Marocco - 11

Total number of words is 4489
Total number of unique words is 1824
33.1 of words are in the 2000 most common words
47.0 of words are in the 5000 most common words
54.9 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
in mezzo a loro, per dio, siamo brutti! Ah! quant'era vero! L'ultimo di
quegli straccioni a cavallo era più gentile, più maestoso, più degno
dello sguardo d'una donna, che tutti, messi in un fascio, i bellimbusti
d'Europa.
§ § § § §
A tavola, quella sera, ci fu un'altra scenetta curiosa.
Vennero a visitare l'Ambasciatore e sedettero accanto a lui, i due più
vecchi Caid della scorta.
L'Ambasciatore domandò loro:--Avete mai inteso nominare l'Italia?
Tutti e due insieme, accennando vivamente di no colla mano, risposero
col tuono di chi si affretta a dissipare un sospetto:--Mai! mai!
Allora l'Ambasciatore, colla pazienza d'un maestro, diede loro alcune
nozioni geografiche e politiche intorno al nostro misterioso paese.
Stettero a sentire cogli occhi spalancati e la bocca aperta come due
bambini.
--E quanta popolazione ha il vostro paese? domandò uno.
--Venticinque milioni,--rispose l'Ambasciatore.
Fecero un atto di meraviglia.
--E il Marocco,--domandò l'altro--quanti milioni ha?
--Quattro,--rispose l'Ambasciatore per tastare il terreno.
--Quattro soltanto!--esclamarono ingenuamente, guardandosi.
Quei due bravi generali non sapevano del Marocco più che dell'Italia, e
forse neanche più della loro provincia che del Marocco. Ma prima
d'andarsene, ne dissero un'altra assai più comica.
Il signor Morteo mostrò loro una fotografia della sua signora,
dicendo:--Vi presento mia moglie.
La guardarono e la riguardarono con compiacenza e poi domandarono tutti
e due ad una voce:--E le altre?
O non sapevano, o piuttosto non si rammentavano in quel momento che i
Cristiani,--infelici,--non possono averne che una.
§ § § § §
Quella notte non ci fu verso di dormire. Chiocciavano le galline,
latravano i cani, belavano i montoni, nitrivano i cavalli, cantavano le
sentinelle, tintinnavano le campanelle dei venditori d'acqua,
disputavano i soldati sulla ripartizione della _muna_, incespicavano i
servi nelle cordicelle della tenda: l'accampamento pareva un mercato. Ma
non v'erano più che quattro giorni di viaggio e noi avevamo una parola
magica che ci consolava di tutto:--Fez!


ZEGUTA

Si partì per Zeguta, di buon mattino, tutti rallegrati dal pensiero che
quel giorno si sarebbero viste da lontano le montagne di Fez. Spirava un
fresco d'autunno, e una leggera nebbia velava la campagna. Una folla
d'arabi imbacuccati nelle cappe ci facevano ala all'uscita
dell'accampamento; i soldati della scorta, tutti infreddoliti, ci
seguivano stretti in un gruppo; i bambini dei _duar_ ci guardavano cogli
occhi pieni di sonno di dietro alle siepi e alle tende. Ma dopo pochi
minuti brillò il sole, i curiosi accorsero, i cavalieri si
sparpagliarono, l'aria risuonò di fucilate e di grida, tutto pigliò
colore, anima e luce, e immediatamente, come suol accadere in quei
paesi, succedette al fresco autunnale l'ardore dell'estate.
Fra i miei appunti di quella mattina ne trovo uno che dice
laconicamente:--Cavallette. Saggio d'eloquenza di Selam.--Mi ricordo,
infatti, d'aver visto un campo che da lontano pareva che si movesse, e
quest'apparenza era prodotta da un grandissimo numero di cavallette
verdi che s'avanzavano saltellando verso di noi. Selam, che in quel
momento cavalcava al mio fianco, mi fece una descrizione ammirabilmente
pittoresca delle invasioni di quegl'insetti formidabili, ed io la
ricordo ancora parola per parola; ma come rendere l'effetto del suo
gesto, del suo sguardo, della sua voce, che esprimevano assai più delle
parole?--È uno spavento, signore! Vengon di là (e accennava a
mezzogiorno). È una nuvola nera. Si sente il rumore da lontano.
S'avanzano, s'avanzano, ed hanno il loro Sultano, il Sultano Ieraad, che
le guida. Coprono strade, campi, case, _duar_, boschi. La nuvola cresce,
cresce, va, va, va, rode, rode, rode, passa fiumi, passa fossi, passa
muri, passa fuoco; distrugge erbe, fiori, foglie, frutti, grano, scorze
d'alberi, e va va. Nessuno la ferma, non le tribù colle fiamme, non il
Sultano con tutto l'esercito, non tutto il popolo del Marocco riunito
insieme. Mucchi di cavallette morte? Avanti le cavallette vive. Muoion
dieci? Nascon cento. Muoion cento? Nascon mille. Vedute a Tangeri.
Strade, coperte; giardini, coperti; riva del mare, coperta; mare,
coperto; tutto verde, tutto in moto, vive, morte, marcie, puzzo, peste,
carestia, maledizione del cielo!--Così infatti accade. Il fetore che
emana dalle miriadi di cavallette morte produce qualchevolta delle
febbri contagiose, e, per citare un esempio, la peste spaventosa che
spopolò nel 1799 le città e le campagne della Barberia, scoppiò dopo una
delle loro più grandi invasioni. Quando si presenta l'avanguardia
dell'esercito devastatore, gli arabi le movono incontro, in frotte di
quattro o cinquecento insieme con bastoni e con fuoco; ma non riescono
che a farle deviare per poco dal loro cammino, e segue spesso che una
tribù cacciandole verso le terre d'una tribù vicina, la guerra alle
cavallette si cangia in guerra civile. La sola forza che può liberare il
paese da questo flagello, è un vento favorevole che le spinga nel mare,
dove s'annegano, e vengon poi, per parecchi giorni, rigettate a mucchi
sulle coste; e il solo conforto che rimanga agli abitanti quando il
vento favorevole non soffia, è di mangiare, come fanno, le loro nemiche,
prima che abbian deposte le uova, bollite e condite con sale, pepe ed
aceto. Hanno un sapore di granchiolino di mare e se ne possono mangiare
fino a quattrocento in un giorno.
A due miglia circa dall'accampamento, raggiungemmo una parte della
carovana che portava a Fez i regali di Vittorio Emmanuele. Erano
cammelli uniti a coppie, l'uno dietro l'altro, con due lunghissime
sbarre sospese alla groppa, sulle quali posavano le casse. Li
accompagnavano alcuni arabi a piedi e qualche soldato a cavallo. Alla
testa della carovana v'era un carro tirato da due buoi: il primo carro
che vedevamo nel Marocco! stato fatto apposta a Laracce sul modello,
credo, dei primi veicoli apparsi sulla superficie della terra: tozzo,
pesante, deforme, colle ruote d'un sol pezzo, senza raggi; il più strano
e più ridicolo arnese che si possa immaginare. Ma per gli abitanti dei
_duar_, i più dei quali non avevan forse mai visto un carro, era una
meraviglia. Da tutte le parti accorrevano a vederlo, se lo accennavano
gli uni agli altri, lo seguivano, lo precedevano, ne parlavano con gesti
concitati. Persino le nostre mule, non abituate alla vista di
quell'oggetto, passandovi accanto, davan segni di sorpresa e o si
piantavano in quattro o facevano una giravolta. Selam stesso lo guardava
con una certa compiacenza, come dicendo tra sè:--È stato fatto nel
nostro paese!--Ed era compatibile, poichè in tutto il Marocco non esiste
forse un maggior numero di carri che di pianoforti; i quali, se è
giusta l'asserzione d'un console francese, non passano la dozzina; e
oltre a questo, pare che vi sia in quel paese un'antipatia nazionale
contro ogni specie di veicoli. Le autorità di Tangeri, per esempio,
proibirono al principe Federico d'Assia Darmstadt, che fu in quella
città nel 1839, di uscire in carrozza. Il principe scrisse al Sultano
offerendosi di fare lastricare a proprie spese le strade principali,
purchè gli permettesse quello che le autorità gli negavano.--Lo
permetto,--rispose il Sultano,--e di buon grado; ma ad un patto: che le
carrozze sian senza ruote, perchè, come protettore dei fedeli, non posso
lasciare i miei sudditi esposti al pericolo d'essere schiacciati da un
cristiano.--E il principe, per mettere la cosa in ridicolo, si valse del
permesso ed osservò il patto, e v'è ancora a Tangeri chi si ricorda
d'averlo visto attraversare la città in una carrozza senza ruote,
sospesa alla groppa di due mule.
§ § § § §
Finalmente s'arrivò a quelle benedette colline a cui si pensava da tre
giorni con desiderio impaziente. Dopo una lunga salita, s'infilò una
gola strettissima, chiamata in arabo Beb Tinca, dove bisognò passare ad
uno ad uno, e si riuscì sopra una bella valle fiorita e solitaria in cui
la carovana discese festosamente, empiendo l'aria di canti e di grida.
In fondo alla valle s'incontrò un'altra scorta del territorio delle
colonie militari, la quale diede il cambio alla prima.
Erano cento cavalieri, tra i quali dei vecchissimi e dei giovanissimi,
neri e capelluti; alcuni su cavalli stupendi, bardati con insolita
pompa. Il caid, Abù-ben-Gileli, era un vecchio tarchiato, d'aspetto
severo, di modi recisi, del quale e dei suoi soldati, si sarebbe potuto
dire quello che diceva Don Abbondio dell'Innominato e dei bravi:--Per
tenere a segno quelle faccie lì, non ci vuol meno di questa faccia qui;
lo capisco anch'io.--Senza un riguardo al mondo per il grano e per
l'orzo maturo ch'era dai due lati della strada, i soldati lanciarono i
cavalli al galoppo di qua e di là, e cominciarono le solite cariche a
due, a cinque, a dieci insieme, buttando i fucili in aria, rovesciandosi
in dietro, a destra, a sinistra, contorcendosi sulla sella in mille
maniere e urlando come anime dannate. Uno, fra gli altri, faceva il
molinello col fucile con una rapidità che quasi l'arma non si vedeva. Un
altro, passando, gridò con voce tonante:--Ecco il fulmine!--Un terzo,
essendogli deviato il cavallo, mancò un pelo che non c'investisse e ci
buttasse tutti in terra a gambe levate.
A una cert'ora l'Ambasciatore e il capitano, accompagnati da
Hamed-ben-Kasen e da alcuni soldati, si staccarono dalla carovana per
andar a far l'ascensione d'un monte, chiamato Selfat, poche miglia
lontano; e noi seguitammo senza di loro il cammino prestabilito.
Pochi minuti dopo seguì un caso che non mi uscirà mai più, credo, dalla
memoria.
Veniva verso di noi un ragazzo di sedici o diciott'anni, arabo, mezzo
nudo, che mandava innanzi, con un grosso bastone, due buoi
recalcitranti.
Il caid Abù-ben-Gileli arrestò il cavallo, e lo chiamò.
Si seppe dopo che quel ragazzo doveva andare ad attaccare i due buoi al
carro che avevamo visto poco prima, ed era in ritardo di qualche ora.
Il poveretto, tutto tremante, si presentò al caid.
Questo gli fece non so che domande, a cui il ragazzo rispose balbettando
e facendosi smorto come un cadavere.
Allora il caid si voltò verso i soldati e disse freddamente:--Cinquanta
bastonate.
Tre robusti soldati saltarono giù da cavallo.
Il povero ragazzo, senza aspettare che lo afferrassero, senza profferire
una parola, senza nemmeno alzare lo sguardo in viso al suo giudice, si
buttò bocconi in terra, secondo l'uso, colle gambe e le braccia distese.
Tutto questo accadde, si può dire, in un batter d'occhio. Il bastone non
era ancora in aria che già il comandante ed altri s'eran cacciati in
mezzo e avevano fatto dire al caid che non potevano permettere quel
brutale castigo.
Il caid chinò la testa.
Il ragazzo s'alzò pallido, convulso, guardando con un'espressione di
meraviglia e di spavento i suoi liberatori e il caid.
--Va,--gli disse l'interprete,--sei libero!
--Ah!--gridò con un accento inesprimibile,--e disparve.
Noi ci rimettemmo in cammino.
L'ho da dire? Ho visto uccidere un uomo, ma non provai un sentimento
così profondo d'orrore come quello che m'assalì alla vista di quel
ragazzo seminudo disteso in terra per ricevere cinquanta bastonate. E
dopo l'orrore, mi salì il sangue al capo dall'indignazione e vituperai
nel mio cuore il Caid, il Sultano, il Marocco, la barbarie colle parole
più fulminanti del linguaggio umano. Ma è proprio vero che bisogna
sempre aspettare i secondi pensieri.--Ma e noi,--pensai qualche momento
dopo;--quanti anni sono che abbiamo abolito il bastone? E quanto tempo è
che s'è abolito in Austria? E in Prussia? E negli altri Stati
d'Europa?--Questa riflessione mi fece cadere lo sdegno dal cuore e non
mi lasciò che un sentimento d'amarezza. Per chi poi desiderasse di
sapere in che modo si bastona al Marocco, basterà dire che qualche
volta, terminata l'operazione, si porta la vittima al cimitero.
§ § § § §
Di là fino a Zeguta la carovana passò di collina in collina, di valle in
valle, sempre tra campi di grano e d'orzo e prati verdissimi, circondati
d'aloé, di fichi d'India, d'olivi selvatici, di quercie nane, di cisti,
di corbezzoli, di mirti, di cespugli fioriti. Non si vedeva una tenda,
non s'incontrava un'anima viva. La campagna era tutta lussureggiante,
solitaria e tacita come un giardino fatato. Giungendo sulla sommità
d'un'altura, vedemmo le cime azzurre delle montagne di Fez, che subito
si rinascosero come se avessero alzata la testa un momento per vederci
passare; e nel più forte del caldo arrivammo a Zeguta.
§ § § § §
Era uno dei più bei luoghi che si fosser veduti in tutto il viaggio.
L'accampamento era posto sulla china d'un monte, in una grande cavità
rocciosa, della forma d'un anfiteatro, nella quale appunto i massi e le
piccole incavature formate a poco a poco, l'una sull'altra, con una
certa regolarità, dal passaggio della gente e degli animali,
presentavano l'aspetto d'una vasta gradinata; e giusto in quell'ora, la
gradinata era affollata d'arabi seduti a schiere semicircolari, come
spettatori d'un anfiteatro vero. Dinanzi, s'apriva in forma di conca una
grande valle tutta scompartita dalla varietà delle coltivazioni in
quadrati verdi, gialli, bianchi, rossi, violetti, che pareva un immenso
scacchiere di pezzi di velluto e di seta. Guardando col cannocchiale, si
vedeva, sulle colline più lontane, qua una fila di tende, là una cuba
nascosta fra gli aloé, più in là un cammello, più oltre un arabo
accovacciato, un armento, un gruppo di donne; una vita sparsa e lenta
che faceva sentire anche meglio d'una completa solitudine la profonda
pace del luogo. Su tutta questa bellezza, si stendeva un cielo bianco,
infocato, abbarbagliante, che costringeva a star col capo basso e cogli
occhi socchiusi.
§ § § § §
Ma assai più che per il paesaggio, ricorderò perpetuamente
l'accampamento di Zeguta per l'esperimento che vi feci del famoso kif.
Il kif, per chi non lo sappia, è la foglia d'una specie di canapa,
chiamata _hascisc_, conosciuta in tutto l'Oriente per la sua virtù
inebriante. Nel Marocco se ne fa grandissimo uso, e si può dire che
sono quasi tutte vittime di questa foglia deleteria, quegli arabi e
mori, molto frequenti nelle città, che guardano chi passa cogli occhi
sbarrati e stupidi, e camminano, quasi strascicandosi, come gente
sbalordita da una percossa nel capo. La maggior parte fumano il kif,
mescolato con un po' di tabacco, in piccolissime pipe di terra cotta;
altri lo mangiano in una specie di pasta dolce chiamata _madjun_, fatta
con burro, miele, noce moscata e garofani. Gli effetti sono stranissimi.
Il dottor Miguerez, che ne aveva fatto esperimento, me ne parlava
sovente, dicendo, fra le altre cose, ch'era stato preso da un accesso di
riso irresistibile, e che gli pareva di sentirsi sollevato da terra,
tanto che, passando sotto un portone alto due volte lui, aveva chinato
la testa per paura d'urtare. Stimolato dalla curiosità, io l'avevo
pregato più volte di darmi una porzioncina di _madjun_, poca, per non
perdere affatto la bussola, ma bastante a farmi vedere e sentire
qualcuna almeno delle mille meraviglie ch'egli mi raccontava. Il bravo
dottore per i primi giorni si scusò, dicendo che sarebbe stato meglio
fare l'esperimento a Fez, con tutti i comodi; ma io continuai a
sollecitarlo, e a Zeguta, finalmente, un po' a controvoglia, mi presentò
in un piattino il boccone sospirato. Eravamo a tavola. Con me, se non
m'inganno, ne presero un po' l'Ussi e un altro po' il Biseo; ma di
quello che abbia prodotto in loro, non mi ricordo. Era una pasta molle,
di colore violetto e di sapore di pomata. Per una mezz'ora circa, dalla
minestra alle frutta, non sentii nulla, e già canzonavo il dottore per
le sue paure. Ma lui mi rispondeva:--Aspetti, aspetti--e sorrideva. I
sintomi dell'ebbrezza, infatti, si manifestarono alle frutta. Fu da
principio una viva ilarità e una rapidissima parlantina. Poi cominciai a
ridere di tutto quello che sentivo dire e che dicevo io stesso; ogni
parola mia e d'altri mi faceva l'effetto d'un'arguzia finissima; ridevo
dei servi, degli sguardi dei miei commensali, della mia seggiola
squilibrata, delle figurine dipinte sui tondi, della forma di certe
bottiglie, del colore del cacio che mangiavo. All'improvviso m'accorsi
che non avevo più la testa a segno e mi diedi a pensare a qualche cosa
di serio per contenermi. Pensai al ragazzo che volevan bastonare la
mattina. Povero ragazzo! M'inteneriva. Avrei voluto condurlo in Italia,
farlo educare, fargli abbracciare una carriera. L'amavo come un figlio.
E anche il caid Abù-ben-Gileli, povero vecchio. Il caid Abù-ben-Gileli
l'amavo come un padre. E i soldati della scorta? Eran tutti buoni
ragazzi, pronti a difenderci, a rischiar la vita per noi. Io li amavo
come fratelli. Amavo pure li Algerini, e perchè no? pensavo; non sono
della stessa razza dei Marocchini? E poi, che razza! Siamo fratelli
tutti, siamo _stretti ad un patto_, bisogna amarci, io amo, io sono
felice, e mettevo il braccio intorno al collo del dottore, che scoppiava
dalle risa. Da quest'allegrezza caddi a un tratto in una mestizia
confusa e profonda. Ricordai le persone che avevo offese, i dolori di
cui ero stato cagione a coloro che m'amavano, mi sentii oppresso da
mille rimorsi e da mille rammarichi, mi parve di sentire delle voci che
mi parlavano nell'orecchio con un accento d'amore e di rimprovero, mi
pentii, domandai perdono, mi asciugai furtivamente una grossa lacrima
che mi tremolava nell'occhio. Poi mi si levò nella memoria un turbinìo
rapidissimo d'immagini disparate e bizzarre che svanivano l'una
nell'altra: certi amici d'infanzia dimenticati, certe parole di dialetto
non più pronunziate da vent'anni, dei visi di donna, il mio antico
reggimento, Guglielmo il Taciturno, Parigi, l'editore Barbera, un
cappello di castoro che avevo da bimbo, l'Acropoli d'Atene, il conto
d'un albergatore di Siviglia, mille stranezze. Ricordo confusamente che
i commensali mi guardavano sorridendo. Di tratto in tratto chiudevo gli
occhi e poi li riaprivo e non sapevo se avessi o no dormito, se fossi
stato così un minuto o mezz'ora. Avevo un pensiero lucido nel capo,
cominciavo a parlare, dicevo:--una volta sono andato.... Dove sono
andato? Chi è andato? Tutto era svanito. I pensieri brillavano e si
spegnevano come lucciole, fitti, intricati, inestricabili. A un certo
punto vidi l'Ussi con una testa allungata come un'immagine riflessa da
uno specchio convesso; il Viceconsole con un viso largo due palmi; tutti
gli altri assottigliati, gonfi, scontorti, contraffatti come caricature
fantastiche, che mi facevano delle smorfie inesprimibilmente buffe; ed
io ridevo e dondolavo il capo e sonnecchiavo e pensavo ch'eran tutti
matti, che ci trovavamo in un altro mondo, che nulla di quel che vedevo
era vero, che stavo male, che non capivo che cosa fosse accaduto, che
non sapevo dove fossi. E poi tutto fu buio e silenzio. E quando rinvenni
in me, mi trovai sotto la mia tenda, steso sul letto, col dottore
accanto, il quale, guardandomi al lume della candela, disse
sorridendo:--È passata, via; ma dev'esser la prima e l'ultima volta.


DA ZEGUTA AL TAGAT

Mentre io corro qua e là in cerca della mia cavalcatura, che non so
come, ritrovo poi appiattata in mezzo ai bagagli, l'Ambasciata parte.
Avrei ancora tempo di raggiungerla; ma all'uscita dall'accampamento,
scendendo per una china rocciosa, la mula vacilla, la sella si slaccia,
la letteratura precipita, ci vuole una mezz'ora per riassestare ogni
cosa, e addio Ambasciata! Mi tocca fare il viaggio solo, seguito alla
lontana da un servo zoppicante, che arriverà appena in tempo, quando io
sia assalito, a vedermi dare gli ultimi tratti. Sia fatta la volontà
d'Allà! La campagna è deserta e il cielo nuvoloso. Di mezz'ora in
mezz'ora vedo comparire, sulla sommità delle alture lontane, una
cavalcata variopinta e sparsa, in mezzo alla quale riconosco il cavallo
bianco dell'Ambasciatore e il caffettano rosso di Selam; e per qualche
momento mi pare di non esser più solo; ma la cavalcata sparisce, e la
solitudine mi torna a pesare sul cuore. A un'ora dall'accampamento
raggiungo una retroguardia di dodici cavalieri, condotti dal vecchio Abu
Ben Gileli, il caid delle cinquanta bastonate, il quale mi lancia uno
sguardo terribilmente espressivo rasente la schiena. Sorrido umilmente e
passo oltre. Esco dalla bella valle che si dominava collo sguardo
dall'accampamento, e m'inoltro in un'altra valle spaziosa, fiancheggiata
da alture ripidissime, vestite d'aloé e d'olivi, che formano come due
grandi muraglie verdi a destra e a sinistra d'una immensa strada
diritta, chiusa, in fondo, da una cortina di monti azzurri. Incontro
parecchi arabi, che si fermano per vedermi passare e guardano intorno,
stupiti ch'io non sia scortato. Mi assaltano? non mi assaltano? Uno
s'accosta a un albero, ne stacca in fretta e in furia un grosso ramo, e
mi corre incontro. Ci siamo! Arresto la mula, afferro la pistola. Egli
si mette a ridere e mi porge il bastone, spiegandomi che l'ha staccato
per me, per picchiare la mula, che non vuol camminare. In quel momento
mi vedo venir incontro, di gran galoppo, due soldati della scorta. La
mia ora, si vede, non è ancora sonata. I due soldati mi si mettono uno a
destra e uno a sinistra, come due carabinieri, e mandano innanzi il mio
quadrupede col calcio dei fucili,--dicendo:--_Embasciador!
Embasciador!_--Li ha mandati l'Ambasciatore a vedere che cosa è accaduto
di me. Meritano una ricompensa. Mi fermo, ed offro loro una bottiglietta
di vino che porto in tasca. Non dicono nè si nè no; si guardano
sorridendo, mi accennano che non ne han mai bevuto.--Assaggiate,--dico
io col gesto. Uno prende la bottiglia, versa una goccia sulla palma
della mano, dà una leccata e rimane un momento pensieroso. L'altro fa lo
stesso. Poi si guardano, si mettono a ridere e fanno cenno di
sì.--Bevete dunque.--Uno vuota mezza la bottiglia d'un fiato; l'altro,
d'un fiato, la finisce; poi si metton tutti e due una mano sul petto e
guardano il cielo cogli occhi luccicanti di voluttà. Ci rimettiamo in
cammino. Incontriamo altri arabi, uomini, donne e ragazzi, che mi
guardano con grande stupore. Uno, fra gli altri, dice alcune parole,
alle quali i soldati rispondono con un brusco cenno negativo. Ho poi
saputo che, credendomi arrestato, aveva detto:--Ecco un cristiano che ha
rubato all'Ambasciatore.--Si vede qualche villaggio di case bianche
sulla sommità delle alture che fiancheggiano la valle; spesseggiano le
_cube_, le palme, gli alberi fruttiferi, i leandri fioriti, i roseti; la
campagna è tutta verdissima, e comincia a mostrare qua e là qualche
traccia di divisione di poderi. Entriamo finalmente in una gola angusta
e tortuosa, formata da due muraglie di roccia; uscendo dalla quale, ci
troviamo sul terreno dell'accampamento. Siamo sulla sponda del Miches,
affluente del Sebù, vicino a un piccolo ponte di muratura costrutto
diciassette anni sono, in una conca formata da un semicerchio di colline
rocciose. Il cielo grigio come una vôlta di piombo piove una luce smorta
e uggiosa, che ci costringe a star sette ore immobili sotto le tende. Il
termometro segna quarantun grado. L'aria è infocata e grave. Fra le
tende non si sente altro che il canto dei grilli e il suono della
chitarra del Ducali. Una noia profonda pesa su tutto l'accampamento. Ma
verso sera tutto cangia. Una passata d'acqua rinfresca l'aria, un fascio
di raggi abbarbaglianti, prorompendo come una corrente di luce elettrica
per l'apertura della gola, indora una metà del campo; arrivano corrieri
da Tangeri, corrieri da Fez, curiosi dai villaggi; due terzi della
carovana si tuffano nel fiume; e il desinare è rallegrato
dall'apparizione d'un nuovo personaggio, venuto dalla gran città dei
Sceriffi: il moro Scellal, un altro dei protetti della Legazione
d'Italia che ha una lite pendente col Governo del Sultano: il più
voluminoso turbante, il più rotondo faccione, la più beata pinguedine
moresca che siasi veduta da Tangeri in poi. La mattina seguente,
all'alba, ci rimettiamo in cammino, senz'altra scorta che i quaranta
soldati comandati da Hamed Ben Kasen. È scoppiata una rivolta nelle
terre confinanti coll'Algeria, e tutta la cavalleria della provincia di
Fez è stata immediatamente mandata contro i ribelli.--Vedremo molte
teste appese alle porte di Fez,--dice il Ducali. Per due ore camminiamo
fra le colline in mezzo alle ginestre e ai lentischi. Poi sbocchiamo
nella vastissima pianura di Fez, coronata di montagne e di colli,
biondeggiante di grano, sparsa di grandi _duar_, percorsa dal fiume
della Fontana azzurra, che si va a versare nel Miches, e dal Fiume delle
perle, affluente del Sebù, che va a dividere in due la città sacra
dell'Impero; sorvolata da stormi di grù, d'oche selvatiche, di tortore,
di pernici, d'aghironi; lussureggiante di vegetazione, piena di luce,
quieta e ridente come un immenso giardino. Piantiamo l'accampamento
sulla riva del fiume della Fontana azzurra. La giornata passa in un
lampo, tra le caccie, le visite ai _duar_, gli ebrei che vengon da Fez a
raccontarci dei grandi apparecchi dell'esercito, i messi della corte che
portano i saluti del Sultano; le famiglie arabe che guadano il fiume, in
lunghe file, prima il cammello, poi gli uomini, poi le donne coi bimbi
sul dorso, poi i ragazzi, poi i cani a nuoto; le carovane che passano,
le frotte di curiosi che accorrono, un tramonto che innamora e la notte
più luminosa ch'abbia mai contemplato occhio umano. La mattina all'alba
di nuovo in cammino. Si rientra fra le colline, si torna a discendere
nella pianura, e s'infila una strada serpeggiante incassata fra due
rive, che ci nascondono l'orizzonte. Tutt'a un tratto una voce sonora
grida:--Ecco Fez!--Tutti si fermano. Diritto, davanti a noi, lontano
parecchie miglia, ai piedi delle montagne, si vede una vasta selva di
torri, di minareti e di palme, velata leggermente dalla nebbia. Un
allegro:--Ci siamo!--prorompe nello stesso punto da tutte le bocche in
italiano, in spagnuolo, in francese, in arabo, in genovese, in
siciliano, in napoletano; e al breve silenzio della prima meraviglia,
succede una conversazione rumorosa. Ci rimettiamo in cammino e andiamo
ad accamparci, per l'ultima volta, ai piedi del monte Tagat sulla riva
del Fiume delle perle, a un'ora e mezzo da Fez. Qui per tutta la
giornata è un andirivieni e un affaccendamento che ci pare il quartier
generale d'un esercito in guerra. Sono messi del Sultano, messi del
primo ministro, messi del gran cerimoniere, messi del Governatore di
Fez, ufficiali, maggiordomi, negozianti, patenti de' mori della
carovana, tutta gente ben vestita, linda, cerimoniosa, circonfusa
dell'aura della corte e della metropoli, che parla con voce grave e
gesti maestosi dell'esercito formidabile, della folla immensa, del
palazzo delizioso che ci aspetta. L'entrata a Fez è stabilita per le
otto della mattina seguente. All'alba tutti sono in piedi. È un gran
lavorìo di rasoi, di spazzole, di pettini, di striglie, e un'allegrezza
che ci rifà ad usura di tutte le fatiche del viaggio. L'Ambasciatore si
mette il suo berretto dorato, Hamed Ben Kasen la sciabola di gala, Selam
un caffettano color di rosa, Civo un fazzoletto verde intorno al capo,
segno di grande solennità; tutti i servi, la cappa bianca; tutti i
soldati della scorta, le armi lucide; tutti gl'italiani, la roba più
sfoggiata dei loro bauli. Siamo, fra tutti, un centinaio, e si può
affermare che l'Italia non ha mai avuto un'ambasciata più bizzarramente
composta, più pomposamente colorita, più allegramente impaziente, più
impazientemente aspettata di questa. Il tempo è bellissimo, i cavalli
scalpitano, i caic ondeggiano al venticello della mattina, tutti i volti
brillano, tutti gli sguardi si fissano sull'Ambasciatore che conta i
minuti sull'orologio. Son le otto--un cenno--tutti a cavallo--e avanti.
Ah! che vuol dire essere eternamente bambino! Mi sento battere il
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Marocco - 12
  • Parts
  • Marocco - 01
    Total number of words is 4452
    Total number of unique words is 1839
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 02
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1879
    32.3 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 03
    Total number of words is 4587
    Total number of unique words is 1810
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    47.6 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 04
    Total number of words is 4474
    Total number of unique words is 1853
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    49.7 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 05
    Total number of words is 4316
    Total number of unique words is 1711
    33.8 of words are in the 2000 most common words
    48.1 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 06
    Total number of words is 4461
    Total number of unique words is 1744
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 07
    Total number of words is 4355
    Total number of unique words is 1834
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    48.3 of words are in the 5000 most common words
    55.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 08
    Total number of words is 4364
    Total number of unique words is 1807
    32.5 of words are in the 2000 most common words
    47.7 of words are in the 5000 most common words
    55.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 09
    Total number of words is 4469
    Total number of unique words is 1809
    32.0 of words are in the 2000 most common words
    47.5 of words are in the 5000 most common words
    53.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 10
    Total number of words is 4581
    Total number of unique words is 1822
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 11
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1824
    33.1 of words are in the 2000 most common words
    47.0 of words are in the 5000 most common words
    54.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 12
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1772
    31.6 of words are in the 2000 most common words
    46.8 of words are in the 5000 most common words
    54.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 13
    Total number of words is 4460
    Total number of unique words is 1795
    35.6 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 14
    Total number of words is 4446
    Total number of unique words is 1773
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 15
    Total number of words is 4463
    Total number of unique words is 1854
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 16
    Total number of words is 4494
    Total number of unique words is 1872
    35.3 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    59.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 17
    Total number of words is 4449
    Total number of unique words is 1884
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 18
    Total number of words is 4565
    Total number of unique words is 1814
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 19
    Total number of words is 4492
    Total number of unique words is 1820
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 20
    Total number of words is 4452
    Total number of unique words is 1777
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Marocco - 21
    Total number of words is 3884
    Total number of unique words is 1577
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    52.3 of words are in the 5000 most common words
    60.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.