Nella lotta - 06
ballo tra le signore scollate e gli uomini in coda di rondine.
--E questa è Valduria--ripigliò la giovinetta.
Saranno state un venti case distribuite ai due lati della via, alcune
assai miserabili, altre d'aspetto abbastanza civile e di costruzione
recente. C'era un Ufficio postale, una stazione di carabinieri, un
botteghino di caffè e _liguori_, un paio di bettole, teatro di
magnifiche sbornie, un banco di macellaio ove la domenica si vendeva
per carne di manzo della carne di vacca, una farmacia nella quale
all'imbrunire i magnati del luogo discorrevano di politica. La chiesa
sorgeva isolata sopra un piccolo rialto di terra.
Il villaggio si trovava sulla sponda sinistra del fiume; subito dopo
le ultime abitazioni c'era un ponte di pietra che metteva alla riva
opposta, e che per quella mattina segnò il punto estremo della
passeggiata.
Maria non ricondusse però l'ingegnere Arconti per la medesima strada,
ma prese una viottola che saliva a zig-zag sul dorso della collina.
--Mi lascia fare una visita, non è vero?--ella domandò al suo
compagno.
--Si figuri.
--Oh una visita di due minuti dalla madre d'uno de' soprastanti ch'è
infermiccia.... Ma c'è Giorgetto qui--ella soggiunse vedendo un bimbo
che si teneva le mani sugli occhi.--Piangi, Giorgetto? Cos'hai?
E corse verso il fanciullo, che poteva avere sei anni e che
apparteneva anche lui a una famiglia di minatori.
Giorgetto spiegò con molte lagrime la immensa sventura che gli era
toccata. Paolino, il pessimo Paolino, il figlio del direttore della
raffineria laggiù, gli aveva tolto a forza un bel bastoncello che il
suo babbo aveva tagliato per lui da un albero il giorno prima... Oh lo
direbbe al babbo e Paolino starebbe fresco.... Adesso era andato da
quella parte.--E segnò col dito alla sua destra.--Se Maria potesse
raggiungerlo e dargli uno scapaccione.
--Che spirito vendicativo!--osservò sorridendo la giovinetta.--Non
sarebbe meglio far così?
Ella si alzò in punta di piedi, e sfrappò un ramo da un arbusto che
cresceva lungo il sentiero. Poi levato di tasca un grosso temperino
che aveva una lama adunca a foggia di roncola, spogliò in un momento
quel ramo delle sue foglie, ne spianò i nodi e ne fece un bastone
simile a quello di cui Giorgetto piangeva la perdita. Il bimbo, nel
ricevere il prezioso regalo, spiccò un salto per la consolazione.
--Che armi ha!--esclamò Roberto con piglio scherzoso.
--Non è vero? Sono formidabile.
Salirono in silenzio fino a una casa bianca d'aspetto modesto, ma
pulito.
--Se non vuol entrare, mi aspetti qui--disse Maria.--Mi spiccio
subito.... Veda, può seder su questo muricciuolo.
--Ebbene, Gertrude, come va stamattina? Già alzata?--cominciò la
ragazza avvicinandosi carezzevole a una vecchia che lavorava di calze
davanti alla tavola d'una cucina a pian terreno.
--Eh, figliuola mia--rispose la vecchia tossendo.--A poltrire fra le
lenzuola non ci si guadagna nulla.... Tanto e tanto questa tosse dovrò
portarmela meco finchè vivo.
Maria si frugò nella saccoccia del vestito e ne trasse una scatola di
_Liebig_, che posò in silenzio sulla credenza.
--Oh bimba, bimba, non la finirai più con quei tuoi regali? E io che
posso fare per te?
--Volermi un po' di bene, ecco tutto.
--Oh di bene te ne voglio tanto.... E non son sola a volertene.
S'interruppe guardando fuori della porta.
--C'è qualcheduno con te?
--Sì, un amico di mio fratello, che s'è impiegato nella miniera.
--Uno che viene a star qui?
--Già.
--E perchè l'hai lasciato fuori? Fallo entrare.
Maria si affacciò alla soglia e chiamò Roberto, che non s'era seduto
sul muricciuolo, ma girava lì presso.
Quando il giovine fu entrato, Maria ne disse il nome e il cognome, e
spiegò all'Arconti come Gertrude fosse madre d'uno tra i migliori e
più coraggiosi lavoranti della miniera.
--Lo conoscerò forse oggi stesso e spero che diventeremo
amici,--rispose Roberto.
La donna non parve provare una gran simpatia per questo nuovo ospite
di Valduria.
--Eh desidero anch'io che diventino amici--ella disse squadrando il
giovinotto d'alto in basso;--ma mio figlio è un povero minatore, ella
è un signorino della città, e mi sembra difficile che possa aver le
nostre idee e adattarsi alla nostra vita.
--Le idee si modificano--osservò Roberto--e quando si vuole sul serio,
ci si adatta a tutto.
--Sarà--soggiunse Gertrude con aria scettica. Poi, indirizzandosi a
Maria.--E non li prendi oggi i tuoi fiorellini? Cipriano li ha
lasciati lì apposta per te.
Maria si fece rossa e prese in silenzio alcune margherite che si
trovavano sulla tavola.--Ogni giorno, poi--ella balbettò alquanto
confusa.--Addio Gertrude, a rivederci.
--Via, te li devi metter nei capelli, quei fiori.
--Oh Gertrude--esclamò Maria in tono di rimprovero.--A rivederci.
Era chiaro che Gertrude aveva insistito sulla faccenda dei fiori
perchè c'era un estraneo, e non era men chiaro che Maria s'era
mostrata infastidita per la stessa ragione.
--C'è un romanzetto in aria--pensò Roberto, guardando di sottecchi la
fanciulla che aveva perduto la sua primitiva vivacità.--E quella
vecchia mi sbirciava con un certo piglio sospettoso come se credesse
ch'io potessi essere un rivale del suo figliuolo. Che idee!... Chi
sarà poi questo Cipriano?
Maria s'era messo un po' dispettosamente il mazzolino di margherite
nei capelli e affrettava il passo verso casa.
Si era già in vicinanza della miniera, quando comparve Odoardo.
--Ebbene--egli disse,--avete fatto un giro lungo?
Maria si rasserenò alla vista di suo fratello, e gli descrisse in
poche parole la passeggiata che aveva fatto fare al suo ospite.
--Non sei mica stanco?--ripigliò Odoardo prendendo per un braccio
l'Arconti.
--Stanco? Figurati.
--Ebbene, adesso verrai con me fino all'ora del desinare.... Ma
vestito così? ah nemmeno per sogno!
L'ingegnere Arconti dovette di buona o di mala voglia ricorrere al
guardaroba dell'amico Selmi. Indossò un vestito unto e bisunto, calzò
un paio di stivaloni inzaccherati di fango, e si acconciò in testa un
cappellaccio che aveva perduta la forma e il colore primitivo. Inoltre
Roberto, quantunque non fosse nè piccolo, nè esile di persona, non
poteva gareggiare col Selmi nella magnitudine delle forme, onde la
giubba gli era troppo ampia, i calzoni troppo lunghi, gli stivali e il
cappello troppo larghi. Avrebbe riso del suo aspetto grottesco se il
suo sucido abbigliamento non avesse offeso ad un tempo le suscettività
del suo odorato e quelle dei suo senso artistico.
--Hai l'aria d'un ragazzo che ha preso l'olio--gli disse Odoardo, che
si divertiva fuor di misura alle smorfie del suo antico
condiscepolo.--Se tu vedessi come arricci il naso e che sberleffi fai
con le labbra.
--In verità--rispose Roberto--se non ho preso l'olio per bocca, lo
prendo per infiltrazione.... A spremer questa roba....
--Bazzecole.... Qualche goccia colata dal lume con cui si scende in
miniera, un po' di grasso proveniente dall'essere stato troppo vicino
a una macchina.... ma il più è fango, sai.... Coraggio, coraggio;
anderemo prima sotterra, poi visiteremo i forni fusori e le altre
officine.... Avevo ordinato a Cipriano di esser qui.... Ah eccolo....
S'avanzò un giovinotto di statura alta, di carnagione e di capelli
bruni, con due occhi pieni d'intelligenza e di fierezza. Poteva avere
venticinque anni, era in abito da minatore, ma la lunga consuetudine
gli faceva portare il suo vestito con una disinvoltura non priva di
eleganza.
--Cipriano Regoli--disse Odoardo presentandolo a Roberto--il migliore
dei nostri soprastanti.--E finì la presentazione.--L'ingegnere
Arconti, che ormai viene a stare con noi.
--Ho già sentito il vostro nome--rispose Roberto porgendo la mano
all'operaio, che ne guardò con una singolare espressione di fisonomia
le dita bianche, affilate, aristocratiche.--Ho parlato di voi
stamattina con vostra madre....
--Ha visto mia madre?--domandò l'operaio con qualche sorpresa.
--Sì, or ora, nel tornare da una breve passeggiata colla signora
Maria.
Una nuvola passò sul fronte di Cipriano, che disse solamente--Ah!
--Il romanzo c'è--pensò in cuor suo Roberto.
Si avviarono verso l'apertura del sotterraneo.
--T'avverto che ci son centoquindici scalini da fare--osservò Odoardo
battendo sulla spalla dell'amico.
Cipriano staccò da uno dei pilastrini dell'arco in pietra cotta, che
costituiva la imboccatura della _discenderia_, tre di quei lumi dal
lungo manico uncinato onde sogliono servirsi i minatori di tutti i
paesi. Li accese in silenzio, ne consegnò uno al direttore, l'altro
all'Arconti, e tenne il terzo per sè.
--Vieni dietro a noi--riprese il Selmi, rivolgendosi di nuovo a
Roberto.--Andremo adagio.... Tu puoi con la sinistra tenerti alla
maniglia di legno che c'è per buona parte della scala.
La _discenderia_ poteva avere un metro e mezzo di larghezza. Di questo
metro e mezzo la metà era occupata dagli scalini, l'altra metà dai
tubi delle pompe a vapore destinate a cacciar fuori l'acqua dalla
miniera. Indi un continuo stillicidio, che aveva finito col far una
pozzanghera del piano d'ogni scalino. Le pareti erano anch'esse umide,
lubriche, viscose, rivestite in parte da travi massiccie. Grosse travi
sostenevano pure la vôlta alta forse due metri. Su quest'armatura
delle pareti e della vôlta, sui tubi delle pompe, sulla poltiglia
degli scalini, le lampade a mano proiettavano entro un breve spazio
una luce rossastra, fantastica; al di là di quello spazio era una
tenebra fitta; solo, voltandosi indietro, verso lo sbocco della
miniera, si vedeva un chiarore vago, scialbo, come di crepuscolo
mattutino. Cipriano camminava in capofila: dopo di lui veniva Odoardo,
e ultimo Roberto, in riguardo al quale i primi due rallentavano il
passo. Il Selmi era loquace e scherzoso; gli altri tacevano.
Quanto più si scendeva tanto più l'aria si faceva densa, tanto più
distinto si sentiva lo strepito delle pompe.
--Siamo a tre quarti di viaggio--disse a un certo punto Odoardo.
Di lì a poco si vide nel fondo agitarsi qualche fiammella, moversi
qualche ombra. Un romore cupo simile a tuono si mesceva di tratto in
tratto alla voce assordante delle pompe. Era lo scoppio delle mine.
La scala riusciva a una specie di pianerottolo rettangolare, chiuso
all'ingiro da un assito di legno. A destra un uscio aperto nel
tavolato metteva al serbatoio dove andavano a versarsi le acque della
miniera; per un altro uscio a sinistra si entrava nel locale delle
pompe; di fronte c'era l'ingresso a una delle principali gallerie.
Quel pianerottolo, ogni sei ore, era il punto più animato del
sotterraneo; tutti i minatori dovevano passarvi, sia nel recarsi al
lavoro, sia nell'andarsene, e nell'ora in cui si mutavano le squadre,
la scala veduta di laggiù offriva uno spettacolo singolare. Questi
salivano e quelli scendevano, cercando di occupar quanto meno spazio
fosse possibile per non urtarsi allorchè s'incontravano, talvolta
scambiandosi un saluto o una facezia, più spesso taciti e seri, di
quella serietà ch'è propria della vita sotterranea. Si sentiva lo
scalpitio dei piedi sprofondantisi nella melma, e alla fiamma delle
lanterne si vedevano strane faccie illuminarsi di sotto in su, strane
ombre allungarsi e accorciarsi sulle pareti e sul piano ripidamente
inclinato della scala.
Roberto fu condotto prima nella camera delle pompe dove regnava una
temperatura di serra calda e dove il vapore che usciva dalle valvole
impregnava l'atmosfera. In mezzo a quella nuvola, che rendeva ancor
più incerta la luce di due lampade appese alle pareti, si aggiravano i
pompisti, mezzo svestiti, con le maniche della camicia rimboccate fin
sopra il gomito, col viso annerito dal carbone e dal fumo, con la
fronte stillante sudore. Il movimento si arrestò per qualche minuto
affinchè l'Arconti potesse esaminar da vicino i congegni. Una delle
pompe non funzionava bene; Roberto la fece lavorare sotto i suoi occhi
e credette scoprire il motivo di quell'imperfezione. Era precisamente
ciò che aveva sempre detto il pompista anziano, il quale acquistò
subito molta stima pel nuovo ingegnere.
Nelle gallerie la temperatura ribassava repentinamente a pochi gradi
sopra zero. Erano corridoi alti abbastanza perchè un uomo aitante
della persona potesse starci ritto, e d'una larghezza sufficiente
perchè il passaggio dei carretti di minerale sopra un binario di ferro
non impedisse ai minatori di moversi ai lati. A ogni dieci metri si
trovava a destra e a sinistra, un'apertura simile a quella d'un enorme
forno che saliva per un buon tratto nelle viscere del monte in
direzione perpendicolare al piano della galleria, poi si piegava a
gomito, tantochè dal basso non si vedeva ove andasse a finire. Era lì
che si procedeva all'estrazione del minerale.
Odoardo s'era accinto a spiegare il sistema d'estrazione, ma Roberto
disse:--Vediamo.
Penetrarono così in uno di quei filoni, all'estremità del quale un
manipolo di minatori praticava dei buchi nella roccia col mezzo d'un
lungo bastone di ferro appuntito, detto _palo a mine_. Alla venuta del
direttore i minatori voltarono un momento la testa, ma il Selmi ordinò
che continuassero il lavoro. Ed essi continuarono infatti, animandosi
con la voce, picchiando in cadenza col martello sul capo del _palo a
mine_, mentre la punta si apriva faticosamente la strada nel sasso, e
ne sprigionava di tratto in tratto qualche favilla.
--Allorchè i fori hanno raggiunta la profondità voluta--osservò
Odoardo Selmi facendo da cicerone all'amico--li si riempie di polvere
a cui si dà fuoco mediante una miccia. Naturalmente i lavoranti
s'affrettano a mettersi al sicuro finchè la mina sia scoppiata.
Qualche volta lo scoppio ritarda, e allora c'è un pericolo serio per i
minatori, i quali vanno a verificare se la miccia si sia spenta prima
del tempo. In più d'un caso l'esplosione è successa proprio nel punto
in cui s'andava a esaminare il perchè dell'indugio.... Un brutto
accidente davvero.... Vi ricordate, Cipriano, del povero Matteo,
l'autunno scorso?
Cipriano si strinse nelle spalle.--Poichè bisogna morire, meglio così
che sopra un saccone di paglia.
Si continuò il giro della miniera.--E per di qua si manda sopra terra
il minerale--disse Odoardo fermandosi davanti a una _discenderia_, che
differiva dall'altra per esservi, invece che scalini, un doppio
binario.--I carretti pieni son tirati su pel binario a sinistra e
ritornan vuoti per quello a destra.
Un più minuto esame fu consacrato agli ultimi lavori. S'erano
incontrate difficoltà non previste. Minaccie d'avvallamenti, pericoli
d'inondazione e di scoppi di gaz, quanto bastava insomma per far venir
la voglia di smettere. A questo punto Cipriano, il quale fin allora
non aveva pronunciato che pochi monosillabi, entrò con vivacità nella
conversazione. Aveva la parola netta, incisiva, era pieno di fede
nell'avvenire della miniera; non lo diceva, ma lasciava intendere che
per lui Odoardo aveva la colpa d'essere timido. Roberto ascoltava con
vivo interesse e di tanto in tanto faceva qualche osservazione col
piglio d'uomo che non presume di saperne più degli altri, ma che si
limita a manifestar le sue impressioni. In complesso, egli mostrava di
propendere più per le idee ardite di Cipriano che per la circospezione
eccessiva del Selmi, e il giovine soprastante pareva contento di
trovare un ausiliario nel nuovo impiegato.
La visita alla parte esterna della miniera non occupò meno tempo di
quella all'interno. C'erano i forni che ardevano dì e notte e dai
quali si ricavava lo zolfo mediante la fusione; c'eran le caldaie a
vapore; c'era una enorme grù, che, mossa da una manovella, serviva a
far salire il minerale dal sotterraneo; c'erano le varie officine
inerenti all'opificio, officine di fabbri, di falegnami, ecc., ecc.,
c'era infine il deposito del combustibile, delle pietre cotte, del
legname. L'ingegnere Arconti osservava tutto. Molto di ciò ch'egli
vedeva era nuovo per lui, ma la naturale prontezza dell'ingegno e il
largo corredo di studi gli permettevano di colmar le lacune del suo
spirito e di esprimer su ogni cosa idee giuste e precise.
--È un uomo che la sa lunga--dicevano gli operai.--Non gli manca che
la pratica.
Odoardo Selmi era soddisfattissimo della buona impressione prodotta
dal suo amico sul personale della miniera, e sussurrava nell'orecchio
a Roberto fregandosi le mani.--Ti vedo già ingegnere in capo di
qualche grande Società mineraria.
--Canzonatore!
--No, no, parlo sul serio. Ingegnere in capo con quindici mila lire di
stipendio.... E allora sai, si può passar lietamente metà della
giornata sotto terra....
--Ah ti confesso che preferisco star sopra terra...
--Baje! Alla lunga ci s'innamora anche del sotterraneo. Anch'esso ha
il suo fascino, la sua poesia... e tu sei poeta... Ma, capisco, non
riesci a persuaderti che la poesia possa trovarsi a suo agio in una
miniera di zolfo.
--T'inganni. La poesia c'è dappertutto. Ma non la s'incontra mai alla
superficie.... È come un minerale prezioso..... Per trovarla bisogna
scavare.
Chiacchierando così, i due amici ritornavano lentamente verso casa.
Cipriano s'era accommiatato.
--Dev'essere un bravo giovinotto, colui--osservò Roberto.
--Ha molta intelligenza.... è un po' violento di carattere, è un po'
poeta nelle sue idee...
--A proposito del discorso che si teneva or ora.... Ebbene, la
violenza è certo un difetto, ma minore della freddezza,
dell'apatia.... E in quanto all'avere un granellino di poeta, tanto
meglio....
Odoardo Selmi tentennò il capo.--Meglio fino a un certo punto.... Non
quando ci fa correr dietro alle chimere.... Basta, non vorrei che quel
ragazzo lì avesse una certa inclinazione per Maria....
--Lo credi?--disse Roberto, che se n'era già accorto.
--Sì.... Io non me ne impiccio.... Maria ha più giudizio di me, e
saprà regolarsi benissimo. Non mi opporrei a un suo desiderio,
sopratutto in un argomento così delicato, ma non mi sembra partito per
lei.
--Eh sì.... A rifletterci bene, in confronto di tua sorella, Cipriano
non è poi che.....
--Mi fraintendi,--interruppe Odoardo.--Tu giudichi un po' con le idee
cittadinesche.... Non è che Cipriano sia di bassa estrazione per
Maria.... Siamo di origine popolana anche noi, e fumi non se n'è mai
avuti in casa. Cipriano ha intelligenza e istruzione quanto basta per
mia sorella che, poveretta, non ha mai potuto coltivarsi come avrebbe
voluto. In famiglia tutti i sacrifizi si son fatti per me; di lei si è
detto che ce n'era d'avanzo quando avesse saputo essere una buona
massaia. E vedi, se si fosse fatto tutto l'inverso, se si fosse
pensato a lei invece che a me, si sarebbe seminato in un terreno molto
più propizio.... Quello che voglio dire si è che Cipriano, forse
buonissimo di fondo, ha certe intemperanze, certi impeti che non mi
piacciono, e temo che quell'angiolo di mia sorella si pentirebbe
amaramente di avergli dato retta.... Ma eccoci giunti.... Avrai
fame....
Mancavano venti minuti al tocco, ch'era l'ora del desinare.--Salgo a
cambiarmi,--disse Roberto, a cui pareva mill'anni di deporre quei
vestiti non suoi e d'immergere la faccia in un catino d'acqua. Perciò
egli fu piuttosto sconcertato quando vide che c'era qualcheduno in
camera sua.
Era Maria, la quale, dopo aver, con l'aiuto di Caterina, rifatto il
letto dell'ingegnere, stava in muta contemplazione davanti all'_album_
di fotografie ch'egli aveva lasciato aperto sul tavolino alla pagina
ove si trovava il ritratto di Lucilla.
Côlta alla sprovveduta, la giovinetta si voltò in sussulto, divenne
rossa e balbettò:--Oh signor ingegnere.... Scusi.... l'album era
aperto.
--Scusarla? E di che?
--Che bel ritratto!--soggiunse Maria.--E che bella ragazza!
--Le piace?
--Oh tanto!... È una sua parente?
Ma si pentì subito della sua domanda, e tornò a dire in fretta:--Oh
scusi.... Sono un'indiscreta.
E si mosse per andarsene.
Malgrado la sua fretta di rimaner solo, Roberto la trattenne.--Ma no,
ma no, signora Maria, non se ne vada così.... La ringrazio anzi della
sua domanda.... Così avrò agio di parlar qualche volta con lei di
Lucilla.
--Si chiama Lucilla?
--Sì.
--Sarebbe la sua fidanzata?--ripigliò la ragazza con qualche
esitazione.
--Quasi.--E spiegò la sua condizione di fronte a Lucilla.--Se Lucilla
aspetta,--egli concluse,---sarà mia sposa.
--Vuole che non aspetti?--disse Maria, come offesa dal dubbio, e quasi
volesse prender le parti della giovine assente.
--_Lontan dagli occhi lontan dal core_--sussurrò Roberto.
--Oh ell'ama la sua Lucilla?
--Se l'amo?.... Quanto si può amare una donna.
--E non la stima?
Roberto comprese il significato di queste parole e disse:--Ha ragione.
Maria cambiò discorso.--La lascio... Or ora si va a pranzo.... A
proposito.... ha la nota della sua biancheria?
--Io? no....
--No? E la roba l'ha riposta tutta nel cassettone?
--No davvero. Ce n'è ancora molta nel baule.
--Tanto meglio. La metterò a posto io e farò l'inventario... A
rivederci; appena è pronto scenda.... Troverà già in tavola.
X.
--Signor ingegnere, è arrivata la sua cassa di libri.
Maria pronunziò queste parole entrando vivamente nella camera che suo
fratello aveva battezzata col pomposo nome di studio e nella quale
egli aveva insediato l'Arconti. Costui era immerso nell'esame di
alcuni quaderni, in cui cercava il bandolo dell'arruffatissima
contabilità della miniera. Non pretendeva d'essere un gran ragioniere,
ma ne sapeva abbastanza da capire che il sistema seguito fino allora
era fatto apposta per ingenerar confusione e che bisognava cambiarlo
da cima a fondo.
All'annunzio recatogli da Maria, egli si scosse, guardò l'orologio, e
parve combattuto fra il desiderio di rivedere i suoi vecchi amici e
quello di continuare il lavoro a cui s'era accinto.
--Venga, venga,--disse la giovinetta, che indovinò il suo
pensiero,--ha lavorato anche troppo. Son già le sei. Venga finch'è
giorno a dare un'occhiata alla sua cassa. Ho fatto restar di là l'uomo
che l'ha portata, e che si offerse d'aprirla davanti a lei.
--Allora eccomi qui,--esclamò Roberto. E il piacere che provava in
quel momento gli colorava d'un vivo incarnato le guancie.
La cassa era nella camera dell'ingegnere, accanto al baule. Appena fu
aperta, l'identica domanda venne sul labbro all'Arconti e a
Maria:--Dove si metteranno tutti questi libri?
Quantunque fossero cento volumi al più, in Valduria non s'era mai
visto una biblioteca simile; solo il brigadiere dei carabinieri
possedeva una ventina di romanzi _à sensation_, la cui lettura
manteneva in istato di umidità permanente gli occhi della maestra
comunale. L'ingegnere Selmi si contentava di tre o quattro opere
tecniche, e Maria, ch'era la letterata della famiglia, aveva di sua
esclusiva proprietà i _Promessi Sposi_, il _Marco Visconti_, i
_Bozzetti militari_ del De Amicis, e il primo volume della
_Gerusalemme liberata_. Il secondo mancava.
I libri del giovane Arconti erano tutti legati con gran cura e alcuni
anche con lusso. C'erano perfino due o tre edizioni illustrate
splendidamente. Ricordi d'altri tempi, ahimè, ormai tanto lontani.
Roberto stesso riconosceva che que' libri, a Valduria, fuori del loro
nido elegante, fuori della loro bella biblioteca di noce, facevano un
effetto singolare. Eppure non sapeva pentirsi di averli portati seco.
Se lo prendeva la nostalgia, se lo assaliva una subitanea e profonda
tristezza, a chi avrebbe potuto ricorrere se non a quei fidi compagni
del suo pensiero?
--Diavolo!--esclamò Maria, rispondendo alla domanda ch'ella stessa
s'era rivolta un momento prima.--Il posto è presto trovato. Qui no, ma
nella stanza attigua, dove, come le dissi jersera, passo parte della
giornata a lavorare... Ma potrò fare anche a meno di starci, io.... La
lascerò tutta per lei...
--A questo patto no.... Non accetto....
--Bene, bene... Ne riparleremo.... In quanto ai libri, sfido io, se
non li mette là, dove vuol metterli? lasci fare a me, ordinerò al
falegname gli scaffali... Oh, Bastiano fa le cose a modo....
Si rammentò che l'ingegnere veniva da una grande città, che aveva
abitudini raffinate e non poteva esser di così facile contentatura
com'era lei. Onde soggiunse un po' confusa:--Bisognerà, per altro che
abbia una grande indulgenza... Poveri libri! Alloggiavano molto meglio
una volta.
La giovinetta non seppe resistere alla tentazione di chinarsi sopra la
cassa e di prendere in mano qualcheduno di quei volumi. Poi li
riponeva con infinita delicatezza, e alzava gli occhi verso Roberto
come a chiedergli scusa della libertà che s'era presa.
Ma egli l'incoraggiava con lo sguardo e con la parola.--Faccia,
faccia; quando vedo festeggiare i miei libri, mi par d'essere una
mamma che si rallegra delle cortesie usate ai suoi bimbi.
Pur c'era una cosa che turbava Maria. Molti tra questi libri non erano
italiani, e la ragazza, dopo averne guardato il frontispizio, si
affrettava a ricollocarli a posto con una certa aria di
mortificazione.
--Che peccato,--ella disse finalmente,--di non poter sapere nessuna
lingua straniera, nemmeno il francese.
--Non sa proprio nulla di francese?--domandò Roberto con interesse.
--Odoardo aveva cominciato a insegnarmene i principii, ma poi ha
smesso.... Ha tanto poco tempo, ed io ero una scolara di testa così
dura!
Se Odoardo fosse stato presente, egli, con la ordinaria franchezza, si
sarebbe affrettato a smentire la sua troppo modesta sorella, e a
confessare che quelle lezioni erano state interrotte soltanto per
colpa del maestro, il quale doveva convincersi della sua
insufficienza.
--Vorrebbe ritentare la prova con me?--chiese l'ingegnere Arconti.
--Con lei!--esclamò Maria, quasi non credendo a sè stessa.--Si
prenderebbe questo disturbo?
--Si, davvero. Sarebbe uno svago.
--Oh com'è buono! Com'è gentile!--replicò la fanciulla, che per poco
non si metteva a saltare dalla contentezza.--E quando....
S'interruppe arrossendo... Egli sorrise e disse:--Quando che cosa?...
Oh via, non si confonda.... Vuol che la finisca io la frase.... Quando
si comincia?.... Ebbene, si comincerà domani sera.... Stasera voglio
scrivere a casa.
E infatti, subito dopo cena, Roberto si ritirò nella sua camera e
scrisse a sua madre. Gli era convenuto rinunciare, per qualche tempo
almeno, a una corrispondenza diretta con Lucilla, giacchè la signora
Giulia aveva subordinato a questa condizione la sua promessa di
patrocinar la causa de' due amanti. Del resto, la lettera di Roberto
alla signora Federica era, per tre quarti, consacrata a Lucilla. Il
nome della giovinetta ricorreva una quindicina di volte nelle sei
facciate dell'ingegnere. Se Lucilla avesse veduto lui, l'antico
frequentatore dei teatri e dei balli, camuffato da minatore! E poi
Roberto descriveva a sua madre (e a Lucilla) la famigliuola che lo
aveva accolto con tant'effusione: Odoardo un po' grossolano di gusti,
ma tutto cuore, tutto ospitalità, e Maria così buona, così
intelligente, così desiderosa d'apprendere. Egli s'era impegnato a
insegnarle un po' di francese. Non era però bella, Maria, e quantunque
fosse piuttosto alta di statura, aveva ancora l'aspetto d'una
fanciulla. Che confronto con Lucilla! Pure c'era qualcheduno a cui
questa Maria piaceva moltissimo. E qui Roberto discorreva di Cipriano
e della vecchia Gertrude, la quale pareva in sospetto di tutti gli
uomini che avvicinavano la ragazza. L'aveva vista anche lui, ed ella
gli aveva fatto il viso dell'arme, la buona femmina, come a un
possibile rivale di suo figlio. Che ne pensava Lucilla? Sarebbe
gelosa? Lucilla, sempre Lucilla, tanto è vero che, se alla lunga la
lontananza raffredda gli affetti, in principio li riscalda e li
avviva.
--E questa è Valduria--ripigliò la giovinetta.
Saranno state un venti case distribuite ai due lati della via, alcune
assai miserabili, altre d'aspetto abbastanza civile e di costruzione
recente. C'era un Ufficio postale, una stazione di carabinieri, un
botteghino di caffè e _liguori_, un paio di bettole, teatro di
magnifiche sbornie, un banco di macellaio ove la domenica si vendeva
per carne di manzo della carne di vacca, una farmacia nella quale
all'imbrunire i magnati del luogo discorrevano di politica. La chiesa
sorgeva isolata sopra un piccolo rialto di terra.
Il villaggio si trovava sulla sponda sinistra del fiume; subito dopo
le ultime abitazioni c'era un ponte di pietra che metteva alla riva
opposta, e che per quella mattina segnò il punto estremo della
passeggiata.
Maria non ricondusse però l'ingegnere Arconti per la medesima strada,
ma prese una viottola che saliva a zig-zag sul dorso della collina.
--Mi lascia fare una visita, non è vero?--ella domandò al suo
compagno.
--Si figuri.
--Oh una visita di due minuti dalla madre d'uno de' soprastanti ch'è
infermiccia.... Ma c'è Giorgetto qui--ella soggiunse vedendo un bimbo
che si teneva le mani sugli occhi.--Piangi, Giorgetto? Cos'hai?
E corse verso il fanciullo, che poteva avere sei anni e che
apparteneva anche lui a una famiglia di minatori.
Giorgetto spiegò con molte lagrime la immensa sventura che gli era
toccata. Paolino, il pessimo Paolino, il figlio del direttore della
raffineria laggiù, gli aveva tolto a forza un bel bastoncello che il
suo babbo aveva tagliato per lui da un albero il giorno prima... Oh lo
direbbe al babbo e Paolino starebbe fresco.... Adesso era andato da
quella parte.--E segnò col dito alla sua destra.--Se Maria potesse
raggiungerlo e dargli uno scapaccione.
--Che spirito vendicativo!--osservò sorridendo la giovinetta.--Non
sarebbe meglio far così?
Ella si alzò in punta di piedi, e sfrappò un ramo da un arbusto che
cresceva lungo il sentiero. Poi levato di tasca un grosso temperino
che aveva una lama adunca a foggia di roncola, spogliò in un momento
quel ramo delle sue foglie, ne spianò i nodi e ne fece un bastone
simile a quello di cui Giorgetto piangeva la perdita. Il bimbo, nel
ricevere il prezioso regalo, spiccò un salto per la consolazione.
--Che armi ha!--esclamò Roberto con piglio scherzoso.
--Non è vero? Sono formidabile.
Salirono in silenzio fino a una casa bianca d'aspetto modesto, ma
pulito.
--Se non vuol entrare, mi aspetti qui--disse Maria.--Mi spiccio
subito.... Veda, può seder su questo muricciuolo.
--Ebbene, Gertrude, come va stamattina? Già alzata?--cominciò la
ragazza avvicinandosi carezzevole a una vecchia che lavorava di calze
davanti alla tavola d'una cucina a pian terreno.
--Eh, figliuola mia--rispose la vecchia tossendo.--A poltrire fra le
lenzuola non ci si guadagna nulla.... Tanto e tanto questa tosse dovrò
portarmela meco finchè vivo.
Maria si frugò nella saccoccia del vestito e ne trasse una scatola di
_Liebig_, che posò in silenzio sulla credenza.
--Oh bimba, bimba, non la finirai più con quei tuoi regali? E io che
posso fare per te?
--Volermi un po' di bene, ecco tutto.
--Oh di bene te ne voglio tanto.... E non son sola a volertene.
S'interruppe guardando fuori della porta.
--C'è qualcheduno con te?
--Sì, un amico di mio fratello, che s'è impiegato nella miniera.
--Uno che viene a star qui?
--Già.
--E perchè l'hai lasciato fuori? Fallo entrare.
Maria si affacciò alla soglia e chiamò Roberto, che non s'era seduto
sul muricciuolo, ma girava lì presso.
Quando il giovine fu entrato, Maria ne disse il nome e il cognome, e
spiegò all'Arconti come Gertrude fosse madre d'uno tra i migliori e
più coraggiosi lavoranti della miniera.
--Lo conoscerò forse oggi stesso e spero che diventeremo
amici,--rispose Roberto.
La donna non parve provare una gran simpatia per questo nuovo ospite
di Valduria.
--Eh desidero anch'io che diventino amici--ella disse squadrando il
giovinotto d'alto in basso;--ma mio figlio è un povero minatore, ella
è un signorino della città, e mi sembra difficile che possa aver le
nostre idee e adattarsi alla nostra vita.
--Le idee si modificano--osservò Roberto--e quando si vuole sul serio,
ci si adatta a tutto.
--Sarà--soggiunse Gertrude con aria scettica. Poi, indirizzandosi a
Maria.--E non li prendi oggi i tuoi fiorellini? Cipriano li ha
lasciati lì apposta per te.
Maria si fece rossa e prese in silenzio alcune margherite che si
trovavano sulla tavola.--Ogni giorno, poi--ella balbettò alquanto
confusa.--Addio Gertrude, a rivederci.
--Via, te li devi metter nei capelli, quei fiori.
--Oh Gertrude--esclamò Maria in tono di rimprovero.--A rivederci.
Era chiaro che Gertrude aveva insistito sulla faccenda dei fiori
perchè c'era un estraneo, e non era men chiaro che Maria s'era
mostrata infastidita per la stessa ragione.
--C'è un romanzetto in aria--pensò Roberto, guardando di sottecchi la
fanciulla che aveva perduto la sua primitiva vivacità.--E quella
vecchia mi sbirciava con un certo piglio sospettoso come se credesse
ch'io potessi essere un rivale del suo figliuolo. Che idee!... Chi
sarà poi questo Cipriano?
Maria s'era messo un po' dispettosamente il mazzolino di margherite
nei capelli e affrettava il passo verso casa.
Si era già in vicinanza della miniera, quando comparve Odoardo.
--Ebbene--egli disse,--avete fatto un giro lungo?
Maria si rasserenò alla vista di suo fratello, e gli descrisse in
poche parole la passeggiata che aveva fatto fare al suo ospite.
--Non sei mica stanco?--ripigliò Odoardo prendendo per un braccio
l'Arconti.
--Stanco? Figurati.
--Ebbene, adesso verrai con me fino all'ora del desinare.... Ma
vestito così? ah nemmeno per sogno!
L'ingegnere Arconti dovette di buona o di mala voglia ricorrere al
guardaroba dell'amico Selmi. Indossò un vestito unto e bisunto, calzò
un paio di stivaloni inzaccherati di fango, e si acconciò in testa un
cappellaccio che aveva perduta la forma e il colore primitivo. Inoltre
Roberto, quantunque non fosse nè piccolo, nè esile di persona, non
poteva gareggiare col Selmi nella magnitudine delle forme, onde la
giubba gli era troppo ampia, i calzoni troppo lunghi, gli stivali e il
cappello troppo larghi. Avrebbe riso del suo aspetto grottesco se il
suo sucido abbigliamento non avesse offeso ad un tempo le suscettività
del suo odorato e quelle dei suo senso artistico.
--Hai l'aria d'un ragazzo che ha preso l'olio--gli disse Odoardo, che
si divertiva fuor di misura alle smorfie del suo antico
condiscepolo.--Se tu vedessi come arricci il naso e che sberleffi fai
con le labbra.
--In verità--rispose Roberto--se non ho preso l'olio per bocca, lo
prendo per infiltrazione.... A spremer questa roba....
--Bazzecole.... Qualche goccia colata dal lume con cui si scende in
miniera, un po' di grasso proveniente dall'essere stato troppo vicino
a una macchina.... ma il più è fango, sai.... Coraggio, coraggio;
anderemo prima sotterra, poi visiteremo i forni fusori e le altre
officine.... Avevo ordinato a Cipriano di esser qui.... Ah eccolo....
S'avanzò un giovinotto di statura alta, di carnagione e di capelli
bruni, con due occhi pieni d'intelligenza e di fierezza. Poteva avere
venticinque anni, era in abito da minatore, ma la lunga consuetudine
gli faceva portare il suo vestito con una disinvoltura non priva di
eleganza.
--Cipriano Regoli--disse Odoardo presentandolo a Roberto--il migliore
dei nostri soprastanti.--E finì la presentazione.--L'ingegnere
Arconti, che ormai viene a stare con noi.
--Ho già sentito il vostro nome--rispose Roberto porgendo la mano
all'operaio, che ne guardò con una singolare espressione di fisonomia
le dita bianche, affilate, aristocratiche.--Ho parlato di voi
stamattina con vostra madre....
--Ha visto mia madre?--domandò l'operaio con qualche sorpresa.
--Sì, or ora, nel tornare da una breve passeggiata colla signora
Maria.
Una nuvola passò sul fronte di Cipriano, che disse solamente--Ah!
--Il romanzo c'è--pensò in cuor suo Roberto.
Si avviarono verso l'apertura del sotterraneo.
--T'avverto che ci son centoquindici scalini da fare--osservò Odoardo
battendo sulla spalla dell'amico.
Cipriano staccò da uno dei pilastrini dell'arco in pietra cotta, che
costituiva la imboccatura della _discenderia_, tre di quei lumi dal
lungo manico uncinato onde sogliono servirsi i minatori di tutti i
paesi. Li accese in silenzio, ne consegnò uno al direttore, l'altro
all'Arconti, e tenne il terzo per sè.
--Vieni dietro a noi--riprese il Selmi, rivolgendosi di nuovo a
Roberto.--Andremo adagio.... Tu puoi con la sinistra tenerti alla
maniglia di legno che c'è per buona parte della scala.
La _discenderia_ poteva avere un metro e mezzo di larghezza. Di questo
metro e mezzo la metà era occupata dagli scalini, l'altra metà dai
tubi delle pompe a vapore destinate a cacciar fuori l'acqua dalla
miniera. Indi un continuo stillicidio, che aveva finito col far una
pozzanghera del piano d'ogni scalino. Le pareti erano anch'esse umide,
lubriche, viscose, rivestite in parte da travi massiccie. Grosse travi
sostenevano pure la vôlta alta forse due metri. Su quest'armatura
delle pareti e della vôlta, sui tubi delle pompe, sulla poltiglia
degli scalini, le lampade a mano proiettavano entro un breve spazio
una luce rossastra, fantastica; al di là di quello spazio era una
tenebra fitta; solo, voltandosi indietro, verso lo sbocco della
miniera, si vedeva un chiarore vago, scialbo, come di crepuscolo
mattutino. Cipriano camminava in capofila: dopo di lui veniva Odoardo,
e ultimo Roberto, in riguardo al quale i primi due rallentavano il
passo. Il Selmi era loquace e scherzoso; gli altri tacevano.
Quanto più si scendeva tanto più l'aria si faceva densa, tanto più
distinto si sentiva lo strepito delle pompe.
--Siamo a tre quarti di viaggio--disse a un certo punto Odoardo.
Di lì a poco si vide nel fondo agitarsi qualche fiammella, moversi
qualche ombra. Un romore cupo simile a tuono si mesceva di tratto in
tratto alla voce assordante delle pompe. Era lo scoppio delle mine.
La scala riusciva a una specie di pianerottolo rettangolare, chiuso
all'ingiro da un assito di legno. A destra un uscio aperto nel
tavolato metteva al serbatoio dove andavano a versarsi le acque della
miniera; per un altro uscio a sinistra si entrava nel locale delle
pompe; di fronte c'era l'ingresso a una delle principali gallerie.
Quel pianerottolo, ogni sei ore, era il punto più animato del
sotterraneo; tutti i minatori dovevano passarvi, sia nel recarsi al
lavoro, sia nell'andarsene, e nell'ora in cui si mutavano le squadre,
la scala veduta di laggiù offriva uno spettacolo singolare. Questi
salivano e quelli scendevano, cercando di occupar quanto meno spazio
fosse possibile per non urtarsi allorchè s'incontravano, talvolta
scambiandosi un saluto o una facezia, più spesso taciti e seri, di
quella serietà ch'è propria della vita sotterranea. Si sentiva lo
scalpitio dei piedi sprofondantisi nella melma, e alla fiamma delle
lanterne si vedevano strane faccie illuminarsi di sotto in su, strane
ombre allungarsi e accorciarsi sulle pareti e sul piano ripidamente
inclinato della scala.
Roberto fu condotto prima nella camera delle pompe dove regnava una
temperatura di serra calda e dove il vapore che usciva dalle valvole
impregnava l'atmosfera. In mezzo a quella nuvola, che rendeva ancor
più incerta la luce di due lampade appese alle pareti, si aggiravano i
pompisti, mezzo svestiti, con le maniche della camicia rimboccate fin
sopra il gomito, col viso annerito dal carbone e dal fumo, con la
fronte stillante sudore. Il movimento si arrestò per qualche minuto
affinchè l'Arconti potesse esaminar da vicino i congegni. Una delle
pompe non funzionava bene; Roberto la fece lavorare sotto i suoi occhi
e credette scoprire il motivo di quell'imperfezione. Era precisamente
ciò che aveva sempre detto il pompista anziano, il quale acquistò
subito molta stima pel nuovo ingegnere.
Nelle gallerie la temperatura ribassava repentinamente a pochi gradi
sopra zero. Erano corridoi alti abbastanza perchè un uomo aitante
della persona potesse starci ritto, e d'una larghezza sufficiente
perchè il passaggio dei carretti di minerale sopra un binario di ferro
non impedisse ai minatori di moversi ai lati. A ogni dieci metri si
trovava a destra e a sinistra, un'apertura simile a quella d'un enorme
forno che saliva per un buon tratto nelle viscere del monte in
direzione perpendicolare al piano della galleria, poi si piegava a
gomito, tantochè dal basso non si vedeva ove andasse a finire. Era lì
che si procedeva all'estrazione del minerale.
Odoardo s'era accinto a spiegare il sistema d'estrazione, ma Roberto
disse:--Vediamo.
Penetrarono così in uno di quei filoni, all'estremità del quale un
manipolo di minatori praticava dei buchi nella roccia col mezzo d'un
lungo bastone di ferro appuntito, detto _palo a mine_. Alla venuta del
direttore i minatori voltarono un momento la testa, ma il Selmi ordinò
che continuassero il lavoro. Ed essi continuarono infatti, animandosi
con la voce, picchiando in cadenza col martello sul capo del _palo a
mine_, mentre la punta si apriva faticosamente la strada nel sasso, e
ne sprigionava di tratto in tratto qualche favilla.
--Allorchè i fori hanno raggiunta la profondità voluta--osservò
Odoardo Selmi facendo da cicerone all'amico--li si riempie di polvere
a cui si dà fuoco mediante una miccia. Naturalmente i lavoranti
s'affrettano a mettersi al sicuro finchè la mina sia scoppiata.
Qualche volta lo scoppio ritarda, e allora c'è un pericolo serio per i
minatori, i quali vanno a verificare se la miccia si sia spenta prima
del tempo. In più d'un caso l'esplosione è successa proprio nel punto
in cui s'andava a esaminare il perchè dell'indugio.... Un brutto
accidente davvero.... Vi ricordate, Cipriano, del povero Matteo,
l'autunno scorso?
Cipriano si strinse nelle spalle.--Poichè bisogna morire, meglio così
che sopra un saccone di paglia.
Si continuò il giro della miniera.--E per di qua si manda sopra terra
il minerale--disse Odoardo fermandosi davanti a una _discenderia_, che
differiva dall'altra per esservi, invece che scalini, un doppio
binario.--I carretti pieni son tirati su pel binario a sinistra e
ritornan vuoti per quello a destra.
Un più minuto esame fu consacrato agli ultimi lavori. S'erano
incontrate difficoltà non previste. Minaccie d'avvallamenti, pericoli
d'inondazione e di scoppi di gaz, quanto bastava insomma per far venir
la voglia di smettere. A questo punto Cipriano, il quale fin allora
non aveva pronunciato che pochi monosillabi, entrò con vivacità nella
conversazione. Aveva la parola netta, incisiva, era pieno di fede
nell'avvenire della miniera; non lo diceva, ma lasciava intendere che
per lui Odoardo aveva la colpa d'essere timido. Roberto ascoltava con
vivo interesse e di tanto in tanto faceva qualche osservazione col
piglio d'uomo che non presume di saperne più degli altri, ma che si
limita a manifestar le sue impressioni. In complesso, egli mostrava di
propendere più per le idee ardite di Cipriano che per la circospezione
eccessiva del Selmi, e il giovine soprastante pareva contento di
trovare un ausiliario nel nuovo impiegato.
La visita alla parte esterna della miniera non occupò meno tempo di
quella all'interno. C'erano i forni che ardevano dì e notte e dai
quali si ricavava lo zolfo mediante la fusione; c'eran le caldaie a
vapore; c'era una enorme grù, che, mossa da una manovella, serviva a
far salire il minerale dal sotterraneo; c'erano le varie officine
inerenti all'opificio, officine di fabbri, di falegnami, ecc., ecc.,
c'era infine il deposito del combustibile, delle pietre cotte, del
legname. L'ingegnere Arconti osservava tutto. Molto di ciò ch'egli
vedeva era nuovo per lui, ma la naturale prontezza dell'ingegno e il
largo corredo di studi gli permettevano di colmar le lacune del suo
spirito e di esprimer su ogni cosa idee giuste e precise.
--È un uomo che la sa lunga--dicevano gli operai.--Non gli manca che
la pratica.
Odoardo Selmi era soddisfattissimo della buona impressione prodotta
dal suo amico sul personale della miniera, e sussurrava nell'orecchio
a Roberto fregandosi le mani.--Ti vedo già ingegnere in capo di
qualche grande Società mineraria.
--Canzonatore!
--No, no, parlo sul serio. Ingegnere in capo con quindici mila lire di
stipendio.... E allora sai, si può passar lietamente metà della
giornata sotto terra....
--Ah ti confesso che preferisco star sopra terra...
--Baje! Alla lunga ci s'innamora anche del sotterraneo. Anch'esso ha
il suo fascino, la sua poesia... e tu sei poeta... Ma, capisco, non
riesci a persuaderti che la poesia possa trovarsi a suo agio in una
miniera di zolfo.
--T'inganni. La poesia c'è dappertutto. Ma non la s'incontra mai alla
superficie.... È come un minerale prezioso..... Per trovarla bisogna
scavare.
Chiacchierando così, i due amici ritornavano lentamente verso casa.
Cipriano s'era accommiatato.
--Dev'essere un bravo giovinotto, colui--osservò Roberto.
--Ha molta intelligenza.... è un po' violento di carattere, è un po'
poeta nelle sue idee...
--A proposito del discorso che si teneva or ora.... Ebbene, la
violenza è certo un difetto, ma minore della freddezza,
dell'apatia.... E in quanto all'avere un granellino di poeta, tanto
meglio....
Odoardo Selmi tentennò il capo.--Meglio fino a un certo punto.... Non
quando ci fa correr dietro alle chimere.... Basta, non vorrei che quel
ragazzo lì avesse una certa inclinazione per Maria....
--Lo credi?--disse Roberto, che se n'era già accorto.
--Sì.... Io non me ne impiccio.... Maria ha più giudizio di me, e
saprà regolarsi benissimo. Non mi opporrei a un suo desiderio,
sopratutto in un argomento così delicato, ma non mi sembra partito per
lei.
--Eh sì.... A rifletterci bene, in confronto di tua sorella, Cipriano
non è poi che.....
--Mi fraintendi,--interruppe Odoardo.--Tu giudichi un po' con le idee
cittadinesche.... Non è che Cipriano sia di bassa estrazione per
Maria.... Siamo di origine popolana anche noi, e fumi non se n'è mai
avuti in casa. Cipriano ha intelligenza e istruzione quanto basta per
mia sorella che, poveretta, non ha mai potuto coltivarsi come avrebbe
voluto. In famiglia tutti i sacrifizi si son fatti per me; di lei si è
detto che ce n'era d'avanzo quando avesse saputo essere una buona
massaia. E vedi, se si fosse fatto tutto l'inverso, se si fosse
pensato a lei invece che a me, si sarebbe seminato in un terreno molto
più propizio.... Quello che voglio dire si è che Cipriano, forse
buonissimo di fondo, ha certe intemperanze, certi impeti che non mi
piacciono, e temo che quell'angiolo di mia sorella si pentirebbe
amaramente di avergli dato retta.... Ma eccoci giunti.... Avrai
fame....
Mancavano venti minuti al tocco, ch'era l'ora del desinare.--Salgo a
cambiarmi,--disse Roberto, a cui pareva mill'anni di deporre quei
vestiti non suoi e d'immergere la faccia in un catino d'acqua. Perciò
egli fu piuttosto sconcertato quando vide che c'era qualcheduno in
camera sua.
Era Maria, la quale, dopo aver, con l'aiuto di Caterina, rifatto il
letto dell'ingegnere, stava in muta contemplazione davanti all'_album_
di fotografie ch'egli aveva lasciato aperto sul tavolino alla pagina
ove si trovava il ritratto di Lucilla.
Côlta alla sprovveduta, la giovinetta si voltò in sussulto, divenne
rossa e balbettò:--Oh signor ingegnere.... Scusi.... l'album era
aperto.
--Scusarla? E di che?
--Che bel ritratto!--soggiunse Maria.--E che bella ragazza!
--Le piace?
--Oh tanto!... È una sua parente?
Ma si pentì subito della sua domanda, e tornò a dire in fretta:--Oh
scusi.... Sono un'indiscreta.
E si mosse per andarsene.
Malgrado la sua fretta di rimaner solo, Roberto la trattenne.--Ma no,
ma no, signora Maria, non se ne vada così.... La ringrazio anzi della
sua domanda.... Così avrò agio di parlar qualche volta con lei di
Lucilla.
--Si chiama Lucilla?
--Sì.
--Sarebbe la sua fidanzata?--ripigliò la ragazza con qualche
esitazione.
--Quasi.--E spiegò la sua condizione di fronte a Lucilla.--Se Lucilla
aspetta,--egli concluse,---sarà mia sposa.
--Vuole che non aspetti?--disse Maria, come offesa dal dubbio, e quasi
volesse prender le parti della giovine assente.
--_Lontan dagli occhi lontan dal core_--sussurrò Roberto.
--Oh ell'ama la sua Lucilla?
--Se l'amo?.... Quanto si può amare una donna.
--E non la stima?
Roberto comprese il significato di queste parole e disse:--Ha ragione.
Maria cambiò discorso.--La lascio... Or ora si va a pranzo.... A
proposito.... ha la nota della sua biancheria?
--Io? no....
--No? E la roba l'ha riposta tutta nel cassettone?
--No davvero. Ce n'è ancora molta nel baule.
--Tanto meglio. La metterò a posto io e farò l'inventario... A
rivederci; appena è pronto scenda.... Troverà già in tavola.
X.
--Signor ingegnere, è arrivata la sua cassa di libri.
Maria pronunziò queste parole entrando vivamente nella camera che suo
fratello aveva battezzata col pomposo nome di studio e nella quale
egli aveva insediato l'Arconti. Costui era immerso nell'esame di
alcuni quaderni, in cui cercava il bandolo dell'arruffatissima
contabilità della miniera. Non pretendeva d'essere un gran ragioniere,
ma ne sapeva abbastanza da capire che il sistema seguito fino allora
era fatto apposta per ingenerar confusione e che bisognava cambiarlo
da cima a fondo.
All'annunzio recatogli da Maria, egli si scosse, guardò l'orologio, e
parve combattuto fra il desiderio di rivedere i suoi vecchi amici e
quello di continuare il lavoro a cui s'era accinto.
--Venga, venga,--disse la giovinetta, che indovinò il suo
pensiero,--ha lavorato anche troppo. Son già le sei. Venga finch'è
giorno a dare un'occhiata alla sua cassa. Ho fatto restar di là l'uomo
che l'ha portata, e che si offerse d'aprirla davanti a lei.
--Allora eccomi qui,--esclamò Roberto. E il piacere che provava in
quel momento gli colorava d'un vivo incarnato le guancie.
La cassa era nella camera dell'ingegnere, accanto al baule. Appena fu
aperta, l'identica domanda venne sul labbro all'Arconti e a
Maria:--Dove si metteranno tutti questi libri?
Quantunque fossero cento volumi al più, in Valduria non s'era mai
visto una biblioteca simile; solo il brigadiere dei carabinieri
possedeva una ventina di romanzi _à sensation_, la cui lettura
manteneva in istato di umidità permanente gli occhi della maestra
comunale. L'ingegnere Selmi si contentava di tre o quattro opere
tecniche, e Maria, ch'era la letterata della famiglia, aveva di sua
esclusiva proprietà i _Promessi Sposi_, il _Marco Visconti_, i
_Bozzetti militari_ del De Amicis, e il primo volume della
_Gerusalemme liberata_. Il secondo mancava.
I libri del giovane Arconti erano tutti legati con gran cura e alcuni
anche con lusso. C'erano perfino due o tre edizioni illustrate
splendidamente. Ricordi d'altri tempi, ahimè, ormai tanto lontani.
Roberto stesso riconosceva che que' libri, a Valduria, fuori del loro
nido elegante, fuori della loro bella biblioteca di noce, facevano un
effetto singolare. Eppure non sapeva pentirsi di averli portati seco.
Se lo prendeva la nostalgia, se lo assaliva una subitanea e profonda
tristezza, a chi avrebbe potuto ricorrere se non a quei fidi compagni
del suo pensiero?
--Diavolo!--esclamò Maria, rispondendo alla domanda ch'ella stessa
s'era rivolta un momento prima.--Il posto è presto trovato. Qui no, ma
nella stanza attigua, dove, come le dissi jersera, passo parte della
giornata a lavorare... Ma potrò fare anche a meno di starci, io.... La
lascerò tutta per lei...
--A questo patto no.... Non accetto....
--Bene, bene... Ne riparleremo.... In quanto ai libri, sfido io, se
non li mette là, dove vuol metterli? lasci fare a me, ordinerò al
falegname gli scaffali... Oh, Bastiano fa le cose a modo....
Si rammentò che l'ingegnere veniva da una grande città, che aveva
abitudini raffinate e non poteva esser di così facile contentatura
com'era lei. Onde soggiunse un po' confusa:--Bisognerà, per altro che
abbia una grande indulgenza... Poveri libri! Alloggiavano molto meglio
una volta.
La giovinetta non seppe resistere alla tentazione di chinarsi sopra la
cassa e di prendere in mano qualcheduno di quei volumi. Poi li
riponeva con infinita delicatezza, e alzava gli occhi verso Roberto
come a chiedergli scusa della libertà che s'era presa.
Ma egli l'incoraggiava con lo sguardo e con la parola.--Faccia,
faccia; quando vedo festeggiare i miei libri, mi par d'essere una
mamma che si rallegra delle cortesie usate ai suoi bimbi.
Pur c'era una cosa che turbava Maria. Molti tra questi libri non erano
italiani, e la ragazza, dopo averne guardato il frontispizio, si
affrettava a ricollocarli a posto con una certa aria di
mortificazione.
--Che peccato,--ella disse finalmente,--di non poter sapere nessuna
lingua straniera, nemmeno il francese.
--Non sa proprio nulla di francese?--domandò Roberto con interesse.
--Odoardo aveva cominciato a insegnarmene i principii, ma poi ha
smesso.... Ha tanto poco tempo, ed io ero una scolara di testa così
dura!
Se Odoardo fosse stato presente, egli, con la ordinaria franchezza, si
sarebbe affrettato a smentire la sua troppo modesta sorella, e a
confessare che quelle lezioni erano state interrotte soltanto per
colpa del maestro, il quale doveva convincersi della sua
insufficienza.
--Vorrebbe ritentare la prova con me?--chiese l'ingegnere Arconti.
--Con lei!--esclamò Maria, quasi non credendo a sè stessa.--Si
prenderebbe questo disturbo?
--Si, davvero. Sarebbe uno svago.
--Oh com'è buono! Com'è gentile!--replicò la fanciulla, che per poco
non si metteva a saltare dalla contentezza.--E quando....
S'interruppe arrossendo... Egli sorrise e disse:--Quando che cosa?...
Oh via, non si confonda.... Vuol che la finisca io la frase.... Quando
si comincia?.... Ebbene, si comincerà domani sera.... Stasera voglio
scrivere a casa.
E infatti, subito dopo cena, Roberto si ritirò nella sua camera e
scrisse a sua madre. Gli era convenuto rinunciare, per qualche tempo
almeno, a una corrispondenza diretta con Lucilla, giacchè la signora
Giulia aveva subordinato a questa condizione la sua promessa di
patrocinar la causa de' due amanti. Del resto, la lettera di Roberto
alla signora Federica era, per tre quarti, consacrata a Lucilla. Il
nome della giovinetta ricorreva una quindicina di volte nelle sei
facciate dell'ingegnere. Se Lucilla avesse veduto lui, l'antico
frequentatore dei teatri e dei balli, camuffato da minatore! E poi
Roberto descriveva a sua madre (e a Lucilla) la famigliuola che lo
aveva accolto con tant'effusione: Odoardo un po' grossolano di gusti,
ma tutto cuore, tutto ospitalità, e Maria così buona, così
intelligente, così desiderosa d'apprendere. Egli s'era impegnato a
insegnarle un po' di francese. Non era però bella, Maria, e quantunque
fosse piuttosto alta di statura, aveva ancora l'aspetto d'una
fanciulla. Che confronto con Lucilla! Pure c'era qualcheduno a cui
questa Maria piaceva moltissimo. E qui Roberto discorreva di Cipriano
e della vecchia Gertrude, la quale pareva in sospetto di tutti gli
uomini che avvicinavano la ragazza. L'aveva vista anche lui, ed ella
gli aveva fatto il viso dell'arme, la buona femmina, come a un
possibile rivale di suo figlio. Che ne pensava Lucilla? Sarebbe
gelosa? Lucilla, sempre Lucilla, tanto è vero che, se alla lunga la
lontananza raffredda gli affetti, in principio li riscalda e li
avviva.