La vita intima e la vita nomade in Oriente - 01

Total number of words is 4106
Total number of unique words is 1869
31.2 of words are in the 2000 most common words
45.5 of words are in the 5000 most common words
53.7 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.


PRINCIPESSA DI BELGIOJOSO

LA VITA INTIMA
E LA VITA NOMADE
IN ORIENTE


FACCHI — EDITORE — MILANO
18 — VIA DURINI — 18


PROPRIETÀ LETTERARIA DELL'EDITORE FACCHI
Stab. Tipo-Lit. FED. SACCHETTI & C. — Milano, Via Zecca Vecchia, 7


ALLA CARA MEMORIA
DELLA
MARCHESA MARIA TROTTI-BENTIVOGLIO
BARBIANO DI BELGIOJOSO
COMPAGNA ALLA MADRE IN QUESTO VIAGGIO D'ORIENTE
TESTIMONE E PARTECIPE
DEI SUOI PATRIOTTICI ARDIMENTI


PREFAZIONE

_Chiuso nella sua maschera impassibile e sibillina, l'emiro Feisal
risaltava come il più esotico nella folla multicolore dei delegati
convenuti da ogni parte del mondo alla Conferenza parigina per la
pace. Lo spettatore riflessivo non poteva trattenersi dal considerare
con inquietudine quella figura enigmatica che simboleggiava, non
solo le tradizioni dell'Oriente, ma le speranze rinate del mondo
arabo. Gli auspici non sono stati fallaci e le interrogazioni che
venivano alle labbra affannose dei migliori conoscitori del Levante
non hanno avuto ancora risposta, o piuttosto si sono moltiplicate
e fatte più incalzanti. È così poco noto l'animo dei Mussulmani,
che pur vivono sulle sponde del nostro stesso mare! Pellegrini,
commercianti, navigatori che dall'Europa si sono recati durante secoli
nei luoghi abitati o dominati dagli arabi sono rimasti quasi sempre
fuor della soglia della casa retta dalle leggi del Corano. Ma l'uomo
che ci è ignoto nella sua vita intima ci rimarrà straniero pur nel
moltiplicarsi delle nostre relazioni esteriori con lui. Se gli italiani
si propongono giustamente in quest'ora torbida di ritornare nel Levante
in atteggiamento amichevole, offrendo a quelle popolazioni il mezzo
di collaborare con loro nelle arti della pace, occorre che si sforzino
di conoscere i sentimenti e le abitudini mentali, il tenore di vita di
questi ambiti cooperatori. Frughino dunque tra i lor vecchi libri per
cavar dalla polvere le relazioni dei loro avi veneziani e genovesi che
pur seppero farsi comprendere dagli infedeli dell'altra sponda. Oggi
intanto possono prendere in mano queste semplici e schiette narrazioni
di un viaggio, anzi di un soggiorno che fece nell'Asia Minore e nella
Siria una gentildonna milanese, fuggita laggiù nel 1849 all'indomani
della caduta della Repubblica romana._
_Nel Levante la principessa Cristina di Belgiojoso recava un viso
non meno pallido ed uno sguardo non meno fermo di quelli che turbano
l'osservatore occidentale nel considerare lo sceriffo arabo. Nella
Parigi fastosa ed intelligente del primo romanticismo, la bella
milanese passò bene spesso come una sfinge, irritante nel suo mistero.
Un passato storico gravava sulle sue esili spalle, che sapevano
reggerlo colla maggiore saldezza. Nata a Milano il 28 giugno 1808 dal
marchese Gerolamo Trivulzio e dalla marchesa Vittoria Gherardini,
respirò fin dall'infanzia, nonostante le scosse recenti della
rivoluzione e dell'invasione francese, quell'aura di grandezza e di
opulenza che dominava in parecchie case patrizie della Lombardia.
Il rapidissimo mutamento sopravvenuto nelle condizioni politiche ed
economiche rende ormai difficile alle presenti generazioni di valutare
l'importanza che poteva avere, nell'educazione della discendente di una
di quelle grandi casate, la consapevolezza delle gloriose tradizioni
famigliari. Conviene nondimeno di tentare di darne un'idea al lettore
perchè quest'elemento è così essenziale nella formazione ed in tutta
la vita della principessa di Belgiojoso che ogni ritratto non può
prescinderne a rischio di diventare una caricatura. Un Trivulzio, un
Litta, un Belgiojoso, uno insomma dei rappresentanti di quella decina
di case magnatizie lombarde che sempre più si straniavano dalla vita
stentata della crescente plebe nobiliare, vivacchiante negli uffici o
colle scarse rendite, si riteneva praticamente indipendente dal potere
centrale di Madrid o di Vienna, e ne faceva pochissimo conto. Quando
l'amministrazione della casa avesse sistemato col fisco le vertenze
necessarie a stabilire il tributo imposto dalla Corona come riscatto da
ogni ulteriore limitazione, il marchese Trivulzio, non meno de' suoi
parenti del ramo primogenito, che avevano avuto titolo principesco,
non si sentiva ostacolato, in pieno settecento, dall'autorità dello
Stato, in veruna delle sue iniziative o manifestazioni. Se in gioventù
avesse senza alcun obbligo provato il desiderio di qualche avventura
guerresca, gli eserciti imperiali gli avrebbero offerto facile
occasione di segnalare l'istintivo coraggio e di rientrare carico di
onori da una breve campagna. Parimenti un alto ufficio in Corte od
una missione diplomatica gli sarebbero stati assicurati solo che ne
avesse mostrato la menoma brama. Per solito la sua attività politica si
svolgeva nell'ambito più ristretto ma più libero delle cariche civiche,
garantite da una secolare autonomia municipale simboleggiata perfino
dalla pratica della Cancelleria sovrana che si indirizzava al Senato
di Milano chiamandolo «Re Potentissimo». Nel suo seggio fra i sessanta
patrizi del Consiglio Generale di Milano, nel palazzo vastissimo e
ricco di libri e di quadri, nella residenza rurale opulentissima,
nel viaggiare, nel fabbricare, nell'abbattere boschi o nello scavare
canali, un gran signore siffatto poteva agire assolutamente come gli
piacesse, senza alcun sentore di tutti quei vincoli che in poco più
di cento anni l'amministrazione moderna ha moltiplicato intorno alla
libera espansione dell'attività o del capriccio individuale. Quando il
Verri, gentiluomo riformatore, si recò a Parigi nella seconda metà del
settecento ed ammirò il re Luigi XVº nel bel mezzo della sua Corte,
sintetizzò nello scrivere a casa le sue impressioni affermando che
la marchesa Litta nella sua villa di Lainate viveva con maggior agio
che il re di Francia a Versailles. Si può ben comprendere come non
fossero stati sufficienti quei brevi giorni della tumultuosa repubblica
Cisalpina e nemmeno l'opera eguagliatrice dell'amministrazione
francese, così riguardosa per maggiorenti del suo partito quali furono
agevolmente i Trivulzio, ad illanguidire un senso così spontaneo
d'indipendenza come quello che doveva venire ad un rampollo di simili
schiatte dall'esercizio incontrastato di tanto potere. Valsero bensì
i tempi nuovi, e sovratutto la partecipazione calorosa del marchese
Visconti d'Aragona, patrigno di donna Cristina, ai moti del 1821, per
indirizzare le resistenze dell'orgoglio patrizio alla nuova monarchia
accentratrice stabilitasi a Milano col ritorno degli austriaci nel
1814 verso una schietta collaborazione di tutte le classi alte e
colte del paese per costruire sulle rovine di quel governo straniero
un regime più illuminato e prettamente nazionale. Così fu educata
Cristina Trivulzio, anzitutto dagli esempi dei famigliari, ma anche
dalle lezioni accurate di due filologi, il Prefetto della Biblioteca
Braidense Robustiano Gironi e lo storico della letteratura italiana
Francesco Ambrosoli. A questi si aggiunse un giovane di fervidissimo
amor patrio che lasciava allora il seminario di Pavia e la scuola
austera del vescovo Tosi, per fare le prime prove nell'insegnamento,
palestra alla nobile attività politica alla quale era chiamato, e
che, sebbene non avesse mai preso gli ordini sacri, era tuttora detto
l'abate Achille Mauri. Le nozze, che si offersero a donna Cristina
Trivulzio e che furono celebrate l'11 settembre del 1824, la condussero
in una casa quasi altrettanto illustre e certo non meno magnatizia, ma
più gaja ed aperta._
_Il principe di Belgiojoso, che non aveva ancora venticinque anni,
bel giovane, dotato di una voce da far invidia a cento cantanti,
viveva fra gli artisti, senza resistere alle seduzioni femminili che
si addensavano sul suo passaggio dacchè la morte del padre lo aveva
posto a capo di una gran casa ed al possesso di cospicue rendite.
Pur facendo la parte dell'esagerazione nelle memorie del suo amico
e compagno di eleganti capestrerie, conte d'Alton-Shée, Emilio di
Belgiojoso, che ci è descritto a così vivi colori in quelle pagine
appunto al momento delle sue nozze, appariva alla società parigina
quasi nel tempo stesso in cui vi regnavano un Lamartine, un Balzac,
come il leggendario «prince charmant» al quale nessuna resiste.
Malgrado gli auspici, breve dovette essere la felicità coniugale per
donna Cristina, più intelligente, più colta, si potrebbe anche dire
più raccolta e più fiera del marito. Poco più di cinque anni bastarono
a rendere necessaria la divisione della principessa dal marito che
riprese, o meglio continuò, la sua vita di giovinotto gaudente. Ciò
avvenne nel 1830, che è il medesimo anno nel quale la principessa
Cristina cominciò a dare un gran lavoro alla polizia austriaca con
viaggi, più o meno clandestini, a Ginevra, Berna, Genova, Livorno e
Marsiglia, che furono illustrati da Raffaello Barbiera sulle traccie
dei rapporti delle spie conservati nell'archivio di stato di Milano.
Fra quelle carte lo stesso biografo diede maggior rilievo alle denuncie
di un tal Raimondo Doria sedicente marchese, che cercherà più tardi di
coinvolgere la principessa nelle indagini aperte contro Felice Argenti
per un supposto attentato contro il Metternich, accuse che del resto
non sembra abbiano trovato credito nelle alte sfere viennesi. Non può
che destar meraviglia la parte eminente fatta ad una dama di poco più
che vent'anni nella preparazione dei primi tentativi compiuti dalla
Giovane Italia. La situazione sociale, la generosità ed il fascino
della donna si erano imposte anche al Mazzini che le lasciò maneggiare
a suo talento le centomila lire che essa aveva offerto nel 1831 per il
malaugurato colpo di mano sulla Savoja. Il governo austriaco intervenne
inceppando con sequestri la libera amministrazione del patrimonio della
principessa che vi contrappose subito il magnifico gesto della vendita
de' suoi giojelli. Essa fornì allo scrittore e propagandista Enrico
Misley il denaro necessario alle pubblicazioni che denunciarono lo
sgoverno che l'Austria ed i suoi sostenitori facevano del disgraziato
popolo italiano. Non si potrebbe negare qualche fondamento al sospetto
di esagerazione, anzi di affettazione, che accompagnò il tenore di
vita della principessa nei primi tempi della sua «povertà». Questa fu
sempre molto relativa, almeno prima del 1848, e certo non obbligava
la discendente dei Trivulzio a dimorare in quell'appartamentino sotto
i tetti nel quale essa si fece aiutare dal Thiers a cuocere le uova
colle sue bianche mani affusolate. Accanto al sorriso scettico di
qualche ironista, quell'innocente ostentazione della dama non ancora
trentenne produsse un largo interessamento del gran mondo parigino
alle strettezze dell'esule e si risolse in un effettivo discredito
della politica vessatoria seguita dall'Austria in Italia. Del resto
la principessa Cristina scese ben presto dal suo quarto piano per
prendere in affitto un bell'appartamento nella Rue d'Anjou, ove aperse
un salotto emulo degli altri celebri che ebbero tanta fama in quel
quartiere di Sant'Onorato._
_A voler parlare di quel soggiorno parigino della principessa di
Belgiojoso durante la Monarchia di luglio, un italiano della presente
generazione si trova ormai in quella situazione imbarazzante, così
ben tratteggiata dal Sainte-Beuve quando tenta di ritrarre madame
Récamier nella sua età mitica, cioè durante il suo reame mondano
anteriore al primo impero. Il rimpianto appassionato che quell'epoca
d'intensissima attività politica e letteraria, di una sorta di
libertinaggio intellettuale ha lasciato nei superstiti, dopo il crollo
del regime nella fornace del 1848, appanna il quadro agli occhi dello
storico. Comprendiamo che una società nella quale ancora regnava il
Chateaubriand, mentre si affermavano il Lamartine, il Musset, Victor
Hugo, Enrico Heine, il Balzac, il Thiers, il Mignet, il Vigny e cento
altri, si disfrenavano le passioni di una Sand e di una Ortensia
Allart, al tempo stesso in cui si estendevano le applicazioni delle
scoperte scientifiche alla vita pratica e si diffondevano le ricchezze,
una tale parentesi di rapide realizzazioni e di piaceri dello spirito
posta fra le guerre dell'impero e l'inasprirsi delle rivendicazioni
sociali fosse atta a suscitare l'entusiasmo di cenacoli raffinati. Noi
ora vediamo peraltro la ristrettezza della base di un tal regime troppo
assorto nel godimento del presente senza che i moniti del passato lo
incuriosissero e lo preoccupassero per l'avvenire, e sentiamo come
fosse necessaria una preoccupazione più alta, meno dilettantistica, si
potrebbe anzi dire meno bizantineggiante, per riscattare tanti agi e
tante feste._
_Non si potrebbe negare tale vanto alla principessa di Belgiojoso che,
fra tante esperienze psicologiche e mondane, recava l'ardore della
sua fede patriottica ed a quel suo apostolato in difesa dell'Italia
perseguitata riconduceva spesso anche inaspettatamente le divagazioni
ed i trionfi femminili. Le fu imputata una mancanza di coerenza nel
frequente oscillare dal metodo riformatore al rivoluzionario e dal
programma repubblicano al monarchico; ma le accuse che le furono
mosse dal più autorevole storico del Risorgimento, Alessandro Luzio,
per qualche condiscendenza formale alle imposizioni dei governanti
austriaci, non possono diminuire l'ammirazione per una lunga vita
avventurosa che ritrova appunto la sua unità nell'efficace amor di
patria. Meno sicura è la linea di condotta di questa dama con pretese
teologiche nei dibattiti filosofico-religiosi. È noto che si arrischiò
a scrivere un «Essai sur la formation du dogme catholique» pubblicato
nel 1842. Vi tratta con qualche disinvoltura i Padri della Chiesa
ed affronta i più spinosi problemi con tanta spigliatezza da aver
subito legittimato il dubbio che la collaborazione dell'abate Coeur
vi avesse una parte preponderante. La principessa aveva in cuore un
profondo attaccamento alla Chiesa Cattolica, che si paleserà anche
nelle sue impressioni di viaggio in Oriente, e temette poi per quasi
tutta la vita che i consigli di quell'eloquente sacerdote francese
non bastassero a preservare il volume dalle censure ecclesiastiche.
Con tutto ciò il solo pensiero di redigere un tal libro attesta
nobilissime preoccupazioni ed una preparazione filosofica veramente
eccezionale in una donna. Si consacrò pure a dilatare i confini della
fama di Giambattista Vico e pubblicò un saggio sul filosofo napoletano,
seguito da una traduzione della «Scienza nuova». Chi mai si sarebbe
aspettato di rintracciare un tal merito nella vita di una regina dei
salotti, arbitra della moda, centro di rivalità e di cupidigie? La
scelta è difficile fra le numerose testimonianze che ci sono rimaste
del soggiorno di Cristina di Belgiojoso in Parigi, variato dalle
villeggiature a Versailles, a Marly, alla Jonchère presso Rueil. Il
lettore esperimentato riconosce spesso in quei racconti gli echi
di risentimenti, d'invidie, di gelosie e di delusioni, sovratutto
di queste ultime, implacabili negli uomini vanitosi. Vi è tutta
una letteratura, in gran parte fantastica, sulle relazioni fra la
principessa ed Alfredo de Musset. I magnifici versi del poeta «per
una morta» pubblicati nella _Revue des Deux Mondes_, e le caricature
schizzate a penna e riprodotte nel volumetto della viscontessa de Janzé
(poi divenuta la principessa di Faucigny Lucinge) sono gli elementi
positivi per risalire con un'indagine non ancor fatta spassionatamente
all'origine di quella clamorosa rottura che turbò nei suoi vertici
la società parigina intorno al 1840. Non vi è quasi esempio di altre
signore straniere che avesser conquistato tanta rinomanza in un mondo
chiuso e spesso impassibile verso i nuovi venuti come è l'alta società
francese. Alla principessa di Belgiojoso furono intimamente devoti
uomini come Claudio Fauriel, scopritore del Medio Evo neo-latino e
maestro di Alessandro Manzoni, gli storici Mignet e Agostino Thierry,
ospite questi per lunghi anni di cecità in un padiglione eretto nel
giardino Belgiojoso della Rue Montparnasse, perfino l'amarissimo
Enrico Heine. Il giudizio di testimoni così acuti e liberi dovrebbe
pur bilanciare le insinuazioni maliziose dei Don Giovanni respinti o
giocati. Leggete in ogni modo, se volete farvi un'opinione personale
di questa bella sfinge, le pagine di Madame Jaubert, sorella del conte
d'Alton-Shée, della contessa d'Agoult, donne esperte del cuore umano e
delle competizioni femminili e concluderete certo che la riputazione
di crudele freddezza fabbricata ai danni di Cristina di Belgiojoso
è una triste favola. «Pallida, sed quamvis pallida pulchra tamen»
fu definita in un momento di irritazione da Alfredo de Musset e, se
l'aspetto suo fu cereo e a volte spettrale, la sua bellezza seppe
pure animarsi quando sentimenti affettuosi od emozioni patriottiche
facevano affluire il sangue nelle vene di quel corpo diafano. Alta,
magra, con occhi e capelli nerissimi, collo allungato, la principessa
di Belgiojoso, maestra di tutte le eleganze che potessero accentuare
il significato della sua personalità estetica, eserciterebbe certo
un gran fascino anche nella nostra società contemporanea. Apparsa,
fuggiasca e perseguitata, nella capitale del Romanticismo, vi fu da
troppi considerata un simbolo vivente di quel mondo d'eccezione e pagò
il prezzo di tanti successi cogli strali avvelenati che i contemporanei
le lanciaron dietro talvolta additandola alla posterità. L'interesse
destato da tutto questo battagliare intorno all'Elena romantica non
può che riverberarsi in una maggiore attrattiva offerta dagli scritti
svariati nei quali essa ha pur lasciato traccie de' suoi sentimenti e
de' suoi sogni._
_A Parigi la principessa di Belgiojoso non visse solo tra i salotti
e le biblioteche, scese fra il popolo spingendosi perfino in quelle
conventicole dei visionari Sansimoniani che preludevano alla propaganda
dei socialisti. Il suo istinto patrizio l'aveva sempre portata a tender
la mano ai reietti da un ordine costituito col quale non si sentiva
solidale. Non appena, profittando dell'amnistia promulgata dal nuovo
imperatore d'Austria Ferdinando, le fu concesso di rimpatriare, irradiò
dal suo possesso di Locate, nel basso Milanese, una serie d'iniziative
filantropiche. Ci appare dunque in veste di un autentico precursore,
promovendo un orfanotrofio rurale, aprendo un pubblico scaldatoio, una
cucina economica, una scuola infantile, un'altra di lavori femminili.
Le preoccupazioni risvegliate dall'agitarsi della questione sociale
e dei problemi economici tengono un gran posto nell'infaticabile
attività giornalistica che improntò la vita della principessa negli
anni precedenti il 1848, quando si lusingò di poter accelerare il moto
riformatore promovendo una diffusione delle teorie del Gioberti sulla
preminenza del popolo italiano e le sue particolari attitudini ad una
rapida elevazione delle proprie condizioni politiche. Con tali tendenze
fondò nel 1845 la _Gazzetta italiana__ alla quale seguì l'_Ausonio_,
sostituito a sua volta da una _Rivista Italiana_. Nel medesimo periodo
di speranze diffuse in una soluzione pacifica e graduale dei problemi
italiani, la principessa di Belgiojoso pubblicò in Parigi un notevole
libro di storia politica, quegli _Etudes sur l'histoire de la Lombardie
dans les trente dernières années ou des causes du défaut d'énergie chez
les lombards_, che avrebbero, secondo si narra, tanto commosso il conte
Federico Confalonieri da indurlo ad affrontare in pieno inverno il
valico delle Alpi. Il glorioso superstite delle cospirazioni del 1821
era verosimilmente impaziente di contrapporre alla narrazione della
Belgiojoso qualche scritto che ponesse in miglior luce l'azione dei
federati lombardi e del loro capo, ma trovò la morte ad Hospenthal sul
San Gottardo e fu così evitata una polemica che avrebbe potuto essere
incresciosa per entrambi i contendenti._
_Le grandi scene delle insurrezioni popolari propagatesi in tutta
Italia nel 1848 dovevano naturalmente richiamare nella penisola la
principessa, predestinata a quelle lotte dalla sua indole e dai suoi
precedenti tentativi. Non appena udì narrare l'ammirabile epopea
delle cinque giornate, accorse a Milano da Napoli recando sulla nave
_Virgilio_ duecento volontari napoletani equipaggiati e mantenuti a sue
spese. Il barone di Hübner, diplomatico austriaco cresciuto alla scuola
del Metternich, e trattenuto come ostaggio dal governo provvisorio di
Milano, ha voluto gettare il ridicolo su questa parentesi guerresca
nella carriera della dama milanese. Le apparenze forse non militavano
in suo favore se già il Caccianiga se ne burlava dalle colonne dello
_Spirito Folletto_, pubblicato allora a Milano. Ma l'oggettività
dello storico non può fermarsi al lato un poco ridicolo e che finì
nel tragi-comico di quella parata rivoluzionaria e deve riconoscere
anche in quell'atteggiamento da regina delle Amazzoni l'impulso
generoso al quale la principessa obbedì assumendosi le spese di tutta
la spedizione. Per un'indole come quella di Cristina di Belgiojoso
le cinque giornate ed i mesi che seguirono con tutto quel tumulto
di battaglie, di contese civili, di processioni, di comizi dovevano
rappresentare qualcosa d'intermedio e di non ben definito tra il sogno
e la realtà. Tesi i nervi sensibilissimi, il cervello in perpetuo
lavorio, essa visse tutto quel tempo come in una febbre, ciò che prova
ancor una volta la sincerità de' suoi gesti più discussi. Naturalmente
fondò subito altri giornali che si pubblicarono in Milano tra l'aprile
e l'agosto, intitolati: _Il Crociato_ e _La Croce di Savoja_; redigeva
pure opuscoli e fogli volanti ed inviava corrispondenze ai giornali
francesi. Fin dal 13 aprile si era rivolta con una lettera eloquente al
re Carlo Alberto e, per il tramite del conte di Castagneto, segretario
del re, gli moltiplicava gli incoraggiamenti che potevano anche
sembrare dei moniti, per una azione più energica e meno municipale.
Agli uomini pacati che sedevano nei consigli della Corona o al Governo
provvisorio la principessa appariva evidentemente come un'esaltata, sì
che non seppero trarre profitto della sua esuberante attività. Delusa
ed impressionabile essa sentì rinascere in cuore le antiche simpatie
per il Mazzini col cui temperamento acceso si trovava in una facile
comunione di emozioni e di propositi. La versione che pubblicò nella
_Revue des deux Mondes_ dei dolorosi fatti dell'agosto 1848 parrebbe
formulata sotto la dettatura del Mazzini. Ormai il fascino del grande
cospiratore era ridiventato invincibile in lei. Lo seguì a Roma
organizzata in una effimera repubblica e cinta d'assedio dalle truppe
francesi. Vi divenne facile bersaglio della reazione clericale che
calunniò la donna volendo colpire la rivoluzionaria. Si comprende che
la sua missione di infermiera dei volontari non potesse svolgersi senza
suscitare entusiasmi e recriminazioni, quelli forse più pericolosi di
queste. Le testimonianze imparziali di stranieri come gli americani
Story sono sostanzialmente favorevoli alla principessa e pongono in
cattiva luce la partigianeria dei medici militari francesi che la
cacciarono violentemente dalla direzione degli ospedali romani. Il 31
luglio 1849 Cristina di Belgiojoso doveva fuggire da Roma accompagnata
dalla figliola imbarcandosi per Malta con un passaporto inglese.
Volgeva le spalle all'Italia ottenebrata dalla reazione trionfante ed
anche alla Francia che si era collegata, quasi senz'avvedersene, coi
nemici di quel vano tentativo di ricostituzione nazionale abbozzato
dagli italiani nel solco fecondo della Rivoluzione francese. Andò in
Grecia ed in Turchia sforzandosi di placare gli sdegni dell'animo
turbato e di medicare le ferite profonde inferte al suo spirito ed
al suo corpo. Vedrete in queste pagine che contengono la relazione
dei viaggi dell'esule nel Levante come questa vi si fosse recata in
una disposizione d'animo ospitale verso le genti a lei sconosciute
fra le quali si proponeva di vivere più pacificamente che non avesse
potuto farlo nella sua vecchia Europa. La vena nascosta di rimpianto
nostalgico che certo le rimaneva in fondo all'animo non affiorava
quasi mai. Così questa signora occidentale, ricca di tante esperienze
accumulate in una vita ancor breve ma eccezionalmente avventurosa,
tendeva l'orecchio a tutte le voci dell'Oriente, desiderosa di
penetrarne i misteri._
_Presentata ormai al lettore la donna veramente non comune che dal
fondo dell'Asia Minore mandava alla _Revue des deux Mondes_ le pagine
così fresche e spontanee, che, per la prima volta, sono qui pubblicate
in veste italiana, converrà che io accenni di volo agli ultimi anni
dell'autrice, per rendere più compiuto il ritratto disegnato di scorcio
come introduzione a questo volume._
_Gli ultimi tempi del soggiorno in Asia furono poco propizi alla
principessa per la difficoltà delle comunicazioni coll'Occidente, donde
non le pervenivano i necessari invii di denaro, per l'esito incerto
delle sue iniziative agricole e sopratutto per il pericoloso attentato
di cui arrischiò di rimaner vittima da parte di un domestico congedato.
Anche per diminuire le strettezze dalla sua situazione finanziaria,
essa consacrò una larga parte delle sue giornate alla redazione di
scritti inspiratile dalle sue vicende e cioè, oltre queste scene della
vita orientale, altri articoli inviati alla _Revue des deux Mondes_
e al _National_. La vendetta austriaca non cessava dal perseguitarla
nemmeno laggiù e, quando l'imperatore Francesco Giuseppe raccolse la
sfida gettatagli dalla temeraria insurrezione del 6 febbraio 1853
e sequestrò i beni dei principali esuli, non scordò di porre nelle
liste di proscrizione il nome di Cristina di Belgiojoso. Cedendo
all'imperioso appello delle circostanze ed alle insistenze della sua
famiglia, la principessa si decise a ritornare in Europa, dapprima in
un castello che aveva nella Provenza la marchesa d'Aragon, sua sorella
consanguinea, indi nel 1854 a Parigi. Non tardò a comprendere i sintomi
annunciatori della riscossa apparecchiata dai patriotti italiani sotto
la guida del conte di Cavour e, piena di fiducia, diede la definitiva
sua adesione al programma monarchico-costituzionale ed unitario del
grande ministro piemontese. Collaborò coll'antica foga all'attuazione
di tali disegni e scrisse, in previsione della guerra che scoppiò
poi effettivamente nel 1859, un'opera divulgativa, _Histoire de la
Maison de Savoie_. All'indomani della vittoria, nel 1860 fondò il
giornale _l'Italie_, che superando molte trasformazioni vive tuttora.
La collaborazione frequente a questo foglio ed alla _Nuova Antologia_
non assorbiva però l'intera operosità letteraria della Belgiojoso che
pubblicò, nel 1866, lo scritto: _Delle presenti condizioni della donna
e del suo avvenire_, nel 1868 le _Osservazioni sullo stato attuale
dell'Italia e sul suo avvenire_, infine nel 1869 l'opuscolo _Sulla
moderna politica internazionale_. L'orizzonte delle indagini e delle
polemiche dell'autrice di questi notevoli scritti d'avanguardia era per
altro venuto restringendosi nei limiti dello stato italiano, a scapito
di quel cosmopolitismo che aveva contrassegnato la sua giovinezza. La
principessa non valicava più le Alpi e non solcava più le acque del
Mediterraneo. Aveva comprato a Blevio sul lago di Como un villino che
aveva appartenuto al conte Sciuvaloff, gentiluomo russo convertito al
cattolicesimo ed entrato nella congregazione dei Barnabiti. Invecchiata
rapidamente dopo tante avventure, ma paga di veder l'Italia unita
ed augurandole fiduciosa i maggiori destini, Cristina di Belgiojoso
alternava coi soggiorni sul lago di Como ed a Locate quelli a Milano
nella casa del genero, l'insigne patriotta marchese Lodovico Trotti
Bentivoglio. Quivi la raggiunse la morte il 5 luglio 1871._
_Tale avevano foggiata il sangue, le tradizioni, l'educazione, i
viaggi, la vita multiforme questa che è senza dubbio la scrittrice di
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La vita intima e la vita nomade in Oriente - 02
  • Parts
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 01
    Total number of words is 4106
    Total number of unique words is 1869
    31.2 of words are in the 2000 most common words
    45.5 of words are in the 5000 most common words
    53.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 02
    Total number of words is 4492
    Total number of unique words is 1833
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 03
    Total number of words is 4599
    Total number of unique words is 1824
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 04
    Total number of words is 4621
    Total number of unique words is 1865
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    59.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 05
    Total number of words is 4626
    Total number of unique words is 1899
    33.0 of words are in the 2000 most common words
    48.1 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 06
    Total number of words is 4609
    Total number of unique words is 1835
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 07
    Total number of words is 4664
    Total number of unique words is 1817
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 08
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1856
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    48.1 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 09
    Total number of words is 4654
    Total number of unique words is 1872
    33.6 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 10
    Total number of words is 4623
    Total number of unique words is 1822
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 11
    Total number of words is 4508
    Total number of unique words is 1838
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    49.0 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 12
    Total number of words is 4613
    Total number of unique words is 1766
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    49.2 of words are in the 5000 most common words
    58.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 13
    Total number of words is 4508
    Total number of unique words is 1876
    34.0 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La vita intima e la vita nomade in Oriente - 14
    Total number of words is 1940
    Total number of unique words is 981
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    55.3 of words are in the 5000 most common words
    62.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.