L'olmo e l'edera - 08
aver fatto perdere il tempo al mio ottimo medico.
Guido la ringraziò con un cenno del capo, ma non rispose motto. Egli
pensava a mille cose in un tempo, e, tra i concetti che gli giravano
confusi nella fantasia, gli pareva che dovesse esserci il buono. Però
stava cercando, e non rispondeva nulla a quel disperato ragionamento.
Ma come gli parve di aver trovato, si alzò in piedi e le disse:
--Mi avete promesso di venire domani a fare una gita in carrozza.
--Sì, e non disdico la mia parola. Sarà la mia ultima uscita. A che
ora verrete?
--Alle undici, se non vi dispiace.
--No, certo; e dove andremo?
--Perchè questa curiosità? Quando io vi ordino qualche pozione,
domandate voi come si chiama?
--Avete ragione, e poichè non c'è nulla che m'abbia a risanare, mi
farò presso di voi un merito di non chiedervi nulla.
Laurenti stette muto per la terza volta; ma per la prima volta,
accompagnandola in casa, le offerse il suo braccio. Ella del resto era
molto stanca, e ne aveva bisogno per reggersi in piedi.
XIV.
Era una bellissima giornata, una di quelle giornate che fanno nascere
nell'anima dei poveri condannati al lavoro quotidiano, il desiderio di
una modesta entrata e di una carrozza per uscirsene alla campagna. Il
cielo limpido, trasparente, rasserenava lo spirito e tingeva d'azzurro
i pensieri; l'aria fresca del mare temperava la vampa del sole e
ristorava i polmoni.
Fuori della città, i terrapieni, i fossi e le praterie, si smaltavano
di margheritine, oracolo a buon prezzo per le fanciulle innamorate. I
mandorli, i peschi, i peri fioriti, ornavano co' loro pennacchi
bianchi e rosei le falde dei colli, non abbastanza inverdite dalle
fronde novelline degli alberi. Rideva tutt'intorno quella giovine
bellezza di natura che il pittore, costretto a cavare i suoi effetti
dalla abbondanza delle frasche, dalle balze sassose, dai campi
biondeggianti, non può ritrarre con efficacia; bellezza che forse
apparirebbe falsa e stonata sulla tela, ma che parla al cuore e lo
soggioga con tutte le grazie innocenti della prima gioventù. Oh
primavera, gioventù dell'anno! Gioventù, primavera della vita!
La carrozza della signora Argellani uscì per via Carlo Felice e via
Giulia, verso porta Romana. La signora Luisa non aveva sulle prime
badato a questo itinerario; ma, come fu alla porta, chiese a Laurenti:
--Perchè non siamo andati per porta Pila? Dove mi conducete voi?
--Vi contento, signora;--rispose Guido.--Mi dicevate un giorno che
sareste andata molto volentieri.....
--A Staglieno; me ne ricordo. Ma ricordo altresì che voi mi avevate
risposto...
--Che non era ben fatto; sì certo, vi ho risposto così.
--Che la vista dal camposanto faceva male;--proseguì la Luisa.
--Sì, anche questo; ma oggi ho mutato pensiero,--disse il giovine,
sospirando--Voi non volete più essere di questo mondo; i consigli
degli amici non valgono a rattenervi, e bisognerà lasciarvi fare a
modo vostro. Andiamo dunque al camposanto, ed avvezziamo gli occhi
alla nuova dimora. Anch'io, signora, sono molto stanco di vivere.
--Voi! e perchè?
Laurenti le rispose con un'altra dimanda.
--Ah, credete di aver voi sola cagioni di rammarico e tedio della
vita? Non tutti i forti dolori si manifestano negli occhi, o si
dipingono sulle guancie.
Così dicendo, chinò la testa sul petto, e non fece altre parole. La
signora Argellani non cercò di riappiccare il discorso, e ambedue
fecero la strada in silenzio, fino al termine della malinconica gita.
Come furono al camposanto, la carrozza si fermò; Guido saltò a terra
ed aiutò la signora a discendere, in quella che il custode della
necropoli, aperto il cancello, si faceva incontro ad essi col berretto
in mano.
Magnifica dimora è il cimitero di Staglieno, e quando sarà finito,
nessun'altra città d'Italia potrà vantare il somigliante per ricchezza
di marmi e di disegno. Tutto quanto il genio capriccioso di un pittore
potrebbe fantasticare per darci immagine di una antica città, arcate
sovrapposte ad arcate, templi, colonne, monumenti sovrapposti a
gradinate gigantesche, giuoco mirabile di linee in prospettiva,
pensile orto babilonese di architettoniche meraviglie, che si innalza
a guisa di piramide sul fianco della montagna, tutto ciò si vede, non
dipinto, non fantasticato, ma vero, ma edificato, scalpellato, a
Staglieno. La morte è maestosa lassù; mirabile effetto del complesso,
dell'armonia del tutto, contemplata da una giusta distanza.
Io non so (e chi può sapere siffatte cose?) che mala fine faranno le
mie ossa. Ma dovunque e comunque io avessi a morire, non vorrei essere
sepolto nel camposanto di Staglieno. Colà lo sfarzo opprime; colà il
solito orpello della vita, la consueta menzogna, vi seguono nella
morte, e non c'è per compenso un filo di verde, di cui un amico,
venendo a salutarvi, possa dire: è succo della sua carne. Per me, ho
sempre sognato una modesta fossa ed una modesta pietra, sulla cima di
un poggio che guardi al mare, a' piedi d'un albero di pino, il mio
albero prediletto, che ho amato da ragazzo pe' suoi frutti che andavo
avidamente sgusciando sul focolare domestico; da giovinetto per le sue
resinose fragranze che mi facevano bello il dimorare nella boscaglia;
da giovine perchè piaceva a _lei_, e più tardi perchè in terre lontane
mi raffigurava la mia prediletta, la mia sacra terra di Liguria.
Così vorrei dormire il sonno eterno, lontano dalle visite cerimoniose
dei viventi e dalla mala compagnia dei defunti. Ma ohimè, quando
morrò, e se morrò nel mio letto, il mio sogno non gioverà a nulla,
anco se confidato alla carta bollata di un testamento. I becchini
verranno a pigliarmi, armati della legge municipale, e mi toglieranno
anche la libertà della sepoltura. _Libertas!_ _Libertas!_ I nostri
padri scrivevano questo motto, insieme coll'arma della repubblica,
sulla porta delle prigioni.
La signora Argellani e Guido Laurenti entrarono sotto le arcate del
cimitero. Luisa non era stata da molti anni colà, e ogni cosa le
sapeva di nuovo. Avvezza poi da qualche tempo ad accarezzare
nell'animo suo il pensiero della morte, quella vista non le strinse il
cuore punto punto, e, sospesa al braccio di Guido, ella si fece anzi a
correre spedita come una giovinetta curiosa che entri per la prima
volta in un bel giardino annesso al palazzo in cui essa ha da metter
dimora.
Cotesto non isfuggiva alla gelosa attenzione del giovine, e il suo
cuore si riempiva di amarezza. Essa è felice, pensava egli, è felice
perchè sente d'essere vicina a morire e non s'avvede, e nulla le dice
che qui, daccanto a lei, c'è taluno che l'ama, e che morirà se ella
muore! Che s'ha egli a dire di quella potenza magnetica che fu
fantasticata svolgersi in raggi invisibili da tutti i nostri pori,
circondare un corpo, un'anima diletta, e stringerla in una cerchia di
arcani effluvii che la inebbriano e la soggettano a noi? Baie di
cerretani! Se questa possanza non fosse una invenzione, la mia volontà
l'avrebbe sprigionata, e a questa donna non balzerebbe ora il cuore
per l'allegrezza, pregustando la voluttà della morte.
Ma se la signora Argellani non sentiva l'influenza magnetica del
braccio a cui era sospesa, ella non istette molto a sentire
l'influenza malinconica delle tombe.
--È un bel luogo--disse ella, dopo aver varcato le prime gallerie--ma
è molto triste. C'è troppa bianchezza di marmi.
--Eh, signora mia!--rispose Guido, crollando la testa.--Ci vuol pure
un po' di lusso, dopo la morte. La menzogna, che ci veste e che ci
guida nella moltitudine dei vivi, dovrà forse fermarsi alla porta del
cimitero?--
In quel momento un gran mausoleo (un mausoleo in tutta la forza del
vocabolo, poichè era la tomba di un re di danari, se non di provincie,
ed era stato eretto da una nuova Artemisia) si parò davanti agli occhi
dei due visitatori.
--Chi dorme là dentro, ch'io non vedo la scritta?--chiese la signora
Argellani
--Un padre di famiglia, o signora. La vedova e i figli inconsolabili
ci hanno speso cinquantamila lire. Gli è un magnifico monumento, in
verità; le statue delle tre virtù teologali sono assai finamente
condotte nel più bel marmo che si scavi a Carrara; quel ritratto è
parlante. Era il banchiere Corradenghi, un uomo savio e liberale, che
fece tanto bene al prossimo. Lasciò venti milioni di sostanza. Poveri
suoi figli, abbandonati in così tenera età dalle cure paterne! La
moglie, poverina, la conoscete voi, quella bionda signora, piccina e
graziosa, che avrà oggi i suoi quarantaquattro anni e l'usufrutto del
patrimonio, sua vita naturale durante? Il bassorilievo è del celebre
Ghisolfi, quel tale che l'accompagna sempre a teatro e a diporto.
L'epigrafe dev'essere stata commessa a quel valente professore del
Federici, ma oramai non si sa come appiccicarla qui, a cagione di un
certo aggettivo _inconsolabile_, che ci starebbe proprio a pigione.--
La signora Luisa chinò il capo a quella infilzata di tristi verità.
--Siete crudele!--disse ella.
--Ma giusto, ma veritiero. Non son mica un'epigrafe, io, e non sono
stato pagato per parlar qui in un modo, e lasciar pensare ed operare
più lunge in un altro. Del resto, non c'è da far colpa a nessuno; tale
il morto, tali i superstiti.--
Qualche lettore schizzinoso dirà che Laurenti poteva tenersi in corpo
le sue considerazioni, dappoichè nella casa dei morti disdice la
satira. Ma a cotesto si risponde: disdirà la satira nel cimitero,
quando non c'entri più il panegirico, nè la bugia. In quanto a me,
narratore fedele, ma anco un tantino mallevadore dei discorsi de' miei
personaggi, non reputo sconvenevoli le note sarcastiche di Laurenti,
imperocchè esse hanno riscontro nella consuetudine di tutti. Una mano
sul cuore, lettori miei, e rispondetemi la verità. Chi di voi, andando
a visitare un cimitero, non è stato tirato a simiglianti
considerazioni, se non forse più acerbe?
Laurenti, poi, ci aveva la sua ragione particolare, a dire la verità
nuda e cruda. Il suo disegno era pietoso, come vedrete a suo luogo.
Egli condusse la signora Argellani dinanzi ad un nome illustre nella
scienza, e là, cavata una bella rosa che aveva tenuta nascosta sotto
le risvolte dell'abito, la depose modestamente sull'urna.
--Che cosa fate?--gli chiese la signora Luisa, guardandolo in volto, e
vedendo una lagrima tremargli negli occhi.
--Mando un saluto ad un amico, ad un maestro. Costui, signora, fu
grande e fu umile. Hanno innalzato un monumento al suo ingegno;
nessuno lo ha fatto al suo cuore, che fu più grande dell'ingegno a
gran pezza. Povero e venerando amico! Vivo, lo avevano fatto
commendatore; si ascoltavano le sue parole come altrettanti responsi;
ed era onore grandissimo accompagnarsi con lui per le vie; ma una
bronchite ha rotto il filo a tutte le ammirazioni, a tutti gli
ossequi. Ossequi ed ammirazioni, si sono raccolti, sdebitati in questo
marmo; l'affetto solo non reputa di avere saldato il suo debito alla
rara bontà dell'animo, che faceva di quest'uomo un consolatore degli
afflitti, la provvidenza degli sventurati. Imperocchè quest'uomo, o
signora, è morto povero in una casa presso che vuota: quello che egli
possedeva, lo avevano i bisognosi; la grande autorità ch'egli avrebbe
potuto mettere a frutto per sè medesimo, fu sempre spesa a profitto
d'altrui.
--Non siate adunque egoista,--soggiunse intenerita la donna
gentile,--e consentite che anch'io metta la mano su questa rosa, per
associarmi coll'animo al vostro tributo affettuoso. Ora voi, colle
vostre parole, mi dimostrate che non è tutto menzogna in questi
luoghi, come avevate detto pur dianzi.
--Ho io detto ciò in forma assoluta? No certo. E poi, anche il mio
ricordo, che cos'è? La virtù di quest'uomo vive nelle mie ricordanze,
ma come una pallida immagine del passato. Io, che l'ho amato come un
padre, io vivo senza di lui, non sento la necessità di stargli
daccanto. Gli altri, poi, e parlo dei buoni, leggono le sue opere, ma
non hanno bisogno di salutar vivo l'autore. Vengono qui a caso,
guardano con reverenza la sua tomba, e poi se ne vanno a desinare,
forse un tal po' melanconici, per la visita fatta alla casa della
morte, ma senza mandar giù un boccone di meno. Questa è la morte, o
signora, e questa è la vita.--
Fecero alcuni passi in silenzio, chè ognuno dei due ci aveva da
meditare su quel tema. Là presso era una porta, che metteva, per un
ampio giro di scale, ad una galleria superiore. E per di là Guido fece
salire la signora, affinchè ella cansasse la fatica di una lunga rampa
all'aperto.
Sull'ultimo pianerottolo di quella scala, si apriva lateralmente una
di quelle gallerie chiamate, con nome latino, colombarii; lunga
sequela di nicchie aperte nei fianchi delle pareti, nelle quali si
mettono le casse, e che poi si chiudono con un accoltellato di
mattoni, sul quale si dà l'intonaco, e si appiastra l'epigrafe col suo
numero d'ordine. Questa dei colombarii è la forma più triste della
morte.
La signora Argellani, guidata dal medico, entrò nell'aria soffocata
del colombario, e le si strinse il cuore alla vista di quella bassa
vôlta, di quelle pareti le quali parevano doverla opprimere, man mano
che si fosse inoltrata in quell'andito.
--Ohimè!--disse ella, guardando compassionevolmente quelle
nicchie.--Come si ha da stare a disagio qui dentro! E non c'è fiori,
non ghirlande, che dimostrino il memore affetto dei parenti e degli
amici, a questi poveri rinchiusi!
--Che volete, signora? Si dimentica presto. C'è un'ora di viaggio, a
venire fin qua.
--Ah, ecco delle foglie secche;--soggiunse ella;--gli avanzi di un
mazzolino!
--Povera Caterina!--esclamò Guido, fermandosi a guardare là dove s'era
fermata la signora.
Gli occhi della Argellani corsero allora a leggere l'epigrafe.
--Ah!--disse la donna gentile.--È qui la Caterina Stella?
E rimase immobile a guardare la nicchia, in atto di chi medita, col
mento raccolto tra il pollice e il medio, il gomito stretto al seno, e
l'altra mano penzoloni lungo le pieghe della veste.
Guido stette taciturno un tratto a contemplare quella statua vivente
della meditazione, e indovinando i tristi pensieri che le ingombravano
la mente, si fece daccanto a lei, parlandole in tal guisa:
--Sì, la Caterina Stella. Eccola lì, dietro questa parete sottile, tra
quattro assicelle di quercia. Oltrepassate questo muro, spiate tra le
fessure di quelle tavole cogli occhi della mente, e la vedrete, la
Caterina Stella, il cui casato era così leggiadro tema di bisticci,
foggiati a complimento. I suoi capegli d'oro, pari a quelli di madonna
Laura, cantati da nuovi Petrarca, dipinti da un altro Simon Memmi,
sono là entro, disciolti, senza la natìa lucentezza, corrosi dal
tarlo. Quel volto ovale, quella bianchezza mirabile di carnagione,
quegli occhi che mandavano faville..... non c'è più nulla! Vi
ricordate della Caterina Stella ne' suoi bei tempi? C'era ressa di
adoratori dintorno a lei, sebbene il marito fosse geloso come una
fiera, e minacciasse pur sempre di mordere. Il Riccoboni lo dicevano
il preferito tra tutti i suoi cavalieri, sebbene il Cigàla avesse
avuto tre duelli per lei, e sebbene il Grandi, a chi ne parlava,
dicesse con una certa sua aria misteriosa che le erano tutte
chiacchere. Ella avrebbe forse trentadue anni, se vivesse; e sono già
otto anni che la è qui povera Stella senza luce, povera Pleiade
scomparsa dal firmamento! Io vengo qualche volta a vederla, e ho
sempre notato che ella non ha mai avuto un fiore da nessuno, ella che
ne riceveva tanti, il dì della sua festa, il 19 di Maggio! Nessuno de'
suoi tanti adoratori, neppure quel tale che per lei si aperse nel
petto una ferita, dichiarata risanabile in quaranta giorni, vien qui a
piangere sulla tomba di lei, di lei che li aveva tutti quanti sotto il
suo palchetto in teatro, pronti a raccogliere e voltare a sè ognuna
delle occhiate che ella mandava sbadatamente in giro, o posti in
sentinella sotto le sue finestre per cogliere il momento che ella si
facesse a sollevare lo sportello della gelosia.
--E questi fiori secchi?--dimandò la signora Argellani.
--Sapete chi li ha posti qui?--disse Laurenti.--Il marito. Squallido
come un tronco d'albero sul quale sia caduta la folgore, il solo
amante vero che ella abbia avuto, fu lui. Gli altri tutti, allegro
stuolo di farfalle, si sparpagliarono per l'aria. Egli in cambio, ogni
anno, ogni mese, ogni settimana era qui, presso la sepoltura di sua
moglie, e qui l'ho veduto entrar io molte volte. Ma oggi, anche lui
s'è stancato, ed ha chiamato un'altra compagna sotto il vedovo tetto.
Il suo dolore ha vissuto sette anni, e non ha potuto durare più a
lungo neppur esso. Chi la ricorda più, ora, la povera Caterina dai
capegli d'oro? Io, a caso, venuto qui insieme con voi. Tra i viventi
che si accarezzano e si addentano laggiù, in quel popoloso centro di
affetti e di rancori, la sua immagine non torna più alla mente di
nessuno; il suo nome non è più sulle labbra di amici o di nemici; ella
è morta due volte. Chi pensa all'orma sua sul selciato di Via Nuova, o
sul battuto dell'Acquasola? Ah, bella cosa, in fede mia, bella cosa il
morire!--
La signora Luisa era rimasta grandemente turbata da quel discorso
doloroso del suo medico; ma l'ultima frase la scosse.
--E perchè no?--disse ella.--Bella cosa, pur sempre!
--Sì,--incalzò Laurenti,--bella cosa davvero! Con questa luce che
splende fuori, voi sarete qui, rinchiusa in uno di questi androni,
soffocata in una di queste nicchie, col capo da questa parte e i piedi
dall'altra. Non vedrete più la terra, il mare, i fiori, sorriso di
Dio. Qui sempre, sola, sola! Una volta all'anno, le cerimoniose usanze
del mondo tireranno quassù un branco di curiosi viventi, che non
volgeranno nemmeno uno sguardo su voi; gente felice, o distratta,
dimentichevole sempre, che verrà a fare la sua passeggiata, e sarà
molto, imperocchè i cento presenti faranno pensare ai centomila che
stanno lontani. Se i morti pensano, se l'anima loro rimane e in
qualche modo si dà pensiero del suo abito logoro, e' debbono pure
dolersi di aver posto il loro affetto in cuori di sasso, di aver
sudato per figli ingrati, di aver patito per chi non rammenta più che
fossero nati. E allora che pensieri, che amarezze, nella notte di
quelle nicchie sconsolate! Addio, Caterina dai capegli d'oro! Io non
ho mai vegliato sotto le vostre finestre, non ho mai desiderato uno
de' vostri sguardi fiammanti; pure, non vengo mai al camposanto, senza
salire quassù, a salutarvi e portarvi le novelle degli uomini che vi
hanno dimenticata.--
Ciò detto, Guido si volse alla donna gentile che stava ad udirlo.
--Ed ecco, o signora, per chi spesso si muore. L'amore.... bella cosa!
Pigliatevi il fastidio di morire per cotesto, di lasciare il sole, i
supremi diletti della intelligenza, le ineffabili consolazioni della
fede, della carità, della speranza, il gusto delle arti, la curiosa
investigazione delle scienze, la ricerca delle anime buone che
intendano la vostra, e colla vostra facciano manipolo contro il volgo
profano! Il Nume, a cui v'immolate, merita davvero il sacrifizio di
questi nonnulla!--
--E le vostre consolazioni non tradiscono del pari? La ricerca delle
anime buone non conduce ella forse di sovente in inganno?
--Sì, di sovente; ma chi cerca trova; gli inganni sono fermate, sono
ostacoli, che non debbono disanimare i generosi, come il mal esito di
uno sperimento non disanima il cultore della scienza. Del resto, il
paragone tra l'amore e le altre consolazioni di cui vi ho parlato, non
corre. Lo scienziato che studia, non si avvilisce punto per aver
fallita la strada; l'uomo che ha errato nel giudicare degli altri, non
si disonora a sperare che nuovi amici valgano meglio dei primi;
laddove nelle cose di amore, segnatamente per le donne, il cercar
molto, il far troppi sperimenti, conduce alla abbiettezza. Ma, appunto
perchè non si possono moltiplicare le prove, appunto perchè bisogna
starsene alle prime, non s'ha nemmanco a sentenziare sommariamente e
condannarsi da sè a scontar la pena di un errore. Gli affetti mal
posti, quando si riconoscono tali, contristano; ma non dobbiamo
altrimenti lasciarci sopraffare; tanto più che l'amore, considerato in
sè stesso, non è punto necessario alla vita.
--Dite da senno?
--Del migliore ch'io m'abbia. Anche in me, per avventura, la pratica
potrà romper guerra alla teorica; ma, ch'io ami o no, non rileva, non
toglie nulla alla bontà della tesi. E la mia tesi è questa, che si può
vivere senza amore, che fuori dell'amore v'hanno gioie sublimi,
altissimi conforti. Nè già pretendo che ognuno abbia ad intenderla
così. Tutti vogliono provare, ed hanno diritto a provare. Ma io parlo
per le anime inferme, che hanno provato e patito. L'amore non deve
uccidere; non si ha da sacrificare a lui l'esistenza. Io lo considero
come uno dei colori che compongono l'arcobaleno della vita, come un
elemento che affina le anime, iniziandole al dolore ed alla pietà. Ma,
passato l'amore, grandi cose rimangono ancora; rimane, verbigrazia, la
carità, questa altissima tra le passioni, che ha tante forme, tante
diramazioni quante sono le forme, i meati, della operosità umana.--
La signora Argellani era fortemente commossa. Il luogo, le dolorose
sensazioni, il parlare tra sarcastico ed affettuoso, tra sdegnoso e
malinconico, del giovine Laurenti, avevano destato un tumulto di
pensieri, una vera rivoluzione nel suo spirito infermo.
Erano intanto usciti all'aria aperta, ed ella si era seduta su d'uno
scaglione presso un cortiletto, dov'era la postierla del camposanto,
che mette alla viottola sul dorso della montagna. Là seduta, la donna
gentile stava raccolta in sè stessa, quasi ad udire il suono delle
vigorose parole di Laurenti nel profondo della sua anima, suono che
svegliava tanti echi e destava tante voci confuse.
Dopo una breve pausa, Guido si mosse, e nelle zolle erbose che
facevano tappeto a' piè di un muricciuolo, colse una margheritina, che
portò alla signora Argellani.
--Sarà,--disse egli--un ricordo del cimitero che porterete in città.
--E voi,--si fece ella a dire, seguendo il filo dei pensieri che
internamente rivolgeva, in quella che pigliava il fiorellino dalle
mani del giovine--non avete nessuna memoria qui dentro?
--Nessuna, salvo quel venerando amico che vi ho detto.
--Non una donna?--proseguì la signora Luisa.--E che cosa venivate così
di sovente a far qui?
--A passeggiare. Le urne fanno bene allo spirito, anche quando non
siano tutte urne di forti. Venivo qui a passeggiare, a pensare, per
tutti coloro che non pensavano punto.
--Credevo che solo una morta avesse potuto tirarvi qua.....
--Una morta..... sì c'è stata una donna morta, ma non della morte
materiale; però essa non dorme nel cimitero. L'ho sepolta
qui....--così dicendo, Guido accennava il cuore--e la pietra, che vi
ho posta sopra, non s'ha più da smuovere.--
La signora Luisa, a queste parole, alzò gli occhi per guardare in
volto Laurenti, e, per la prima volta, nel suo medico, nell'amico,
vide un fratello nel dolore.
--E perchè--chiese ella--non discacciarla del tutto dal vostro cuore?
--No, signora; bisogna ricordar sempre. Perdonare è da generoso;
dimenticare è da stolto. Ricordare dunque, ma non morire, perchè non
abbiano a riderne gli sciocchi.
--Potreste aver ragione;--soggiunse ella, con aria pensierosa.--La
morte è assai brutta qua entro.--
Un lampo di gioia balenò negli occhi di Laurenti, ma la signora
Argellani non se ne addiede.
--Andiamo via--disse ella, poco stante, al suo compagno.--Mi sento
oppressa da quest'aria di tomba.--
Laurenti fu sollecito ad accompagnarla verso la porta, che era chiusa
da un semplice saliscendi.
--Andiamo in giù per la viottola--le disse egli--e non avrete a rifare
la strada in mezzo al marmo e alle croci.--
XV.
La loro comparsa sul limitare, disturbò i negozii ad un crocchio di
fanciulli che stavano là giuocando per terra, raccogliendo sassolini
sopra cocci di stoviglie e pezzetti di lavagna, sucidi, scalzi,
moccicosi, coi capegli arruffati, le vesti sbrandellate, come è
agevole argomentare di ragazzaglia del contado, ma tutti pieni di
salute e allegri come passere.
--Ecco la vita daccanto alla morte!--esclamò Laurenti.--La filosofia
filtra i suoi esempi dappertutto.
I marmocchi s'erano levati in fretta, e due più grandicelli, e per
conseguenza più ruvidamente soggettosi, giuocarono di calcagna, lesti
come ramarri all'avvicinarsi dell'uomo.
--Che bel bambino!--disse la signora Argellani, adocchiandone uno, che
era rimasto fermo, e che era meglio in arnese degli altri.--Come ti
chiami?
Il fanciullo non rispose, e spalancò i suoi occhi azzurri per guardare
la bella signora.
--Via, sii buonino! Come ti chiami?--ripetè ella, accarezzandolo.
--Non lo so--borbottò il fanciullo, dimenando le spalle e chinando gli
occhi sopra un coccio che teneva tra mani.
Ma la signora Luisa, a cui quella scena campestre risvegliava nel
cuore quella passione pei bambini che tutti sentiamo, segnatamente
quando non ne abbiamo dei nostri, volle averne l'intiero e proseguì:
--Vuoi venire a star con me?
--No!--rispose asciuttamente il fanciullo.
--E perchè? Ti metto forse paura?
--No!--ripetè egli, che quella parola la sapeva dire per bene.
--E perchè dunque non vuoi venire con me?
--Perchè voglio stare con mia madre.
--Carino! E dov'è tua madre?
--È in casa.
--E dov'è la casa?
Il marmocchio, stretto da tutte quelle dimande, non rispose più nulla.
--Prendi;--entrò a dire Laurenti.--Questo lo porterai alla mamma.
E gli messe in mano uno scudo. Il ragazzo lo guardò; parve paragonarlo
col coccio, poichè lasciò tosto cadere quest'ultimo, voltando e
rivoltando invece con molta curiosità quel nuovo balocco che gli
luccicava tra le dita; poi si mosse per andarsene, dando ragione a
quello scettico che lasciò scritto:--«volete levarvi uno dai fianchi?
dategli in mano cinque lire.»
--Come si dice, Giovannino? Fa una riverenza al signore e alla
signora, e di' loro: grazie tante!--
Queste parole erano dette da un nuovo personaggio, di genere
femminino, cioè dalla madre del ragazzo, che era capitata allo svolto
della viottola, chiamata colà dai fuggiaschi.
--Grazie!--borbottò Giovannino, udendo la voce della madre, presso la
quale fu sollecito a ricoverarsi.
--È vostro figlio?--chiese la signora Argellani.
--Sissignora; e scusi se gli è un orso. Ma quando gli è in casa parla
anche troppo. Che cos'è questo? che cos'è quest'altro? E giù una
litania di domande e di ciarle, che m'introna la testa.
--È un bel biondino, e vi somiglia di molto.
--Oh, non lo dica, per carità; gli è tutto il suo povero padre.
--Siete vedova?
--Per mia disgrazia, sì.
--Oh, poverina! Ed è molto?
--Saran tre anni a San Giovanni Battista, e al mio piccino, che allora
lo portavo ancora nel seno, ci ho voluto mettere il nome. Oh, beati
Loro, che li hanno qui, i loro morti da vedere. Io, disgraziata, non
posso nemmeno andare a dire un deprofundis sulla tomba del mio povero
Sandro.--
E così dicendo, la contadina si asciugò due grosse lagrime col lembo
del suo grembiale.
--Dove è morto?--chiese Laurenti.
--Lassù, per l'Italia, a San Martino. Oh, me lo aveva detto, quando lo
richiamarono sotto le armi: «Maddalena, non ti vedrò più, e morirò
d'una palla, o d'inedia, lontano da te.» Ed io allora: «Che hai,
Sandro? Non ti accorare; tornerai. Fatti onore...» E mi scoppiava il
cuore a dirgli così, proprio come mi scoppia adesso che me ne ricordo.
E lui a dirmi: «Ama mia madre e mio padre, poveri vecchi, che ti hanno
sempre voluto bene, come se tu fossi la loro figliuola. Ama nostro
figlio, e se io non debbo vederlo, non gli dare un altro padre, che
metta le mani addosso al mio sangue...» Oh, poveretto, così buono! Il
dì ch'io avessi a sposarne un altro, vorrei morire maledetta, e non
andar nemmeno a riposare nel sagrato.
Guido la ringraziò con un cenno del capo, ma non rispose motto. Egli
pensava a mille cose in un tempo, e, tra i concetti che gli giravano
confusi nella fantasia, gli pareva che dovesse esserci il buono. Però
stava cercando, e non rispondeva nulla a quel disperato ragionamento.
Ma come gli parve di aver trovato, si alzò in piedi e le disse:
--Mi avete promesso di venire domani a fare una gita in carrozza.
--Sì, e non disdico la mia parola. Sarà la mia ultima uscita. A che
ora verrete?
--Alle undici, se non vi dispiace.
--No, certo; e dove andremo?
--Perchè questa curiosità? Quando io vi ordino qualche pozione,
domandate voi come si chiama?
--Avete ragione, e poichè non c'è nulla che m'abbia a risanare, mi
farò presso di voi un merito di non chiedervi nulla.
Laurenti stette muto per la terza volta; ma per la prima volta,
accompagnandola in casa, le offerse il suo braccio. Ella del resto era
molto stanca, e ne aveva bisogno per reggersi in piedi.
XIV.
Era una bellissima giornata, una di quelle giornate che fanno nascere
nell'anima dei poveri condannati al lavoro quotidiano, il desiderio di
una modesta entrata e di una carrozza per uscirsene alla campagna. Il
cielo limpido, trasparente, rasserenava lo spirito e tingeva d'azzurro
i pensieri; l'aria fresca del mare temperava la vampa del sole e
ristorava i polmoni.
Fuori della città, i terrapieni, i fossi e le praterie, si smaltavano
di margheritine, oracolo a buon prezzo per le fanciulle innamorate. I
mandorli, i peschi, i peri fioriti, ornavano co' loro pennacchi
bianchi e rosei le falde dei colli, non abbastanza inverdite dalle
fronde novelline degli alberi. Rideva tutt'intorno quella giovine
bellezza di natura che il pittore, costretto a cavare i suoi effetti
dalla abbondanza delle frasche, dalle balze sassose, dai campi
biondeggianti, non può ritrarre con efficacia; bellezza che forse
apparirebbe falsa e stonata sulla tela, ma che parla al cuore e lo
soggioga con tutte le grazie innocenti della prima gioventù. Oh
primavera, gioventù dell'anno! Gioventù, primavera della vita!
La carrozza della signora Argellani uscì per via Carlo Felice e via
Giulia, verso porta Romana. La signora Luisa non aveva sulle prime
badato a questo itinerario; ma, come fu alla porta, chiese a Laurenti:
--Perchè non siamo andati per porta Pila? Dove mi conducete voi?
--Vi contento, signora;--rispose Guido.--Mi dicevate un giorno che
sareste andata molto volentieri.....
--A Staglieno; me ne ricordo. Ma ricordo altresì che voi mi avevate
risposto...
--Che non era ben fatto; sì certo, vi ho risposto così.
--Che la vista dal camposanto faceva male;--proseguì la Luisa.
--Sì, anche questo; ma oggi ho mutato pensiero,--disse il giovine,
sospirando--Voi non volete più essere di questo mondo; i consigli
degli amici non valgono a rattenervi, e bisognerà lasciarvi fare a
modo vostro. Andiamo dunque al camposanto, ed avvezziamo gli occhi
alla nuova dimora. Anch'io, signora, sono molto stanco di vivere.
--Voi! e perchè?
Laurenti le rispose con un'altra dimanda.
--Ah, credete di aver voi sola cagioni di rammarico e tedio della
vita? Non tutti i forti dolori si manifestano negli occhi, o si
dipingono sulle guancie.
Così dicendo, chinò la testa sul petto, e non fece altre parole. La
signora Argellani non cercò di riappiccare il discorso, e ambedue
fecero la strada in silenzio, fino al termine della malinconica gita.
Come furono al camposanto, la carrozza si fermò; Guido saltò a terra
ed aiutò la signora a discendere, in quella che il custode della
necropoli, aperto il cancello, si faceva incontro ad essi col berretto
in mano.
Magnifica dimora è il cimitero di Staglieno, e quando sarà finito,
nessun'altra città d'Italia potrà vantare il somigliante per ricchezza
di marmi e di disegno. Tutto quanto il genio capriccioso di un pittore
potrebbe fantasticare per darci immagine di una antica città, arcate
sovrapposte ad arcate, templi, colonne, monumenti sovrapposti a
gradinate gigantesche, giuoco mirabile di linee in prospettiva,
pensile orto babilonese di architettoniche meraviglie, che si innalza
a guisa di piramide sul fianco della montagna, tutto ciò si vede, non
dipinto, non fantasticato, ma vero, ma edificato, scalpellato, a
Staglieno. La morte è maestosa lassù; mirabile effetto del complesso,
dell'armonia del tutto, contemplata da una giusta distanza.
Io non so (e chi può sapere siffatte cose?) che mala fine faranno le
mie ossa. Ma dovunque e comunque io avessi a morire, non vorrei essere
sepolto nel camposanto di Staglieno. Colà lo sfarzo opprime; colà il
solito orpello della vita, la consueta menzogna, vi seguono nella
morte, e non c'è per compenso un filo di verde, di cui un amico,
venendo a salutarvi, possa dire: è succo della sua carne. Per me, ho
sempre sognato una modesta fossa ed una modesta pietra, sulla cima di
un poggio che guardi al mare, a' piedi d'un albero di pino, il mio
albero prediletto, che ho amato da ragazzo pe' suoi frutti che andavo
avidamente sgusciando sul focolare domestico; da giovinetto per le sue
resinose fragranze che mi facevano bello il dimorare nella boscaglia;
da giovine perchè piaceva a _lei_, e più tardi perchè in terre lontane
mi raffigurava la mia prediletta, la mia sacra terra di Liguria.
Così vorrei dormire il sonno eterno, lontano dalle visite cerimoniose
dei viventi e dalla mala compagnia dei defunti. Ma ohimè, quando
morrò, e se morrò nel mio letto, il mio sogno non gioverà a nulla,
anco se confidato alla carta bollata di un testamento. I becchini
verranno a pigliarmi, armati della legge municipale, e mi toglieranno
anche la libertà della sepoltura. _Libertas!_ _Libertas!_ I nostri
padri scrivevano questo motto, insieme coll'arma della repubblica,
sulla porta delle prigioni.
La signora Argellani e Guido Laurenti entrarono sotto le arcate del
cimitero. Luisa non era stata da molti anni colà, e ogni cosa le
sapeva di nuovo. Avvezza poi da qualche tempo ad accarezzare
nell'animo suo il pensiero della morte, quella vista non le strinse il
cuore punto punto, e, sospesa al braccio di Guido, ella si fece anzi a
correre spedita come una giovinetta curiosa che entri per la prima
volta in un bel giardino annesso al palazzo in cui essa ha da metter
dimora.
Cotesto non isfuggiva alla gelosa attenzione del giovine, e il suo
cuore si riempiva di amarezza. Essa è felice, pensava egli, è felice
perchè sente d'essere vicina a morire e non s'avvede, e nulla le dice
che qui, daccanto a lei, c'è taluno che l'ama, e che morirà se ella
muore! Che s'ha egli a dire di quella potenza magnetica che fu
fantasticata svolgersi in raggi invisibili da tutti i nostri pori,
circondare un corpo, un'anima diletta, e stringerla in una cerchia di
arcani effluvii che la inebbriano e la soggettano a noi? Baie di
cerretani! Se questa possanza non fosse una invenzione, la mia volontà
l'avrebbe sprigionata, e a questa donna non balzerebbe ora il cuore
per l'allegrezza, pregustando la voluttà della morte.
Ma se la signora Argellani non sentiva l'influenza magnetica del
braccio a cui era sospesa, ella non istette molto a sentire
l'influenza malinconica delle tombe.
--È un bel luogo--disse ella, dopo aver varcato le prime gallerie--ma
è molto triste. C'è troppa bianchezza di marmi.
--Eh, signora mia!--rispose Guido, crollando la testa.--Ci vuol pure
un po' di lusso, dopo la morte. La menzogna, che ci veste e che ci
guida nella moltitudine dei vivi, dovrà forse fermarsi alla porta del
cimitero?--
In quel momento un gran mausoleo (un mausoleo in tutta la forza del
vocabolo, poichè era la tomba di un re di danari, se non di provincie,
ed era stato eretto da una nuova Artemisia) si parò davanti agli occhi
dei due visitatori.
--Chi dorme là dentro, ch'io non vedo la scritta?--chiese la signora
Argellani
--Un padre di famiglia, o signora. La vedova e i figli inconsolabili
ci hanno speso cinquantamila lire. Gli è un magnifico monumento, in
verità; le statue delle tre virtù teologali sono assai finamente
condotte nel più bel marmo che si scavi a Carrara; quel ritratto è
parlante. Era il banchiere Corradenghi, un uomo savio e liberale, che
fece tanto bene al prossimo. Lasciò venti milioni di sostanza. Poveri
suoi figli, abbandonati in così tenera età dalle cure paterne! La
moglie, poverina, la conoscete voi, quella bionda signora, piccina e
graziosa, che avrà oggi i suoi quarantaquattro anni e l'usufrutto del
patrimonio, sua vita naturale durante? Il bassorilievo è del celebre
Ghisolfi, quel tale che l'accompagna sempre a teatro e a diporto.
L'epigrafe dev'essere stata commessa a quel valente professore del
Federici, ma oramai non si sa come appiccicarla qui, a cagione di un
certo aggettivo _inconsolabile_, che ci starebbe proprio a pigione.--
La signora Luisa chinò il capo a quella infilzata di tristi verità.
--Siete crudele!--disse ella.
--Ma giusto, ma veritiero. Non son mica un'epigrafe, io, e non sono
stato pagato per parlar qui in un modo, e lasciar pensare ed operare
più lunge in un altro. Del resto, non c'è da far colpa a nessuno; tale
il morto, tali i superstiti.--
Qualche lettore schizzinoso dirà che Laurenti poteva tenersi in corpo
le sue considerazioni, dappoichè nella casa dei morti disdice la
satira. Ma a cotesto si risponde: disdirà la satira nel cimitero,
quando non c'entri più il panegirico, nè la bugia. In quanto a me,
narratore fedele, ma anco un tantino mallevadore dei discorsi de' miei
personaggi, non reputo sconvenevoli le note sarcastiche di Laurenti,
imperocchè esse hanno riscontro nella consuetudine di tutti. Una mano
sul cuore, lettori miei, e rispondetemi la verità. Chi di voi, andando
a visitare un cimitero, non è stato tirato a simiglianti
considerazioni, se non forse più acerbe?
Laurenti, poi, ci aveva la sua ragione particolare, a dire la verità
nuda e cruda. Il suo disegno era pietoso, come vedrete a suo luogo.
Egli condusse la signora Argellani dinanzi ad un nome illustre nella
scienza, e là, cavata una bella rosa che aveva tenuta nascosta sotto
le risvolte dell'abito, la depose modestamente sull'urna.
--Che cosa fate?--gli chiese la signora Luisa, guardandolo in volto, e
vedendo una lagrima tremargli negli occhi.
--Mando un saluto ad un amico, ad un maestro. Costui, signora, fu
grande e fu umile. Hanno innalzato un monumento al suo ingegno;
nessuno lo ha fatto al suo cuore, che fu più grande dell'ingegno a
gran pezza. Povero e venerando amico! Vivo, lo avevano fatto
commendatore; si ascoltavano le sue parole come altrettanti responsi;
ed era onore grandissimo accompagnarsi con lui per le vie; ma una
bronchite ha rotto il filo a tutte le ammirazioni, a tutti gli
ossequi. Ossequi ed ammirazioni, si sono raccolti, sdebitati in questo
marmo; l'affetto solo non reputa di avere saldato il suo debito alla
rara bontà dell'animo, che faceva di quest'uomo un consolatore degli
afflitti, la provvidenza degli sventurati. Imperocchè quest'uomo, o
signora, è morto povero in una casa presso che vuota: quello che egli
possedeva, lo avevano i bisognosi; la grande autorità ch'egli avrebbe
potuto mettere a frutto per sè medesimo, fu sempre spesa a profitto
d'altrui.
--Non siate adunque egoista,--soggiunse intenerita la donna
gentile,--e consentite che anch'io metta la mano su questa rosa, per
associarmi coll'animo al vostro tributo affettuoso. Ora voi, colle
vostre parole, mi dimostrate che non è tutto menzogna in questi
luoghi, come avevate detto pur dianzi.
--Ho io detto ciò in forma assoluta? No certo. E poi, anche il mio
ricordo, che cos'è? La virtù di quest'uomo vive nelle mie ricordanze,
ma come una pallida immagine del passato. Io, che l'ho amato come un
padre, io vivo senza di lui, non sento la necessità di stargli
daccanto. Gli altri, poi, e parlo dei buoni, leggono le sue opere, ma
non hanno bisogno di salutar vivo l'autore. Vengono qui a caso,
guardano con reverenza la sua tomba, e poi se ne vanno a desinare,
forse un tal po' melanconici, per la visita fatta alla casa della
morte, ma senza mandar giù un boccone di meno. Questa è la morte, o
signora, e questa è la vita.--
Fecero alcuni passi in silenzio, chè ognuno dei due ci aveva da
meditare su quel tema. Là presso era una porta, che metteva, per un
ampio giro di scale, ad una galleria superiore. E per di là Guido fece
salire la signora, affinchè ella cansasse la fatica di una lunga rampa
all'aperto.
Sull'ultimo pianerottolo di quella scala, si apriva lateralmente una
di quelle gallerie chiamate, con nome latino, colombarii; lunga
sequela di nicchie aperte nei fianchi delle pareti, nelle quali si
mettono le casse, e che poi si chiudono con un accoltellato di
mattoni, sul quale si dà l'intonaco, e si appiastra l'epigrafe col suo
numero d'ordine. Questa dei colombarii è la forma più triste della
morte.
La signora Argellani, guidata dal medico, entrò nell'aria soffocata
del colombario, e le si strinse il cuore alla vista di quella bassa
vôlta, di quelle pareti le quali parevano doverla opprimere, man mano
che si fosse inoltrata in quell'andito.
--Ohimè!--disse ella, guardando compassionevolmente quelle
nicchie.--Come si ha da stare a disagio qui dentro! E non c'è fiori,
non ghirlande, che dimostrino il memore affetto dei parenti e degli
amici, a questi poveri rinchiusi!
--Che volete, signora? Si dimentica presto. C'è un'ora di viaggio, a
venire fin qua.
--Ah, ecco delle foglie secche;--soggiunse ella;--gli avanzi di un
mazzolino!
--Povera Caterina!--esclamò Guido, fermandosi a guardare là dove s'era
fermata la signora.
Gli occhi della Argellani corsero allora a leggere l'epigrafe.
--Ah!--disse la donna gentile.--È qui la Caterina Stella?
E rimase immobile a guardare la nicchia, in atto di chi medita, col
mento raccolto tra il pollice e il medio, il gomito stretto al seno, e
l'altra mano penzoloni lungo le pieghe della veste.
Guido stette taciturno un tratto a contemplare quella statua vivente
della meditazione, e indovinando i tristi pensieri che le ingombravano
la mente, si fece daccanto a lei, parlandole in tal guisa:
--Sì, la Caterina Stella. Eccola lì, dietro questa parete sottile, tra
quattro assicelle di quercia. Oltrepassate questo muro, spiate tra le
fessure di quelle tavole cogli occhi della mente, e la vedrete, la
Caterina Stella, il cui casato era così leggiadro tema di bisticci,
foggiati a complimento. I suoi capegli d'oro, pari a quelli di madonna
Laura, cantati da nuovi Petrarca, dipinti da un altro Simon Memmi,
sono là entro, disciolti, senza la natìa lucentezza, corrosi dal
tarlo. Quel volto ovale, quella bianchezza mirabile di carnagione,
quegli occhi che mandavano faville..... non c'è più nulla! Vi
ricordate della Caterina Stella ne' suoi bei tempi? C'era ressa di
adoratori dintorno a lei, sebbene il marito fosse geloso come una
fiera, e minacciasse pur sempre di mordere. Il Riccoboni lo dicevano
il preferito tra tutti i suoi cavalieri, sebbene il Cigàla avesse
avuto tre duelli per lei, e sebbene il Grandi, a chi ne parlava,
dicesse con una certa sua aria misteriosa che le erano tutte
chiacchere. Ella avrebbe forse trentadue anni, se vivesse; e sono già
otto anni che la è qui povera Stella senza luce, povera Pleiade
scomparsa dal firmamento! Io vengo qualche volta a vederla, e ho
sempre notato che ella non ha mai avuto un fiore da nessuno, ella che
ne riceveva tanti, il dì della sua festa, il 19 di Maggio! Nessuno de'
suoi tanti adoratori, neppure quel tale che per lei si aperse nel
petto una ferita, dichiarata risanabile in quaranta giorni, vien qui a
piangere sulla tomba di lei, di lei che li aveva tutti quanti sotto il
suo palchetto in teatro, pronti a raccogliere e voltare a sè ognuna
delle occhiate che ella mandava sbadatamente in giro, o posti in
sentinella sotto le sue finestre per cogliere il momento che ella si
facesse a sollevare lo sportello della gelosia.
--E questi fiori secchi?--dimandò la signora Argellani.
--Sapete chi li ha posti qui?--disse Laurenti.--Il marito. Squallido
come un tronco d'albero sul quale sia caduta la folgore, il solo
amante vero che ella abbia avuto, fu lui. Gli altri tutti, allegro
stuolo di farfalle, si sparpagliarono per l'aria. Egli in cambio, ogni
anno, ogni mese, ogni settimana era qui, presso la sepoltura di sua
moglie, e qui l'ho veduto entrar io molte volte. Ma oggi, anche lui
s'è stancato, ed ha chiamato un'altra compagna sotto il vedovo tetto.
Il suo dolore ha vissuto sette anni, e non ha potuto durare più a
lungo neppur esso. Chi la ricorda più, ora, la povera Caterina dai
capegli d'oro? Io, a caso, venuto qui insieme con voi. Tra i viventi
che si accarezzano e si addentano laggiù, in quel popoloso centro di
affetti e di rancori, la sua immagine non torna più alla mente di
nessuno; il suo nome non è più sulle labbra di amici o di nemici; ella
è morta due volte. Chi pensa all'orma sua sul selciato di Via Nuova, o
sul battuto dell'Acquasola? Ah, bella cosa, in fede mia, bella cosa il
morire!--
La signora Luisa era rimasta grandemente turbata da quel discorso
doloroso del suo medico; ma l'ultima frase la scosse.
--E perchè no?--disse ella.--Bella cosa, pur sempre!
--Sì,--incalzò Laurenti,--bella cosa davvero! Con questa luce che
splende fuori, voi sarete qui, rinchiusa in uno di questi androni,
soffocata in una di queste nicchie, col capo da questa parte e i piedi
dall'altra. Non vedrete più la terra, il mare, i fiori, sorriso di
Dio. Qui sempre, sola, sola! Una volta all'anno, le cerimoniose usanze
del mondo tireranno quassù un branco di curiosi viventi, che non
volgeranno nemmeno uno sguardo su voi; gente felice, o distratta,
dimentichevole sempre, che verrà a fare la sua passeggiata, e sarà
molto, imperocchè i cento presenti faranno pensare ai centomila che
stanno lontani. Se i morti pensano, se l'anima loro rimane e in
qualche modo si dà pensiero del suo abito logoro, e' debbono pure
dolersi di aver posto il loro affetto in cuori di sasso, di aver
sudato per figli ingrati, di aver patito per chi non rammenta più che
fossero nati. E allora che pensieri, che amarezze, nella notte di
quelle nicchie sconsolate! Addio, Caterina dai capegli d'oro! Io non
ho mai vegliato sotto le vostre finestre, non ho mai desiderato uno
de' vostri sguardi fiammanti; pure, non vengo mai al camposanto, senza
salire quassù, a salutarvi e portarvi le novelle degli uomini che vi
hanno dimenticata.--
Ciò detto, Guido si volse alla donna gentile che stava ad udirlo.
--Ed ecco, o signora, per chi spesso si muore. L'amore.... bella cosa!
Pigliatevi il fastidio di morire per cotesto, di lasciare il sole, i
supremi diletti della intelligenza, le ineffabili consolazioni della
fede, della carità, della speranza, il gusto delle arti, la curiosa
investigazione delle scienze, la ricerca delle anime buone che
intendano la vostra, e colla vostra facciano manipolo contro il volgo
profano! Il Nume, a cui v'immolate, merita davvero il sacrifizio di
questi nonnulla!--
--E le vostre consolazioni non tradiscono del pari? La ricerca delle
anime buone non conduce ella forse di sovente in inganno?
--Sì, di sovente; ma chi cerca trova; gli inganni sono fermate, sono
ostacoli, che non debbono disanimare i generosi, come il mal esito di
uno sperimento non disanima il cultore della scienza. Del resto, il
paragone tra l'amore e le altre consolazioni di cui vi ho parlato, non
corre. Lo scienziato che studia, non si avvilisce punto per aver
fallita la strada; l'uomo che ha errato nel giudicare degli altri, non
si disonora a sperare che nuovi amici valgano meglio dei primi;
laddove nelle cose di amore, segnatamente per le donne, il cercar
molto, il far troppi sperimenti, conduce alla abbiettezza. Ma, appunto
perchè non si possono moltiplicare le prove, appunto perchè bisogna
starsene alle prime, non s'ha nemmanco a sentenziare sommariamente e
condannarsi da sè a scontar la pena di un errore. Gli affetti mal
posti, quando si riconoscono tali, contristano; ma non dobbiamo
altrimenti lasciarci sopraffare; tanto più che l'amore, considerato in
sè stesso, non è punto necessario alla vita.
--Dite da senno?
--Del migliore ch'io m'abbia. Anche in me, per avventura, la pratica
potrà romper guerra alla teorica; ma, ch'io ami o no, non rileva, non
toglie nulla alla bontà della tesi. E la mia tesi è questa, che si può
vivere senza amore, che fuori dell'amore v'hanno gioie sublimi,
altissimi conforti. Nè già pretendo che ognuno abbia ad intenderla
così. Tutti vogliono provare, ed hanno diritto a provare. Ma io parlo
per le anime inferme, che hanno provato e patito. L'amore non deve
uccidere; non si ha da sacrificare a lui l'esistenza. Io lo considero
come uno dei colori che compongono l'arcobaleno della vita, come un
elemento che affina le anime, iniziandole al dolore ed alla pietà. Ma,
passato l'amore, grandi cose rimangono ancora; rimane, verbigrazia, la
carità, questa altissima tra le passioni, che ha tante forme, tante
diramazioni quante sono le forme, i meati, della operosità umana.--
La signora Argellani era fortemente commossa. Il luogo, le dolorose
sensazioni, il parlare tra sarcastico ed affettuoso, tra sdegnoso e
malinconico, del giovine Laurenti, avevano destato un tumulto di
pensieri, una vera rivoluzione nel suo spirito infermo.
Erano intanto usciti all'aria aperta, ed ella si era seduta su d'uno
scaglione presso un cortiletto, dov'era la postierla del camposanto,
che mette alla viottola sul dorso della montagna. Là seduta, la donna
gentile stava raccolta in sè stessa, quasi ad udire il suono delle
vigorose parole di Laurenti nel profondo della sua anima, suono che
svegliava tanti echi e destava tante voci confuse.
Dopo una breve pausa, Guido si mosse, e nelle zolle erbose che
facevano tappeto a' piè di un muricciuolo, colse una margheritina, che
portò alla signora Argellani.
--Sarà,--disse egli--un ricordo del cimitero che porterete in città.
--E voi,--si fece ella a dire, seguendo il filo dei pensieri che
internamente rivolgeva, in quella che pigliava il fiorellino dalle
mani del giovine--non avete nessuna memoria qui dentro?
--Nessuna, salvo quel venerando amico che vi ho detto.
--Non una donna?--proseguì la signora Luisa.--E che cosa venivate così
di sovente a far qui?
--A passeggiare. Le urne fanno bene allo spirito, anche quando non
siano tutte urne di forti. Venivo qui a passeggiare, a pensare, per
tutti coloro che non pensavano punto.
--Credevo che solo una morta avesse potuto tirarvi qua.....
--Una morta..... sì c'è stata una donna morta, ma non della morte
materiale; però essa non dorme nel cimitero. L'ho sepolta
qui....--così dicendo, Guido accennava il cuore--e la pietra, che vi
ho posta sopra, non s'ha più da smuovere.--
La signora Luisa, a queste parole, alzò gli occhi per guardare in
volto Laurenti, e, per la prima volta, nel suo medico, nell'amico,
vide un fratello nel dolore.
--E perchè--chiese ella--non discacciarla del tutto dal vostro cuore?
--No, signora; bisogna ricordar sempre. Perdonare è da generoso;
dimenticare è da stolto. Ricordare dunque, ma non morire, perchè non
abbiano a riderne gli sciocchi.
--Potreste aver ragione;--soggiunse ella, con aria pensierosa.--La
morte è assai brutta qua entro.--
Un lampo di gioia balenò negli occhi di Laurenti, ma la signora
Argellani non se ne addiede.
--Andiamo via--disse ella, poco stante, al suo compagno.--Mi sento
oppressa da quest'aria di tomba.--
Laurenti fu sollecito ad accompagnarla verso la porta, che era chiusa
da un semplice saliscendi.
--Andiamo in giù per la viottola--le disse egli--e non avrete a rifare
la strada in mezzo al marmo e alle croci.--
XV.
La loro comparsa sul limitare, disturbò i negozii ad un crocchio di
fanciulli che stavano là giuocando per terra, raccogliendo sassolini
sopra cocci di stoviglie e pezzetti di lavagna, sucidi, scalzi,
moccicosi, coi capegli arruffati, le vesti sbrandellate, come è
agevole argomentare di ragazzaglia del contado, ma tutti pieni di
salute e allegri come passere.
--Ecco la vita daccanto alla morte!--esclamò Laurenti.--La filosofia
filtra i suoi esempi dappertutto.
I marmocchi s'erano levati in fretta, e due più grandicelli, e per
conseguenza più ruvidamente soggettosi, giuocarono di calcagna, lesti
come ramarri all'avvicinarsi dell'uomo.
--Che bel bambino!--disse la signora Argellani, adocchiandone uno, che
era rimasto fermo, e che era meglio in arnese degli altri.--Come ti
chiami?
Il fanciullo non rispose, e spalancò i suoi occhi azzurri per guardare
la bella signora.
--Via, sii buonino! Come ti chiami?--ripetè ella, accarezzandolo.
--Non lo so--borbottò il fanciullo, dimenando le spalle e chinando gli
occhi sopra un coccio che teneva tra mani.
Ma la signora Luisa, a cui quella scena campestre risvegliava nel
cuore quella passione pei bambini che tutti sentiamo, segnatamente
quando non ne abbiamo dei nostri, volle averne l'intiero e proseguì:
--Vuoi venire a star con me?
--No!--rispose asciuttamente il fanciullo.
--E perchè? Ti metto forse paura?
--No!--ripetè egli, che quella parola la sapeva dire per bene.
--E perchè dunque non vuoi venire con me?
--Perchè voglio stare con mia madre.
--Carino! E dov'è tua madre?
--È in casa.
--E dov'è la casa?
Il marmocchio, stretto da tutte quelle dimande, non rispose più nulla.
--Prendi;--entrò a dire Laurenti.--Questo lo porterai alla mamma.
E gli messe in mano uno scudo. Il ragazzo lo guardò; parve paragonarlo
col coccio, poichè lasciò tosto cadere quest'ultimo, voltando e
rivoltando invece con molta curiosità quel nuovo balocco che gli
luccicava tra le dita; poi si mosse per andarsene, dando ragione a
quello scettico che lasciò scritto:--«volete levarvi uno dai fianchi?
dategli in mano cinque lire.»
--Come si dice, Giovannino? Fa una riverenza al signore e alla
signora, e di' loro: grazie tante!--
Queste parole erano dette da un nuovo personaggio, di genere
femminino, cioè dalla madre del ragazzo, che era capitata allo svolto
della viottola, chiamata colà dai fuggiaschi.
--Grazie!--borbottò Giovannino, udendo la voce della madre, presso la
quale fu sollecito a ricoverarsi.
--È vostro figlio?--chiese la signora Argellani.
--Sissignora; e scusi se gli è un orso. Ma quando gli è in casa parla
anche troppo. Che cos'è questo? che cos'è quest'altro? E giù una
litania di domande e di ciarle, che m'introna la testa.
--È un bel biondino, e vi somiglia di molto.
--Oh, non lo dica, per carità; gli è tutto il suo povero padre.
--Siete vedova?
--Per mia disgrazia, sì.
--Oh, poverina! Ed è molto?
--Saran tre anni a San Giovanni Battista, e al mio piccino, che allora
lo portavo ancora nel seno, ci ho voluto mettere il nome. Oh, beati
Loro, che li hanno qui, i loro morti da vedere. Io, disgraziata, non
posso nemmeno andare a dire un deprofundis sulla tomba del mio povero
Sandro.--
E così dicendo, la contadina si asciugò due grosse lagrime col lembo
del suo grembiale.
--Dove è morto?--chiese Laurenti.
--Lassù, per l'Italia, a San Martino. Oh, me lo aveva detto, quando lo
richiamarono sotto le armi: «Maddalena, non ti vedrò più, e morirò
d'una palla, o d'inedia, lontano da te.» Ed io allora: «Che hai,
Sandro? Non ti accorare; tornerai. Fatti onore...» E mi scoppiava il
cuore a dirgli così, proprio come mi scoppia adesso che me ne ricordo.
E lui a dirmi: «Ama mia madre e mio padre, poveri vecchi, che ti hanno
sempre voluto bene, come se tu fossi la loro figliuola. Ama nostro
figlio, e se io non debbo vederlo, non gli dare un altro padre, che
metta le mani addosso al mio sangue...» Oh, poveretto, così buono! Il
dì ch'io avessi a sposarne un altro, vorrei morire maledetta, e non
andar nemmeno a riposare nel sagrato.