Nozze d'oro: romanzo - 09

mi si nasconda la verità... È perduta?
Il dottore protestò.
— No, no... ho fede che la salveremo, che supereremo la crisi...
Tuttavia mi parve necessario un consulto...
— Lo so — riprese l'ex Prefetto respingendo una sedia che gli era
offerta dalla Marialì. — Luciano mi disse che Tullio portava a San Vito
un dispaccio pel dottor Locresi... E va bene... Ma potevano
interrogarmi... Ora più che mai — e le parole di Ercole Torralba
s'indirizzavano specialmente a Cesare e alla Marialì — ora più che mai,
durante la malattia dell'Angela, intendo aver io il governo della
casa... E anche dopo... se guarirà... Mi duole d'averla lasciata agir di
suo capo in questa occasione... Non volevo dar tanta solennità a queste
nozze d'oro, io... Avevo il presentimento d'una disgrazia.
— Nonno, non siedi proprio? — ripigliò l'Antonietta che avrebbe
desiderato ch'egli lasciasse il suo braccio per poter avvicinarsi alla
zia Angela.
Il commendatore rifiutò nuovamente.
— No, ora si scende. Quì non facciamo nulla di utile.
E interrogò il medico.
— Non conosce?
Vignoni rispose con un gesto dubitativo.
Il commendatore Ercole ordinò al dottore di avvertirlo, anche nel corso
della notte, se mai vi fossero novità; poi disse alla nipote: — Andiamo!
Misurando il suo passo sul passo lento e pesante del nonno, l'Antonietta
traversò la stanza al fianco di lui. Giunta sulla soglia gettò un bacio
all'inferma e si rasciugò una lacrima col dorso della mano.
Prima di richiuder l'uscio il dottore le gridò dietro: — Abbia la
compiacenza di mandar su qualcheduno con un'altra vescica di ghiaccio.
— Se non ha fatto l'effetto d'una vescica di ghiaccio questa visita! —
brontolò la Marialì. — Piuttosto che veder l'Angela voleva catechizzar
noi... ricordarci ch'è lui il padrone.
— Bisogna compatire i vecchi — soggiunse Vignoni. — Son tutti così...
Quanto più sentono sfuggirsi di mano le redini della famiglia tanto più
assumono un piglio autoritario... Son fuochi di paglia.
— In questo caso lo credo... Però il babbo ha avuto sempre l'umore
d'autocrata... Me ne appello a Cesare... E per questo, alla larga da
Villarosa.
Cesare nè negava nè assentiva. Una gran tristezza s'era impadronita
dell'anima sua. La parola infiammata dell'Angela l'aveva indotto a
traversar l'Oceano, l'aveva persuaso della bellezza, della santità di
questa riunione domestica, e ora, giunto sul luogo, sentiva che tutti
gli antichi vincoli erano allentati, che i suoi genitori erano divenuti
quasi estranei per lui, che di tutti coloro, maschi e femmine, con cui
egli aveva trascorso tanta parte dell'infanzia sola una donna gli era
veramente cara come negli anni giovanili, e quella donna era lì
agonizzante e forse sarebbe morta senza che un raggio di sole avesse
rischiarato la sua grigia giornata. Povera Angela! E nessuno aveva la
coscienza de' propri torti verso di lei; non il padre e la madre che
l'avevano oppressa, non la sorella che le aveva tolto il fidanzato e che
ora sedeva indifferente al suo letto, non l'amante che l'aveva tradita,
non gli altri, fratelli e sorelle, che l'avevano sacrificata al loro
egoismo! Egli stesso, che pure l'amava, quali prove d'affetto le aveva
dato? A che pensava in quel momento se non, morta o viva, a lasciarla
fra poco?


XXI.

L'annunzio, molto attenuato, del male che aveva côlto l'Angela non fece
sulle prime una grande impressione sull'animo della signora Laura. Ella
credette realmente che si trattasse di un'indisposizione leggera, e,
appunto per questo, cominciò a esaminare le cose da un punto di vista
affatto personale... Chi mi farà il massaggio?... Chi mi ajuterà a
vestirmi e a spogliarmi?... Chi si ricorderà di darmi la pillola all'ore
stabilite?... L'Angela sapeva, l'Angela aveva pratica... La Maddalena
non ha mai imparato.
— Impareremo noi — avevano risposto in coro la Letizia, l'Adele,
l'Antonietta.
Ma la vecchia signora era rimasta poco persuasa.
— Non S'impara mica in un giorno... E prima che abbiate imparato vi sarà
nuovamente l'Angela... A ogni modo, per questa sera, il dottore potrà
insegnarvi... È su ancora, Vignoni?
— Sì, è su...
— Ma scenderà, naturalmente... Non andrà via senza esser passato di
quì... Perchè poi l'Angela è andata a finire al primo piano?... Non si
poteva farle subito il letto al solito posto, fra le nostre due
camere?... Non sarebbe stato più comodo anche per la servitù?
Senonchè a grado a grado, tra per le risposte evasive che le si davano,
tra pel lungo indugio di Vignoni, tra per l'assenza di Cesare, della
Marialì e di Tullio, tra pel frequente appartarsi e discorrer sottovoce
degli altri, la signora Laura sentì sorger nell'anima il vago sospetto
che le si nascondesse qualche cosa, e le sue querimonie si fecero più
vive e insistenti... Non c'era dunque nessuno che le volesse dir la
verità?... Nessuno, fra tanti figliuoli e nipoti, che volesse portarla
dall'Angela?... Da sè, pur troppo, non era capace di far le scale,
neppure di alzarsi della poltrona... Ahi, i suoi dolori!... Bastava ogni
emozione per esacerbarli... A ogni modo, se qualcuno la reggeva...
L'Antonietta?... Dov'era l'Antonietta?
Dalla camera vicina la ragazza cominciò a rispondere timidamente: —
Ma... son quì.... col nonno...
Senonchè la voce di lei fu coperta da quella imperiosa del commendatore
Ercole.
— L'Antonietta è con _me_, l'Antonietta accompagna _me_ dall'Angela...
Tu non ti movere fino ch'io non torno... E non facciamo casi, non
facciamo confusione.
Ipnotizzata, anche di lontano, dal suo domatore, la signora Laura non
fiatò più e rimase inchiodata al suo posto.
E quando il marito si degnò di venir da lei dopo la breve visita alla
figliuola ella dovette contentarsi di ciò che a lui piacque di riferire
sommariamente. Era una crisi cagionata dalle troppe fatiche degli ultimi
giorni. Era sperabile che tutto si risolvesse presto con la semplice
cura del riposo... Per un di più Vignoni aveva desiderato un consulto e
Tullio s'era offerto d'impostar lui il telegramma.
— E ora — concluse il vecchio Torralba la cui energia era in parte
frutto dell'eccitazione nervosa — ora andiamo in salotto... È inutile di
rimanere in questa camera... Che uno di voi dia il braccio a vostra
madre — e l'esortazione era rivolta alla Letizia, a Luciano, a Girolamo;
— io m'appoggerò come prima all'Antonietta.
— Tocca a me — disse Luciano. — _Par droit d'aînesse_.
Ormai la povera signora Laura avrebbe continuato volentieri a starsene
sulla sua poltrona, ma per non dispiacere al consorte, su su, ajutata
anche da Girolamo, si levò in piedi e si lasciò trascinare dietro gli
altri.
Nel traversare la sala ella piagnucolava, si lagnava del freddo.
— Dio, Dio! Che differenza di temperatura!
La Letizia le gettò uno sciallo sulle spalle.
— Ci son tante porte... e le aprono ogni momento... anche quella che dà
in giardino... In salotto starai meglio.
In fatti, nel salotto ove i due vecchi furono accomodati su due
seggioloni, si manteneva all'incirca la mite temperatura della giornata;
solo di tanto in tanto i vetri delle finestre tintinnavano e un filo
d'aria più fresca penetrava per qualche spiraglio facendo ondeggiare
lievemente le tende e agitando la fiamma della lampada a petrolio appesa
al soffitto e delle due candele che ardevano ancora sul tavolino da
gioco.
Di fuori scrosciava sempre la pioggia.
— Più in là, più in là — supplicò la signora Laura... Quì c'è una
corrente.
Il commendatore Torralba, che si sforzava di fare il disinvolto,
interrogò a bruciapelo Girolamo e l'Adele.
— E voi, che siete la coppia politica, che cosa avete raccolto in tutti
i vostri giornali?... Quando si aprirà il vostro bel Parlamento? Che
nuove tasse ci preparate?
Anzichè dare una risposta diretta, Girolamo prese in mano
successivamente la _Tribuna_, la _Patria_, l'_Avanti_, il _Corriere_, il
_Secolo_ e riferì alcune informazioni che facevano a pugni tra loro.
— Ecco la voce autorevole della pubblica opinione — disse sogghignando
il commendatore Prefetto. — E poi su questi documenti si scriverà la
storia.
In fondo le notizie politiche non interessavano quella sera nè lui nè
nessuno. A ogni lieve rumore che venisse dalla sala tutti tendevano
l'orecchio e si guardavano ansiosi. Ora questo ora quello usciva in
silenzio, e, tornando, doveva o con una frase laconica o con un cenno
rispondere alle mute domande che gli erano rivolte.
Nulla, non c'era nulla di nuovo.
Il commendatore s'impazientiva.
— Che volete che ci sia di nuovo da un momento all'altro?
E soggiunse per tener in riga la moglie querula e sospirosa: — Quando la
finirai di soffiar come un mantice?
Ma l'apparizione del servo Giacomo nel vano della porta che metteva in
salotto da pranzo lo fece trasalire.
— Chi è là? — egli gridò non distinguendo bene la fisonomia, vedendo
solo, come dietro un velo di nebbia, una figura incerta e traballante.
— Sono io — balbettò Giacomo. — Volevo dire...
— Avanti!
— Sissignore — replicò il vecchio servo la cui eloquenza era inceppata
dai modi bruschi del padrone. — Volevo dire... che la cena... sarebbe
pronta...
— Era per la cena! — esclamò il commendatore che s'aspettava di peggio.
— Che bisogno c'era di tanti preamboli?
— Oh Dio! — sospirò la signora Laura. — Come si fa a cenare stasera?
Il marito le diede sulla voce.
— Come si fa? Come si fa?... Quasichè andar a cena fosse andar a una
festa di ballo... Ognuno mangia quello che può...
E, invero, tutti i presenti, qual più qual meno, avevano languore di
stomaco e accolsero con intimo gradimento la comunicazione di Giacomo.
Anzi i due fratelli Alvarez si scambiarono un'occhiata di compiacenza
pregustando certi uccellini con la polenta ch'erano già stati portati in
tavola e il cui odore appetitoso veniva dal salotto vicino.
Quegli uccelletti erano stati argomento di una seria discussione fra la
cuoca e il resto della servitù.
— È proprio sera da lodole — aveva detto la Maddalena tornando in cucina
dopo aver prestato i primi soccorsi all'Angela e averla spogliata e
messa a letto con l'aiuto della Marialì e dell'Antonietta.
E il servo Giacomo, che, con le lacrime agli occhi, preparava una
vescica di ghiaccio per l'ammalata, si scagliò alla sua volta contro
l'impassibilità della Marianna.
— Che cosa ci avete voi al posto del cuore?... Siamo tutti quanti più
morti che vivi per quella santa creatura ch'è sospesa ad un filo e voi
non vi movete dalle vostre casseruole come se niente fosse successo.
La Marianna, ch'era intenta a infilzar nello spiedo la sessantesima ed
ultima lodola, si guardò bene dall'interrompere la delicata operazione.
Ma finita che l'ebbe, posò lo spiedo sul tagliere e replicò
vigorosamente ai suoi denigratori.
— Io faccio quello che devo... Chi ci bada alle mie casseruole se non ci
bado io?... La Lisa mi dà il bell'aiuto che già prevedevo e senza di me
non si mangia.
E poichè la Maddalena e Giacomo si sforzavano di persuaderla che almeno
per quella sera il suo zelo era sprecato e che non ci poteva esser
nessuno che avesse voglia di mettersi a tavola, la cuoca atteggiò il
labbro a un sorrisetto di superiorità.
— A tavola o fuori di tavola, poco importa... Quando lo stomaco è
vuoto... non c'è disgrazia che tenga... bisogna riempirlo... Io ho
servito come cuoca in varie famiglie, e da per tutto ci son stati dei
giorni scuri;... malattie, morti, rotture di matrimoni, questioni
domestiche, fallimenti, eccetera eccetera... Ma il giorno in cui, o poco
o molto, non si sia mangiato, quello non l'ho ancora visto... E guai a
me se avessi abbandonato i fornelli per piangere e disperarmi...
Ciò detto, la brava donna voltò le spalle a' suoi interlocutori come a
significare che non aveva tempo da perdere in chiacchiere, accennò alla
Lisa, allora sopraggiunta, di gettar dell'altra stipa nel fuoco e si
accinse conscienziosamente a caricare il girarrosto.
Che la psicologia della Marianna non fosse sbagliata lo provò la buona
accoglienza fatta ai suoi uccelletti.
— Sono leggeri, si digeriscono senz'accorgersene — dicevano, quasi per
scusarsi, i commensali addolorati.
Anche il commendatore e la signora Laura consentirono ad assaggiarli,
dopo che l'Antonietta n'ebbe con cura separata la polpa dagli ossicini.
Però l'ex Prefetto tentennava la testa.
— Non son cibi per chi non ha più denti... Noi siamo ridotti al regime
del latte, dei brodi ristretti e dei rossi d'uovo... Ormai non s'ha più
gusto a nulla.
E nella voce crucciosa e nell'occhio spento del vecchio c'era l'amaro
rimpianto della vita che fuggiva, l'amaro rimpianto delle cose
irrevocabili, il potere, l'influenza, gli onori, i piaceri...
— Converrà poi chiamare quelli che sono di sopra — soggiunse il signor
Ercole. — Dall'Angela, per un quarto d'ora, potrà stare qualcheduno
della servitù... In quanto a Tullio, gli serberemo la cena...
L'Antonietta fece per alzarsi.
— Dalla zia Angela vado io.
Il nonno la trattenne. — Neanche per idea. Avrò bisogno del tuo braccio
per tornare in salotto.
E la signora Laura, trepidante, supplicante, si rivolse alla Letizia: —
Se andassimo insieme?
Ma il commendatore marito pose il suo veto.
— La Letizia.... se vuole.... Tu no.... tu faresti confusione.
— Oh Dio! — sospirò la signora Laura. — Non capisco...
— Basta così — interruppe l'ex Prefetto. — Sarà per domattina.
La signora Laura chinò il capo rassegnata e disse alla figliuola
maggiore: — Dalle un bacio per me.
L'Alvarez si mosse senza entusiasmo.
— Pur che qualcheduno venga a rilevarmi fra un'ora.
Silenziosamente Girolamo seguì la sorella e la raggiunse a piedi della
scala che metteva al primo piano.
— Oh sei tu?...
— Sì, son io — egli rispose salendo a lenti passi con la Letizia — Tu
prendi il posto della Marialì, io prenderò quello di Cesare.
E continuò, smorzando la voce: — Speriamo che non accada una disgrazia,
ma se accadesse sarebbe necessario provvedere perchè il babbo e la mamma
non restassero soli... Tu a Villarosa non ti fermeresti?...
— Io?... Com'è possibile?... Con la famiglia a Napoli?
— E io, con lo studio a Roma, coi miei impegni di deputato?... Luciano
ha la sua Banca, Cesare ha le sue ubbìe americane, la Marialì non è
donna da seppellirsi in quest'eremo...
— E in ogni caso, ella sarà bene rappresentata — soggiunse con amarezza
la Letizia. — Vuoi sapere quelli che faranno più lunga dimora a
Villarosa? L'Antonietta e Tullio, i due beniamini dei nonni..
Quest'era il punto a cui Girolamo voleva tirare il discorso.
— Le tue previsioni sono le mie — egli replicò. — Ma domando io, è bello
cedere il campo così?... Perchè è facile immaginarsi come va a finire...
Quelli che son vicini sono i preferiti.
— Il peggio è sempre per me — notò la Letizia Alvarez... Tu non hai
figliuoli, e io ne ho quattro.
Girolamo le battè sulla spalla.
— Va là che tuo marito è ricco sfondato.
— Sciocchezze. È assai meno ricco di tua moglie.
Sotto i due alleati spuntavano già i due rivali.
— Non bisticciamoci — riprese Girolamo in tono conciliativo. — Senti
piuttosto... Se inducessi l'Adele a restar quì sino a Natale?... E in
questo tempo un pajo di volte a Villarosa ci verrei anch'io... Dopo si
studierebbe un modo...
Erano giunti alla mèta.
— Ne riparleremo — disse la Letizia.


XXII.

Oh la lunga, l'interminabile notte, in cui Villarosa aveva l'aspetto
d'un accampamento!... Da per tutto, nella casa padronale, nella
fattoria, nell'abitazione del giardiniere, c'era gente che vegliava,
gente che dormiva vestita sopra una panca, su un canapè, in una
poltrona; da per tutto si vedevano vagar delle ombre e dei lumi, da per
tutto si udiva un bisbigliar di voci sommesse e uno strisciar di passi
guardinghi. Perchè, quando se ne eccettuino il commendatore Ercole e la
signora Laura, i quali, messi a letto dalle figliuole, non potevano
scenderne a loro capriccio, gli altri, se pur s'erano coricati, si
alzavano di tratto in tratto, per rispondere a una chiamata dei
genitori, per dare una capatina in camera dell'Angela, o per finire in
salotto da pranzo ove c'era sempre qualcheduno e ove per la vicinanza
della cucina era più facile ordinare un caffè o una tazza di brodo o
dell'acqua bollente per la teiera.
E appunto in salotto da pranzo Luciano che ingannava il tempo facendo un
_solitario_ si trovò chiamato a pronunciarsi in una disputa sorta fra
Girolamo e l'Adele da una parte e la Letizia dall'altra.
— Ecco di che cosa si tratta — principiò la Letizia.
— Bisogna premettere — saltò su l'Adele — che noi partiamo dall'ipotesi
dolorosa che succeda una disgrazia.
— Se non vi dispiace — interruppe Girolamo — espongo io la questione.
— _Ah, mon Dieu, est-ce long?_ — sospirò Luciano continuando a voltar le
sue carte.
— Ma no... Abbi un po' di pazienza. Eravamo dunque tutti e tre
perfettamente d'accordo che, se mancasse la povera Angela, converrebbe
portar via il babbo e la mamma da Villarosa.
— Perchè? — chiese Luciano. — Alla loro età?
Girolamo, invasato da pietà filiale, si scandalizzò.
— Che domanda! Precisamente perchè son vecchi non possiamo lasciarli in
balìa di gente mercenaria.
— Impossibile — disse la Letizia.
— Son tutti servitori fidati — replicò Luciano. — E nostro padre non è
rammollito. Mi sembra che sappia comandare a bacchetta.
— Fuochi di paglia — riprese Girolamo. — Domani resta appena un pugno di
cenere.
— E allora — suggerì il primogenito — voi che vivete in Italia venite
quì per turno... Io sto a Parigi, ho la mia banca, ho famiglia numerosa,
non sono in caso di movermi che di rado e per pochi giorni.
— Tutti hanno i loro impegni — ribattè l'onorevole. — Io ho il mio
studio d'avvocato, ho la Camera...
— E i viaggi gratis — sottolineò maliziosamente Luciano.
Girolamo si strinse nelle spalle.
— Per quello!... Il fatto si è che i miei interessi mi costringono a
rimanere alla capitale... Cesare torna in America.
— Ma le donne, le donne? — disse Luciano. — Voi due quì presenti... e la
Marialì... Chi v'impedisce di star a Villarosa un po' l'una un po'
l'altra?
La Letizia protestò.
— Se tu hai casa a Parigi, io ho casa a Napoli... Ho i miei figliuoli, e
ho mio marito che ora abbandona il servizio e ha diritto di viver con
sua moglie.
— E noi siamo in due — soggiunse l'Adele. — Se me ne vado io, tant'è che
Girolamo si collochi in qualche pensione... Per me sarebbe già troppo
l'assentarmi da Roma un pajo di mesi all'anno.
Luciano credette di aver trovato una soluzione.
— Un pajo di mesi tu, un pajo di mesi la Letizia, e gli altri otto mesi
se li potrebbero dividere la Marialì e l'Antonietta alla quale non avevo
pensato.
Ma la proposta fece uscir dai gangheri le due cognate.
— La Marialì?... È proprio la donna che ci vuole per custodir due
vecchi!
— E l'Antonietta? Una bimba...
— Figuriamoci poi se la Marialì consentirebbe a relegarsi per metà
dell'anno a Villarosa!
— Nè lei consentirebbe, nè noi potremmo esser tranquilli — dichiarò
Girolamo.
— _Sacrebleu! On n'en vient jamais à bout_ — esclamò Luciano
arrabbiandosi con un asso di quadri scoperto fuor di proposito. —
_Pardon..._ Me la prendevo con le carte.
E rinunziando ormai a terminare il suo gioco si atteggiò a paziente
aspettazione.
— Fuori dunque il vostro progetto.
— Se succede la disgrazia — principiò la Letizia — è necessario
persuadere il babbo e la mamma a venir ad abitare a Napoli, con noi...
— Niente affattissimo — gridò l'Adele — Devono venire a Roma.
Girolamo reclamò di nuovo il diritto di parlar lui. — Esaminiamo le cose
pacatamente, obbiettivamente. Se i nostri genitori avessero dieci anni
di meno, se non avessero acciacchi, il partito più ragionevole sarebbe
ch'essi dimorassero ora con l'uno, ora con l'altro dei figli... Nelle
condizioni presenti, si capisce che, movendoli di quì, bisogna portarli
in un luogo dove possano finire in pace i loro giorni... Roma, che la
Letizia mi scusi, è più adattata di Napoli...
— Pagherei a saperne il motivo — disse la Letizia.
— Intanto il viaggio per arrivarvi è meno lungo.
— Gran differenza!... Cinque o sei ore... Quando si è in treno...
— Cinque o sei ore aggiunte alle tredici o quattordici da Villarosa a
Roma non sono certo una bazzecola... E sfido chiunque a dire che, anche
per le eventuali riunioni di famiglia, Roma, così centrale, non si
presti meglio di Napoli... Ma quello che dà il tracollo alla bilancia è
questo: Noi siamo in due, marito e moglie, e la nostra casa, piena
d'aria e di luce, è disposta in modo da permetterci di assegnare ai
nostri ospiti delle camere interamente disobbligate. Voi altri Alvarez
siete in parecchi e da voi non ci può esser la quiete indispensabile a
due persone in età avanzata.
L'Adele approvava col gesto e con la voce. — È chiaro.
Senonchè la Letizia protestò che ora toccava a lei di far valere le sue
ragioni. E dopo aver dimostrato che i pochi inconvenienti di Napoli
erano risarciti ad usura da infiniti vantaggi, si appellò a Luciano.
Egli era stato a Roma ed era stato a Napoli; aveva alloggiato da suo
fratello Girolamo e aveva alloggiato da lei. C'era confronto possibile
per la vista, per la posizione, per tutto? E la villa di Posilipo non la
contava? Una villa ch'era un Paradiso e ove si era portati dalla
carrozza in un'ora circa, lungo una via deliziosa?... E in quanto alla
quiete, le sue due figliuole minori stavano in collegio nove mesi
dell'anno e i due maschi, Max e Fritz, erano forse ragazzi da dar
disturbo? Fossero garbati come loro tutti i giovinotti italiani!... Pur
troppo invece...
La Letizia non volle insistere su quest'allusione che l'era stata
strappata involontariamente dal ricordo dei modi inurbani usati da
Tullio verso i suoi rampolli, ma tornò a svolger con enfasi la sua tesi,
irritandosi a ogni interruzione dell'Adele e di Girolamo e scoccando
loro qualche frecciatina che l'Adele, dal canto suo, rimandava con
sollecitudine di buona cognata.
Avvezzo alle combinazioni finanziarie che si liquidano con grandi cifre
rotonde di profitti o di perdite, Luciano non aveva da principio
sospettato i fini reconditi dello straordinario zelo filiale ond'erano
accesi i suoi interlocutori. La sostanza dei vecchi Torralba,
quand'anche vi si fosse aggiunto quello che l'Angela aveva ereditato
dallo zio, doveva arrivare appena alle quattrocentomila lire, compresa
Villarosa, ch'era una passività. Sicchè la parte disponibile sarebbe
stata di duecento mila lire al più. Come supporre che gente provvista
già d'una larga agiatezza si guastasse il sangue per disputarsi questa
magra polpetta? Alla lunga però il battibecco fra le due femmine, meno
caute di Girolamo nel loro linguaggio, aprì gli occhi al banchiere e lo
fece arrossire di tanta piccineria. L'avidità dei grossi bocconi egli la
capiva, ma l'avidità delle briciole offendeva la delicatezza dei suoi
sentimenti.
Tuttavia, da uomo prudente, egli non volle impegnarsi in una discussione
d'ordine morale, e si levò d'impiccio con molta disinvoltura ed abilità.
— Care mie — egli disse rivolgendosi di preferenza alla sorella e alla
cognata che lo instigavano a pronunziarsi, — io credo che la questione
sia prematura, _oui, tout à fait prématurée_. In primo luogo è sperabile
che l'Angela si salvi e che le cose possano rimanere nello _statu quo_.
Poi, data la catastrofe, bisognerebbe interrogar nostro padre sulle sue
intenzioni, e io son convinto _qu'il ne voudra pas bouger_. A
ottant'anni uno non muta soggiorno e abitudini. Se infine, _par hasard_,
egli consentisse ad andarsene, dipenderebbe sempre da lui e solamente da
lui lo sceglier Roma o Napoli. In qualunque caso, _mes chères enfants,
vous ne devez pas compter sur moi_... Io son quì per poco... Figuratevi
che avevo stabilito di partir martedì... Ritarderò, ma, _coûte que
coûte_, pel 23 del mese è indispensabile la mia presenza a Parigi...
Intanto aspetto l'esito del consulto per telegrafare...
A questo punto Luciano si risovvenne che l'ufficio telegrafico era
distante cinque chilometri, e scaraventò contro Villarosa una filza
d'improperi in francese e in italiano.
— _Sacrè pays!... Vilaine bicoque!..._ Peggio che nelle Calabrie!... Nè
ferrovia, nè telegrafo, nè telefono, nè gas, nè luce elettrica.
— Questo ti prova — insinuò Girolamo — quanto sia giusta la nostra idea
di portar il babbo e la mamma in un luogo più civile.
Luciano però, scorgendo in queste parole un nuovo tentativo
d'immischiarlo in una faccenda noiosa, alzò le braccia e aperse le palme
nell'atto di chi vuol ripararsi da una tegola che stia per cadergli sul
capo.
— _Arrangez vous._
E con la scusa di andar a prender notizie dell'Angela uscì dalla stanza.
— Era naturale ch'egli se ne sarebbe lavato le mani — disse la Letizia.
— A lui non conviene metter bastoni nelle ruote al suo figliuolo che
sarà quì ogni momento e si accaparrerà l'animo dei nonni, mentre noi,
che pure abbiamo interessi comuni, non riusciamo a concluder nulla.
— Santo cielo! — rimbeccò l'Adele. — Sei tu con la tua ostinazione...
— Io?... Come se voi foste remissivi.
— Non ricominciamo adesso — supplicò Girolamo. — Un espediente si
troverà... Alla peggio torneremo alla mia prima idea... ch'è poi anche
quella di Luciano... Darsi il cambio a Villarosa, starvi quanto più sia
possibile, e tener tanto d'occhi aperti...
Ma la prospettiva di una lunga dimora a Villarosa era intollerabile a
tutt'e due le cognate. Rinunziar per mesi a Napoli, a Posilipo, alle
scarrozzate per la riviera di Chiaja, ai ricevimenti, ai teatri? —
pensava la Letizia. — Rinunziar a Roma, alla Camera, alle conversazioni
politiche? — pensava l'Adele.
— Se poi vi pesa qualunque sacrifizio — brontolò Girolamo alquanto
seccato della cattiva accoglienza fatta alla sua proposta — non c'è
altro che lasciar correr l'acqua giù per la china.


XXIII.

Per la quinta o sesta volta Giulio Frassini si avvicinò, senza entrare,
alla camera della cognata.
L'Antonietta, ch'era nella stanza, lo riconobbe al passo e uscì in punta
di piedi.
— Non ci sono peggioramenti — ella disse. — Ma tu, babbo, perchè non vai
a letto?
— Potrei fare a te l'identica domanda — replicò il padre.
— Bisogna pure che qualcheduno stia alzato — riprese la ragazza, con
quella cert'aria d'importanza che deriva dalla persuasione di prestar
opera utile. — Non ho potuto lasciar i nonni che poco fa; ora il dottor
Vignoni mi prega di rimaner presso la zia... Va, va a dormire... Io
torno di là.
Egli la trattenne, e chiese: — Ti conosce?
— No, in apparenza no... E tuttavia il medico ha notato che quando ci
son io ha la fisonomia più composta, la respirazione più regolare.
— E chi altri c'è?
— C'è lo zio Cesare, c'è Tullio...
— E il dottore non s'è mai mosso?
— Ancora non si fida... È molto buono, Vignoni, è pieno di premura... Ed
è così affezionato alla zia Angela... Io giurerei che la salverà.
— Dio lo voglia! — sospirò Frassini. — Ma non parla, non conosce...
Quanto tempo si può durare in questo stato?
— Il dottore assicura che anche ventiquattr'ore, anche trent'ore si può
durarci... No, Vignoni non dispera, e non dobbiamo disperare neppur
noi... Ma mi sono indugiata troppo... Addio...
— Aspetta... E tua madre?
— Era prima con noi, dalla zia... Dev'essersi ritirata nella sua
camera..... Se tutti vegliano contemporaneamente, domani non ci sarà
nessuno che possa reggersi in piedi... Buona notte, babbo, buona notte.
E gli porse le labbra.
Frassini vi accostò le sue come a una fonte da cui sgorghi un'acqua
salubre. E dopo averla baciata le tenne strette ancora per un istante le