Margherita Pusterla: Racconto storico - 10

barchetta, e parve consolarsi.--Un'ora, due al più, e sarà empita:
affonderà: io con essa... e sarà finito quest'inferno.--Ma... e il
mio bambino?»
A tal pensiero rabbrividì; e affaccendandosi allora nel cercare
salvezza, quanto dapprima disperando aveva agognato la morte, si strappò
a furia dal capo, dal petto i veli, e con quelli si pose a ristoppare le
commessure, attentissima coll'occhio, coll'orecchio, se da veruna fessura
trapelasse acqua ancora; e quando più non le parve, si consolò,
riprese il fanciullo, sedette, guardò a questo, guardò alla riva,
guardò al cielo... Il bambino era sopito: la riva lontana, silenziosa
come l'egoista alle miserie dei suoi fratelli, il cielo bello, limpido,
qual suol esser al terminare di maggio in quelle floride parti della
florida Lombardia, la luna scema spuntava allora di dietro i monti
dell'Albenza, le cui vette si disegnavan sovra il profondo ceruleo
dell'aria per la quale scintillavano migliaja e migliaja di stelle.
Quante sere, lucide come questa, avea la Rosalia passate nell'amorevole e
gioconda compagnia delle amiche, presso ai parenti, spensierata fanciulla,
lieta di placidi gaudii, di allegre fantasie! E dopo sposa, quante volte,
in quell'ora, sul battuto della rocchetta erasi badata ad ascoltare i
malinconici concenti dell'usignuolo, od a spingere lo sguardo giù verso
la riva e per lo scarco delle colline, se vedesse tornare lo sposo!--Ed
ora? L'idea dello sposo le richiamava alla mente i più minuti casi del
passato; gesti, parole, tratti, che avevano voluto o non vedere o
interpretar in bene, ed ora le rivelavano una miserabile tela di sdegni
covati, di meditate vendette. Da lui condannata di colpa, onde non si
conosceva rea, di cui poteva giustificarsi con una parola, condannata a
penare qui, com'ella si credeva, una notte intera, nel deserto delle acque,
fra il disagio e la paura...--Oh! che nessuno mi venga a soccorrere?...
Nessuno?... Certo egli a quest'ora è giunto al castello; entrò in
casa, rivide i luoghi pieni delle memorie de' nostri primi giorni di
felicità; nessuno gli si fece incontro a festeggiarlo; rivide il letto,
rivide la cuna,--la cuna vuota; si ricordò di me, del bambino che non ha
colpa; s'è pentito d'averci messi a questa croce, e corre a salvarci.
Oh! saprò ben io dissipare i suoi sospetti: saprò bene col doppio di
amore quietargli ogni sdegno... Mio Ramengo! ancora mi vorrà bene,
m'abbraccierà ancora. Ecco, la sua destra è sotto al mio capo; la
sinistra mi accarezza, e tra noi due è questo caro fanciullo, e ci
baciamo tra noi, e lo baciamo lui. Ve'! qualcosa di chiaro s'inoltra nel
fondo... È senz'altro la sua barca.»
Il lume si avanzava lento, eguale, ma pallido, azzurrognolo, accostavasi
alla barca;--era un fuoco fatuo che seguitando si disperdeva. La Rosalia,
che al suo avvicinarsi aveva mandato il grido di chi implora soccorso, che
coi palpiti ne aveva misurata la distanza ed il lentissimo procedere, come
anche questa speranza dileguò, sospirava, piangeva, piangeva.
Posò il bambino sullo scannello di prua, e inginocchiatasi e sporgendosi
da una proda, cominciò colle mani a imitare l'ufizio di remo, se mai
riuscisse a farsi più presso alla riva. Il navicello si moveva, sì,
ma aggirandosi intorno a sè stesso, senza nulla guadagnare verso il
lido, talchè, stanca, rifinita, scoraggiata, tornò la dolorosa a
sedersi, a levarsi in grembo il fanciullo, a coprirsi gli occhi con le
mani, a piangere ancora, a fantasticare.
--Questa notte, per lunga, per ambasciosa, passerà: verrà il mattino;
alcuno comparirà, mi farò sentire; sarò aiutata, tratta a riva...
E poi? che farò io? dove anderò? Ritornare a lui?... ma se egli mi ha
scacciata... se ha decretata la mia morte... E la gente?... che dirà la
gente se mi vedono tornare a questo modo? Comprenderanno il fatto, me
incolperanno di tradimento, Ramengo di violenza. Che ne sarà di lui? di
me? Che avesse egli a soffrire per mia cagione? Oh Dio! Dio!» e
raddoppiava i gemiti, alzava le strida: strida da passare il cuore, ma che
si perdevano inesaudite nel silenzio dell'ondosa pianura e della notte
arcana.
Solo, tratto tratto riscosso da quelle, il fantolino mesceva ad esse i suoi
vagiti; ella carezzandolo allora, baciandolo, porgendogli la mammella, il
tranquillava; e, quasi avesse intendimento, gli diceva:--Dormi, fanciullo
mio, viscere mie, dormi. Questi mali almeno tu non li senti, tu. Ma la
povera tua madre!... Oh! sono io, vedi; sono io che ti ho dato la vita, son
io che ti nutrisco di me stessa, che ti alleverò, che ti educherò. E
guarda! ora son qui, di notte al bujo, sola, in una barca, nel mezzo di un
lago che non ha fondo... non ho un palmo di terra dove posare i piedi; non
un sasso dove declinar la testa. Ma tu intanto, tu almeno riposa. La tua
cuna, la morbida coltricina ti aspettano invano stasera, ben mio; pure hai
le mie ginocchia per letto, hai per guanciale il mio seno: il seno di una
madre: puoi tu desiderar di meglio? Oh no? Tu poppa in pace. A me sola i
guaj, a me la tempesta, a me l'inferno. O Signore! O Madonna santa! Ma voi,
Maria, foste anche voi madre, anche voi portaste un bambino, e fu cercato a
morte, e vi toccò di camparlo fuggendo. Deh! traetevi a compassione di
me; guardatemi dal cielo, datemi forza di passare questa notte,
quest'angosciosa notte, questa notte d'inferno».
E si segnava, segnava il bambino, bisbigliava le sue preghiere, e un poco
di pace sembrava pure stendersi sovra quell'anima ambasciata. Le chiuse gli
occhi una stanca calma; un lieve sonno la tolse all'ansia del presente. Ma
breve. In sobbalzo si svegliò, riaperse gli occhi, non bene ancora
sdormentata, credendo trovarsi nella propria camera, nel letto consueto, ma
tantosto guardando, toccando, si riconobbe, ricordò dov'era, come v'era
arrivata.
Coll'appressarsi della mattina, erasi levato una brezza sottile e
frizzante, che la faceva intirizzire e batter i denti, e che, ajutata da
quella che gli idraulici chiamano contrazione della vena, spingeva,
lentamente sì, ma sempre in giù la barchetta. Foschi nuvoloni si
erano pure addensati attorno alle creste della Grigna e del Resegone, che
incalzati dai venti delle diverse gole, di qua, di là avanzandosi come
due schiere nemiche, avevan tutto ottenebrato il cielo. Poi spesseggiavano
i lampi, un tuono sordo brontolava, cominciò la pioggia, si fece
dirotta, ed una furiosa tempesta si gettò sul lago. La Rosalia si volse
a guardar Lecco, sempre più s'andava quello discostando; e per quanto al
tetro guizzo dei lampi ella aguzzasse le pupille, nessun soccorso vedeva
comparire, nessuno più ne sperava.
Allora si presentò al pensiero della costernata la probabilità, indi
la certezza di un caso peggiore, che dapprima nol si fosse immaginato;
allora cominciò a capire che l'alba dovea, non che terminare i suoi
patimenti, esacerbarli.
L'acqua cadeva come se la versassero; dove ripararsi? come? La barca non
aveva padiglione, non tenda; già il brontolio dei tuoni e lo schianto
delle saette avevano svegliato il bambino, e le braccia materne non
bastavano a schermirlo. Dapprima, ella si trasse la sottana in capo, e
sotto a quel tetto sè medesima e lui protesse; ma l'acqua incessante
ebbe ben presto inzuppati gli abiti che grondavano, ond'ella si batteva il
petto, stracciava le chiome, percotevasi il capo; più non vedeva, più
non sentiva. Coricò il fantolino sul fondo, ove più rialzato lasciava
un po' d'asciutto, indi messasi carpone, appoggiata sulle mani, si fece
tetto a quello; e in sì penosa attitudine, porse al bambino la poppa, al
modo che sogliono le belve delle foreste.
Scarso partito anche questo! All'acqua trapelata la sera per le fessure,
aggiungevasi ora quella che il cielo rovesciava; le ginocchia, le gambe di
lei ne erano immollate; pure, pazienza! tollerava. Ma sempre più
alzandosi, dal peso medesimo determinata, saliva l'acqua anche dov'era
posato il bambino, onde la misera più non sapeva che farsi, come
schermirlo. Si levò di dosso i panni, e inzuppandoli nell'umore entrato,
li spremeva fuori dalle prode; facendo pala delle mani accostate, buttava
fuori l'acqua; ma in questa fatica di tanto stento e di piccolo profitto
conveniva lasciar discoperto il fanciullo che tutto si infradiciava, che
correva pericolo d'annegarsi. Spossata, la Rosalia tornò a collocarsi
carpone, strinse il fanciullo contro il petto, e piangeva e pregava, mentre
intanto continuava la pioggia come Dio la sa mandare, e l'aria di
tramontana cacciava il battello all'ingiù. Tratto tratto sollevando il
capo, essa vedeva traverso a quel diluvio, passar sulla riva i casali e le
terre, e come venne là dove alla Rabbia dopo Olginate, il fiume piglia
un corso violento, sentì trabalzare, aggirare vorticosamente il suo
legnetto: si credette sommersa,--baciò il bambino, e raccomandò
l'anima sua al Signore--l'anima sua e la vita del suo poppante. Ma dopo
sospinta alquanto dalla corrente, e respinta dalla ritrosa, si trovò in
mezzo alle acque che riposavano di nuovo, lentissimamente inoltrata dal
vento che scemava di forza.
Oggidì le molte palancose, che, o per comodo della pescagione, o per
dedurre l'acqua ai mulini, furono piantate in quel lago ove torna a
restringersi per formare il fiume dell'Adda, lo impigriscono talmente, che
fra Olginate e Brivio può dirsi un paludo morto, ingombro di alghe e di
cannuccie. Ma in quel geloso tempo servendo di frontiera, non permettevano
i signori di Milano che rimanesse rallentato da qualsifosse ingombro,
sicchè sbrigliato scorreva; oltrechè, essendo, come abbiamo
accennato, rigonfio per le nevi sciolte e per frequenti acquazzoni,
versavasi per quell'unico suo scaricatore, e seco traeva la navicella di
Rosalia. All'avvicinarsi d'ogni casa, d'ogni villaggio, quante speranze
sorgevano in cuore della meschina che alcuno la vedesse, la sovvenisse! Ma
era troppo di buon mattino: pei timori di guerra nessuna nave, come abbiamo
ripetuto, solcava allora quel fiume, e la direzione della corrente la
trascinava verso la riva sinistra, deserta di abitazioni.
Anche a Brivio da ultimo passò innanzi, e come vide scostarsi pure
questo castello, come si sentì trasportata rapidamente dal fiume, che
sotto di quello scende a scorsa, si diede per senza scampo perduta. Il
temporale, secondo suole in quella stagione, erasi presto sfogato; e
Rosalia, alzando gli occhi, vide lo stesso vento che avea addensate le
nubi, spingerle ora lontano, al modo onde si dileguavan le sue speranze, e
spazzare la volta del cielo, sulla quale cresceva il sole. Ma qual pro che
il cielo cessasse d'ispirarle sgomento, se non minore glielo infondeva la
rapidità dell'Adda, che, raggirandola, barellandola, la traeva frammezzo
a isolette, a selve, a dirupi, ove non avvisava un abituro, un campo
coltivato? Gli occhi di lei più non avevan lacrime, non più voce la
gola; e quelle ore di spasimo le avevano impresso sul volto un solco
profondo, come anni ed anni di cordoglio, come un'ora di colèra. Con una
stupida maraviglia levava gli occhi al cielo, li girava sulle spiaggie che
le si involavano dai lati, li chinava sulle acque che spumavano,
rumoreggiavano, facevano vortice dinanzi al serpeggiante navicello; ma
sempre finiva col fissarli sovra il suo pargoletto con un amore più
intenso, quanto più s'accostava alla disperazione.
Si assettò di nuovo, se lo coricò sulle ginocchia, gli porse una
poppa... l'altra.... Ohimè! erano inaridite!... Una notte come quella,
in sì fiero struggimento e sì prolungato, ne aveva esausto il latte.
Invano il bambino colle avide labbra facea forza di suggere; invano ella
stessa le premeva; a forza di dolori ne sprizzava sangue vivo, ma nessun
nutrimento. Un'altra idea s'aggiungeva dunque alle atroci da cui era già
straziata: l'idea di aver a morire dalla fame, prima che le acque gli
inghiottissero.---Ma no (diceva tra sé), il fiume è violento, molti
scogli l'ingombrano; romperemo a qualcuno... Ecco là in fondo come
spumeggia intorno a quel masso... ecco là come pare si precipiti. Ivi
sarà l'ultimo tratto, sarà la fine di tante pene.--Ma, e il mio
bambino? tu, frutto delle mie viscere? Perir anche tu? perire innanzi di
aver gustato la vita? innanzi di aver altro provato che pochi giorni di
pianto? O mio Dio! Dio mio! salvate quest'innocente! O angelo suo custode,
venite, levatelo sulle vostre ali, portatelo a salvamento! e me, me
lasciatemi pur al mio destino, non piangerò, non gemerò, morrò
contenta, solo che sopravviva il figliuol mio... Ma che? tu vagisci?...
poverino! hai tu fame? Oh trista me! Desolata me! E non avere onde
ristorarti! o doverti vedere a languire, e forse a morire fra poco!
Le tornavan copiose le miserabili lacrime, ed ancora porgeva il capezzolo
al figliolo, ma ancora senza frutto! onde, convulsa, disperata, chiamava,
strideva;--non rispondeva nessuno; nessuno l'udiva... Illanguidita,
piegavasi sovra il pargoletto, giungeva le sue alle labbra di lui,
nell'atto del colibrì quando porge la lingua a suggere per alimento agli
aerei suoi pulcini.
Rapido intanto, tortuoso caracollando scendeva il navetto. Qualche casipola
di pescatori, qualche mulino scorgeva di distanza in distanza; alcun
contadino, alcun boscaiuolo, alcuna lavandaia, intenti alle opere loro
sulla spiaggia, ove n'era alcun lembo, se vedeano quella barchetta di
lontano, la fissavano un tratto; qualcheduno esclamava:--Strano gusto
d'andare giù pel fiume ora che è così grosso!»
Ma altri soggiungeva:--Non vedi che non ha remi, nè timone? È una
barca che si perde.
--Si perde? Corriamo ad ajutarla. Malann'aggia la guerra che ci tolse i
nostri battelli!»
Correvano, e non sapevano dove, e gridavano verso la barca, e alcuno
affrettavasi ai posti dov'erano le sentinelle e le vedette, ma prima che
fossero arrivati, l'acqua superba avea tratto innanzi la navicella così
che più non potevano se non guardarle dietro ed esclamare:--Povera gente
che v'è dentro! Gli ajutino le anime del Purgatorio!»
Il fiume, che in quello spazio corre a rotta anche ne' tempi ordinarj, ma a
vero precipizio quand'è gonfiato, giunto al luogo che chiamano il _Sasso
di San Michele_ da una chiesuola erettavi dalla timorosa pietà, entra in
un letto più angusto, con furia ancor più minacciosa. Dico il luogo
appunto, ove, tre secoli dopo quel tempo, venne aperto a gran forza ed
artificio un canale navigabile, che dal sovrastante villaggio è
denominato il _Naviglio di Paderno_, e che con moltiplicati sostegni modera
l'acqua in modo, che senza guasto le navi discendono l'altezza di
ventisette metri nella traccia di un miglio o poco più.
Nulla eravi allora di ciò, e il fiume in balia di sè stesso dando
volta, s'insaccava in quella stretta, che oggi ancora, benchè difesa da
salda e fitta travata, mette i brividi ai pochi naviganti che s'avventurano
a passarle da lato, e che ripetono al piloto, ai rematori, di tenersi ben
rasente alla riva opposta, mentre si raccomandano al Signore, e rammemorano
i non rari casi d'infelici, che l'inesperienza o l'impeto strascinò
attraverso per le Trecorna, come vien chiamato quel gorgo. Di qua e di
là del quale ergesi a picco una montagna, da cui i secoli divelsero
enormi catolli, onde è seminato ed irto quel varco. Alcuni si alzano
giganti da emulare i greppi laterali; altri sporgono appena a fior
dell'acqua la cima tagliente; dell'acqua che, riurtata fra i massi,
spumeggia loro intorno, si ritorce in sè stessa vorticosa, ruggisce
sì che da lontano se ne ascolta il frastuono, come da lontano se ne
vedono balzare le spume ad incanutire i più erti scogli, e diffuse in
minutissima spruzzaglia, ingombrar l'aria d'una nebbia trasparente, e
colorarsi dell'iride, rinfrangendo i raggi del Sol levante e del morente.
Intese la Rosalia il grave e minaccioso frastuono, poi vide quell'abisso;
in soprassalto di terrore si scosse dal momentaneo assopimento, cacciossi
le mani nelle chiome irte sul capo; aperse quindi le braccia, le tese colle
dita aggranchite, spalancò gli occhi, la bocca ad un _ah!_ disperato
quando la barca fu presso, quando venne dal vortice strascinata. Al primo
sobbalzo si credette morta; premette al seno il bambino, quasi il suo seno
potesse sottrarlo da quel furore; avventò uno sguardo ansioso sulle
rive, quasi lusingandosi che le potesse bastar la forza per recare,
sventurata! attraverso quell'impeto, fin colà il diletto suo peso.
Udiva frattanto il fondo della barca crocchiare strisciando sul fendente
dei macigni: era diguazzata ora dalle onde che sovverchiavano il legno, ora
dal piovoso polverio, in cui quelle si risolveano frangendo contro i
ronchioni; ogni nuovo fiotto era una trafittura; nessuna era quella della
morte. La morte coglie bensì l'uomo, contento fra le lautezze della
gioja, ma risparmia l'infelice quando la invoca siccome termine delle sue
miserie.
Ed io, nato sulle rive di quel fiume, non dimenticherò mai d'aver
veduto... Egli era un povero sartore della mia terra, fidanzato ad una
setajuola della riva opposta, povera anch'essa, ma ricchi entrambi di
sentimento. Salì egli in battello per varcare il fiume, e andarla a
trovare; l'Adda era grossa: veniva la sera; egli, mal destro nel remare: la
corrente gli tolse la mano e gli strappò un remo, onde giù e giù.
Noi accorremmo; egli fece ogni industria per ajutarsi, ma non vedendo
più modo, in abbandono d'ogni rimedio umano--parmi vederlo
tuttora--inginocchiossi, incrociò le mani sul petto... noi pregammo per
l'anima sua. Al domani si trovarono giù per le Trecorna i galleggianti
frantumi del suo battello.
--La setajuola!
Ma per Rosalia non andò così. La sua barchetta, per non so qual
ventura, ficcossi fra due scogli vicinissimi, uno dei quali, d'ingente
mole, era stato rovesciato dal caso sopra l'altro, in guisa che questo gli
serviva di puntello, come il guanciale a cui un gigante riposasse le membra
enormi, stancate nella battaglia; e sotto al loro cavo, alcuna quiete avea
quel bollimento. Ivi non percosse la barchetta sì forte da andarne
spezzata, e il rincalzo delle onde ve la tenne come confitta e in tentenno
fra il mugghio, fra i vortici, fra la spuma, fra la continua aspettazione
della morte irreparabile.
La Rosalia si levò, curvossi sopra quell'acqua--un salto e più non
comparire fuori,--e aver finito, finito questo prolungato crepacuore.--Ma,
e il bambino? Oh finchè pure un filo di vita restasse, bastava per
attaccarvi la fiducia. Misurava coll'occhio l'ertezza di quelle rupi;
arrampicarsi fin lassù... nulla pareva impossibile alla forza, dirò
meglio, alla frenesia dell'amor materno. Ma e poi?... gente all'intorno non
v'è: il rovinio delle acque non lascia intendere le chiamate. Avrebbe
dunque a morir lassù di fame, dopo aver uno ad uno noverati i singulti
del moribondo figliuolo, dopo sorbito stilla a stilla il calice di quella
desolata agonia. Ora la corrente, che tanto l'avea dianzi spaventata, le
pareva desiderabile, come un rimedio, come l'unica speranza; poteva forse
recarla ad una riva, dove alcuno la guardasse, la soccorresse. Ma qui, qui
non altro poteva aspettare che la morte.
Risoluta pertanto ad avventurarsi di bel nuovo, col vigore che le
infondevano il prepotente istinto della vita e la pietà materna,
puntò le braccia contro quei massi, ne staccò la navicella aderente,
sicchè fra essa ed il macigno potesse mettersi un filo appena d'acqua,
il quale di subito dilatandosi il passo, allontanò il legno, e spinse;
l'istante dopo trovavasi ancora in balia della corrente, trovavasi fra
nuovi gorghi, fra nuovi scogli, poi librata all'impeto dell'Adda che,
emersa da quel sasseto, e ripigliando libero corso, la portava colla
rapidità del desiderio. Lo sgomento attuale cancellava la ricordanza del
precedente; avrebbe voluto ancora trovarsi fra quei sassi, fra quelle
angustie di prima, ma ferma ed appoggiata; e pregava Iddio di ridurla
colà, di presentarle un altro scoglio, ove un istante assicurare la vita
sua e del suo bambino. Chieder salvezza più non osava: assai le era
invocare la morte men dolorosa; o piuttosto ella medesima non sapea più
che dimandare, se non ogni momento, una situazione diversa da quella in cui
si trovava.
Però, dopochè nuovi pericoli la sgomentarono sotto al castello di
Trezzo, l'Adda, spaziando in men ripido letto, portava la navicella con
minor violenza, e nelle vicinanze di Vaprio, l'andava sempre più
accostando alla sponda, sicchè un raggio di speme tornò a brillare
sugli occhi di Rosalia. Di fatto ella fu dalla ritrosa trascinata rasente
ad un masso, che scalzato di sotto dal batter delle onde, formava una
grotta, dalla cui volta pendevano i radicioni e i torti rami d'un
caprifico. Ad uno di questi venne fatto a Rosalia di ghermirsi, e
coll'estremo di sua forza stringendolo,--Grazie al Signore, (esclamò)
eccolo salvato».
Respirò; con occhio consolato riguardò il suo bambino, e sul volto le
si fece tal mutazione, qual era successa nel cielo quella mattina. Il
fiotto tentava bensì di scostare il barchetto, ma essa, attenendosi con
ambe lo mani, ne vinceva lo sforzo. Cominciò poi a mirare d'intorno. La
rupe, dov'essa era fermata, sporgeva erta e discoscesa. Per quanto l'occhio
arrivasse, non si discerneva un approdo. In sulla sinistra dell'Adda,
stendevasi fiorita e verdeggiante la pianura, e per quella vigorosi
contadini e bizzarre Bergamasche attendevan giulivamente dietro alle opere
campestri; ma tanta era la lontananza, tale il rombazzo del fiume, che ella
non potea farsi intendere fin colà. Intanto il sole, giunto a mezzo del
suo corso, sferzava cocente il nudo capo di lei, procurandole un nuovo
tormento, quasi fosse destinata a tutti provarli in quel giorno. E le ore
passavano, e col fuggire di quelle cominciò ad accorgersi come la sua
posizione fosse mutata, non migliorata. Colà, soletta, scevra da tutti,
non vedeva modo come ajutarsi. Forse la disperazione avrebbe potuto
invigorirla ancora tanto, da ghermirsi di sterpo in sterpo, di ronchione in
ronchione, su fino alla vetta, ma e il bambino? Abbandonarlo non era neppur
pensiero che le nascesse, e con esso in collo, nè di muoversi tampoco le
era fattibile: solo per esso tenevasi così avvinghiata al ramo
salvatore.
Il bambino poco dopo si risvegliò, prese a guajolare, tormentato
dall'incomodo posare sugli assi, dalla fame, e dal sole che lo coceva anche
sotto ai panni, con cui, sciorinando il proprio capo e il seno, l'aveva
ricoperto Rosalia. Ogni suo strillo era un coltello al cuore della madre,
che tanto più addentro la trafiggeva, quanto erasi ormai creduta in
salvo.
E come chetarlo? Se abbandona lo sterpo, eccola di nuovo travolta nei
terrori di prima.--Forse è un villaggio qui vicino... ma, e se nol ci
fosse? se non arrivassero in tempo?» Allora tremava che il ramo non si
schiantasse, e viepiù lo stringeva, col furore onde chi affoga si
appiglia a che che gli si offerisca; e gelava e sudava qualora, intontita
dal sole, le paresse veder la rupe ondeggiare e cedere, o sentisse venirsi
meno la forza e fiaccar le giunture delle dita, che sbattevano in
convulsione.
Finchè però stava così, non poteva accarezzare il languido
infante, non premerlo al seno, non l'acquetare baciandolo, cullandolo sulle
ginocchia, fra le braccia. Più dunque non le restava che la voce, colla
quale il veniva confortando, lusingandolo a pazientare, a tacere, a
dormire: non temesse più: verrebbe presto il soccorso; tornerebbe a suo
padre, al suo tetto.... Fin qualche cantilena intonava per
addormentarlo.... cantava in quello stato, in quella agonia!
Ma il fanciullo nè ascoltava, nè smetteva il rammarichio e gli
striduli vagiti, che facevano a brani il cuore di essa. Tentava ella ogni
arte per accostarglisi, toccarlo almeno coi piedi, colle ginocchia, mentre
pure colle nude braccia supine aggavignavasi al caprifico. Più di una
volta fu per lentare le dita e lasciarsi ancora all'arbitrio del fiume, ma
non osava, e rompeva in più dirotto piagnisteo, che accordavasi con
quello del fanciullo in un'armonia di desolante pietà. Tratto tratto
ripigliando alquanto di lena, alzava un grido, il più forte che poteva;
udivasi l'eco iterarlo; l'eco insensibile come l'anima dell'avaro; gli
uccelli annidati fra quei macchioni, sbucavano strepitando, sparnazzando;
ma nessuno rispondeva; un momento dopo, tutto era rientrato nel silenzio,
appena rotto dal cozzare delle onde, che frangendo contro il masso,
facevano barellare il navicello.
Così la fiducia tornò a dileguarsi; più non videsi davanti che la
morte, resa anzi più atroce dalla necessità di eleggere tra
l'affrontarla col rimettersi alle onde, o sorbirla qui per estenuamento di
fame, con sugli occhi il languire affannoso, negli orecchi lo straziante
piagnucolare di quell'innocente. Quante miserie aveva essa mai osservate in
sua vita; quante madri infelici le erano occorse, tutte ora le tornavano a
mente: le une mendicanti dal duro passeggiero un tozzo da sfamare i
pargoletti; le altre, confitte sur un pagliericcio, inferme, senz'altro
poter dare alla loro prole che compianto; espulse di casa da prepotente
soldataglia, da disumani mariti, coi bamboli in collo;--ma i mali di
nessuna le parevano pari ai suoi: quelle avevano i piedi in terra, potevano
strascinarsi in cerca d'un alimento: destavano, se non altro, compassione
in chi le sguardava, ma essa!... Quante preghiere quel giorno non
recitò! quanti voci non fece! Se usciva da quel travaglio, se campava il
suo bambino, avrebbe digiunato tutti i venerdì, poi tutti i giorni;
portato di continuo un cilizio sulla nuda carne; visitato, ginocchione, i
Santuarj. Pareva che le preghiere la calmassero alquanto, la rianimassero;
ma come il suo bambino levava di nuovo i vagiti, smarrita, disperata,
ancora si dava a gridare, a bestemmiare, a maledire chi di tanti patimenti
le era cagione.
Il sole intanto calava; e la vampa, onde per tante ore l'avea
sferzata, dava luogo a quel piacevole ventare, che ricrea le sere in
riva ai fiumi. Già sulla spiaggia opposta Rosalia vedeva, oh con
che invidia! i bifolchi, togliendosi alle fatiche, incamminarsi ai
pacifici casolari: il boatiere cacciarsi innanzi la mandra pasciuta:
la fanciulla colla verga ravviare i branchi di paperi al pollajo. Era
l'ora del crepuscolo, l'ora delle rimembranze per chiunque godette,
per chiunque soffrì, per chiunque amò. Ma per Rosalia non veniva
che preludio di nuovi tormenti. La notte si oscurerebbe: se la fortuna
non aveva mandato nessuno a soccorrerla il dì, quanto meno la sera!
Pure di sopra al capo suo le pareva e no intendere un sussurro, una
faccenda:--Oh se riuscissi a farmi sentire!» E per quanto spossata,
alzò uno strillo,--il ripetè,--credette essere stata intesa,
perchè si fece silenzio: lo raddoppiò, e di fatto gente si
avvicinò all'orlo del masso, e--Chi è laggiù?» gridò una voce.
--Io... una infelice... ajuto, ajuto!» rispose la costernata.
--Ma come siete lì?» richiese la voce.
Ella non replicò se non--Ajuto! ajuto! prendete il mio bambino.»
Erano veramente persone, che passando l'avevano intesa: e come poterono
comprendere ch'ell'era una donna in pericolo di sua vita, pensarono a
salvarla. Ma come? il discosceso della rupe impediva, non che d'accostarsi,
nè tampoco di vedere se costei fosse nell'acqua, se in nave, se s'uno
scoglio. Andare per una barca sino a Vaprio era lungo viaggio, poi più
lungo il salire a ritroso della corrente; ella intanto si sarebbe affogata.
--Volete una corda?» le gridarono.
--Sì, sì... una corda: Ajuto, ajuto... subito... Il mio bambino
muore.»
Lesti adunque presero un canapo, che per buona ventura si trovava sul
carro, e lo calarono giù: ma parte che essi non sapevano il luogo
appunto ove ella si fosse, parte che il masso, sportando, teneva la corda
discosta dalla barca, mai non potè la infelice vedersela sì vicino,
che osasse abbandonare il suo ramo; e veniva dicendo:--A ritta--A
mancina--Non la posso prendere--Ajuto--ajuto!»
Finalmente la corda le rasentò la persona, onde la Rosalia, sicura omai
di poterla tenere, lasciò il ramo per ghermirla.
Ahi lassa! non appena sciolse la mano, l'acqua respinse la barchetta; la
fune tutta molle le sguisciò fra le mani, che intormentite non avevano
forza di fermarla; essa vide un'altra volta fuggir la riva; vide le persone
che dall'alto del sasso la stavano additando, compiangendo, gridando