L'olmo e l'edera - 04

labbra.--La è tutta gente che pensa al suo guadagno e non guarda più
in là. La governante, quella del gatto, è una beatella egoista, che è
contenta di pigliarsi gli spogli della padrona e far roba per sè. Il
cameriere è uno zotico, che non parla mai; le due fanti peggio che
peggio; insomma, la veda, l'unico che si curi un tratto della signora
sono io, io Giacomo Vernazza, suo giardiniere.
--E siete un uomo a modo;--gli disse Laurenti, mettendogli una mano
sulla spalla. Iddio vi compenserà dell'amore che portate alla vostra
signora.
--Oh se Dio la sentisse, signor Laurenti...
--E che cosa?....
--Nulla, nulla! Acqua in bocca; se no, dico qualche eresia da
dovermene andare a confessare dal Papa.
--Comunque sia,--ripigliò Guido--sta a voi di persuaderla a mandare
pel medico.
--Eh, non sono già stato a farmelo dire. Quindici giorni fa, ho tanto
picchiato che la mi ha detto; fa a modo tuo; e il medico ce l'ho
condotto. Ha toccato il polso, ha guardato la lingua, gli occhi, la
pelle, ha fatto una dozzina di domande, poi ha ordinato certe acque,
del moto, dei vescicanti, e poi se n'è andato via. La padrona lo ha
lasciato fare, lo ha lasciato dire, l'ha accompagnato fino all'uscio
con gli occhi, e con un sorriso malinconico, e poi non ha fatto un bel
nulla. Del resto, salvo il moto, che mi pare utilissimo, in tutte le
altre cose che ha detto il magnifico, ci ho fede come nella settimana
dei quattro giovedì.
--E perchè? Non siete voi che poco fa dicevate tanto bene dei medici.
--Sì, sì, ma non di quello, che mi pareva, con licenza di Vossignoria,
un asino calzato e vestito.
Guido era cosiffattamente accorato, che non potè nemmanco ridere dei
motti del giardiniere.
--E nessun amico di casa la consiglia?--soggiunse egli.
--O chi vuole che la consigli, se non viene in casa nessuno? Ma, la
non dubiti, ci penserò io. Sono una bestia, con sua licenza, ma le mie
buone inspirazioni di tanto in tanto ce l'ho. Ora Ella scusi la
chiaccherata, che è stata lunga oltre il bisogno; ma sono fatto così:
quando posso aprire il cuore, lo spalanco addirittura.
--Bravo, Giacomo! a rivederci.
--A rivederci sicuro. E con questo, fo di cappello a Vossignoria.


VIII.

Per l'anima di Laurenti fu quello un giorno di sole. Imperocchè, avete
a sapere, o lettori, che l'anima ci ha i suoi giorni di sole, e i suoi
giorni di nebbia, i quali non concordano sempre colle notizie
meteorologiche dell'Osservatorio. Laonde, egli può essere giorno di
nebbia fitta, ed anco di burrasca, per voi, quando per tutti gli altri
mortali risplende il cielo e sale a venti gradi il mercurio nel
termometro di Réaumur; laddove, per contro, e' sarà giorno di sole per
voi, quando pioverà a catinelle. Io, verbigrazia, mi ricorderò sempre
di una splendida giornata, quando un fitto nevischio..... o che
diamine? ero sul punto di raccontarvi i fatti miei.
Insomma il ghiaccio era rotto, e squagliato nel medesimo tempo. Il
giardiniere gli era diventato amicissimo, e stavano già come pane e
cacio. La signora lo aveva veduto, pensava qualche volta a lui, poichè
a lui era debitrice di quella tranquillità, di quella solitudine, che
le consentivano di uscire a diporto nella villa. Nessuno andava a
visitarla; non c'era dunque un amante, neppure un cavaliere servente
che aspirasse a diventarlo. Quante buone notizie, e tutte scovate in
fondo ad un vaso di camelie!
Non sapeva ancora il suo nome; ma, innanzi a tutto quello che già gli
era noto, il nome non faceva più caso, come dapprima. La conoscenza
era avviata, e, a giudicarne da quel tanto che ne aveva cavato, non
gli sembrava che tutte l'altre novelle importanti dovessero farsi
molto aspettare. La bella innominata era inferma, poverina! ma sarebbe
risanata; ancora non vedeva il come, ma certamente e presto.
Gli era un giorno di sole, davvero, e Laurenti vedeva bella ogni cosa.
Uscì a diporto. Il giardino gli pareva troppo stretto, per contenere
una gioia così grande. Venti minuti dopo, gli pareva stretta la
cerchia delle mura. Corse dai Busnelli, si fe' sellare un bel baio che
teneva nelle loro scuderie, e andò a fare una trottata verso il bel
paese di Quinto. Gli bisognava respirare largo, muoversi a precipizio,
in cadenza coll'allegra torma dei suoi nuovi pensieri.
--Donna divina!--pensava egli, mentre le zampe ferrate del suo cavallo
scalpitavano sul ponte levatoio di Porta Pila;--ed io ho vissuto tanto
da presso a lei, senza vederla, senza accorgermi di nulla! Ho
respirato la medesima aria che ella respira.... Sì, e mi giova
respirarla più da vicino. Oramai, bisogna che io la veda. Il male è
fatto; sono innamorato come un pazzo.... Ed è poi un male? Ella non è
una di quelle civette, che fanno caccia di adoratori, povero stuolo di
prigionieri che esse appendono la notte, chiusi nella reticella de'
loro capegli, daccanto al capezzale, perchè consolino i sogni delle
spensierate dormenti. Ella, poverina, è sola, sempre sola,
ammalata.... Ma risanerà.... sì certo! Non si può morire così, quando
sorridono la gioventù e la bellezza. Inoltre, ha da essere una donna
d'alto sentire. Quando il Giacomo narrava della visita del medico, mi
pareva di vederla, tranquilla, sorridente, a guardare il pericolo,
disposta a lasciare una vita che non le importa punto. Imperocchè,
ella non ama nessuno; il suo cuore è vuoto d'affetti; forse non ha
amato mai di un affetto verace e profondo....--
Il cavallo galoppava su per l'erta di San Martino d'Albaro, e il
cervello del cavaliere galoppava del pari.
--L'amerò dunque. E perchè no? Ella pure mi amerà. Un affetto profondo
vince sempre la prova, se la donna che si ama ha almeno tanto di
cuore. E l'amore che narrano i Greci aver dato anima alla statua di
marmo, non riscalderà costei, non le ravviverà le fonti della vita?
Che male è il suo? Non è certamente offeso il polmone, come io ho
fantasticato l'altro dì. Giacomo me lo avrebbe detto, se così fosse.
Ella ha forse patito di una lunga malinconia, di qualche tormento di
cuore, tutte cose che lavorano sordamente, ma presto, in un organismo
sensitivo. La donna è già di per sè una macchina così delicata....
imperfetta a forza di finitezza! Gli è un paradosso cotesto? No; gli
estremi si toccano. Dio ha messo troppe cagioni di fisici patimenti in
quel fine involucro che è stato la sua ultima opera.--
A questo punto del soliloquio di Laurenti, il cavallo, dopo aver corso
a galoppo serrato quel lungo tratto di strada che è dalla scesa di San
Martino fin oltre il sasso memorando di Quarto, e di là fino alla
villa De Fornari, accorgendosi che il cavaliere non badava a lui,
aveva rallentato la sua corsa, passando dal galoppo al trotto, e dal
trotto al passo. Ed anche i pensieri di Laurenti mutarono metro.
--Come avvicinarmi a lei? Qui giace il nodo. O non sarebbe probabile
che, dopo aver fatti così facilmente i primi passi, non giungessi più
oltre? E invero, come vederla? come venire a capo di parlarle? Rimarrò
sempre sull'uscio del paradiso, a ragionare col custode giardiniere?
Tra Giacomo e lei c'è l'abisso della disparità di stato, e meglio
varrebbe per fermo la conoscenza di uno sciocco ganimede, che le
andasse a far visita una volta alla settimana....--
Il pensiero di cosiffatte difficoltà lo ricondusse a pensare dov'era.
La veduta dei piani di Quinto gli rammentò che era già troppo lontano
da Genova; e lì, appoggiar di sprone a sinistra, girar le redini e
voltare il cavallo a ponente, fu un punto solo. Il baio sentì che il
cavaliere si ricordava finalmente di lui, e su a galoppo verso casa.
--Bravo, Beppo, corriamo, e alla bottega da caffè di San Martino ci
sarà il pezzetto di zucchero.
Parole che il generoso animale dovette intendere per fermo, imperocchè
raddoppiò di zelo e di lena, e dieci minuti dopo, era dinanzi alla
bottega da caffè, per pigliarsi la sua mercede e una carezza del
padrone.
Alla prima svolta della discesa, la veduta della città si offerse
intiera agli occhi di Laurenti; ma egli non si curò che di un punto,
il quale si scorgeva spiccatamente sulla costiera dell'anfiteatro, la
palazzina gialla; la palazzina gialla che pareva sorridergli da lunge,
con le gelosie spalancate.
--Oh, risanerà! risanerà!--esclamò egli, spingendo lo sguardo per
quelle finestre.--Con questo bel sole, con questa mitezza di cielo, le
rifioriranno i bei colori sul volto. Io farò di vederla...... le
parlerò ad ogni costo. I mezzi non mancano, solo che si sappia
cercarli....
Qui, egli non potè fare a meno di sorridere, pensando ai suoi mezzi
famosi, e alla _Camellia maculata Adhemari_.
Questa cavalcata fu cagione che egli giungesse a casa tardissimo, che
già era trascorsa l'ora consueta del pranzo. Ma egli non era mai stato
gastronomo, e quel giorno poi, lo stesso Apicio, ne' suoi panni, non
avrebbe badato alla tavola. Mangiò in fretta e quasi nulla, come tutte
le persone turbate da un'improvvisa allegrezza e fu sollecito ad
alzarsi.
Le disgrazie non vengono mai sole, e le venture vanno anch'esse
appaiate. Quello doveva essere giorno di festa intiera, dappoichè la
fortuna attendeva Guido Laurenti in giardino, dov'egli corse, appena
ebbe mandato giù l'ultimo boccone.
Si assise nel suo posto prediletto; come Don Abbondio si messe le dita
nel collare per poter dare una guardata a destra e a manca; ma non
ebbe da compiere quella doppia voltata di testa, e rimase fermo a
destra. Domineddio aveva fatto un miracolo per lui; la signora stava
in giardino.
Ella era vestita come la prima volta che egli l'aveva veduta, e
passeggiava per quel medesimo sentieruolo sabbioso, il quale, uscendo
dal fitto delle magnolie, saliva costeggiando la prateria fino alla
conserva delle piante esotiche a' piedi del muraglione. Il fidato
giardiniere le veniva rispettosamente da fianco, additandole questa e
quella delle zolle fiorite, e ragionandovi su, da quel sapiente uomo
ch'egli era, e che i lettori conoscono. Ella guardava ma con aria
distratta, dove il giardiniere voleva, e probabilmente gli dava retta
del pari. Come fu giunta presso l'albero di pino, parve volesse
fermarsi; ma cotesto non doveva entrare per fermo nei divisamenti del
Giacomo, imperocchè le accennò la conserva, ed ella si ripose in
viaggio, come chi non vuole fortemente una cosa, e si lascia guidare
dal consiglio altrui.
Guido la vedeva giungere, con quel suo passo misurato e leggiero, che
parea non toccasse la terra. Lo strascico della veste fluente
conferiva maggior verità a quella illusione degli occhi. Egli allora
aperse il suo Virgilio (benedetto Virgilio!) e fe' mostra di leggere;
ma tra gli occhi suoi e il sommo della pagina correva una linea retta,
che un matematico avrebbe potuto prolungare fino ai piedi della
bellissima inferma.
Man mano che la si avvicinava, si scorgevano meglio i suoi lineamenti.
Il viso era ovale perfetto; il fronte prominente era mezzo nascosto,
ma non tanto che con si potesse indovinarne la forma purissima, da due
liste di capegli neri e lucidi che scendevano ad accarezzare le
tempie, e sparivano sotto i due capi di tulle bianco, orlati a ricami
di seta nera, di una cuffia che portava in testa per custodirsi dalla
prima impressione dell'aria. Grandi sopracciglia arcate pendevano,
temprandone la vivezza, sulle nere pupille che balenavano dal centro
di un globo bianco azzurrino, e venivano in fila sottili a
congiungersi quasi sulla radice di un naso diritto, grecamente
diritto, e grecamente reciso alle nari, dove una curva leggiadra
scendeva a profilare il labbro più soave che mai fosse dato di
scorgere. Le labbra dovevano essere state di corallo, ma il loro natio
colore si era smarrito affatto, come il colorito della pelle, sul
volto, nel collo e nelle manine affilate.
L'interna malattia traspariva da quella carne mirabilmente composta ad
espressione di bellezza femminea, e tanto più traspariva, quanto più
leggiadre erano le forme, sulle quali essa stendeva i suoi pallidi
colori. Nella mente dell'innamorato osservatore si agitavano le
ricordanze del medico, e il medico, pigliando dall'innamorato il senso
della divinazione, mormorò, guardando quel volto scolorato, la parola:
_anemia_.
Intanto, più la leggiadra inferma si avvicinava, e più Guido Laurenti
accostava il libro agli occhi, fingendo di leggere arrabbiatamente.
Voltava le pagine ad ogni tratto, come se ad ogni carta del suo
Virgilio, edizione _Lugduni, notis brevioribus, tabulisque
geographicis adornata_, ci fossero dieci esametri in cambio di
trentacinque.
E si noti che qualcosa leggeva; i suoi occhi, quasi per isgravio di
coscienza, qualche emistichio lo beccavano al volo; ma la mente era
giù, a carezzare i capegli della bella signora, a scherzare coi capi
svolazzanti di tulle, della sua cuffia leggiadra; ed essi, i poveri
occhi, non poteano rimanersi che non guardassero a destra, non
dissimilmente da scolaretti in castigo che stanno a rimasticare la
lezione, vigilati dal pedagogo, e danno sguardi furtivi e frequenti ai
più felici compagni che scorrazzano allegri nel sottoposto piazzale.
Ora, in quella ch'ei si provava a leggere tre esametri intieri, rosso
in viso come una ciliegia, poichè si vedeva tanto vicina la dama e ne
udiva la voce salire fino a sè per la prima volta, soave come un
susurro della brezza, fu scosso improvvisamente dalla festevole
parlantina del giardiniere.
--Signor Laurenti, buon giorno!
--Oh, buon giorno, Giacomo.
--E come va la camelia?
--Bene, grazie tante;--rispose Laurenti, come se gli fosse stato
chiesto di una persona di casa.
Ma in quelle due frasi di risposta egli aveva cercato di mettere tutta
la più gentile melodia della sua voce. Poscia, levatosi in piedi,
salutò con un profondo inchino del capo.
La signora che alla esclamazione di Giacomo aveva alzata la testa, per
naturale corrispondenza, rese il saluto.
Cotesto fu un attimo; ma anche in un attimo Dio aveva fatto la luce,
che doveva rischiarare il creato in eterno.
Laurenti, fortemente turbato, ripigliò la lettura, o, per dir meglio,
il suo atteggiamento di lettore; la dama, poi che ebbe risposto al
saluto, ricondusse lo sguardo nella serra, per le cui aperte vetriere
il Giacomo le accennava le piante.
--Veda, signora Luisa,--diceva egli--quella pianta d'alto fusto, dalle
larghe foglie disposte ad ombrello, è il banano, della famiglia delle
_musacee_, che fa quei frutti eccellenti... ma non qui. Ne fa invece
l'ananasso, della famiglia delle _narcisoidée_, che Vossignoria vede
qui basso.
--Bello!--disse la signora, con voce lenta e fievole.--E questa, che
pianta è?
--Pianta di pepe; arbusto della famiglia delle.....
Non seguirò il dotto giardiniere nella infilzata delle sue
classificazioni, per non riuscire uggioso al lettore benevolo. Il
Giacomo parlava ad alta voce, collo scopo manifesto di farsi udire dal
giovine naturalista, e dargli un buon concetto della sua sapienza
botanica; ma che cosa importa al lettore la sapienza del Giacomo?
La signora prese un ramoscello che il giardiniere spiccò per lei
dall'arbusto, un ramoscello di verde cupo, dalle foglioline lanceolate
e dall'odore aromatico; quindi, a lenti passi, com'era venuta, si
ritrasse di là.
Guido la seguitò lungamente cogli occhi; contò ogni sassolino che i
suoi piedi calpestavano; poi la vide sparire tra le magnolie e gli
allori.
Poco dopo la signora Luisa, anche la luce del giorno se ne andò via.
Ma non se ne andò Laurenti, il quale non si addiede nemmanco della
notte sopraggiunta. Per lui, il muraglione, la prateria, l'aria
tuttaquanta, erano rischiarate da una striscia luminosa, come la luce
elettrica, via lattea spiccata dal cielo e distesa lunghesso il
sentieruolo sabbioso.
O non era stata quella una gran giornata di sole per l'anima sua?
Quante cose in un giorno! E come l'aria, rischiarata dal passaggio
della bellissima donna, doveva essere popolata d'immagini graziose, di
dolci speranze e di promesse arcane!
Luisa! Bel nome! Egli lo sapeva finalmente, e stava con fanciullesca
cura a pronunziarlo, non come si fa a Genova, ma scandendolo in tre
sillabe: _Lu-i-sa_, e sibilando un tal poco l'esse, alla maniera
toscana.
E' non era un nome strano, di quelli che certi capi scarichi impongono
alle bambine, per dare importanza di eroine da romanzo o da dramma
alle loro creature grame. Gli era un nome quieto, gentile, dolce a
pronunziarsi e dolce ad udirsi: Luisa!
E' non era _Elisa_, nome da mettere in endecasillabi morbidi e flosci
come quelli di... acqua in bocca, per non farci maledire dal secolo,
che li ha in gran pregio; non era neppure _Eloisa_, nome da far
ricordare la badessa del Paracleto, innamorata d'un teologo, o la
svizzera di Gian Giacomo Rousseau, innamorata di un astrologo
sconclusionato. Era _Luisa_, modestamente, umanamente e soavemente
_Luisa_.
Questo nome gli suonò nell'orecchio tutta la notte e il giorno
vegnente; questo nome gli balzò spiccato dal viso e da tutti i
contorni della signora, quando egli la rivide un'altra volta in
giardino, sicchè gli pareva non potesse ella in altro modo chiamarsi.
E il modo di avvicinarsi a lei? Dov'era il secondo vaso di camelie che
dovesse, rompendosi a tempo, condurlo a fianco della bella signora?
In verità, debbo dirlo ad onore di Laurenti, e' non ci avea più
pensato. Que' pochi fatti, quelle poche impressioni che mi sono
provato a narrarvi, gli formavano come un viatico che gli sarebbe
bastato per un mese di strada. Più tardi certamente sarebbe venuto il
desiderio di nuove cose; imperocchè nessuno ignora esser l'amore una
specie di scala di Giacobbe, il cui capo è arrembato all'uscio del
paradiso e salito il primo piuolo si vorrebbe salire il secondo e così
via via fino a tanto che non si giunga a cantare le litanie coi
serafini. Ma Laurenti avea fatto un po' di sosta, come per misurare
l'altezza a cui era giunto, e già gli pareva un bel tratto.
Il momento di ripigliar la salita, anzi di spiccare un gran volo a
dirittura, veniva intanto senza che egli se ne accorgesse, senza che
ei lo aiutasse, o vi si disponesse colla tensione dei nervi.
Una sera, verso le nove, egli stava nella sua biblioteca (ma non
potrei giurarvi che studiasse) allorquando udì scampanellare all'uscio
di strada. Si fece alla finestra, in quella che il servo, uscito dal
pianterreno, andava ad aprire.
--Chi mai può essere, a quest'ora, e con tanta premura di entrare?
--Presto, presto!--gridò una voce affannata--dov'è il signor Laurenti?
Venga subito, subito!
Laurenti aveva già riconosciuto la voce del Giacomo, e innanzi che
egli finisse di parlare, aveva fatte le scale.
--Eccomi, Giacomo, eccomi qua. Che ci è di nuovo?
--La signora sta per morire, Dio mio! Non le si sente più il polso. La
faccia presto, per carità!.....
Laurenti non istette a pensare; si morse il labbro fino a far sangue;
afferrò il cappello, e giù a furia per la viottola, oltrepassando il
Giacomo, che pure non andava di gamba malata. Come fu alla postierla
della villa Argellani, vi si cacciò sollecito: il giardiniere la
rinchiuse da dentro, e ambedue corsero, volarono per la prateria, fino
alla palazzina gialla.


IX.

Guidato dal giardiniere, Laurenti entrò in quel _sancta sanctorum_,
pur dianzi inaccessibile, di tutte le sue quotidiane adorazioni.
La prima persona che incontrò, fu un'adiposa femmina, dalla faccia
bitorzoluta con qualche pelo sul mento e gli occhi mezzo chiusi da
palpebre carnose, la quale ei riconobbe, senza averle parlato mai, per
la signora Tonna, la governante di casa. Costei, che non istarò a
dipingervi, poichè non ne franca la spesa, era una di quelle donne
tutte miele in apparenza, affettuose a parole, ma che non si
muoverebbero da un seggiolone per dar la mano a chi casca, buonissime
a dire una terza parte di rosario secondo la vostra intenzione, perchè
non hanno altro da fare, ed egoiste nel profondo dell'anima.
--Ecco il medico!--gridò il Giacomo, appena l'ebbe veduta--ecco il
medico!
Laurenti, nella furia del correre e del pensare alla signora che si
moriva, non pose mente al grido del giardiniere. Egli era corso perchè
Giacomo ne lo aveva pregato, e perchè si trattava della signora Luisa;
ma non si fermava a considerare il perchè egli fosse stato chiamato, e
non altri, a darle soccorso.
Ma il Giacomo sapeva benissimo quello che faceva. Il lettore ricorderà
ch'egli pretendeva di avere di tanto in tanto delle buone
inspirazioni. Ora la buona inspirazione che egli aveva avuto fin dal
momento del suo primo colloquio con Guido Laurenti, era quella di
chiamarlo lui, come medico, a curare la sua bella padrona.
E la inspirazione, lasciando da parte l'amore di Guido che egli non
conosceva, era ottima. La signora Argellani andava sempre peggiorando;
i ragionamenti e i consigli del medico che aveva chiamato, non le
erano sembrati buoni e non ci aveva punto badato. Anche il Giacomo,
nel suo buon senso, aveva inteso che quella della signora non era una
malattia da risguardarsi soltanto sotto l'aspetto fisico, ma che,
derivando da cause morali, chiedeva rimedio del pari alla scienza del
fisico e alla sapienza del metafisico. Intendiamoci bene; non erano
queste le parole che gli venivano in mente a colorire il concetto; ma
il concetto c'era, e il concetto s'incarnava nel nome di Laurenti, di
quel savio e modesto giovine addottorato in medicina, che sapeva tante
cose e che studiava sempre.
--Questo è un uomo che mi va a genio;--aveva detto il Giacomo--e
poichè un medico s'ha a chiamare oggi o domani, tanto meglio che sia
lui. Egli finalmente non si contenterà di fare una visita e di
scrivere una ricetta.--
Nato il concetto, rimaneva da lavorarci attorno, considerarlo per
tutti i versi. E più il Giacomo lo considerava, e più gli piaceva. Nel
fatto, c'era una sola, ma grande, difficoltà a metterlo in pratica.
Come avrebbe egli persuaso la sua signora, che non volea saperne di
medici, a chiamare il vicino, giovanotto sconosciuto nell'arte
d'Ippocrate, e all'apparenza più fatto per dare immagine di Marte che
non di Esculapio?
Egli dunque stava cercando l'occasione, e rimuginando disegni, l'uno
più strambo dell'altro; allorquando l'occasione si offerse da sè, e
tanto facile, che il nostro buon Giacomo se ne spaventò, e l'avrebbe
voluta più difficile, più lontana eziandio.
Ma in fin de' conti, non l'aveva fatta lui, nè chiamata. Si dolse
dell'improvviso male che aveva colto la padrona, e se ne dolse tanto
più, in quanto che, sulle prime, a lui uomo ignaro di siffatte cose,
era parso assai più grave di quello che invero non fosse, ed aveva
creduto la padrona _in articulo mortis_. Ma il suo primo pensiero,
appena si parlò di chiamare un medico, fu quello di metter la mano sul
giovine vicino. E per verità, fu tutto amore per la signora, e amore
intelligente, che gli fe' pigliare la strada della collina, anzi che
quella del piano.
Laurenti fu fatto passare dalla governante in un salotto, e di là nel
pensatoio della signora Argellani, dov'ella aveva i suoi libri e il
suo telaio da ricamo, quindi nella camera da letto.
Egli penetrava a bella prima nel santuario della dea; ma il suo
turbamento non gli consentì di badare a cotesto, nè allo sfarzoso buon
gusto che aveva presieduto all'arredamento di quella camera.
Su d'un letto a baldacchino di seta azzurra come i paramenti della
camera, adagiata sul copertoio di raso color di rosa, trapunto a
fiorami, era la signora Argellani, vestita ancora, ma col seno
discinto. Le sue fanti, non avendo avuto tempo nè agio a spogliarla,
si erano fatte ad agevolarle il respiro a furia di forbici, tagliando
per tal guisa la vita della veste, il busto e lo scollo di una camicia
di tela battista, che pendeva arrovesciato a brandelli.
Il giovine si accostò al capezzale. La signora era bianca e fredda
come persona morta; e tuttavia, sebbene così fredda e bianca, cogli
occhi chiusi e le labbra scolorate, appariva bellissima; quel collo e
quel seno, mirabilmente modellati, davano immagine di quelle stupende
forme di cera nelle quali l'arte rivaleggia colla natura, e fa, Dio mi
perdoni, pensare assai più che la natura viva.
Fu prima cura di Laurenti mettere la mano al polso e quindi sul cuore
della supina, per accertarsi che la vita non l'avesse abbandonata. Ma
giammai indagine di medico fu fatta con più casta riserbatezza. Egli
non aveva nè occhi nè senso che per esplorare le pulsazioni del sangue
e i battiti del cuore. E nulla sentì; solo un lieve sudore che gli
inumidì le mani additava il patimento di quella povera carne senza
colore, e insieme col patimento la vita.
Lo stato d'anemìa era evidente, e una breve osservazione da vicino
raffermò nell'animo di Laurenti il concetto ch'egli si era formato
pochi giorni innanzi, vedendo la signora Argellani da lunge. L'anemìa,
questo brutto male che (parlo agli ignari di medicina e di grechi
paroloni) significa privazione, scemamento considerevole della
sostanza del sangue, era visibile nello scoloramento dei tessuti,
nella scomparsa dei vasi sottocutanei; donde l'estremo pallore della
pelle e delle membrane mucose delle labbra, nelle quali qualche vaso
filiforme portava a mala pena un po' di color roseo sbiadito.
Luisa era come una povera pianta, che aduggia, intristisce, sottratta
alla benefica azione della luce. Che grave rammarico aveva fatte le
tenebre intorno a lei? Qual era il sole della sua vita, che,
oscuratosi ad un tratto, le scemava negli interni meati e le scolorava
il sangue, nutrimento necessario dell'organismo umano?
Questa era la incognita che Laurenti avrebbe voluto scoprire. E
intanto chiedeva alle fanti che cosa avessero fatto per richiamarla in
sè stessa.
--Le abbiamo spruzzato il viso,--risposero,--con acqua di fior
d'arancio.
--Che! Non serve a nulla. C'è acqua di Colonia?
--Credo di sì,--rispose la signora Tonna, avvicinandosi allo specchio,
dove erano boccette di acque odorose.
Ma siccome la signora Tonna, da quella tranquillona che era, non si
spicciava punto, Guido corse egli stesso a rovistare in tutti quelli
arnesi del mondo muliebre.
--C'è dell'acqua di Felsina;--disse la governante,--ma di Colonia non
ne trovo.
--Acqua di Felsina? tanto meglio; è più aromatica. Prendete qui, voi
altre, strofinatele con quest'acqua il petto.... più giù.... sul
cuore, mentre io le ne stropiccio le mani. Così va bene; ancora,
ancora, fino a tanto che ricuperi i sensi.
--Oh Gesummaria!--esclamò la signora Tonna, lasciandosi cadere su
d'una scranna--povera signora! E adesso crede Lei che potrà
rimettersi?
--Sì, certo, non dubiti. Vede? La comincia a muover le labbra; queste
frizioni aromatiche fanno il loro effetto. Ma che modo le è venuto
male? Forse qualche commozione improvvisa?....
--Oh no, signore; io stava di là, nella mia camera, e mi disponevo a
venirle a chiedere se avesse bisogno di me, per andarmene a dormire.
Poichè, sappia, signor dottore, che io patisco di nervi; la fatica
prolungata mi fa male, e bisogna che mi metta a letto di buon'ora....
Questa sera son certa che passerò una cattiva notte.... molto cattiva.
Figurarsi! Dopo un colpo così forte....
--Ma, signora Tonna!--le gridò spazientito il Giacomo, che stava
sull'uscio, cogli occhi addosso a Laurenti, e già lo vedeva mordersi
le labbra,--Non è del suo mal di nervi che le domanda il dottore,
bensì della padrona, per sapere in che modo la è caduta in svenimento.
--Ah sì, perdevo la testa!--soggiunse la pacifica governante.--Ero
dunque venuta qui presso, nella camera accanto, per chiedere se aveva
nulla a comandarmi. La signora stava sdraiata sul lettuccio, ma non ci
badai, perchè la c'è tutte le sere e non parla mai, anche quando ci
son io a tenerle un po' di compagnia. Le parlai e non mi rispose; solo
mi accennò colla mano che me ne andassi pure; ma io mi avvidi che
soffriva, e fu un miracolo di nostro Signore che non ubbidissi; poichè
subito dopo mandò un gemito e mormorò: mi sento morire. E allora io