L'Argentina vista come è - 07

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volte e mezza più numerosi dei capitani, ed i sottotenenti quasi eguali
in numero ai maggiori. Ciò significa un ufficiale per ogni cinque
soldati... e mezzo.
È facile comprendere il valore di questa massa di comando. Eccettuati un
quindici o venti ufficiali superiori, molti dei quali di sangue
straniero, veramente colti e moderni, licenziati da scuole militari
europee--e specialmente italiane--e un buon gruppo di giovani
promettenti, il resto, nella buona maggioranza, sarà formato da eroi
capaci di farsi ammazzare senza batter ciglio--e lo hanno qualche volta
dimostrato--ma digiuni di scienza militare, e spesso anche... civile. È
noto un vecchio colonnello che non sa nè leggere, nè scrivere. Firma col
timbro, come Carlo Magno. L'uso della carta topografica risulta per
molti antichi ufficiali un vero rompicapo cinese, davanti al quale
capitolano esclamando: _Es mas practico el baequiano!_--È più pratica la
guida!
*
* *
Naturalmente i giovani, i moderni, si trovano in lotta con i vecchi.
Formano il partito dei riformatori, capitanato dallo stesso ministro
della guerra Ricchieri--di origine italiana--uomo di vedute ampie e di
solida coltura, dal quale l'esercito aspetta salvezza. Ma i «giovani»
sono alla loro volta divisi fra i «figli del paese» e gli stranieri ed i
figli di stranieri!... Ne vengono continue polemiche, critiche acerbe
che si trascinano sulle colonne dei giornali, con evidente nocumento
della disciplina.
E questa benedetta disciplina sarebbe tanto necessaria in un esercito,
che, come l'argentino, conserva ancora una parte degli elementi torbidi,
dei quali parlava l'on. Belin Sarmiento, formata in maggioranza da
indiani e meticci. Non bastano a mantenere la disciplina le crudeli pene
corporali che si applicano con frequenza e spesso con eccessiva durezza.
All'indisciplina concorre in parte il regime di vita del soldato, la
libera uscita che ottiene alla notte, durante la quale non di rado si
ubbriaca. I soldati escono senza le armi, ma hanno quasi tutti il
coltello infilato negli stivali, pronto ad uscir fuori quando il vino o
la _caña_ annebbiano la mente. Tornano al quartiere insofferenti del
giogo disciplinare, stanchi, impreparati alle dure esercitazioni della
milizia.
Un'altra causa d'indisciplina è la donna. Come il Creatore commosso
dalla noia d'Adamo gli diede la donna, il Governo argentino ha dato la
donna al suo soldato. Forse lo guidò l'idea d'evitare peggiori
insubordinazioni, a meno che non sia stato invece il legittimo e antico
desiderio di aumentare la popolazione con i... «fils du régiment!» I
reggimenti fuori della Capitale hanno cinquanta e quelli di Buenos Aires
dieci, diciamo così... _attachées_ militari, le quali vivono nel recinto
della caserma, o a cinquanta metri dall'accampamento, seguendo i soldati
ovunque.
Questa istituzione dovuta certo ad un resto di uso indiano--poichè le
donne si trovano in tutte le armate primitive--portata nell'esercito
argentino dai numerosi indiani che vi hanno fatto parte, è fomite di
mali disciplinari, sui quali è degno sorvolare.
Molto gravi sono le conseguenze di tutte queste svariate cause. Il
soldato argentino è generalmente capace di coraggio e di audacia, ma non
ha sufficienti doti militari. Marcia pochissimo, e sarebbe appunto la
marcia, in una guerra fra la Pampa, l'arma più formidabile.
L'artiglieria, creazione nuova, libera dei tristi mali originali, è
buona. La cavalleria non riceve quasi istruzione di maneggio, non
conosce il servizio d'esplorazione, che sarebbe il suo primo còmpito, e
questo avviene anche perchè, in un paese di cavalli, la cavalleria non
ha sempre i cavalli! I reggimenti della Capitale, si può dire che siano
i soli regolarmente montati; quelli ai confini normalmente sono... a
piedi. Quando c'è necessità si manda loro una _cavallata_--una
mandria--si montano, e via!
Il Commissariato è allo stato embrionale; i servizî logistici non sono
organizzati. Le condizioni dell'esercito scemano il valore delle cifre
nei quadri della difesa nazionale. Ai dodici battaglioni di fanteria,
agli undici squadroni di cavalleria, alle sei batterie di artiglieria
che comprendono 8691 soldati, si aggiunge la fantastica cifra di 438,894
uomini della Guardia Nazionale, ma tra _mausers_, _remington_ e carabine
non vi sono armi che per la metà circa, riducendosi così alla metà anche
il valore numerico.
L'Argentina deve preoccuparsi seriamente di questo esercito che le costa
tanti e tanti denari, deve rintracciare le vere cause dei suoi mali e
delle sue deficienze per sanarli.
E qui viene naturale il paragone fra l'esercito argentino e la marina.
La marina, sorta da poco, non ha tabe originali, non ha sofferto per le
vicissitudini delle ingloriose lotte politiche. Ha avuto una direzione
omogenea ed una organizzazione senza troppi rimpasti, dovute alla mente
del Rivadavia che fu molto coadiuvato dall'italiano Muscari. Per quanto
anche qui si riscontrino errori e colpe di dolorosa memoria, tuttavia il
progresso è rapido e sicuro. Una marina non s'improvvisa, perchè non
bastano le navi formidabili quando mancano gli uomini da mettervi sopra:
e la marina argentina ha bisogno ancora di tempo per creare tutti gli
uomini che le necessitano, per non ricorrere, come ora, al personale
straniero. Ma la strada che essa ha rapidamente percorso è certo una
buona garanzia per l'avvenire suo.
Il paragone fra le forze di terra e quelle di mare ricorre molto sui
giornali argentini. «Perchè--domandavasi giorni sono la _Prensa_--le
nostre forze di terra decadono, mentre si migliorano invece le navali?»
Si potrebbe rispondere forse con le sue stesse parole:
«Perchè la marina ha la fortuna di stare in un campo dove non ci sono
governatori, nè elezioni. La sua influenza si salva dal contagio
corruttore della oligarchia, e può svolgere intanto le sue attitudini, e
perfezionarsi!»


IL LUSSO NELL'ARGENTINA.
[Dal _Corriere della Sera_ del 12 giugno 1902.]

Il popolo _criollo_, che si trova quasi estraneo alle assorbenti cure
del lavoro, che ha a portata delle sue mani le facili ricchezze
alimentate dalla inesauribile sorgente del lavoro straniero, che--con
un'esagerazione che le teorie dell'atavismo giustificano--ha ereditato
dai suoi padri spagnuoli insieme alle virtù della fierezza e
dell'orgoglio anche i difetti della tendenza spendereccia, della manìa
delle apparenze, dell'amore alle grandiosità--come ha ereditato dalle
antiche madri aborigene la passionalità e la dolce mollezza--non poteva
resistere alla piacevole malattia del lusso. «Il lusso sterile si è
subitamente introdotto nei nostri costumi--ha scritto un saggio
argentino--; ma la ricchezza male acquisita va lasciando dietro di sè
molte rovine morali; poichè l'oro è come l'acqua d'un fiume, che desola
e rovina se inonda subitamente, mentre porta in ogni dove la fecondità e
la vita se giunge lentamente per mille condotti.»
In trenta anni o quaranta dalla tradizionale semplicità della vita
_campesina_ si è giunti al più assurdo lusso, assurdo perchè il meno
sapiente, un lusso che si è infiltrato a poco a poco in tutte le
classi, che si rivela negli atti più semplici della vita, che è divenuto
quasi una necessità. Nelle epoche dei grandi guadagni e delle
speculazioni colossali, che sono così recenti e sembrano favolose, si
sono create delle abitudini che resistono tuttavia, e resisteranno pur
troppo fino a che sarà facile _sacar plata_--trovar denari--a chi ha il
privilegio di vivere nell'immensa rete dell'intrigo politico.
Il primo sintomo caratteristico della malattia del lusso, lo straniero
l'osserva appena sbarcato, prima di vedere e sapere nulla, niente altro
che allo scorgere il modo con il quale l'argentino porta in tasca il suo
denaro. Noi abbiamo la meschina abitudine del portafoglio che, se i
borsaioli lo rispettano, serve a conservare i nostri biglietti di banca
ben piegati e classificati. Qui il portafoglio per il denaro è una
gretteria che fa sorridere di disprezzo fin l'ultimo _almacenero_;
l'argentino porta la sua carta monetata insaccata nelle tasche dei
pantaloni. Qualunque somma è portata così, come il fazzoletto. Per
pagare si tira fuori un pugno di biglietti, se ne getta uno tutto
spiegazzato al venditore con un'inimitabile aria di disdegno, e si
ripone il resto con noncuranza nella solita tasca, picchiandoci sopra un
colpetto per diminuirne il volume.
Questa strana ostentazione di disprezzo per il denaro, forma una
caratteristica argentina veramente rivelatrice. È una questione di amor
proprio, di orgoglio curiosamente sentito; in fondo è una contraddizione
patente che costa molto e che forma da sola una delle principali spese
di lusso. Non si guarda alla spesa purchè il gesto sia bello. C'è sempre
una certa ricerca dell'effetto. Ho visto una sera in un caffè a Buenos
Aires un giovanotto, un _compadrito_ (teppista elegante), il quale,
ferito alla testa da una bastonata consegnatagli da un suo buon amico,
si asciugava la ferita con biglietti da un _peso_--i più correnti--che
gettava via insanguinati, e questo perchè non aveva un fazzoletto. Era
sublime; ma certo quel bravo ragazzo avrebbe semplicemente domandato una
salvietta al cameriere se nessuno fosse stato lì a guardarlo.
Al caffè, al _restaurant_, se si è in un gruppo di amici, è sempre uno
che paga per tutti, per legge inviolabile. Si va al teatro in comitiva?
Chi è più vicino allo sportello dei biglietti compera le poltrone,
gl'ingressi, i programmi per tutti; e guai allo straniero che tenta il
modesto rimborso. Il più umile impiegato della municipalità pone le mani
in tasca con l'aria di un Grande di Spagna; salvo poi, tornando a casa
solo, a fare i conti sotto un lampione di quanto costa la grandiosità.
Ho cominciato dall'accennare a queste minuzie perchè sono sintomatiche,
e fanno già comprendere il carattere del lusso argentino. Non è il lusso
d'un paese che col migliorare delle sue condizioni economiche sente
aumentare i bisogni e si adatta progressivamente ad un maggiore
_comfort_; il raffinamento della sensibilità in un popolo ha un processo
molto lento, e la prosperità argentina sorse in pochi anni d'affari
tumultuosi. È il lusso sterile di chi spende per spendere, per
«figurare», di chi poco conosce il costo del denaro; ed è il lusso
più pericoloso perchè non ha una norma fissata dal livello
dell'intellettualità del popolo, la quale ha un limite, ma è invece
regolato dall'ambizione e dallo _snob_ che non hanno limiti.
La conseguenza principale--dal nostro punto di vista di stranieri
cointeressati--è uno sperpero inutile d'enormi ricchezze, il quale
fatalmente non può non indebolire le resistenze morali alla corruzione.
Ricercando le cause dei mali argentini, per i quali tanti italiani
soffrono, non possiamo tralasciare il lusso, e tutto quanto il lusso si
trascina appresso, le cui conseguenze materiali e morali sono vaste e
profonde.
*
* *
Il lusso infesta tutti i campi, come una splendida ortica, e vegeta
persino sul bilancio di Buenos Aires. La Capitale si comporta come una
signora un po' civetta, la quale comperi un cappellino che costa un
occhio a chi.... lo paga, per la sola ragione che qualche amica ne ha
comperato un altro. Si fanno _boulevards_ perfettamente inutili perchè
Parigi ne ha; si creano parchi e giardini dispensabilissimi per non
essere al di sotto delle grandi capitali; si gettano milioni in un
giardino zoologico, dove le scimmie abitano villini arabi e i leoni
dimorano in tempî greci, solo per poter dire che il _Zoo_ di Londra non
è così bello; facendo un grande serbatoio d'acqua potabile si è voluto
che la costruzione rappresentasse un grandiosissimo palazzo del
rinascimento francese, tutto ricoperto di maioliche inglesi, spendendo
due milioni e mezzo per la pura e semplice ornamentazione. Non si è mai
pensato che tutta la popolazione dell'Argentina non arriva a cinque
milioni e che un popolo di cinque milioni deve spendere un poco meno di
quelli sette o otto volte più grandi; si è detto e scritto che Buenos
Aires avendo quadruplicato il numero dei suoi abitanti in ventotto anni,
«raddoppia di popolazione ogni quattordici anni», e non si è pensato
all'assurdo di una tale premessa, secondo la quale fra cinquanta anni
Buenos Aires dovrebbe avere dieci milioni di abitanti. Si è speso sempre
basandosi sul fantastico, ipotecando un lungo avvenire, senza far mai i
conti con le risorse del paese, ripetendo eternamente che il paese è
vasto e ricco e che pagherà tutto. L'importante è che Buenos Aires
mantenga il suo posto di «segunda ciudad latina del mundo»--la prima,
si sa, è Parigi--e poco preme che le finanze si rovinino, che i debiti
crescano in proporzioni spaventose. Nulla importa purchè «il gesto sia
bello»! La collettività fa lo stesso lusso dell'individuo, sterile,
inutile lusso, in modo assurdo e sproporzionato alla potenza finanziaria
del paese.
L'apparenza è tutto. Quel serbatoio d'acqua potabile diventa quasi un
simbolo: il simbolo della esteriorità argentina. Un ricchissimo sfarzoso
castello scintillante di ceramiche policrome, all'esterno;
all'interno... acqua potabile!
Non si fa del lusso in proporzione a ciò che si è, ma a ciò che si vuol
parere; lusso esagerato negli edifici, negli arredi, negli abiti, in
ogni cosa. Non si ha idea, per esempio, delle somme che si spendono
laggiù per le _toilettes_. La stagione dell'Opera viene preventivata
venti o trentamila _pesos_ nelle famiglie della buona società. Nei
negozî principali di mode si ottengono delle rivelazioni interessanti
sulle spese femminili. Conti di quaranta e cinquantamila _pesos_ sono
pagati correntemente dalle signore, cioè volevo dire dai mariti,
dell'aristocrazia portegna. Tutto quanto è moda costa caro perchè tutto
è importato. Parigi, questa fata morgana dell'Argentina elegante,
assorbe per le sue mode e i suoi gingilli, in proporzione, due volte e
mezza più di ricchezza dal Sud che dal Nord-America. Ah! quella Parigi
si è fatta una gran clientela di repubbliche, esportando i diritti
dell'uomo e poi i.... cappellini della donna!
Non parliamo di quanto si spende in feste, feste pubbliche, private,
religiose, di beneficenza; non parliamo del lusso nei _clubs_, nei
teatri, in ogni dove. Vi è in tutto questo qualche cosa d'una immensa
_mise en scene_; si sente il fittizio.
Le spese eccessive portano un dissesto endemico nei bilanci domestici,
che vengono a rispecchiare così il bilancio dello Stato in proporzioni
ridotte. Lo sperpero cieco del denaro conduce per conseguenza ad una
caccia altrettanto cieca al denaro, la quale ha per forma più mite il
giuoco. La questione del giuoco è così grave che ora tutta la stampa
argentina unanime a grandi gridi ne invoca la estirpazione. Ma non è con
dei saggi articoli di fondo che, specialmente ora, potrà svellersi la
mala pianta del giuoco, i cui sottili viticchî, si può dire, avvolgono
ogni anima.
La folla giuoca alla «loteria nacional»--che è una specie di lotto
colossale--con un accanimento incredibile.
Le corse di cavalli offrono un altro sfogo alla manìa del giuoco. Vi
sono a Buenos Aires sopra a _trecento_ agenzie dette «casas de sport»,
specie di totalizzatori, dove tutti corrono a giuocare sopra i risultati
delle corse che hanno luogo una volta alla settimana all'Ippodromo; e
notate che queste «casas de sport» sono colpite da una tassa proibitiva
di _duecentomila pesos_ all'anno. Queste agenzie ricevono per ogni
giorno di corsa 180,000 giuocate. 100,000 ne riceve il «Jockey Club» sul
campo delle corse, e ciò porta ad un totale di circa mezzo milione di
_pesos_ per giornata, ossia ventiquattro milioni di _pesos_ all'anno,
eguali a _sessantadue milioni_ di lire circa (giornale _El Pais_, 28
marzo). Sessantadue milioni puntati dalla sola Buenos Aires in un solo
giuoco d'azzardo!
*
* *
Ma il giuoco che ha le conseguenze più disastrose per il paese è quello
di Borsa. Alla Borsa di Buenos Aires si giuoca accanitamente. Le
oscillazioni nei cambî prodotte dalla speculazione mettono spavento; si
è visto il cambio dell'oro passare da 240 (ossia che ci vogliono 240
_pesos_ in carta-moneta per ogni 100 in oro), a 238, poi a 241 e infine
a 246 tutto in uno stesso giorno. Immaginate quali liquidazioni! Questo
giuoco si basa sulla politica. Durante la questione col Cile si sono
visti dei gelosi segreti diplomatici immediatamente propalati e discussi
sui giornali provocando rialzi dell'oro di molti punti. Quando un
giornale pubblicava un bollettino speciale troppo allarmante, bastava
fare alla Borsa un'inchiesta dissimulata per sapere che il direttore di
quel giornale aveva comperato in quel giorno, per mezzo dei suoi agenti,
quaranta o cinquantamila _pesos_ d'oro. Ricordo che quando venne
ritirato il ministro plenipotenziario Portela da Santiago, io, con un
certo orgoglio di pubblicista bene informato, osservai ad un signore mio
conoscente, il quale gode relazioni politiche, che sapevo la notizia dal
giorno prima; ed egli mi rispose sorridendo:
--E io ero prevenuto quattro giorni fa!
--Impossibile!
--Ecco la prova--e mi mostrò il conto del suo agente di cambio che
attestava la compera di non so quante decine di migliaia di _pesos_
d'oro fatta precisamente quattro giorni prima.
La speculazione non ha limiti. Con una politica incerta e convulsa come
in generale sono sempre le politiche americane, col desiderio smodato in
troppa gente di profittare delle occasioni per il proprio interesse, e
con l'aggravante d'una crisi che ha molto assottigliato l'adipe della
nazione rendendola più vivamente sensibile alle variazioni economiche di
qualsiasi genere, l'influenza della speculazione di Borsa così
esercitata è veramente disastrosa. Si sa bene, pur troppo, che in tutte
le Borse si specula, come del resto in tutti gli ippodromi si giuoca; ma
sono la natura e l'estensione del giuoco e della speculazione che qui
rendono il male spaventoso. Rovinati dai cambî, molti negozianti cercano
di rifarsi sui cambî, giuocando e alla Borsa di Buenos Aires vi sono
nientemeno che quattromilacinquecento soci; una popolazione! Le grandi
oscillazioni rendono più allettevole il giuoco; un solo colpo buono può
essere una fortuna. Il giuoco poi per un fatale concatenamento mantiene
grandi le oscillazioni. Sapendo le grandi somme che l'Argentina deve
pagare all'estero, in oro, per gl'interessi dei prestiti non fosse
altro, si comprende quanto il cambio fittizio fissato dalla speculazione
sia rovinoso. Senza contare i disastri provocati da ogni liquidazione un
po' fuori della media prevista, senza contare la sfiducia e il
discredito che vanno sempre più circondando nell'Argentina quanto è
materia di finanza!
Che dire poi del giuoco vero, il giuoco classico e genuino che si fa
intorno al tradizionale tavolo verde? Le bische sono innumerevoli. La
città, i sobborghi, i paesi dei dintorni, i luoghi di villeggiatura e di
bagni sono pieni di bische. Non ho cifre esatte sulle bische di Buenos
Aires, ma si può immaginare quante mai potranno essere, sapendo che
nella piccola città di Cordoba, la città detta la Santa e anche la
Dotta, si conoscono _quattrocentoventiquattro_ bische. In proporzione
Buenos Aires dovrebbe averne diverse migliaia.
Sono queste bische che impensieriscono tanto oggi i Catoni della stampa,
dei quali non pochi fanno come quel padre che, accorso in una casa di
giuoco per sorprendervi il suo figliuolo scapestrato, e trovatolo ad un
tavolo di _baccarà_, gli gridò con accento indignato:--Disgraziato, che
fai? perchè, perchè... prendi carta sul cinque? Guarda come si fa--e si
assise severamente al suo fianco.
La stampa non risparmia accuse veramente gravi e precise alle autorità
che dovrebbero sorvegliare alla esecuzione della legge, la quale
colpisce severamente le bische come le «casas de sport» con tasse
proibitive. Ma chi ci bada? Il giornale _Los Principios_ è arrivato
persino a denunziare un commissario di polizia come... proprietario di
una bisca!
Quanti milioni non passano giornalmente sui tavoli da giuoco? Non
dimentichiamo poi di aggiungere alle bische i _clubs_ dove si giuoca
tremendamente. Cito un dato: il _Club_ del «Progresso» incassa per le
sole tasse di giuoco, ossia per la sola vendita dei mazzi di carte--il
cui prezzo può variare a seconda l'entità del giuoco fino a quindici
_pesos_--incassa, dico, dagli otto ai dodicimila _pesos_ al mese; ossia,
in un _club_ solo i giuocatori pagano più di centomila _pesos_ all'anno
(250,000 franchi circa) per i mazzi di carte. Quale disordinato
spostamento di ricchezze non deve portare un tale giuoco nella società
bonearense?
A poco a poco tutto tende a diventare giuoco, dalle imprese alla
politica; la via del lavoro è sempre più schivata come mezzo per
raggiungere la prosperità e la ricchezza, perchè è una via troppo lunga
e aspra e difficile in confronto delle altre. Si spende rapidamente; è
necessario guadagnare rapidamente. Ne viene uno squilibrio nelle
manifestazioni della vita sociale. La compagine morale della società
s'indebolisce: e guai quando si rallenta o cessa di funzionare quel
potente regolatore delle azioni umane che è la coscienza!
*
* *
Fra i mali che sono causati dal lusso e dal giuoco ve n'è uno che a noi
interessa di più perchè ha un'influenza diretta sulle transazioni di
denaro e perciò sugli affari. Intendo parlare dell'usura. I saggi
d'interesse sono normalmente alti nell'Argentina (l'interesse legale
ipotecario è del 12%) per la richiesta di capitale dovuta al rapido
sviluppo della produttività del paese, ma ancora più per le diffidenze
dei capitalisti, per i rischi provenienti dalla «indelicatezza»
commerciale, ecc. Sono poi resi enormi quando a tutto questo si aggiunge
la ricerca disordinata del denaro provocata dal lusso e dal giuoco.
L'usura diventa una cosa normale. Un'infinità di famiglie va avanti
impegolandosi sempre più nei debiti in attesa della _volada_--un colpo
di fortuna--o di una nuova pioggia di ricchezze, come nel '90.
Gl'impiegati che sono al corrente dello stipendio spesso lo scontano ai
primi del mese; quelli che da mesi non lo possono ritirare vendono il
loro credito verso il Governo la Municipalità per i due terzi o per la
metà.
Nel piccolo prestito il 50% si chiama un interesse onesto. L'«interesse
onesto» però non è comunissimo. Secondo le circostanze si vede applicato
un tasso dell'80, del 100, del 200%. L'interesse si calcola a mesi, e si
dice perciò modestamente il 5, l'8, il 10%. Ciò che in realtà è il 60,
il 96, il 120%. Pullulano gli ufficî di prestito su pegni e su garanzie
che fanno operazioni dal 4-1/2 per cento in su (al mese, s'intende). Il
male è così vasto che non si nasconde più. Si «opera» alla luce del
sole. Si vedono degli avvisi agli angoli delle vie, sui giornali,
nell'interno dei _tramways_, sui siparî dei teatri, che dicono:
«_Dinero! Dinero!_ Chi ha bisogno di denaro vada in via tale, numero
tale, ecc., succursali in tutta la città». Sono stabilimenti molto
riconosciuti! La _réclame_ applicata all'usura è l'ultima parola del
progresso. L'usuraio diventa una persona per bene, un essere
rispettabile e rispettato, bene accolto. Se ne incontrano per tutto, nei
_clubs_, nelle Società e persino nelle redazioni dei giornali. Alla
domanda: Chi è quel signore?--vi rispondono con indifferenza: uno
strozzino--come vi dicessero un avvocato, un ingegnere, un dottore.
Vedremo, parlando dei nostri connazionali, la rovina che l'usura porta
nella campagna. Le sue conseguenze sulla prosperità generale sono
evidenti.
Il lusso, il giuoco e l'usura formano tre anelli d'una stessa pesante
catena che cinge le braccia della Repubblica Argentina. In essi troviamo
ancora una ragione concomitante della gravissima crisi presente, e non
certo la più lieve. E per questo male non v'è che una guarigione: il
lavoro. Il lavoro domina le manìe dissipatrici.
Gl'italiani, nell'Argentina, sono generalmente tacciati d'avari. Essi
conoscono troppo quanto costa il denaro per poterlo gettare, poichè lo
pagano col sudore della fronte, che è quanto di più sacro e di più
prezioso possa dare un uomo!


RICCHEZZE E MISERIE.
[Dal _Corriere della Sera_ del 17 giugno 1902.]

Nel mese di aprile l'esodo di emigranti dalla Repubblica Argentina ha
superato l'arrivo di 3032 individui, secondo le statistiche dalla
_Direcion de Emigracion_. La differenza fra i partiti e gli arrivati
sembra che aumenti di mese in mese in proporzione geometrica; il sintomo
non è equivoco; l'Argentina è stata finora uno dei paesi che hanno
assorbito la maggiore quantità di emigrazione europea, e debbono essere
ben vaste e profonde le perturbazioni che oggi creano un tale rigurgito
nella regolare corrente immigratoria che si era formata.
Questo solo fatto basterebbe a dare la misura delle gravissime
condizioni della Repubblica Argentina, le cause delle quali abbiamo
sommariamente e alla meglio rintracciato negli articoli precedenti,
esaminando la politica, il governo, la giustizia, l'esercito e la
società di quella giovane nazione.
A queste cause, che sono pur troppo permanenti, si aggiungono anche
cause occasionali e transitorie--come ora la deficienza dei raccolti--le
quali trovano l'organismo della nazione già spossato, incapace di
resistere, e producono danni enormi, come quelle malattie di stagione
che non danno che un leggero malessere ai forti, e colpiscono a morte
gl'indeboliti. Mi diceva un giorno il governatore Freyre--il quale è
salito da poche settimane al Governo di Santa Fè con un programma largo
di promesse--che «se ci fosse un buon governo nell'Argentina
basterebbero soli tre anni di raccolto sopra cinque per star bene.» Anzi
l'eccellente uomo--il quale naturalmente trovava che il suo governo
faceva eccezione alla regola--dopo un istante di riflessione ha
soggiunto che «due soli anni di buon raccolto ogni cinque sarebbero
tuttavia sufficienti alla prosperità del paese.»
In fondo, salvo l'esagerazione ottimista che ogni uomo di governo prova
in presenza di un giornalista straniero, egli diceva la verità. Le
sciagure argentine vengono dagli uomini e non dal paese. Il paese è
ricco.
È ricco; ma potrebbe paragonarsi ad una miniera d'oro in mano a gente
inetta e dissipatrice, di una _Chartered_ che sperperi, che amministri
in modo disastroso, che sfrutti ciecamente la ricchezza, che faccia dei
debiti enormi. Intorno alla miniera d'oro si finirebbe per soffrire la
fame. E la fame si soffre ora nell'Argentina.
La responsabilità degli uomini che reggono i destini di quel paese
appare più grave ai nostri occhi se si paragona ciò che è l'Argentina
oggi a ciò che potrebbe essere; se la tristissima e squallida miseria
alla quale centinaia di migliaia di stranieri sono condannati, si pone a
confronto delle prosperità che quella terra avrebbe potuto dar loro, in
meritato compenso dei sudori e delle virtù che vi hanno prodigato.
*
* *
La prima ricchezza dell'Argentina è la vastità. L'Italia potrebbe
esservi contenuta dieci volte; la Germania sei. Dalle regioni tropicali
del Gran Chaco e di Missiones si svolge fino alle nevi eterne dello
stretto di Magellano ed ai _fiords_ ghiacciati della Terra del Fuoco;
quasi tutti i prodotti della terra potrebbero esservi coltivati. Essa
offre tutti i climi e tutte le altitudini. Le sterminate pianure delle
Pampas, quell'oceano di terra, potrebbero offrire il grano per mezzo
mondo. Gl'immensi fiumi Uruguay e Paranà, il Rio Colorado, e più giù
nella Patagonia il Rio Chubut, il Rio Senger, il Rio Deseado potrebbero
alimentare l'irrigazione di territorî sconfinati, e servire di via ad un
immenso traffico fluviale che colerebbe nei porti marini per ripartirsi
sulla terra. Nei boschi impenetrati del nord, quasi fuori del dominio
umano, si celano i legni preziosi, il cautciù, la china, e nei boschi
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