L'Argentina vista come è - 06

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scriveva: «il colpevole cadrà domani in mano della giustizia per essere
posto in libertà per l'influenza d'un _caudillo_ elettorale o per la
sensibilità dei giudici.» Un fatto analogo è avvenuto a Raffaela nella
sera del 20 settembre passato; due italiani vennero assassinati a
tradimento nel loro negoziuccio di _almaceneros_ a scopo di furto, e i
colpevoli, due _gauchos_, sono già liberi. Per un altro fatto consimile
il ministro d'Italia, che domandava la ricerca e la punizione dei
colpevoli, si sentì rispondere che la Giustizia nelle provincie è
autonoma. È ancora vivo a Buenos Aires il ricordo dell'assassinio d'un
povero lustrascarpe italiano compiuto dal figlio di un senatore, e
quello di un distinto giovane italiano ammazzato a colpi di revolver
sulla poltrona d'un teatro. Gli autori rimasero impuniti.
Quali fulmini non dovrebbe scagliare la legge per curare tanto male e
così profondo?
Anche quando è buona, l'amministrazione della giustizia è così lenta,
complicata e debole che riesce spesso inefficace. Per il commercio, ad
esempio, rappresenta una rovina. La _Nacion_ ha con una serie di
articoli rivelato tutte le porte che la giustizia difettosa spalanca
alla disonestà commerciale. Dei bancarottieri possono impunemente
offrire delle percentuali ridicole a saldo dei loro debiti; hanno una
frase magica per spaventare i creditori: Se non accettate mi metto nelle
mani del tribunale!
Coi tribunali non si sa mai come si vada a finire!
Vi è una legione enorme di curiali, procuratori, curatori, uscieri, che
nella lingua del paese sono chiamati con la espressiva denominazione di
_aves negras_--uccelli neri. Questi corvi appollaiati intorno ai
tribunali, si precipitano dove c'è qualche cosa da mangiare, e fra
onorarî, percentuali, prebende e propine finiscono ogni cosa,
dividendosela con un accordo che somiglia ad una complicità legale.
Anche ammettendo l'onestà più scrupolosa nei giudici, è naturale che con
una giustizia così organizzata, la rettitudine commerciale non sia nè
protetta, nè incoraggiata.
Nelle successioni testamentarie di stranieri avvengono cose infami
protette dalla legge. Gli «uccelli neri» non lasciano talvolta una
bricciola dei patrimonî raggranellati qui con stenti e lasciati morendo
ai parenti lontani. Essi mandano le pratiche a lungo per degli anni, se
l'eredità è grossa, per dei mesi se è piccola, fino a che a furia di
spese giudiziarie, di emolumenti, di stipendî per curatele quasi tutto è
divorato.
Non parliamo dei tranelli nelle compre-vendite, per cui un contadino,
supponiamo, che compra un pezzo di terra può trovarsi di non esserne il
padrone: non parliamo delle gherminelle dei contratti e di tante altre
truffe semi-legali che la Giustizia contempla indifferente.
*
* *
Tronchiamo questa esposizione di brutture, le quali nulla aggiungono e
nulla tolgono al triste quadro della Giustizia argentina.
Di tutti i mali che affliggono quella Repubblica--alla quale tanta
fortuna invece potrebbe sorridere--la cattiva Giustizia è il più grave
per i nostri connazionali, perchè è quello le cui conseguenze dolorose
li colpiscono direttamente e immediatamente.
Quei governanti argentini che amano veramente il loro paese e che ne
vogliono il bene, che desiderano l'aiuto generoso delle nostre braccia e
delle nostre simpatie, rivolgano le loro cure al risanamento della
Giustizia. La giustizia è la coscienza d'un paese. Se la coscienza si
risveglia e si migliora, le azioni divengono buone. Pongano tutto il
loro amore e tutta la loro scienza in questo. E nella buona Giustizia
l'Argentina troverà precisamente la guarigione di tutte le sue piaghe!


LA POLIZIA ARGENTINA.
[Dal _Corriere della Sera_ del 5 giugno 1902.]

Un giorno dello scorso marzo il Governatore di Santa Fè, dottor
Freyre--un omone dall'aspetto bonario e dalla parlantina
sciolta--facendomi gli onori della sua casa mi mostrava una curiosa
raccolta di ritratti fotografici. Erano le fotografie di tutti i suoi
impiegati di polizia, bene incorniciate simmetricamente in un grande
quadro di _peluche_ e sormontate dai nomi dei relativi originali, incisi
in targhette dorate. Una epigrafetta in testa al quadro faceva conoscere
che si trattava di un omaggio della Polizia Santafecina al _Señor
Gobernador_ in occasione della di lui recente assunzione al potere. Il
Governatore guardava tutti quei ritratti con una grande espressione
d'uomo soddisfatto, e mi spiegava:
--Li conosco tutti, uno per uno, da quando ero capo come _Jefe
politico_; qualcuno ne ho fatto io--nei suoi occhi sfavillava come una
scintilla di amore paterno--e sono tutti _hombres valientes_, amico!
Gettai un'occhiata sulle fisionomie; una raccolta di tipi risoluti, una
collezione di occhi fieri, di baffi e di barbe dal taglio poco comune, e
qua e là dei nasi adunchi, degli zigomi salienti e delle bocche larghe
tagliate come con un colpaccio di ascia, caratteristiche non dubbie
della razza meticcia. Vi era anche un negro.
--Io conosco la storia di tutta questa gente; li ho tutti nel
pugno--continuava il mio ospite.--Vedete questo, e questo, e questo?
Ebbene, essi non portano il loro vero nome.
Io ascoltavo con un interesse crescente le curiose informazioni che il
Governatore dava a me e ad altri presenti, e non mancavo d'incoraggiarlo
con quelle esclamazioni d'assentimento che sono le goccie lubrificanti
delle conversazioni. Ed egli continuava, ingenuamente persuaso di dire
le cose più naturali del mondo, e di fare il miglior vanto dei suoi
sottoposti.
Così spiegò che alcuni di quei funzionarî non portavano il loro nome
perchè in passato erano stati assassini. Molti di quegli uomini avevano
un passato al quale il Governatore alludeva con reticenze piene di
effetto drammatico. Certi si erano trasformati da delinquenti a
poliziotti per opera sua. Ricordo fra gli altri la storia di un
cocchiere più volte arrestato per ferimento, furto e rivolta agli agenti
a mano armata, e divenuto commissario. Appuntando il dito sopra varî
ritratti il Governatore ripeteva con compiacenza le parole: _Este era un
picaro!..._--Questo era un farabutto--con l'aria di dire: Che uomo abile
che era costui!
Tutto ciò per noi è strano. Noi consideriamo la Polizia come la mano
della Giustizia, una grande mano, potente e delicata ad un tempo, che
rintraccia i colpevoli, li scova, li afferra, e li porta al cospetto
della maestà della Legge. Nell'Argentina, la Polizia--o meglio le
polizie, poichè ve ne sono quindici, una per provincia ed una speciale
per Buenos Aires--prima di essere la mano della Giustizia è la mano
della Politica. Modificandosi lo scopo della sua esistenza,
snaturandosi la sua funzione, deve necessariamente modificarsi la sua
essenza. Le polizie argentine non hanno tanto lo scopo di difendere la
società, quanto quello di difendere i partiti al potere. Formano dei
piccoli eserciti pretoriani sempre pronti all'arbitrio ed alla violenza
partigiana, a portare nella lotta politica l'influenza decisiva della
forza brutale contro il diritto. E allora come potrebbero essere
strumenti di giustizia e di legalità se la loro funzione si esplica così
spesso proprio nel campo dell'ingiustizia e dell'illegalità?
*
* *
È naturale che a comporre queste polizie vengano chiamati uomini
risoluti e spregiudicati, ossia senza molti di quegli scrupoli che
renderebbero impossibile l'adempimento del triste còmpito che la
politica impone loro. Ed ora ditemi quale uso non faranno della forza di
cui dispongono, della potenza straordinaria che loro conferisce il nome
della legge, questi uomini scelti per evidente necessità negli strati
inferiori della società, e anche delle razze umane, spesso familiari
alla colpa, privi della coltura e dell'educazione, che, anche nelle
anime cattive, insinuano il pudore del male? Supponete di questi uomini
posti nelle colonie, lontani da qualsiasi controllo, aventi l'impunità
quasi assicurata dalle distanze e dalle necessità politiche, se non dai
difetti e le lungaggini delle procedure giudiziarie, e immaginate che
cosa avviene. C'è poi l'aggravante d'una pessima retribuzione.
Vi sono dei commissarî che non prendono più di sessanta, settanta,
ottanta _pesos_ al mese, con i quali debbono provvedere alla paga dei
soldati di polizia--due o tre--da essi personalmente arruolati, alle
spese d'inchieste--che dovrebbero essere rimborsate, ma non lo sono
mai--e talvolta anche al mantenimento dei prigionieri fino alla loro
consegna all'autorità giudiziaria. Dei tenenti di polizia prendono
trenta _pesos_ al mese. «Questi impieghi portano l'autorizzazione
implicita all'_exploitation_ dei pacifici abitanti della campagna sotto
forma di multe»--ha scritto giustamente la _Prensa_.--Infatti la multa
arbitraria forma una delle fonti più comuni e anche più oneste dei
beneficî polizieschi. Dei contadini sono talvolta arrestati con una
scusa qualunque, e poi il commissario contratta con loro la liberazione.
Ciò non toglie che la libertà non si venda anche ai veri colpevoli,
qualche volta. Gli arresti arbitrarî naturalmente non sono certo una
cosa rara, specialmente se vi si può innestare una ragione politica.
Ecco un caso tipico: pochi giorni fa in una colonia importante vennero
arrestate in massa una quantità di persone, fra le quali capitarono dei
commercianti, due giornalisti, un notaio, il collettore delle imposte e
persino un ex-commissario di polizia, e vennero per ordine speciale
rinchiuse nella cella destinata agli accattoni. Il giorno dopo seppero
d'essere accusate di disordini, ubbriachezza ed altre cose.... multabili
(telegrammi da Chos-Malal 25 marzo).
Il diciannove di marzo un italiano ha ricorso al nostro ministro a
Buenos Aires per essere stato arrestato nella Pampa Centrale, detenuto
otto mesi senza ragione, e derubato dalla polizia di cinque cavalli e di
tutte le sue mercanzie.
*
* *
Qualche volta capita di peggio; per esempio, di restare in segregazione
cellulare per dieci e anche quindici giorni dimenticati. E peggio
ancora, di essere bastonati o feriti. Cito qualche esempio recente. A
Rosario tre giovanotti italiani, dei quali uno ex carabiniere da poco in
congedo, mentre conversavano sopra un marciapiede, si sono visti
arrestare, senza saperne il perchè, e condurre alla Commisseria,
dove--dopo la solita perquisizione--sono stati segregati in tre celle
separate «condottivi a forza di calci e di pugni.» Poi un ufficiale di
polizia «li ha sottoposti a nuovi e più duri trattamenti arrivando fino
ad usare la daga d'uno dei vigilanti, con la quale a casaccio, in un
impeto d'ira, percosse ripetutamente uno di quei tre malcapitati
producendogli lesioni d'una certa gravità. Il poveretto cercò di
reagire, ma si vide ridotto all'impotenza da diversi agenti. L'ufficiale
poi ordinò non fosse loro somministrato nessun cibo e che alla benchè
minima lagnanza fosse loro risposto con la violenza. Dopo trentasei ore
di quel martirio furono posti in libertà tutti sanguinolenti e
malconci.» (Dalla cronaca della _Republica_ di Rosario). La _Patria
degli Italiani_ confermava il fatto. Il console italiano ha potuto
comprovare i maltrattamenti e un telegramma alla _Patria_ aggiungeva che
«il console continuerà nella energica sua attitudine di protesta».
Non più tardi del passato aprile cinque arrestati a Rosario,
dipartimento Belgrano, sono stati bastonati dai commissarî al punto che
uno dei disgraziati è stato ridotto in gravi condizioni, senza
conoscimento e senza favella. Un corrispondente della _Prensa_ ha
scritto da Belleville sulla abituale crudeltà di quella polizia. «Gli
arrestati sono condotti a bastonate alla polizia; si arriva anche a
ferirli; ieri un guardafili arrestato senza causa giustificata venne
condotto a bastonate alla Commisseria, niente altro che per fare
ostentazione di rigore.»
A Santiago del Estero la polizia «contando sull'impunità delle sue
colpe»--come ha scritto la _Prensa_--ha preso a sciabolate un povero
diavolo perchè aveva rimproverato il commissario d'avergli avvelenato il
cane; poi ha preso a sciabolate due suoi amici che l'accompagnavano,
conosciuti come oneste e laboriose persone, ferendo tutti e tre, dei
quali uno mortalmente alla testa. È comunissimo leggere nella cronaca
dei giornali di «arresti in forma vessatoria e violenta»; questo
significa a pugni e bastonate. Ho sott'occhio un rapporto di
polizia--riportato dalla _Capital_ di Rosario, giornale governativo--nel
quale le parole _bastonazos y machetazos_--bastonate e pugni--vengono
quasi a far parte del linguaggio d'ufficio. Pochi giorni or sono un
vecchio e onorato commerciante italiano in Azul, è stato arrestato nella
solita forma vessatoria violenta, e poi liberato senza la minima
spiegazione. Notizie di questo genere arrivano da tutte le provincie.
Alcuni arrestati presso a Chos-Malal da soldati di linea, che compiono
dei servizî di polizia, come sospetti di furto, sono stati detenuti nove
mesi, durante i quali hanno subìto delle vere torture per essere
costretti alla confessione. Si è giunti a dar loro fino a cinquecento
frustate. Una delle vittime è stata assoggettata al simulacro dello
scannamento che le ha lasciato nel collo il segno del coltello; ed una
donna creduta complice è stata spogliata in presenza dei soldati e
sospesa per i piedi con una corda. Queste le denunzie che la _Prensa_
riportava. Alla Rioja un povero pazzo preso dalla polizia è stato legato
con le mani e con i piedi ad una grossa sbarra di ferro, e poi sospeso
ad una pianta di gelso che si trova nel cortile della Commisseria.
(Giornali del 25 gennaio).
*
* *
La violenza della polizia diviene alcune volte estrema. Un telegramma
laconico da Sant'Antonio (Catamarca) del 15 aprile diceva: «Domenica
dalla polizia locale è stato assassinato il giovane E. M. con un colpo
di remington, senza motivi noti. Si crede ad una vendetta premeditata.»
Soltanto qualche giorno prima un commissario aveva ammazzato a
revolverate due marinai ad Uruguay in Entre Rios. (Giornali del 12 e 13
aprile).
Alla fine dello scorso marzo la polizia di Bahia Blanca ha assalito
alcuni operai italiani inermi al grido di _mueran los gringos_, ne ha
ferito quattro a sciabolate, ed ha inseguito gli altri fin nelle case e
nelle botteghe insultandoli, facendo arresti a casaccio, conducendo in
prigione persino due feriti, uno dei quali in istato grave. Le inchieste
ufficiali hanno negato questi fatti, che però sono attestati da
testimonianze inconfutabili e da una protesta firmata da quarantatre
commercianti di Bahia Blanca appartenenti a varie nazionalità. I
commercianti di quella città sono cinquantadue.
A Corrientes, nella colonia Bella Vista, un giovane, che dal nome
sembrerebbe italiano, è stato anche lui assassinato dalla polizia. Il
telegramma pubblicato dalla _Prensa_ diceva così: «Il giovane tornava da
un ballo con un fratello. Un ufficiale e un sergente di polizia lo
raggiunsero per via e il sergente gli diede la morte.»
In questi casi spesso le autorità superiori iniziano delle inchieste, la
giustizia se ne impadronisce, ma la cosa finisce così quasi sempre, con
un po' di rumore. Dopo qualche anno i giudici dichiarano che per il
tempo trascorso è impossibile fare la luce, e buona notte. Alcuni agenti
di polizia di Trenque Lanquen sono stati così recentemente liberati
dalle accuse di usurpazione d'autorità, brigantaggio, stupro, furto e
usurpazione d'immobili, le vittime dei quali furono dei contadini della
colonia La Luisa, di nazionalità francese. Ho sotto gli occhi i rapporti
pervenuti al ministro di Francia, che fanno fremere d'orrore e
d'indignazione. «C'est la Justice condamnée par les juges
eux-mêmes!»--scrive nei suoi commenti _Le Courrier de la Plata_, organo
della collettività francese.
E pensate che non tutte le vittime della polizia hanno il coraggio se
non la possibilità di avanzare i loro rapporti. Pensate che vi sono
tanti gridi di dolore che si perdono inascoltati nell'immensità della
Pampa!
Che difesa può rappresentare per la società questa polizia che fra pochi
buoni elementi contiene tanto marcio? Un giornale di Santiago del
Estero--dove i reati sono comunissimi--_El Siglo_, giornale che cito a
preferenza fra tanti perchè non tacciabile certo d'avversità al
Governo--dimostra la parte che ha la polizia nello sviluppo della
criminalità, non fosse altro per la sua passiva condotta di fronte al
delitto, conseguenza inevitabile della sua disorganizzazione. La polizia
non si cura talvolta nemmeno di eseguire le constatazioni del delitto.
«La garanzia della vita e della proprietà delle popolazioni rurali--dice
_El Siglo_--va facendosi ogni giorno più illusoria, al punto che non si
prende alcuna misura per la persecuzione e la punizione dei colpevoli, i
cui crimini hanno per teatro gli stessi sobborghi di questa capitale.»
_El Municipio_ di Rosario ha scritto: «Basta percorrere i centri rurali
e conversare con gli abitanti autorevoli, per darsi conto che la vita
laboriosa e onorata si è fatta impossibile per il predominio degli
elementi nocivi che commettono le maggiori ferocie senza che nessuno li
molesti.»
Ma anche se una tale polizia proteggesse le popolazioni dai criminali,
che mai le proteggerebbe poi dalla... polizia?
È giustizia riconoscere che fra le quindici polizie argentine quella di
Buenos Aires è di gran lunga migliore, e rappresenta un'eccezione
lodevole. Da qualche anno è stata organizzata su modelli europei. La
vita internazionale della grande metropoli ha avuto un'influenza sui
costumi; la lotta politica ha preso in quell'ambiente vastissimo forme
meno primitive e meno brutali, e la polizia si trova ricondotta a poco a
poco al suo naturale ufficio di strumento della giustizia. Va rientrando
nella legalità. Non vi è ancora rientrata del tutto, perchè anche a
Buenos Aires, a dire il vero, avvengono qualche volta arbitrî e abusi
polizieschi; ma sono un nulla in confronto agli orrori ed errori delle
polizie _gauchas_ delle provincie.
E se si potesse fare il bilancio di quanto costano alle operose,
infaticabili ed umili popolazioni rurali quegli errori e quegli orrori,
quanto denaro, quante lacrime, e quanto sangue italiano!...


L'ESERCITO ARGENTINO.
[Dal _Corriere della Sera_ dell'8 giugno 1902.]

Negli ultimi giorni dello scorso anno, mentre la questione
argentino-cilena prendeva un aspetto minaccioso, tanto che la guerra si
credeva da alcuni imminente, inviai da Buenos Aires una corrispondenza
sopra l'esercito argentino. La probabilità della guerra rendeva
l'argomento della massima attualità; ma nello stesso tempo poteva
sembrare inopportuna la pubblicazione di critiche sopra un esercito alla
vigilia forse della sua entrata in campagna, e credetti mio dovere di
far sospendere quella pubblicazione.
Ora l'orizzonte è schiarito; sulla Cordigliera delle Ande brilla
l'arcobaleno. Un telegramma del 1 giugno al _Times_ comunica che una
convenzione è stata stabilita fra le due Repubbliche rivali, per la
quale si limitano gli armamenti navali fino alla eguaglianza delle due
flotte argentina e cilena, facendo inoltre assicurazioni di politica
pacifica che non possono essere accolte senza una vera soddisfazione da
noi italiani. Ma gli accordi stabiliti non accennano agli armamenti
terrestri, e un telegramma della Stefani da Parigi ha annunziato ieri
che l'Argentina ha ordinato armi in Germania per ottanta milioni. Adesso
è dunque doppiamente opportuno un esame spassionato dell'esercito
argentino al quale sono inerenti gravi problemi finanziarî e politici.
Oggi le spese militari aprono grandi breccie nel non florido bilancio
dell'Argentina, e noi che abbiamo il più legittimo desiderio della
prosperità della Repubblica, non possiamo disinteressarcene; e nello
stesso tempo non possiamo disinteressarci dal conoscere fino a quale
punto quell'esercito risponda alle condizioni di garanzia per la
tranquillità e la sicurezza della Repubblica, che è la tranquillità e la
sicurezza di tanti nostri connazionali.
*
* *
La probabilità d'una guerra risveglia in ogni pacifico cittadino l'animo
d'uno stratega. Sorgono legioni formidabili di profeti militari, i quali
muovono compatti le prime ostilità... al buon senso. Così per la
possibile guerra fra il Cile e l'Argentina non mancavano critici
militari che facevano ogni giorno la più abbondante distribuzione di
vittorie e di sconfitte.
Nulla in verità è poi più difficile di un giudizio sopra una guerra come
questa, nella quale ogni belligerante avrebbe da lottare con enormi
difficoltà opposte dalle distanze, dalla conformazione territoriale di
probabili campi di battaglia, dalla lunghezza sterminata delle linee di
comunicazione, dalla impossibilità di regolari servizî logistici.
L'inaspettato e la sorpresa avrebbero in una tale guerra una parte molto
importante. Avevano torto coloro che prevedevano l'arrivo dei cileni
sulla _Plaza de la Victoria_ di Buenos Aires, come coloro che
predicevano il bivacco degli Argentini per le vie di Santiago. Le
condizioni nelle quali si svolgerebbe una tale campagna, che sarebbe
stata lunghissima e fortunosa, potrebbero togliere valore alla affermata
superiorità dell'organizzazione militare cilena e neutralizzare i
difetti della difesa argentina.
Ciò non toglie però che questi difetti esistano, e che a noi europei
specialmente si rivelino con maggiore crudezza per il paragone che
istintivamente facciamo fra questo esercito ed i nostri.
Il sentimento militare nelle nostre nazioni ha preceduto tutti gli
altri, persino quello della nazionalità, perchè è nato prima che
nascessero le nazioni. Noi siamo stati popoli essenzialmente guerrieri;
ci siamo tagliati le nostre patrie a colpi di spada; la guerra è stata
la più nobile delle nostre occupazioni--a torto o a ragione, non
discuto--; per secoli abbiamo considerato la guerra come l'unica fonte
di ogni onore; la nobiltà non poteva nascere che fra lo strepito delle
battaglie, e per le battaglie è vissuta fino ad oggi. Portare la spada è
stato un privilegio ambìto, e i segni di onorificenza che anche oggi
rendono tanto fieri i nostri imbelli soprabiti borghesi non hanno
origine che nella guerra. L'esercizio delle armi è stato da noi sempre
riconosciuto come fra i più eletti, e l'esercito è divenuto poi oggetto
di ogni onore e di ogni amore quando il popolo tutto è stato chiamato a
combattere nelle sue file le più sante battaglie; l'esercito è divenuto
tutta una cosa, tutta una carne col popolo.
Nell'America no; il sentimento militare è l'ultimo arrivato fra i
sentimenti del popolo. Si è formata una società di politicanti,
commercianti, industriali, agricoltori, la quale quando ebbe bisogno di
un esercito se ne assoldò uno, come si assolda un guardiano,
componendolo di tutti coloro che non avevano o non potevano far di
meglio. L'on. Belin Sarmiento, deputato federale, nipote del grande
statista argentino Sarmiento, in una pubblicazione fatta nel 1892, ci
dipingeva i soldati d'allora come «provenienti dallo scolo degli
elementi sociali che non trova altra uscita, uomini indegni della vita
civile, molti avventurieri, _déclassés_, indiani incapaci al lavoro e
persino criminali». Si comprende in quale considerazione nell'opinione
pubblica doveva esser tenuto questo esercito e in quale disdegno per il
militarismo sia cresciuto il popolo argentino. Dio mi guardi dal
discutere se questo sia un bene o un male; se la mancanza del fardello
delle tradizioni militari--dalle quali pur sgorga quello spirito di
disciplina che compagina le forze e le volontà--renda realmente più
leggero un popolo sulle vie del progresso. Constato dei fatti e nulla
più. I nuovi popoli, anche senza il militarismo, pare che si odiino
precisamente come i vecchi.
L'anima collettiva argentina, pronta sempre agli entusiasmi, alla
presunta vigilia d'una guerra, inneggia all'esercito; ma nel sentimento
individuale le diffidenze, le prevenzioni e la poca simpatia persistono,
e ciò forma oggi il maggiore ostacolo alla buona organizzazione della
difesa nazionale. Una legge sulla coscrizione militare è ora in vigore,
ma i risultati non sono certo soddisfacenti, perchè non è penetrato
nello spirito di tutto il popolo--e non lo potrebbe essere--il
sentimento del dovere militare, perchè sottrarsi all'obbligo di far
parte dell'esercito non è sempre considerato indegno e vergognoso,
perchè chi può eludere la legge troppo spesso la elude senza che senta
gravarsi intorno il disprezzo del popolo, che potrebbe essere il più
potente stimolo al compimento del dovere. La legge è benigna, le
autorità sono clementi, la rilassatezza e l'indifferenza generale
sanzionano tutto.
*
* *
Due altri mali antichi affliggono l'esercito, e sono la politica e la
speculazione--i due mali del resto che rodono la Repubblica intera. Per
la politica, l'esercito non è risultato uno strumento di difesa
nazionale; il nemico esterno è stato perduto di vista nella
preoccupazione del nemico interno.
Nella lunga serie delle rivoluzioni l'esercito ha sempre preso parte
attiva con i suoi _pronunciamientos_, dimenticando il suo alto ufficio,
e distruggendo a colpi di cannone la sua compagine.
Per la speculazione, l'esercito, divenuto campo di sfruttamento, è
costato somme favolose, restando male equipaggiato e male organizzato.
Nella citata opera del Belin Sarmiento trovo questo dato ufficiale: il
costo del soldato argentino era nel '92 di 2025 _pesos_ all'anno; le
cose non sembrano molto cambiate poichè, non contando la farraggine
delle spese straordinarie, il soldato argentino costa oggi sui
_tremilaottocento_ franchi all'anno, cifra enorme se si pensa che il
soldato europeo costa in media meno di mille lire all'anno. Come mai?
Non è facile immaginare il saccheggio della speculazione nei bilanci
della guerra. Partite di cavalli e di muli pagate effettivamente la metà
meno dei prezzi che figurano pagati (un fatto simile è stato denunciato
il 12 aprile da due giornali), forniture di sellerie e di armi fatte a
prezzi disastrosi, somme rilevanti passate in _tramitaciones_ per
ottenere contratti di forniture, ecc. A capo dell'amministrazione del
Ministero della guerra vi è un «intendente di guerra», impiegato
borghese. Ora, non tutti gl'intendenti sono stati di una regolarità
scrupolosa; ve ne sono stati di quelli che hanno preso percentuali di
discutibile legalità sugli affari di forniture e di altro, senza
misteri, ritirandosi dopo due o tre anni con delle vere fortune. (È
doveroso dire che il presente intendente di guerra gode fama di uomo
onesto; ma certi suoi predecessori!...).
Il giornale _El Diario_, qualche anno fa, con una serie di articoli--che
si è saputo scritti da persona assai addentro in questioni militari--ha
rivelato molti mali che bruttano l'esercito argentino. Pare persino che
vi siano talvolta dei fornitori imposti «per ordine» ai colonnelli. Un
colonnello che si rifiutò ad una tale obbedienza sarebbe stato punito
inviando il suo reggimento a soffrire i rigori di cinque mesi d'inverno
nelle regioni andine, senza equipaggiamenti e senza vestiario invernale!
L'esercito, come disgraziatamente tante altre istituzioni argentine, è
stato considerato una specie di greppia, alla quale con un po'
d'influenza si poteva fare una mangiatina. E a furia d'influenze e di
appoggi non è stato difficile a molti persino di ottenere le spalline. A
questo si deve in grande parte se l'esercito argentino, composto d'un
effettivo di 8691 uomini, ha l'onore d'essere comandato da ventisette
generali (senza contare tutti i generali fuori di attività di servizio),
da quattrocentoquattordici colonnelli, da duecentoquarantasei
maggiori--notate la decrescenza--da centosettanta capitani,
quattrocentocinquantasei tenenti e duecentosessantuno sottotenenti.
Totale 1575 ufficiali in attività, fra i quali i colonnelli sono due
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