Nella lotta - 08

che un giorno o l'altro lo si sarebbe potuto nominar consigliere del
Comune e poi assessore. La maestra comunale, ch'era la _lionne_ del
luogo, lo trovava proprio un _cavaliere_ a modo, e consacrava a lui in
segreto quella parte del suo cuore ch'era lasciata disponibile dal
grosso brigadiere dei carabinieri. Piccola, magra, giallognola, la
signora Stella non aveva in sè nulla di luminoso, ma gli scarsi suoi
pregi fisici non impedivano al brigadiere, ch'era un leone in armi e
un coniglio in amore, di farle delle dichiarazioni sotto forma di
sciarade. Questo esercizio erotico-letterario, a cui egli si dedicava
sopratutto nella domenica, gli aveva fruttato una riputazione di
poeta, della quale egli si pavoneggiava assai, quantunque dicesse
modestamente di non meritarla. Era celebre a Valduria fra gli altri
suoi componimenti quello sulla parola _galanteria_:
Non osservando in ver
Le leggi dell'_intier_,
_Seconda_ io ti dirò
Se non dai retta a me
Che son _primier_ con te.
Sciarada, come ognun vede, stupenda, ma un po' contraria alla realtà
delle cose, perchè la signora Stella dava retta benissimo all'ottimo
brigadiere; solo avrebbe preferito che le sue dichiarazioni invece di
essere in versi enigmatici fossero in prosa paesana, e si traducessero
in una semplice domanda di matrimonio. Questa però non era l'opinione
del brigadiere, ostinatamente deciso a rimaner celibe.
Un personaggio che compariva immancabilmente la domenica a casa Selmi,
e vi si tratteneva spesso a desinare, era il signor Max Rundberg,
bavarese, ma domiciliato da più di trenta anni in Romagna, ove
dirigeva un'altra miniera di zolfo, appartenente essa pure a una
Società inglese e situata a Rignano, villaggio a sette chilometri da
Valduria. Il signor Max non era uno scienziato, ma un uomo pratico sul
taglio di Odoardo, rotto alla fatica e impavido davanti ai pericoli.
Godeva la riputazione di gran bevitore, e quand'egli onorava la mensa
dei Selmi, Maria doveva triplicare la razione di vino. Si calcolava
che la quantità di liquido da lui giudicata necessaria per inaffiare
il pranzo non fosse inferiore ai quattro litri. Per buona ventura,
tutto questo vino trangugiato non alterava la serenità del suo animo;
contribuiva soltanto a sciogliergli lo scilinguagnolo. E allora egli
narrava certe storie arrischiate delle _Bierhalle_ di Monaco e vantava
gli occhi, i capelli e i vari pregi palesi ed occulti delle
_Kellnerinnen_ de' suoi tempi, intercalando il racconto di vivaci
esclamazioni in lingua tedesca. A poco a poco il tedesco prendeva un
deciso sopravvento, e il signor Max finiva col parlare interamente nel
suo idioma nativo. Prima dell'arrivo di Roberto, non lo intendeva
nessuno; adesso l'ingegnere Arconti era in grado di gustare quegli
squarci d'eloquenza, che però non credeva opportuno di tradurre in
lingua volgare. Il signor Max chiudeva le sue arringhe col vantare le
dolcezze dello stato di vedovanza, nel quale per sua fortuna,
_glücklicherweise_, egli vivea da quattro lustri. Dopo di ciò, egli
lasciava cader la testa sul petto, intrecciava le mani sul ventre e si
addormentava, russando con lo strepito d'una stufa appena accesa.
Desto a capo d'un'ora circa, calcava in testa il suo _gibus_
(poich'era per lui un uso impreteribile di adoperar la domenica un
vecchio _gibus_ sgangherato) e s'avviava a piedi alla sua miniera.
Queste _macchiette_ offrivano a Roberto il modo d'infiorar di schizzi
gustosi le lettere ch'egli scriveva a Milano, e con le quali si
proponeva di divertir sua madre e Lucilla, Lucilla sopratutto. Nella
più candida affezione che l'uomo porta a una donna c'è sempre una dose
di vanità; noi non vogliamo soltanto persuadere quella donna che
l'amiamo, vogliamo persuaderla altresì che siamo persone di spirito e
d'ingegno. In questo caso però le compiacenze d'autore erano, pel
nostro Roberto, assai scarse. La signora Federica, che rispondeva per
sè e per Lucilla (soltanto un pajo di volte Lucilla aveva aggiunto una
riga di suo pugno), mostrava di pregiar mediocremente le descrizioni
che le faceva suo figlio; o non le rilevava nemmeno, e riempiva tutti
i suoi fogli di piagnistei, o, rilevandole, ne esagerava la portata, e
metteva in ridicolo anche le persone che a lui non parevan punto
ridicole, come per esempio Odoardo e Maria. Come va il francese di
_Mademoiselle_? gli si chiedeva. Ha ella imparato a dire: _Oui,
Monsieur_? Spesso la signora Federica, dopo aver canzonato la società
di Valduria, si diffondeva a discorrere della vita di Milano di cui
pur troppo ella non poteva approfittare, e perchè era ancora in lutto,
e perchè, a ogni modo, non avrebbe avuto quattrini da far _toilette_.
Le Dal Bono, invece, erano andate in tre o quattro famiglie, e Lucilla
aveva sempre riportato la palma su tutte le altre ragazze. Era così
bella, così graziosa, ballava così bene!
I trionfi della fanciulla ch'egli voleva far sua lusingavano da un
lato l'amor proprio di Roberto, ma non potevano a meno di destargli
qualche apprensione. Chi lo assicurava che Lucilla, se si metteva
davvero a frequentare le conversazioni ed i balli, non finisse
coll'appassionarsi troppo per una vita ch'egli non avrebbe potuto
offrirle mai? Chi lo assicurava che di tante galanterie che le
sarebbero suonate all'orecchio, nessuna avrebbe trovato la via del suo
cuore? Ed egli non era lì per difendersi, egli non poteva nemmeno
scriverle direttamente! Chi sa come sua madre riferiva a Lucilla le
parole di lui, e a lui le parole di Lucilla? Pure da questo medesimo
pensiero, che soleva essere un gran dolore per lui, gli veniva
talvolta un raggio di conforto. Era certo la signora Federica che
faceva apparir Lucilla un po' frivola; se avesse scritto ella stessa,
sarebbe stato ben altra cosa.
In ogni modo, quando la mente del nostro giovinotto correva a Milano,
essa ne tornava indietro piena di gravi preoccupazioni. La buona e
savia Maria se ne accorgeva, e s'accorgeva sopratutto che le lettere
che gli venivano da casa non lo colmavano di allegrezza. Avrebbe
voluto esser la sua confidente, si ricordava ch'egli le aveva detto un
giorno che avrebbero parlato insieme di Lucilla, ma non osava
intavolare il discorso. Dal canto suo, egli sfuggiva quest'argomento;
c'è un pudore naturale che ci fa riluttanti a esprimere i nostri dubbi
sulle persone che amiamo.
Non sarebbe stato difficile all'ingegnere Arconti di ottenere un
congedo d'una diecina di giorni e approfittarne per fare una corsa a
Milano; ma egli sentiva che non gli era lecito abbandonar Valduria
finchè rimanevano sospesi gli esperimenti da lui iniziati. Da essi
dipendeva l'avvenire della miniera, ed essi non potevano riuscire che
per opera sua, perchè, fuori di lui, di Cipriano e di Maria, nessuno
credeva che sarebbero riusciti. Ora, non si vince quando non si crede
nella vittoria. D'altra parte, lasciare, fosse pur per poco, la
sopraintendenza dei lavori a Cipriano non era nè conveniente nè
opportuno. Cipriano era dotato di molto ingegno, ma gli mancavano
parecchie cognizioni indispensabili; inoltre, malgrado la deferenza
che da qualche tempo egli mostrava verso Roberto, c'era nel suo
carattere qualche cosa che impediva di fidarsene appieno.


XIII.

La battaglia in cui Roberto s'era impegnato non era di quelle che
durano un giorno. Essa era cominciata già da più mesi, e l'Arconti
aveva bisogno di tutta la sua energia per non abbandonar la partita. A
ogni piè sospinto, sorgevano nuove difficoltà che esigevano nuovi
studi, nuovi espedienti, e... nuovi quattrini. Pei quattrini era forza
ricorrere a Londra, e la _Sulphur Society_, assai ben disposta sulle
prime, andava a poco a poco mostrandosi più restia. Non era lontano il
momento in cui alla domanda d'ulteriori rimesse si sarebbe risposto
con un bel no, e quel momento non poteva non coincidere con una crisi
dolorosa, per lo meno col licenziamento degli operai che s'erano
arruolati in virtù dei cresciuti lavori. C'era già una vaga
inquietudine nel personale. Gli ultimi venuti presentivano la loro
sorte, gli altri si turbavano al pensiero d'una possibile diminuzione
di guadagni in seguito alla concorrenza, che sarebbe stata fatta loro
dai licenziati. Si sparlava di Roberto che, senza nessuna esperienza,
aveva voluto metter sossopra la miniera, si biasimava Cipriano che,
pur non potendolo soffrire, s'era lasciato prender all'amo dalle sue
parolone, e finalmente si dava del babbeo al direttore, il quale si
contentava d'esser capo soltanto di nome.
Nella visita ch'ella faceva a parecchie famiglie di minatori, Maria
era messa a parte di queste lagnanze e di queste apprensioni e
s'adoperava del suo meglio a calmarle.--Vedrete, si riuscirà;
l'Arconti è un bravo giovine e non agisce alla leggera.
Una tra le più arrabbiate oppositrici era la vecchia Gertrude, la
quale detestava Roberto e non perdonava a suo figlio d'avergli dato
retta.--Quello lì--ella diceva a Maria--ci rovinerà tutti. Quello li è
il cattivo genio di Valduria.... Va là, Mariuccia, che anche tuo
fratello ha un gran rimorso sulla coscienza. Le cose non andavan bene
quando il vero e solo direttore era lui? E se gli occorreva proprio un
aiutante, non lo aveva pronto? Non c'era Cipriano? Il Cipriano d'una
volta, veh! non quello d'adesso.... Dacchè si sciupa gli occhi e la
testa coi libri, dacchè crede alle fanfaluche di quel bellimbusto, è
diventato un altr'uomo.... Oh se un anno fa avessero chiamato lui,
avresti visto se Cipriano si sarebbe fatto onore.... E allora anche la
tua superbietta.... oh basta.... so quel che mi voglio dire.
La fede di Maria in Roberto non diminuiva, ma la sua anima era
amareggiata da questi discorsi e glielo si leggeva sul viso.
--Comincia anch'ella, Maria, a non creder più in me?--le domandava
tristamente l'Arconti.
Ed ella gli rispondeva pronta:--No, mai, mai, glielo assicuro.... Ma
che posso far io, povera fanciulla?....
--Oh può far tanto!.... Se non altro può tener vivo il mio coraggio.
Ella arrossiva, ma queste parole le versavano in cuore una dolcezza
infinita.
Chi non ha qualche volta dubitato di sè? Allorchè la meta sperata
s'allontana inopinatamente, allorchè tutti ci gridano: _Avete
sbagliato strada_; chi non prova un gran turbamento nell'animo, chi
non prova il bisogno di ripiegarsi su sè medesimo e di chiedersi: Ho
ragione io, oppure hanno ragione gli altri? Ebbene; quando l'impresa a
cui ci siamo accinti è frutto d'una convinzione profonda e matura, noi
trionferemo delle nostre incertezze, noi proseguiremo a ogni modo la
nostra via, ma come più facile ci sarà la vittoria se un sorriso, se
una parola verrà a rinfrancare il nostro spirito avvilito dallo
scherno e dal biasimo della folla, se fra tanti spettatori lieti di
vederci presso al naufragio uno almeno ci tenderà la mano dal lido! E
che gratitudine serberemo a quest'uno!
L'animo nobile ed elevato di Roberto apprezzava Maria più ch'egli non
lo dicesse a lei, più che non lo confessasse a sè stesso. I due
giovani non avevano agio di far lunghe conversazioni; le lezioni di
francese erano divenute assai rare, perchè i lavori della miniera
assorbivano quasi tutto il tempo dell'Arconti e lo costringevano
sovente anche a passar la notte fuori di casa; nondimeno, a qualunque
ora egli tornasse per prendere un po' di riposo, trovava Maria che gli
veniva incontro, e più con lo sguardo che con la voce gli domandava
che cosa vi fosse di nuovo. E se un barlume di speranza gli balenava
negli occhi, anche il viso di lei si rischiarava d'una subita luce, e
se la sua fisonomia era abbattuta, ella seria, ma composta e
tranquilla, gli diceva.--Coraggio, sarà per domani.--Oh perchè Lucilla
non gli faceva dire altrettanto? perchè da Milano non sapevano
presagirgli che disinganni e amarezze, non sapevano ripetergli che la
solita antifona:--Vieni via da quella bolgia. Cercati un mestiere più
da galantuomo?
Un giorno in cui Roberto prima di scendere nel sotterraneo
accompagnava Maria sulla strada di Valduria ov'ella si recava per
alcune spesuccie, apparve loro da lungi Cipriano.
--Non mi lasci ora--disse Maria all'ingegnere.--Mi conduca a casa.
Andrò a Valduria più tardi.
E così dicendo, si fece rossa rossa.
--Come desidera,--rispose Roberto. E i due giovani ritornarono sui
loro passi in silenzio.
Cipriano non li seguì, ma, prendendo una scorciatoia, giunse in due
minuti alle falde della collina che Maria doveva risalire per tornare
alla propria abitazione. Senza dubbio egli credeva di trovarla sola.
Allorchè vide che l'Arconti era sempre con lei, aggrottò le ciglia,
fece un segno d'impazienza e si dileguò di nuovo rapidamente.
Roberto, che aveva taciuto fino allora, toccò per la prima volta un
soggetto delicatissimo. Si ricordava delle parole dettegli da
Cipriano, si ricordava della preghiera che questi gli aveva fatto di
perorar la sua causa. Egli se n'era schermito, ma se l'occasione
favorevole si presentava, perchè lasciarla sfuggire? Non aveva
simpatia per Cipriano, ma non poteva dissimularsene il valore, non
poteva negar lode al suo contegno negli ultimi tempi.
--È cattiva con Cipriano--egli disse alla ragazza.
Ella, ch'era già rossa, divenne scarlatta e balbettò.--Io?... Perchè?
--Egli la cerca ed ella lo sfugge....
Maria non rispose.
--Eppure vi fu un tempo in cui credevo....--ripigliò Roberto.
--Che cosa credeva?--interruppe vivamente Maria.
--Scusi, sa, non dovrei entrarci....
--Ma parli, parli.
--Credevo che ci fosse un po' di simpatia fra di loro....
--Oh, signor ingegnere, perchè mi tormenta?....
--Smettiamo, se le dispiace....
--Adesso che ha incominciato!... Io sono per Cipriano quella d'una
volta.... È colpa sua se lo sfuggo.... Perchè non si contenta che gli
voglia bene come una sorella?
--Perchè le vuol bene più che come un fratello, ecco la
ragione,--rispose Roberto.
--E allora non c'intenderemo mai--replicò la ragazza, mentre i suoi
occhi s'inumidivano di pianto.--Sconsigliato Cipriano! Perchè ha
voluto guastar la nostra amicizia? Non era bella? Non era santa? Non
era piena di confidenza e d'abbandono?
--Eppure, cara Maria,--riprese l'Arconti--è nell'ordine naturale delle
cose che un uomo desideri di sposar la donna che ama, e che la donna,
anche lei, miri ad avere una famiglia sua, ad avere dei figli.
--Ma io non intendo sposarmi.
--E perchè? Sarebbe una così buona moglie, una così buona mamma....
--No, no, non mi sposerò.
--Cose che si dicono.
--Vedrà.
--O che vuol farsi monaca?
--Monaca io? mi farebbe ridere senza voglia.... Chiudermi fra quattro
muri, io che amo tanto l'aria, la luce, il moto, la libertà dei
campi?... Che idea!... Come se ci fosse bisogno di farsi monache
quando non ci si marita.... Una famiglia propria, dice.... O non l'ho
una famiglia? Non ho Odoardo, che ha tanto affetto per me e a cui devo
tanto?... Per ora non si sposa nemmen lui.... Se si sposerà, sarò una
buona cognata, una buona zia.... Mi parla di bambini? Si figuri se non
li amo.... Ce ne son tanti in questa valle che mi fanno una festa....
Se li vedesse quando entro nelle loro case, come mi si aggrappano alle
sottane, come mi si arrampicano fin sulle spalle!... E se son malati,
mi vogliono al loro letto.... Me ne ricordo uno, poverino, ch'è morto,
e fino all'ultimo momento voleva che gli tenessi la mano sulla
fronte....
--Ha le lagrime agli occhi per quel bimbo che non le apparteneva, e
dice che non vuole esser madre....
--No, no....
--Via, senta ancora una parola--proseguì Roberto infervorandosi nella
sua parte d'avvocato.--Non sa che il giovine ch'ella respinge anela a
una migliore posizione per amor suo, studia per essere degno di
lei....?
--Oh, degno di me!--interruppe Maria.--È anzi degno di molto
meglio.... Ci son tante belle ragazze nelle vicinanze.... E saran
superbe d'esser corteggiate da Cipriano.... Ma mi lasci stare.... Non
si ostini a una cosa impossibile....
--Nientemeno!--esclamò l'Arconti.
--Non insista, signor Roberto,--disse la giovinetta, e le lagrime, non
più rattenute, le colavan giù per le guancie.--Che male le ho fatto
perchè mi esponga a questa tortura?
--Male, povera Maria? del bene mi ha fatto, e tanto bene.... Ed io non
posso desiderare che la sua felicità.
--Grazie di queste parole--rispose Maria con voce commossa.--Quand'è
così, se ne avessi bisogno, mi difenderebbe, non è vero?
--Oh sì, con tutta l'anima.
Il colloquio, che abbiamo riferito, lasciò una singolare impressione
in Roberto.--Strana creatura quella Maria!--egli riflettè fra sè,
incamminandosi soletto verso la miniera.--Non ama Cipriano.... Non
vuole sposarsi.... Amerebbe qualchedun altro?... E chi?... Adesso poi
la nostra amicizia con Cipriano è finita sicuramente.... Gli
torneranno le stolide ubbie d'una volta, e nessuno potrà levargliele
dal capo.... Del resto, perchè m'accalorava tanto in suo favore?...
Che m'importa che Maria lo sposi?... Buona Maria! Ella non deve essere
sacrificata, ella non lo merita, e se suo fratello non basterà a
difenderla, ci sarò anch'io.... La vecchia Gertrude aveva ragione.
Cipriano ed io eravamo destinati a farci la guerra.... Sarebbe però un
gran male che le ostilità scoppiassero in questo momento.... Con tanto
bisogno d'accordo che c'è pei lavori della miniera!
Le apprensioni di Roberto erano infondate. Cipriano era più torvo, più
chiuso del consueto, ma non fece all'ingegnere Arconti nessun discorso
relativo a Maria. Sentiva che, prima d'iniziare altre battaglie,
bisognava decider quella terribile che si era impegnata con le forze
della natura.... O si vinceva, e la vittoria avrebbe fatto anche di
lui un altr'uomo, e gli avrebbe dato il diritto di parlare alto; o
s'era sconfitti, e chi sa allora che cosa sarebbe avvenuto? In
quest'ultima ipotesi un conforto restava a Cipriano. L'ingegnere
Arconti non avrebbe potuto rimaner più oltre a Valduria, perchè sul
suo capo sarebbe ricaduta la responsabilità maggiore dell'insuccesso.
Così lo scorno dell'uomo che in fondo del cuore egli odiava, avrebbe
risarcito in parte Cipriano dell'infausto esito d'un'impresa a cui
egli stesso consacrava tutte le forze dell'ingegno e del braccio.
Intanto egli non mancava a nessuno de' suoi doveri, non si ritraeva nè
davanti alla fatica, nè davanti ai pericoli. Era pur doloroso per
Roberto di presentire un nemico in un così valido e intelligente
alleato.
E la fortuna, che si lascia spesso domare dalla perseveranza, cedette
infine all'energia e all'attività dei due uomini che non s'erano
sgomentati alle sue ripulse. Dopo mesi e mesi di prove, nello spazio
di una settimana, si potè dir d'avere trionfato su tutta la linea. I
difficili esperimenti pel risparmio di combustibile, intorno ai quali
l'ingegnere Arconti s'era torturato così a lungo il cervello, e da cui
era lecito aspettarsi un risparmio del trenta per cento sul costo di
produzione, riuscirono nel modo più luminoso; la resa del minerale
nella nuova galleria divenne ad un tratto abbondante oltre ogni
aspettazione, dopo d'essere stata povera e scarsa in maniera da
permettere appena agli operai che lavoravano a cottimo di guadagnarsi
da vivere.
Fu una gioia immensa in tutta la valle. La miniera di Valduria, che
dava sostentamento a tante famiglie e che pe' suoi meschini profitti
era stata più volte sul punto di esser abbandonata, aveva ormai un
avvenire brillante dinanzi a sè. Quelli che avevano maggiormente
gridato contro le tentate innovazioni erano adesso i più pronti
all'entusiasmo. I nomi di Roberto Arconti e di Cipriano Regoli erano
su tutte le bocche, e nessuno li lodava con maggiore spontaneità del
buono e leale Odoardo Selmi, quantunque il trionfo de' suoi due
giovani aiutanti non potesse che contribuire a mettere nell'ombra chi
avrebbe dovuto essere il vero direttore della miniera. Ma nell'animo
schietto del Selmi non allignava l'invidia bassa e volgare; a chi
voleva dare anche a lui una parte di merito, egli rispondeva.--Non ne
ho affatto, o forse ho soltanto quello di aver chiamato a Valduria
l'ingegnere Arconti. Senza di lui, non saremmo oggi a questo punto.
Cipriano è un bravo caporale, ma non può essere che uno stromento
subalterno. La mente direttiva è Roberto; quello lì ha cervello per
tutti.
Odoardo Selmi era veramente orgoglioso del suo Roberto; di Cipriano
ammetteva il valore, ma non lo amava; a Roberto invece egli voleva un
bene dell'anima. Oh se Roberto non avesse ancora conservato i gusti
cittadineschi, se non avesse avuto la fanciulla del suo cuore a
Milano, che bei progetti si sarebbero potuti fare!
E Maria? Come dipingere la contentezza di Maria? Ella aveva diviso
tutti i palpiti di questa lotta, ella aveva conosciuto meglio di ogni
altra persona le angustie di Roberto, aveva dovuto difenderlo contro
chi lo attaccava, aveva dovuto difenderlo contro sè stesso, aveva
sentito che, s'egli non riusciva, gli sarebbe stato forza di lasciare
Valduria, e questa idea l'aveva empita di una così profonda tristezza!
Ella non era nulla per Roberto, non poteva esser nulla, ma Roberto era
per lei un amico sì dolce! Oh sì, un amico, soltanto un amico. Il
pensiero della giovinetta non osava andare più in là. Non bella, non
elegante, non istruita, era già molto s'ella non credeva baldanza
soverchia il dire che nutriva per Roberto quel sentimento d'amicizia
il quale suppone una certa parità di condizioni.... Pur troppo, neppur
questo bene le sarebbe durato a lungo. L'ingegnere Arconti, o presto o
tardi, avrebbe finito coll'andarsene, e allora a lei non sarebbe
rimasto altro conforto che quello di ricordarsi, e di ricordarsi da
sola, perchè, in quanto a lui, avrebbe tutto dimenticato sicuramente.
Ma intanto era per l'Arconti un impegno d'onore il non abbandonare
Valduria finchè le innovazioni introdotte non fossero entrate nelle
abitudini della miniera. Ciò significava per lo meno un periodo di
alcuni mesi, ed è appunto nella giovinezza, quando l'avvenire è più
lungo davanti a noi, che noi siamo più disposti ad appagarci del
presente.
Per sentire una nota stridula in mezzo alla soddisfazione universale,
bisognava recarsi dalla vecchia Gertrude, la quale non usciva mai di
casa, e sfogava le sue bizze con suo figlio e coi pochi che andavano a
visitarla. Profetessa eterna di disastri, ella vedeva un subisso di
guai che dovevano precipitar nella miseria Valduria. Erano tutti
sogni, erano tutte imposture di quell'intrigante ch'era cascato giù
dalle nuvole per la rovina di quei poveri paesi. E anche Cipriano si
lasciava abbindolare da lui, anche Cipriano lo aiutava a farsi un
piedestallo. Questo era il gran dolore, questa era la gran
mortificazione della inferocita femmina, che abborriva Roberto senza
saper precisamente perchè.
Cipriano aveva troppa intelligenza da porgere ascolto alle filippiche
di sua madre. Egli aveva saputo domare il suo carattere impetuoso e
violento; e vincendo la sua naturale avversione per l'Arconti, aveva
saputo apprezzarne la dottrina e l'ingegno, e trarne profitto per
colmare in parte le innumerevoli lacune del suo spirito. S'era fatto
suo alleato in tentativi accolti con diffidenza da tutti, era riuscito
insieme a lui, e non intendeva certo di scemar il valore d'una
vittoria ottenuta con sì gran fatica. Egli attendeva ora un
miglioramento radicale nella sua posizione. Conseguìto questo scopo,
avrebbe chiesto formalmente a Odoardo Selmi la mano di Maria. Non gli
si sarebbe più potuto rinfacciare ch'era un operaio volgare, che aveva
un salario meschino; e con quale altra ragione si avrebbe osato di
respinger la sua domanda? Maria lo amava? Oh s'ella non lo amava,
voleva dire che amava un altro, e quest'altro non poteva essere che
Roberto. In tal caso, guai, guai a lui! L'ingegnere Arconti aveva
visto ciò che Cipriano valeva come ausiliario; egli avrebbe imparato a
sue spese ciò che significava averlo nemico.


XIV.

Le liete notizie di Valduria giunsero a Londra quando la direzione della
_Sulphur Society_, un po' infastidita delle continue richieste di danaro
per esperimenti che non venivano mai a un risultato pratico, aveva
deciso di spedir sul luogo un apposito funzionario per veder davvicino
come andassero realmente le faccende della miniera. Giacchè M.^r Black
era sulle mosse per partire, si stimò opportuno di lasciar correre il
suo viaggio, malgrado della mutata condizione delle cose. La differenza
era questa, ch'egli partiva con diverse disposizioni d'animo e con
istruzioni diverse. Prima gli si dava facoltà di sospendere gran parte
dei lavori, adesso gli si consentiva, ove i fatti rispondessero alle
relazioni trasmesse da Valduria, di prendere gli accordi necessari per
ordinare su più larghe basi l'amministrazione. Ed egli aveva pure
l'incarico di visitare qualche altra miniera di zolfo posta nelle
vicinanze e di riferirne a Londra, affinchè la Società potesse in caso
di convenienza trattarne l'acquisto dagli attuali proprietari.
M.^r Black era un tecnico di molto valore, che aveva traversato due
volte l'Oceano per recarsi negli Stati Uniti, ma non aveva mai passato
la Manica, nè posto piede in terre dove non si parlasse l'inglese. Il
primo suo viaggio sul continente europeo era destinato a procurargli
un'amara disillusione. Egli credeva di conoscere a fondo le lingue
straniere, ma giunto in Francia, s'accorse che non sapeva il francese;
toccato il suolo germanico, dovette convincersi che non c'era anima
viva che capisse il suo tedesco; al di qua delle Alpi, fu costretto a
riconoscere che nessuno intendeva lui e ch'egli non intendeva nessuno.
Ciò lo metteva in qualche imbarazzo circa alla sua missione a
Valduria. Come si sarebbe spiegato?
Il cuore gli si aperse quando nel povero villaggio in cui s'aspettava
di dover lottare con difficoltà infinite per esprimere il suo
pensiero, trovò una persona misericordiosa che lo tolse d'impiccio
parlandogli la sua lingua. Questa persona era l'ingegnere Arconti, il
quale, senza essere un professore d'inglese, ne sapeva abbastanza da
mandare avanti alla meglio una conversazione, sopratutto con l'aiuto
d'un prezioso dizionarietto tecnico che formava parte della sua
piccola biblioteca.
Sentir l'idioma natale in paese straniero è dolcezza sì grande che
predispone l'animo a trovar belle e giuste le cose che ci si dicono e
a trovar simpatico chi ce le dice; figuriamoci poi quando le cose
dette son belle e giuste davvero, e quando chi le dice ha in sè tutto
ciò che occorre per farsi amare.
M.^r Black non era uomo di facili entusiasmi, ma egli provò subito una
singolare ammirazione per Roberto Arconti. Gli piaceva quell'aria
modesta a un tempo e sicura, quella volontà risoluta, quel coraggio
senza spavalderia, quel senso pratico nudrito da sì largo corredo di
studi. Egli capiva, per quanto l'altro si schermisse, che ormai il
direttore vero della miniera era l'Arconti e che a lui dovevasi
attribuire la maggior parte di merito in ciò che si era fatto da un
anno a Valduria. Agli occhi di M.^r Black l'ingegnere Arconti non
aveva che un solo difetto, quello di non essere inglese.
--Peccato--egli soleva ripetere--dovevate appartenere alla nostra
razza. L'energia, la perseveranza sono qualità nostre; voi ce le avete
rubate.
Infaticabile malgrado dei suoi cinquanta anni, l'inviato della
_Sulphur Society_ era in moto dall'alba al tramonto, ora nel
sotterraneo, ora nelle officine, prendendo conoscenza d'ogni più
minuto particolare, esaminando con occhio attento ed intelligente i
processi d'estrazione e di fusione del minerale. Lo accompagnavano il
Selmi e l'Arconti; qualche volta a loro s'aggiungeva Cipriano, ma chi
doveva far da interprete era sempre Roberto, ed era a lui solo che
M.^r Black dirigeva le sue osservazioni. È facile immaginarsi se
Cipriano se ne rodesse nel fondo dell'anima.
Per una settimana e più M.^r Black rimase a Valduria alloggiato alla
buona nella stessa casa in cui viveva Odoardo Selmi con sua sorella e in
cui era ospitato l'Arconti. Maria adempiva con la usata sollecitudine
agli uffici di massaia, e anche a proposito di lei M.^r Black osservava