Olanda - 01
OLANDA.
OLANDA
DI
EDMONDO DE AMICIS.
Terza edizione.
FIRENZE,
G. BARBÈRA, EDITORE.
1876.
Quest'opera, della quale ho acquistato la proprietà, è stata depositata
al Ministero d'Agricoltura e Commercio per godere i diritti accordati
dalla legge sulla proprietà letteraria.
G. BARBÈRA.
A
PIETRO GROLIER.
L'OLANDA.
Chi guarda per la prima volta una grande carta dell'Olanda, si
meraviglia che un paese così fatto possa esistere. A primo aspetto, non
si saprebbe dire se ci sia più terra o più acqua, se l'Olanda appartenga
più al continente che al mare. Al vedere quelle coste rotte e compresse,
quei golfi profondi, quei grandi fiumi che, perduto l'aspetto di fiumi,
par che portino al mare nuovi mari; e quel mare che, quasi cangiandosi
in fiume, penetra nelle terre e le rompe in arcipelaghi; i laghi, le
vaste paludi, i canali che s'incrociano in ogni parte, pare che un paese
così screpolato debba da un momento all'altro disgregarsi e sparire. Si
direbbe che non possa essere abitato che da castori e da foche, e si
pensa che gli abitanti, poichè c'è gente tanto ardita da starvi, non ci
debbano dormire coll'anima in pace.
Pensai queste cose la prima volta che guardai una grande carta
dell'Olanda, e mi venne il desiderio di sapere qualche cosa intorno
alla formazione di questo singolare paese; e siccome quello che ne seppi
mi determinò a fare il libro, lo scrivo qui, colla speranza che possa
determinare altri a leggerlo.
Di un paese che non si conosce, si suol fare a chi lo vide questa
domanda:--Che paese è?
Che paese sia l'Olanda l'hanno detto molti in poche parole.
Napoleone disse ch'è un'alluvione di fiumi francesi,--il Reno, la
Schelda e la Mosa,--e con questo pretesto l'aggregò all'Impero. Uno
scrittore la definì una sorta di transazione fra la terra e il mare. Un
altro, un'immensa crosta di terra che galleggia sulle acque. Altri, un
annesso del vecchio continente, la China dell'Europa, la fine della
terra e il principio dell'oceano, una smisurata zattera di fango e di
sabbia; e Filippo II--il paese più vicino all'inferno.
Ma sur un concetto furon tutti d'accordo, e lo espressero tutti colle
stesse parole:--L'Olanda è una conquista dell'uomo sul mare,--è un paese
artificiale,--lo fecero gli Olandesi,--esiste perchè gli Olandesi lo
conservano,--sparirebbe se gli Olandesi lo abbandonassero.
Per rendersi ragione di questa verità, bisogna raffigurarsi l'Olanda
com'era quando andarono ad abitarla le prime tribù germaniche che
erravano in cerca di una patria.
L'Olanda era un paese quasi inabitabile. Eran vasti laghi tempestosi,
come mari che si toccavano l'un l'altro; paludi accanto a paludi;
sterpeti dietro sterpeti; immense foreste di pini, di quercie e
d'ontani, percorse da stormi di cavalli indomiti, nelle quali, come dice
la tradizione, si sarebbe potuto far delle leghe passando d'albero in
albero senza toccare la terra. Le baie profonde portavano fin nel cuore
del paese la furia delle tempeste boreali. Alcune provincie sparivano
una volta all'anno sotto le acque del mare, ed erano pianure fangose, nè
terra nè acqua, sulle quali non si poteva nè camminare nè navigare. I
grandi fiumi che non avevano inclinazione bastante per discendere al
mare erravano qua e là come incerti della via da seguire e
s'addormentavano in grandi stagni fra le sabbie della costa. Era un
paese sinistro, corso da venti furiosi, flagellato da pioggie ostinate,
velato da una nebbia perpetua, nel quale non s'udiva che il muggito
delle onde e le voci delle fiere e degli uccelli marini. I primi popoli
che ebbero il coraggio di piantarvi le tende, dovettero innalzare colle
proprie mani dei monticciuoli di terra per salvarsi dagli straripamenti
dei fiumi e dalle invasioni dell'oceano, e vivere su quelle alture come
naufraghi su isole solitarie, scendendo al ritirarsi delle acque per
cercare un nutrimento nella pesca e nella caccia, e raccogliere le uova
deposte dagli uccelli marini sulle sabbie. Cesare, passando, nominò pel
primo quei popoli. Gli altri storici latini parlarono con pietoso
rispetto di que' barbari intrepidi che vivevano su «terre galleggianti»
esposti alle intemperie d'un cielo spietato e alle collere del
misterioso mare del Nord; e l'immaginazione si compiace a raffigurarsi i
soldati romani che dall'alto delle estreme cittadelle dell'impero
percosse dalle onde, contemplavano con tristezza e con meraviglia le
tribù erranti per quelle terre desolate come una razza maledetta dal
cielo.
Ora, se si pensa che una tal regione è diventata uno dei più fertili,
dei più ricchi e dei meglio ordinati paesi del mondo, si capisce come
sia giusto il dire che l'Olanda è una conquista dell'uomo.
Ma bisogna aggiungere: è una conquista continua.
A spiegare questo fatto, a mostrare come l'esistenza dell'Olanda,
malgrado le grandi opere di difesa che gli abitanti vi costrussero,
richieda ancora una lotta incessante e piena di pericoli, basta
rammentare di volo alcune fra le vicende principali della sua storia
fisica, a partir dal tempo in cui gli abitanti l'avevano già ridotta una
terra abitabile.
Le tradizioni parlano già di una grande inondazione della Frisia nel
sesto secolo. D'allora in poi, ogni golfo, ogni isola, e si può dir
quasi ogni città dell'Olanda ricorda una catastrofe. Da tredici secoli
si conta che vi sia seguita una grande inondazione ogni sette anni,
oltre le piccole; e perchè il paese è tutto pianura, queste inondazioni
furon veri diluvii. Verso la fine del tredicesimo secolo il mare disfece
una parte d'una fertile penisola vicino alle foci dell'Ems e distrusse
più di trenta villaggi. Nel corso del medesimo secolo, una serie
d'inondazioni marine aprirono un immenso varco nell'Olanda
settentrionale, e formarono il Golfo di Zuiderzee, dando la morte a
quasi ottantamila persone. Nel 1421 una burrasca fece straripare la
Mosa, che seppellì sotto le sue acque, in una notte, settantadue
villaggi e centomila abitanti. Nel 1532 il mare ruppe le dighe della
Zelanda, distrusse centinaia di villaggi e coprì per sempre un vasto
tratto di paese. Nel 1570 una tempesta produsse un'altra inondazione
nella Zelanda e nella provincia d'Utrecht, Amsterdam fu invasa dalle
acque, in Frisia annegarono ventimila persone. Altre grandi inondazioni
avvennero nel secolo diciassettesimo, due spaventose sul principio e
sulla fine del decimottavo, una nel 1825 che desolò la Nord-Olanda, la
Frisia, l'Over-Yssel e la Gheldria, un'altra grande nel 1855 del Reno,
che invase la Gheldria e la provincia d'Utrecht, e coperse gran parte
del Brabante settentrionale. Oltre a queste grandi catastrofi, ne
seguirono, nei varii secoli, altre innumerevoli, che sarebbero famose in
altri paesi, e che in Olanda appena si ricordano, come le inondazioni
del grande lago di Haarlem, prodotto esso medesimo da un'inondazione del
mare; città fiorenti del Golfo di Zuiderzee sparite sotto le acque; le
isole della Zelanda a volta a volta coperte dal mare e rilasciate; i
villaggi della costa, da Helder fino alle foci della Mosa, di tempo in
tempo invasi e rovinati; e in tutte queste inondazioni, eccidii immensi
d'uomini e d'animali. Si capisce che miracoli di coraggio, di costanza,
d'industria, abbia dovuto fare il popolo Olandese per creare prima, e
poi per conservare un simile paese.
Il nemico al quale gli Olandesi dovettero strappare le loro terre, era
triplice: il mare, i fiumi, i laghi; gli Olandesi disseccarono i laghi,
respinsero il mare e imprigionarono i fiumi.
Per disseccare i laghi si serviron dell'aria. I laghi, le paludi furono
circondati di dighe, le dighe di canali, e un esercito di mulini a
vento, mettendo in moto delle pompe aspiranti, riversò le acque nei
canali, che le condussero ai fiumi ed al mare. Così dei vasti spazii di
terra sepolti nell'acqua, videro il sole e si trasformarono come per
incanto in fertili campagne, popolate di villaggi e percorse da canali e
da strade. Nel secolo decimosettimo, in meno di quarant'anni, furono
disseccati ventisei laghi. Sul principio di questo secolo, nella sola
Nord-Olanda erano tolti all'acqua più di seimila ettari di terreno;
nell'Olanda meridionale, prima del 1844, ventinove mila; in tutta
l'Olanda, dal 1500 al 1658, trecento cinquantacinque mila. Colla
sostituzione dei mulini a vapore ai mulini a vento si compì in
trentanove mesi la grande impresa del prosciugamento del lago di
Haarlem, che aveva quarantaquattro chilometri di circuito e minacciava
con tempeste furiose le città di Haarlem, d'Amsterdam e di Leida. E in
questo mentre si sta meditando l'impresa prodigiosa di prosciugare il
golfo di Zuiderzee, che abbraccia uno spazio di più di settecento
chilometri quadrati.
I fiumi, altro nemico interno dell'Olanda, non costarono meno fatiche e
meno sacrifizi. Alcuni, come il Reno, che si perdevano nelle sabbie
prima di giungere al mare, dovettero essere incanalati, e difesi dalla
marea alla foce con cateratte formidabili; altri, come la Mosa,
fiancheggiati da dighe altrettanto potenti che quelle innalzate contro
il mare; altri deviati; le acque vagabonde, raccolte; regolato il corso
degli affluenti; ripartite le acque con rigorosa misura in vari sensi
per mantenere in equilibrio quella enorme massa liquida, della quale un
leggero spostamento basta a inabissare provincie intere; e così tutti i
fiumi che spandevano anticamente per il paese le loro acque sfrenate e
devastatrici, furono disciplinati come ruscelli e costretti a servire.
Ma la lotta più tremenda fu quella combattuta coll'oceano. L'Olanda è in
gran parte più bassa del livello del mare: perciò, dappertutto dove la
costa non è difesa dalle dune, si dovette difenderla colle dighe. Se
questi sterminati baluardi di terra, di legno e di granito non fossero
là ad attestare come monumenti il coraggio e la perseveranza degli
Olandesi, non si crederebbe che la mano dell'uomo abbia potuto, sia pure
in molti secoli, compire un così grande lavoro. Nella sola Zelanda le
dighe si stendono per la lunghezza di quattrocento chilometri. La costa
occidentale dell'isola di Valcheren è difesa da una diga, della quale si
calcola che le spese di costruzione sommate alle spese di conservazione
messe a frutto, ammontino a una somma pari al valore che avrebbe la
diga stessa se fosse tutta di rame massiccio. Intorno alla città di
Helder, alla estremità settentrionale della Nord-Olanda, si stende per
dieci chilometri una diga costrutta di massi di granito di Norvegia, che
scende più di sessanta metri nel mare. Tutta la provincia di Frisia, per
la lunghezza di ottantotto chilometri, è difesa da tre file di palafitte
enormi, sostenute da massi di granito di Norvegia e di Germania.
Amsterdam, tutte le città delle rive del Zuiderzee, e tutte le
isole,--frammenti di terre sparite,--che formano come una corona fra la
Frisia e della Nord-Olanda, sono protette da dighe; dalle foci dell'Ems
fino alle foci della Schelda l'Olanda è tutta una fortezza
impenetrabile, nei cui immensi bastioni i mulini son le torri, le
cateratte son le porte, le isole sono i forti avanzati; e che al pari
d'una fortezza vera, non mostra al suo nemico, il mare, che le punte dei
campanili e i tetti degli edifizii, quasi come una derisione e una
sfida.
L'Olanda è una fortezza, e il popolo olandese ci sta come in una
fortezza: sul _piede di guerra_ col mare. Un esercito d'ingegneri,
dipendente dal Ministero dell'Interno, sparpagliato sul paese e ordinato
come un esercito, spia continuamente il nemico, veglia sull'ordine delle
acque interiori, previene la rottura delle dighe, ordina e dirige i
lavori di difesa. Le spese della guerra son ripartite: una parte è allo
Stato, una parte alle provincie; ogni proprietario paga, oltre l'imposta
generale, un'imposta speciale per le dighe, proporzionata
all'estensione dei suoi poderi e alla vicinanza dell'acque. Una rottura
accidentale, un'inavvertenza possono cagionare un diluvio; il pericolo è
continuo; le sentinelle sono al loro posto sui baluardi; al primo
assalto del mare, danno il grido di guerra, e l'Olanda manda braccia,
materiali e denari. Ed anche quando non si combattono grandi battaglie
si combatte una lotta sorda e lenta. I mulini innumerevoli, anche nei
laghi prosciugati, seguitano a lavorare senza posa per assorbire e
versare nei canali l'acqua piovana e quella che filtra dalla terra. Ogni
giorno le cateratte dei golfi e dei fiumi, chiudono le loro porte
gigantesche all'alta marea che tenta di slanciare i suoi flutti nel
cuore del paese. Si lavora continuamente a rafforzare le dighe malferme,
a fortificare le dune con piantagioni, a gettar nuove dighe, dove le
dune son basse, diritte come lande immense vibrate nel seno del mare,
per rompere il primo impeto delle onde. E il mare picchia eternamente
alle porte dei fiumi, flagella eternamente gli argini, brontola da ogni
parte la sua eterna minaccia, solleva i suoi flutti curiosi come per
guardare le terre che gli sono contese, ammonta dei banchi di sabbia
dinanzi ai porti per uccidere il commercio delle città invise, rode,
raspa, scava le coste; e non potendo rovesciare i baluardi su cui frange
in schiuma rabbiosa i suoi sforzi impotenti, getta ai loro piedi dei
bastimenti pieni di cadaveri perchè annunzino al paese ribelle il suo
corruccio e la sua forza.
Mentre questa gran lotta dura, l'Olanda si trasforma: l'Olanda è la
terra delle trasformazioni. Una carta geografica di questo paese com'era
otto secoli fa, a primo aspetto, non si riconosce. Trasforma il mare,
trasformano gli uomini. Il mare, in alcuni punti, fa indietreggiare la
costa: toglie al continente delle parti di terra, le rilascia, poi le
riprende; riunisce al continente delle isole con legami di sabbia, come
nella Zelanda; stacca dei lembi di continente e forma delle isole nuove,
come Wieringen; si ritira da certe provincie, e fa rimaner città di
terra città ch'eran di mare, come Leuwarde; converte in arcipelaghi di
cento isole vasti tratti di pianura come il Biesbosch; separa la città
dalla terra, come Dordrecht; forma dei nuovi golfi larghi due leghe,
come il Golfo di Dollart; divide due Provincie con un nuovo mare, come
la Nord-Olanda e la Frisia. Per effetto delle inondazioni il livello
delle terre s'innalza in un luogo, in un altro s'abbassa; terre sterili
sono fecondate dal limo dei fiumi straripati, terre fertili sono
cangiate in deserti di sabbia. Colle trasformazioni delle acque si
alternano le trasformazioni del lavoro. Si riuniscono delle isole al
continente come l'isola di Ameland; si riducono ad isole provincie
intere, come sarà la Nord-Olanda col nuovo canale d'Amsterdam che la
deve separare dall'Olanda meridionale; si fanno sparire dei laghi grandi
come Provincie, come il lago di Beemster; si convertono le terre,
coll'estrazione delle torbe basse, in laghi, e si ritrasformano questi
laghi in praterie. E così il paese si altera, si corregge e cangia
aspetto secondo le violenze dell'acqua e i bisogni dell'uomo. E
percorrendolo colla più recente carta geografica alla mano, si può
essere sicuri che quella carta sarà inutile fra qualche anno, perchè
mentre lo si percorre, vi son dei golfi che a poco a poco spariscono,
dei tratti di terra in procinto di staccarsi dal continente, e dei
grandi canali che s'aprono per portar la vita in terre disabitate.
Ma l'Olanda fece ben più che difendersi dall'acqua, se ne impadronì.
L'acqua era il suo flagello, ne fece la sua difesa. Se un esercito
straniero invade il suo territorio, essa apre le dighe e scatena il mare
ed i fiumi, come li scatenò contro i Romani, contro gli Spagnuoli,
contro l'esercito di Luigi XIV, e difende le città di terra colle
flotte. L'acqua era la sua miseria, ne fece la sua ricchezza. Su tutto
il paese si stende una immensa rete di canali che servono insieme come
vie di comunicazione e ad irrigare le terre. Le città comunicano col
mare per mezzo di canali; canali vanno da città a città, legano le città
ai villaggi, i villaggi fra loro, ogni villaggio coi casolari sparsi per
la campagna; e canali minori cingono i poderi, i pascoli, gli orti, fan
l'ufficio di muri di cinta e di siepi; ogni casa è un piccolo porto. I
bastimenti, i barconi, le barchette, le zattere percorrono la campagna,
attraversano i villaggi, girano fra le case e solcano il paese in tutte
le direzioni come in altri luoghi i carri e le carrozze. E anche qui
l'Olanda ha fatto dei lavori giganteschi, come il canale Guglielmo nel
Brabante settentrionale, il canale che congiunge Amsterdam,
attraversando tutta la Nord-Olanda, col mare del Nord, lungo più di
ottanta chilometri e largo più di trenta metri; il nuovo canale che
congiungerà Amsterdam col mare attraversando le dune, e sarà il più
largo canale d'Europa; e un altro non meno grande che congiungerà il
mare colla città di Rotterdam. I canali sono le vene dell'Olanda e
l'acqua è il suo sangue.
Ma anche senza badare ai canali, ai prosciugamenti dei laghi e alle
opere di difesa, percorrendo l'Olanda si vedono da ogni parte le traccie
d'un lavoro meraviglioso. Il terreno, che in altri paesi è un dono della
natura, là è un'opera dell'industria. L'Olanda tirò la maggior parte
delle sue ricchezze dal commercio; ma prima del commercio dovette far
fruttare la terra; la terra non c'era; dovette crearla. Erano banchi di
sabbia, interrotti da strati di torba, dune che il vento smuoveva e
spandeva per il paese, grandi spazi di terreno lotoso che parevan
condannati a una sterilità eterna. Mancavano i primi elementi
dell'industria, il ferro e il carbone; mancava il legno, poichè le
foreste eran già state distrutte dalle tempeste quando sorse
l'agricoltura; mancavano le pietre, mancavano i metalli. La natura, come
dice un poeta olandese, aveva rifiutato all'Olanda tutti i suoi doni;
gli Olandesi dovettero far tutto a dispetto della natura. Cominciarono
coll'infertilire le sabbie. In alcuni luoghi formarono lo strato
produttivo del suolo con terre portate di lontano come si forma un
giardino; sparsero la silice delle dune sulle praterie troppo umide;
mescolarono colle terre troppo sabbiose i detriti delle torbe tratti dal
fondo delle acque; estrassero dell'argilla per comunicare alla
superficie della terra una fertilità nuova; lavorarono a dissodare le
dune; e così industriandosi in mille maniere, e difendendo continuamente
l'opera loro dalle acque minaccianti, riuscirono a condurre l'Olanda a
uno stato di floridezza non inferiore a quello dei paesi più favoriti
dalla natura. Quell'Olanda sabbiosa e paludosa che gli antichi
consideravano appena come abitabile, manda fuori dei suoi confini, anno
per anno, dei prodotti agricoli per il valore di cento milioni di lire,
possiede circa un milione e trecentomila teste di bestiame, e si può
annoverare, proporzionatamente all'estensione del suo territorio, fra i
paesi più popolati d'Europa.
Ora si capisce come in un paese così fisicamente straordinario, debba
esservi un popolo molto diverso dagli altri. Su pochi popoli, in fatti,
la natura del paese abitato esercitò un influsso più profondo che sugli
Olandesi. Il genio olandese è in perfetta armonia col carattere fisico
dell'Olanda. Basta guardare i monumenti della gran lotta combattuta da
questo popolo col mare, per comprendere come il suo carattere distintivo
debba essere la fermezza e la pazienza, accompagnata da un coraggio
calmo e costante. Questa lotta gloriosa, e la coscienza di dover tutto
a sè stesso, deve aver infuso e fortificato in esso un sentimento
altissimo della propria dignità e uno spirito indomabile di libertà e
d'indipendenza. La necessità d'una lotta continua, d'un continuo lavoro
e di sacrifizi continui per difendere la propria esistenza,
riconducendolo perpetuamente al sentimento della realtà, deve averlo
reso un popolo altamente pratico ed economo; il buon senso dev'essere la
sua qualità più spiccata, l'economia dev'essere una delle sue virtù
principali; deve quindi primeggiare nelle arti utili, essere parco di
godimenti, essere semplice anche quando è grande, riuscire in tutto
quello a cui si riesce colla tenacità dei propositi e con un'attività
pensata e regolare; esser più saggio che eroico, più conservatore che
creatore, non dare all'edifizio del pensiero moderno dei grandi
architetti, ma molti abili operai, una legione di lavoratori pazienti ed
utili. E in virtù di queste sue qualità di prudenza, di attività
flemmatica e di spirito di conservazione, progredir sempre, ma a poco a
poco; acquistar lentamente, ma non perder nulla dell'acquistato; esser
restío a spogliarsi degli usi antichi; serbare quasi intera, malgrado la
vicinanza di tre grandi nazioni, la sua originalità; serbarla passando a
traverso di tutte le forme di governo, malgrado le invasioni straniere,
malgrado le guerre politiche e religiose di cui fu teatro, malgrado
l'immenso concorso di stranieri d'ogni paese che vi cercarono un rifugio
e ci vissero in tutti i tempi; essere infine di tutti i popoli del
settentrione quello che, benchè procedendo sempre nella via della
civiltà, ha serbato più netta l'impronta antica.
Ma basta anche rappresentarsi alla mente la sua forma, per comprendere
che questo paese di tre milioni e mezzo d'abitanti, benchè fuso in una
così compatta unità politica, benchè riconoscibile fra tutti gli altri
popoli del Nord a certi tratti comuni agli abitanti di tutte le sue
provincie, deve presentare una varietà grande. E così è in fatti. Tra la
Zelanda e l'Olanda propriamente detta, fra l'Olanda e la Frisia, tra la
Frisia e la Gheldria, tra la Groninga e il Brabante, malgrado tanti
vincoli comuni e la vicinanza grandissima, non v'è meno differenza che
fra le provincie più lontane dell'Italia e della Francia: differenza di
lingua, di costumi, di carattere; differenze di razza e di religione. Il
regime comunale ha impresso a questo popolo un carattere incancellabile,
perchè in nessun paese fu conforme come in questo alla natura delle
cose. Il paese è diviso in parecchi gruppi d'interessi dallo stesso
organismo del sistema idraulico. Quindi associazione e mutuo soccorso
contro il comune nemico, il mare; ma libertà delle forze e delle
istituzioni locali. La monarchia non ha estinto l'antico spirito
municipale, ed è questo spirito che rese impossibile la completa fusione
dello Stato in tutti i grandi Stati che ne fecero la prova. I grandi
fiumi e i golfi profondi sono nello stesso tempo vie di commercio che
servono come legami di nazionalità fra le varie Provincie, e barriere
che difendono vecchie tradizioni e vecchie costumanze diverse fra loro.
In questo paese apparentemente così uniforme, ad ogni passo, si può
dire, fuorchè l'aspetto della natura, tutto cangia e tutt'a un tratto,
come la natura stessa all'occhio di chi varca per la prima volta la
frontiera dello Stato.
Ma per quanto sia meravigliosa la storia fisica dell'Olanda, è più
meravigliosa la sua storia politica. Questa piccola terra invasa da
principio da differenti tribù della razza germanica, soggiogate, dai
Romani e dai Franchi, devastata dai Danesi e dai Normanni, desolata per
secoli da orrende guerre civili, questo piccolo popolo di pescatori e di
mercanti salva la sua libertà civile e la sua libertà di coscienza con
una guerra di ottant'anni contro la formidabile monarchia di Filippo II
e fonda una repubblica che diventa l'arca di salvamento delle libertà di
tutti i paesi, la patria adottiva delle scienze, la Borsa d'Europa, la
stazione del commercio del mondo; una repubblica che stende la sua
dominazione a Java, a Sumatra, nell'Indostan, a Ceylan, nella Nuova
Olanda, nel Giappone, nel Brasile, nella Guiana, al Capo di Buona
Speranza, nelle Indie occidentali, a Nuova-York; una repubblica che
vince l'Inghilterra sul mare, che resiste alle armi unite di Carlo II e
di Luigi XIV, che tratta da pari a pari colle più grandi nazioni ed è
per un tempo una delle tre Potenze che reggono le sorti d'Europa.
Ora non è più la grande Olanda del secolo decimosettimo; ma è ancora,
dopo l'Inghilterra, il primo Stato coloniale del mondo; invece della
grandezza antica ha una prosperità tranquilla; si ristrinse nel
commercio, acquistò nell'agricoltura; del reggimento repubblicano
perdette più la forma che la sostanza; una famiglia di principi patrioti
e cari al popolo, vi siede tranquillamente in mezzo a tutte le libertà
antiche e moderne. Vi è la ricchezza senza fasto, la libertà senza
insolenza, l'imposta senza miseria. Il paese procede senza scosse, senza
turbamenti, coll'antico buon senso, conservando nelle tradizioni, negli
usi e nelle libertà stesse l'impronta della sua nobile origine. È forse
fra tutti gli Stati d'Europa quello dove c'è più istruzione popolare e
meno corruzione di costumi. Solo, all'estremità del continente, occupato
delle sue acque e delle sue colonie, si gode in pace i frutti del suo
lavoro senza far parlare di sè, coll'alto conforto di poter dire che
nessun popolo al mondo ha conquistato a prezzo di più grandi sacrifizi
la libertà della sua fede e l'indipendenza del suo stato.
Tutte queste cose io rivolgevo in mente per stimolare la mia curiosità,
una bella mattina d'estate, ad Anversa, salendo su un bastimento che mi
doveva condurre per il corso della Schelda nella Zelanda, ch'è la
provincia più misteriosa dei Paesi Bassi.
ZELANDA.
Se prima che io mi determinassi a fare un viaggio in Olanda, un
professore qualunque di geografia m'avesse fermato allo svolto d'una
strada, domandandomi bruscamente:--Dov'è la Zelanda?--sarei rimasto
senza parola, e non credo d'ingannarmi, supponendo che un buon numero
dei miei concittadini, a cui si facesse quella domanda, non troverebbero
subito una risposta. Per gli Olandesi medesimi la Zelanda ha del
mistero; pochissimi ci sono stati, e tra questi i più non fecero che
attraversarla in battello; quindi se ne parla di rado e come d'un paese
lontano. Dalle prime parole che intesi dire ai viaggiatori che salirono
con me sul bastimento, quasi tutti belgi e olandesi, m'accorsi che
anch'essi avrebbero veduto quella provincia per la prima volta; eravamo
dunque tutti curiosi ad un modo; e il bastimento non era ancora partito
che avevamo attaccato discorso, e ci aguzzavamo la curiosità
reciprocamente, con domande alle quali nessuno sapeva rispondere.
Allo spuntare del sole, il bastimento partì, godemmo per un pezzo la
vista del campanile della cattedrale d'Anversa, fatto di trina di
Malines, come diceva Napoleone I, che n'era innamorato; e dopo aver
toccato il forte di Lillo e il villaggio di Doel, uscimmo dal Belgio ed
entrammo nella Zelanda.
Nel punto che si passa per la prima volta la frontiera d'uno Stato, per
quanto si sappia che lo spettacolo non cangia tutt'a un tratto, si
guarda intorno curiosamente come se tutto dovess'essere cangiato. Tutti
infatti s'appoggiarono al parapetto del bastimento come per assistere
all'apparizione improvvisa della Zelanda.
Per un buon tratto la curiosità rimase delusa: non si vedevano che lo
sponde piane e verdi della Schelda, larga come un braccio di mare, e
sparsa di banchi di sabbia, su' quali raccoglievano il volo degli stormi
di gabbiani gettando dei leggieri gridi; e il cielo purissimo non pareva
punto cielo d'Olanda.
Si navigava fra l'isola di Zuid-Beveland e quella lista di terra che
forma la riva sinistra della Schelda, chiamata Fiandra degli Stati o
Fiandra Zelandese.
La storia di questa lista di terra è assai curiosa. Per lo straniero che
entra in Olanda, essa è come la prima pagina della grande epopea che
s'intitola: la lotta col mare. Nel medio evo non era che un vasto golfo
con poche isolette. Questo golfo, sul principio del sedicesimo secolo,
non esisteva più; con quattrocento anni di lento lavoro lo avevan
cangiato in una fertile pianura difesa da dighe, solcata da canali e
popolata di villaggi, che si chiamava la Fiandra Zelandese. Quando
scoppiò la guerra dell'indipendenza, gli abitanti della Fiandra
Zelandese, piuttosto che cedere la loro terra agli eserciti spagnuoli,