
ad accrescere la fertilità delle terre che coltivano,--essi tentano a
questo scopo le imprese più ardite, introducono le novazioni più ardue,
effettuano i miglioramenti più costosi. La ricompensa legittima del
lavoro è il prodotto intero e certo del lavoro stesso. Quindi il
_beklem-regt_ è un potentissimo stimolo all'opera, allo studio, al
perfezionamento.
Così un diritto bizzarro, ereditato dal medio evo, ha creato una classe
di coltivatori che godono di tutti i beneficii della proprietà, eccetto
che non ne serbano per sè tutto il prodotto netto, ciò che appunto li
disporrebbe dalla coltivazione. Invece di fittaioli continuamente
trepidanti di perdere le loro terre, avversi ad ogni innovazione
costosa, soggetti ad un padrone e sempre intesi a nascondere la
prosperità del loro stato, c'è in Groninga un popolo di usufruttuarii
liberi, dignitosi, semplici di costumi, ma avidissimi d'un'istruzione,
della quale comprendono tutti i vantaggi, e interessati a propagarla in
tutti i modi; una classe di contadini che praticano la cultura, non come
un lavoro cieco e un mestiere disdegnato; ma come una nobile
occupazione, che richiede l'esercizio delle più alte facoltà
dell'intelligenza e loro procura fortuna, importanza sociale, rispetto
pubblico; dei contadini che sono economi nel presente, prodighi per
l'avvenire, disposti ad ogni sorta di sacrifizi per fecondare i loro
terreni, ingrandire le loro case, acquistare i migliori strumenti e le
migliori razze d'animali; una popolazione rurale, infine, che è contenta
del suo stato, perchè la sua sorte non dipende che dalla sua attività e
dalla sua previdenza.
Finchè il possessore dei _beklem-regt_ coltiva le sue terre egli stesso,
il fitto ereditario non produce che buoni effetti. Cessano però questi
buoni effetti dal punto che, valendosi del suo diritto di subafittare,
egli cede ad un altro il diritto di usufruttare il podere per una data
somma, colla quale continua a pagare il proprietario. In questo caso
rinascono tutti gl'inconvenienti del sistema comune, colla differenza
che qui il coltivatore deve mantenere due categorie di oziosi invece che
una. Il subaffitto era rarissimo altre volte, poichè i prodotti della
coltivazione bastavano appena a nutrire la famiglia del possessore del
_beklem-regt_, quando questi coltivava egli stesso il podere. Ma dopo il
rincaro di tutte le derrate alimentarie, e soprattutto dopo
l'istituzione del commercio coll'Inghilterra, i guadagni sono abbastanza
considerevoli, perchè il possessore del _beklem-regt_ possa trovare un
secondo fittaiuolo disposto a pagargli un fitto superiore alla rendita
ch'egli deve fornire al proprietario; e per questo l'uso di subaffittare
comincia a diffondersi, e diffondendosi maggiormente in avvenire,
porterà delle conseguenze dannose.
Frattanto, quando si cerca quale potrà essere lo stato futuro della
società umana, si suol desiderare che avvengano queste due cose: prima,
un aumento crescente della produzione; secondo, una ripartizione della
ricchezza conforme ai principii della giustizia. Ora un fatto che la
giustizia richiede è che al lavoratore sia assicurato il godimento dei
frutti del suo lavoro e dei suoi progressi. È dunque bello e consolante
il vedere sulla riva estrema del Mare del Nord un uso antico, che
risponde in qualche modo a codesto ideale economico, e che frutta a
tutta una provincia una prosperità straordinaria ed equamente divisa.
A questa opinione del Delaveleye fu fatta, tra le altre, un'obbiezione
capitale. La straordinaria proprietà della Groninga, gli si domandò,
deriva veramente dal _beklem-regt_, da codesto affittamento ereditario,
che pure produsse altrove delle conseguenze affatto diverse, o piuttosto
dalla fertilità eccezionale di quelle terre? Il Delaveleye respinge
questo dubbio, dicendo che quella stessa straordinaria prosperità e
quello stesso perfezionamento della cultura esistono nella zona torbosa
della Groninga, che è tutt'altro che fertile; e che non si trovano,
d'altra parte, se non in grado molto inferiore, nella Frisia, dove il
terreno è di uguale natura. Se poi l'affittamento ereditario non ha
prodotto in altri paesi le medesime conseguenze che nella Groninga, gli
è perchè in quei paesi fu od è praticato diversamente, esempio alcune
provincie d'Italia, dove il _condotto di livello_, ch'è presso a poco un
_beklem-regt_, inceppa la libertà del coltivatore, coll'obbligo di dare
ogni anno al proprietario una quantità determinata di un certo prodotto.
Tutti gli economisti olandesi, conchiude, sono concordi nel riconoscere
gli eccellenti effetti di quest'uso, affermando che la Groninga deve al
_beklem-regt_ la sua ricchezza, e nei congressi agricoli che trattano
codesta quistione, prevale il desiderio che siffatta maniera di
contratto venga adottata anco nelle altre provincie.
* * * * *
Proseguendo la mia escursione a traverso la campagna groninghese,
arrivai sino alla costa del Mare, del Nord, presso l'imboccatura del
golfo di Dollart. Questo golfo non esisteva prima del tredicesimo
secolo. Il fiume Ems sboccava di punto in bianco nel mare, e la Groninga
era congiunta all'Annover. Il mare distrusse la regione torbosa, che si
stendeva fra quelle due provincie, e formò il golfo il quale dal
sedicesimo secolo si va lentamente restringendo per effetto del limo che
si accumula lungo le sue coste. Già molte dighe, costruite l'una dinanzi
all'altra, segnano le conquiste che fece la terra sul mare, e se ne
innalzano continuamente delle nuove le quali accrescono via via il
dominio agricolo della Groninga, facendo fiorire bellissimi campi d'orzo
e di colza dove pochi anni innanzi infuriavano le onde e naufragavano i
battelli dei pescatori. È bello il vedere dall'alto delle dighe che
difendono quelle coste, come s'incontrano, si confondono e si
trasformano il mare e la terra. Ai piedi della diga si stende un limo
acquoso già coperto in gran parte di erba e di pianticelle verdi; un po'
più in là, una mota rappresa, che già è terra; più oltre, un fango umido
che digrada a poco a poco in un'acqua densa e torbida; e di là da
questa, dei banchi di sabbia, alcuni dei quali si sollevano in modo da
formare delle dune e delle isolette. In una di queste isole, chiamata
Rottum, abitava, anni sono, una famiglia, che viveva della caccia delle
foche; delle altre si raccontano cose strane, come di romiti misteriosi,
di apparizioni, di mostri. Gli stagni d'acqua limosa che si stendono ai