Natalìa ed altri racconti - 06

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vicende dell'accanito duello. Non c'era dubbio, anche la seconda prova
sarebbe riuscita favorevole a Bibbiana. Egli era indiscutibilmente
superiore all'avversario, era più audace negli attacchi, più pronto
nelle difese, più accorto nelle insidie. Ma donde gli era capitata
questa scienza? O, piuttosto, perchè, in cinqu'anni, non l'aveva
sfoggiata con lui, con Antenore? E mentre Santelli rivolgeva fra sè
questi pensieri, la verità si faceva strada nel suo animo, lo riempiva
di livore e di fiele.
— Vengo, vengo, vengo, — masticò fra i denti il commendator Fustini.
E soggiunse dopo una breve pausa: — Non c'è rimedio; ho il matto
alla terza mossa. — Si alzò da sedere e stendendo cavallerescamente
la mano al vincitore disse: — Ti faccio le mie congratulazioni. Non
sfigureresti in un torneo.
— Hai voglia di ridere, — rispose il signor Demetrio. — Avevo una buona
serata, ecco tutto....
In quella gli apparve la fisonomia stravolta di Antenore Santelli,
e imporporandosi in viso come un fanciullo colto in fallo balbettò:
— Ogni tanto ho di questi lucidi intervalli.... È un fenomeno....
Ordinariamente gioco malissimo.... Anche adesso, se continuassimo....
— No, no, son già le undici e mezzo e se tardo un poco rischio di
trovar chiuso il portone dell'albergo.... A proposito, ti devo due
lire....
— E io ne devo due a Lei, — disse il signor Antenore tirando fuori
sgarbatamente un borsellino unto e bisunto.
— Ebbene, — rispose Fustini; — le paghi per conto mio all'amico
Demetrio.... Così saremo pari e patta.
— Ma sì, ma sì.... non c'è fretta, — protestò il cavaliere dopo aver
sonato il campanello per chiamar la Barbara. — E poi se torni domani
sera è sicuro che me le riguadagni quelle due lire.... Pranzi con me
anche domani, non è vero?
— Non so.... Avrei un mezzo impegno.
— Mettiti in libertà.
— Grazie.... Vedremo.... Ti manderò un biglietto entro la giornata....
— Guai per te s'è un rifiuto.... E Antenore, per una volta tanto,
farà uno strappo ai suoi principî, — continuò Bibbiana. — Ci terrà
compagnia.
— Impossibile, — dichiarò in tuono reciso l'uomo selvatico.
— Eh via....
— Speriamo che si persuaderà, — disse, sorridendo, il commendatore,
mentre si faceva aiutar dalla Barbara a infilarsi il soprabito. — Buona
notte dunque, Demetrio.... E grazie di nuovo della tua ospitalità....
Lei resta?
Questa domanda era indirizzata a Santelli che rispose pronto: — Sì, ho
da parlare a Bibbiana.
— In tal caso, buona notte anche a Lei.
— Buona notte.
Fustini uscì, ben contento di non dover fare un tratto di strada a
fianco di quell'orso.

III.
Solo con l'orso rimase invece il signor Demetrio, rimase con la
coscienza d'essere in dolo, di meritarsi, almeno in parte, i rimproveri
che l'altro non gli avrebbe certo risparmiati.
Pure, dissimulando alla meglio la sua confusione, si avvicinò
bonariamente ad Antenore. — Hai da parlarmi?
— Sì, ma prima pago un debito.
E gettò con mala grazia due franchi d'argento sul tavolino.
— Lascia stare....
— Ah, — proruppe Santelli inviperito, — vorresti regalarmi anche
questi?... Per poi dire all'illustrissimo signor commendatore Fustini
che me li hai condonati per carità?
— Io! — esclamò Bibbiana.
— Tu.... tu.... come stasera.
— Io.... stasera.... ho detto....?
— Hai lasciato capire.... ch'è lo stesso, — ribattè Santelli schizzando
veleno da tutti i pori, — hai lasciato capire che con la scusa degli
scacchi, e fingendo di giocar male, mi davi da guadagnar una o due lire
al giorno.... per i miei minuti piaceri.... per i sigari forse....
— Ma no.... ti giuro....
— E hai la faccia di negare.... Sono cinque anni che m'infliggi
quest'umiliazione.... cinque anni che mi ferisci in quello che ho di
più caro, in quello che ho di più sacro.... nel mio orgoglio, nella mia
dignità.... E io, bestia, non ho sospettato di nulla.... ho creduto in
buona fede che tu volessi impratichirti negli scacchi.... ho aderito al
tuo desiderio di giocar d'interesse.... se no non ci trovavi gusto....
l'ho agevolata io la tua parte di filantropo....
— Ma se non è vero, — seguitava a protestare il signor Demetrio.
L'altro non gli dava retta.
— Come ho potuto io, col mio carattere, consentire a guadagnar
sempre....?
— No, — interrompeva Bibbiana, — lo sai bene che neppur questo è
vero.... che anch'io vincevo qualche volta....
— Una volta su dieci, — ribattè Santelli. — L'hai confessato tu a quel
tuo dilettissimo commendatore. Oggi invece, con un giocatore di prima
forza, non hai fatto che vincere....
— Due partite.... sono accidenti che nascono.... che non provano
nulla.... Vedrai domani sera....
Il signor Antenore scoppiò in un riso secco, nervoso, che pareva
un singulto. — Ah naturalmente domani sera perderai.... e m'inviti
ad assistere alla commedia.... Non son così grullo.... È finita la
commedia.... Mai più metterò il piede dentro di queste porte....
— Andiamo, Antenore....
— Mai più, fin che non potrò rimborsarti dell'elemosina che m'hai
fatta.... Cinqu'anni giusti.... sessanta mesi.... Non è mica un
conto troppo difficile.... sessanta mesi con poche interruzioni.... a
quaranta lire in media per ogni mese.... duemila quattrocento lire....
— Tu sei pazzo, Antenore.... tu sragioni.... Hai bisogno di ricuperare
la tua calma.... di dormirci su....
— Me ne vado, sì, — ripigliava l'energumeno, — ma non mica a
dormire.... Vado come un ministro del Regno d'Italia a studiar
l'economie che posso fare sul mio bilancio per pagare i miei debiti....
Lo capisci che non voglio esserti debitore, che non voglio concederti
la soddisfazione di avvilirmi, di calpestarmi?... Tutti così.... voi
altri ricchi.... Non vi basta papparvi le vostre rendite.... acquistate
con quel bel merito;... volete di quando in quando darvi il lusso della
generosità, della munificenza, per ribadir meglio le catene ai piedi
dei poveri diavoli.... Vigliacchi, vigliacchi!...
E uscì, slanciando questo insulto come un saluto.
— Antenore! — gli gridò dietro Bibbiana con voce soffocata. —
Antenore!... È troppo....
Diede uno strappo al campanello e si lasciò cader sulla poltrona.
La Barbara, accorsa alla scampanellata, lo trovò che ansava, rosso
scalmanato in viso, con gli occhi fuori dell'orbita.
— Misericordia!... Cos'ha?.. Credevo che chiamasse per far lume al
signor Antenore.... Ma quello è corso giù per le scale al buio....
Cos'ha, cavaliere?... Cos'è stato!... Un tiro di quel figuro?... Non
l'ho mai potuto soffrire.... Beva qui un gocciolo di Marsala....
Il signor Demetrio la respinse con la mano. — Ne ho bevuto anche troppo
del vino stasera.... Va meglio.... È passato....
— Ma cos'era?... Cosa si sentiva?
— Niente.... È passato.... Andrò a letto.... Dev'esser tardi.
— È mezzanotte.... Non si sbrigavano più.... Dica la verità.... S'è
preso una bile col signor Antenore?
— Sì, — rispose Bibbiana che aveva necessità di sfogarsi. — Ma ho avuto
torto anch'io.... L'ho provocato....
La Barbara scrollò le spalle. — Provocarlo, Lei?... Lei che ha sempre
avuto una pazienza da santo?... Lei che ha sempre cercato di fargli del
bene?
— Far del bene!... — disse il signor Demetrio. — Non è mica facile....
A volte si crede di far del bene e si fa del male.
— O piuttosto, — corresse la Barbara, — c'è della gente che non sa dove
stia di casa la gratitudine.
— Questo non importa.... Non si fa il bene perchè ci ringrazino.... Gli
è che bisogna saper regolarsi secondo le persone.
— Sarà, — mormorò la Barbara che non capiva certe sottigliezze. — Ma
con un serpente come il signor Antenore non si riuscirà a nulla.
— Superbo sì, — ripigliò Bibbiana, parte favellando a sè stesso, parte
rivolgendosi alla sua interlocutrice, — superbo fin da ragazzo.... A
scuola dov'era uno dei primi lo chiamavano il Lucifero.... E dopo ne
ha avute delle peripezie.... ne ha sofferte delle mortificazioni....
ha visto navigar col vento in poppa tanti che valevano meno di lui....
insomma se gli si è peggiorato il carattere non è colpa sua.... Così
astioso una volta non era.... E anche l'orgoglio gli è cresciuto con le
disgrazie.... Vi ricordate quand'è arrivato qui?... Aveva abbandonato
l'impiego, non gli avevano ancora liquidata la pensione.... non so come
vivesse.... E pure non ci fu verso di fargli accettar del danaro nè
in dono, nè a prestito.... Gli avevo proposto di tener la mia piccola
amministrazione.... Non ha voluto.... Lo avevo pregato di venir a
desinare ogni giorno con me, ch'ero solo e avrei avuto piacere di
far quattro chiacchiere a tavola.... È stato molto se ha accondisceso
a venir la domenica.... E intanto, anche con la pensione liquidata,
stentava a tirare innanzi, si lagnava di mille privazioni. Non era
più giovine neppur lui.... soffriva d'acciacchi.... Non aveva i mezzi
da curarsi.... Ed eravamo alle solite.... A qualunque offerta che
gli si facesse montava sulle furie.... Finalmente mi era parso d'aver
trovato.... Egli amava il gioco degli scacchi.... lo amavo anch'io. —
Giochiamo, — gli dissi, — ma giochiamo di qualche cosa.... Se non c'è
l'interesse non ci metto attenzione.... Regoleremo i conti ogni mese.
— _Te Deum laudamus_.... Questa volta egli non rispose di no....
— E intascava un bel gruzzolo, — interruppe la Barbara.
— Oh.... miserie....
— Con tutta la sua boria si degnava....
— Erano denari di buona presa.
— Ma lei faceva apposta?
Bibbiana abbassò la voce come se si vergognasse di confessare. — In
principio forse.... Dopo m'ero avvezzo....
— E vuole che il signor Antenore non se ne fosse accorto? — esclamò la
donna col suo naturale buon senso.
Il cavaliere negò energicamente. — No, no.... Oggi soltanto, per causa
di quel benedetto Fustini....
— Del signore ch'era qui a pranzo?
— Appunto.... C'era la scacchiera pronta.... S'è messo a giocar con
Antenore e lo ha vinto.... È un giocatore che sa il fatto suo.... Poi
con lo stesso Fustini mi son provato io.... Antenore mi punzecchiava,
mi beffeggiava, parteggiava pel mio avversario.... Io ho perduto la
pazienza, ho perduto la testa, non mi son più ricordato che se Antenore
era rimasto inferiore a Fustini dovevo a maggior ragione rimaner
inferiore io....
— E ha guadagnato la partita?
— Due ne ho guadagnate.
— Bravo!
— No.... Quando ho alzato gli occhi verso Antenore e ho visto che ormai
egli aveva capito tutto, mi son vergognato come se avessi commesso la
più triste azione del mondo.
— Oh caro Lei, — protestò la Barbara, — lasci che i cattivi si
vergognino....
— Spesso si è cattivi senza volerlo, — ribattè il signor Demetrio
tentennando il capo. — Non dovevo stasera, non dovevo....
La Barbara lo interruppe. — Scusi.... Io sono un'ignorante, ma se mi
permettesse di dir la mia opinione....
Bibbiana la incoraggiò con un gesto.
— Ecco, — rispose la Barbara, — può essere che stasera ell'abbia avuto
un momento di distrazione, e ammetto che il signor Antenore.... dato
che prima ignorasse, che già io stento a persuadermene.... ammetto
insomma che debba esser rimasto un po' male.... Ma, con tutto questo,
s'io fossi stata nei panni di quel figuro, sa quel che avrei fatto?
— Sentiamo.
— Le avrei gettato le braccia al collo dicendole: — Grazie.
— Oh bella! Nel giorno in cui lo umiliavo davanti a un estraneo?
— Che importa? Era il giorno in cui veniva a scoprire un'azione
generosa ch'era durata cinqu'anni.... le par poco? Quanti ce ne sono
che si sarebbero torturato il cervello per aiutare un tanghero che non
voleva essere aiutato, ma voleva lagnarsi sempre?... Quanti avrebbero
avuto pazienza per cinqu'anni?... E dell'umiliazione in fin dei conti
ne ha la colpa lui, e se la merita.... Sicuro, chè non è lecito aver
quella boria, e chi è nel bisogno non deve aver riguardi a domandare
soccorso a un amico nè deve costringerlo a usar dei sotterfugi per
fargli del bene.
— Oh, in questo siamo d'accordo, — disse con enfasi Bibbiana. Dopo la
feroce requisitoria di Santelli che gli aveva scompigliato le idee e lo
aveva empito di scrupoli e di rimorsi, la morale semplice e casalinga
della sua donna di servizio gli rinfrancava alquanto lo spirito. Egli
non era dunque il vile e malvagio uomo che Antenore lo accusava di
essere?
— Basta, — egli soggiunse alzandosi in piedi, — accendetemi la candela,
ch'è ora d'andare a letto.
Pur la brusca rottura con Antenore non gli dava pace, e passando
accanto al tavolino rovesciò con la mano i pezzi ch'erano rimasti ritti
sulla scacchiera.
— Maledetti scacchi!... Mi costate un amico.
— Uhm! — borbottò la Barbara. — Se son quelli gli amici! Meglio
perderli che trovarli.
— No, no.... Un compagno di scuola.... È un vero dolore.... Io non
dovevo....
— Oh, torna da capo! — saltò su con petulanza la Barbara, inanimita dal
buon successo che avevano avuto prima le sue considerazioni. — E allora
torno da capo anch'io a dire che mi farei sbattezzare se il signor
Antenore non aveva mangiato la foglia già da gran tempo.
— Impossibile!... Un superbo di quella risma!
— Oh, — conchiuse la filosofessa della cucina, mostrando più acume
d'un consigliere d'appello in pensione, — ne ho conosciuti ancora dei
superbi che sinchè potevano far finta di non accorgersi dei benefizi
accettavano tutto.... Non vogliono obblighi di riconoscenza, ecco
quel che non vogliono.... Ciò che pesa a costoro non è ricevere, è
restituire.
E dopo aver pronunziato questa sentenza degna d'uno dei savi della
Grecia, la Barbara consegnò al padrone la candela accesa. Senonchè,
proprio in quell'istante, ella vide luccicar dell'argento sul tavolino.
A lei luccicavano gli occhi. — O che si dimentica il danaro?
— Che danaro?
— Questi due franchi....
Bibbiana fece un passo indietro. — Il danaro lasciato da Antenore....
Non lo voglio io.... Verrà a riprenderselo....
— E se non viene?
— Se non viene, tenetevelo voi.
— Meno male, — disse la Barbara. — Intanto lo metto in tasca.


I CAVALIERI DELL'IMMACOLATA

I.
Era un'americana, arcimilionaria, bellissima, originalissima. Si
chiamava M.rs Edith Simpson, e già da qualche anno abitava Firenze in
compagnia della madre. Il marito, poichè c'era un marito, ve l'aveva
accompagnata lui stesso, le aveva preso in affitto una palazzina sui
Viali e una villa a Fiesole; poi, affidandola alla suocera, aveva
ritraversato l'Oceano e non s'era più fatto vedere. Le scriveva
però regolarmente una volta al mese, ed ella una volta al mese
scriveva a lui; e le due lettere, oltre che all'espansioni conjugali,
servivano l'una a rimettere, l'altra a dichiarare di aver ricevuto
un _chèque_ di mille sterline. Dodici di questi _chèques_ all'anno
formano una discreta sommetta; tuttavia l'ottimo M.r Simpson stimava
opportuno di arrotondarla, e, tanto per Natale quanto per la festa
di sua moglie, faceva una rimessa supplementare di altre cinquecento
sterline, una bazzecola. In fin dei conti, vista la fortuna del suo
sposo, M.rs Simpson avrebbe potuto esigere anche di più, ma ell'era
una persona ragionevole e si contentava. Già non doveva pensare che
a sè. Sua madre, benchè fosse una povera diavola al paragone (aveva
circa venticinquemila franchi di rendita), contribuiva alle spese
domestiche e si vestiva co' suoi danari. M.rs, o, piuttosto, donna
Mariquita Swallow, nata Serenado y Fuentes, subiva, come tutti gli
altri, il fascino della figliuola, ma era un tipo affatto diverso.
Intanto M.rs Simpson era, _intus et in cute,_ un'americana del Nord,
una anglosassone; la madre, originaria del Guatemala, poteva dirsi
una spagnuola, e degli spagnuoli aveva il formalismo pomposo, il culto
dei titoli, il fervore cattolico.... che però non le aveva impedito di
sposare un protestante. Dio buono! Quando il defunto M.r George Swallow
era arrivato al Guatemala con una missione diplomatica degli Stati
Uniti, egli era un così bell'uomo che la señorita Serenado non aveva
potuto resistergli e gli aveva concesso la sua mano, nella speranza di
ricondurlo più tardi in grembo alla Chiesa. Speranza vana. Non solo
M.r Swallow non aveva voluto saperne di convertirsi, ma aveva fatto
protestante anche la figliuola.
Comunque sia, donna Mariquita andava orgogliosa della sua fede,
della sua patria e del suo nome di ragazza, tanto più sonoro del nome
di Swallow, e se non tradiva questi suoi sentimenti era un po' per
riguardo dell'Edith, un po' per la difficoltà ch'ella provava nella
conversazione. Infatti, abitando gli Stati Uniti, ell'aveva disimparato
lo spagnuolo senz'apprender bene l'inglese, e abitando ora in Italia,
minacciava di disimparare l'inglese senz'apprender, nè bene nè male,
l'italiano. Anche in questo differente affatto dalla figlia ch'era un
secondo cardinal Mezzofanti e possedeva una facilità straordinaria per
tutte le lingue.
Benchè donna Mariquita avesse una vera adorazione per la sua Edith, e
questa, a suo modo, volesse bene alla madre, le due signore godevano di
una reciproca indipendenza. Ricevute, che ben s'intende, da per tutto,
facevano qualche visita insieme, andavano insieme a qualche ritrovo
elegante; ma, in complesso, la giornata dell'una non somigliava a
quella dell'altra.
La madre viveva in un certo piede d'intimità con due o tre famiglie
della parte più conservatrice dell'aristocrazia fiorentina, s'era
ascritta a un paio d'associazioni cattoliche, frequentava con assiduità
le funzioni di chiesa. Con tutto ciò non le sarebbe dispiaciuto aver
dei galanti, e, poichè serbava le traccie della passata bellezza a
malgrado de' suoi quarantacinque anni, avrebbe anche potuto averne se
non fosse stata noiosetta per sua natura e non avesse voluto rimanere
entro i confini delle affezioni platoniche.
Spirito autoritario per eccellenza, M.rs Simpson non s'era legata
con nessuna signora della cittadinanza o della colonia forestiera, e
compariva nei salotti altrui solo quel tanto che basta per non romperla
affatto con la società. A lei occorreva di poter comandare a bacchetta,
d'aver un manipolo di vassalli che pendessero dalle sue labbra, che
ubbidissero a ogni suo cenno, che seguissero ogni suo passo. Ora,
quando una giovine bella, ricca, elegantissima, mostra gradire gli
omaggi, si può figurarsi se le manchino gli spasimanti. Non mancarono
dunque a M.rs Simpson, che appena spuntata sull'orizzonte fiorentino si
vide ai piedi tutta la _jeunesse dorée_ del paese. Senonchè, anche in
questo caso fu applicabile il vecchio adagio: Molti i chiamati, pochi
gli eletti. L'Edith non respingeva nessuno; erano i candidati medesimi
che si ritiravano. Troppe qualità eran richieste per rimanere nella
corte di M.rs Simpson, e, prima di tutte, un assoluto disinteresse,
un'assoluta rinunzia a ogni aspirazione audace. La signora non era
_prude,_ non si scandalizzava delle ardenti dichiarazioni che anzi
ell'accoglieva come un tributo dovutole, non s'inalberava per qualche
facezia a doppio senso, non lesinava i sorrisi, le strette di mano,
le dimostrazioni insomma d'una familiarità affettuosa; ma faceva ben
presto capire ch'era vano sperar nulla di più. Chi non si persuadeva di
ciò era messo pulitamente alla porta. E sì che parecchi avevan tentato
il colpo: degli appassionati, dei romantici, dei brutali, di quelli che
giuocano subito l'ultima carta e che uno schiaffo di donna non impaura.
Avevano fatto fiasco tutti, avevano creato intorno a M.rs Simpson
una leggenda di inespugnabilità, simile a quella che correva intorno
a certe rocche medioevali. I belli spiriti fiorentini la dicevano
l'_immacolata_.
Naturalmente, alla prospettiva sconfortante, molti adoratori si
perdevano d'animo, chiedevano a sè stessi se M.rs Simpson non desse
pochino a fronte di quello che domandava. Altri, pur rassegnati al
grave sacrifizio, si arrestavano dinanzi ad altre difficoltà. O non
erano disposti ad abbandonare ogni loro occupazione, o non avevano la
fibra abbastanza elastica, l'umore abbastanza docile, il borsellino
abbastanza guarnito da poter menar la vita scioperata a cui li
condannava la capricciosissima Dea. Quelli che rimanevano al loro posto
dopo una così laboriosa opera di selezione potevano ben dirsi a prova
di bomba.
Così, non tenendo conto della squadra volante or più, or meno numerosa,
formata sempre di elementi variabilissimi, lo Stato Maggiore di M.rs
Simpson si componeva di sette o otto individui, di cui cinque regolari,
a ferma illimitata, e due o tre volontari, tenuti, s'intende, in una
posizione subalterna dagli altri. Solo ai cinque regolari spettava
l'appellativo di _cavalieri dell'immacolata,_ dato loro da quelli
stessi che avevano conferito il diploma di purità alla bella americana.
Erano i nobili avanzi dei primi vagheggini; avevano resistito alle
delusioni, resistito alle fatiche, abdicato alla propria personalità,
mutata la loro rivalità feroce in un'alleanza intima e sospettosa.
Tre avevano un titolo: il marchese Gino Ciriè, il conte Alessandro
Galassi Cerda, il barone Eligio de' Passeri; il quarto e il quinto,
Federico Pescina e Ugo Lucignano, appartenevano a due ricche famiglie
borghesi. A eccezione dell'ultimo, luogotenente d'artiglieria che
aveva lasciato il servizio per poter dedicarsi interamente alla dama,
erano giovinotti eleganti, _sportsmen_ che si godevano la vita e non
avevano mai avuto occupazione stabile. Pure, in origine, non eran
stupidi. Ciriè aveva avuto una certa passione per le arti, aveva
plasmato nella creta delle figurine ch'eran piaciute; Galassi era stato
un buon dilettante di musica; Pescina aveva scritto una commediola
recitata con plauso in un salotto; Lucignano era uscito con buoni punti
dall'Accademia e godeva riputazione di valente ufficiale; de' Passeri,
in mancanza di meglio, era uno schermitore famoso. Ora s'era verificato
il singolare fenomeno che M.rs Edith Simpson, donna d'ingegno pronto
e vivace, aveva in breve tempo incretinito i suoi fidi seguaci. Il
processo d'imbecillimento era durato dai due ai tre mesi. Gli antichi
commilitoni di Lucignano assicuravano, a titolo di onore, che per lui
ci fossero voluti novantanove giorni. Adesso i cinque erano ridotti
allo stesso livello, e avevano finito con l'assomigliarsi nei modi e un
poco anche nell'aspetto. In presenza di M.rs Simpson erano dell'umore
di lei, accigliati talvolta s'ell'aveva i nervi tesi, gioviali più
spesso, perch'ell'era ordinariamente gioviale. Avevano i suoi gusti,
le sue opinioni, le sue simpatie e le sue antipatie; e di queste e di
quelli si facevano risoluti campioni in qualunque crocchio, di fronte a
qualunque contradditore. Ma per lo più evitavano con gli estranei ogni
contatto non necessario. Onorati d'un incarico della dama, slanciati
in giro chi di qua chi di là o per fissarle un palco a teatro, o per
associarla a un giornale, o per raccomandare al gabinetto di Vieusseux
di mandarle presto certi libri, o per commetter dei dolci da Doney,
o per verificare se un dato cavallo avesse la coda lunga o corta,
o per qualsiasi grave motivo consimile, percorrevano la città come
aiutanti di campo che portano gli ordini d'un generale in un giorno di
battaglia; poi si davano appuntamento in qualche posto per tornarsene
in compagnia dall'Edith e riferirle l'esito dei loro uffici. Una delle
caratteristiche dei _cavalieri dell'immacolata_ era quella di tenersi
d'occhio a vicenda quanto più fosse possibile. Almeno ognuno voleva
saper sempre dove fossero gli altri. A nessuno era lecito di aver
segreti con la corporazione, sotto pena d'esser chiamato traditore.
Già, anche fuori di casa, se pur non erano tutti uniti, eran soli
di rado. Li si vedeva a due, a tre, camminar concentrati, parlar
sommessi con l'aria di cospiratori. Parlavano di lei, senza nominarla,
che non ce n'era bisogno. — Quel vestito _le_ sta a pennello. — La
nuova tappezzeria del _suo boudoir_ non fa l'effetto che si credeva.
I drappelloni son troppo pesanti. — Delle _sue_ ultime fotografie la
meglio riuscita è quella in costume d'amazzone. — _Ella_ ha pienamente
ragione di non andar per la prima dalla contessa Spingardi. Se la
contessa vuol fare la relazione, cominci lei. — Domani non abbiamo
il _lawn tennis_ perch'_ella_ deve far visite con sua madre. — Quel
contino Negretti finirà col _darle_ noia. Che cosa spera quello
scimunito?... Se non siamo riusciti noi!
Sempre intesi a sorvegliare attentamente i corteggiatori importuni
di M.rs Simpson, a difendere contro le insidie quella rigida virtù
femminile che non avevano, oimè, potuto far capitolare, i _cavalieri
dell'immacolata_ erigevano intorno a lei una barriera non facilmente
superabile. Onde, benchè M.rs Simpson non accettasse imposizioni
circa al numero e alla qualità de' suoi conoscenti e fosse gentile
con quanti le erano presentati, e li invitasse a' suoi pranzi, alle
sue cavalcate, alle sue partite di _lawn tennis_, la situazione dei
novizi si aggravava per l'ostilità dei terribili _cinque_. Non erano
mai scortesie manifeste, che M.rs Simpson non avrebbe tollerate e
che avrebbero potuto aver conseguenze spiacevoli; erano i piccoli
e sottili artifizi con cui un gruppo di persone strette in lega fra
loro fa provare agli estranei un senso d'isolamento e di malessere.
Talora, se si trattava di giovani di primo pelo, impressionabili,
nervosi, si ricorreva ai consigli, alle ammonizioni paterne. E uno
dei cinque prendeva a braccetto il povero diavolo e lo assicurava
che _già era inutile,_ che M.rs Simpson era fatta di ghiaccio e che
dell'amore non voleva saperne, che forse nessuno, essendone informato
in tempo, avrebbe consentito a dedicare a lei tutto sè stesso; ma che
l'abitudine è una seconda natura, e chi s'era lasciato ribadir questa
catena al piede non era più buono di liberarsene.... A caso vergine
però bisognava pensarci su due volte. M.rs Simpson era un portento di
bellezza, di grazia, di spirito, era un'amica impareggiabile.... Se
però uno non si contentava dell'amicizia, e a una certa età è cosa dura
il dover contentarsene, era meglio, per la propria quiete, rivolgersi
altrove.
Ora, la paternale poteva avere effetti diversi. O il galante si
lasciava persuadere e batteva pacificamente in ritirata, e il trionfo
dei cinque era completo; o dichiarava di volersi appagare dell'amicizia
di M.rs Simpson come se ne appagavano gli altri e supplicava
d'essere ammesso nella pia confraternita. In tal caso i _cavalieri
dell'immacolata_ si riunivano in conferenza segreta, e per solito
deliberavano, come minor male, di far buon viso al neofita. Ed ecco
la ragione per cui intorno ai cinque s'aggiravano sempre due o tre
volontari. È un fatto però che, fossero troppo pesanti le fatiche, o
troppo tenui i compensi, o troppo molesta la vigilanza degli anziani,
nessun volontario passava all'ufficio di regolare. Dopo sei o sette
mesi al più succedeva la diserzione.
C'era infine una terza e più temibile eventualità, quella cioè che il
giovinotto non porgesse ascolto ai savi suggerimenti, e, per mettere in
cattiva vista a M.rs Simpson i suoi cerberi, le riferisse la predica
che gli si era fatta. Allora sì l'Americana sentiva salirsi la senapa
al naso. Chiamava al proprio cospetto il troppo zelante cavaliere
e lo strapazzava senza misericordia. O che diritto avevano, lui e i
compagni, di catechizzar le persone che la frequentavano? Pretendevano
forse di averla in tutela? Non sapevano ch'ella non doveva render
conto dei fatti suoi a nessuno di loro, ch'era padrona, padronissima
d'esser di ghiaccio o di lava ardente, padrona, padronissima di sfatar
la leggenda e di pigliarsi un amante se così le piaceva? In quanto
a loro, se ci trovavano a ridire, erano liberi come l'aria; ella non
avrebbe mosso una paglia per trattenerli. E intanto guai a lui, guai
ai suoi quattro amici se usavano uno sgarbo all'individuo che aveva
la disgrazia di non incontrar i loro gusti; guai se provocavano uno
scandalo!
Queste ramanzine ricorrenti che, date a uno, dovevano servire per
cinque, mettevano lo scompiglio nel sodalizio. _Quid agendum?_ Se
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