Natalìa ed altri racconti - 18

La confessione? O che bisogno ne aveva egli ormai se la tattica troppo
ingegnosa di Lucilla si ritorceva contro di lei? Una donna che ha la
coscienza netta non agisce così; provoca lei stessa le spiegazioni
che devono troncare gli equivoci, non ricorre agli espedienti che
li alimentano. Sì, certo, egli avrebbe potuto abbattere con un
soffio il castello incantato in cui ella si rifugiava, avrebbe
potuto costringerla a un colloquio a quattr'occhi. E s'ella gli si
fosse umiliata dinanzi, se pentita del suo fallo avesse implorato
misericordia in nome dei primi anni della loro unione, in nome
della morte che aveva fulminato il suo seduttore, in nome della vita
che fioriva sulle guancie di Gino, oh allora forse egli l'avrebbe
riaccolta, perdonante ed amante, fra le sue braccia.... Ma ella non era
donna da umiliarsi; o non si sarebbe lasciata strappare una sillaba,
o tirata per i capelli avrebbe assunto un'aria di sfida portando
in trionfo la sua colpa. E in tal caso che altro restava al marito
oltraggiato se non porre ad effetto l'antica minaccia e scacciarla?
Sciocco che non s'accorgeva d'avere in pugno la sua vendetta,
facile, piana, offerta da una di quelle coincidenze provvidenziali
che farebbero credere all'intervento d'una giustizia superiore
e riparatrice! Egli l'aveva in pugno e voleva assaporarla tutta,
quella sera, dai Filiberti. Là ov'ella aveva conosciuto _colui_, in
una festa che le avrebbe richiamato alla mente ogni circostanza del
primo incontro, là ell'avrebbe espiato. Che potenza di dissimulazione
le sarebbe occorsa per celare il suo turbamento, per atteggiar le
labbra al sorriso, per discorrer delle mille inezie ond'è fatta la
conversazione dei salotti, per appoggiarsi al braccio di damerini
indifferenti ed uggiosi, per lasciarsi trascinare nel turbinìo delle
danze!... E non v'ha dubbio, fra i tanti sguardi che, al solito,
si sarebbero conversi in lei, ve ne sarebbero stati di malignamente
curiosi e indiscreti, poichè i vecchi frequentatori di casa Filiberti
non potevano non aver indovinata la tresca.... Sono i mariti che non
indovinano nulla!... No, l'orgogliosa Lucilla non avrebbe curvato la
fronte sotto quegli sguardi, non avrebbe dato ad alcuno il vanto di
ridere della sua debolezza; ma s'ell'aveva veramente amato quell'uomo,
che strazio doveva essere il suo! Saperlo morto, vederlo con gli occhi
dell'anima immobile, stecchito dentro una bara, ed esser lì nelle
sale gaie e luminose ove anch'egli era passato florido di giovinezza e
riboccante di vita, che strazio, che strazio!
Pareva talora a Bertalia che il castigo fosse fin troppo crudele; ma
il pensiero ch'egli non lo aveva nè meditato nè preparato imponeva
silenzio ai suoi scrupoli. E, del rimanente, non era giusto ch'egli
facesse soffrire Lucilla se soffriva tanto per cagione di lei? Non era
giusto?
— Sì, — rispondeva la sua passione di marito offeso; — no, — rispondeva
la sua coscienza di filosofo.
Nella difficoltà di conciliare le due risposte, egli tentò di
rimettersi al lavoro. Finì di correggere il suo discorso, scrisse un
paio di lettere, riesaminò i temi del Congresso alla cui discussione
si proponeva di partecipare, prese alcune note nel suo taccuino. Ma
non aveva nè lucidezza di mente, nè forza d'applicazione; non poteva
star tranquillo sulla sedia cinque minuti. Ebbene, sarebbe uscito per
impostar le sue lettere: avrebbe fatto quattro passi, respirato un po'
d'aria libera.
In quella entrò Gino, non gaio e baldanzoso come la mattina, ma con la
serietà d'un ragazzo precoce.
Il professore si sforzò di sorridere:
— Che desidera Vossignoria?
— La mamma mi ha incaricato di portarti questo biglietto da visita.
Bertalia si ricordò:
— Ah, va bene.... No, non andartene. Aspetta un momento.
Il fanciullo rimase, fermo, in mezzo alla stanza guardando dalla parte
dell'uscio.
Corrado Bertalia intanto univa il proprio biglietto a quello di sua
moglie, li metteva tutti e due entro una busta e scriveva un indirizzo:
_Gentile Signora_
_Caterina Frangipane vedova Bagnasco._
_Napoli_, ecc., ecc.
Scrivendo, egli chiese a Gino:
— Le mie valigie son fatte?
— Sì, ma sono ancora aperte. Anzi la mamma domanda se porti via qualche
libro.
— Quelli che porto ci saranno nella borsa da viaggio.... A ogni modo
si può chiudere all'ultimo momento.... Aspetta. Pare che il terreno ti
bruci sotto i piedi.... Dove vai?
— Vado di là.... nell'anticamera della mamma.
— Dov'è la mamma?
— È nella sua camera.
— È indisposta?
— No, ma era molto stanca e s'è buttata sul letto per riposare.
— In tal caso, se dorme, tu non le fai compagnia.... Puoi venir fuori
con me, invece.
Il fanciullo accennò timidamente col capo di no.
— No? Perchè no?
— Ho promesso alla mamma, — soggiunse Gino, e gli luccicavano gli
occhi, — di restar lì fin ch'ella dorme.
— Ma è assurdo.... Chi dorme non ha bisogno d'altro che di non essere
disturbato.
— Appunto.... E io sto nell'anticamera perchè nessuno la disturbi.
— Di questo s'incarica la cameriera.... Glielo diremo.... Vieni, vieni.
— Abbi pazienza, babbo, lasciami a casa, — supplicò Gino. — Se la mamma
si sveglia e non mi trova....
— La gran disgrazia!... Saprà che sei uscito col tuo papà e che torni
presto.
— Ma ho promesso, — replicò il figliuolo piagnucolando.
Il professore aggrottò le ciglia:
— Va, allora.
Gino esitava tra il desiderio di andarsene davvero e il timore d'aver
disgustato suo padre.
Bertalia ripetè l'ordine accompagnandolo con un gesto imperioso:
— Va dalla mamma.

IV.
Sceso dal tram fuori d'una delle porte della città, Corrado Bertalia
passeggiava già da due ore all'ombra dei tigli sorgenti in doppio
filare lungo il bellissimo viale, e i pochi che lo avevano visto e
riconosciuto s'erano ben guardati dal disturbarlo, tanto egli pareva
assorto in gravi meditazioni.
— Penserà al discorso di Stoccolma, — diceva qualcuno.
— O dibatterà fra sè un punto controverso di storia. Si sa che la
storia è un continuo fare e disfare.
A nessuno veniva in mente ch'egli fosse angustiato da' suoi casi
domestici. Undici o dodici anni addietro il suo matrimonio era
stato discusso, commentato, censurato anche; più tardi eran corse
delle chiacchiere circa alla supposta relazione di Lucilla col
capitano Bagnasco e i maligni avevano detto: — Il professore doveva
aspettarselo. — Ma eran cose vecchie. Ben altri scandali eran successi
poi nella _buona_ società, ben altri fatterelli di cronaca avevan
divertito la piazza. Chi si occupava ormai delle galanterie della
signora Bertalia con l'ufficiale lontano e dimenticato? Ella seguitava
ad essere una donnina in voga, e il tempo cresceva, anzichè diminuire,
le grazie della sua persona, cresceva, anzichè diminuire, lo squilibrio
fra lei e il marito; ma ora la sua condotta era irreprensibile, e
per quanto si stesse in vedetta, non si riusciva a scoprirle nessun
nuovo amante.... In complesso, Bertalia era giudicato un uomo degno
d'invidia. Era celebre, era ricco, aveva una moglie, certo più
rispettabile, nonostante il fallo presunto, di molte men belle e men
giovani, aveva un figliuolo indubbiamente suo (bastava guardarlo) che
gli empiva d'allegrezza la casa; o che poteva dunque mancargli?
E, in verità, quella mattina mentr'egli ritoccava il suo discorso,
e pregustava le accoglienze lusinghiere di Stoccolma, e scherzava
amorevolmente con Gino, egli era ben lungi dal commiserare la propria
sorte. L'apparir di Lucilla, nel pieno fulgore della sua fresca
bellezza, aveva bensì ridestate in lui le inquietudini del passato, le
trepidazioni dell'avvenire; ma non per questo egli avrebbe osato dirsi
infelice.
E adesso, all'intervallo di poche ore, non la felicità soltanto ma la
pace domestica gli pareva irrevocabilmente distrutta. Strana ironia del
destino! La catastrofe (tale sembrava alla fantasia eccitata di Corrado
Bertalia) avveniva cinque anni dopo che Bagnasco era partito, avveniva
oggi appunto che Bagnasco era morto! Un piccolo foglio listato di nero
aveva una potenza dissolvitrice che l'uomo, vivo e presente, non aveva
avuto!
Non una parola acerba era corsa fra il professore e Lucilla; eppure
egli sentiva che s'era levata fra loro una barriera improvvisa,
e che di minuto in minuto quella barriera si faceva più alta ed
impenetrabile. E, per peggio, il suo Gino adorato, la sua gioia, la sua
speranza, il suo orgoglio, non esitava a parteggiare per la madre, e
già gli si leggeva in volto la muta condanna del rigore paterno. Chi
sa che cosa Lucilla gli aveva detto, chi sa che confidenze monche,
bugiarde gli aveva fatto! Nel segreto della sua camera ov'ella non
dormiva no, ma piangeva il suo drudo, forse, dinanzi al figliuolo,
ella s'atteggiava a vittima, ella chiamava spietato il marito che
la costringeva ad ornarsi per una festa il giorno in cui era giunto
l'annunzio di morte d'un amico buono, disinteressato, fedele. E che
armi aveva egli, Bertalia, contro queste perfidie femminine? Poteva
egli dire a Gino: — Tua madre mente. _Colui_ non era un amico, era
uno di quelli che portano la rovina nelle famiglie!... — E se Gino
chiedeva: — In qual modo?
Ah Lucilla, Lucilla! Non le bastava il resto; anche alienargli l'animo
del figliuolo ella voleva, voleva far di lui, del suo sposo, un
estraneo nella casa! La nuova offesa era maggior dell'antica e la donna
che gliela infliggeva non meritava nessuna pietà.
Ingannato dal sole sempre alto sull'orizzonte in quella luminosa
giornata di giugno, Corrado Bertalia seguitava a camminare, senza
curarsi dell'ora. I rintocchi d'un orologio lo scossero. Uno, due,
tre.... egli contò fino a sei.... Erano effettivamente le sei, ed egli
non aveva tempo da perdere se doveva pranzare, e chiuder le valigie, e
abbigliarsi, e aspettar che sua moglie fosse abbigliata pel ballo dei
Filiberti, ove non sarebbe stato conveniente andar troppo tardi, tanto
più non potendoci rimanere sino alla fine.
Nel rifar frettolosamente la via percorsa egli pensava: — Tre o
quattr'ore sole ci tratterremo alla festa, ma come _le_ parranno
lunghe!... E poi?... E poi la carrozza chiusa ci riporterà a casa nella
pallida luce dell'alba; muti ed ostili, contraffatti dalla stanchezza,
dal dolore, dall'odio; ci ritireremo nelle nostre camere ai due angoli
dell'appartamento; forse domattina non _la_ vedrò, forse non _la_ vedrò
che al mio ritorno dal Congresso.... E come _la_ vedrò allora? Domata,
contrita, anelante a riconquistare il suo posto nel mio affetto e
nella mia stima? O sfinge silenziosa, grave di pericoli e di minacce? O
aperta ribelle, impaziente di vendicarsi alla sua volta dell'oltraggio
sofferto?... E Gino?
Ma un altro quesito s'affacciava alla mente del professore. Se la
ribellione cominciasse subito? Se quella sera stessa Lucilla gli
dichiarasse: — La tua imposizione è iniqua. Io non vengo dai Filiberti?
— S'acconcierebbe egli al rifiuto? O inizierebbe, alla vigilia del suo
viaggio, una lotta di cui non si sapeva come sarebbe andata a finire?
E una volta successo lo scandalo, che si sarebbe detto di chi l'aveva
provocato? Come? Le collere di questo marito ci mettono cinqu'anni a
maturare e scoppiano solo quando il nemico sparisce?
Così, a qualunque partito egli fosse per appigliarsi, il futuro si
presentava a Bertalia sotto una luce fosca e paurosa; e nemmeno
gli riusciva quetar l'animo agitato nel pensiero dei suoi studi,
delle nuove ricerche alle quali aveva posto mano, delle aggiunte
meditate alla grande opera, suo monumento imperituro di gloria. Gli
erano cari gli studi, cari i silenzi della sua cameretta; ma era pur
dolce sollevar di tratto in tratto lo sguardo dai volumi polverosi e
fissarlo in due volti diletti, e tralasciare di discorrer coi morti per
ragionare e scherzare coi vivi. Mai, mai gli era bastata la scienza
arida e sola; un caldo alito di simpatia percorreva da cima a fondo
tutti i suoi scritti, e nessuno storico sapeva meglio di lui, dai
freddi documenti del passato, sprigionar le lacrime delle cose. Ed
egli ben rammentava le tesi d'umanità, di giustizia, di tolleranza che
aveva sostenuto ne' suoi libri, rammentava le argomentazioni, le prove
faticosamente raccolte, ingegnosamente coordinate a dimostrar l'inanità
della vendetta per gl'individui e pei popoli....
Giunto alla barriera, il senatore Bertalia, anzichè risalire sul tram
ove in quell'ora gli sarebbe stato difficile evitar incontri noiosi,
prese a piedi una scorciatoia che per vie quasi deserte l'avrebbe
condotto, in circa venti minuti, a pochi passi dalla sua abitazione.
Una di quelle strade, lunga, diritta, era, pressochè per intero, chiusa
fra muri di giardini. Sorgevano di là dai muri e si slanciavano in
alto le cime degli alberi illuminate dal sole volgente all'occaso;
non s'udiva voce d'uomo, ma stormire di fronde e bisbigliare di nidi;
scendeva dai rami, saliva da invisibili aiuole un'acuta fragranza
d'acacie e di rose. In fondo, alla cantonata, una cassetta postale di
color verde cupo spiccava sull'intonaco bianco del muro.
Bertalia portò la mano istintivamente alla tasca del soprabito; non
aveva ancora impostato le lettere. Le gettò qui, nella buca, e quando
gli passò fra le dita il bigliettino per la signora Frangipane vedova
Bagnasco, scappò detto anche a lui, come la mattina a Lucilla: — Povera
madre!
Svoltato l'angolo, la gran pace conventuale cessò, e il professore si
trovò in mezzo al brulichìo della gente e al frastuono delle carrozze e
dei tram. Due o tre persone lo salutarono; egli, senza voltarsi, senza
rallentare il passo, rispose toccandosi il cappello e fu presto alla
porta di casa.... Che ore penose gli si preparavano, e come avrebbe
voluto esser già in ferrovia, di là dalle Alpi!
Lucilla e Gino l'aspettavano in salotto da pranzo; la minestra era
ormai scodellata.
— La minestra sarà fredda, — disse Lucilla. — Ma era tardi....
Egli guardò l'orologio:
— È vero, ha fatto tardi. — E soggiunse: — Meglio fredda che calda, in
questa stagione.
Lucilla si alzò, prese per mano il figliuolo e si avvicinò a suo marito.
— Gino deve domandarti perdono della sua ostinazione d'oggi. La
colpevole sono stata io.... L'avevo pregato di restar nell'anticamera
fin ch'io riposavo un'oretta.... Se avessi previsto che desideravi
condurlo teco....
— Non importa, — interruppe Bertalia. — Esser fedeli alla consegna è
una buona qualità.
— Gli perdoni, dunque?
— Ma sì, ma sì.
— Gino, dà un bacio al babbo.
Il fanciullo ubbidì, ma tornò subito presso alla sua mamma.
— Siedi, siedi al tuo posto, — ella disse.
Anch'ella sedette a tavola spiegando macchinalmente il tovagliolo sulle
ginocchia.
Allora Bertalia fissò in viso sua moglie. Già a colazione ella gli era
parsa mutata; adesso egli stentava a riconoscerla nel pallore cereo
delle gote, nella ruga profonda che tra ciglio e ciglio le solcava
la fronte, nella contrazione delle labbra esangui, nella dolorosa
immobilità dello sguardo. Era quella la sua Lucilla, la splendida
Lucilla? Era quella la donna ch'era entrata la mattina nel suo studio
raggiante di bellezza e di gioventù? Si sarebbe giurato che non dieci
ore ma dieci anni di più pesassero sul capo di lei e che il suo fulgido
meriggio precipitasse in un fosco tramonto....
— Se fossi morto io, — chiedeva Bertalia a sè stesso, — sarebb'ella
affranta così?
E benchè non si facesse troppe illusioni sulla risposta, egli era
stupito di sentir nel suo cuore più compassione che ira.
Anche ora, come a colazione, ella toccava appena le vivande. Vedendosi
osservata, si scusò:
— Ho una leggera emicrania.
Cercava ella un pretesto per non andare dai Filiberti?... Ma no, in tal
caso, non avrebbe detto _leggera_.
A ogni modo, il professore dimandò:
— Per che ora è l'invito?
Ell'ebbe una vibrazione impercettibile dei nervi della bocca, e disse
brevemente senza batter palpebra:
— Per le dieci.
Dunque ella nè si ribellava, nè implorava grazia. Nè altera, nè
umile, i suoi occhi _che avevano pianto_, esprimevano un'assoluta
padronanza di sè, una volontà rassegnata a tutto subire pur di evitare
i contrasti.... Ma gli occhi di Gino, umidi e tristi, si volgevano al
padre con lo stesso muto rimprovero con cui gli si erano rivolti poche
ore addietro.
Indi, per una strana inversione di parti, sembrò a Corrado Bertalia di
esser lui l'accusato dinanzi a' suoi giudici e abbassò istintivamente
lo sguardo.
Dopo un breve silenzio egli balzò dalla seggiola.
— Senti, Lucilla, ci tieni proprio ad andare a quel ballo?
Le guancie smorte di lei si tinsero d'un lieve incarnato. Ma sulle
prime ella temette d'un'insidia.
— Io?... No.... M'è indifferente....
— Perchè, — continuò il professore, — in quanto a me preferirei di
prendere il diretto di questa sera alle undici.
— Vuoi partire questa sera? — chiese Lucilla, ancora incerta sul
significato della repentina risoluzione di suo marito.
— Guadagno circa dodici ore, — egli rispose, — e passo più volentieri
la notte in ferrovia, dove dormo benissimo, che in una festa da ballo
ove mi trascino come un'anima in pena.
La sua voce calma, la sua fisonomia grave ma composta dissipò le
inquietudini di Lucilla. A poco a poco la invadeva un sentimento di
tenerezza, di riconoscenza verso l'uomo che aveva misericordia di lei
e che rinunziava al piacere della vendetta per risparmiarle un atroce
supplizio.
Le venne uno scrupolo.
— E i Filiberti?
— Oh, si manda un biglietto.... C'è da scrivere?
Quand'ebbe l'occorrente, il professore avvicinò il tavolino alla
finestra, poichè già imbruniva, e scrisse leggendo a voce alta:
“_Egregio amico_,
Un telegramma ricevuto....„
Qui egli stette un istante con la penna sospesa fra le dita.
— È una bugia, ma di quelle che non fanno male a nessuno.... Bada però,
Gino, non imitare il cattivo esempio.... Per fortuna, alla tua età non
ci sono bugie necessarie....
Chiusa questa parentesi, Bertalia ripigliò senz'altra interruzione:
“Un telegramma ora ricevuto mi costringe a partire stasera. Dobbiamo
quindi, mia moglie ed io, privarci del piacere d'intervenire alla
vostra festa. Vogliate scusarcene anche con la signora contessa e
con gli sposi che Lucilla visiterà uno di questi giorni e ai quali io
presenterò i miei omaggi fra un paio di settimane, al mio ritorno da
Stoccolma.
“Accogliete, eccetera, eccetera....„
— Va bene così? — egli soggiunse mentre faceva l'indirizzo. — Il
biglietto lo ricapiterà il portinajo, e nello stesso tempo ordinerà la
carrozza per le dieci e mezza.... Pare impossibile, ma sono quasi le
nove.
Lucilla prese la mano di suo marito e la portò rapidamente alle labbra.
. . . . . . .
Le valigie furono terminate nella fioca luce del crepuscolo. Gino
aiutava la sua mamma e co' suoi occhi giovani distingueva perfettamente
gli oggetti e leggeva pressochè al buio i frontespizi dei libri. Pareva
vi fosse un tacito accordo di non accendere il lume.
Affacciato alla finestra, Bertalia aspirava per tutti i pori la gran
pace della notte estiva. Un raggio di luna entrava obliquamente nella
stanza.
All'ora prefissa vennero a dire che la carrozza era pronta.
Il professore non volle che lo accompagnassero alla stazione.
— Tu, Lucilla, devi andar subito a letto, e in quanto a Gino, non si
capisce perchè sia ancora alzato.... Forse perch'è in vacanza.
Gino saltò al collo di suo padre.
— No, ma perchè volevo star con te fino all'ultimo.
Era tornato affettuoso, espansivo, carezzevole.
Lucilla consegnava il bagaglio alle persone di servizio. — Due valigie,
una borsa, una cappelliera, un _plaid_, un portaombrelli.
Corrado Bertalia depose il dolce pondo del suo figliuolo e si voltò
verso sua moglie che era ritta dinanzi a lui, con le mani tese.
Egli la tirò a sè e la baciò in fronte.
— Arrivederci, Lucilla.
— Buon viaggio, — ella balbettò frenando a fatica i singhiozzi. —
Scrivimi presto.... E.... grazie.....
— Zitto! — fece egli sciogliendosi dall'amplesso, e mettendosi il dito
alla bocca.
Gli addii si rinnovarono sul pianerottolo.
— Buon viaggio, buon viaggio.
— Arrivederci.
— Scrivi domani.
— Scrivete anche voi. La prima lettera ferma in posta a Monaco.
— Sì, e mandaci i giornali.
— Molti giornali illustrati, — gridò Gino dalla ringhiera. — E portami
un bel libro.
La carrozza infilò il portone e uscì nella strada. Alzando il capo,
Bertalia vide alla finestra moversi due ombre e due fazzoletti bianchi
agitarsi. Anch'egli agitò per un istante il suo fazzoletto, poi se lo
portò agli occhi ch'eran molli di lacrime.
— Non ho perduto Gino, — egli diceva in cuor suo. — Ma _lei_?... Che
cosa può esser ella per me fuor che una seconda figliuola?