Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 11

Total number of words is 4497
Total number of unique words is 1647
41.1 of words are in the 2000 most common words
56.8 of words are in the 5000 most common words
64.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
troviamo a Milano, dove riceve uno stipendio di 700 zecchini l'anno,
e la casa; esalta la virtù e sopra tutto la liberalità del suo «divino
principe,» Filippo Maria Visconti, quel tiranno cui non sarebbe facile
trovar l'eguale in perfidia e crudeltà. Morto il Visconti e proclamata
la Repubblica Ambrosiana a Milano, lodò i nuovi Padri Coscritti; poi
fece parte della deputazione che andò a portare le chiavi di Milano
a Francesco Sforza, in onore del quale scrisse il suo gran poema, _La
Sforziade_.
Autore fecondo di biografie, satire, epistole, la sua eloquenza
somigliava, come disse il Giovio, ad un fiume non contenuto da
argini, che straripa ed intorbida ogni cosa. Pure egli si teneva il
dispensatore della immortalità, della fama e dell'infamia. Quando dovè
scrivere in italiano un comento al Petrarca, deplorava l'avvilimento
cui era condotta la sua epica musa. A vendere però i suoi versi
latini e le sue lodi al maggiore offerente era sempre pronto, e non si
vergognava.
Le sue opere principali, oltre le _Satire_, furono due, e restarono
inedite, senza gran danno delle lettere. La prima, intitolata _De Iocis
et seriis_, è una raccolta d'epigrammi, divisa in dieci libri, ognuno
di mille versi, secondo la retorica, artificiosa sempre, dell'autore.
Piena di facezie, d'insulti osceni e poco poetici, sembra avere per
unico scopo dimostrare la facilità dell'autore nello scrivere versi,
e guadagnar danari con basse adulazioni o più basse ingiurie. Ora è la
figlia che non ha dote, o le vesti di lei sono lacere; ora la musa del
Filelfo tace per mancanza di danari, ed egli supplica, tra minaccioso
ed umile, per averne.[142] Il 18 giugno 1459, quando lavorava a
quest'opera, egli scrisse al cardinal Bessarione: «Ora che sono libero
dalla febbre, vengo a soddisfare il mio debito verso di voi e verso
il Santo Padre Pio II, cioè a scriver dei versi ricevendo in cambio
danaro.»[143]
Nè diversamente si condusse, quando scriveva l'altra sua opera,
del pari inedita, _La Sforziade_, in 24 canti, dei quali si trovano
nelle biblioteche solo dieci. Essa pretende di essere un poema epico
sulle imprese dello Sforza, a cominciare dalla morte di Filippo
Maria Visconti. In versi sempre facili, che imitano Virgilio e più
spesso Ovidio, l'autore esalta fino alle stelle tutte le azioni, le
perfidie stesse del suo eroe. Gli Dei dell'Olimpo, qualche volta anche
Sant'Ambrogio o altri santi cristiani, sono i veri attori di questo
dramma; ma essi restano sempre mere astrazioni, e riescono solo a
togliere ogni personalità all'eroe del poema. La vera poesia manca
sempre, ed il Filelfo ha più ragione che non crede, quando dichiara che
la musa davvero ispiratrice è per lui il danaro. Quando doveva chiamar
sulla scena qualche nuovo personaggio allora vivente, cominciava
subito a patteggiare. Guai a chi non lo pagava! E così riceveva danari,
commestibili, cavalli, vesti, ogni cosa. Diceva di esser povero e di
aver fame, quando viveva nel lusso con sei persone di servizio e sei
cavalli. Deplorava la miseria in cui era, secondo lui, tenuta la sua
musa immortale; si vergognava di stentare, ma non di pitoccare. E tutti
gli davano ascolto, perchè temevano i suoi versi. Perfino Maometto
II liberò dalla prigionìa la suocera e la cognata del Filelfo, quando
questi gli mandò un'ode ed una lettera in greco, che diceva: «Io sono
uno di coloro i quali, celebrando con la eloquenza i fatti illustri,
rendono immortali coloro che di natura sono mortali, ed ho intrapreso
a narrare le vostre gesta gloriose, che, per le colpe dei Latini e la
volontà di Dio, vi hanno dato la vittoria.»[144] Una eguale condotta
tenne nello scrivere le _Satire_, che furono cento, divise in dieci
decadi, e ogni satira essendo di 100 versi, era da lui chiamata
_Hecatostica_.
Di Roma non fu molto contento il Filelfo. Ebbe da Niccolò V, è ben
vero, un dono di 500 ducati d'oro, quando gli lesse le _Satire_; fu
colmato di gentilezze; gli fu dato l'incarico di tradurre Omero con
l'offerta di lauto stipendio, di donativi, casa e altro ancora, se
accettava. Ma egli ricusò tutto, avendo altre mire. Dopo la morte della
sua prima moglie aveva fatto capire che sarebbe andato a Roma, quando
gli avessero dato prima o poi un cappello cardinalizio, e ripetette la
stessa dichiarazione dopo la morte della seconda moglie. Non essendo
riuscito nell'intento, prese una terza moglie, e respinse per sempre
ogni invito. Morto lo Sforza, però, tutto mutò per lui; egli cadde
nella miseria, e dovè raccomandarsi a Lorenzo dei Medici, che lo
richiamò allo Studio in Firenze, dove, arrivato in età di 83 anni,
nel 1481, esausto di danari e di forze, dopo poco morì. Il Filelfo
fu un esempio di quel che potevano allora una grande memoria, una
grande facilità nello scrivere o parlare varie lingue, una grandissima
petulanza e superbia, senza carattere, senza moralità e senza
originalità.[145]
Egli non fu certamente il solo erudito a Milano. Al tempo di Francesco
Sforza vi troviamo, come già si disse, Cicco Simonetta, segretario
dottissimo; Giovanni fratello di lui e storiografo del Duca, di cui
narrò le vicende dal 1423 al '66, in una storia che non è senza pregio,
perchè egli descriveva ciò che aveva veduto; Guiniforte Barsizza,
maestro dei due figli del Duca, Galeazzo Maria e Ippolita divenuta
celebre pei suoi discorsi latini.[146] Battista Sforza, figlia
d'Alessandro, signore di Pesaro e fratello di Francesco, anch'ella
celebre pei suoi discorsi latini,[147] fu del pari educata in questa
Corte. Ma tutto ciò non basta per dare a Milano un valore suo proprio
nella storia dell'erudizione.

5. — GLI ERUDITI A NAPOLI.
Alfonso d'Aragona, uomo di guerra, ma anche d'ingegno non comune,
seppe dare alla sua Corte una importanza maggiore. Egli abbandonò con
singolare rapidità il suo carattere nazionale, per divenire affatto
italiano, e gareggiare coi nostri principi nel proteggere le arti;
cercare codici antichi; studiare i classici; circondarsi di letterati,
pei quali, secondo Vespasiano, spendeva 20,000 ducati l'anno.[148] Tito
Livio era il suo idolo, tanto che raccontavano come Cosimo dei Medici,
volendo pacificarlo, gl'inviasse un codice prezioso delle opere di
quello storico. Ai Veneziani scrisse pregandoli che gli ottenessero
da Padova un osso del braccio di Livio, quasi fosse sacra reliquia.
Camminando col suo esercito, gli fu un giorno indicata Sulmona, patria
di Ovidio, e subito si fermò abbandonandosi ad esclamazioni di gioia:
il suo solenne ingresso in Napoli lo fece passando per la breccia, ed
imitando in tutto un trionfo romano.
Il Trapezunzio, il Valla, il Fazio, il Beccadelli, Porcellio de'
Pandoni furono lungamente alla sua Corte, e per breve tempo vi furono
anche il Filelfo, il Gaza, il Manetti, il Piccolomini. Tutti erano
trattati con splendore e con gentilezza. Quando il Fazio ebbe finito
la sua _Historia Alphonsi_, il Re, che pur gli dava 500 ducati l'anno,
fecegli il dono di altri 1500, dicendo: «con ciò non intendo pagare
la vostra opera, che non potrebbe aver prezzo.»[149] Quando invitò il
Manetti che fuggiva da Firenze, gli disse: «dividerò con voi il mio
ultimo pane.»
Uomo senza pregiudizî, in guerra continua coi Papi, egli dava asilo e
protezione ai dotti, quali che si fossero le loro opinioni, e garantiva
ad essi piena libertà di parola, difendendoli dall'Inquisizione e
da ogni pericolo. Così il Valla, che fu l'erudito più celebre nella
Corte, potè scrivere contro i preti, contro i Papi, ed esporre
liberamente negli scritti, dalla cattedra, le sue opinioni religiose
e filosofiche. Tutto ciò dava una fisonomia propria, una importanza
speciale alla società erudita in Napoli. Lo stesso fu di Antonio
Beccadelli più noto col nome di Panormita. Nato a Palermo nel 1394,
egli dopo avere studiato a Padova, aveva ad un tratto acquistata una
clamorosa celebrità, scrivendo un libro che fece grandissimo scandalo
per le sue indecenze, allora non anche molto in uso negli scritti
degli eruditi. Quest'opera che porta il titolo di _Hermaphroditus_, è
una raccolta d'epigrammi, i quali per arguzie spudorate, per frivolità
indecenti, superarono quanto s'era scritto fino allora ad imitazione
dei satirici romani. Non solo il mal costume in genere, ma oscenità
e vizî d'ogni sorta formavano l'argomento continuo de' suoi versi, i
quali non essendo privi d'eleganza, e molte difficoltà di stile o di
lingua avendo superate, ottennero grandissimo favore. Ma gli attacchi
contro di lui furono pure assai vivi. Egli però, senza punto perdersi
d'animo, menò vanto del suo libro, perchè aveva imitato gli antichi, e
dimostrato che il latino poteva adoperarsi a dire ogni cosa. Si difese
citando Tibullo, Catullo, Properzio, Giovenale, ed anche filosofi o
politici greci e romani che, pure essendo virtuosi, avevano scritto
simili oscenità, ed aggiungeva che se tali erano le sue poesie, la sua
vita era invece senza macchia.[150] Il rumore continuò tuttavia assai
grande. Poggio, che non era certo scrupoloso, lo biasimò; i frati
Minori lo fulminarono dal pergamo, e secondo il Valla lo bruciarono
anche in effigie. Ma Guarino Veronese, dotto assai celebrato, vecchio
allora di 63 anni, padre di molti figli, carattere intemerato, incapace
egli stesso d'imitarlo, pur lo difese arditamente, deridendone i
detrattori, i quali «non sanno, egli diceva, che la vita ha uno scopo,
la poesia un altro.» E queste erano veramente le idee del secolo.
Sigismondo re dei Romani coronò il Panormita in Siena poeta laureato,
e l'_Ermafrodito_ fece scuola, tanto che lo scrivere indecenze latine
fu d'allora in poi quasi un pregio per l'erudito italiano. Alfonso,
non curandosi punto delle accuse lanciate contro il poeta, fermo nel
voler dare asilo a tutti coloro che gli altri perseguitavano, tenne
sempre il Panormita in grande onore. E questi scrisse i suoi _Dicta et
facta Alphonsi_, ricevendone in premio mille ducati; poi, _Alphonsi
regis triumphus_, lettere, orazioni, poesie latine, tutte opere che
lo dimostrano facile scrittore senza merito singolare. Leggeva e
commentava al Re Livio, Virgilio, Seneca; venne dichiarato nobile;
ebbe una villa e molti danari. Bartolommeo Fazio e gli altri erano
uomini anche di minor valore. Ma l'ingegno veramente originale della
Corte restò sempre il Valla, che contribuì non poco ad alimentare in
Napoli lo spirito critico e filosofico, cui per natura quel popolo è
inclinato. Un altro uomo eminente era colà Giovanni Gioviano Pontano;
ma questi fiorì più tardi, ed appartiene ad un periodo successivo nella
storia delle nostre lettere.

6. — I MINORI STATI ITALIANI.
Se noi ci volgiamo alle piccole città ed ai minori Stati d'Italia,
vi troviamo la società sottoposta ad un numero così grande di scosse
continue e violenti, lacerata da tanti e così sanguinosi delitti, che
riesce impossibile immaginare come le arti e le lettere vi potessero
mai fiorire. I piccoli tiranni erano di continuo esposti agli assalti
dei vicini, o alle congiure che scoppiavano ogni giorno nei loro Stati.
Quando si trattava di città come Ferrara o Bologna, la posizione
strategica della prima, l'importanza del territorio che aveva la
seconda, davano certo occasione a sempre nuove e mutabili vicende.
Quando si trattava di principi come Alessandro Sforza di Pesaro, che
aveva il sostegno del fratello a Milano, o di Federico d'Urbino, che
era valoroso capitano di ventura, e poteva difendersi col suo proprio
esercito, allora, se non s'evitavano sempre i pericoli, si riusciva
almeno più facilmente a salvare lo Stato. Ma là dove simili aiuti
mancavano, noi abbiamo una serie non interrotta di fatti sanguinosi,
simili a quelli dei Baglioni in Perugia. Questi non arrivarono mai
nella città ad una signoria sicura: era il predominio d'una famiglia,
con un capo non sempre riconosciuto in essa, e un forte partito
avverso, alla testa del quale si trovavano gli Oddi. Tutto era pieno
d'armi e di bravi, e da un momento all'altro scoppiavano tumulti
violenti. Verso la fine del secolo XV gli scontri dentro e fuori della
città furono tanti e tali, che le case del contado ne cadevano in
rovina, i campi erano devastati, i contadini facevano gli assassini, i
cittadini si davano alle bande di ventura, e i lupi mangiavano «carne
di cristiani.»[151] Eppure era questo il tempo, in cui fioriva a
Perugia la più nobile, ideale e delicata pittura della scuola umbra:
era sempre il contrasto medesimo che allora s'osservava per tutto in
Italia.
Sigismondo Pandolfo Malatesta di Rimini fu un altro dei piccoli
tiranni, e fra i più singolari. Capitano di ventura rinomato,
quantunque non avesse mai comandato grossi eserciti, si dimostrò più
volte un vero mostro di crudeltà. Respinse la sua prima sposa, dopo
averne ricevuta la dote; la seconda e la terza ammazzò per gelosia o
vendetta; amò per altro con ardore fino alla morte la sua concubina
Isotta. Insanguinato in mille delitti, era irreligioso e cinico oltre
misura. Sulla sua tomba volle che si ponesse questa iscrizione:
Porto le corna ch'ogn'uno le vede,
E tal le porta che non se lo crede.
Negava Iddio, negava l'immortalità dell'anima, e quando arrivavano
le scomuniche del Papa, domandava se gli scomunicati continuassero a
gustare il buon vino ed i buoni pranzi. In occasione d'una gran festa,
fece empire d'inchiostro la pila dell'acqua benedetta, per ridere
dei fedeli che, senza avvedersene, si tingevano il volto.[152] Eppure
anch'egli era circondato di letterati, ad alcuni dei quali donò terre,
ad altri assegnò stipendî; e nel suo castello, _Arx Sismundea_, essi
lodavano il principe e il suo amore per la bella Isotta, a cui fu
innalzato nella chiesa di San Francesco un monumento, _Divae Isottae
sacrum_, accanto a quello del suo amante. La chiesa stessa, a cui
lavorò Leon Battista Alberti dal 1445 al 50, e che riuscì uno dei più
eleganti, dei più belli edifizî del Rinascimento, porta in fronte il
nome di Sigismondo, e nei fregi le lettere S(igismundus) ed I(sotta).
Nei due lati esteriori si trovano nicchie destinate a servir di
tomba ai soldati ed agli eruditi della Corte. E tutto questo non era
in lui affettazione; rispondeva invece ad un bisogno reale del suo
spirito culto ed artistico. Pio II che fu in aspra guerra con lui, e
lo bruciò in effigie, scrisse, che egli «conosceva le istorie, aveva
una grande cognizione della filosofia, e sembrava nato a tutto ciò che
intraprendeva.»[153]
A Ferrara, a Mantova, Urbino, le cose pigliavano ben diverso aspetto.
Senza essere grandi centri, come Roma e Firenze, esse riuscirono ad
avere una fisonomia ed importanza propria nella storia delle lettere.
Più di tutte fu celebre Ferrara. La sua posizione strategica la rese
in mezzo alle sue varie vicende, indipendente, non potendo nessuno
dei grandi Stati italiani permettere che altri se ne impadronisse.
I Signori d'Este che la dominarono e fortificarono, furono uomini
d'ingegno e spesso anche di molto valor militare. Nell'interno del
palazzo ducale seguirono spesso scene di sangue. Parisina, moglie del
bastardo Niccolò III, innamoratasi d'un figlio naturale del marito,
ebbe con l'amante tronca la testa (1425). E il Duca dovette poi
consolidare il suo regno, combattendo l'avversa nobiltà, con ogni arte
di guerra, con ogni sorta di tradimento. Succedono due bastardi di
questo bastardo, Lionello e Borso. Più tardi Ercole, figlio legittimo
di Niccolò III, strappa colle armi il dominio di mano al figlio di
Lionello, facendo sanguinosa strage dei nemici. E così si continuò
anche nel secolo XVI, quando il cardinale Ippolito fece cavare gli
occhi al fratello Giulio, altro bastardo, perchè lodati dalla donna che
corteggiavano insieme, e che ne adduceva al Cardinale la irresistibile
bellezza, come causa della sua preferenza. L'operazione fu male
eseguita, e dètte occasione ad altre tragedie nella infausta Corte,
perchè Giulio, che era restato con un occhio solo, cospirò insieme
con don Ferrante contro il comune fratello, il duca Alfonso I,[154]
marito di Lucrezia Borgia. Il Cardinale rivelò la trama (1506), e i
due fratelli furono condannati al carcere perpetuo, in cui don Ferrante
morì, e donde Giulio fu liberato solo quando successe il duca Alfonso
II (1559).
Pure questa appunto fu la Corte tanto celebrata per lo splendore di
lettere e di arti fino ai tempi del Boiardo, dell'Ariosto e del Tasso,
che la illustrarono coi loro nomi, colle loro opere immortali. Nel
Medio Evo essa era stata città longobarda, feudale e cavalleresca, e
non aveva nei secoli XIII e XIV partecipato al gran moto letterario
che s'era visto a Firenze. Nel secolo XV fu invece una delle città
d'Italia per lettere e cultura più fiorenti. I disordini della
Corte, circoscritti principalmente dentro le mura del palazzo ducale,
sembrava che di rado turbassero la città. Costruita secondo un disegno
prestabilito, amministrata con ordine, v'accorrevano esuli da Firenze
e da altre parti d'Italia; vi si fermavano, v'edificavano palazzi.
Le vie, le case ora deserte, bastavano allora appena a contenere
la popolazione. I suoi duchi provvedevano a tutto, e vi chiamavano
dotti, fra i quali tiene il primo posto Guarino Veronese, che portando
l'erudizione a Ferrara, dove così vive erano le tradizioni feudali e
cavalleresche, vi promosse quel rinascimento letterario che ci dètte
poi l'_Orlando Innamorato_, l'_Orlando Furioso_ e tanti altri lavori,
di cui la fama non perirà mai.[155]
Nato nel 1370 imparò il greco a Costantinopoli, di dove tornò con una
ricca mèsse di codici, che gli erano così cari da far generalmente
prestar fede alla favola, che egli incanutisse a un tratto, per
averne perduto buona parte in un naufragio.[156] Insegnò prima a
Firenze, poi a Venezia, dove ebbe a discepolo Vittorino da Feltre, nel
quale infuse la sua dottrina e i suoi principî educativi. Chiamato
nel 1424 da Niccolò III, per esser maestro di Lionello e professore
nell'Università, dandosi con febbrile ardore al doppio ufficio, scrisse
un numero assai grande di opere: traduzioni di Plutarco, Platone,
Strabone e Luciano; biografie, grammatiche e più di cinquanta orazioni.
Il merito principale di lui sta più che altro nel suo nobile carattere
e nel suo insegnamento, nel quale ebbe grande originalità, e da cui
ottenne resultati singolarissimi. Buon padre di famiglia, temperato
e sobrio nel vivere, non mai maldicente, viveva fra i suoi scolari,
dei quali aveva sempre piena la casa. Si diceva che erano usciti più
dotti dalla sua scuola che Greci dal cavallo troiano. E veramente più
di trenta de' suoi alunni furono celebrati come eruditi,[157] sebbene
Vittorino da Feltre fosse il solo che arrivasse ad una fama duratura.
Ma l'opera di Guarino va misurata dall'impulso che dètte agli studî in
Ferrara, la quale fu dal suo insegnamento e dal governo di Lionello e
Borso d'Este, suoi alunni, trasformata in una piccola Atene italiana.
Egli continuò a lavorare con lo stesso zelo fino alla sua morte,
avvenuta il 4 dicembre 1460, novantesimo della sua età, quando spirò
fra le braccia de' suoi, amato e venerato da tutti.
I Gonzaga di Mantova, alcuni dei quali comandarono poderosi eserciti,
non commisero mai quei delitti che resero così sanguinosa la storia
degli Este. La loro Corte, è vero, fu assai splendida solamente nel
secolo XVI, ai tempi del Bembo, del Bandello, dell'Ariosto e del Tasso,
massime quando viveva la buona marchesa Isabella. Pure nel secolo
XV Mantova fu illustrata dalla dimora colà di Vittorino Rambaldoni
da Feltre (n. 1378, m. 1446), il primo educatore moderno, ed il più
illustre discepolo di Guarino. Chiamato (1423) da Gio. Francesco
Gonzaga, che gli dètte un lauto stipendio ed un locale, fondò in
esso il suo celebre convitto, che prese il nome di _Casa gioiosa_,
o semplicemente _Gioiosa_. Secondo alcuni avrebbe avuto questo nome
per l'allegria che vi dominava in conseguenza dei buoni principî
pedagogici; ma il vero è che l'edilizio in cui fu messo il convitto
aveva già prima il nome di _Zoiosa_.[158] Vi s'insegnavano le lingue
classiche, per le quali furono chiamati Greci assai rinomati, come
il Gaza ed il Trapezunzio. A queste e ad altre discipline comuni alle
scuole di quel tempo, s'aggiungevano la musica, la danza, il disegno,
la ginnastica, l'equitazione. Il principio su cui si fondava la scuola
di Vittorino, era: educare con la mente il corpo, per formare il
carattere. E ciò potette riuscirgli principalmente perchè egli era un
uomo d'animo elevato e nobilissimo, che spendeva tutto il suo stipendio
per dare educazione gratuita ai poveri, i quali si trovavano nella sua
scuola accanto ai figli del marchese di Mantova ed al giovane Federico
da Montefeltro, che fu poi il celebre duca d'Urbino. Ed anche questa
comunanza ed uguaglianza d'ogni ordine di cittadini nella scuola,
era voluta dai principii pedagogici di Vittorino, che fu il primo a
condurre l'istruzione e l'educazione secondo norme scientifiche.[159]
I buoni frutti della _Casa gioiosa_ si videro non solo a Mantova, ma
anche altrove, giacchè per lungo tempo si riconobbero gli alunni di
Vittorino da una lealtà di carattere, che faceva singolare contrasto
con la generale corruzione di quei tempi.
Ed a questa educazione si dovette in gran parte, se la Corte d'Urbino
divenne un modello fra quelle d'Italia; se il duca Federico fu buono,
leale e fedele, sebbene capitano di ventura. Celebrato universalmente
per la sua capacità strategica, per la disciplina de' suoi soldati,
e per essere allora il solo capitano, che non mancasse mai alla fede
giurata o alla parola data: conosceva il latino, la filosofia, la
storia; leggeva i classici e disputava assai volentieri di teologia.
Queste cognizioni unite a quelle acquistate nel campo e nel governo,
lo condussero a possedere, o almeno ad intendere quasi tutto lo
scibile de' suoi tempi. La sua vita procedeva con ordine, come un
orologio, e dei ritagli di tempo profittava sempre per disputare ed
istruirsi. Accompagnando Pio II a Tivoli, sotto la sferza del sole,
fra la polvere sollevata dai cavalli, al luccicare degli elmi e delle
spade, discorreva col dotto Papa sulle armi degli antichi, sulla guerra
troiana, e non riuscivano a mettersi d'accordo intorno ai confini
dell'Asia Minore.[160] Il danaro raccolto dalle ricche paghe avute
come capitano di ventura, spendeva nella pace a rendere più splendida
la città e la Corte d'Urbino. Sembrava che del suo Stato volesse fare
quasi un'opera d'arte. Il palazzo da lui costruito fu dei più celebri
in Italia, non per ricchezza o sfoggio d'architettura, ma per gusto
squisito. Vi teneva più centinaia di persone, a ciascuna delle quali
affidava un ufficio determinato, con orario preciso e istruzioni
scritte. Era come una grande scuola militare, alla quale molti signori
mandavano i loro figli, per educarli alla disciplina delle armi ed
alla eleganza dei modi. Il suo tesoro principalissimo era la ricca
biblioteca, nella quale spese 30,000 ducati,[161] occupando per
quattordici anni da trenta a quaranta copisti, in Urbino, Firenze ed
altrove.[162] Procedette nel comporla con ordine grandissimo, seguendo
in parte il concetto del Parentucelli,[163] ma cercando d'abbracciare
tutto quanto lo scibile antico e moderno.[164] Così riuscì allora
una cosa unica al mondo. Circondato da artisti italiani e stranieri,
da soldati, non aveva seco gran numero d'eruditi; ma molti di essi
corrispondevano con lui, e gli dedicavano le loro opere. Passeggiava
disarmato in mezzo al popolo; desinava frugalmente all'aperto,
ascoltando la lettura di Livio o d'altri antichi. Verso sera assisteva
agli esercizî militari e ginnastici, che facevano i giovani sul prato
di San Francesco. Il popolo amava il suo Duca, e i successori di lui
ne seguirono le tradizioni.[165] Non si può dire che Urbino dèsse uno
straordinario impulso alla cultura letteraria in Italia; ma si può ben
dire che fu come uno splendido gioiello in mezzo agli Appennini, una
città esemplare, la patria di molti uomini grandi, e di Raffaello che
vale per tutti.

7. — L'ACCADEMIA PLATONICA.
Gli scrittori fino ad ora notati vissero, lo abbiamo già detto, in
mezzo ad una moltitudine di altri, i cui nomi, celebri al loro tempo,
andarono a poco a poco più o meno dimenticati. Non v'è stato invero un
secolo che abbia dato luogo nella storia ad una così grande ecatombe
di supposte celebrità, come il secolo XV. E ciò si spiega facilmente,
perchè allora vi fu un doppio lavoro. Da un lato, volendo far rinascere
l'antichità, sì dètte opera ad una imitazione e riproduzione assai
spesso meccanica del passato, alla quale cooperarono coloro che sono
stati poi dimenticati; dall'altro si ottenne un resultato nuovo ed
inaspettato, che fu l'opera d'un numero assai minore di dotti, i
cui nomi la storia deve più specialmente ricordare. E questo doppio
ordine di fatti e di uomini si ritrova in quasi tutta la cultura del
Rinascimento, nella filosofia non meno che nelle lettere. La filosofia
sembra avere una grandissima e generale importanza fra gli eruditi;
ma la più parte di essi avevano solo cavato dagli antichi scrittori
un florilegio di frasi sulla gloria, sull'amicizia, sul disprezzo
della morte, sul Sommo Bene, sulla felicità, la virtù, e le ripetevano
sempre, senza che valessero mai a dirigere in qualche modo le loro
azioni, nè a formare le loro convinzioni. In quelle frasi noi vediamo
di continuo una strana mescolanza di Paganesimo e di Cristianesimo, che
si trovano accanto ed in contradizione fra loro, senza che di ciò lo
scrittore si occupi punto. Ben presto però si manifesta il bisogno di
trovare alla vita umana un fondamento razionale, filosofico, il quale
valga a spiegare ad un tempo la virtù pagana e la cristiana, facendo
scomparire la troppo visibile contradizione. Allora incominciò il
lavoro più o meno originale, iniziato dai neoplatonici e dall'Accademia
che essi fondarono in Firenze.
Gli esuli greci non contribuirono tanto alla diffusione fra noi
della loro lingua, che già s'era cominciata a studiare in Italia, e
molto meno poi della erudizione letteraria assai fiorente prima del
loro arrivo, quanto a rivolgere l'erudizione stessa verso lo studio
dei filosofi antichi. La prima origine del platonismo o, per meglio
dire, del neoplatonismo in Italia, si deve infatti a Giorgio Gemisto,
soprannominato Pletone, per l'ammirazione che professava a Platone.
Nato nel Peloponneso, secondo alcuni, secondo altri solo rifugiato
colà da Costantinopoli, egli era il più dotto e autorevole di quanti
Greci vennero al Concilio fiorentino. Ed era poi così convinto,
anzi entusiasta del platonismo, che s'aspettava da esso anche un
rinnovamento religioso. Ciò fece dire ai detrattori di lui, che voleva
far rivivere il Paganesimo; ma stando ai suoi scritti, a quelli dei
seguaci, ed a ciò che risultò veramente dalle sue dottrine, è più
giusto il dire, essere egli convinto che il Cristianesimo avrebbe
trovato nuova conferma nella filosofia di Platone, e poteva perciò,
sotto altra forma e, secondo lui, più razionale, essere rinnovato.
Esaminando le differenze che passano tra la filosofia platonica
e l'aristotelica, in un opuscolo che divenne assai celebre,[166]
egli dava, come è facile immaginare, la preferenza alla prima, e
riduceva tutta la controversia ad una sola questione. I due grandi
filosofi ammettono, egli diceva, che la natura operi, non a caso,
ma secondo un fine. Aristotele però sostiene che a questo fine si
giunge inconsapevolmente, _non consulto_; Platone invece sostiene
più giustamente, che la natura è razionale, è consapevole, _consulto
agit_: la sua è un'arte divina, perchè è Dio che opera in essa.[167]
Un'ardentissima disputa sorse intorno a siffatta questione, la quale
può sembrare a noi di nessuna importanza, ma ne aveva allora una
grandissima. Per essa infatti s'apriva la via al panteismo, ed il
concetto del Dio personale, che presso gli Ebrei era stato solo un
Dio onnipotente, che nel Cristianesimo era divenuto il Dio padre
dei credenti, si trasformava fra noi nel concetto dell'Assoluto
filosofico.[168] Gli eruditi greci e italiani, senza rendersi chiara
ragione di ciò che facevano, presentivano pure l'importanza grandissima
della questione, e però si fermavano tanto intorno ad essa.
Giorgio Scolario e Teodoro Gaza, ambedue greci ed aristotelici,
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 12
  • Parts
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 01
    Total number of words is 4320
    Total number of unique words is 1591
    41.2 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 02
    Total number of words is 4420
    Total number of unique words is 1531
    41.7 of words are in the 2000 most common words
    57.8 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 03
    Total number of words is 4436
    Total number of unique words is 1670
    40.4 of words are in the 2000 most common words
    57.4 of words are in the 5000 most common words
    65.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 04
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1648
    39.9 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 05
    Total number of words is 4408
    Total number of unique words is 1639
    41.3 of words are in the 2000 most common words
    58.1 of words are in the 5000 most common words
    66.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 06
    Total number of words is 4448
    Total number of unique words is 1737
    40.2 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    65.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 07
    Total number of words is 4498
    Total number of unique words is 1659
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    64.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 08
    Total number of words is 4411
    Total number of unique words is 1674
    39.1 of words are in the 2000 most common words
    55.0 of words are in the 5000 most common words
    63.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 09
    Total number of words is 4478
    Total number of unique words is 1644
    41.1 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 10
    Total number of words is 4469
    Total number of unique words is 1644
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 11
    Total number of words is 4497
    Total number of unique words is 1647
    41.1 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    64.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 12
    Total number of words is 4428
    Total number of unique words is 1550
    38.2 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 13
    Total number of words is 4400
    Total number of unique words is 1663
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.8 of words are in the 5000 most common words
    63.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 14
    Total number of words is 4416
    Total number of unique words is 1725
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    50.3 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 15
    Total number of words is 4443
    Total number of unique words is 1734
    41.2 of words are in the 2000 most common words
    57.5 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 16
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1683
    43.7 of words are in the 2000 most common words
    60.5 of words are in the 5000 most common words
    68.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 17
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1622
    43.6 of words are in the 2000 most common words
    59.1 of words are in the 5000 most common words
    67.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 18
    Total number of words is 4435
    Total number of unique words is 1522
    42.2 of words are in the 2000 most common words
    59.2 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 19
    Total number of words is 4417
    Total number of unique words is 1552
    45.7 of words are in the 2000 most common words
    61.1 of words are in the 5000 most common words
    69.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 20
    Total number of words is 4485
    Total number of unique words is 1560
    44.7 of words are in the 2000 most common words
    61.4 of words are in the 5000 most common words
    69.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 21
    Total number of words is 4414
    Total number of unique words is 1554
    45.0 of words are in the 2000 most common words
    61.2 of words are in the 5000 most common words
    69.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 22
    Total number of words is 4522
    Total number of unique words is 1585
    46.5 of words are in the 2000 most common words
    64.2 of words are in the 5000 most common words
    71.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 23
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1577
    44.5 of words are in the 2000 most common words
    61.6 of words are in the 5000 most common words
    68.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 24
    Total number of words is 4531
    Total number of unique words is 1619
    44.1 of words are in the 2000 most common words
    59.3 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 25
    Total number of words is 4568
    Total number of unique words is 1634
    44.3 of words are in the 2000 most common words
    60.7 of words are in the 5000 most common words
    69.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 26
    Total number of words is 4483
    Total number of unique words is 1598
    43.9 of words are in the 2000 most common words
    59.1 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 27
    Total number of words is 4544
    Total number of unique words is 1585
    44.3 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 28
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1672
    45.0 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    68.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 29
    Total number of words is 4544
    Total number of unique words is 1602
    46.7 of words are in the 2000 most common words
    63.3 of words are in the 5000 most common words
    71.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 30
    Total number of words is 4557
    Total number of unique words is 1581
    42.4 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 31
    Total number of words is 4523
    Total number of unique words is 1721
    35.6 of words are in the 2000 most common words
    47.3 of words are in the 5000 most common words
    53.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 32
    Total number of words is 4536
    Total number of unique words is 1537
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    43.4 of words are in the 5000 most common words
    47.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 33
    Total number of words is 4470
    Total number of unique words is 1839
    29.1 of words are in the 2000 most common words
    38.2 of words are in the 5000 most common words
    43.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 34
    Total number of words is 4529
    Total number of unique words is 1415
    32.9 of words are in the 2000 most common words
    42.9 of words are in the 5000 most common words
    48.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 35
    Total number of words is 4673
    Total number of unique words is 1497
    36.2 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    51.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 36
    Total number of words is 4577
    Total number of unique words is 1426
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    46.0 of words are in the 5000 most common words
    51.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 37
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1496
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    47.2 of words are in the 5000 most common words
    52.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 38
    Total number of words is 3513
    Total number of unique words is 1203
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    61.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 39
    Total number of words is 4044
    Total number of unique words is 1536
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    51.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 40
    Total number of words is 3954
    Total number of unique words is 1711
    27.8 of words are in the 2000 most common words
    39.3 of words are in the 5000 most common words
    44.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 41
    Total number of words is 4111
    Total number of unique words is 1528
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    55.2 of words are in the 5000 most common words
    61.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 42
    Total number of words is 4209
    Total number of unique words is 1442
    40.0 of words are in the 2000 most common words
    52.1 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 43
    Total number of words is 4223
    Total number of unique words is 1452
    41.8 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    63.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 44
    Total number of words is 4152
    Total number of unique words is 1286
    46.6 of words are in the 2000 most common words
    60.6 of words are in the 5000 most common words
    69.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 45
    Total number of words is 4075
    Total number of unique words is 1329
    44.4 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 46
    Total number of words is 4086
    Total number of unique words is 1339
    41.2 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, vol. I - 47
    Total number of words is 3760
    Total number of unique words is 1287
    44.2 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    61.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.