Nella lotta - 18

dimostrarti che la mia risoluzione non dipende da altri che da me,
ch'io non agisco sotto l'influenza d'un dispetto, ch'io non ti domando
di esser mia moglie unicamente perchè quella che amavo un tempo non
può esserlo più... Tu supponi che Lucilla mi scriva per fare ammenda
della sua leggerezza. Vedrai che si tratterà invece di ben altra
cosa... Ma qualunque sia il contenuto di questa lettera, esso non può
mutare l'animo mio. Ormai amo te, amo te sola, e di te sola voglio far
la mia donna, la compagna della mia vita... Non ti basta ancora?
--Oh fratello mio, s'egli m'ingannasse, s'egli dovesse pentirsi, io ne
morrei--balbettò Maria senza sollevar la testa dalla spalla d'Odoardo.
--In verità--disse questi--non riesco ad intenderti. Roberto non può
parlar più chiaro di così... Perchè vuoi che t'inganni? Perchè vuoi
che si penta? Non deve parergli vero d'essersi liberato da quella
civetta.
--Odoardo!--esclamò Maria in tono di rimprovero.
--Oh lascia un po' che spifferi la mia opinione anch'io. Quella
signorina Lucilla è una civetta e chi la sposerà starà fresco.
--Non auguriamo disgrazie a nessuno--gridò Roberto, che in questo
intervallo aveva aperto e scorso rapidamente la lettera.--Dopo aver
gettato sopra di me la responsabilità della nostra rottura, Lucilla mi
annunzia ch'è fidanzata al marchesino Moschi.
Chi fosse disceso in quel momento nel cuore dell'ingegnere Arconti
avrebbe forse potuto trovarvi un po' d'amarezza, perchè noi siamo
fatti in maniera che una certa dose di vanità non ci lascia mai, e
anche quando vogliamo troncar ogni relazione con una persona, ci
dispiace che questa persona ci si rassegni troppo facilmente.
Comunque sia, quest'annunzio troncò gli ultimi dubbi di Maria.
Scioltasi dall'amplesso di suo fratello, ella si lasciò cadere a'
piedi del letto di Roberto, e fissando nel giovine i suoi occhi pieni
di tanta luce di pensiero e di tanta fiamma d'affetto, gli disse con
accento ineffabile:--Adesso sono contenta. Adesso son proprio _tua_.
Egli si chinò sopra di lei, e le cinse il collo con ambe le braccia.
--O mia salvatrice, o mio angelo, quanto bene ti voglio!
--Sia ringraziato il cielo!--esclamò Odoardo.--Se c'è un matrimonio
che debba esser felice, è il vostro. Perchè, dà retta a me, Roberto,
una ragazza simile a Maria non la trovi a girar mezzo mondo.
--Lo so, lo so.
--Che sciocchezze dici, Odoardo!
--Adesso ne dico una più grossa ancora. Il mio maggior dispiacere è
quello d'esser tuo fratello.
--Oh questo poi.....
--Sì, perchè altrimenti t'avrei sposata io.
--Pazzo che sei!
--Ora che siamo intesi--ripigliò Roberto--mi racconterete un po' come
vi sia giunta la notizia della mia disgrazia, e come siate arrivati a
salvar questo povero sepolto vivo.
--Mi vien freddo al solo pensarci--rispose Maria.--Parla tu, Odoardo.
Il Selmi cominciò allora un racconto che, in parte, non sarebbe per
noi che una ripetizione di cose già dette, in parte, non diletterebbe
punto i lettori.


XXXI.

Prima che passassero due mesi, si celebrarono in Valduria le nozze fra
Roberto e Maria.
La signora Federica non vi assisteva. Quando suo figlio, rispondendo
alla lettera in cui ella gli partecipava con l'animo straziato il
matrimonio di Lucilla col marchesino Moschi, le annunziò alla sua
volta che aveva deciso di sposar Maria Selmi, la buona donna montò su
tutte le furie. Nè valse a calmarla il racconto fattole da Roberto del
pericolo corso e della parte che Maria aveva avuto nella sua salvezza.
Senza dubbio, pensava la signora Federica, quell'artificiosa ragazza
lo fece cadere in una trappola per aver poi il merito di tirarnelo
fuori. Sotto quest'impressione la signora Federica scrisse un'epistola
di sei facciate, ch'era un miracolo di logica. Ella gli diceva che
questo avvenimento era inaudito ed imprevedibile, quantunque pur
troppo ell'avrebbe scommesso che l'andava a finir così, visto che
Roberto discorreva molto di dignità, ma non ne aveva punto. Una
_mésalliance_ simile! Un Arconti, che avrebbe potuto aspirare a una
nobile, sposare una _contadina_! Un Arconti, che avrebbe potuto sedere
sullo scanno dei ministri, seppellirsi in una zolfatara! E prendere
una risoluzione di questa fatta senza consultare la madre! E sì
ch'ella aveva un'_idea_, e contava di potergli offrire di giorno in
giorno una splendida posizione in Milano, e più tardi forse, chi sa?
anche il matrimonio con una ricca ereditiera. A questo punto, la
signora Federica passava, con un rapido movimento oratorio, a
lamentarsi delle sue miserie, che ormai sarebbero state tali da
muovere a compassione le pietre. Se suo figlio, ch'era uno spiantato,
si ammogliava con una spiantata, senza dubbio egli le avrebbe
soppressa o diminuita la pensione. E in questo caso che le restava? La
sua piccolissima dote col cui interesse ella non poteva certo vivere,
e del cui capitale ella non poteva disporre a suo talento. Le si
lasciasse almeno consumar questa; già ella non aveva da campar molti
anni; e poi, alla peggio, non le sarebbe mancato un posto al Pio Luogo
Trivulzio, in qualche altro Istituto di Carità, ov'ella sarebbe
apparsa a tutti come accusatrice d'un figlio snaturato. Dopo un sì
bello squarcio d'eloquenza la signora Federica dava alcuni particolari
sulle prodezze del suo pappagallo.
Roberto non mostrò questa lettera a Maria, che ne avrebbe avuto molto
dolore; ma si affrettò a calmare le inquietudini di sua madre circa
all'_indigenza_ che la minacciava. Egli l'assicurò che pel momento
tanto egli quanto Maria avrebbero vissuto benissimo senza diminuire
d'un soldo ciò che la signora Federica riceveva ogni mese; che se in
futuro fossero cresciute le gravezze, era sperabile che crescessero
anche i profitti; che, in ogni modo, la sua mamma poteva venir sempre
ad abitar con loro, e poteva esser certa di trovar la più affettuosa,
la più cordiale accoglienza. E Maria aveva insistito perchè
quest'offerta fosse fatta alla signora Federica anche in nome di lei.
In quanto a Roberto, egli era sicuro che sua madre non sarebbe venuta
a viver in quei luoghi per tutto l'oro del mondo, e in cuor suo non
desiderava che ci venisse, certo com'era che ci si sarebbe trovata
male e avrebbe fatto star male anche gli altri.
Comunque sia, nel corso di questa corrispondenza gli spiriti bollenti
della signora Federica si calmarono alquanto, ed ella spinse la sua
magnanimità fino al punto di manifestare a suo figlio una nuova
luminosissima idea. Egli doveva, appena sposato, abbandonare il suo
impiego, e trasportarsi con la moglie a Milano, alla ricerca
d'un'occupazione degna d'un Arconti. Ella intanto si sarebbe
incaricata di dirozzare la nuora, e in tre mesi prometteva di ridurla
una signora di garbo, simile a lei.
E poichè Roberto rispose con uno dei suoi soliti rifiuti, la signora
Federica si lagnò molto della sua incorreggibile caparbietà, e
dichiarò che alle nozze non ci verrebbe assolutamente, tanto più che
quelli non eran paesi dove una persona civile potesse passar la notte.
Nondimeno volle mandare il suo regalo a Maria, e le spedì infatti
alcuni gingilli di qualche valore che non potevano servirle a nulla.
Il banchetto nuziale fu dato all'osteria di Valduria sotto la
direzione di Odoardo Selmi, e con l'intervento di tutti i notabili del
luogo e di tutti i soprastanti delle due miniere di Valduria e
Rignano. All'ora dei brindisi e dopo che l'eloquenza degli altri si fu
sfogata appieno, Roberto Arconti si levò anch'egli a ringraziare degli
augurî che gli erano rivolti, e pronunziò un bel discorsetto,
concludendo all'incirca così:--Qualcheduno di voi mi fece un merito
speciale perchè, nato fra gli agi, seppi adattarmi a un'esistenza di
fatiche e di privazioni. È vero, pochi anni fa io non m'aspettavo
sicuramente di dover finire in una miniera. Ero ricco, ero elegante,
amavo tutti i piaceri della società. Però in fondo del cuore, mi
risuonava sempre una frase di mio padre, una frase ch'egli, sorto da
modeste origini, illustrò con l'esempio: _La vita non ha pregio che
nella lotta_. Prima o poi, in una forma o nell'altra, in questa lotta
ci sarei entrato. La fortuna, volgendomisi contro, mi costrinse a
spiegare più presto il mio spirito battagliero. Non mi dolgo nè della
cosa, nè del modo. Affrontar le forze della natura, governarle,
raffermar sovr'esse il dominio dell'uomo non esige minore ardimento
che slanciarsi nei vortici della speculazione o nelle gare della
politica. E l'anima si conserva più incorrotta, e la vittoria non ha
rimorsi, e la sconfitta non ha vergogna. Io son dunque lieto d'esser
con voi a combattere queste battaglie, a sfidar questi pericoli d'ogni
giorno. Nè mi curo della gloria, ch'è facile premio a tante altre
specie d'operosità. La mia unica ambizione si è che in queste valli,
su questi monti, di cui noi ricerchiamo l'intime viscere, si possa
dire un tempo, ricordando il mio nome: Fu coraggioso, fu attivo, fu
onesto, e insegnò, praticandola, la religione del lavoro e del
dovere.--
Entusiastici applausi accolsero le parole dell'ingegnere. Solo Maria,
quand'egli sedette, gli susurrò all'orecchio:--Cattivo, la vita non ha
dunque altro di bello che la lotta?
Egli sorrise,--No, Maria, ha di bello anche l'amore... Vuoi che lo
dica ad alta voce?
--Oh no, mi basta che tu lo pensi.
Nè ormai Maria può dubitar più che Roberto lo pensi davvero. I due
giovani vivono felici in una piccola e linda casetta posta sulla cima
d'un colle che domina altri poggi minori e consente di abbracciar con
lo sguardo un'ampia distesa di valli. Al di là dei poggi, al di là
della pianura, quando l'aria è limpida, l'occhio si spinge fino
all'Adriatico e, ajutato dal cannocchiale, discerne le candide vele
dei bastimenti e la striscia di fumo che i piroscafi lasciano dietro
di sè. Dalla parte opposta, verso Occidente, sorgono erti e severi i
monti dell'Appennino.
La miniera ha sempre i suoi rischi e le sue tribolazioni. La natura è
spesso ribelle, gli uomini son rozzi e violenti, pronti alle minaccie,
pronti alle offese. Ma l'ingegnere Arconti continua a esercitar sulle
cose e sugli uomini quell'impero che un forte ingegno, una volontà
risoluta, e un rigido senso della giustizia sogliono dare a chi li
possiede. Maria è a Rignano quel ch'era a Valduria, l'angiolo tutelare
dei deboli e degli afflitti. Quante collere ella riesce a disarmare
con la sua parola, su quante piaghe ella sparge un balsamo col suo
sorriso!
Quand'è sola, ella ha le sue ore angosciose, in cui la mente le si
popola di tristi memorie e di tristi presagi. Però l'arrivo di Roberto
basta a dissipare le nuvole che le si sono addensate sulla fronte, e,
allorchè nella sera, spicciate l'ultime faccende, egli viene a sedersi
vicino a lei nella cameretta ov'ella lavora, ella sente che non
cambierebbe il suo stato con una regina.
Di quella cameretta i due sposi hanno fatto un nido tranquillo, ove
non giungono le cure della giornata. Prima d'entrarvi, Roberto lascia
i suoi vestiti da minatore; se i lavoranti vengono a cercarlo
mentr'egli è là, essi devono fermarsi sulla soglia. Tutto il resto
della casa tradisce le occupazioni del padrone; quello stanzino
potrebbe far credere di trovarsi, in una città, presso qualche
famiglia borghese. Maria vi ha collocato le migliori suppellettili, i
libri di Roberto, l'album di fotografie, l'elegante servizio da thè
che M.^r Black ha spedito da Londra, i gingilli che la signora
Federica ha mandato in dono da Milano.
E quasi ogni sera Maria prepara il thè con le sue mani, e Roberto si
mette a sfogliare uno dei volumi che gli ricordano la sua prima
giovinezza, e legge ad alta voce qualche poesia d'uno o d'altro autore
favorito. Passandogli un braccio intorno al collo, Maria sta intenta
ad ascoltarlo, e le sue guancie s'imporporano, e i suoi occhi
s'illuminano, e l'espressione del suo viso mostra chiaramente che non
le sfugge nulla di ciò ch'è bello, di ciò ch'è nobile, di ciò ch'è
gentile.
--Come volan via presto queste ore!--ella esclama talvolta. E
soggiunge maliziosamente:--Eppure non son ore di lotta!
--No, son ore di pace, rese più care dalle ore tempestose che le han
precedute. Credi forse che le gusteremmo così senza le fatiche e le
inquietudini della giornata?
--Già, tu vuoi aver sempre ragione--dice Maria, sorridendo. Indi a
voce più bassa:--E di _lui_ ci sarà proprio bisogno di farne un
minatore?
Chi è _lui_? _Lui_ è un personaggio misterioso, del quale si discorre
da qualche tempo con grande interesse come d'un viaggiatore che deve
arrivare e che prenderà il nome di Mariano. È vero che _lui_ potrebbe
benissimo esser _lei_, e lasciar tutti con un palmo di naso, ma i
conti fatti servirebbero per un'altra volta. _Quod differtur non
aufertur._
--Non sarà necessario di farne un minatore--risponde con gravità
Roberto--ma sarà necessario, a ogni modo, di farne un uomo che
affronti coraggiosamente le difficoltà della vita.
--Anche lui nella lotta, dunque?
--Anche lui.

FINE.