L'amore che torna: romanzo - 04

Total number of words is 4358
Total number of unique words is 1674
35.7 of words are in the 2000 most common words
50.6 of words are in the 5000 most common words
58.2 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
— Questa loro benevolenza mi lusinga infinitamente! — esclamai,
collerico e beffardo.
— Capisco che i miei discorsi ti debbano urtare i nervi; ma pur troppo
io sento le voci che corrono, indovino i sottintesi, e me ne rodo per
te.
— Grazie. Tu mi sei amico, e te ne ringrazio. Ma in fondo so benissimo
che anche tu pensi come loro.
— Lasciamo stare quello che penso io, per adesso. Ma ieri sera, ad
esempio, in casa Del Rovere, donna Carla usava parole molto severe sul
tuo conto. Diceva che ormai non saresti più nel caso di retrocedere,
checchè tu senta per l’una o per l’altra, e che d’altronde i tuoi
propositi veri non possono essere quelli che ostenti, perchè «in fin dei
conti, un uomo come Guelfo certo non ignora cosa valgano i milioni di
casa Laurenzano. Dunque, operando in tal modo, conta senza generosità su
l’amore di quella povera Edoarda». Invano io m’affaticavo a spiegare
come in tutto ci sia dell’esagerazione, come il tuo carattere sia sempre
stato così, e come infine questa tua recente avventura non debba esser
altro che un diversivo, una specie di commiato un po’ focoso dalla tua
vita di scapolo.
— Ebbene hai fatto male, — risposi tranquillamente.
— Ho fatto male? — egli esclamò stupìto.
— Sì, certo; perchè l’avventura che tu chiami un diversivo è invece una
cosa molto grave, molto seria.
— Non credo, — rispose Fabio, dopo avermi fissato a lungo. — Non ti
posso credere. Sarebbe una grande sciagura!
— Può darsi; anzi ho troppo criterio per non comprenderlo. Definiscimi
per quello che vuoi, ma la verità è molto semplice: me ne sono
innamorato. E ti faccio grazia del perdutamente, pazzamente, eccetera,
cose che si aggiungono di solito.
Fabio diede una scrollata di spalle e si levò in piedi, senza nascondere
il suo malumore. Poi fece un soliloquio a mezza voce.
— Innamorato? Che ubbìe! Hai scelto male il momento per concederti
questo lusso! Per Bacco! Innamorato!... E lo dici così, come si dice:
Buona notte. Macchè! Non può essere! Io trovo che ci s’innamora d’una
donna quando non è possibile far altrimenti per averla.
A poco a poco il suo monologo mi divenne incomprensibile, finchè,
piantatosi davanti a me con le braccia incrociate:
— Ammettiamo pure, — concluse. — Ora, cosa intendi fare?
— Non so.
— Questa non è una risposta. Occorre sapere.
— Insomma, Fabio, volevo appunto venirtene a parlare. Non è da oggi nè
da ieri che vedo l’impossibilità di questo matrimonio, e tu lo sai.
— Calma! calma! Non diciamo sciocchezze. Hai riflettuto a quello che
abbandoni?
— Ho riflettuto più del necessario; non solo, ma sono giunto a questa
conclusione: che la mia vita con lei sarebbe per entrambi un’agonia di
tutte le ore. Vi sono due morali e due logiche; una, inflessibile, che
dice: «Hai data la tua parola, devi mantenerla; sei presso alla rovina,
carpisci una dote.» L’altra, meno rigida ma più umana, la quale, fra due
disonestà, fra due disgrazie, consiglia di scegliere la minore. Io,
purtroppo, non sono mai stato padrone de’ miei nervi.
— Ebbene senti, — rispose con un tono persuadente, — credi a me, non
cedere ai nervi. Ragiona freddamente. Siccome ti voglio bene, avrei
voluto vederti sposar Edoarda. Sarebbe stata la tua salvezza; ma tu la
rifiuti, e sia. Da uomo pratico non so approvarti, ma, come idealista,
devo ammettere che il gesto può avere anche una certa bellezza. Però
tutto questo sarebbe ancora lecito se si trattasse unicamente di te. Ma
Edoarda? questa fanciulla di cui distruggi la vita con una tranquillità
così gelida?
— Ah? e tu credi ch’io non abbia pensato a lei? che non mi sia torturato
fino allo spasimo, prima d’arrendermi all’evidenza di questa
impossibilità?
Feci una pausa; presi una mano di Fabio con effusione, con preghiera:
— Senti... se tu mi volessi aiutare!
— A che?
— Ad uscire da questo inferno! a trovare una soluzione, insomma; perchè,
da solo, io non vi riuscirò mai.
Egli si fece grave; qualcosa di estremamente triste, quasi di solenne,
pareva emanasse dalla sua persona.
— Io? proprio io ti debbo aiutare? — domandò con lentezza.
— Sì, tu solo. Sei amico d’entrambi ed hai un’anima così dolce, quando
vuoi. Dille ciò ch’io non posso dire; abbi questo coraggio per me. Ti
sarà più facile.
— Mi sarà più facile... E tu lo credi proprio? — egli domandò
ambiguamente.
— Non ne dubito, Fabio. Tanto più che ormai ti ho quasi preparata la
via. Le ho detto che da qualche tempo mi credo malato, che un mutamento
indefinibile avviene in me, che tu stesso l’hai notato di sovente... Col
pretesto dell’ipoteca su Torre Guelfa ho trovato il mezzo di lasciar
Roma per alcuni giorni; di là ti scriverò, tu mostrerai la mia lettera,
saprai tu come dire... Promettimi. Fabio!
— Mi chiedi una cosa molto grave; mi chiedi anzi una complicità che mi
sembra iniqua.
— Fallo per me! Fallo anche per lei, te ne supplico!
Seguì un silenzio. Fabio riprese a camminare per la stanza, carezzandosi
il mento con il suo gesto abituale. Anche la sua persona elegante, un
po’ fatua di sè, quasi cavalleresca, pareva incurvarsi con pena sotto la
triste fatica di un simile pensiero.
Poi d’un tratto mi domandò:
— Partirai con l’altra, naturalmente?
Io risposi di sì col capo, senza guardarlo.
— E chiami questo avere pietà?
— Le voglio bene.
— Oh... tu!... — fece, con una scrollata di spalle.
— A lei sì, Fabio. Per la prima volta, sì! Tu ridi... è naturale. Ma
viene un giorno, anche dopo i trent’anni... E poi, tu non la conosci
ancora.
— Ne ho conosciute tante altre! Su per giù sarà la stessa cosa. Vedi: ho
molti capelli bianchi.
— Insomma, Fabio, acconsenti?
Egli si passò la mano su la fronte, mi venne presso, mi guardò.
— Ecco: io non decido mai a lungo. Ti faccio una domanda sincera, da
uomo ad uomo... Cerca d’intendere bene quello che voglio dire. Credi tu
che un’altro, volendola più tardi sposare, possa ingannarsi ancora?
— Che domanda mi fai... — risposi abbassando gli occhi. — Del resto non
si sposerà.
— Questa è la tua opinione. Ma v’è un medico per tutte le giovinezze: il
tempo. Rispondimi dunque.
— Ebbene, sì, lo credo, — risposi affrettatamente.
— E sei deciso in modo irrevocabile?
— Sì, Fabio, con tutta la mia forza.
— Su la tua parola d’onore? — E mi tese la mano.
— Su la mia parola d’onore, Fabio.
Allora divenne estremamente pallido, mi strinse forte la mano, mi parve
che ne’ suoi occhi fermi passasse un tremito impercettibile; poi disse
con asprezza:
— Ebbene, sia!


VIII

Erano circa le sei della sera quando giunsi all’albergo di Elena con la
notizia gioconda nel cuore. Avevo tardato alcuni giorni ad annunziarle i
miei propositi, perchè temevo ancora ch’ella rifiutasse. Ma quel giorno
volevo dirle ch’ero vicino a sciogliermi da tutte le catene, che
potevamo appartenerci, liberi e soli, andando per alcun tempo a chiudere
il nostro amore nell’antica solitudine di Torre Guelfa.
Salii frettolosamente le scale, battei due colpi rapidi alla sua porta:
nessuno rispose.
Allora sospinsi l’uscio ed entrai. La stanza era vuota; rimaneva
nell’aria il profumo di lei come una presenza invisibile.
— Uscita? — pensai. — E dove, a quest’ora?
M’avanzai nella camera, lentamente, quasi per indovinare. Sopra un baule
c’era un abito smesso; una camicetta di pizzo ed un manicotto in una
scatola aperta. Su le coltri, nel guanciale, rimaneva il solco della sua
persona, come se vi avesse giaciuto; a piè del letto era un cappello con
due grandi ali bianche, ed un velo ancor appuntato all’intorno.
Sopra la pettiniera, fra molti oggetti femminili, un telegramma lacerato
a metà, l’altra metà a terra. Ebbi la tentazione di leggerlo, poi la
cosa mi parve indiscreta. Ascoltai presso l’uscio: nessun rumore. Un
poco arrossendo, quantunque non veduto, raccolsi le due carte lacere, le
raccostai. Ma nella penombra del crepuscolo, dovetti avvicinarmi alla
finestra e sollevare una tendina. Il telegramma era in tedesco e diceva:
«Impossibile, cara. Duvally a Roma può provvedere, Franz.»
Veniva da Berlino, con la data del giorno medesimo. Rimasi perplesso
dapprima; lessi un’altra volta, più volte ancora. Mi sentii tutto
rimescolare; poi macchinalmente riposi una metà del telegramma su la
pettiniera, l’altra per terra, com’erano prima, esattamente.
Scesi. Nell’atrio domandai al portiere:
— E’ molto che la signora è uscita?
— Non saprei, signor conte, — mi rispose. — Non l’ho veduta passare.
Uscii per istrada. La mia mente mi pareva chiusa in un cerchio doloroso,
entro cui passavano torme di pensieri veloci, lontani fantasmi,
fisionomie di persone straniere, inafferrabili.
Era una serata chiara in quella mitezza dell’inverno romano. L’aria, tra
bionda e rosea, pareva percorsa da un oscillar continuo di bagliori, che
facevano splendere i lastricati, le vetrine, le chiostre dei lampioni, e
lontano tutte le cupole, tutte le cose aeree.
Mi trovai sul marciapiede, sperduto fra l’andirivieni continuo della
gente; un senso di novità m’invase, come s’io fossi per la prima volta
nella moltitudine di una città straniera, fra persone che avessero
costumi, facoltà, istinti, piaceri e tristezze assolutamente diverse
dalle mie.
Le parole oscure, i nomi del telegramma, tornavano ad assediarmi la
mente con una persistenza dolorosa. Infine m’accorsi ch’ero sempre lì,
fermo, dinanzi all’albergo, su l’orlo del marciapiede, che molte persone
mi urtavano passando, che un giornalaio ed un venditore di focacce
andavano e tornavano sopra un intervallo di pochi passi, dinanzi a me.
Una carrozza signorile passò: vidi la contessa di Casciano affacciarsi
allo sportello; pur avendola guardata in viso, dimenticai di salutare.
«Duvally a Roma può provvedere... — Duvally? Franz?
Chi erano mai costoro? Ed Elena dov’era in quel mentre?
Involontariamente il mio sguardo penetrò dentro quel formicolìo di
persone, quasi per cercarla, per riconoscere di lontano l’alta e snella
figura di lei, od il colore della sua gonna, od il mantello che usava
portare. E mai come allora conobbi l’oppressione della folla, misurai
l’implacabile indifferenza con cui si muove, si agita, si moltiplica, si
muta, nascondendovi ciò che vi appartiene, mescendo le sue mille voci in
un solo clamore, vasto e pressochè immobile.
Chi erano mai questi uomini che le scrivevano familiarmente, che
potevano «provvedere per lei?» Mi aveva dunque ingannato nell’affermarmi
di non conoscere alcuno a Roma e ingannato ancor più nel raccontarmi la
storia della sua vita.
Ora mi dilettavo in pensieri di vendetta e di delicata ironia. Ero fermo
sull’angolo di una strada, e l’avrei veduta giungere, così da un lato
come dall’altro, senza tuttavia lasciarmi scorgere da lei. Volevo
simulare una perfetta ignoranza, per mettere alla prova la sua
doppiezza; d’altronde, con il possesso di questo nome, il giorno dopo
avrei potuto scoprire facilmente chi fosse questo Duvally. Ma per la
prima volta, pensando ad Elena, soffersi nel vedermi dominato da lei,
provai sordamente la vergogna d’essere costretto a spiarla come un
volgare amante od un burlesco marito che abbiano sentore d’infedeltà.
Quel maestro fine di eleganze amatorie che stava in me per abitudine
antica si divertì nel molestarmi con le più aspre ironie.
Or pioveva per l’aria dorata un crepuscolo vaporoso, pieno di
corruscamenti, quasi un fiorire vicino di stelle, con i presagi,
nell’inverno, della imminente primavera.
Quand’ecco, di lontano, intravvidi la figura di Elena. Veniva rasente il
muro, con un passo rapido sebbene affaticato, non volgendo mai gli occhi
alla strada nè alle vetrine. Camminava tenendo con una mano accostato ai
fianchi un lembo del suo mantello, che le scendeva lungo la persona con
poche pieghe simmetriche, delineando la forma del braccio ed oscillando
all’incedere d’ogni passo. Nell’altra mano teneva una piccola borsa,
ch’era una maglia d’oro tenuissima, con la cerniera lucente; ad ogni
chiarità di vetrina la sua faccia e l’oro splendevano insieme. Molti si
fermavano a guardarla; io stesso la contemplai con un senso di
stupefazione. Due sfaccendati la seguivano, tenendosi per braccio,
scambiando fra loro sorrisi e parole che parevan grossolane. Quand’ella
entrò nell’albergo, i due si fermarono irresoluti.
Allora, traversando la strada, entrai nell’atrio, dove molti forestieri
qua e là seduti leggevano il Baedeker come si legge la Bibbia o
nascondevano i nasi inforcati d’occhiali dietro l’edizioni ampie del
_New York Herald_ e del _Times_.
Salii. Quand’ella intese picchiare, venne senza indugio ad aprirmi.
— Sei già stato a cercarmi, non è vero? — disse tosto, posandomi le due
mani su le spalle e baciandomi.
— Sì, una mezz’ora fa, — risposi. Guardai distrattamente verso la
pettiniera: il telegramma non v’era più.
— Verso le cinque son uscita per prendere una boccata d’aria, — ella
spiegò. — Mi doleva il capo: sono così stanca oggi!
Di fatti era molto pallida; ne’ suoi gesti medesimi v’era un certo
abbandono; anche nel sorridere una specie di stanchezza.
— Che hai? — feci amorevolmente.
— Non so... — E pianissimo, sorridendo: — Sono stanca, molto stanca...
Me lo disse vicino alla faccia, con le labbra che appena mi toccavano.
Poi si mise davanti alla specchiera e con un pettine d’avorio cominciò a
ravviarsi i capelli che le sfuggivano dietro la nuca. Io le sedetti
accanto, e presi a giocherellare con i vari oggetti che ingombravano il
vetro della pettiniera.
— Dove sei stata? — le domandai con naturalezza.
— Avevo alcune piccole commissioni, — rispose, continuando a pettinarsi.
— Vedi: quel mazzo di nastri, una veletta, un paio di guanti... poi
dovevo anche andare alla Posta.
— Ma non ricevi le tue lettere all’albergo? — le domandai, fingendo di
esaminare attentamente la sua scatola per la cipria, ch’era d’avorio con
le iniziali ed una corona di smalto.
— Non tutte, perchè non sapevo a quale albergo sarei scesa.
La sua voce non tradì la minima incertezza; solo, prima di rispondere,
ella fece un atto come se il pettine le si fosse impigliato fra i
capelli.
— E tu non mi racconti nulla? — continuò Elena, posando i gomiti sul
cristallo per unire le mani e raccogliervi la faccia. — Mi sembri di
cattivo umore.
— No, affatto, Elena.
— Ah... mi era sembrato.
— E tu?
— Io non lo sono più adesso. Ma ho pianto tutto il giorno: ero triste.
E piegandosi verso di me.
— Ora non mi dài neppure un bacio?
L’attrassi nelle mie braccia, perchè non potevo a mio malgrado
resisterle, e perchè nell’amaro sospetto mi pareva che le sue labbra
avessero un sapore più forte.
Nel baciarla su gli occhi m’accorsi che s’inumidivano.
— Perchè piangi ora?
— Te l’ho detto: sono triste. Poi, quando mi baci tu, sento il cuore che
mi fa male.
— Perchè quando ti bacio «io?» Forse ti baciano anche altri?
— Sciocco! — ella rispose battendomi leggermente una guancia. — Non ti
dirò più nulla!
Per un momento scordai tutto: ella mi teneva nella sua bellezza come in
una prigionìa; m’avesse detto: — Inginòcchiati! — e mi sarei
inginocchiato.
— Senti, — le mormorai presso la bocca, — fra qualche giorno potremo
partire insieme; andremo in un mio castello non lontano dal mare.
Quasi con violenza le sue braccia m’avvinsero, e nascose il volto contro
di me.
— Lo sai che debbo andar via... lo sai che non posso!...
Feci come se non avessi udito e continuai:
— È una grande casa antica, silenziosa, fatta per l’amore. Laggiù, fra
poco, verrà la primavera.
Sollevò la faccia illuminata, mi passò le mani fra i capelli:
— Ah sì? una casa nostra? una casa per noi?...
Ma bruscamente si ribellò: — Non posso! Non posso!
Andò rapida verso una grande specchiera che occupava tutto il portello
dell’armadio e con le dita si ravviò i capelli di nuovo scomposti; poi
lasciò cadere le braccia, si volse, appoggiando la schiena contro il
cristallo, e vi rimase, con la faccia sollevata, gli occhi volti
all’alta ombra, un po’ rigida, muta.
Per un momento la rividi com’era il primo giorno, quando entrò nella mia
casa, fiera e triste, avendo alla cintura un gran mazzo di viole. Mi
parve, da quel giorno già lontano, di non conoscerla affatto meglio, di
non aver penetrato ancora nessuno dei suoi molti segreti. Le vedevo
serpeggiare appresso i desiderii degli uomini che l’avevano inseguita, e
quei desiderii obliqui si avventavano contro di me come tanti colpi di
staffile vibrati al mio geloso amore.
— Insomma, — le dissi quasi ruvidamente, — una volta o l’altra ti
risolverai a spiegarmi questi continui misteri!
— Che significa, Germano? Perchè mi parli così? Hai veramente una
fisionomia stranissima oggi!
— Ti pare? — feci con ironia. — Devi pur ammettere che le tue misteriose
contraddizioni possano irritarmi un poco. Davvero non ti comprendo. Mi
hai affermato in tutti i modi possibili di non avere alcun legame, dici
anzi di volermi bene, mentre non fai che ripetere: Dobbiamo lasciarci!
debbo andar via!... Dunque una ragione ci dev’essere. La vorrei sapere.
— Ma perchè vuoi sempre sapere tutto? conoscere tutto? Che bisogno c’è?
L’anima di una donna, la vita di una donna come me, sono cose a cui val
meglio lasciare il loro velo. Io, per esempio, quando posseggo un
oggetto che mi sia prezioso, lo tratto con estrema delicatezza, per non
sciuparlo, per non lasciarlo cadere. E frugare troppo addentro nella
intimità di un’anima è sempre farle correre il rischio grave di cadere a
terra, di andare in frantumi. Non ti pare?
— Belle parole... nient’altro! E se t’illudi ancora di potermi
convincere con due frasi abili, t’inganni! Tanto più che ho forse
qualche ottima ragione per non credere a nulla di quanto mi dici.
— Oh, questo poi!... — esclamò raddrizzandosi in tutta la sua fierezza.
— Dico la verità e non devi esserne offesa. Tu ti diverti ad ingannarmi
ed io cerco di non lasciarmi ingannare, almeno fin dove posso.
— Cioè?
— Cioè... nulla! Io so molte cose che tu non sospetti nemmeno.
— Invece, se tu le conoscessi davvero, forse non parleresti così, —
rispose con tristezza, camminando a passi lenti per la camera. Poi mi
venne vicino e prese a carezzarmi i capelli con una soavità materna ed
infantile insieme.
— Dimmi: cos’hai contro di me?
— Null’altro che un poco di rancore perchè mi esasperi e mi addolori
continuamente.
— Mi credi cattiva? — E si era seduta su le mie ginocchia cingendomi il
collo con un braccio.
— Sì, un poco, — risposi.
— E credi che non ti voglia bene?
— Me ne vorrai, forse, a tuo modo...
Mi passava una mano, lentamente, su e giù per il braccio, guardando il
suo proprio gesto. Era singolarmente dolce, singolarmente triste.
— E quale sarebbe questo «modo mio?»
— Concederti un momento e poi sùbito aver paura d’essere afferrata;
pensare con la stessa calma all’oggi, che sei qui, e al domani, che
sarai chissà dove; non abbandonarmi che una piccola parte di te stessa,
ed ancora con moltissime restrizioni; mescere insieme i baci e le bugie,
il sentimento e l’indifferenza, come un bel mazzo di rose e d’ortiche...
Ecco, press’a poco la tua maniera di amarmi.
Piegò il mento sul petto e sogguardandomi sorrise.
— E tu, — fece — quando parli a questo modo, sei meno franco di me,
perchè sai benissimo che tutto questo non è vero.
— Oh, Dio!... ne vuoi la prova?
— Sì... — rispose un po’ timidamente.
— Ebbene, t’ho veduta oggi. So che non sei stata per nulla dove m’hai
detto.
— Davvero?
Il suo volto rimase impassibile, tranne un rapido solco verticale che si
delineò tra i suoi fini sopraccigli. E soggiunse:
— M’hai seguita?
— No.
— E perchè no?
— Perchè... non ero solo.
Dopo una breve pausa, disse:
— Non credo che tu m’abbia veduta.
— Come non credi?
— No: mi avresti certamente seguita.
— Mi ritieni proprio così geloso?
— Immensamente curioso almeno.
— Dunque non ti curare del come io lo sappia. Ma so in ogni modo che non
sei stata ove m’hai detto.
— E’ vero. Vuol dire dunque che sei entrato nella mia camera ed hai
letto un telegramma ch’era lì... Me lo sono dimenticato infatti. — Però,
— soggiunse con una voce dura, levandosi, — io non avrei fatto questo
nella tua casa.
E metteva in ogni sillaba un così altero disprezzo, che di confusione
arrossii.
— Ho fatto male. Te ne domando scusa. Ma lo feci quasi per inavvertenza,
non pensando mai che si trattasse d’un mistero.
— Oh, non importa... — rispose con indulgente ironia. — Tanto, a me non
devi alcun rispetto!
E camminava con lentezza, tenendo sotto il mento le due mani congiunte,
che avevano la pallidezza di un avorio antico.
— Via, — le dissi, — non essere ingenerosa ora... Ti ho chiesto perdono.
— Senti, — esclamò repentinamente, — cos’hai pensato di me?
— Niente! — risposi con nervosità. — Il telegramma è chiaro. Ho pensato
che andavi da quell’uomo. E del resto sei liberissima di fare quello che
vuoi.
Ella mi venne vicino, quasi con furia, e mi afferrò le mani ruvidamente.
— Hai creduto allora che v’andassi per lui? — esclamò con ira. —
Guardami bene in faccia e rispondimi: hai creduto questo?
— Ma io non so niente! Non ho fatto che leggere. Quando non si ha nulla
da nascondere non si fanno misteri.
E incollerito mi levai, sciogliendomi dalle sue mani con un moto ruvido.
Soggiunsi:
— Devi anche pensare ch’io non sono avvezzo a queste ambiguità. Volevo
non dirti nulla, per non sembrarti ridicolo, poi non ho potuto. Volevo
lasciarti continuare in silenzio la tua commedia, ma siccome ho la
stoltezza di amarti, così non l’ho saputo fare. Del resto, ti ripeto,
sei libera. Sei nel tuo pieno diritto. Solo bisognerà che tu scelga fra
una cosa e l’altra, perchè io non so dividermi e non accetto comunioni.
Mi ascoltava un po’ curva, subendo le mie parole come continue percosse.
La sua bocca rideva, esprimendo uno scherno dolorosissimo e contenuto.
Poi, con la voce che sibilava:
— Non puoi credere questo! — affermò. — E bada che sopporto le tue
parole solo perchè non credo che tu le pensi.
— Ma dunque spiégati! — esclamai con ira. — Cosa può immaginare un uomo
in questo caso?
— Naturalmente...
— Spiégati, Elena. Finisci di farmi soffrire!
— Rispàrmiami questo! — ella pregò sordamente; — poichè ti giuro che vi
sono andata per una causa del tutto diversa da quelle che puoi supporre
tu. E non l’ho nemmeno trovato. Lasciami tacere.
— Impossibile, Elena. Vorrei poterti accontentare, visto che me lo
chiedi, ma, dopo, non me ne darei pace.
— Te ne supplico, Germano, lasciami questo piccolo segreto. E’ una cosa
che mi offende, che mi ripugna...
I suoi occhi brillavano stranamente, le sue mani congiunte tremavano.
— Come vuoi tu! Sei anche libera di non dirlo, — risposi duramente.
— Ebbene, lo vuoi sapere? — esclamò con veemenza, quasi gridando. — Bada
che, dopo, forse ti odierò!... ti odierò perchè mi umilii troppo... Lo
vuoi sapere?
Io tacqui, gelido.
— Come sei perfido! perfido! Ecco, te lo dico. Sono andata per
chiedergli denaro, perchè a lui... non importa! Ma non mi voglio vendere
a te!... a te no! Volevo amarti senza vergogna, come un’amante vera...
Ecco: adesso lo sai!
Gettava le parole come altrettante lame, con le labbra che fremevano,
livida.
— Tu hai fatto questo, Elena?... — esclamai con un tremante rammarico,
afferrandole una mano. — Perdonami dunque, mio povero amore!
— Làsciami! làsciami! — ella comandò, svincolandosi con forza. — Sì, ho
fatto questo per te!... ho fatto questo, io!
E v’era in quel suo monosillabo un’alterezza di regina.


IX

Più tardi nella silenziosa notte, Elena mi aveva raccontato la storia
della sua vita. Ed era una storia ben triste per una così bella
creatura.
Mi narrava con malinconia le memorie dell’infanzia felice, nella
tranquillità un po’ severa d’un castello ungherese, dov’erano accolte le
ricchezze di una lunga discendenza.
Per quanto lontano ella tornasse con la memoria, non poteva rivedere la
madre se non sotto le sembianze di una giovine signora dagli occhi
soavemente pensierosi, che, muta, con libro su le ginocchia, passava
lunghe ore solitarie in una sala troppo vasta per lei, o succinta in
abito d’amazzone scendeva presso i cancelli d’un grande parco secolare,
mentre gli staffieri le imbrigliavano un cavallo grigio, dalle narici
vive come lo scarlatto, con la criniera e la coda simili a due copiosi
rami carichi di neve.
Il padre dimorava raramente nel castello, ed aveva per la moglie una
devozione che pareva nascere da un profondo rimorso, anzi aveva per lei
una specie di religioso amore. Ma ogni volta ch’egli tornava dalle
frequenti assenze, avveniva molto spesso ad Elena di trovar sua madre
tutta in lacrime nell’angolo di una sala, più spesso, poichè dormivano
accanto, di udirla piangere nel silenzio della notte.
Egli amava con passione la musica, e suonava divinamente il violino, la
sera, in una stanza chiusa, per lunghe ore continue.
Ella e sua madre lo ascoltavano dalla sala vicina, in silenzio.
Un giorno, dopo una sua più lunga assenza, lo portarono morto al
castello due grandi uomini sconosciuti, che tristemente accarezzarono la
sua testolina di fanciulla.
Sua madre la condusse a baciare il cadavere, poi mise un abito nero, e
da quel giorno, per lunghi mesi, non parlò quasi mai, divenendo malata.
Le disse ch’era morto in viaggio; ma più tardi ella seppe,
nell’ascoltare i discorsi dei domestici, ch’era stato ucciso in duello.
Poco tempo dopo il castello era venduto. Vennero genti nuove, che
portaron via i mobili, i quadri, gli arazzi, le armerie, i cavalli:
tutto. Una mattina sua madre, pallida e pur sorridente, la condusse per
tutte le stanze, per i piantereni e per le scuderie, le mostrò l’intero
dominio, quasi per bene imprimere nel suo cuore la memoria d’ogni cosa,
poi, quando furono in fondo al giardino, presso una fontana, ch’ella
rivedeva sempre, le disse con voce tranquilla:
— Tutto questo non ci appartiene più, Elena. Siamo povere adesso e
dovremo partire.
Un signore le accompagnò, che veniva sovente al castello.
Si chiamava Franz von Hohenfels ed era prussiano. Andarono a Parigi; con
l’ultimo denaro arredarono tre piccole stanze in un quartiere
eccentrico; vissero nei primi tempi di quello che la madre guadagnava
traducendo novelle, romanzi e poesie dall’ungherese, o copiando, se il
bisogno urgeva, le tesi dei medici ed i memoriali degli avvocati.
Allora quella donna malata, che pareva solamente reggersi per un
miracolo di energia, si rivelò agli occhi della figlia sotto una luce
quasi eroica. In lei viveva un’anima nascosta, capace delle più grandi
rassegnazioni.
Elena, a quel tempo, non aveva che sedici anni, e curava le cose
domestiche, aiutando la madre, leggendo a voce alta i suoi libri e
ricopiando i suoi manoscritti quando i poveri occhi stanchi non vedevano
più. Talvolta la madre dettava, e dettando le spiegava ogni cosa, la
iniziava lentamente alla sua vasta cultura, dandole un piacere
caldissimo per le cose dell’arte. Quando i guadagni divennero più lauti,
ella fece seguire ad Elena qualche lezione alle cattedre pubbliche,
preparandola man mano ella stessa per un esame d’istitutrice che il suo
pronto ingegno superò senza fatica.
Alcuni amici venivano a visitarla talvolta e spesso quel Franz von
Hohenfels che alla morte del padre assunse la tutela di Elena.
Innamoratissimo della madre, aveva tentato per lungo tempo d’indurla suo
malgrado a seconde nozze; ma Elena preferiva la miseria, purchè sua
You have read 1 text from Italian literature.
Next - L'amore che torna: romanzo - 05
  • Parts
  • L'amore che torna: romanzo - 01
    Total number of words is 4229
    Total number of unique words is 1699
    33.8 of words are in the 2000 most common words
    48.6 of words are in the 5000 most common words
    54.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 02
    Total number of words is 4287
    Total number of unique words is 1662
    35.6 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 03
    Total number of words is 4402
    Total number of unique words is 1694
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    56.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 04
    Total number of words is 4358
    Total number of unique words is 1674
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 05
    Total number of words is 4426
    Total number of unique words is 1655
    36.4 of words are in the 2000 most common words
    52.6 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 06
    Total number of words is 4445
    Total number of unique words is 1652
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 07
    Total number of words is 4325
    Total number of unique words is 1861
    31.4 of words are in the 2000 most common words
    43.5 of words are in the 5000 most common words
    51.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 08
    Total number of words is 4375
    Total number of unique words is 1771
    33.6 of words are in the 2000 most common words
    47.7 of words are in the 5000 most common words
    54.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 09
    Total number of words is 4453
    Total number of unique words is 1858
    31.1 of words are in the 2000 most common words
    45.6 of words are in the 5000 most common words
    52.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 10
    Total number of words is 4480
    Total number of unique words is 1704
    38.9 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 11
    Total number of words is 4465
    Total number of unique words is 1697
    36.6 of words are in the 2000 most common words
    51.9 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 12
    Total number of words is 4359
    Total number of unique words is 1640
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    56.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 13
    Total number of words is 4379
    Total number of unique words is 1579
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 14
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1656
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    59.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 15
    Total number of words is 4513
    Total number of unique words is 1706
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 16
    Total number of words is 4523
    Total number of unique words is 1726
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    49.0 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 17
    Total number of words is 4468
    Total number of unique words is 1629
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 18
    Total number of words is 4380
    Total number of unique words is 1678
    33.1 of words are in the 2000 most common words
    48.3 of words are in the 5000 most common words
    56.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 19
    Total number of words is 4438
    Total number of unique words is 1827
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    47.3 of words are in the 5000 most common words
    54.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 20
    Total number of words is 4357
    Total number of unique words is 1612
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    48.6 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 21
    Total number of words is 4402
    Total number of unique words is 1717
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 22
    Total number of words is 4410
    Total number of unique words is 1732
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    48.8 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 23
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1701
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    57.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 24
    Total number of words is 4443
    Total number of unique words is 1696
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    55.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 25
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1658
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • L'amore che torna: romanzo - 26
    Total number of words is 1490
    Total number of unique words is 757
    43.3 of words are in the 2000 most common words
    55.1 of words are in the 5000 most common words
    60.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.