Margherita Pusterla: Racconto storico - 31
Total number of words is 4463
Total number of unique words is 1808
32.8 of words are in the 2000 most common words
46.8 of words are in the 5000 most common words
54.0 of words are in the 8000 most common words
file per ricevere tra loro la condannata, formando quasi una barriera fra
il mondo e un essere che, di lì a pochi istanti, cesserebbe di
appartenervi.
Ed ecco, tratto da due bovi guarniti a nero, avanzarsi lentissimo un carro,
e sopra quello la povera nostra Margherita.
Per obbedire a quel vago sentimento, che comanda di ornarsi per tutte le
cerimonie, anche le più melanconiche, la Margherita aveva voluto
accomodarsi di un abito nero decente, e ravviarsi, e lisciare i capelli, il
cui nero lucente viepiù spiccava sulla fredda uniforme bianchezza di una
pelle morbidissima ma patita. Sul collo, dove un tempo le perle facevano
gara di candidezza, ora appena le coccole del rosario parevano segnare la
traccia, che fra poco la mannaja solcherebbe. Fra le mani giunte stringeva
la crocetta pendente da quello, senza rimuovere mai gli occhi che già
solevano splendere di giuliva benevolenza, ed ora, sbattuti in dogliosa
spossatezza, non vedevano più che un oggetto, una speranza.
Le sedeva a canto frà Buonvicino, ancor più pallido di lei se era
possibile, con alla mano la crocifissa effigie di Colui che patì tanto
prima di noi, e per noi; e le andava tratto a tratto suggerendo una
preghiera, un conforto: di quelle preghiere che nei giorni della gajezza
infantile c'insegnano le madri, e che rincorrono opportune fin nei momenti
più disastrosi.--Signore, nelle vostre mani raccomando lo spirito
mio.--Maria, pregate per me nell'ora della morte.--Esci, anima cristiana,
da questo mondo che ci è dato per esiglio, e torna alla patria
celeste.--In paradiso ti rechino gli angeli, santificata dai tuoi
patimenti».
Nessuno guardava ad altri che a lei. Benchè sfinita da tanti martirj,
benchè colle traccie in viso della morte vicina, quando la videro
esclamarono tutti:--Oh com'è bella! Così giovane!» e più di una
lagrima cadde in quel punto, più di un sudario di seta coperse gli occhi
delle signore; più di un guanto, usato ad impugnare lo stocco,
asciugò o respinse il pianto che spuntava sul ciglio dei cavalieri. E si
voltavano a guardare verso la tribuna, verso Lucio, se mai sventolasse la
fusciacca bianca in segno di grazia.
Dietro al carro, colle braccia avvinte al tergo, sì stretto che la corda
entrava nella carne, scarmigliato il crine e la barba giovanile, bendata la
testa con un cencio di fazzoletto, in lacero arnese, serrato fra i soldati,
arrancavasi ai piedi zoppicando e doglioso, un altro nostro conoscente,
Alpinolo. Le percosse rilevate la notte della fuga non l'avevano ucciso, ma
solo tramortito; poi, rinvenuto, i medici si adoperarono a restituirgli la
salute, intanto che i giudici si preparavano a togliergli la vita.
In fatti anch'egli venne sottoposto al giudizio, che però, trattandosi
non di un uomo, ma di un soldato, era sciolto da tante formalità, e
affidato alla spicciativa procedura dei suoi capi. Ma questi non riuscirono
mai a farlo parlare: i tormenti più squisiti furono adoperati: come
fosse poco lo slogargli le braccia, gli fu applicato il fuoco alle piante
dei piedi finchè ne scolasse l'adipe; ficcategli delle punte sotto alle
unghie: oppressogli il petto con enorme peso: tutto soffrì senza
contorcersi, senza proferire una sillaba. Soltanto una volta, che gli
spasimi doveano averlo posto fuori di sè, fu inteso proferire queste due
voci, _Poveretta_ e _Padre mio_.
Non appena fu qualche istante lasciato libero, tentò sfracellarsi il
cranio contro delle pareti, onde da quell'ora fu continuamente guardato a
vista. Ma chi egli fosse, nessuno lo sapeva: i camerata lo conoscevano pel
Quattrodita e nulla più: lombardo pareva alla bastarda pronunzia, ma
nè del nome nè della condizione sua non si potè venire in chiaro,
onde colla semplice indicazione di--un soldato per soprannome il
Quattrodita--, venne condannato a dover fare da boja nel supplizio dei
Pusterla, e dopo di loro essere giustiziato anch'egli; il suo cadavere
tratto a coda d'asino alle forche fuori porta Vigentina, e ivi lasciato
impeso per pascolo dei corvi.
Neppur dopo condannato vi fu modo di fargli aprir bocca; se non che,
allorquando fu interrogato, secondo l'uso, se prima di morire avesse nulla
a dimandare, chiese gli si restituisse l'anello che aveva sempre portato in
dito. Quell'anello, unico suo bene ereditario, gli rammentava, se non
altro, di avere avuto una madre, ora che gli toccava di morire senza aver
adempito quella che era stata l'idea fissa di tutta la sua vita, cioè di
trovare l'autore dei suoi giorni: onde, allorchè gli fu esaudita la
domanda, se lo ripose in dito colla devozione di un moribondo.
Quando Francesco e Venturino furono condotti a morte, Alpinolo era stato
trascinato ai piedi del palco, perchè, secondo la sentenza, dovesse fare
le veci di manigoldo. Ma era facile eseguire la condanna in ciò che
concerneva il suo cadavere, non era altrettanto nell'armargli la mano
contro di coloro, che tanto aveva egli fatto per salvare. Intimatogli
quell'ordine ferocemente insensato, e scioltegli le mani, esso entrò in
tal furia, si pose in atto così minaccioso, che n'ebbero di grazia a
legarlo di nuovo, persuasi che, fin quando gli rimanesse fiato, non si
piegherebbe a tanta infamia.
Anche senza di ciò, nel veder sul patibolo que' suoi cari, nel pensare
che avea contribuito a condurveli, considerate come Alpinolo si sentisse
nel cuore! Se non che gli fu di alcuna consolazione il trovare che la
Margherita non era con loro.--La tigre (disse fra sè) rimase satolla col
sangue nostro».
Come ebbe veduto balzare la testa del fanciullo, poi quella del padre,
versando dalle pupille grosse lagrime, più di rabbia ancora che di
dolore, si mosse francamente per porgere il collo al manigoldo, credendo
che allora fosse la sua volta. Ma in quella vece si vide rimosso dal palco,
senza conoscere il perchè, tratto ancora al suo fondo di torre a
macerarsi un altro giorno, compassionando il giudizio veduto, e paventando
la vergogna di un perdono e la gratitudine della clemenza.
Ma al domani fu cavato di nuovo, e il suo tormento giunse veramente al
colmo quando scôrse la Margherita, la sorella di Ottorino, la sua amica,
la signora sua, tratta sul carro dei malfattori a rinfrescare col suo
sangue il sangue del consorte e del figliuolo. Così incatenato ne
seguiva il lento cammino, cogli occhi il più spesso inchiodati a terra,
talvolta balestrandoli sopra la moltitudine, quasi per cercarvi o il
generoso coraggio che strappasse la vittima al tiranno, o almeno la
generosa compassione, il cui fremito è compenso ai più rovinosi colpi
dell'iniquità potente. Ma non avvisando in tutti che una indolente
curiosità, atterrava novamente gli sguardi in atto di fiero disprezzo, e
li riposava su quelli della martire; e allora esalava un sospiro dal più
profondo del cuore.
Come l'onda trabocca al levare della chiusa che la reggeva in collo,
così dietro ai soldati che tenevansi in mezzo Alpinolo, si rinchiudeva
la folla divisa, e si accalcava, ingegnandosi di mettere il passo innanzi a
chi gli aveva preceduti, per vedersi poi oltrepassati anch'essi dai nuovi
che sopravenivano. E già il carro era ristato ai piedi del palco: un
solenne silenzio possedeva la turba spettatrice. La Margherita smontò,
accostossi alla scala--la scala che per lei era quella del paradiso. Il
carnefice, discesole incontro, le porse la lurida mano, come per ajutarla a
salire. Era la mano che, il giorno innanzi, si era intrisa nel sangue dei
suoi diletti! La Margherita, con un fremito istintivo, ma senza odio, la
ricusò, e con passo quanto più poteva sicuro, incominciò a
montare.
Povera martire! non hai finito di patire.
Passava ella in mezzo ai confratelli della Consolazione, quando da uno di
essi, con voce sommessa ma fiera, sentì dirsi:--Margherita, ricordatevi
la notte di san Giovanni».
Come la rana già morta guizza al passar della corrente elettrica,
così la Margherita, che già pareva tolta dalle cose terrene,
trasalì al suono di quel motto; volse lo sguardo, pieno di terribile
maestà e di profondo orrore, sovra il miserabile che aveva parlato, e
traverso ai fori della buffa vide fissato sopra di sè un occhio acuto
come di velenoso serpente.
Quelle parole lo diedero a conoscere anche a frà Buonvicino, il quale
stava a fianco della Margherita: sporse la mano a questa che, vacillando in
atto di cadere, gliela ghermì collo spaventato vigore, onde, nei momenti
che ci strazia un nemico, sentiamo imperioso bisogno di stringerci ad un
fedele. E l'Umiliato, ponendole innanzi alla vista il crocifisso, le
gridava:
--Egli morì perdonando ai suoi uccisori».
Ritenne Margherita le pupille nella devota effigie, le alzò al cielo,
parve riconfortata, e raggiante del presentimento dell'immortalità,
giunse sul funereo palco. Un istante appresso, il carnefice, afferratala
per le nere chiome, presentò al popolo la testa recisa e boccheggiante.
Un fremito universale ruppe la taciturnità: chi diede in pianti, chi
esclamò, chi intonò le preghiere di suffragio; i più vicini
gridarono ai remoti e a quelli che non avevano veduto:--È morta».
Allora, colla furibonda ansietà onde i cani assetati si precipitano alla
fontana, furono visti alcuni correre sul patibolo, raccogliere in una
scodella il sangue che sgorgava dal busto e pioveva dal capo, e fumante
tracannarselo. Erano infelici, tormentati dall'epilessia, i quali credevano
con tale rimedio orrendo guarire dalla più orrenda delle infermità.
Allorchè la Margherita porse il collo al fendente, frà Buonvicino,
messosi con lei in ginocchio, alle orecchie, che fra poco più non
udrebbero, le mormorò gli ultimi conforti; poi, con un atto risoluto,
come chi finalmente esce da lunga situazione penosa, impugnato il
crocifisso, levò con esso le giunte mani al cielo, le abbassò fin sul
tavolato, e si lasciò cadere colla fronte sopra di esse. Il sangue di
quella vittima lo spruzzò. Tutto era consumato, ed egli non si rimoveva
da quell'attitudine. Fu scosso... Era morto.
Così l'angelo destinato a custodia di ciascuno, appena cessa di vivere
quello al cui fianco era stato collocato dalla Provvidenza, compiuta la
divina sua missione, ritorna con esso in Paradiso.
Sulla compassionevole scena tenevano fisso l'occhio due altre persone, con
sentimenti, deh come diversi: Alpinolo e Ramengo, giacchè era lui
appunto il confratello insultatore. Il primo, sotto all'aspetto di
scellerato, copriva un generoso pentimento, un'immensa compassione, che
nella fine lagrimata di quegli esseri virtuosi, gli faceva dimenticare
affatto come, tra pochi momenti, avrebbe anch'egli a seguitarli di là
dei confini della vita.
Ramengo, sotto alla maschera della pietà, celava uno di quei cuori
nefandi, che l'ira di Dio slancia talvolta sulla terra per una prova, e per
un saggio dell'inferno. Guatava egli la Margherita, siccome pago della
spasimata vendetta; e quando mirò spiccato il bel capo, si sporse
avanti, struggendosi di potere, come quegli altri sciagurati, smorzare la
lunga sete col sangue che ne sprizzava, e del quale alcune goccie gli
chiazzarono il bianco vestito; contemplò, numerò, analizzò le
spasmodiche contrazioni della faccia moribonda, il pallore che la occupava
man mano che abbandonavala il sangue, il rotare degli occhi, che, più
sempre affondandosi nelle orbite, parevano ingordi della luce violentemente
rapita; s'immaginò perfino che uno sguardo ultimo lanciassero sopra di
lui, ed esclamò:--Ora sono soddisfatto».
Mentre il carnefice, rimovendo la raschiatura inzuppata di sangue, e
collocando nella bara il tronco esanime, che sotto al suo piede aveva
cessato il doloroso vibrare, esclamava «E uno». Ramengo, girando la
vista, si trovò dinanzi il soldato sconosciuto, che con coraggio cupo e
taciturno montava sul patibolo. Pallido e sbattuto per le ferite del corpo
e dei patimenti dell'animo, la morte istante non lo agitava però, nè
deprimeva la fierezza della sua fronte, somigliante, a quella di un angelo
decaduto, che si orgoglia del suo peccato, e non vuole perdono.
Appena gli vennero sciolte le mani incatenate alle reni, di schianto,
siccome allo sbandarsi di una molla, se le recò alle labbra baciando
l'anello. Quel diamante, fiammeggiando sugli occhi di Ramengo, gliene
dovette richiamare alla memoria uno somigliante, che aveva altre volte
posto in dito alla sua Rosalia, e poi trovato nella capanna di quei mulinaj
sul Po. Questo vago senso e momentaneo si tramutò ben tosto in un fiero
sbigottimento allorchè vide il condannato trarsi l'anello dal dito,
affisarlo teneramente, baciarlo, premerselo al cuore, baciarlo di nuovo;
indi, coll'espressione di chi si divide dalla cosa che più di tutte ha
cara, che anzi unica ormai ha cara sopra la terra, porgerlo al garzone del
manigoldo, e dirgli:--Tieni; dopo morto, va e seppelliscimi presso a quella
santa».
Tra quel fatto, Ramengo avea osservata la mano di Alpinolo, con un dito
meno: il dito appunto che esso aveva reciso al suo figliuolo, allorchè
gli trasse nel suo geloso furore; quel dito, quell'anello, il suono delle
parole misero il colmo alla sua agitazione. Si fece un passo avanti, spinse
il braccio, e rapito l'anello di pugno al manigoldo, esclamò:--Lascia
vedere! lascia vedere!»
Rimase questi attonito all'atto. Alpinolo gli fissò sul viso mascherato
gli occhi tra curioso e indispettito; l'altro, mirando il condannato, fra i
lineamenti scomposti e alterati non esitò a raffigurarlo. Raffigurò
Alpinolo, il figliuol suo,--quello che tanto aveva desiderato, tanto
cercato,--quello che solo poteva restituirlo alle consolazioni dell'amore,
alle speranze della vanità, all'invidia del mondo; lo trovava, ma col
piede sul patibolo, e portatovi da lui medesimo.
Non si ritenne: e come fuor di sè gridando,--Alpinolo, Alpinolo, ti
ravviso», si scagliò tra il carnefice e lui, che già era salito
sul pianerotte. Alpinolo ristette maravigliato nell'udire una voce che a
nome pareva richiamarlo alla vita. Il carnefice, non sapendo spiegare
questa scena, rimase un tratto sospeso, poi gridandogli,--Via, sgombrate,
toglietevi fuor dei piedi», tornava per afferrare la vittima a sè
destinata.
Ma quel rimbaccucato, opponendosegli a viva forza,--No, no, (gridava), egli
non deve morire, no... Egli non è quello che è creduto... Non è un
soldato mercenario... S'è infinto. È il bravo scudiere Alpinolo: quel
desso che salvò il signor Luchino a Parabiago.--No, signori, no... non
deve essere ammazzato così come un assassino.
--Che bubbole mi contate? (ripigliava mastro Impicca.) Sia chi si voglia,
il mio mestiere è di ammazzarlo. Credete che io non sappia far la festa
anche ad uno scudiero? Le vostre ragioni dovevate dirle al signor vicario.
--Sì (replicava Ramengo con ansietà), il signor vicario le sa; non lo
ha condannato: è un puro sbaglio... Per lui mi ha dato l'impunità,
per lui... Aspetta... per carità... un momento... sospendi... Signori
soldati, badate: questo qua, che si finse un vostro camerata, è lo
scudiero Alpinolo, quel che fece prodezze a Parabiago--l'avrete certo
sentito a menzionare, eh? Bene, è desso; e s'è fatto vostro compagno.
Ma voi certo non soffrirete che un camerata vostro vada alla forca.--Udite,
datemi mente.--Non dico di salvarlo ingiustamente: ingiustamente il
lasciereste morire.... Di grazia, fate sospendere un momento... una
mezz'ora sola. Vi prego, vi scongiuro, per le vostre donne, pei vostri
figliuoli... C'è nessuno fra di voi che abbia moglie? che abbia un
figliuolo? Fate che aspettino: chiamate il vostro capitano. Ehi, signor
Melik, lei che è così bravo, così valoroso.... questo giovane non
è quel che credono; lo guardi, non lo conosce? ha combattuto con lei il
giorno di santa Agnese: dov'ella s'è fatto tanto onore. E quando il
signor vicario saprà chi è, li castigherà se l'avranno lasciato
finire a questo modo... perchè egli, il signor Luchino, mi ha rilasciato
lettera d'impunità.--No, non deve morire.--Che? a Milano comanda il
principe o il boja?--Non ha da morire, no!»
E bruscamente respingeva la branca del manigoldo, stesa impazientemente
sopra di Alpinolo. All'ascoltar queste parole recise, affollate, emesse
traverso al panno della visiera col gorgoglio di un fiasco, pel cui collo
angusto si versi l'acqua della pancia capace, con un tono di angoscia, di
affetto, di spavento, i soldati si guardavano l'un l'altro in viso; il
capitano, che non sapea rendersene ragione, facevasi più d'accosto per
conoscere il vero: se Lucio fosse stato ancora presente, sarebbero ricorsi
a lui per nuovi ordini: ma egli, tosto che vide compiuta la sua giustizia,
senza curarsi più che tanto di un soldato, che nè tampoco aveva un
nome, se n'era ito a desinare. Tutto il vulgo spettatore accalcavasi
viepiù da quella parte; e,--Chi è quel mascherone?--che fa colà
tra il boja e il condannato?--cosa predica?--perchè questo ritardo?»
e i più lontani facevano prova di aprirsi un varco a spintoni; quelli
arrampicati sugli sporti o accomodati ai balconi, ai loggiati, alle
finestre, sporgevansi in fuori a guisa dei passeri nidiaci, allorchè
sentono la madre ritornare coll'imbeccata.
Mastro Impicca, sazio dell'indugio, battendo il piede così, che fece
sobbalzare e sonare tutto il palco, esclamò con dispetto:--Ho altro a
fare che dar ascolto alle tue fandonie, mascherone maledetto! Fatti da
banda. In un batter d'occhio te lo spedisco, e dopo gli farai complimenti
quanti vuoi»; e si accingeva a ridurre queste parole in fatti.
Ma Ramengo ripigliava:--No, no. Ti dico che tu non ci hai a far nulla: che
fu condannato in iscambio: Ha il breve d'impunità: gliel'ho ottenuto
io... O che? non deve valere il decreto fatto, firmato e suggellato dal
vicario di un imperatore? Se tu sapessi quel che ho fatto per
ottenerglielo! E ora il frutto di tante fatiche farmelo perdere a questo
modo?»
E perchè il manigoldo, incapace di ragioni come di pietà, metteva
risolutamente le mani alla vita di Alpinolo, Ramengo, inferocito, lo
percosse di tale spunzone nei fianchi, che, cogliendolo improvviso, lo
gettò ruzzolone dal palco. La plebaglia, vedendo a cascare il carnefice,
ruppe in alti schiamazzi, in un batter di mani, in un _bravo! bene!_ come
quando vedeva un bel colpo alla pallamaglio. E Ramengo, lanciatosi al collo
di Alpinolo, vedendo che i soldati si movevano per mettere un termine colla
forza a questa nojosa resistenza,--Signori soldati (esclamava), signor
capitano, voi, gente così generosa, volete ora venire a dar mano al
boja, voi? a fare da boja voi stessi? Vergogna! Io posso farvi del bene.
Dei denari ne ho molti, ne ho troppi--ve li darò--ve ne darò
finchè ne volete, ma deh! ajutatemi, soccorretemi a camparlo. Giù le
mani, canaglia! cosa credete, che egli sia carne venduta al pari di voi?...
Egli è... è mio figliuolo!»
Il condannato fino a quel punto non avea compreso nulla più che gli
altri della pietà inattesa e disinteressata d'uno sconosciuto,
così lontano dall'idea, che purtroppo egli erasi formata della
universale nequizia e vigliaccheria. L'udirlo parlare di impunità,
di grazia ottenutagli, il vedere frapposto un ostacolo alla sua morte,
che anche pei meglio risoluti è un gran passo; la premura
appassionata che traspariva da ogni parola, da ogni gesto di
quell'incognito, lo tenevano assorto e in dubbio, come uomo che sta
sur un filo tra la vita e la morte. Ma appena udì quella parola di
figliuolo, tutto si riscosse, ed esclamò:--Come?... figlio? voi mio
padre?»
Sventurato! mai in tutta la vita sua non aveva inteso dirigersi quella
parola soave; non aveva gustato mai la dolcezza dei domestici affetti;
aveva sempre ambito, ma anche disperato di poter mai dire «O padre
mio». Ed ora--Sarebbe possibile? questo sconosciuto sarebbe il padre
mio? Eppure deve ben essere così. E chi altri se non un padre si
curerebbe di un miserabile già sotto la mano del carnefice?
Quindi con inesprimibile sentimento accoglievasi tutto anch'esso contro
Ramengo, lo abbracciava, trasaliva sotto gli amplessi di lui. Ora sì che
il timore della morte lo invadeva! ora sì che avrebbe voluto ritrarre i
piedi dal patibolo, tornare alla vita, dove gli era preparata una
soavità non assaporata mai; dove non si troverebbe più solitario:
dove all'esser suo si mescolerebbe un elemento nuovo, da cui ogni cosa
restava modificata tutt'altrimenti, e che, togliendogli quel nauseato
dispetto degli uomini ond'era invaso da un pezzo, gli abbelliva i molti
giorni promessigli dalla sua fresca età. Colla fantasia ne scorreva i
casi; sedeva a un convito d'amore ignorato; ritesseva una tela di vicende,
a fianco di un padre, sotto una mano amorevole, che lo esortasse, il
reprimesse, l'applaudisse. Ma se da questo sogno, che in un atomo abbraccia
tanto tempo, ricadeva sul presente, eccogli davanti un ceppo, fumante
ancora d'un sangue prezioso, e dove, fra un istante, anch'egli verserebbe
il suo, sotto agli occhi di una moltitudine indifferente, tra la quale
forse sarà mescolato colui, quell'esecrato autore di tanti mali; e
starà a contemplarlo e sorridere.
A tali immagini, il garzone, pur dianzi così sicuro, sgomentavasi come
il fanciullo all'idea del fantasma, e altrettanto abborrendo dalla
distruzione quanto prima l'avea desiderata, ascondeva la faccia contro il
seno dello sconosciuto, e ripeteva angosciosamente:--Padre, salvatemi.
Sì, sono Alpinolo; sono il figliuol vostro; salvatemi».
Queste parole inferocivano il vigore di quell'altro, il quale con una
smania rabbiosa lo cingeva delle braccia convulse, strideva, chiamava il
cielo, chiamava gli uomini, implorava pietà, giustizia...
Pietà, giustizia implorava egli!
Ma il conestabile Sfolcada Melik, nojato ormai di questo indugio,--Suvvia,
(disse ai soldati) non sia mai detto che lasciaste ritardare la giustizia
da un mascalzone. Animo: traetelo di là, e avanti».
Si mossero eglino di fatto, e tolsero in mezzo Alpinolo, il quale allora,
dato nelle furie, cominciò a menar calci e pugni, mordere, graffiare,
sinchè, sferratosi, riuscì a strappar di mano ad uno la mazza
ferrata, e disposto a far le forze estreme, cominciò con essa a lavorare
di qualità, che mal per chi l'accostava. I soldati, che, da quella notte
in poi, sapevano come pesassero le costui braccia, impacciati anche
dall'angustia e dal barcollamento del palco, davano indietro, intanto che
Ramengo, collocatosi in mezzo della scaletta, come per abbarrarla del suo
corpo, gridava in risposta al conestabile:--A chi mascalzone? Mascalzone
sei tu, tedesco venduto! Io, sai chi sono io?» E stracciandosi d'in sul
viso il cappuccio, si scopriva esclamando:--Sono Ramengo da Casale; impara
a rispettarmi!»
L'alterazione prodotta della maschera e da una situazione così strana,
non aveva lasciato che Alpinolo riconoscesse alla voce chi fosse il suo
protettore. Ma come lo intese nominarsi, come, sospendendo un terribile
colpo su cui abbandonavasi a due mani, si volse, e raffigurò quella
faccia, la faccia che gli era fitta nella memoria siccome quella di un
demonio, si tramutò a guisa di un uomo, il quale mentre accarezza e
palpa il suo fido cane, tornato dopo lunga assenza, ascoltasse taluno
gridargli:--Bada che è rabbioso».
Slanciò la mazza sul palco, e cogli occhi stralunati, colle braccia e
gli indici protesi rigidamente verso di lui, profferì:--Ramengo! voi mio
padre!» Mandò un urlo disperato, levò la faccia al cielo, colle
mani fra gli irti capelli, indi, invano rattenuto da quell'altro, che a
guisa di energumeno smaniando, divincolandosi, pregava, bestemmiava,
chiedeva perdono, corse egli stesso a furia, a sottoporre il capo al
fendente.
Un minuto dopo, il disciplino tenevasi boccone, abbracciato ai piedi di un
cadavere, seguitando a prorompere in urli, in pianti, in imprecazioni--ma
chi l'avrebbe compassionato? era una spia.
I confratelli della Consolazione intonarono la preghiera dei defunti, e
levando il feretro, più carico del preveduto, si avviarono a Santa Marta
per darvi sepoltura. Il popolo, rispondendo a quelle preci, sfollava dalla
piazza e si diramava anch'esso, per le varie stradelle, cedendo il passo a
nuovi curiosi, che a fiotti si avvicinavano al patibolo per vedere, se non
altro, gli apparati e gli avanzi, ed informarsi di quell'ultima scena. Poi
ritornarono ciascuno alle occupazioni della giornata, fra le quali più
di uno usciva tratto tratto esclamando con un sospiro:--Povera signora!»
--Un bel colpo!» diceva un altro.--La non deve aver patito nulla. Non si
può dire che i nostri signori non ci mantengono uno dei carnefici meglio
esercitati.
--Hai visto (aggiungeva un terzo) con che divozione, prima di sottoporre la
testa, ella baciò il Crocifisso?
--E non volle (replicava un altro) che il boja le levasse il fazzoletto dal
collo».
Qualche femminetta soggiungeva:
--Ma! a quest'ora la sarà in purgatorio a mondarsi dei suoi peccati. Il
Signore è misericordioso.
--E quel frate (riflettevano altri) se era sì dolce di cuore non dovea
far quel mestiero di assistere i giustiziati. Manca gente avvezza a queste
funzioni? Si sa: non tutti son buoni per tutto».
Un altro intanto aggiungeva:--Che cosa poi saltasse in mente a quel
disciplino di non voler lasciare, come dice il mio padrone, libero corso
alla giustizia, vattela accatta.
--Avrà creduto di far un'opera di misericordia», rispondeva lo
scaccino della Passerella.
--Oh, sta a vedere! (tornava su il primo) Che ci ha a fare la misericordia
coll'impedire che si ammazzi? Opera di misericordia è seppellire i
morti, dico io.
--Per me (udivasi qualche giovane) è la prima che ne vedo di queste, ma
sarà anche l'ultima. Gesummaria! alla notte mi tornerà sempre sugli
occhi quella figura, quel tronco, quel sangue...» e rabbrividendo si
copriva il viso.
--Tutto sta ad assuefarsi» rispondeva un uomo maturo.
Ma questa era la ciurma, ignorante e brutale a segno da trarre curiosa a
tali miserie. Che se la storica verità ci costrinse a rivelare, pur
troppo al vero, quel vulgo, ci è di soddisfazione l'assicurare come la
razza dei generosi non fosse scarsa, frammezzo agli insultanti dominatori e
ai vili depressi; sconosciuta da questi, sospetta a quelli, ma destinata a
far fede della virtù, allorchè i casi umani trarrebbero qualcuno a
rinnegarla indispettito. Con fremito virile, e con dignitoso compatimento,
riguardarono essi quel caso come un pubblico lutto, una lezione, un avviso;
parte abbandonarono la città, perchè non sembrassero tampoco colla
loro presenza autorizzare l'assassinio legale; alcuni vestirono a lutto;
altri manifestarono anche in aperte voci l'indignazione, ed erano gli
stessi che avevano disapprovato il Pusterla finchè lo credettero
cospiratore.
Le madri poi, le buone madri lombarde, narrando quel caso ai raccolti
figliuoli, e commovendoli a pietà, facevano loro suffragare i poveri
condannati, e ripetevano:--Preferite di esser la Margherita sul patibolo,
che non Luchino sul trono».
Così quel giorno tutti parlarono della meschina, del frate, del
disciplino; molti ne discorsero anche il domani, più pochi il terzo
dì; poi nuovi mali, nuovi casi, nuovi supplizj vennero ben tosto a far
dimenticare quei primi, a destare nuove curiosità, nuova compassione,
nuove ciancie.
La scena si fu alla Corte, allorquando, ritornato Luchino a Milano,
Grillincervello si pose dinanzi a lui ad atteggiare quel supplizio, ora
contraffacendo con attucci e moine la rassegnata devozione della Margherita
e la profonda pietà di fra Buonvicino,--tanto è facile volgere in
riso le cose più serie e le più sante!--ora smaniando e armeggiando
come aveva fatto Ramengo, eccitando al riso la brigata, e riscotendo gli
applausi di quelli che ne erano stati testimonj oculari, e che
esclamavano:--E' fa tal quale».
Luchino ne rise più degli altri, ma uno storico soggiunge che quella
notte non dormi.
Chi può averlo detto a quello storico?
Poi anche alla Corte, come in città, a breve andare tutto fu messo in
dimenticanza. Di fatto, al raccor dei conti, che cosa era succeduto? Alcuni
innocenti in aspetto di rei eran stati percossi dall'iniquità in aspetto
di giustizia: accidente tanto solito nella società--d'allora--, che non
poteva destare nè mantenere a lungo l'interesse, non che l'orrore.
il mondo e un essere che, di lì a pochi istanti, cesserebbe di
appartenervi.
Ed ecco, tratto da due bovi guarniti a nero, avanzarsi lentissimo un carro,
e sopra quello la povera nostra Margherita.
Per obbedire a quel vago sentimento, che comanda di ornarsi per tutte le
cerimonie, anche le più melanconiche, la Margherita aveva voluto
accomodarsi di un abito nero decente, e ravviarsi, e lisciare i capelli, il
cui nero lucente viepiù spiccava sulla fredda uniforme bianchezza di una
pelle morbidissima ma patita. Sul collo, dove un tempo le perle facevano
gara di candidezza, ora appena le coccole del rosario parevano segnare la
traccia, che fra poco la mannaja solcherebbe. Fra le mani giunte stringeva
la crocetta pendente da quello, senza rimuovere mai gli occhi che già
solevano splendere di giuliva benevolenza, ed ora, sbattuti in dogliosa
spossatezza, non vedevano più che un oggetto, una speranza.
Le sedeva a canto frà Buonvicino, ancor più pallido di lei se era
possibile, con alla mano la crocifissa effigie di Colui che patì tanto
prima di noi, e per noi; e le andava tratto a tratto suggerendo una
preghiera, un conforto: di quelle preghiere che nei giorni della gajezza
infantile c'insegnano le madri, e che rincorrono opportune fin nei momenti
più disastrosi.--Signore, nelle vostre mani raccomando lo spirito
mio.--Maria, pregate per me nell'ora della morte.--Esci, anima cristiana,
da questo mondo che ci è dato per esiglio, e torna alla patria
celeste.--In paradiso ti rechino gli angeli, santificata dai tuoi
patimenti».
Nessuno guardava ad altri che a lei. Benchè sfinita da tanti martirj,
benchè colle traccie in viso della morte vicina, quando la videro
esclamarono tutti:--Oh com'è bella! Così giovane!» e più di una
lagrima cadde in quel punto, più di un sudario di seta coperse gli occhi
delle signore; più di un guanto, usato ad impugnare lo stocco,
asciugò o respinse il pianto che spuntava sul ciglio dei cavalieri. E si
voltavano a guardare verso la tribuna, verso Lucio, se mai sventolasse la
fusciacca bianca in segno di grazia.
Dietro al carro, colle braccia avvinte al tergo, sì stretto che la corda
entrava nella carne, scarmigliato il crine e la barba giovanile, bendata la
testa con un cencio di fazzoletto, in lacero arnese, serrato fra i soldati,
arrancavasi ai piedi zoppicando e doglioso, un altro nostro conoscente,
Alpinolo. Le percosse rilevate la notte della fuga non l'avevano ucciso, ma
solo tramortito; poi, rinvenuto, i medici si adoperarono a restituirgli la
salute, intanto che i giudici si preparavano a togliergli la vita.
In fatti anch'egli venne sottoposto al giudizio, che però, trattandosi
non di un uomo, ma di un soldato, era sciolto da tante formalità, e
affidato alla spicciativa procedura dei suoi capi. Ma questi non riuscirono
mai a farlo parlare: i tormenti più squisiti furono adoperati: come
fosse poco lo slogargli le braccia, gli fu applicato il fuoco alle piante
dei piedi finchè ne scolasse l'adipe; ficcategli delle punte sotto alle
unghie: oppressogli il petto con enorme peso: tutto soffrì senza
contorcersi, senza proferire una sillaba. Soltanto una volta, che gli
spasimi doveano averlo posto fuori di sè, fu inteso proferire queste due
voci, _Poveretta_ e _Padre mio_.
Non appena fu qualche istante lasciato libero, tentò sfracellarsi il
cranio contro delle pareti, onde da quell'ora fu continuamente guardato a
vista. Ma chi egli fosse, nessuno lo sapeva: i camerata lo conoscevano pel
Quattrodita e nulla più: lombardo pareva alla bastarda pronunzia, ma
nè del nome nè della condizione sua non si potè venire in chiaro,
onde colla semplice indicazione di--un soldato per soprannome il
Quattrodita--, venne condannato a dover fare da boja nel supplizio dei
Pusterla, e dopo di loro essere giustiziato anch'egli; il suo cadavere
tratto a coda d'asino alle forche fuori porta Vigentina, e ivi lasciato
impeso per pascolo dei corvi.
Neppur dopo condannato vi fu modo di fargli aprir bocca; se non che,
allorquando fu interrogato, secondo l'uso, se prima di morire avesse nulla
a dimandare, chiese gli si restituisse l'anello che aveva sempre portato in
dito. Quell'anello, unico suo bene ereditario, gli rammentava, se non
altro, di avere avuto una madre, ora che gli toccava di morire senza aver
adempito quella che era stata l'idea fissa di tutta la sua vita, cioè di
trovare l'autore dei suoi giorni: onde, allorchè gli fu esaudita la
domanda, se lo ripose in dito colla devozione di un moribondo.
Quando Francesco e Venturino furono condotti a morte, Alpinolo era stato
trascinato ai piedi del palco, perchè, secondo la sentenza, dovesse fare
le veci di manigoldo. Ma era facile eseguire la condanna in ciò che
concerneva il suo cadavere, non era altrettanto nell'armargli la mano
contro di coloro, che tanto aveva egli fatto per salvare. Intimatogli
quell'ordine ferocemente insensato, e scioltegli le mani, esso entrò in
tal furia, si pose in atto così minaccioso, che n'ebbero di grazia a
legarlo di nuovo, persuasi che, fin quando gli rimanesse fiato, non si
piegherebbe a tanta infamia.
Anche senza di ciò, nel veder sul patibolo que' suoi cari, nel pensare
che avea contribuito a condurveli, considerate come Alpinolo si sentisse
nel cuore! Se non che gli fu di alcuna consolazione il trovare che la
Margherita non era con loro.--La tigre (disse fra sè) rimase satolla col
sangue nostro».
Come ebbe veduto balzare la testa del fanciullo, poi quella del padre,
versando dalle pupille grosse lagrime, più di rabbia ancora che di
dolore, si mosse francamente per porgere il collo al manigoldo, credendo
che allora fosse la sua volta. Ma in quella vece si vide rimosso dal palco,
senza conoscere il perchè, tratto ancora al suo fondo di torre a
macerarsi un altro giorno, compassionando il giudizio veduto, e paventando
la vergogna di un perdono e la gratitudine della clemenza.
Ma al domani fu cavato di nuovo, e il suo tormento giunse veramente al
colmo quando scôrse la Margherita, la sorella di Ottorino, la sua amica,
la signora sua, tratta sul carro dei malfattori a rinfrescare col suo
sangue il sangue del consorte e del figliuolo. Così incatenato ne
seguiva il lento cammino, cogli occhi il più spesso inchiodati a terra,
talvolta balestrandoli sopra la moltitudine, quasi per cercarvi o il
generoso coraggio che strappasse la vittima al tiranno, o almeno la
generosa compassione, il cui fremito è compenso ai più rovinosi colpi
dell'iniquità potente. Ma non avvisando in tutti che una indolente
curiosità, atterrava novamente gli sguardi in atto di fiero disprezzo, e
li riposava su quelli della martire; e allora esalava un sospiro dal più
profondo del cuore.
Come l'onda trabocca al levare della chiusa che la reggeva in collo,
così dietro ai soldati che tenevansi in mezzo Alpinolo, si rinchiudeva
la folla divisa, e si accalcava, ingegnandosi di mettere il passo innanzi a
chi gli aveva preceduti, per vedersi poi oltrepassati anch'essi dai nuovi
che sopravenivano. E già il carro era ristato ai piedi del palco: un
solenne silenzio possedeva la turba spettatrice. La Margherita smontò,
accostossi alla scala--la scala che per lei era quella del paradiso. Il
carnefice, discesole incontro, le porse la lurida mano, come per ajutarla a
salire. Era la mano che, il giorno innanzi, si era intrisa nel sangue dei
suoi diletti! La Margherita, con un fremito istintivo, ma senza odio, la
ricusò, e con passo quanto più poteva sicuro, incominciò a
montare.
Povera martire! non hai finito di patire.
Passava ella in mezzo ai confratelli della Consolazione, quando da uno di
essi, con voce sommessa ma fiera, sentì dirsi:--Margherita, ricordatevi
la notte di san Giovanni».
Come la rana già morta guizza al passar della corrente elettrica,
così la Margherita, che già pareva tolta dalle cose terrene,
trasalì al suono di quel motto; volse lo sguardo, pieno di terribile
maestà e di profondo orrore, sovra il miserabile che aveva parlato, e
traverso ai fori della buffa vide fissato sopra di sè un occhio acuto
come di velenoso serpente.
Quelle parole lo diedero a conoscere anche a frà Buonvicino, il quale
stava a fianco della Margherita: sporse la mano a questa che, vacillando in
atto di cadere, gliela ghermì collo spaventato vigore, onde, nei momenti
che ci strazia un nemico, sentiamo imperioso bisogno di stringerci ad un
fedele. E l'Umiliato, ponendole innanzi alla vista il crocifisso, le
gridava:
--Egli morì perdonando ai suoi uccisori».
Ritenne Margherita le pupille nella devota effigie, le alzò al cielo,
parve riconfortata, e raggiante del presentimento dell'immortalità,
giunse sul funereo palco. Un istante appresso, il carnefice, afferratala
per le nere chiome, presentò al popolo la testa recisa e boccheggiante.
Un fremito universale ruppe la taciturnità: chi diede in pianti, chi
esclamò, chi intonò le preghiere di suffragio; i più vicini
gridarono ai remoti e a quelli che non avevano veduto:--È morta».
Allora, colla furibonda ansietà onde i cani assetati si precipitano alla
fontana, furono visti alcuni correre sul patibolo, raccogliere in una
scodella il sangue che sgorgava dal busto e pioveva dal capo, e fumante
tracannarselo. Erano infelici, tormentati dall'epilessia, i quali credevano
con tale rimedio orrendo guarire dalla più orrenda delle infermità.
Allorchè la Margherita porse il collo al fendente, frà Buonvicino,
messosi con lei in ginocchio, alle orecchie, che fra poco più non
udrebbero, le mormorò gli ultimi conforti; poi, con un atto risoluto,
come chi finalmente esce da lunga situazione penosa, impugnato il
crocifisso, levò con esso le giunte mani al cielo, le abbassò fin sul
tavolato, e si lasciò cadere colla fronte sopra di esse. Il sangue di
quella vittima lo spruzzò. Tutto era consumato, ed egli non si rimoveva
da quell'attitudine. Fu scosso... Era morto.
Così l'angelo destinato a custodia di ciascuno, appena cessa di vivere
quello al cui fianco era stato collocato dalla Provvidenza, compiuta la
divina sua missione, ritorna con esso in Paradiso.
Sulla compassionevole scena tenevano fisso l'occhio due altre persone, con
sentimenti, deh come diversi: Alpinolo e Ramengo, giacchè era lui
appunto il confratello insultatore. Il primo, sotto all'aspetto di
scellerato, copriva un generoso pentimento, un'immensa compassione, che
nella fine lagrimata di quegli esseri virtuosi, gli faceva dimenticare
affatto come, tra pochi momenti, avrebbe anch'egli a seguitarli di là
dei confini della vita.
Ramengo, sotto alla maschera della pietà, celava uno di quei cuori
nefandi, che l'ira di Dio slancia talvolta sulla terra per una prova, e per
un saggio dell'inferno. Guatava egli la Margherita, siccome pago della
spasimata vendetta; e quando mirò spiccato il bel capo, si sporse
avanti, struggendosi di potere, come quegli altri sciagurati, smorzare la
lunga sete col sangue che ne sprizzava, e del quale alcune goccie gli
chiazzarono il bianco vestito; contemplò, numerò, analizzò le
spasmodiche contrazioni della faccia moribonda, il pallore che la occupava
man mano che abbandonavala il sangue, il rotare degli occhi, che, più
sempre affondandosi nelle orbite, parevano ingordi della luce violentemente
rapita; s'immaginò perfino che uno sguardo ultimo lanciassero sopra di
lui, ed esclamò:--Ora sono soddisfatto».
Mentre il carnefice, rimovendo la raschiatura inzuppata di sangue, e
collocando nella bara il tronco esanime, che sotto al suo piede aveva
cessato il doloroso vibrare, esclamava «E uno». Ramengo, girando la
vista, si trovò dinanzi il soldato sconosciuto, che con coraggio cupo e
taciturno montava sul patibolo. Pallido e sbattuto per le ferite del corpo
e dei patimenti dell'animo, la morte istante non lo agitava però, nè
deprimeva la fierezza della sua fronte, somigliante, a quella di un angelo
decaduto, che si orgoglia del suo peccato, e non vuole perdono.
Appena gli vennero sciolte le mani incatenate alle reni, di schianto,
siccome allo sbandarsi di una molla, se le recò alle labbra baciando
l'anello. Quel diamante, fiammeggiando sugli occhi di Ramengo, gliene
dovette richiamare alla memoria uno somigliante, che aveva altre volte
posto in dito alla sua Rosalia, e poi trovato nella capanna di quei mulinaj
sul Po. Questo vago senso e momentaneo si tramutò ben tosto in un fiero
sbigottimento allorchè vide il condannato trarsi l'anello dal dito,
affisarlo teneramente, baciarlo, premerselo al cuore, baciarlo di nuovo;
indi, coll'espressione di chi si divide dalla cosa che più di tutte ha
cara, che anzi unica ormai ha cara sopra la terra, porgerlo al garzone del
manigoldo, e dirgli:--Tieni; dopo morto, va e seppelliscimi presso a quella
santa».
Tra quel fatto, Ramengo avea osservata la mano di Alpinolo, con un dito
meno: il dito appunto che esso aveva reciso al suo figliuolo, allorchè
gli trasse nel suo geloso furore; quel dito, quell'anello, il suono delle
parole misero il colmo alla sua agitazione. Si fece un passo avanti, spinse
il braccio, e rapito l'anello di pugno al manigoldo, esclamò:--Lascia
vedere! lascia vedere!»
Rimase questi attonito all'atto. Alpinolo gli fissò sul viso mascherato
gli occhi tra curioso e indispettito; l'altro, mirando il condannato, fra i
lineamenti scomposti e alterati non esitò a raffigurarlo. Raffigurò
Alpinolo, il figliuol suo,--quello che tanto aveva desiderato, tanto
cercato,--quello che solo poteva restituirlo alle consolazioni dell'amore,
alle speranze della vanità, all'invidia del mondo; lo trovava, ma col
piede sul patibolo, e portatovi da lui medesimo.
Non si ritenne: e come fuor di sè gridando,--Alpinolo, Alpinolo, ti
ravviso», si scagliò tra il carnefice e lui, che già era salito
sul pianerotte. Alpinolo ristette maravigliato nell'udire una voce che a
nome pareva richiamarlo alla vita. Il carnefice, non sapendo spiegare
questa scena, rimase un tratto sospeso, poi gridandogli,--Via, sgombrate,
toglietevi fuor dei piedi», tornava per afferrare la vittima a sè
destinata.
Ma quel rimbaccucato, opponendosegli a viva forza,--No, no, (gridava), egli
non deve morire, no... Egli non è quello che è creduto... Non è un
soldato mercenario... S'è infinto. È il bravo scudiere Alpinolo: quel
desso che salvò il signor Luchino a Parabiago.--No, signori, no... non
deve essere ammazzato così come un assassino.
--Che bubbole mi contate? (ripigliava mastro Impicca.) Sia chi si voglia,
il mio mestiere è di ammazzarlo. Credete che io non sappia far la festa
anche ad uno scudiero? Le vostre ragioni dovevate dirle al signor vicario.
--Sì (replicava Ramengo con ansietà), il signor vicario le sa; non lo
ha condannato: è un puro sbaglio... Per lui mi ha dato l'impunità,
per lui... Aspetta... per carità... un momento... sospendi... Signori
soldati, badate: questo qua, che si finse un vostro camerata, è lo
scudiero Alpinolo, quel che fece prodezze a Parabiago--l'avrete certo
sentito a menzionare, eh? Bene, è desso; e s'è fatto vostro compagno.
Ma voi certo non soffrirete che un camerata vostro vada alla forca.--Udite,
datemi mente.--Non dico di salvarlo ingiustamente: ingiustamente il
lasciereste morire.... Di grazia, fate sospendere un momento... una
mezz'ora sola. Vi prego, vi scongiuro, per le vostre donne, pei vostri
figliuoli... C'è nessuno fra di voi che abbia moglie? che abbia un
figliuolo? Fate che aspettino: chiamate il vostro capitano. Ehi, signor
Melik, lei che è così bravo, così valoroso.... questo giovane non
è quel che credono; lo guardi, non lo conosce? ha combattuto con lei il
giorno di santa Agnese: dov'ella s'è fatto tanto onore. E quando il
signor vicario saprà chi è, li castigherà se l'avranno lasciato
finire a questo modo... perchè egli, il signor Luchino, mi ha rilasciato
lettera d'impunità.--No, non deve morire.--Che? a Milano comanda il
principe o il boja?--Non ha da morire, no!»
E bruscamente respingeva la branca del manigoldo, stesa impazientemente
sopra di Alpinolo. All'ascoltar queste parole recise, affollate, emesse
traverso al panno della visiera col gorgoglio di un fiasco, pel cui collo
angusto si versi l'acqua della pancia capace, con un tono di angoscia, di
affetto, di spavento, i soldati si guardavano l'un l'altro in viso; il
capitano, che non sapea rendersene ragione, facevasi più d'accosto per
conoscere il vero: se Lucio fosse stato ancora presente, sarebbero ricorsi
a lui per nuovi ordini: ma egli, tosto che vide compiuta la sua giustizia,
senza curarsi più che tanto di un soldato, che nè tampoco aveva un
nome, se n'era ito a desinare. Tutto il vulgo spettatore accalcavasi
viepiù da quella parte; e,--Chi è quel mascherone?--che fa colà
tra il boja e il condannato?--cosa predica?--perchè questo ritardo?»
e i più lontani facevano prova di aprirsi un varco a spintoni; quelli
arrampicati sugli sporti o accomodati ai balconi, ai loggiati, alle
finestre, sporgevansi in fuori a guisa dei passeri nidiaci, allorchè
sentono la madre ritornare coll'imbeccata.
Mastro Impicca, sazio dell'indugio, battendo il piede così, che fece
sobbalzare e sonare tutto il palco, esclamò con dispetto:--Ho altro a
fare che dar ascolto alle tue fandonie, mascherone maledetto! Fatti da
banda. In un batter d'occhio te lo spedisco, e dopo gli farai complimenti
quanti vuoi»; e si accingeva a ridurre queste parole in fatti.
Ma Ramengo ripigliava:--No, no. Ti dico che tu non ci hai a far nulla: che
fu condannato in iscambio: Ha il breve d'impunità: gliel'ho ottenuto
io... O che? non deve valere il decreto fatto, firmato e suggellato dal
vicario di un imperatore? Se tu sapessi quel che ho fatto per
ottenerglielo! E ora il frutto di tante fatiche farmelo perdere a questo
modo?»
E perchè il manigoldo, incapace di ragioni come di pietà, metteva
risolutamente le mani alla vita di Alpinolo, Ramengo, inferocito, lo
percosse di tale spunzone nei fianchi, che, cogliendolo improvviso, lo
gettò ruzzolone dal palco. La plebaglia, vedendo a cascare il carnefice,
ruppe in alti schiamazzi, in un batter di mani, in un _bravo! bene!_ come
quando vedeva un bel colpo alla pallamaglio. E Ramengo, lanciatosi al collo
di Alpinolo, vedendo che i soldati si movevano per mettere un termine colla
forza a questa nojosa resistenza,--Signori soldati (esclamava), signor
capitano, voi, gente così generosa, volete ora venire a dar mano al
boja, voi? a fare da boja voi stessi? Vergogna! Io posso farvi del bene.
Dei denari ne ho molti, ne ho troppi--ve li darò--ve ne darò
finchè ne volete, ma deh! ajutatemi, soccorretemi a camparlo. Giù le
mani, canaglia! cosa credete, che egli sia carne venduta al pari di voi?...
Egli è... è mio figliuolo!»
Il condannato fino a quel punto non avea compreso nulla più che gli
altri della pietà inattesa e disinteressata d'uno sconosciuto,
così lontano dall'idea, che purtroppo egli erasi formata della
universale nequizia e vigliaccheria. L'udirlo parlare di impunità,
di grazia ottenutagli, il vedere frapposto un ostacolo alla sua morte,
che anche pei meglio risoluti è un gran passo; la premura
appassionata che traspariva da ogni parola, da ogni gesto di
quell'incognito, lo tenevano assorto e in dubbio, come uomo che sta
sur un filo tra la vita e la morte. Ma appena udì quella parola di
figliuolo, tutto si riscosse, ed esclamò:--Come?... figlio? voi mio
padre?»
Sventurato! mai in tutta la vita sua non aveva inteso dirigersi quella
parola soave; non aveva gustato mai la dolcezza dei domestici affetti;
aveva sempre ambito, ma anche disperato di poter mai dire «O padre
mio». Ed ora--Sarebbe possibile? questo sconosciuto sarebbe il padre
mio? Eppure deve ben essere così. E chi altri se non un padre si
curerebbe di un miserabile già sotto la mano del carnefice?
Quindi con inesprimibile sentimento accoglievasi tutto anch'esso contro
Ramengo, lo abbracciava, trasaliva sotto gli amplessi di lui. Ora sì che
il timore della morte lo invadeva! ora sì che avrebbe voluto ritrarre i
piedi dal patibolo, tornare alla vita, dove gli era preparata una
soavità non assaporata mai; dove non si troverebbe più solitario:
dove all'esser suo si mescolerebbe un elemento nuovo, da cui ogni cosa
restava modificata tutt'altrimenti, e che, togliendogli quel nauseato
dispetto degli uomini ond'era invaso da un pezzo, gli abbelliva i molti
giorni promessigli dalla sua fresca età. Colla fantasia ne scorreva i
casi; sedeva a un convito d'amore ignorato; ritesseva una tela di vicende,
a fianco di un padre, sotto una mano amorevole, che lo esortasse, il
reprimesse, l'applaudisse. Ma se da questo sogno, che in un atomo abbraccia
tanto tempo, ricadeva sul presente, eccogli davanti un ceppo, fumante
ancora d'un sangue prezioso, e dove, fra un istante, anch'egli verserebbe
il suo, sotto agli occhi di una moltitudine indifferente, tra la quale
forse sarà mescolato colui, quell'esecrato autore di tanti mali; e
starà a contemplarlo e sorridere.
A tali immagini, il garzone, pur dianzi così sicuro, sgomentavasi come
il fanciullo all'idea del fantasma, e altrettanto abborrendo dalla
distruzione quanto prima l'avea desiderata, ascondeva la faccia contro il
seno dello sconosciuto, e ripeteva angosciosamente:--Padre, salvatemi.
Sì, sono Alpinolo; sono il figliuol vostro; salvatemi».
Queste parole inferocivano il vigore di quell'altro, il quale con una
smania rabbiosa lo cingeva delle braccia convulse, strideva, chiamava il
cielo, chiamava gli uomini, implorava pietà, giustizia...
Pietà, giustizia implorava egli!
Ma il conestabile Sfolcada Melik, nojato ormai di questo indugio,--Suvvia,
(disse ai soldati) non sia mai detto che lasciaste ritardare la giustizia
da un mascalzone. Animo: traetelo di là, e avanti».
Si mossero eglino di fatto, e tolsero in mezzo Alpinolo, il quale allora,
dato nelle furie, cominciò a menar calci e pugni, mordere, graffiare,
sinchè, sferratosi, riuscì a strappar di mano ad uno la mazza
ferrata, e disposto a far le forze estreme, cominciò con essa a lavorare
di qualità, che mal per chi l'accostava. I soldati, che, da quella notte
in poi, sapevano come pesassero le costui braccia, impacciati anche
dall'angustia e dal barcollamento del palco, davano indietro, intanto che
Ramengo, collocatosi in mezzo della scaletta, come per abbarrarla del suo
corpo, gridava in risposta al conestabile:--A chi mascalzone? Mascalzone
sei tu, tedesco venduto! Io, sai chi sono io?» E stracciandosi d'in sul
viso il cappuccio, si scopriva esclamando:--Sono Ramengo da Casale; impara
a rispettarmi!»
L'alterazione prodotta della maschera e da una situazione così strana,
non aveva lasciato che Alpinolo riconoscesse alla voce chi fosse il suo
protettore. Ma come lo intese nominarsi, come, sospendendo un terribile
colpo su cui abbandonavasi a due mani, si volse, e raffigurò quella
faccia, la faccia che gli era fitta nella memoria siccome quella di un
demonio, si tramutò a guisa di un uomo, il quale mentre accarezza e
palpa il suo fido cane, tornato dopo lunga assenza, ascoltasse taluno
gridargli:--Bada che è rabbioso».
Slanciò la mazza sul palco, e cogli occhi stralunati, colle braccia e
gli indici protesi rigidamente verso di lui, profferì:--Ramengo! voi mio
padre!» Mandò un urlo disperato, levò la faccia al cielo, colle
mani fra gli irti capelli, indi, invano rattenuto da quell'altro, che a
guisa di energumeno smaniando, divincolandosi, pregava, bestemmiava,
chiedeva perdono, corse egli stesso a furia, a sottoporre il capo al
fendente.
Un minuto dopo, il disciplino tenevasi boccone, abbracciato ai piedi di un
cadavere, seguitando a prorompere in urli, in pianti, in imprecazioni--ma
chi l'avrebbe compassionato? era una spia.
I confratelli della Consolazione intonarono la preghiera dei defunti, e
levando il feretro, più carico del preveduto, si avviarono a Santa Marta
per darvi sepoltura. Il popolo, rispondendo a quelle preci, sfollava dalla
piazza e si diramava anch'esso, per le varie stradelle, cedendo il passo a
nuovi curiosi, che a fiotti si avvicinavano al patibolo per vedere, se non
altro, gli apparati e gli avanzi, ed informarsi di quell'ultima scena. Poi
ritornarono ciascuno alle occupazioni della giornata, fra le quali più
di uno usciva tratto tratto esclamando con un sospiro:--Povera signora!»
--Un bel colpo!» diceva un altro.--La non deve aver patito nulla. Non si
può dire che i nostri signori non ci mantengono uno dei carnefici meglio
esercitati.
--Hai visto (aggiungeva un terzo) con che divozione, prima di sottoporre la
testa, ella baciò il Crocifisso?
--E non volle (replicava un altro) che il boja le levasse il fazzoletto dal
collo».
Qualche femminetta soggiungeva:
--Ma! a quest'ora la sarà in purgatorio a mondarsi dei suoi peccati. Il
Signore è misericordioso.
--E quel frate (riflettevano altri) se era sì dolce di cuore non dovea
far quel mestiero di assistere i giustiziati. Manca gente avvezza a queste
funzioni? Si sa: non tutti son buoni per tutto».
Un altro intanto aggiungeva:--Che cosa poi saltasse in mente a quel
disciplino di non voler lasciare, come dice il mio padrone, libero corso
alla giustizia, vattela accatta.
--Avrà creduto di far un'opera di misericordia», rispondeva lo
scaccino della Passerella.
--Oh, sta a vedere! (tornava su il primo) Che ci ha a fare la misericordia
coll'impedire che si ammazzi? Opera di misericordia è seppellire i
morti, dico io.
--Per me (udivasi qualche giovane) è la prima che ne vedo di queste, ma
sarà anche l'ultima. Gesummaria! alla notte mi tornerà sempre sugli
occhi quella figura, quel tronco, quel sangue...» e rabbrividendo si
copriva il viso.
--Tutto sta ad assuefarsi» rispondeva un uomo maturo.
Ma questa era la ciurma, ignorante e brutale a segno da trarre curiosa a
tali miserie. Che se la storica verità ci costrinse a rivelare, pur
troppo al vero, quel vulgo, ci è di soddisfazione l'assicurare come la
razza dei generosi non fosse scarsa, frammezzo agli insultanti dominatori e
ai vili depressi; sconosciuta da questi, sospetta a quelli, ma destinata a
far fede della virtù, allorchè i casi umani trarrebbero qualcuno a
rinnegarla indispettito. Con fremito virile, e con dignitoso compatimento,
riguardarono essi quel caso come un pubblico lutto, una lezione, un avviso;
parte abbandonarono la città, perchè non sembrassero tampoco colla
loro presenza autorizzare l'assassinio legale; alcuni vestirono a lutto;
altri manifestarono anche in aperte voci l'indignazione, ed erano gli
stessi che avevano disapprovato il Pusterla finchè lo credettero
cospiratore.
Le madri poi, le buone madri lombarde, narrando quel caso ai raccolti
figliuoli, e commovendoli a pietà, facevano loro suffragare i poveri
condannati, e ripetevano:--Preferite di esser la Margherita sul patibolo,
che non Luchino sul trono».
Così quel giorno tutti parlarono della meschina, del frate, del
disciplino; molti ne discorsero anche il domani, più pochi il terzo
dì; poi nuovi mali, nuovi casi, nuovi supplizj vennero ben tosto a far
dimenticare quei primi, a destare nuove curiosità, nuova compassione,
nuove ciancie.
La scena si fu alla Corte, allorquando, ritornato Luchino a Milano,
Grillincervello si pose dinanzi a lui ad atteggiare quel supplizio, ora
contraffacendo con attucci e moine la rassegnata devozione della Margherita
e la profonda pietà di fra Buonvicino,--tanto è facile volgere in
riso le cose più serie e le più sante!--ora smaniando e armeggiando
come aveva fatto Ramengo, eccitando al riso la brigata, e riscotendo gli
applausi di quelli che ne erano stati testimonj oculari, e che
esclamavano:--E' fa tal quale».
Luchino ne rise più degli altri, ma uno storico soggiunge che quella
notte non dormi.
Chi può averlo detto a quello storico?
Poi anche alla Corte, come in città, a breve andare tutto fu messo in
dimenticanza. Di fatto, al raccor dei conti, che cosa era succeduto? Alcuni
innocenti in aspetto di rei eran stati percossi dall'iniquità in aspetto
di giustizia: accidente tanto solito nella società--d'allora--, che non
poteva destare nè mantenere a lungo l'interesse, non che l'orrore.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Margherita Pusterla: Racconto storico - 32
- Parts
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 01Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4366Total number of unique words is 201835.2 of words are in the 2000 most common words49.1 of words are in the 5000 most common words57.3 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 02Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4394Total number of unique words is 196435.7 of words are in the 2000 most common words50.5 of words are in the 5000 most common words57.8 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 03Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4461Total number of unique words is 183233.1 of words are in the 2000 most common words48.6 of words are in the 5000 most common words56.0 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 04Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4448Total number of unique words is 205032.8 of words are in the 2000 most common words47.1 of words are in the 5000 most common words54.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 05Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4478Total number of unique words is 194036.3 of words are in the 2000 most common words51.8 of words are in the 5000 most common words58.9 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 06Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4403Total number of unique words is 195336.2 of words are in the 2000 most common words51.0 of words are in the 5000 most common words59.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 07Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4490Total number of unique words is 192936.3 of words are in the 2000 most common words50.0 of words are in the 5000 most common words57.9 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 08Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4559Total number of unique words is 196035.4 of words are in the 2000 most common words48.5 of words are in the 5000 most common words56.4 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 09Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4486Total number of unique words is 192633.7 of words are in the 2000 most common words47.5 of words are in the 5000 most common words54.4 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 10Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4536Total number of unique words is 187730.3 of words are in the 2000 most common words42.8 of words are in the 5000 most common words50.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 11Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4473Total number of unique words is 198934.0 of words are in the 2000 most common words48.8 of words are in the 5000 most common words56.3 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 12Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4462Total number of unique words is 196632.8 of words are in the 2000 most common words46.6 of words are in the 5000 most common words54.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 13Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4446Total number of unique words is 185934.7 of words are in the 2000 most common words49.5 of words are in the 5000 most common words56.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 14Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4449Total number of unique words is 187935.9 of words are in the 2000 most common words50.6 of words are in the 5000 most common words58.2 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 15Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4492Total number of unique words is 188435.1 of words are in the 2000 most common words49.7 of words are in the 5000 most common words57.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 16Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4451Total number of unique words is 191632.2 of words are in the 2000 most common words45.7 of words are in the 5000 most common words53.0 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 17Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4401Total number of unique words is 194533.8 of words are in the 2000 most common words47.5 of words are in the 5000 most common words55.2 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 18Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4543Total number of unique words is 187236.1 of words are in the 2000 most common words49.7 of words are in the 5000 most common words56.4 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 19Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4523Total number of unique words is 196435.3 of words are in the 2000 most common words49.1 of words are in the 5000 most common words55.9 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 20Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4452Total number of unique words is 202531.5 of words are in the 2000 most common words46.9 of words are in the 5000 most common words53.9 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 21Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4502Total number of unique words is 196137.1 of words are in the 2000 most common words52.1 of words are in the 5000 most common words59.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 22Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4433Total number of unique words is 193536.1 of words are in the 2000 most common words50.2 of words are in the 5000 most common words58.6 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 23Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4419Total number of unique words is 195335.4 of words are in the 2000 most common words49.6 of words are in the 5000 most common words57.5 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 24Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4571Total number of unique words is 188434.8 of words are in the 2000 most common words49.1 of words are in the 5000 most common words56.3 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 25Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4421Total number of unique words is 196333.5 of words are in the 2000 most common words48.8 of words are in the 5000 most common words56.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 26Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4490Total number of unique words is 190633.8 of words are in the 2000 most common words47.7 of words are in the 5000 most common words54.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 27Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4484Total number of unique words is 195532.6 of words are in the 2000 most common words45.5 of words are in the 5000 most common words53.7 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 28Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4475Total number of unique words is 183835.5 of words are in the 2000 most common words49.4 of words are in the 5000 most common words57.2 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 29Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4445Total number of unique words is 189333.2 of words are in the 2000 most common words48.3 of words are in the 5000 most common words57.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 30Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4450Total number of unique words is 193033.6 of words are in the 2000 most common words46.8 of words are in the 5000 most common words54.1 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 31Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4463Total number of unique words is 180832.8 of words are in the 2000 most common words46.8 of words are in the 5000 most common words54.0 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 32Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 4232Total number of unique words is 207730.1 of words are in the 2000 most common words43.1 of words are in the 5000 most common words49.4 of words are in the 8000 most common words
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 33Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.Total number of words is 320Total number of unique words is 24652.4 of words are in the 2000 most common words62.0 of words are in the 5000 most common words68.0 of words are in the 8000 most common words