Natalìa ed altri racconti - 02

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Lidia Polidossi, — ella sentiva susurrare intorno a sè. — Quest'anno
è proprio carina. — Fu allora ch'ella conobbe Ernesto Landi, lo
zio materno di Carlo, un bell'uomo tra i quaranta e i cinquanta,
accurato nel vestire, disinvolto nei modi, superficiale di cultura e
d'ingegno, ma di conversazione piacevole, come di chi ha visto cose
e persone diverse e dai facili successi del mondo acquistò una tal
quale sicurezza di sè. Egli entrò subito nelle buone grazie della
nuova nipote, fors'anco per quella curiosità mista di simpatia che
i libertini non affatto volgari destano alle donne di più illibati
costumi. Nè la relazione con la Clara Maggianico, relazione che solo
la morte aveva troncata, gli nuoceva ormai agli occhi di Lidia. Le
pareva cavalleresca quella fedeltà serbata all'amante, trovava bella
e generosa la condotta di lui verso Natalìa, della quale Ernesto Landi
rendeva possibile il matrimonio con un dono di trentamila lire ch'egli
si obbligava di farle il giorno delle nozze. In casa Fìdoli questa
liberalità era approvata a bocca stretta, ma Landi era, in complesso,
ben voluto da tutti, e la madre di Carlo aveva per lui la tenerezza
piena d'indulgenza delle sorelle maggiori verso i fratelli scapestrati.
— Sicuro, Ernesto ha le sue debolezze, — ella diceva tentennando la
testa, — ma è sempre stato un gran mago. — Il marito le faceva eco. —
Un gran mago. — Il più riservato ne' suoi giudizi era Carlo; forse i
due uomini avevano indole troppo diversa per andar d'accordo.
In quell'estate Lidia ebbe rare occasioni d'imbattersi nella Natalìa
Maggianico, ch'era in lutto e non andava la sera al Caffè, e non andava
di giorno al Lido nelle ore del maggior concorso. La incontrò qualche
volta per la strada, con una signora attempata, una zia, e con un
giovine di mezzana statura, dai baffetti castani, che le dissero essere
il fidanzato. Il vestito nero la dimagrava; dava maggior risalto ai
suoi occhi bruni, alla sua carnagione bianca, mostrava sotto un nuovo
aspetto la sua bellezza superba. Ma Lidia Polidossi era felice; nel suo
animo gentile non c'era più posto nè per l'invidia, nè pel livore, ed
ella manifestò ripetutamente al suo fidanzato la sua ammirazione per
le doti fisiche di Natalìa. Egli sorrideva: — È tal quale sua madre
quand'era giovine.... Se sarà tal quale anche pel resto, il povero
Morini dovrà recitare il _confiteor_.
— O perchè non potrebb'essere una buona moglie?
Carlo Fìdoli si stringeva nelle spalle. — Tutto può essere a questo
mondo.
I due matrimoni furono celebrati in fin d'autunno a brevissimo
intervallo l'uno dall'altro. Allorchè però, dopo il viaggio di
nozze, Lidia venne a stabilirsi a Venezia, i Morini non c'erano più.
L'aggiunto giudiziario era stato nominato Pretore in un piccolo
paesetto del Veneto. Natalìa faceva di tanto in tanto una corsa a
Venezia, e le sue conoscenti dicevano ch'ella metteva in moto cielo e
terra per ottenere un trasloco. Fosse merito suo, o fosse un fortunato
concorso di circostanze, certo si è che il trasloco venne accordato
di lì a non molto tempo, appunto a Venezia, e fu allora che Ernesto
Landi desiderò presentare la coppia Morini alla sorella, al cognato,
ai nipoti. Che motivo ci poteva essere di rifiutare? Nondimeno in
casa arricciarono il naso alla proposta, e Carlo parve più renitente
degli altri. — Che ghiribizzo è saltato allo zio Ernesto?... Que' suoi
protetti non avevano nessun bisogno di conoscerci e noi non avevamo
nessun bisogno di conoscer loro. — Fu proprio Lidia a dare il tracollo
alla bilancia. — E perchè vorresti risponder di no? La Clara Maggianico
è morta già da tre anni; Natalìa è sposata ad un galantuomo che ha una
posizione onorevole, e quando avranno detto di lei ch'è un po' civetta
avranno detto tutto.... C'è di peggio? — No, in coscienza, pel momento
non si poteva dire di più. — Ebbene, — ripigliò di trionfo la Lidia, —
se vogliamo aiutarla a restare una donna onesta, non principiamo noi a
metterla al bando!... Già non occorre mica far lega insieme.
Accolta in casa Fìdoli, Natalìa Morini aveva subito mostrato una
grandissima propensione per Lidia, le aveva ripetuto il gran bene che
lo zio diceva di lei, aveva voluto a ogni costo che si dessero del tu.
Ma il _tu_ non basta a creare l'intimità, e intimità schietta fra le
due donne non ce ne poteva essere e non ce ne fu, nemmeno nei primi
tempi quando sul conto di Natalìa si mormorava solo a bassa voce. —
Sei troppo bella, — diceva celiando la Lidia alla Morini se questa
le proponeva di prender palco insieme a teatro, o di andare insieme a
una festa, a una conferenza, a un concerto; — sei troppo bella, e mi
faresti far troppo cattiva figura. — In fondo non era che una scusa; il
vero si è ch'erano agli antipodi di gusti e d'idee; la Natalìa avida di
piaceri e di lusinghe, sempre abbigliata all'ultima moda, insofferente
della solitudine, arguta e vivace bensì, ma d'uno spirito alquanto
volgare che, per dar la propria misura, aveva bisogno dell'eccitamento
dei crocchi romorosi; la Lidia schiva d'ogni apparenza, semplice e
quasi dimessa nel vestito, facile a intimidirsi, ad ammutolirsi in
mezzo alla gente, amante della sua quiete, della sua casa, dei libri
pochi e buoni che le tenevano compagnia nel suo salottino. Intanto
era nata Valentina, ed ella era stata assorbita dalle cure dolci e
minuziose della maternità. Natalìa la tacciava di esagerazione. — Non
ti s'incontra più in nessun posto. Anch'io amerei i miei figliuoli,
se ne avessi, sfido io.... Ma non per questo farei divorzio da' miei
simili.
Un duplice e gravissimo lutto che colpì Lidia quando la bimba non
aveva che un anno, la morte dei suoceri a poche settimane d'intervallo,
contribuì a suggellar questo divorzio dal mondo che la Natalìa Morini
le rimproverava. Allora appunto Lidia insistette perchè lo zio Ernesto
venisse ad abitare con loro nella casa diventata ormai troppo grande
per una famiglia di tre sole persone, e Landi, impressionabile per
sua natura e turbatissimo dalla morte della sorella e del cognato,
accettò l'offerta come un avviamento a una vita più tranquilla, più
consentanea all'incalzar dell'età. In quell'occasione Lidia ebbe una
visita da Natalìa che le disse: — Anche a noi era parso che tuo zio
Ernesto non dovesse più viver solo e avevamo messo un paio di stanze a
sua disposizione; ma egli ha preferito venir da voi altri. Siete suoi
parenti prossimi, avete un appartamento migliore del nostro; non ci
rimane che chinar la testa.
C'era un fondo di acrimonia nelle parole di Natalìa, e infatti pei
Morini sarebbe stato un terno al lotto il poter alleggerirsi d'una
parte della pigione. Già da tempo si buccinava ch'essi spendessero
oltre ai loro mezzi e che Madama fosse indebitata con la sarta e con la
modista.
— Qualcheduno pagherà, — diceva la gente. I più benevoli affermavano
che di tratto in tratto lo sbilancio fosse colmato da Landi, in omaggio
alla memoria della signora Clara. Evidentemente Natalìa scemava in
riputazione ogni giorno, e il marito era un fenomeno di tolleranza
e di cecità. Non era nè uno sciocco nè un farabutto; era ipnotizzato
dalla moglie; credeva tutto quello ch'ella voleva fargli credere, e si
sarebbe gettato nel fuoco per compiacerla.
L'avvocato Fìdoli (adesso Lidia pensava che fosse stata una finzione)
aveva sempre ostentato di tener in poco conto la coppia Morini. — Lui,
come giudice, è passabile, ma fuori del suo tribunale è un cretino; lei
aspira a coglier gli allori materni. È meglio andar via via allentando
la relazione.
— Per quello che ci si vede ormai con Natalìa, — rispondeva Lidia.
E in vero si vedevano pochissimo, diradando, per mutuo e tacito
accordo, le loro visite, salutandosi fuggevolmente quando
s'incontravano per la strada. Però una mattina che Lidia era con la
figliuola, Natalìa la fermò per ammirare e baciare la bimba, invidiando
l'amica che possedeva un tesoro simile. E soggiunse: — Portamela,
portamela.... Fino alle due mi trovi sola.... Usciremo in quel mio
simulacro di giardino.... Sai, abbiamo un pezzetto di terra con
due alberi e pochi fiori.... Vieni, vieni.... Dio mio, come ti fai
preziosa!... Par che non ti degni, tu moglie d'un luminare del fòro, di
venire in casa d'un povero _travet_.
Lidia si consultò con Carlo che le disse: — Per una volta tanto, non
sarà una disgrazia.
Natalìa fu amabilissima e si conquistò subito il cuore di Valentina,
facendola correre pel piccolo giardino, mostrandole un nido di rondini,
regalandola di frutta e di dolci.
— Quando torneremo dalla bella signora? — chiedeva ogni momento
Valentina alla madre.
Ella trovò mille pretesti per non tornare; se ne sentivan dir tante
di quella Natalìa ch'era proprio meglio starne lontano. Lo stesso
zio Ernesto la difendeva debolmente: — Benedetta figliuola!... Ha
buonissime qualità, ma è troppo leggera.
Perciò Lidia fu alquanto maravigliata che, nell'inverno successivo,
Carlo volesse invitare i Morini a una serata musicale ch'egli dava in
onore di due suoi clienti francesi, di passaggio per Venezia.
— Noi non andiamo alle serate dei Morini, — osservò Lidia. — Perchè
devono venir essi alle nostre?
— Noi non andiamo da loro, ma essi c'invitano, — ribattè pronto
l'avvocato. — Dobbiamo invitarli anche noi.... Forse non verranno.
— Verranno, verranno.
— Poco male, tanto più ch'essi conoscono già i miei forestieri.... E
poi si tratta d'una cosa eccezionale. Noi non abbiamo l'abitudine di
ricever la sera.
Conformemente alle previsioni di Lidia, i Morini accettarono l'invito
e Natalìa fu la regina della festa. Bisognava vederli quegli uomini
come la divoravano con gli occhi, come pendevano dalle sue labbra! E i
vecchi non si sdilinquivano meno dei giovani. Perfino il Procuratore
Generale, un magistrato grave, solenne, con tanto di pancia, perfin
lui le faceva la ruota attorno e non badava nè alla padrona di casa,
nè all'altre signore, nè ai due o tre _virtuosi_ che si alternavano
al pianoforte. In quanto ai Parigini, essi non trovavano parole per
esprimere la loro ammirazione. Anche il francese scorretto della Morini
acquistava per essi un garbo speciale su quella bella bocca ridente.
Carlo Fìdoli era il più guardingo; nondimeno parve una volta alla
Lidia ch'egli e Natalìa si sorridessero furtivamente, ed ella n'ebbe
una stretta al cuore. Non poteva ella certo lottar contro Natalìa se a
colei veniva in mente di rubarle il marito. Ell'era una buona moglie,
una buona madre, una buona massaia; sapeva di non esser ripulsiva
d'aspetto, di non mancare d'ingegno e di cultura. Ma o che bastan forse
questi pregi a una donna? È vero, ell'aveva sempre creduto che Carlo
fosse così assorto nelle sue cause, ne' suoi processi penali da non
aver tempo da perdere in galanterie; ma se si fosse ingannata? Se fosse
stato anch'egli su per giù come gli altri?
Pur ella non osò discorrergli del delicato argomento nè quella sera, nè
poi. Lo sapeva poco tollerante delle osservazioni, temeva un rabbuffo,
temeva di far peggio. Ora, ora si pentiva di non aver parlato prima,
quando forse il male non era irreparabile.... E intanto ella pensava
con sgomento alla spiegazione che avrebbe avuto con Carlo al suo
ritorno da Roma, pensava alla lettera che avrebbe dovuto scrivergli
domani o dopo domani, non foss'altro che per dargli notizie di
Valentina. Ed egli pure le avrebbe scritto; le scriveva sempre quando
le sue assenze si protraevano qualche giorno, le scriveva nella sua
calligrafia nitida, uguale, da uomo d'affari che bada al positivo,
e anche di lontano s'occupa della casa, dei figliuoli, dello studio.
Aspettate con viva impazienza, quelle lettere lasciavano sempre delusa
la Lidia che avrebbe voluto trovarvi un po' più di calore, un po'
più d'entusiasmo.... Ah, il calore, l'entusiasmo, egli li avrebbe
messi nell'epistole che dirigeva a Natalìa!... E forse in questo
momento, fatto accorto del biglietto dimenticato, o dal treno, o
dal _restaurant_ di Bologna egli le mandava una riga in fretta per
comunicarle le sue inquietudini, per rinnovarle le sue proteste.
Di nuovo la Lidia cavò di tasca il foglio rivelatore, di nuovo lo
scorse con occhi molli di lacrime. _Passeremo ancora insieme molte di
quelle ore deliziose nel nostro nido.... Ti rammenti, amore?_ Queste
frasi la ferivano come stilettate. A lei Carlo diceva: — Ogni cosa,
ha la sua stagione.... L'amore è pei giovani.... è per le coppie
novelle. Due sposi come noi devono appagarsi di un'affezione calma,
tranquilla, non soggetta alle tempeste. — Ipocrita! Con Natalìa
egli s'era dimenticato di non esser più giovine. Con Natalìa egli le
cercava le tempeste. Ah, in verità, ora dipendeva da lei, da Lidia,
che fossero tempeste ond'egli avesse a ricordarsi per un bel pezzo....
Ma che ingiustizie!... Una donna fa sempre il suo dovere, tutto il
suo dovere: dà tutta sè stessa ad un uomo, non per un'ora, non per un
giorno ma per la vita intera; e quell'uomo la tradisce per una femmina
svergognata che non ha onore, che non ha pudore, che non ha nessuna
delle qualità continuamente magnificate dal mondo burlone, che mancherà
di fede all'amante di oggi come ha mancato di fede a quello di jeri,
come ha mancato di fede al marito.... E la gente che indovina o che sa
si contenta di ridere e non bolla col ferro rovente gl'iniqui! Ci son
dunque due morali a questo mondo? Una che s'insegna, l'altra che si
pratica?
Il pensiero di Lidia volò a Valentina, così candida, così ingenua, alla
piccola Valentina che sarebbe anch'ella travolta in questa gora di
menzogna e di fango.... Assalita da un desiderio veemente, imperioso
di rivederla, di averla accanto a sè in quegl'istanti angosciosi,
ella sonò per la cameriera. — Che nessuno vada oggi a prender la
Valentina.... Andrò io.

III.
Vi andò prima che la scuola finisse e fece chiamar la figliuola. Gliela
portò la direttrice in persona, piena di deferenza verso i Fìdoli la
cui clientela giovava al suo Istituto, la pregò di accomodarsi, le
offerse insistentemente un caffè, una bibita in ghiaccio. Aveva sempre
qualche cosa di prelibato per le visitatrici di maggior conto; alle
altre offriva un bicchier d'acqua fresca. Ma Lidia non volle sedere,
non volle accettar nulla; sarebbe venuta un giorno con più agio; oggi
aveva i minuti contati.
Quando fu sola con Valentina, la baciò e ribaciò sulle gote, sulla
bocca, sugli occhi. — Cara, cara, cara.
Valentina, una fanciulla intelligente, di sette anni compiuti, la
guardava attonita. — Mamma, cos'hai?
— Io?... Nulla.
— Hai pianto?
Lidia arrossì. — Che idee!... Perchè avrei dovuto piangere?
— Non so.
La bimba stette un momento soprappensiero; poi chiese: — Il babbo è
partito?
— Sì.... È partito, — disse Lidia.
O che Valentina credeva ch'ell'avesse pianto per questo?
— Ho promesso di scrivergli, — annunziò con gravità la bimba. —
Stasera....
— No stasera, — interruppe la madre. — L'hai salutato questa mattina.
— Domani sera allora.
— Domani sera, — ripetè Lidia macchinalmente. Le parole le bruciavano
le labbra. E mutò discorso. — Vuoi che andiamo ai Giardini?
Aveva necessità di respirar l'aria libera, di non chiudersi così presto
in casa coi pensieri affannosi che la travagliavano. Già prima di sera
lo zio Landi non sarebbe venuto a riferirle l'esito dei suoi negoziati
con la Morini. E in ogni modo, fin che Valentina era alzata, non si
poteva discorrere con libertà.
Alla proposta della mamma, Valentina rispose subito di sì. Ma di lì a
un momento soggiunse: — Non ho il cerchio.
— Non importa.
La fanciulla fece una smorfia disgustata. — Oh.... senza il cerchio!...
— Ebbene, — riprese la madre ansiosa di contentarla, — in Merceria
prenderemo un cerchio nuovo.
Valentina battè palma a palma. — Sì, sì, mamma.... E più grande di
quello che ho.
— Più grande.
— Grande come quello della Bertocci.
— Ma io non lo conosco.
— Guarda.... È alto così, — disse Valentina. E si portò la mano a
livello della spalla.
— Troppo alto, — notò Lidia.
— Se tu vedessi come corre bene!
— Insomma lo sceglierai tu.
Fecero l'importante acquisto nell'antica bottega del Ponte dei
Baretteri che fornì di balocchi tante generazioni di bimbi, e Valentina
si portò in trionfo il suo cerchio ch'ell'aveva l'illusione di credere
ancora più grande di quello della Bertocci, benchè in realtà fosse più
piccolo.
— E ora, — disse Lidia, — si passa sotto le Procuratìe e si va a
prendere il vaporino.
— Se si traversava la Piazza, provavo il cerchio.
— No, c'è troppo sole.
Valentina non replicò; la sua attenzione era ormai rivolta a tutt'altro.
— Mamma, mamma, — ella disse trattenendo la Lidia per la falda del
vestito, — sai chi c'è in quella bottega?
Era una bottega di gioielliere, appunto sotto le Procuratìe Vecchie,
presso il Caffè Quadri.
— Chi? — ripetè la madre côlta da un incomprensibile sgomento. E con un
moto istintivo afferrò il braccio di Valentina.
La fanciulla tentò svincolarsi. — Lasciami, lasciami. È il nonno con la
bella signora.... Li saluto.
Ma la mano di Lidia chiuse come in una morsa d'acciaio il braccio della
figliuola, e bruscamente la trascinò fuori delle Procuratìe, in mezzo
alla Piazza.
— No, non devi salutar nessuno, — intimò Lidia con voce dura, imperiosa.
Anch'ella li aveva visti, dietro la vetrina del gioielliere, lo zio
Ernesto e la Natalìa Morini, li aveva visti curvi sul banco, intenti a
esaminare i gingilli che il negoziante sciorinava sotto i loro occhi,
li aveva visti e aveva sentito rimescolarsi il sangue nelle vene.
Come? Nel giorno stesso in cui la sua ignobile tresca era scoperta,
in cui pendeva sul suo capo l'onta d'una rivelazione, quella donna
impudente osava mostrarsi in Piazza San Marco, da un gioielliere, ed
Ernesto Landi, il parente a cui Lidia aveva affidato la propria causa,
Ernesto Landi osava condurvela, osava offrirle forse un braccialetto,
un anello, un fermaglio, un monile? Così egli prendeva le parti della
nipote offesa, tradita!... O che femmina era mai quella? Che strana
potenza si sprigionava da lei perchè gli uomini tutti, anche i vecchi,
immemori della loro dignità, dovessero caderle ai piedi?
Intanto Valentina che, a quei modi insoliti della madre, era rimasta
senza fiato e senza parola, passato il primo momento di stupore, si
mise a piangere.
— Mamma cattiva! — ella singhiozzò toccandosi il braccio dolente della
stretta brutale.
Lidia si chinò a baciarla. — T'ho fatto male, caro tesoro?... Non
è niente.... Perdona.... È che non volevo.... Tu non puoi capire
adesso.... Cammina, cammina, andiamo al vaporetto.
Aveva ripreso per mano la figliuola, e procedeva innanzi spedita,
guardandosi attorno inquieta come se un gran pericolo la minacciasse.
Impacciata dal cerchio che si tirava dietro, Valentina la seguiva a
fatica, piagnucolando.
— Dàllo a me il cerchio, — ordinò la madre.
La voce di lei s'era fatta dura, imperiosa un'altra volta.
La bimba ubbidì, ma continuava a lamentarsi sommessamente.
Traversarono in un lampo la Piazza, uscirono dall'angolo delle
Procuratìe Nuove, svoltarono per la _Calle_ Vallaresso. Il vaporino,
diretto ai Giardini, approdava al _pontile_ in capo alla _calle_.
— Lesta, lesta, — disse Lidia.
Arrivarono trafelate quando il battello era lì lì per partire. Allora
Lidia prese Valentina sulle ginocchia, le rasciugò con la pezzuola gli
occhi lacrimosi, le rasciugò le tempie, le guancie molli di sudore, le
ravviò i capelli scompigliati e il fisciù di traverso, la coperse di
carezze.
A poco a poco Valentina si rinfrancava, sorrideva in mezzo alle
lacrime. E fattasi ardita chiese: — Perchè non mi hai permesso di
salutare il nonno?
Lidia si rannuvolò, mise la mano sulla bocca della figliuola. — Non
tornar da capo.
— Perchè? — ripigliò la fanciulla con l'ostinazione propria della sua
età.
— Il nonno non era solo, — rispose brevemente la madre.
— Era con la bella signora.
— Appunto, — ribattè Lidia decisa a finirla. — Una volta per sempre....
Non voglio che tu saluti la signora Natalìa.
— Perchè? — tornò a domandare la Valentina.
— Insomma ho le mie ragioni, e basta.... I bimbi non devono saper
tutto, — replicò Lidia in modo da troncare le discussioni.
La fisonomia della Lidia, su cui la corsa affannosa di poco prima aveva
diffuso un'animazione artificiale, s'era irrigidita in un'espressione
di profonda tristezza. E anche il visetto di Valentina si allungò di
nuovo; ne' suoi occhi limpidi passò l'ombra delle cose ignorate ed
incomprensibili, onde viene all'infanzia come un vago presentimento dei
dolori futuri.
I Giardini in quell'ora erano spopolati; pure s'aggiravano qua e là
altre mamme con altri fanciulli; altre sedevano al rezzo delle piante
che il Maggio rivestiva di fiori. Lidia sedette su una panca di pietra
sotto uno dei tigli del viale di mezzo, mentre Valentina faceva correre
il cerchio per lo stradone.
La madre l'animava col gesto. — Corri, corri.
Povera piccina! Chi sa quel che le frullava nel capo, chi sa che
effetto le avevano prodotto gli umori bisbetici della sua mamma!
Lidia era stata aspra con lei; ma come si fa? Poteva ella concederle
di avvicinarsi a Natalìa? O poteva parlarle di quella femmina in
modo diverso? No, no, checchè accadesse, fra la Morini e Valentina
nulla vi doveva esser di comune, mai più. Lidia non si pentiva dunque
del linguaggio tenuto con la figliuola; si pentiva piuttosto d'aver
precipitato il suo giudizio sullo zio Ernesto. Certo era enorme
che in quel giorno Natalìa osasse andar da un gioielliere, ed era
singolare che Landi ve l'accompagnasse; ma perchè non aspettare le sue
spiegazioni per condannarlo?... Forse, d'indole spendereccia com'egli
era, aveva tentato d'attenuar con un dono il colpo che le portava;
forse (son donne che vendono tutto) ell'aveva messo a prezzo la sua
acquiescenza ai patti che l'erano imposti.
La quiete del luogo, il verde degli alberi, il tenue stormir delle
foglie esercitavano su Lidia la loro influenza benefica; un po'
di calma scendeva nel suo animo agitato, vi faceva rinascer la
speranza che la rovina della sua felicità non fosse ancora assoluta
ed irreparabile.... Che la Natalìa partisse; ecco il gran punto. Se
partiva, al resto ci sarebbe stato rimedio.... Quella di Carlo non
poteva essere che una crisi momentanea. Un uomo serio e positivo
come lui non poteva lasciarsi travolgere dalle passioni. Ci voleva
quella civetta, ci voleva quella sirena per trascinarlo fuori della
via retta ov'egli, se non per virtù, per riguardo del mondo aveva
sempre camminato. Nel desiderio, nel bisogno di trovar un'attenuante
alla colpa di suo marito, Lidia si esagerava la bellezza, il fascino
irresistibile di Natalìa. Era stata una fatalità che questa femmina
bella e corrotta gli fosse capitata fra i piedi. Poich'egli non cercava
le donne, non aveva tempo per loro; egli non frequentava i teatri, non
frequentava i salotti; senza dubbio era venuta lei a cercarlo.... Non
era poi così facile che ne venisse un'altra, ugualmente bella e astuta
e viziosa.
Lidia guardò l'orologio. Erano quasi le sei, era ora d'andarsene.
Quantunque lo zio Ernesto non si fosse impegnato a portarle una
risposta prima di sera, ella pensava che s'egli la risposta l'aveva
già avuta, ed era favorevole, si sarebbe affrettato a recargliela.
Ella lo avrebbe capito a volo, anche senza insospettir Valentina con
le chiacchiere, e in quanto ai particolari avrebbe aspettato ad averli
più tardi. Così Lidia si crucciava adesso d'essere uscita, ed era
impaziente di tornare a casa.
Richiamò la figliuola e prese il primo vaporetto che partiva nella
direzione del Canalazzo; sarebbe scesa alla stazione di Sant'Angelo
ch'era per lei la più comoda. Il vapore, quasi vuoto in principio,
si riempì a mano a mano durante la corsa; anzi a _Calle_ Vallaresso
s'imbarcarono alcuni conoscenti coi quali convenne pure scambiar
strette di mano e saluti: una signora Spedara, piccola, inframmettente,
che domandò almeno cinque volte: — È sempre stata bene, signora Fìdoli?
—, un'altra con la figliuola, condiscepola di Valentina, che attaccò
subito l'argomento delle _troppe lezioni;_ un amico di Carlo che tanto
per dir qualche cosa chiese a Lidia ciò che sapeva perfettamente: —
L'avvocato è già partito per Roma?
A Lidia non parve vero di scendere a Sant'Angelo e di liberarsi dai
seccatori.
Salendo le scale di casa sua ella interrogò la cameriera. — C'è lo zio?
— Nossignora.
— E non è mica stato in questo frattempo?
— Nossignora: da quando è uscito verso il tocco non s'è più visto.
— E non è venuto nessun altro?... Non è venuto niente?
— È arrivato un pacco postale multato.... Pare che ci sia dentro una
lettera.
— Ah, della mamma, — disse subito Lidia. Era una fissazione della sua
mamma quella di metter le lettere nei pacchi postali. Ogni anno si
dovevan pagare per causa sua parecchie di queste multe.
— Il fattorino ripasserà domani a riscuotere il danaro, — soggiunse la
cameriera. — Intanto ha lasciato il pacco.
— Dov'è?
— In salotto da pranzo.... È una scatola di fiori.
Valentina, ch'era stata con tanto d'orecchi tesi sperando che il pacco
della nonna contenesse un regalo per lei, al sentir che si trattava
di fiori fece una spallucciata e tirò per la manica l'Erminia, la
cameriera, affinchè ammirasse il nuovo cerchio.
— Va, va con l'Erminia, — ordinò Lidia alla figliuola. — Va a lavarti
le mani, a mutarti il vestito. — Indi, a una muta interrogazione della
donna di servizio, rispose: — Io non ho bisogno di nulla.... Ah sì....
porta di là il mio cappello. Se lo levò di testa e glielo diede.
— Venga, signorina, mi farà vedere il cerchio, — disse la cameriera. —
Com'è grande!
— È più grande di quello della Bertocci, — affermò Valentina con aria
convinta, lasciandosi condur via dall'Erminia.
Lidia entrò in salotto da pranzo ove dalla scatola semiaperta usciva
un acuto profumo di rose. Erano belle le rose, di tutte le specie
e di tutte le tinte; ma tra pel viaggio, tra per le manomissioni
degl'impiegati postali, erano anche, a eccezione di poche, avvizzite
e sfogliate. In mezzo ai petali sparsi, in mezzo agli steli infranti
la lettera incriminata odorava essa pur come un flore. Lidia ne ruppe
la busta. — “Fin da domenica siamo a San Vigilio, sul nostro Garda,
— scriveva la madre, — ove fa meno caldo che a Verona e ove abbiamo
trovato una magnifica fioritura di rose. Ti spedisco le più belle;
ma in quale stato ti arriveranno?... Che peccato che non siate qui
a coglierle, tu e Valentina! Come siamo soli, e con che impazienza
contiamo i mesi, le settimane, i giorni che mancano al settembre quando
finalmente verrete! Circa al venir noi per i bagni, non ci vedo chiaro.
Il tuo papà si move sempre meno volentieri, dice che la vita di Venezia
l'estate lo affatica.... Oh Lidia mia, che brutta cosa invecchiare!...
Ma non metterti in apprensione; finora, anche invecchiando, il tuo
babbo ed io stiamo bene.... Quello che temo non possa durare fino
al settembre è il povero Lampo, l'antico e vispo compagno delle tue
passeggiate.... Ha dato un crollo negli ultimi mesi! Si trascina a
stento, ha la tosse, è pieno d'acciacchi; forse sarebbe opera di carità
l'accorciargli le pene, ma non ce ne sentiamo il coraggio; vogliamo
ch'egli muoia della sua buona morte.... Abbiamo ragione, non è vero?...
Povera bestia! Come ti ricorda! Basta dirgli: _dov'è Lidia?_ perch'egli
si scuota, alzi il muso e dimeni la coda e risponda con un mugolìo
sommesso che par quasi significare: _Perchè mi lusingate invano?_...
È una giornata senza sole, e forse per questo la mia lettera ha
un'intonazione grigia.... Smettiamo.
“Il babbo abbraccia teneramente te e Valentina. Io vi mando mille e
mille baci. Salutami tuo marito, scrivi presto e credimi
la tua aff.ma mamma.„
Gli occhi di Lidia s'erano empiti di lacrime. Sui sentimenti confusi
destati in lei dal dramma domestico in cui minacciavano di naufragare
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