Margherita Pusterla: Racconto storico - 30
lasciarle fra poco, ma vi si era ella forse attaccata più di quello che
fosse necessario per conoscerle e trascurarle? Pensava ai suoi cari, e
consolavasi di doverli presto rivedere in paradiso. Rincorreva il suo
passato; non le pompe e gli illustri natali e la decantata bellezza e le
magnificenze invidiate le tornavan ora in mente, ma lacrime terse,
opportuni consigli, pietà profusa, ingiurie perdonate, risparmiati
disgusti, li conosceva un tesoro riposto e vicino a fruttare.
Quello spiro d'aria più fresca, che suole mettersi sull'avvicinare
dell'alba, la riscosse con un brivido molesto: e le corsero al labbro
queste parole:--Che freddo avrà il mio Venturino colà alla campagna
aperta!»
Erano voci strappatele dall'istinto, che la ragione trovava vaneggianti, ma
non provava per assurde. Affacciossi quindi alla finestruola, e pose mente
al primo biancheggiare dell'alba, colà verso i monti della bergamasca;
un cielo limpido, soave, d'un tremulo sereno, qual suole nelle prime
mattine dell'ottobre invitare ai passeggi, alle caccie, alla giuliva
faccenda delle vendemmie. Dappertutto alla pompa dell'estate era succeduta
la fantastica pacatezza dell'autunno. Una rugiada biancheggiante luccicava
sugl'incurvati steli delle erbe nei prati intorno, e sulle tremule foglie
dei pioppi che in lunghi filari stendevansi per la campagna, agitandosi e
sibilando come sentissero la vita, come salutassero l'avvicinarsi del sole,
così caro dopo le notti già lunghe e più che fresche.
La Margherita si affissò in quello spettacolo:--L'ultima aurora che io
vedo!»
Così ogni cosa le rammentava come tutto fosse sul punto di finire; il
rammentava a un'anima, che dalla nascita porta in sè l'orrore della
distruzione, il desiderio della immortalità.
Ma a che vorrei io provarmi di ridire che cosa passasse nell'anima di essa?
quante memorie e affetti e tormenti e desiderj e pensieri terreni e celesti
si affollassero, si mescessero nella sua mente? Mille e mille soffersero,
se non in quel grado, però a quel modo: l'uomo li compianse, e ne crebbe
il numero.--Affrettiamoci alla fine.
Non appena albeggiò, frà Buonvicino presentossi all'uscio della
cameretta, e ritenne il piede sulla soglia in riverente e pietoso silenzio
contemplando la Margherita che pregava.
La lanterna, ch'egli recavasi in mano, lasciando lui e tutto il resto nel
bujo che colà entro dominava ancora, raccoglieva i raggi sopra la
Margherita, la quale così pareva alcuna cosa più che mortale. Erasi
ella inginocchiata sul nudo pavimento, china la fronte sopra le mani
giunte, e queste, appoggiate sur una sedia, avevano intrecciato fra le dita
un rosario di cui stringevano la crocetta:--quel rosario stesso, quella
croce, che con sì paziente cura avea frà Buonvicino medesimo
intagliati nei primi giorni di sua conversione, e che aveva a lei
presentato mentre dimorava in una ricca casa, cinta da ogni maniera di
agiatezze e di eleganze, applaudita, contenta, fortunata, con a fianco il
marito e sulle ginocchia un bambino, il quale cianciugliando la chiamava
madre. Ed ora? quel marito, quel fanciullo erano sotterra, e fra pochi
istanti ella pure sarebbe precipitata con loro. Osservandola frà
Buonvicino con questi o simili pensieri, più e più gli si affondava
l'occhio, si affilavano le scarne guancie, simili a un ruscello, ove
l'assidua vampa del sole disseccò ogni umore, non lasciando che l'arido
solco. Attento in lei, non ardiva turbare quello stato, che somigliava a
calma. Anzi sarebbesi detto che ella dormiva, se tratto tratto un guizzo
convulso, che le correva dal capo alle piante, non avesse dato troppo segno
che ella vegliava, pativa.
--Sia lodato Gesù», pronunziò finalmente il frate con voce fioca e
sommessa, alla quale risentitasi, la Margherita levò il capo, balzò
di scatto in piedi, e facendosegli incontro colle braccia tese, dimandò
col tono dell'angoscia:--O padre, vi è qualche speranza?»
Così questo balsamo, che natura preparò agl'infelici, come il latte
della nutrice all'egro bambino, mai non vien manco fino all'ultima ora
della vita. Il frate sospirò, alzò la destra e gli occhi al cielo, e
proferì:--Lassù sono le speranze che non falliscono».
La faccia della Margherita, cui una viva fiamma aveva tutta colorita, di
nuovo si fece pallida come tramortisse: giunse le mani; anch'ella eresse al
cielo gli occhi lagrimosi, ed esclamò:--Signore, la vostra volontà e
non la mia».
I conforti, le orazioni dei giorni antecedenti furono rinnovate in questo,
tanto più vivamente quanto più sentivasi l'uno e l'altro vicini a
separarsi fra loro e dalla terra, per ricongiungersi a Dio.
Frà Buonvicino offrì in presenza di lei il sacrifizio dell'altare, la
commemorazione quotidiana del Giusto immolato per la verità, per la
redenzione degli uomini, coi quali aveva diviso il pane e le miserie.
Poichè il sentimento dei proprj mali non toglieva alla Margherita di
conoscere e valutare gli altrui, si accorse a troppi segni dell'ambascia
morale onde era compreso frà Buonvicino, e pregò Dio di dargli forza
al passo tremendo. Dopo che il frate le ebbe comunicato il pane degli
angeli, la travagliata si rasserenò; e, munita di viatico sì
prezioso, stette con lui ragionando del nulla di questo mondo, delle gioje
a venire, dell'incontro coi suoi cari in grembo al vero amore.
Se io riferissi quei discorsi, sarebbero di edificazione alle anime pie:
potrebbero forse, in terribili momenti di lotta e di scoraggiamento, recar
ristoro a qualche accorato; ma che direbbero i lettori, che diranno già
essi di un racconto, ove i più cercavano forse null'altro che il
passatempo spensierato o un rimedio o un palliativo a quella micrania
dell'anima, la noja, e invece vi trovano la riflessione e la religione?
Dai pii ragionamenti furono scossi quei due pietosi al tocco di una campana
a martello.
Trasalì la poverina; il frate si fece come se gli avessero confitto un
pugnale nel cuore. Avevano entrambi indovinato esser l'agonia che, per lei,
per lei sana, batteva la squilla del Broletto, ove doveva succedere
l'esecuzione. Intanto uno spesseggiar di passi, un affaccendarsi di
persone, un tirare di catenacci, lo scricchiolare d'un carro, davano avviso
che era giunto il gran momento. La Margherita s'inginocchiò, e volle che
di nuovo frà Buonvicino le compartisse l'assoluzione, e come in articolo
di morte, chiamasse sopra di lei la benedizione del Signore. Il frate,
levato in piedi, con solenne dignità di voce e di atto, protese le
braccia, e spiegate le palme sopra il capo inchinato della donna, colla
fronte supina, pallida sì, ma inondata di quella fiducia, che non
alligna se non in chi crede e teme e spera altre cose che le mortali,
pareva che congiungesse il cielo cui tenea levato lo sguardo, con quella
penitente su cui ne invocava la misericordia e le retribuzioni. Margherita,
in ginocchio avanti ad esso, colle braccia incrociate sul seno e le bianche
mani che spiccavano sopra il nero vestito, piegando il collo in
atteggiamento di compunta rassegnazione, ricevea quelle parole tremende e
consolatrici. La lanterna, posata sullo scannello e divenuta pallida per la
luce cresciuta del giorno, guizzando ad ora ad ora come sullo spegnersi,
vibrava attorno alla testa della bella pregante un'aureola di tremoli
raggi, qual si dipinge in giro al viso dei santi.
Ella ascoltò, segnossi, indi sorse come chi, avendo posto assetto ad
ogni affar suo, si muove ad un lungo viaggio, da cui più non deve
ritornare. Ma il frate allora cadendole ai piedi,--Signora (esclamò) fin
qui ho adempito al sublime ministero di sacerdote dell'Altissimo. Ma io son
uomo; io sono un peccatore miserabile: voi siete una santa. O signora!
prima... prima di... vogliate dirmi che mi perdonate... mi perdonate se un
tempo, io sciagurato, insidiai alla vostra virtù. Voi la conservaste.
Benedetta! che così avete procurato a voi, a me tali consolazioni in
quest'ora tremenda.
--Sì, benedetto Iddio», rispose ella con languida ma soavissima
favella.--Fu dura la battaglia allora: temetti non bastarvi incontro: ma il
Signore ci ajutò; e diede a voi fermezza di generosa risoluzione.
Perdonarvi?»
E singhiozzando gli posava le candide mani sovra la testa piegata.--Perdono
io non devo accordare a voi, che non mi offendeste. La vostra memoria mi
restò sempre come schermo contro gl'inganni del mondo. Nei pericoli
della gioja, fra i sinistri consigli del dispetto, io ripensava ai vostri
nobili patimenti, io mi ripeteva, _Che ne dirà Buonvicino!_ Ed ora che
son qui... Ah! di quel che vi devo non potrà retribuirvi che Dio».
Lo rilevò di terra, gli mostrò quel rosario, quella croce; e
baciandola aggiungeva:--Quando voi me la donaste, vi ricorda? Voi mi facevi
l'augurio che un giorno potesse tornarmi di consolazione. Quel giorno è
venuto... così diverso da quanto nè io nè voi nè altri avremmo
allora potuto figurarci... e le consolazioni mi sono abbondate! Amico, io
voglio morire con questa corona sul petto. Dopo che... io sarò... voi
stesso levatemela dal collo.--Ah! il collo allora non l'avrò più... E
serbatela sempre, in memoria della povera Margherita, che tanto e sì
bene amaste».
Tacque, pianse, poi facendosi nuova forza, ripigliò:--Al signor Luchino
andrete voi; voi stesso, ve ne prego: fate anche questo sacrifizio per me.
E direte che gli perdono: Troverà egli superba questa parola? Ditegli
che in paradiso pregherò per lui... che abbia compassione della mia
povera patria. È questo il voto di una morente».
Qui nuovo silenzio, nuovo pianto, da cui la destò un altro botto della
campana ferale; onde riprese:--Buonvicino, amico mio, vero amico... addio!
addio! ci troveremo in cielo, e presto!»
Si sforzò di proferire con fermezza queste parole, ma il singhiozzo
gliele ruppe in gola: il frate ripetè «Presto!» indi si trasse il
cappuccio sugli occhi, e s'avviarono.
Già in piazza de' Mercanti era stato raccolto un visibilio di popolo, o
dalla curiosità, o dal non sapere che altro farsi, o dal gusto plebeo di
contemplare la soffrente natura, o dal contento di vedere una giustizia o
una vendetta. Il caso, non così frequente, d'una donna condotta al
supplizio, fece trarre anche più gente del consueto.
Da un giuggolo, o come diciamo noi lombardamente _zenzuino_, aveva preso
nome un'osteria, presso alla quale erano il ricetto delle male femmine,
cinto di mura, e la casa del carnefice, dietro al palazzo di giustizia, ove
durò fin testè. Da quell'osteria, da quel lupanare molta gente
sbucò quando videro mastro Impicca avviarsi cogli orribili attrezzi del
suo mestiere, e sempre nuova turba gli si affilava dietro per la strada.
Gli artieri, smettendo il lavoro s'invitavano uno coll'altro.
--Dove vai?
--Al broletto nuovo a vedere. E tu, non ci vieni?
--Un momento, e verrò anch'io».
I garzoncelli erano svignati dalle botteghe; le madri accorrevano portando
in braccio i pargoletti, affinchè abbandonati non piangessero; i signori
venivano a cavallo facendosi largo fra la pedonaglia, ed eccitando le
maledizioni di quelli a cui si piantavano davanti; ed era una pressa
d'arrivare i primi, di farsi più vicini, di collocarsi più
opportunamente.
Già in altra occasione ebbi a divisarvi la piazza dei Mercanti, quella
che allora dicevano il Broletto nuovo.
Delle due piazze, in cui esso rimane diviso per via del Palazzo della
ragione, quella a libeccio, che sin qua conservò maggiori vestigia
dell'antico, era appunto destinata al supplizio dei nobili (i plebei si
giustiziavano al _prato delle forche_ verso Vigentino): poichè la
civiltà, nè troppo affinata nè abbastanza ipocrita, non si dava
gran pensiero di allontanare il boja dal giudice, il luogo della sentenza
da quello dell'esecuzione. Un palco di tavole posticcio innalzavasi dal
mezzo, affinchè maggior numero di gente potesse godere la scena, e su
quello veniva disponendo ogni cosa il manigoldo, uomo adusto e tarchiato, i
cui robusti muscoli pronunziati si poteano contare, e vedeansi guizzare
sotto l'abbronzita pelle del corpo, non coperto che da due rozze brache di
pelle, strette alla carne. Fra goffi sghignazzi stava egli col suo garzone
saldando due assi fra cui doveva inginocchiarsi la paziente, librando la
mannaja con cui doveva farle balzare la testa saggiandone il filo,
esercitandovi il braccio.
--Ehi mastro Impicca, questa scala tentenna», diceva il fattorino.
--Lascia pure, lascia (rispondeva il manigoldo). Quei che ci salgono non
badano tanto per la sottile: quando discendono, non se la sentono sotto ai
piedi».
Alcuni soldati, antichi compagni di Alpinolo, i quali, ordinati dal
connestabile Sfolcada Melik a piedi della scala e intorno al palco,
contenevano la folla, ridevano a quegli scherzi, applaudivano a' bei colpi
che colui trinciava in aria; si ricambiavano le più lepide celie con
un'indifferenza assassina, della quale ho trovato poco migliore, sopra un
campo diverso, la serena tranquillità con cui un logoro damerino scherza
sui sentimenti di una bellezza appassionata, facendole stillar sangue col
carezzarle gentilmente una piaga infistolita.
Il più limpido sole che possa vedersi in Lombardia nelle migliori
giornate della vendemmia, inondava d'una bianca luce e d'un mite calore le
fosche pareti del Broletto, e risaltava sopra quella mobile decorazione di
teste, la più parte scoverte, sopra petti ignudi di robusti operaj,
sulle intarsiate carnagioni di donne vulgari, sui frustagni e le mezzelane
dei braccianti, a cui facevano contrasto i variopinti mantelletti dei
nobili, le piume ondeggianti dei berretti di velluto, il luccicare delle
corazze e dei bruniti morioni. Pieno stivato era lo spazzo; le altane e gli
sporti dei tetti circostanti erano orlati di faccie curiose: alcune dame
(ho a dirlo?) avevano fatta ressa di trovare un balcone, un terrazzino, da
cui potessero mirare quella infelice, ed onorarla di loro commiserazione.
Arrampicati sugli sporti, spenzolati dalle ferriate, saliti uno sulle
spalle dell'altro, i ragazzetti facevano dispregi ai vicini, lanciavano
motti ai lontani, davansi scappellotti nascondendo la mano, come si fa in
grande nella società. Qualche madre, mostrando al suo fanciulletto
quell'apparecchio di morte, gli dicea:--Vedi quell'uomo lassù, colla
barbaccia così nera e la cotenna così rossa? È quel che mangia i
cattivi in due bocconi: è il bau: è il demonio; e se piangerai, ti
porterà via».
Il fanciullo sbigottito gettava le tenere braccia attorno al collo di sua
madre, e celava il viso nel seno di essa.
Alcun altro facendosene nuovo, forse chi sa? per un ultimo resto di
vergogna d'essere vanuto a bella posta,--E chi è (domandava) che hanno
da giustiziare?
--L'è (rispondeva il fortuito vicino) la moglie di quel che hanno fatto
morir jeri.
--Ah, ah! (soggiungeva un terzo) dunque la madre di quel piccolino, che
hanno ucciso insieme col signor Pusterla.
--Che? (ripigliava il primo) hanno ucciso anche un piccolino?
--Sicuro di sì (entrava una donna): e che bel ragazzino! due occhi
azzurri come questo cielo: un visetto da Gesù bambino; capelli poi, che
parevano oro filato. Io mi sono voluta mettere proprio da piè della
scala, per farlo vedere a questo mio figliuolo ch'è qui, affinchè
tenga a mente come Dio castiga i cattivi: e per questo ho veduto ogni cosa.
--Contatela anche a noi: contatelo, comare Radegonda».
E la Radegonda, superba d'intrattenere un crocchio,--Conterò (diceva).
Quando fu là... ma per carità, fate un po' di largo: volete
soffogarmi il mio Tanuccio? E sicchè, allorquando si trattò di
montare su per la brutta scala, a vederlo quel fanciullo! non voleva a
nessun patto; puntava i piedi, strillava, piangeva...
--E come forte! (interrompeva il Pizzabrasa). Lo si sentiva fin là dalla
loggia dei Mercanti, dov'io m'ero annicchiato; e chiamava, babbo, mamma!
--Tal e quale (ripigliava la donna); e che aveva paura di quel ceffo
così brutto, tendendo il ditino verso mastro Impicca. Suo padre
singhiozzava che non poteva parlare: ma il frate confessore gli si
abbassò all'orecchio...
--Anche questo ho veduto», tornava il Pizzabrasa ad interromperla; e
smanioso di far pompa di sue empiriche cognizioni, proseguiva:--E i biondi
capelli del bambino si mescolavano colla barba e colla nera chioma
dell'Umiliato, che parevano i ghirigori d'oro s'un coltrone da morti. Ho
visto anche come il bambino accarezzava il frate, mentre questo gli
parlava: e il frate...
--Come si chiama il frate?» dava su quel primo, che per sistema facevasi
ignaro di tutto, e parlava sempre col punto d'interrogazione. Allora
rispondeva una figura, vestito mezzo da prete, con faccia di devota
presunzione, ed era lo scaccino della Passerella:--Egli è quello che
predicò la quaresima passata in Santa Maria dei Servi. Avrebbe
convertito anche un re Erode. Ma i tempi sono guasti, e profittava nè
più nè meno che se predicasse al deserto.
--Ma il nome?
--Buonvicino, dei frati della ricchezza di Brera. Ma le ricchezze ch'egli
cerca, come ripete sempre il mio signor curato, non sono di quelle che si
acquistano col tessere panni. Lo conoscete il mio curato? quello è un
uomo! chiedete, domandate, egli sa tutto a mena dito... e...
--Ma cosa diceva il frate al bambino?
--E lui cosa rispondeva?
--E suo padre cosa faceva?» interrogavano tra molti, non badando ai
panegirici del sacristano, più che a quelli d'un giornalista.
Qui la Radegonda, ch'erasi alquanto indispettita di aver perduta la
tribuna, contentissima ora di poterla riprendere quando nessun altro poteva
dar ragguaglio, così ripigliava:
--Piano, piano: parlate voi o parlo io? Certuni vogliono ficcar il naso, e
ne sanno un pien sacco. Cosa volete che il frate gli dicesse? Che andasse
con coraggio; che da lì a un momento sarebbe cogli angeli in Paradiso.
--E il fanciullo?
--E il fanciullo a non volere; e dire, _Lo so; il paradiso è un bel
luogo; vi sono gli angeli; vi è il Signore; v'è quella cara Madonna:
ma io voglio star qui con mio padre e colla mia mamma: voglio star qui con
loro_, replicava e piangeva.
--Santa innocenza!» esclamava per istinto di compassione e non senza
qualche lagrima, alcuno degli astanti, il quale poi, a interrogarlo se quel
bambino fosse stato ben ucciso, avrebbe risposto di sì a non dubitarne.
E la narratrice proseguiva:--Allora il frate--chi non l'ha visto! Sapete
quando alcune volte, all'estate, la moglie del diavolo fa il bucato, che
piove e nell'istesso tempo dà il sole? Così era il viso del frate.
Gli cadevano dagli occhi lagrime grosse come i grani d'un rosario, e
tutt'insieme sorrideva come un angelo anche lui. E poi diceva al ragazzino:
_Tuo padre viene con te in paradiso_.
Il fanciullo lo guardò con occhi consolati, poi richiese: _Ma la
mamma?--La mamma_, rispondeva l'Umiliato, _verrà anch'essa tra poco_.
Allora il bimbo: _Dunque se io stessi al mondo rimarrei senza di loro?_ E
come il frate gli disse di sì, egli si pose co' suoi ginocchi a
terra...»
Qui il singulto smentì l'ostentata franchezza della narratrice, che
quasi vergognavasi d'avere o di mostrar compassione di condannati, come una
damina di piangere al teatro; e il Pizzabrasa proseguiva:--Si mise a
ginocchi, alzò al cielo due manine piccole, piccole e bianche come di
cera, e intanto il manigoldo gli tagliava i capelli, e gli faceva i bocchi
per mettergli paura.
--Quanto avrei pagato ad essere presente:» Saltava su qualche
circostante. «Mi piacciono tanto queste scene così affettuose!
--E perchè non venirvi?» gli chiedeva un vicino.
E l'altro:--Che volete? m'è toccato andare fin laggiù a San Vittor
grande, a portare una briglia e una sella che avevo raccomodate.
--Ma però (ridomandava il primo interlocutore) avrete visto a far la
fattura ad altri.
--Oh certo; ma a donna mai.
--Io (tornava a parlare lo scaccino della Passerella) io ho veduto quando
hanno giustiziato la Mainfreda, quella scolara della Guglielmina, che
voleva farsi papa. Lo Spirito Santo incarnato in una femmina, e i preti e
il papa donne! Si può dar di peggio!»
E qui, colla facilità onde la compassione suole distrarsi dalle sventure
non sue, voltavano il discorso sulle tonsure che le costei seguaci si
facevano in mezzo alle treccie: su quel nascondiglio al terraggio di Porta
Nuova, dove femmine e maschi si congregavano, e poi spegnevano i lumi e
buona notte.
Altri spettatori frattanto di maggiore calibro discorrevano sulla colpa de'
condannati.
--Che giustizia, eh, quella del nostro vicario!» esclamava Malfiglioccio
della Cocchirola, il quale, fallito nel suo mestiere, or dava pareri ai
governanti.--Se meritano castigo, neppure a' suoi parenti egli la perdona.
--Erano gente senza religione», diceva un chierico in aria contrita.
--Ma se contano all'incontrario che l'uomo era fuggito ad Avignone per
intendersela col papa.
--Se era ad Avignone, perchè non starvi?
--Era dunque un guelfo marcio.
--Guelfo? (ripigliava il Malfiglioccio). Coteste le son novelle sparse per
dare pasto a voi, gente grossa che credete. La sarebbe curiosa che fosse un
peccato pei Milanesi l'essere guelfi. Per l'abbondanza che ci recarono
quegli imperatori e i loro Ghibellini! tanta da averne troppo per odiarli e
noi e i nostri figli e i figli dei nostri figli.
--Eh, voi non dite male (riprendeva il primo). Ma i nostri padroni amano
più stare attaccati all'imperatore che non al papa: perchè quello
è lontano e non dà fastidio; e se commettono birbonate non li
scomunica.
--Zt,» faceva un altro ponendosi il dito sul naso; poi con voce sommessa
seguitava:--Se ho a dirvela, io so da uno di quelli che hanno mano in
pasta, che i giustiziati di adesso e cotest'altri dipinti là sul muro,
avevano fatto una maledetta trama per venderci agli stranieri, per metterci
sotto la dominazione degli Scaligeri di Verona.
--Come? di queste? dite vero? Cosa ci hanno a fare gli Scaligeri ed i
Veronesi con noi? Noi si vuole il biscione, e Sant'Ambrogio» gridavano
zelanti patrioti. E--Viva il biscione, Viva Sant'Ambrogio» ripetevano
molti altri: il qual grido dai fautori del principe veniva interpretato per
un'espressione di popolare consentimento all'atto che si stava per
eseguire.
Non mancavano però di quelli che, senza impacciarsi colla politica, ne
tiravano della morale brava e buona, ripetendo ai loro vicini:--Ma! non so
che dire. Colpa loro se sono stati così gonzi di lasciarsi acchiappare.
I delitti si vogliono commettere colle debite cautele. Dico bene,
Basabelletta?»
Tale interpellanza era drizzata a quel Menclozzo Basabelletta, preso e
torturato per cagione dei discorsi tenuti appunto in piazza dei Mercanti
con Alpinolo, e che era venuto ad osservare quell'apparato per
esclamare,--L'ho scappata bella!» Non aveva dunque voglia nè di
rispondere, nè di commentare; e senza darsene per inteso, guardava al
cielo e diceva:--Bel tempo oggi: vuol durare».
Ma ai balconi, sui terrazzini circostanti, e nelle camere delle
magistrature, ben più fini e socievoli discorsi tenevano signori e
damine, di gualdane, di battaglie, dei pettegolezzi privati: degli
ondeggianti favori della Corte; della passata dei tordi e della scarsezza
delle lepri; chiedevano e riferivano novità; leggevano sul libro e di
questo e di quello. E la signora Teodora, sposa novella di Francesco de'
Maggi, una delle più lodate per avvenenza e per l'arte d'approfittarne,
domandava così sbadatamente nel mettersi il guanto:--E come ha nome
cotesta che hanno da far morire?
--Margherita Visconti por servirla», rispondeva pronto Forestino,
figliuolo naturale del principe, che faceva il vagheggino tra quelle
bellezze.
--Visconti? (ripigliava la sposa). È dunque parente del signor vicario?
--Così alla lontana», rispondeva il giovane: ma il buffone
Grillincervello soggiungeva:--Ed avrebbe potuto venire con lui a parentela
molto stretta: e appunto per non l'avere voluto, le tocca questo fine.
--Eppure le deve rincrescere (diceva qualche altro). È così giovane:
così bella!
--E poi non assuefatta a morire», l'interrompeva il burlone, e destava
all'intorno una vivace ilarità. Poi voltandosi a Forestino e al costui
fratello Bruzio, intorno ai quali, perchè sterponi d'un gran signore,
facevasi un circolo rispettoso, diceva loro a mezza voce:--Serenissimi, vi
do avviso che, se mai aveste fatto assegnamento sulla sposina del signor
Francesco dei Maggi, ella non m'ha l'aria di essere disposta a imitare dama
Margherita».
A tali detti Bruzio chinava gli occhi con ipocrita modestia; e mentre il
maligno giullare correva di qua e di là a stornare la melanconia e i
pensieri seri con arguzie, e giustificare con lazzi la iniquità, i due
imitavano il padre loro donneando, mentre coll'assistere alle giustizie di
lui preparavansi poi ad imitarlo quando potrebbero.
Fra ciò la campana aveva ricominciato i rintocchi: ogni picchiata del
martello destava un suono, prolungato dall'oscillare del metallo; moriva;
un momento di silenzio, poi un altro colpo, indi un altro, lento come i
palpiti di un moribondo--e come quelli straziante.
--Viene?
--No.
--Ma che tarda?» si chiedevano l'uno all'altro, ed era un diffuso
ronzío di curiosa impazienza, nè più nè meno di quanto in
teatro indugiano al alzare il sipario.
--Che le avessero fatta la grazia?» domandava qualcuno.
--Per me tanto e tanto n'avrei piacere»: e il pubblico in fatti ne
avrebbe avuto piacere tanto, quanto della esecuzione, perchè l'una e
l'altra gli offrivano del pari argomento di ammirare, di scuotersi, di
discorrere, di censurare, e di applaudire.
Ma presto furono tolti da quest'idea al vedere sulla _parlera_, che già
era stata coperta di uno strato nero e di cuscini di velluto, uscire i
principali magistrati, il podestà, il suo logotenente, e sopra gli altri
distinto il capitano Lucio. Ve l'ho replicato che la giustizia era atroce,
ma non ipocrita, e venivano a rimirare il compimento del loro lavoro.
Poi non tardò a vedersi un brulicare più vivo nei vichi strettissimi
di là intorno, a sentirsi un susurro, un ronzío più fitto, più
pronunziato verso il portone che esce sulla Pescheria vecchia, per dove
appunto doveva sfilare la compagnia ferale, dopo fatto un lungo giro
affinchè a maggior numero fosse dato godere della scena o profittare
della lezione.
--È qui, è qui», cominciavasi a dire: e come un drappello di
difensori della patria al cenno di un prepotente caporale, così tutta
quella calca si leva in punta dei piedi, tutti i colli si protendono, tutte
le teste si piegano a quella banda, tutti gli occhi. Ed ecco,
all'accelerato rintocco della campana, comparire dapprima uno stendardo
nero orlato di argento, sul quale era effigiato uno scheletro in piedi,
colla falce nell'una, l'oriuolo a polvere nell'altra mano; alla sua dritta
un uomo col capestro al collo; a sinistra un altro col proprio teschio
nelle mani. Dietro, coppia a coppia, si affilavano i fratelli della
Consolazione. Erano una devota scuola, fondata in Santa Marta dei
Disciplini alla Romana, come chiamavasi un oratorio, che poi fu ridotto in
una delle meglio architettate chiese di Milano. Di questa scuola che poi fu
trasferita in San Giovanni alle Case rotte, era principale istituto il
confortare i giustiziati e suffragarli. Procedevano i confratelli in una
veste di tela bianca collo strascico, e col cappuccio tutto cucito in giro,
sicchè non potevasi levare che colla tunica stessa; al posto del viso
non vedevasi che una croce di scarlatto, sotto i cui traversi si aprivan
due forellini, tanto solo da dar luogo alla vista; sopra il cuore portavano
una medaglia nera, dove era effigiato un Gesù crocifisso, con ai piedi
della croce il teschio del santo Precursore; discinti in vita, colle mani
giunte entro le maniche cascanti, avevan sembianza di notturni fantasmi.
Gli ultimi portavano un cataletto, mentre a coro in lugubre melodia,
cantavano il _Miserere_:--cantavano le esequie, portavano la bara per uno
che era sano tuttavia.
Fendendo la turba giunsero presso al patibolo, ove deposero il letto
funereo: e su per la scaletta e a piè di quella si schierarono in due
fosse necessario per conoscerle e trascurarle? Pensava ai suoi cari, e
consolavasi di doverli presto rivedere in paradiso. Rincorreva il suo
passato; non le pompe e gli illustri natali e la decantata bellezza e le
magnificenze invidiate le tornavan ora in mente, ma lacrime terse,
opportuni consigli, pietà profusa, ingiurie perdonate, risparmiati
disgusti, li conosceva un tesoro riposto e vicino a fruttare.
Quello spiro d'aria più fresca, che suole mettersi sull'avvicinare
dell'alba, la riscosse con un brivido molesto: e le corsero al labbro
queste parole:--Che freddo avrà il mio Venturino colà alla campagna
aperta!»
Erano voci strappatele dall'istinto, che la ragione trovava vaneggianti, ma
non provava per assurde. Affacciossi quindi alla finestruola, e pose mente
al primo biancheggiare dell'alba, colà verso i monti della bergamasca;
un cielo limpido, soave, d'un tremulo sereno, qual suole nelle prime
mattine dell'ottobre invitare ai passeggi, alle caccie, alla giuliva
faccenda delle vendemmie. Dappertutto alla pompa dell'estate era succeduta
la fantastica pacatezza dell'autunno. Una rugiada biancheggiante luccicava
sugl'incurvati steli delle erbe nei prati intorno, e sulle tremule foglie
dei pioppi che in lunghi filari stendevansi per la campagna, agitandosi e
sibilando come sentissero la vita, come salutassero l'avvicinarsi del sole,
così caro dopo le notti già lunghe e più che fresche.
La Margherita si affissò in quello spettacolo:--L'ultima aurora che io
vedo!»
Così ogni cosa le rammentava come tutto fosse sul punto di finire; il
rammentava a un'anima, che dalla nascita porta in sè l'orrore della
distruzione, il desiderio della immortalità.
Ma a che vorrei io provarmi di ridire che cosa passasse nell'anima di essa?
quante memorie e affetti e tormenti e desiderj e pensieri terreni e celesti
si affollassero, si mescessero nella sua mente? Mille e mille soffersero,
se non in quel grado, però a quel modo: l'uomo li compianse, e ne crebbe
il numero.--Affrettiamoci alla fine.
Non appena albeggiò, frà Buonvicino presentossi all'uscio della
cameretta, e ritenne il piede sulla soglia in riverente e pietoso silenzio
contemplando la Margherita che pregava.
La lanterna, ch'egli recavasi in mano, lasciando lui e tutto il resto nel
bujo che colà entro dominava ancora, raccoglieva i raggi sopra la
Margherita, la quale così pareva alcuna cosa più che mortale. Erasi
ella inginocchiata sul nudo pavimento, china la fronte sopra le mani
giunte, e queste, appoggiate sur una sedia, avevano intrecciato fra le dita
un rosario di cui stringevano la crocetta:--quel rosario stesso, quella
croce, che con sì paziente cura avea frà Buonvicino medesimo
intagliati nei primi giorni di sua conversione, e che aveva a lei
presentato mentre dimorava in una ricca casa, cinta da ogni maniera di
agiatezze e di eleganze, applaudita, contenta, fortunata, con a fianco il
marito e sulle ginocchia un bambino, il quale cianciugliando la chiamava
madre. Ed ora? quel marito, quel fanciullo erano sotterra, e fra pochi
istanti ella pure sarebbe precipitata con loro. Osservandola frà
Buonvicino con questi o simili pensieri, più e più gli si affondava
l'occhio, si affilavano le scarne guancie, simili a un ruscello, ove
l'assidua vampa del sole disseccò ogni umore, non lasciando che l'arido
solco. Attento in lei, non ardiva turbare quello stato, che somigliava a
calma. Anzi sarebbesi detto che ella dormiva, se tratto tratto un guizzo
convulso, che le correva dal capo alle piante, non avesse dato troppo segno
che ella vegliava, pativa.
--Sia lodato Gesù», pronunziò finalmente il frate con voce fioca e
sommessa, alla quale risentitasi, la Margherita levò il capo, balzò
di scatto in piedi, e facendosegli incontro colle braccia tese, dimandò
col tono dell'angoscia:--O padre, vi è qualche speranza?»
Così questo balsamo, che natura preparò agl'infelici, come il latte
della nutrice all'egro bambino, mai non vien manco fino all'ultima ora
della vita. Il frate sospirò, alzò la destra e gli occhi al cielo, e
proferì:--Lassù sono le speranze che non falliscono».
La faccia della Margherita, cui una viva fiamma aveva tutta colorita, di
nuovo si fece pallida come tramortisse: giunse le mani; anch'ella eresse al
cielo gli occhi lagrimosi, ed esclamò:--Signore, la vostra volontà e
non la mia».
I conforti, le orazioni dei giorni antecedenti furono rinnovate in questo,
tanto più vivamente quanto più sentivasi l'uno e l'altro vicini a
separarsi fra loro e dalla terra, per ricongiungersi a Dio.
Frà Buonvicino offrì in presenza di lei il sacrifizio dell'altare, la
commemorazione quotidiana del Giusto immolato per la verità, per la
redenzione degli uomini, coi quali aveva diviso il pane e le miserie.
Poichè il sentimento dei proprj mali non toglieva alla Margherita di
conoscere e valutare gli altrui, si accorse a troppi segni dell'ambascia
morale onde era compreso frà Buonvicino, e pregò Dio di dargli forza
al passo tremendo. Dopo che il frate le ebbe comunicato il pane degli
angeli, la travagliata si rasserenò; e, munita di viatico sì
prezioso, stette con lui ragionando del nulla di questo mondo, delle gioje
a venire, dell'incontro coi suoi cari in grembo al vero amore.
Se io riferissi quei discorsi, sarebbero di edificazione alle anime pie:
potrebbero forse, in terribili momenti di lotta e di scoraggiamento, recar
ristoro a qualche accorato; ma che direbbero i lettori, che diranno già
essi di un racconto, ove i più cercavano forse null'altro che il
passatempo spensierato o un rimedio o un palliativo a quella micrania
dell'anima, la noja, e invece vi trovano la riflessione e la religione?
Dai pii ragionamenti furono scossi quei due pietosi al tocco di una campana
a martello.
Trasalì la poverina; il frate si fece come se gli avessero confitto un
pugnale nel cuore. Avevano entrambi indovinato esser l'agonia che, per lei,
per lei sana, batteva la squilla del Broletto, ove doveva succedere
l'esecuzione. Intanto uno spesseggiar di passi, un affaccendarsi di
persone, un tirare di catenacci, lo scricchiolare d'un carro, davano avviso
che era giunto il gran momento. La Margherita s'inginocchiò, e volle che
di nuovo frà Buonvicino le compartisse l'assoluzione, e come in articolo
di morte, chiamasse sopra di lei la benedizione del Signore. Il frate,
levato in piedi, con solenne dignità di voce e di atto, protese le
braccia, e spiegate le palme sopra il capo inchinato della donna, colla
fronte supina, pallida sì, ma inondata di quella fiducia, che non
alligna se non in chi crede e teme e spera altre cose che le mortali,
pareva che congiungesse il cielo cui tenea levato lo sguardo, con quella
penitente su cui ne invocava la misericordia e le retribuzioni. Margherita,
in ginocchio avanti ad esso, colle braccia incrociate sul seno e le bianche
mani che spiccavano sopra il nero vestito, piegando il collo in
atteggiamento di compunta rassegnazione, ricevea quelle parole tremende e
consolatrici. La lanterna, posata sullo scannello e divenuta pallida per la
luce cresciuta del giorno, guizzando ad ora ad ora come sullo spegnersi,
vibrava attorno alla testa della bella pregante un'aureola di tremoli
raggi, qual si dipinge in giro al viso dei santi.
Ella ascoltò, segnossi, indi sorse come chi, avendo posto assetto ad
ogni affar suo, si muove ad un lungo viaggio, da cui più non deve
ritornare. Ma il frate allora cadendole ai piedi,--Signora (esclamò) fin
qui ho adempito al sublime ministero di sacerdote dell'Altissimo. Ma io son
uomo; io sono un peccatore miserabile: voi siete una santa. O signora!
prima... prima di... vogliate dirmi che mi perdonate... mi perdonate se un
tempo, io sciagurato, insidiai alla vostra virtù. Voi la conservaste.
Benedetta! che così avete procurato a voi, a me tali consolazioni in
quest'ora tremenda.
--Sì, benedetto Iddio», rispose ella con languida ma soavissima
favella.--Fu dura la battaglia allora: temetti non bastarvi incontro: ma il
Signore ci ajutò; e diede a voi fermezza di generosa risoluzione.
Perdonarvi?»
E singhiozzando gli posava le candide mani sovra la testa piegata.--Perdono
io non devo accordare a voi, che non mi offendeste. La vostra memoria mi
restò sempre come schermo contro gl'inganni del mondo. Nei pericoli
della gioja, fra i sinistri consigli del dispetto, io ripensava ai vostri
nobili patimenti, io mi ripeteva, _Che ne dirà Buonvicino!_ Ed ora che
son qui... Ah! di quel che vi devo non potrà retribuirvi che Dio».
Lo rilevò di terra, gli mostrò quel rosario, quella croce; e
baciandola aggiungeva:--Quando voi me la donaste, vi ricorda? Voi mi facevi
l'augurio che un giorno potesse tornarmi di consolazione. Quel giorno è
venuto... così diverso da quanto nè io nè voi nè altri avremmo
allora potuto figurarci... e le consolazioni mi sono abbondate! Amico, io
voglio morire con questa corona sul petto. Dopo che... io sarò... voi
stesso levatemela dal collo.--Ah! il collo allora non l'avrò più... E
serbatela sempre, in memoria della povera Margherita, che tanto e sì
bene amaste».
Tacque, pianse, poi facendosi nuova forza, ripigliò:--Al signor Luchino
andrete voi; voi stesso, ve ne prego: fate anche questo sacrifizio per me.
E direte che gli perdono: Troverà egli superba questa parola? Ditegli
che in paradiso pregherò per lui... che abbia compassione della mia
povera patria. È questo il voto di una morente».
Qui nuovo silenzio, nuovo pianto, da cui la destò un altro botto della
campana ferale; onde riprese:--Buonvicino, amico mio, vero amico... addio!
addio! ci troveremo in cielo, e presto!»
Si sforzò di proferire con fermezza queste parole, ma il singhiozzo
gliele ruppe in gola: il frate ripetè «Presto!» indi si trasse il
cappuccio sugli occhi, e s'avviarono.
Già in piazza de' Mercanti era stato raccolto un visibilio di popolo, o
dalla curiosità, o dal non sapere che altro farsi, o dal gusto plebeo di
contemplare la soffrente natura, o dal contento di vedere una giustizia o
una vendetta. Il caso, non così frequente, d'una donna condotta al
supplizio, fece trarre anche più gente del consueto.
Da un giuggolo, o come diciamo noi lombardamente _zenzuino_, aveva preso
nome un'osteria, presso alla quale erano il ricetto delle male femmine,
cinto di mura, e la casa del carnefice, dietro al palazzo di giustizia, ove
durò fin testè. Da quell'osteria, da quel lupanare molta gente
sbucò quando videro mastro Impicca avviarsi cogli orribili attrezzi del
suo mestiere, e sempre nuova turba gli si affilava dietro per la strada.
Gli artieri, smettendo il lavoro s'invitavano uno coll'altro.
--Dove vai?
--Al broletto nuovo a vedere. E tu, non ci vieni?
--Un momento, e verrò anch'io».
I garzoncelli erano svignati dalle botteghe; le madri accorrevano portando
in braccio i pargoletti, affinchè abbandonati non piangessero; i signori
venivano a cavallo facendosi largo fra la pedonaglia, ed eccitando le
maledizioni di quelli a cui si piantavano davanti; ed era una pressa
d'arrivare i primi, di farsi più vicini, di collocarsi più
opportunamente.
Già in altra occasione ebbi a divisarvi la piazza dei Mercanti, quella
che allora dicevano il Broletto nuovo.
Delle due piazze, in cui esso rimane diviso per via del Palazzo della
ragione, quella a libeccio, che sin qua conservò maggiori vestigia
dell'antico, era appunto destinata al supplizio dei nobili (i plebei si
giustiziavano al _prato delle forche_ verso Vigentino): poichè la
civiltà, nè troppo affinata nè abbastanza ipocrita, non si dava
gran pensiero di allontanare il boja dal giudice, il luogo della sentenza
da quello dell'esecuzione. Un palco di tavole posticcio innalzavasi dal
mezzo, affinchè maggior numero di gente potesse godere la scena, e su
quello veniva disponendo ogni cosa il manigoldo, uomo adusto e tarchiato, i
cui robusti muscoli pronunziati si poteano contare, e vedeansi guizzare
sotto l'abbronzita pelle del corpo, non coperto che da due rozze brache di
pelle, strette alla carne. Fra goffi sghignazzi stava egli col suo garzone
saldando due assi fra cui doveva inginocchiarsi la paziente, librando la
mannaja con cui doveva farle balzare la testa saggiandone il filo,
esercitandovi il braccio.
--Ehi mastro Impicca, questa scala tentenna», diceva il fattorino.
--Lascia pure, lascia (rispondeva il manigoldo). Quei che ci salgono non
badano tanto per la sottile: quando discendono, non se la sentono sotto ai
piedi».
Alcuni soldati, antichi compagni di Alpinolo, i quali, ordinati dal
connestabile Sfolcada Melik a piedi della scala e intorno al palco,
contenevano la folla, ridevano a quegli scherzi, applaudivano a' bei colpi
che colui trinciava in aria; si ricambiavano le più lepide celie con
un'indifferenza assassina, della quale ho trovato poco migliore, sopra un
campo diverso, la serena tranquillità con cui un logoro damerino scherza
sui sentimenti di una bellezza appassionata, facendole stillar sangue col
carezzarle gentilmente una piaga infistolita.
Il più limpido sole che possa vedersi in Lombardia nelle migliori
giornate della vendemmia, inondava d'una bianca luce e d'un mite calore le
fosche pareti del Broletto, e risaltava sopra quella mobile decorazione di
teste, la più parte scoverte, sopra petti ignudi di robusti operaj,
sulle intarsiate carnagioni di donne vulgari, sui frustagni e le mezzelane
dei braccianti, a cui facevano contrasto i variopinti mantelletti dei
nobili, le piume ondeggianti dei berretti di velluto, il luccicare delle
corazze e dei bruniti morioni. Pieno stivato era lo spazzo; le altane e gli
sporti dei tetti circostanti erano orlati di faccie curiose: alcune dame
(ho a dirlo?) avevano fatta ressa di trovare un balcone, un terrazzino, da
cui potessero mirare quella infelice, ed onorarla di loro commiserazione.
Arrampicati sugli sporti, spenzolati dalle ferriate, saliti uno sulle
spalle dell'altro, i ragazzetti facevano dispregi ai vicini, lanciavano
motti ai lontani, davansi scappellotti nascondendo la mano, come si fa in
grande nella società. Qualche madre, mostrando al suo fanciulletto
quell'apparecchio di morte, gli dicea:--Vedi quell'uomo lassù, colla
barbaccia così nera e la cotenna così rossa? È quel che mangia i
cattivi in due bocconi: è il bau: è il demonio; e se piangerai, ti
porterà via».
Il fanciullo sbigottito gettava le tenere braccia attorno al collo di sua
madre, e celava il viso nel seno di essa.
Alcun altro facendosene nuovo, forse chi sa? per un ultimo resto di
vergogna d'essere vanuto a bella posta,--E chi è (domandava) che hanno
da giustiziare?
--L'è (rispondeva il fortuito vicino) la moglie di quel che hanno fatto
morir jeri.
--Ah, ah! (soggiungeva un terzo) dunque la madre di quel piccolino, che
hanno ucciso insieme col signor Pusterla.
--Che? (ripigliava il primo) hanno ucciso anche un piccolino?
--Sicuro di sì (entrava una donna): e che bel ragazzino! due occhi
azzurri come questo cielo: un visetto da Gesù bambino; capelli poi, che
parevano oro filato. Io mi sono voluta mettere proprio da piè della
scala, per farlo vedere a questo mio figliuolo ch'è qui, affinchè
tenga a mente come Dio castiga i cattivi: e per questo ho veduto ogni cosa.
--Contatela anche a noi: contatelo, comare Radegonda».
E la Radegonda, superba d'intrattenere un crocchio,--Conterò (diceva).
Quando fu là... ma per carità, fate un po' di largo: volete
soffogarmi il mio Tanuccio? E sicchè, allorquando si trattò di
montare su per la brutta scala, a vederlo quel fanciullo! non voleva a
nessun patto; puntava i piedi, strillava, piangeva...
--E come forte! (interrompeva il Pizzabrasa). Lo si sentiva fin là dalla
loggia dei Mercanti, dov'io m'ero annicchiato; e chiamava, babbo, mamma!
--Tal e quale (ripigliava la donna); e che aveva paura di quel ceffo
così brutto, tendendo il ditino verso mastro Impicca. Suo padre
singhiozzava che non poteva parlare: ma il frate confessore gli si
abbassò all'orecchio...
--Anche questo ho veduto», tornava il Pizzabrasa ad interromperla; e
smanioso di far pompa di sue empiriche cognizioni, proseguiva:--E i biondi
capelli del bambino si mescolavano colla barba e colla nera chioma
dell'Umiliato, che parevano i ghirigori d'oro s'un coltrone da morti. Ho
visto anche come il bambino accarezzava il frate, mentre questo gli
parlava: e il frate...
--Come si chiama il frate?» dava su quel primo, che per sistema facevasi
ignaro di tutto, e parlava sempre col punto d'interrogazione. Allora
rispondeva una figura, vestito mezzo da prete, con faccia di devota
presunzione, ed era lo scaccino della Passerella:--Egli è quello che
predicò la quaresima passata in Santa Maria dei Servi. Avrebbe
convertito anche un re Erode. Ma i tempi sono guasti, e profittava nè
più nè meno che se predicasse al deserto.
--Ma il nome?
--Buonvicino, dei frati della ricchezza di Brera. Ma le ricchezze ch'egli
cerca, come ripete sempre il mio signor curato, non sono di quelle che si
acquistano col tessere panni. Lo conoscete il mio curato? quello è un
uomo! chiedete, domandate, egli sa tutto a mena dito... e...
--Ma cosa diceva il frate al bambino?
--E lui cosa rispondeva?
--E suo padre cosa faceva?» interrogavano tra molti, non badando ai
panegirici del sacristano, più che a quelli d'un giornalista.
Qui la Radegonda, ch'erasi alquanto indispettita di aver perduta la
tribuna, contentissima ora di poterla riprendere quando nessun altro poteva
dar ragguaglio, così ripigliava:
--Piano, piano: parlate voi o parlo io? Certuni vogliono ficcar il naso, e
ne sanno un pien sacco. Cosa volete che il frate gli dicesse? Che andasse
con coraggio; che da lì a un momento sarebbe cogli angeli in Paradiso.
--E il fanciullo?
--E il fanciullo a non volere; e dire, _Lo so; il paradiso è un bel
luogo; vi sono gli angeli; vi è il Signore; v'è quella cara Madonna:
ma io voglio star qui con mio padre e colla mia mamma: voglio star qui con
loro_, replicava e piangeva.
--Santa innocenza!» esclamava per istinto di compassione e non senza
qualche lagrima, alcuno degli astanti, il quale poi, a interrogarlo se quel
bambino fosse stato ben ucciso, avrebbe risposto di sì a non dubitarne.
E la narratrice proseguiva:--Allora il frate--chi non l'ha visto! Sapete
quando alcune volte, all'estate, la moglie del diavolo fa il bucato, che
piove e nell'istesso tempo dà il sole? Così era il viso del frate.
Gli cadevano dagli occhi lagrime grosse come i grani d'un rosario, e
tutt'insieme sorrideva come un angelo anche lui. E poi diceva al ragazzino:
_Tuo padre viene con te in paradiso_.
Il fanciullo lo guardò con occhi consolati, poi richiese: _Ma la
mamma?--La mamma_, rispondeva l'Umiliato, _verrà anch'essa tra poco_.
Allora il bimbo: _Dunque se io stessi al mondo rimarrei senza di loro?_ E
come il frate gli disse di sì, egli si pose co' suoi ginocchi a
terra...»
Qui il singulto smentì l'ostentata franchezza della narratrice, che
quasi vergognavasi d'avere o di mostrar compassione di condannati, come una
damina di piangere al teatro; e il Pizzabrasa proseguiva:--Si mise a
ginocchi, alzò al cielo due manine piccole, piccole e bianche come di
cera, e intanto il manigoldo gli tagliava i capelli, e gli faceva i bocchi
per mettergli paura.
--Quanto avrei pagato ad essere presente:» Saltava su qualche
circostante. «Mi piacciono tanto queste scene così affettuose!
--E perchè non venirvi?» gli chiedeva un vicino.
E l'altro:--Che volete? m'è toccato andare fin laggiù a San Vittor
grande, a portare una briglia e una sella che avevo raccomodate.
--Ma però (ridomandava il primo interlocutore) avrete visto a far la
fattura ad altri.
--Oh certo; ma a donna mai.
--Io (tornava a parlare lo scaccino della Passerella) io ho veduto quando
hanno giustiziato la Mainfreda, quella scolara della Guglielmina, che
voleva farsi papa. Lo Spirito Santo incarnato in una femmina, e i preti e
il papa donne! Si può dar di peggio!»
E qui, colla facilità onde la compassione suole distrarsi dalle sventure
non sue, voltavano il discorso sulle tonsure che le costei seguaci si
facevano in mezzo alle treccie: su quel nascondiglio al terraggio di Porta
Nuova, dove femmine e maschi si congregavano, e poi spegnevano i lumi e
buona notte.
Altri spettatori frattanto di maggiore calibro discorrevano sulla colpa de'
condannati.
--Che giustizia, eh, quella del nostro vicario!» esclamava Malfiglioccio
della Cocchirola, il quale, fallito nel suo mestiere, or dava pareri ai
governanti.--Se meritano castigo, neppure a' suoi parenti egli la perdona.
--Erano gente senza religione», diceva un chierico in aria contrita.
--Ma se contano all'incontrario che l'uomo era fuggito ad Avignone per
intendersela col papa.
--Se era ad Avignone, perchè non starvi?
--Era dunque un guelfo marcio.
--Guelfo? (ripigliava il Malfiglioccio). Coteste le son novelle sparse per
dare pasto a voi, gente grossa che credete. La sarebbe curiosa che fosse un
peccato pei Milanesi l'essere guelfi. Per l'abbondanza che ci recarono
quegli imperatori e i loro Ghibellini! tanta da averne troppo per odiarli e
noi e i nostri figli e i figli dei nostri figli.
--Eh, voi non dite male (riprendeva il primo). Ma i nostri padroni amano
più stare attaccati all'imperatore che non al papa: perchè quello
è lontano e non dà fastidio; e se commettono birbonate non li
scomunica.
--Zt,» faceva un altro ponendosi il dito sul naso; poi con voce sommessa
seguitava:--Se ho a dirvela, io so da uno di quelli che hanno mano in
pasta, che i giustiziati di adesso e cotest'altri dipinti là sul muro,
avevano fatto una maledetta trama per venderci agli stranieri, per metterci
sotto la dominazione degli Scaligeri di Verona.
--Come? di queste? dite vero? Cosa ci hanno a fare gli Scaligeri ed i
Veronesi con noi? Noi si vuole il biscione, e Sant'Ambrogio» gridavano
zelanti patrioti. E--Viva il biscione, Viva Sant'Ambrogio» ripetevano
molti altri: il qual grido dai fautori del principe veniva interpretato per
un'espressione di popolare consentimento all'atto che si stava per
eseguire.
Non mancavano però di quelli che, senza impacciarsi colla politica, ne
tiravano della morale brava e buona, ripetendo ai loro vicini:--Ma! non so
che dire. Colpa loro se sono stati così gonzi di lasciarsi acchiappare.
I delitti si vogliono commettere colle debite cautele. Dico bene,
Basabelletta?»
Tale interpellanza era drizzata a quel Menclozzo Basabelletta, preso e
torturato per cagione dei discorsi tenuti appunto in piazza dei Mercanti
con Alpinolo, e che era venuto ad osservare quell'apparato per
esclamare,--L'ho scappata bella!» Non aveva dunque voglia nè di
rispondere, nè di commentare; e senza darsene per inteso, guardava al
cielo e diceva:--Bel tempo oggi: vuol durare».
Ma ai balconi, sui terrazzini circostanti, e nelle camere delle
magistrature, ben più fini e socievoli discorsi tenevano signori e
damine, di gualdane, di battaglie, dei pettegolezzi privati: degli
ondeggianti favori della Corte; della passata dei tordi e della scarsezza
delle lepri; chiedevano e riferivano novità; leggevano sul libro e di
questo e di quello. E la signora Teodora, sposa novella di Francesco de'
Maggi, una delle più lodate per avvenenza e per l'arte d'approfittarne,
domandava così sbadatamente nel mettersi il guanto:--E come ha nome
cotesta che hanno da far morire?
--Margherita Visconti por servirla», rispondeva pronto Forestino,
figliuolo naturale del principe, che faceva il vagheggino tra quelle
bellezze.
--Visconti? (ripigliava la sposa). È dunque parente del signor vicario?
--Così alla lontana», rispondeva il giovane: ma il buffone
Grillincervello soggiungeva:--Ed avrebbe potuto venire con lui a parentela
molto stretta: e appunto per non l'avere voluto, le tocca questo fine.
--Eppure le deve rincrescere (diceva qualche altro). È così giovane:
così bella!
--E poi non assuefatta a morire», l'interrompeva il burlone, e destava
all'intorno una vivace ilarità. Poi voltandosi a Forestino e al costui
fratello Bruzio, intorno ai quali, perchè sterponi d'un gran signore,
facevasi un circolo rispettoso, diceva loro a mezza voce:--Serenissimi, vi
do avviso che, se mai aveste fatto assegnamento sulla sposina del signor
Francesco dei Maggi, ella non m'ha l'aria di essere disposta a imitare dama
Margherita».
A tali detti Bruzio chinava gli occhi con ipocrita modestia; e mentre il
maligno giullare correva di qua e di là a stornare la melanconia e i
pensieri seri con arguzie, e giustificare con lazzi la iniquità, i due
imitavano il padre loro donneando, mentre coll'assistere alle giustizie di
lui preparavansi poi ad imitarlo quando potrebbero.
Fra ciò la campana aveva ricominciato i rintocchi: ogni picchiata del
martello destava un suono, prolungato dall'oscillare del metallo; moriva;
un momento di silenzio, poi un altro colpo, indi un altro, lento come i
palpiti di un moribondo--e come quelli straziante.
--Viene?
--No.
--Ma che tarda?» si chiedevano l'uno all'altro, ed era un diffuso
ronzío di curiosa impazienza, nè più nè meno di quanto in
teatro indugiano al alzare il sipario.
--Che le avessero fatta la grazia?» domandava qualcuno.
--Per me tanto e tanto n'avrei piacere»: e il pubblico in fatti ne
avrebbe avuto piacere tanto, quanto della esecuzione, perchè l'una e
l'altra gli offrivano del pari argomento di ammirare, di scuotersi, di
discorrere, di censurare, e di applaudire.
Ma presto furono tolti da quest'idea al vedere sulla _parlera_, che già
era stata coperta di uno strato nero e di cuscini di velluto, uscire i
principali magistrati, il podestà, il suo logotenente, e sopra gli altri
distinto il capitano Lucio. Ve l'ho replicato che la giustizia era atroce,
ma non ipocrita, e venivano a rimirare il compimento del loro lavoro.
Poi non tardò a vedersi un brulicare più vivo nei vichi strettissimi
di là intorno, a sentirsi un susurro, un ronzío più fitto, più
pronunziato verso il portone che esce sulla Pescheria vecchia, per dove
appunto doveva sfilare la compagnia ferale, dopo fatto un lungo giro
affinchè a maggior numero fosse dato godere della scena o profittare
della lezione.
--È qui, è qui», cominciavasi a dire: e come un drappello di
difensori della patria al cenno di un prepotente caporale, così tutta
quella calca si leva in punta dei piedi, tutti i colli si protendono, tutte
le teste si piegano a quella banda, tutti gli occhi. Ed ecco,
all'accelerato rintocco della campana, comparire dapprima uno stendardo
nero orlato di argento, sul quale era effigiato uno scheletro in piedi,
colla falce nell'una, l'oriuolo a polvere nell'altra mano; alla sua dritta
un uomo col capestro al collo; a sinistra un altro col proprio teschio
nelle mani. Dietro, coppia a coppia, si affilavano i fratelli della
Consolazione. Erano una devota scuola, fondata in Santa Marta dei
Disciplini alla Romana, come chiamavasi un oratorio, che poi fu ridotto in
una delle meglio architettate chiese di Milano. Di questa scuola che poi fu
trasferita in San Giovanni alle Case rotte, era principale istituto il
confortare i giustiziati e suffragarli. Procedevano i confratelli in una
veste di tela bianca collo strascico, e col cappuccio tutto cucito in giro,
sicchè non potevasi levare che colla tunica stessa; al posto del viso
non vedevasi che una croce di scarlatto, sotto i cui traversi si aprivan
due forellini, tanto solo da dar luogo alla vista; sopra il cuore portavano
una medaglia nera, dove era effigiato un Gesù crocifisso, con ai piedi
della croce il teschio del santo Precursore; discinti in vita, colle mani
giunte entro le maniche cascanti, avevan sembianza di notturni fantasmi.
Gli ultimi portavano un cataletto, mentre a coro in lugubre melodia,
cantavano il _Miserere_:--cantavano le esequie, portavano la bara per uno
che era sano tuttavia.
Fendendo la turba giunsero presso al patibolo, ove deposero il letto
funereo: e su per la scaletta e a piè di quella si schierarono in due
- Parts
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 01
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 02
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 03
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 04
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 05
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 06
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 07
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 08
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 09
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 10
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 11
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 12
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 13
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 14
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 15
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 16
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 17
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 18
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 19
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 20
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 21
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 22
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 23
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 24
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 25
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 26
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 27
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 28
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 29
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 30
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 31
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 32
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 33