L'Argentina vista come è - 05

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dalla «infaticabile sfruttabilità dello zio che in questo unico caso è
quello di.... Europa.» Si pensi alla gravità di queste parole scritte da
un uomo colto e imparziale, straniero, ma strettamente legato alla vita
del paese, in posizione elevata, e coprente cariche onorifiche, il quale
le ha scritte in una pubblicazione di carattere ufficiale fatta per
conto della nostra Colonia.
Il campo dove l'oligarchia--spazia--stavo per dire.... pascola--è
straordinariamente vasto. Per averne un'idea basti rammentare che
nell'Argentina vi sono tanti Governi indipendenti quante regioni, ossia
quattordici Governi, quindici col Governo centrale.
Ciò significa: quindici Camere di deputati, quindici Senati, quindici
Ministeri, ossia un battaglione di eccellenze, quindici capi di Stato,
quindici polizie, un numero sterminato di giudici che brandiscono la
bellezza di trenta Codici di procedura; insomma quindici di tutto. Gli
stipendî sono generosi; gli onorevoli deputati e senatori dei Governi
regionali hanno 500 _pesos_ al mese (ossia 1250 franchi circa mensili);
quelli del Governo federale ne hanno mille (2500 franchi al mese circa),
e vi sono gl'_incerti_, che poi sono quasi sempre.... certi. E pensare
che noi troviamo qualche volta troppo un Parlamento solo: e non lo
paghiamo! In proporzione, col sistema argentino, noi in Italia dovremmo
avere più di cento Parlamenti. Orrore!
Vi sono varie provincie, come quelle di Catamarca, della Rioja, di San
Luis, di Santiago de l'Estero, le cui risorse sono insufficienti a
pagarsi il lusso di un _gobierno_; e si capisce. Questo faragginoso
organismo governativo, ammessa anche l'onestà più scrupolosa negli
uomini di governo, non può che spossare il paese per il solo fatto della
sua esistenza. Ma la correttezza, per di più, non è una moneta
straordinariamente corrente laggiù.
*
* *
Gl'impieghi non sono divisi sempre fra i più degni. «Sono i
collaboratori nella lotta elettorale che si presentano a reclamare il
premio pagato col tesoro pubblico sotto forma di stipendio per
deputazioni, seggi senatoriali, posti di governo, incarichi diplomatici,
affari, concessioni, posti di favoritismo, persino frodi doganali,
decretati a forza d'influenze ben compensate.» (Giornale _La Prensa_).
L'idoneità non è più così la qualità necessaria per essere chiamato al
disbrigo d'un ufficio pubblico. Un deputato federale argentino, che
porta uno dei nomi più illustri della Repubblica, il Belin Sarmiento, ha
scritto coraggiosamente su questo argomento: «L'idoneità è scomparsa di
fronte alla camerateria e al nepotismo, al punto che il talento stesso
non avrebbe assicurata la carriera senza l'intrigo e la compiacenza; si
creano posti inutili per dare una paga al parente e al partitario.» A
molti funzionarî pubblici manca perciò la capacità necessaria e la
preparazione; basta intrigare; la frode politica apre tutte le porte.
«La politica qui fornisce un vero _cursus honorum_, attraverso il quale
si può sempre vivere del bilancio e senza far niente con tutto decoro,
per divenire infine una specie di Pericle buono a tutto, ambasciate,
alte funzioni giudiziarie, direzioni di banchi, rettorati universitarî,
grasse missioni finanziarie, confezioni di codici, anche... generali.»
(Professore _Martinoli_).
Infatti il giornale _El Diario_, parlando del Congresso, ha rivelato che
«una terza parte, non uno di meno dei deputati, accumulano stipendî per
Commissioni speciali, direzioni di banchi, di università, di collegi e
di altri incarichi pagati in modo eccezionalmente lauto; e più d'un
terzo dei senatori (per non essere da meno) hanno oltre ai mille _pesos_
al mese, altre somme dagli ottocento ai mille _pesos_ per incarichi
ufficiali»--circa 5000 franchi al mese!
Da un tale genere di funzionarî, che, come scriveva recentemente la
_Prensa_, «si considerano padroni dei loro posti per diritto di
conquista e che li disimpegnano a loro piacere sicuri dell'impunità per
le loro colpe e per i loro errori», deriva la più estesa irregolarità in
tutti i campi dell'amministrazione pubblica. L'interesse personale
produce un'influenza disastrosa. «Ciò contribuisce a rendere la politica
un affare, a farne non l'occupazione altruistica e nobile, e quasi
onoraria d'una classe scelta, ma invece _una vasta Tammany Hall_, un
pugillato per l'esito, una _curée_ di sensalismi, e a dare ad ogni
ambizione un predominante fondamento d'interesse che tutto degrada e
materializza e che corrompe parimenti governanti e governati.» (Prof.
_Martinoli_).
*
* *
La corruzione si propaga infatti. Lo _standard_ della morale pubblica si
è modificato sotto questo regime. Quando l'eccezione diventa regola, la
regola diventa eccezione. Avviene in morale quel che ci succede in
ottica quando entriamo in un ambiente illuminato da una lampada
colorata; al principio si trova tutto strano, falso, curiosamente
colorato; poi l'occhio s'abitua, il ricordo della luce pura svanisce
dalla retina, ogni cosa si normalizza al nostro sguardo. Così laggiù si
è abituata la coscienza pubblica alla strana luce della moralità
ufficiale.
«Supponendo che certi fatti che vediamo giornalmente siano successi in
altri paesi, ed immaginando lo scandalo che produrrebbero, abbiamo la
norma del livello morale della nostra società, che non si commuove
considerandoli quotidiani e comuni. Basterebbe collezionare ogni
scandalo che si rivela giornalmente per formare il museo degli orrori.»
(_Belin Sarmiento_).
Nella lingua stessa, che è come lo specchio dell'anima di un popolo,
rimangono le traccie della strana clemenza con la quale si giudicano
certe colpe. L'indelicatezza non si chiama più così: si chiama....
vivezza--_viveza_. Un uomo senza scrupoli da noi si dice un furfante;
laggiù un _uomo vivo_! Ed è quasi un complimento.
Quale tempra adamantina d'onestà non occorrerebbe per sottrarsi alla
influenza dell'ambiente, alle seduzioni dell'interesse? «Sarebbero
uomini eroici, superiori all'umano coloro che elevati al potere dai
_nostri_ politici potessero lottare contro i loro amici, contro il loro
proprio interesse, lottare contro i sofismi che da ogni parte fioriscono
intorno al potere, lottare infine contro tutti i proprî contemporanei, e
rifarli come lo scultore riammassa l'argilla quando è scontento della
sua prima concezione.» (_Belin Sarmiento_).
Il male che deriva da tanta bruttura è reso più grave dalla curiosa
condizione di complicità in cui si trovano moltissimi funzionarî
pubblici, complicità dalla quale deriva quell'impunità cui allude la
_Prensa_ nel brano citato più sopra. Essi debbono la loro posizione alla
loro unione di partito, cioè a dire ad una colpa comune. Naturalmente
non si può sempre punire un funzionario che abbia troppa.... _viveza_,
perchè sarebbe come trasformarlo in un avversario politico. E poi è
difficile punire uno per colpe che sono troppo comuni, peccati divenuti
veniali, condannare in lui sè stessi, e i proprî sistemi, i proprî
interessi e la propria morale. La catena gerarchica così si spezza, la
disciplina è svanita. Come il potere si basa sul fascio enorme di
irregolarità elettorali commesse dagli adepti al partito trionfante,
ognuno di questi fattori del Governo, conquistato un impiego, sente di
avere il sacrosanto diritto ad una parte del potere. Ogni funzionario
diventa un tiranno nella sfera della sua influenza. Il meno che può fare
è di non compire il suo dovere seguendo l'esempio di tanta parte dei
parlamentari che sono in un quasi perenne sciopero legislativo.
Si aggiunga ancora, come ultimo e non minore incentivo al mal fare, la
poca stabilità degli impieghi. Quando s'insedia un nuovo partito è un
nuovo esercito d'impiegati che occupa gli uffici, mentre l'esercito dei
vecchi si ritira--per prepararsi ad un altro assalto--si ritira in armi,
e soprattutto.... in bagaglio. Un'elezione andata male o una
rivoluzioncella andata bene bastano a sbalzar tutti dal posto; la vita
non è assicurata, il tempo stringe, bisogna prendere ciò che capita,
diamine!
*
* *
Al di fuori di questa straordinaria organizzazione governativa, di
questa formidabile associazione tirannicamente dominatrice, stanno gli
stranieri, i veri sfruttati, perchè sono quasi i soli che lavorino, che
producano, che trasformino. Sono essi, in fondo, che pagano. E «ad essi
viene a mancare ogni autorità sulle autorità anche inferiori: essi
debbono sopportare senza possibile reazione le facili prepotenze dei
funzionarî, specialmente nelle campagne dove l'abuso è così comune.»
(Prof. _Martinoli_). Vedremo in seguito, dettagliatamente, quali e
quanti sono questi abusi e queste prepotenze che gli stranieri soffrono,
e più specialmente coloro fra di essi che l'ignoranza, la miseria e
l'isolamento vengono a rendere più deboli e più umili.
Ora ne abbiamo visto le origini che tutto spiegano a filo di logica. Nel
«museo degli orrori», di cui parla l'on. Belin Sarmiento, il lettore ora
forse non troverebbe nulla che potesse meravigliarlo troppo. Alla meglio
gli ho spiegato la formazione e la natura del vasto organismo
governativo, che forse non completamente a torto è stato chiamato una
_Tammany Hall_ politica. Dalle sue ruote si capisce come cammina.
Non c'è più nulla di strano. A San Juan, per esempio, dove l'irrigazione
soltanto rende possibile la coltura di quel suolo tropicale, il Governo
toglie l'acqua agli avversarî politici per far seccare i loro raccolti e
far morir di sete uomini e bestiami. Lo chiamano il _gobierno de
l'agua_. (_Nacion_, 9 gennaio). Il penultimo governatore d'una delle
principali provincie ha passato gli ultimi sei giorni del suo regno a
firmare boni di tesoreria a favore di partitarî per un valore pari al
bilancio della provincia--quattro milioni di _pesos_. La storia non dice
se al settimo giorno il bravo uomo si prese il meritato riposo. Dice
però che venne sollevata la questione della validità dei boni, risoluta
favorevolmente e che l'ex-governatore venne immediatamente... fatto
senatore! A Tucuman un ministro delle finanze accusa il predecessore di
aver stornato grosse somme per lavori pubblici che non si sono mai
visti, e nessuno gli bada (_Prensa_, 20 marzo). Un ex-governatore è
accusato d'aver sottratto centomila _pesos_ da una sovvenzione per una
calamità pubblica (_Diario_, 5 aprile). Alcuni Governi provinciali, come
quelli di Entre Rios e San Juan, non rendono conto delle somme pagate
dal Governo centrale per l'istruzione, e lasciano i maestri quattordici
mesi senza stipendio. Il Consiglio nazionale d'educazione è alla sua
volta accusato dai giornali di grosse irregolarità amministrative a
proposito della costruzione di edifici scolastici costati quattro volte
il loro preventivo. La _Prensa_ attribuisce la massima parte del
_deficit_ delle imposte alle irregolarità commesse abitualmente dagli
incaricati dell'esazione. Tutto questo non può stupirci più. Entra quasi
nell'ordine naturale delle cose.
I Parlamenti votano sempre nuove spese e creano nuovi impieghi per
contentare le clientele, mentre il paese precipita alla rovina, mentre i
coloni delle principali provincie mancano persino della semente, e la
miseria s'avanza ululante dai campi verso la città. I debiti provinciali
aumentano con una rapidità che ha dell'emulazione. Con un bilancio che
mette paura, il Parlamento federale vota un aumento di trenta milioni di
_pesos_ di nuove spese e crea una quantità di nuovi posti diplomatici
per «provvedere alle necessità di certi gentiluomini messi colle spalle
al muro dalla mancanza di mezzi» (_El Diario_). Molti uomini politici
sono pubblicamente accusati di gravissime immoralità, ben definite e
particolarizzate, e le loro ricchezze favolose autorizzano il sospetto.
Il _Diario_ racconta che per avere una modificazione sulla tariffa
doganale di un certo articolo si offrivano settantamila _pesos_ nei
_couloirs_ del Congresso. «Al Congresso poco importa di protezionismo e
di libero scambismo--scriveva la _Patria degli Italiani_, commentando la
notizia--chi meglio paga, meglio è servito.»
Giù giù per la trafila amministrativa tutto cammina così. Vi sono
governatori che commettono ogni sorta di abusi. Gli stranieri del
Neuquen in questo momento si agitano implorando che per carità non
venga rieletto il governatore presente vicino a scadere di carica
(_Prensa_, 10 marzo). A Rufino gli stranieri si trovano costretti a
riunirsi in una «Società di resistenza» contro gli abusi delle autorità;
una specie di Compagnia d'assicurazione per i danni che si scatenano
dall'imperversare della prepotenza (_Prensa_, 3 marzo). E più giù ancora
tanti magistrati vendono la giustizia e regalano ingiustizia, dei
giudici di pace sfruttano tranquillamente i coloni, dei commissarî sono
loro complici, e per loro conto commettono angherie e persecuzioni
infami: fino agli agenti, agli ultimi soldati di polizia nelle colonie,
che da selvaggi che sono, fanno anch'essi del loro meglio, arrestando,
bastonando e violando quando e come possono. Di queste gesta parleremo.
*
* *
Bisogna concludere che l'Argentina è veramente un paese meraviglioso se
ha potuto trascinare fino ad ora un tale mostro divoratore sulle sue
spalle. In esso principalmente va cercata la ragione vera della sua
crisi spaventosa e del suo mortale abbattimento presenti, le cui
conseguenze ricadono sui nostri lavoratori. Questi a centinaia e
centinaia di migliaia scontano con la miseria, laggiù, lontani dalla
Patria--verso la quale si volgono tristamente i loro pensieri come verso
una felicità per sempre perduta--gli errori e le colpe che non sono
loro!
Intanto si dice nelle sfere ufficiali che le _risorse_ del paese
salveranno la situazione. Questa è una bella maniera per dire che sarà
pur sempre il lavoro, _il nostro lavoro_, che pagherà tutto!


LA GIUSTIZIA ARGENTINA.
[Dal _Corriere della Sera_ del 1-2 giugno 1902.]

Il generale Roca, durante la sua ultima _tournée_ in Europa, andò a
visitare Bismarck, che nell'eremitaggio di Friedrichsruhe era diventato
come l'oracolo politico di tutti gli statisti in vacanza. Si dice che in
quella circostanza l'Oracolo, interrogato su ciò che pensava
dell'Argentina, rispondesse, fra una boccata e l'altra della sua pipa
leggendaria:
--Il vostro paese non avrà avvenire finchè non avrà Giustizia!
Sono passati degli anni, ma c'è da scommettere che, anche oggi, se il
signor Presidente potesse interrogare l'anima del Gran Cancelliere, si
sentirebbe rispondere con le medesime parole.
Perchè infatti si può dire che in quel beato paese c'è tutto ormai, meno
che la Giustizia. La libertà, il commercio, la proprietà, e persino la
vita non vi sono sempre efficacemente garantiti. Troppo sovente la
Giustizia è partigiana o corrotta. In essa trovano forza la prepotenza,
la disonestà, la criminalità. La Giustizia, soggetta spesso a tutte le
malsane influenze dei partiti, del denaro e degl'interessi personali,
assicura troppe volte l'impunità al «figlio del paese»--che può disporre
di queste forze--e concorre così a mantenere la massa straniera in una
condizione sempre più umile di sottoposizione.
E tutto questo perchè anche la Giustizia soffre laggiù del gran male
d'origine: la politica. Nasce e vive nella politica; è agitata dalle
passioni della vita pubblica; strettamente legata all'ambiente; bruttata
dagli stessi difetti e delle stesse colpe che è chiamata a correggere e
a punire. Gli uomini che amministrano la Giustizia sono nominati a tale
onore non sempre per i loro meriti personali, per il loro carattere, la
loro onestà, la loro indipendenza, la loro coltura, ma perchè sono del
partito al potere, oppure amici o parenti di persone d'influenza, o
intriganti, o complici in trame politiche. Avviene così di trovare dei
giudici che non hanno nessuno dei requisiti che la legge richiede. «A
Santiago de l'Estero non un solo membro del Potere Giuridico possiede i
requisiti costituzionali» (Giornale _La Prensa_, 3 novembre).
Immaginiamo quale autorità può emanare da questi magistrati. Il peggio è
che vi sono dei giudici ben altrimenti indegni del loro posto
specialmente nei gradi minori della magistratura. «In certe provincie la
libertà, l'onore e i beni della povera gente sono in mano di Giudici di
Pace degni della galera»,--scriveva la _Patria degli Italiani_ il 7
dell'aprile passato, giustamente esasperata da alcune infamie
giudiziarie commesse nella provincia di Cordoba; e aggiungeva:--«Ecco
perchè nelle campagne gli stranieri vivono a disagio e le colonie si
spopolano. La Giustizia di Pace in mano a malfattori volgari irrita e
disamora del paese gli emigranti, che vedendosi in balìa di furfanti
rivestiti di autorità fuggono, sottraendosi al peggiore dei dispotismi,
quello della giustizia amministrata da farabutti.» Vi sono troppi
giudici che hanno familiarità con la colpa: alcuni di essi debbono
all'appartenere alla giustizia il beneficio di non esser chiamati a
renderle conto delle loro azioni. Vi sono giudici che hanno subìto delle
condanne; vi sono dei recidivi: vi sono dei criminali.
*
* *
Se nelle alte sfere della magistratura non mancano dei buoni e dei
colti, ciò non toglie che l'organismo giudiziario non sia profondamente
guasto, e--questo è un sintomo grave--poco vi si bada. Un commissario
governativo, incaricato di un'ispezione nella provincia di Santa Fè,
dice nel suo rapporto che «i posti di Giudice di Pace appartengono a
covi di uccelli di rapina che si sono stabiliti in ogni colonia.» (_La
Prensa_, 20 aprile). La _Prensa_ dell'11 aprile riporta questi
apprezzamenti del giornale _La Verdad_ di Entre Rios: «Sono note le
azioni vergognose compiute da certi magistrati. Tutto han commesso,
dalla prevaricazione al furto, fino al sindacato dei giudici con i
procuratori, ecc. Tutto ciò ha spinto la nostra giustizia in una discesa
obbrobriosa, trascinando nella sua _débâcle_ di corruzione i grandi
interessi della società che si trova abbandonata alla voracità dei
saccheggiatori dei Tribunali.»
Si è arrivati al punto da contare, nelle campagne, i buoni giudici come
eccezioni. «I Giudici di Pace e i commissarî delle colonie, _salvo
oneste eccezioni_, spogliano, derubano, taglieggiano i poveri coloni.»
(_Patria degli Italiani_, 20 novembre). La _Prensa_ del 22 aprile
consiglia il governatore di Cordoba a nominare per giudici «uomini
onesti e degni per sollevare le popolazioni dai molti mali che le
affliggono a causa dei cattivi giudici.» Il consiglio è ottimo anche per
tutte le altre provincie della Repubblica.
Le accuse a carico di giudici piovono giornalmente sulle colonne dei
giornali di tutti i partiti, ma le autorità governative rimangono bene
spesso indifferenti. La _Nacion_ ha fatto, inutilmente, una vera
campagna contro un giudice molto influente della Capitale, accusandolo
velatamente di vita immorale, scandalosa, di affari loschi, di
parzialità. Alcune di quelle _schiave bianche_, che infami trafficanti
traggono con inganno dai villaggi d'Europa, e per la cui sorte i Governi
ora cominciano a preoccuparsi, riuscirono a fuggire dalle mani dei loro
«padroni» e ricorsero alla polizia, che arrestò i colpevoli. Ma il
giudice in questione diede ordine di liberarli e fece carcerare quelle
infelici. La stampa accusò il giudice d'aver favorito degli «amici
personali»; ed egli è sempre giudice! Un altro giudice proscioglie dei
detentori di bische clandestine e poi ordina che sia tolta ogni
sorveglianza sulle case da giuoco: viene accusato di favoritismo, ma
resta sempre giudice. Un giudice è denunziato per falsificazione in atto
privato e non viene nemmeno sospeso dalle funzioni. (_Patria_, 30
dicembre). La _Prensa_ riporta da un giornale provinciale che parla
della giustizia corrotta: «Il potere esecutivo non pensa a porvi un
rimedio, anzi ora si tratterebbe di dare un avanzamento a qualcuno dei
magistrati sotto la cui giurisdizione sono scomparse considerevoli somme
di denaro appartenenti ai depositi giudiziari...»
Nelle Colonie vi sono di quei giudici che per ironia si chiamano di
pace, che fanno ordinanze di sequestro a danno dei coloni, portando loro
via i raccolti, gli animali da lavoro, gli attrezzi, tutto, e
lasciandoli spesso nella più dolorosa miseria. (_La Libertad_ di
Cordoba, 2 aprile).
Un gruppo di coraggiosi, abitanti un _pueblito_ nel Rio Negro, ha
domandato al ministro della giustizia di ritirare il Giudice di Pace e
sostituirlo con una persona per bene. Quel degno magistrato sarebbe
stato già da anni accusato di gravi colpe commesse come giudice a
General Roca--paese del Rio Negro--poi d'irregolarità come capo del
Registro Civile. Ora il giudice recidivo è accusato di negata giustizia,
di favoritismo per partitarî politici; ma non basta; è anche accusato di
aver tentato, usufruendo della sua autorità, di portar via una fanciulla
minorenne alla madre, infine di complicità nel ratto d'un'altra
minorenne, la quale sarebbe stata rinchiusa per alcuni giorni nella di
lui casa. Il rapitore era il figlio del giudice. Il segretario di questo
magistrato è sotto l'accusa di tentato assassinio. (_Prensa_, 3 marzo).
*
* *
Gli _escandalos judiciales_, sia pure di questi ultimi mesi, formano
un'imponente raccolta di cose orribili e talvolta amene. Nelle provincie
la vendita della giustizia è una cosa purtroppo non rara. Qualche
giudice ha delle trovate originali in questioni di... affari; uno
domandò all'avvocato della parte favorita alcune monete per un amico
numismatico, al quale mancavano precisamente sette _aguilas_
nord-americane d'oro (settecento lire) alla sua collezione. Vi sono
anche dei giudici che si fanno pagare dalle due parti: la giustizia al
migliore offerente. Fra tutti, eccovi un caso che fa pensare ad un
intreccio da _pochade_. Un italiano che vive a Serodino--presso
Rosario--e che chiameremo con la sua iniziale V., ha comperato da un
altro italiano una trebbiatrice, la quale però è perseguitata da un
mandato di sequestro, come un cassiere in fuga. Un curatore si presenta
a Serodino per fare eseguire il sequestro; ma il Giudice di Pace della
colonia, pagato dal V., si rifiuta di eseguirlo, dando così tempo al V.
di correre a Rosario, di presentarsi in compagnia del suo avvocato al
giudice L., che aveva spiccato l'ordine di sequestro, e di ottenere la
revoca mediante il pagamento di cento _pesos_. Il curatore, informato
dell'accaduto dal segretario del giudice, corre alla sua volta dal
magistrato, paga duecento _pesos_ e si fa spiccare un secondo decreto di
sequestro, revocante la revoca. Seguite bene l'intreccio. Il segretario
del giudice telegrafa immediatamente a Serodino al V., informandolo, e
questi si precipita a pagare trecento _pesos_ ottenendo una seconda
revoca. Qui incomincia il fantastico. Il curatore, con un crescendo che
il valore della macchina giustifica (6000 _pesos_) aumenta la somma e
ottiene un nuovo ordine di sequestro che... viene revocato dietro il
pagamento di mille _pesos_. Forse la cosa non sarebbe finita qui e il
giudice avrebbe terminato per intascarsi la trebbiatrice se il V. non
avesse avuto l'idea felice d'associare agli utili della trebbiatura un
argentino influente, e, si capisce, non s'è parlato più di sequestri.
Una tale corruzione, se è in certo modo spiegabile nei Giudici di Pace,
che hanno un periodo di carica limitato ad un anno, rinnovabile, e che
sono senza stipendio--è vero che per legge dovrebbero essere scelti fra
i più ricchi e i più onorati cittadini!--è assolutamente incomprensibile
negli altri giudici i cui stipendî, che si parla di aumentare, variano
sui mille e cento, mille e duecento, mille e cinquecento _pesos_ al mese
(2750, 3000, 3750 lire circa al mese). Le cause vanno ricercate dunque
non nelle circostanze, ma negli uomini. È la coscienza che si è
modificata. Le colpe e i delitti sono guardati con occhio soverchiamente
benigno.
Assassini volgarissimi sono assolti per poco che godano d'influenze nel
mondo politico. O almeno sono rilasciati ad una libertà provvisoria che
dura a vita d'uomo, e i loro processi vengono sospesi nel purgatorio
degli archivî. Da un'inchiesta del Ministero della Giustizia risulta che
a Buenos Aires--dove funzionano una giustizia senza paragoni migliore di
quella delle provincie, ed una polizia che laggiù dicono la _premiera
del mundo_:--sopra ogni _cento delitti_ ne vanno _impuniti ottantotto_!
E cioè: trenta colpevoli non sono arrestati affatto; degli arrestati
quarantotto sono rilasciati per ordine dei giudici d'istruzione; dei
ventidue che rimangono, dieci sono assolti dai tribunali e non rimangono
puniti che... dodici colpevoli, a pene del resto quasi sempre benigne se
non si tratta di stranieri. (Dal _Diario_ del 23 marzo '99 e dall'ultima
pubblicazione del senatore Agostino Alvarez sulla politica argentina).
Figuriamoci che cosa avviene fuori della capitale!
*
* *
E la necessità d'una sana e rigida giustizia non è in nessun luogo così
fortemente sentita come in quei paesi giovani, spinti avanti dal rapido
accrescimento della operosa popolazione dovuto all'emigrazione, dove
tutti gli appetiti si risvegliano nel tumultuoso periodo dello sviluppo,
dove la lotta per la fortuna prende forme violentissime, dove
gl'interessi e le passioni scatenano nella mobile società--come il
maestrale nell'Oceano--tutte le tempeste dell'umana malvagità. Nel
Far-West nord americano, quando il miraggio della fortuna vi attirò
tutto un popolo di avventurieri pronti al delitto prima che quella
società avesse affidato la sua difesa ad una giustizia organizzata,
nacque la legge di Lynch; la società si difendeva da sè.
La criminalità nell'Argentina non è frenata dai rigori della giustizia,
nè da quelli della società.
La società è clemente verso la colpa; «noi succhiamo nascendo un latte
di clemenza»--ha scritto l'Alvarez. Nelle campagne ammazzare si dice una
_desgracia_; ma, intendiamoci, non è una disgrazia per chi ci rimette la
pelle, ma per l'assassino. C'è chi ha, poveretto, molte... disgrazie
sulla coscienza. Questi uomini si chiamano «uomini d'azione». Tutto
questo si spiega. È troppo fresco nella memoria il ricordo del periodo
sanguinoso dei Facundo, dei Frate, dei Chacho, del tiranno Rosas, a
petto ai quali i nostri capitani di ventura erano delle signorine
sentimentali, periodo che potrebbe chiamarsi il medioevo argentino. E le
stragi degl'indiani, le sanguinose guerre civili sono ancora nella mente
del popolo. E poi il sangue argentino è sangue andaluso con un pochetto
di sangue indiano, e perciò l'argentino è cortese, cavalleresco,
generoso forse anche, ma bene spesso impetuoso e violento.
«Nell'Argentina dall'epoca dell'indipendenza nessuna infermità ha
distrutto più popolazione»--ha scritto l'Alvarez--«di quella che
Chamfort chiamava la fraternità di Caino; il revolver e il pugnale sono
endemici, e per un niente s'ammazza, come vuole l'uso _criollo_.» La
rivoltella è nelle tasche di tutti. «È poco che in un ballo al quale
erano convitati alti personaggi»--ha scritto un giorno la _Nacion_--«un
diplomatico straniero espresse la sua sorpresa nel sapere che molti
invitati avevano lasciato le loro rivoltelle al guardaroba, come se
uscendo temessero un'imboscata, o preparassero una cospirazione.»
Il male è che spesso sono dei nostri connazionali le vittime della
«fraternità di Caino» e potrei citare molti, troppi casi d'italiani
uccisi impunemente, talvolta senza ragione, per brutalità, se non per un
semplice esercizio di _tiro al blanco_--come ultimamente è avvenuto in
una colonia di Santa Fè, dove un _gaucho_ ha ammazzato un giovane
italiano per provare un Winchester nuovo. Una madre italiana con i suoi
cinque bambini sono stati trucidati da un _criollo_ presso Bahia Blanca,
alcuni mesi fa, e un giornale argentino, che pubblicava la fotografia
orribile delle vittime accatastate nel disordine tragico della morte,
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