La Principessa Belgiojoso - 12

privilegiati che, appena si mostrano, accendono nei cuori simpatia
irresistibile. Del bel numer'una, era lady Blessington.
Margherita Power, divenuta per il secondo suo matrimonio _lady
Blessington_ (il primo marito si chiamava il capitano Saint-Léger
Farmer), era nata da un piccolo proprietario di quella irlandese
contea di Waterford, dove più tardi vide la luce un'altra regina
della moda, un'altra autrice di romanzi mordenti: l'avventurosa Maria
Letizia Wyse, sposatasi prima al vecchio de Solms; poi al ministro
d'Italia, Urbano Rattazzi; quindi al giornalista spagnuolo De Rute;
morta nel febbrajo del 1902. Lady Blessington era un portento per la
finissima bellezza, per l'eleganza suprema ch'ella imponeva alle dame
inglesi; le quali la detestavano, non potendole perdonare l'audacia
colla quale ella smascherava nei proprii romanzi l'ipocrisia dei
puritani d'Albione. Fra i tanti romanzi sociali di lady Blessington,
uno ne emerge: _Le vittime della società_; ma noi italiani dovremmo
conoscere ancor più _L'ozioso in Italia_, che fa il pajo con l'altro
suo libro d'impressioni di viaggi, _L'ozioso in Francia_. Nell'_Ozioso
in Italia_, lady Blessington descrive gli azzurri del cielo di Genova,
di Firenze, di Venezia, di Roma, i monumenti, i capi d'opera dell'arte
moderna, la società italiana; riferisce le conversazioni avute con lord
Byron, al quale ell'aveva portata una lettera del poeta Tommaso Moore;
ma non dice ch'ella viaggiava col marito e coll'amante suo, insieme,
il conte Alfredo d'Orsay.... Erano i comodi costumi d'allora.... Lord
Byron s'affrettò a informare di quella trinità viaggiante Tommaso Moore
con un piccante biglietto da Genova, prima d'imbarcarsi per la Grecia
insorta; biglietto che non venne tradotto da Carlo Rusconi fra le
lettere del poeta d'Aroldo. Lady Blessington difese lord Byron contro
le accuse lanciategli dall'Inghilterra: il suo _Diario di Conversazioni
con lord Byron_ contrasta simpaticamente colle infamie che sul grande
poeta pubblicò nel 1869 Enrichetta Beecher-Stowe; questa arrivò al
punto d'accusarlo d'amore incestuoso con la sorellastra Aurora Leight;
e non si accorgeva che con sì orrenda accusa, avventata nella _Vera
storia di lady Byron_, macchiava il fulgente alloro guadagnatosi colla
_Capanna dello zio Tom_, che tanto contribuì a spezzare le catene degli
schiavi americani. Ma l'accusa era vera!
La principessa Belgiojoso apprezzava il coraggio di lady Blessington,
di questa bella Amazzone della letteratura inglese, e si divertiva
a udirla parlare con tanto spirito delle gelosie della povera Teresa
Gamba contessa Guiccioli, l'amante di lord Byron, la quale, perduto
il glorioso e bellissimo amico suo nel 1824, morto in Grecia, non
seppe consolarsene neppure fra gli spassi di Parigi e della corte
di re Luigi Filippo, dove, come un fiore del giardino italico, venne
portata dal secondo marito, il marchese de Boissy. Questo gentiluomo
francese non era meno balordo del vecchio conte Guiccioli di Ravenna,
il primo marito della _charming_ contessa Teresa, come lord Byron
definiva quella damina molto piccola, molto bionda, molto bianca di
carni, molto opulenta nel busto stretto alla vita, molto seducente nel
sorriso. Si racconta che il marchese de Boissy presentasse al re Luigi
Filippo la sposa con queste parole: “La marquise de Boissy, ma femme,
ci-devant maîtresse de lord Byron!„ Quando lady Blessington andò a
trovare a Genova lord Byron, questi si divertì a corteggiarla sotto
gli occhi di milord Blessington, del conte d'Orsay e della _charming_
Guiccioli, che ne sentiva (dicea la brillante scrittrice) tutti gli
aghi della gelosia. Lady Blessington morì a Parigi nel suo palazzo di
_rue du Cercle_; la contessa Guiccioli (che andava pure a visitare la
Belgiojoso, subendone sorridente la superiorità intellettuale) morì
settuagenaria a Firenze co' suoi antichi riccioli a spirale sulle
tempie e colla sua grazia innata, che gli anni non aveano illanguidito
d'una sfumatura; morì dopo d'aver difeso anch'essa il suo adorato
indimenticabile poeta.... colla penna! L'amore che fa tanti miracoli,
fece anche quello di trasformare la colta dilettante di poesia in vera
autrice. Chi oggi può leggere il libro che la Guiccioli pubblicò a
Londra: _Ricordanze di lord Byron_?... È quasi introvabile.

Entusiasta per la principessa Cristina Belgiojoso si mostrava (dice
Camillo Cavour nel _Diario inedito_) Madame de Boigne. Questa dama,
autrice dello squisito romanzo _Une passion dans le grand monde_, era
moglie di quel Boigne che durante il regno di Luigi Filippo primeggiò
fra gli eroi del _Jockey's Club_ e del _Café de Paris_: un semidio
della moda.
Ma più delle ammirazioni di madame de Boigne, importava a Cristina
l'amicizia calda e sincera d'una grande scrittrice: Giorgio Sand.
Nei crocchi mondani di Parigi, si ripeteva che la Sand avesse fatto
lega colla Belgiojoso perchè questa canzonasse lietamente Alfredo de
Musset, concedendosi, mercè lo spirito della patrizia italiana, il
lusso d'un divertimento, in compenso del bel filo da torcere che il
poeta le aveva dato dopo la procellosa avventura erotica di Venezia.
Ma sarà vero?... La Sand fece più male co' suoi romanzi che colle sue
passioni. L'aurea lingua de' suoi libri non li ha salvati dall'oblio;
eppure quali pagine risplendenti di bellezza ci offrono _Valentine_ e
_Lelia_ e _Spiridion_ e _Les sept cordes de la lyre_! Sì, di bellezza;
ma come certi fiori tropicali, quelle pagine emanano aliti che turbano
il cervello di chi non è forte. I romanzi della Sand sono i romanzi
delle signore mal maritate, che a tutti i costi vogliono uscire dalle
loro catene, e non s'avveggono delle ingiustizie ch'esse medesime,
cieche, commettono a danno degli altri. La ciarpa tricolore del sindaco
è ben di rado l'arcobaleno della felicità; le signore mal maritate
lo sentono, ne soffrono, e s'afferrano disperate al collo dei giovani
liberi, spesso inesperti, e ne struggono come edere per sempre la vita,
non immaginando nemmeno il delitto che, per soddisfare un febbrile
egoismo, compiono dinanzi a quel Dio da esse tante volte implorato in
ajuto dei proprii dolori.
La Belgiojoso amava grandemente la Sand, perchè questa tendeva a
migliorare, come lei, le condizioni del popolo. La Sand fondò, infatti,
un giornale settimanale col titolo: _La cause du peuple_, e divenne
mazziniana fervente al pari di Madame d'Agoult.

Madame d'Agoult si mostrò mai amica della principessa Belgiojoso?...
La natura le aveva create rivali. Tutt'e due volevano dominare nello
stesso regno: Parigi. Tutt'e due s'eran gittate nei flutti della
politica; ma Madame d'Agoult non possedeva il talento dell'italiana,
per navigarvi sicura; non avea la meta dell'esule; meta fieramente
contesa e bella: la libertà della patria. Madame d'Agoult, nota nella
letteratura col nome di battaglia _Daniel Stern_, si limitava alla
parte di seconda attrice.... con Giuseppe Mazzini. Le _Lettres de
Joseph Mazzini à Daniel Stern_[83] mostrano quanta considerazione in
materia politica, l'agitatore ligure nutrisse per quella donna; ma
nella sua generosità di poetico sognatore egli scambiava talvolta per
autentiche Minerve certe povere donnette....
Madame d'Agoult rappresentava anch'essa i liberissimi costumi femminei
di quel tempo. Non mostrava alcun riguardo di viaggiare l'Europa col
ben chiomato pianista Liszt, e di portare trionfalmente in società
(come per esempio nel salotto della dolce contessa Maffei a Milano) i
segni di non legali ma feconde tenerezze.
Ben più attraente di Madame d'Agoult era la contessa Anna Dubourg, una
specie di contessa Maffei di Parigi.
Gli emigrati italiani e polacchi, fra il '33 e il '44, ricevevano
a Parigi cordiali, calde accoglienze dalla _contessa Anna_, come la
chiamavano. La genialità più squisita splendeva ne' suoi sguardi e
nella sua parola. Tutt'i frequentatori del suo salotto le porgevano
omaggi di devozione; tutti, anche lontani, la ricordavano. Nessun
ingegno forte e ardito in lei; ma una grazia dolce e sorridente che
avvinceva gli animi. Gli emigrati lombardi andavano tutti in casa
della contessa Anna; vi andava anche l'illustre capo de' congiurati
del '21, il conte Federico Confalonieri quando, liberato dai lunghi,
cupi martirii dello Spielberg, rivide Parigi; e fu là, nel salotto
della Dubourg ch'egli incontrò Sofia O' Ferrall, la donna eletta che,
commossa alle sofferenze del patrizio somigliante a misero spettro,
ed entusiasta di quel carattere indomito, se ne innamorò; ed egli la
fece sua seconda moglie, per avere una compagna, un'infermiera. La
prima moglie del Confalonieri, l'incomparabile contessa Teresa Casati,
morì consumata da un dolor solo, — per l'adorato marito prigioniero:
— morì nel settembre del 1830 in Milano, senza aver potuto almeno una
volta riabbracciare colui che, con un grido (ben raro) del suo cuore la
chiama nelle _Memorie_ “martire santa dell'amor conjugale„.
Sofia O' Ferrall, danese d'origine, povera, era dama di compagnia della
contessa Anna Dubourg; ma il superbo Confalonieri non fe' conoscere
mai ad alcuno questo particolare. Noi ritroveremo più tardi, a Blevio,
fra gli azzurri del lago di Como, in compagnia allegra, Sofia. La
principessa visitava a Parigi la Dubourg: le voleva bene perchè
schietta, perchè amica degl'italiani e dell'Italia.

Anche Madame Ancelot amava la patria nostra, ch'ella chiamava “ce
fortuné pays de l'intelligence„ specialmente pei portentosi ingegni
versatili, che la privilegiata terra nostra produce; “Il ne s'est
trouvé un Michel-Ange qu'en Italie„ ella diceva. Terenzio Mamiani
destava speciali ammirazioni in Madame Ancelot.... La buona signora
ammirava in lui la conversazione finamente canzonatrice, spesso
allegrissima. “La poésie et la philosophie donnaient un grand charme à
ses paroles„ ella aggiungeva.
Il Mamiani, dai capelli ricciuti e baffetti sottili, con l'abito
stretto alla vita e coi calzoni attillati (secondo la moda del tempo)
era diventato il _deus loci_ del salotto della Ancelot; la quale ne
teneva religiosamente il ritratto appeso a una parete; e lo additava a
tutti, dicendo: “Voilà mon doux Mamianì!„[84]
Era romanziera e fecondissima commediografa Virginia Ancelot,
moglie di _monsieur_ Ancelot, poeta, tragedo. Abitava nell'_Hôtel
de la Rochefoucauld_, dove riceveva a braccia aperte i più illustri
personaggi. Ed era anche pittrice. Un suo quadro mostra il suo salotto
dagli ampii usci spalancati, con un gruppo caratteristico: lei,
regina, scollata, — Victor Hugo giovane, vicino alla moglie, — e il
poeta Parseval de Grandmaison, che declama de' versi. Questo vate da
salotto era autore del poema epico _Philippe Auguste_, un immortale
dell'Accademia, come monsieur Ancelot.... Poveri immortali....
morti!... In quella casa, aveva abitato un giorno lo scettico duca de
la Rochefoucauld, autore delle _Maximes et réflexions morales_; Madame
de Sévigné, ciarliera e arguta, vi era passata; i grandi scrittori del
regno di Luigi XIV vi erano stati ricevuti con tutti gli onori delle
armi.
Non contenta d'averlo ritratto col pennello, il suo celebre salotto
(che gareggiava con quello della Récamier), Madame Ancelot lo ritrasse
anche colla penna: _Un salon de Paris 1824-1864_; e vi appose un motto
poco lusinghiero, veramente, pe' suoi bravi ospiti: “Et in Arcadia
ego!„ Il dolce e gelido Alfredo de Vigny, la “casta diva„ della lirica;
— Emilio Deschamps, che si sforzava a tradurre in francese la _Divina
Commedia_; — Sofia Gay, romanziera, vociferante come una trecca,
sprizzante veleno da tutt'i pori, maledica verso tutti; — sua figlia
Delfina, che diventò Madame Emilio Girardin, dai begli occhi azzurri,
dal naso aquilino, dalle labbra sottili, dal mento duro; — e tutte, o
quasi tutte, le stelle di prima, seconda, terza grandezza passarono nel
salotto Ancelot; quante stelle in quarant'anni!... Un firmamento! — Vi
andò, qualche volta, anche la principessa Belgiojoso. Vi andò per la
segreta antipatia che la padrona di casa nutriva per le due muse Gay,
madre e figlia?... Un profugo veneto, Antonio Caccianiga, lo descrisse
così:
“Madama Ancelot riceveva una sera per settimana una società composta
di accademici colleghi del marito, di letterati amici di lei, e di
contesse del sobborgo di San Germano che amavano le belle lettere
e gl'inni dei poeti. Ce n'erano di belle e di brutte, e chiedevano
sovente un'ode, una canzone, una ballata pel pianoforte o per l'album.
I Francesi, così compiacenti in simili cose, le contentavano tutte.
Ignoro i loro componimenti, ma me li immagino; per le belle, avranno
cantato qualche variazione della solita romanza: — _Je pense à toi_ — e
per le brutte? — _Je pense à moi!_„[85]
Oh i due deliziosi acquerelli-caricature del Gavarni: _Elle va
chanter!_ e _Elle a chantè!_...[86]
Sul tardi, quelle pareti in mezzo a profondo, sacro silenzio,
risuonavano alle cadenze (poco piacevoli per noi italiani) di
declamazioni di poesie francesi. Talvolta, le poesie eran così vivaci,
che tutti si addormentavano....
Madame Ancelot aveva conosciuta la Belgiojoso intorno al 1832, in casa
del pittore Gérard: e l'incontrò poi in parecchi salotti parigini.
“Elle ne m'attirait pas; elle m'étonnait.„ L'effetto che la strana
apparizione faceva in quasi tutti.... E racconta questo aneddoto
pittoresco:
“Mi ricordo d'una sera in casa del nostro illustre Berryer; —
quell'Arturo Berryer oratore principe, del quale abbiamo le postume
_Œuvres parlementaires_. Vi si eseguiva della musica; e Adolfo Nourrit
(il famoso tenore di Montpellier che, avvilito pei cessati trionfi,
si uccise poi sotto il cielo ridente di Napoli, e per il quale Rossini
avea scritta la parte d'Arnoldo nel _Guglielmo Tell_), cantava là, per
l'ultima volta. Quella sera, egli aveva ceduto ad una preghiera, alla
quale non si può resistere; ma ciò che v'era di triste nel fondo del
suo cuore traspariva, contro ogni suo sforzo, nelle inflessioni della
voce e imprimeva una specie d'emozione alla società che sapeva de' suoi
crucci e della sua partenza. Verso mezzanotte, mentre egli cantava
e teneva l'uditorio sotto l'impero della sua simpatica malinconia,
apparve, sulla soglia del salotto, la principessa Belgiojoso, ancora
in lutto di sua madre. Ella portava una veste di seta bianca, ornata
di _jais_ neri. Il suo pallore sepolcrale, il suo abbigliamento
funereo, i suoi grandi occhi neri brillanti, la sua persona alta e
magra, tutto concorreva per darle l'aspetto d'un'apparizione d'oltre
tomba. Ella rimaneva là, sulla soglia, ferma, immobile, come una
statua di marmo. Arturo Berryer stava per andarle incontro; ma ella,
d'un gesto imperioso, gli fe' cenno di non turbare il canto. Ella
restò così, là, pallidissima, senza movimenti, e così esile che pareva
impalpabile.„[87]
La marchesa Vittoria Gherardini (che avea sposato in prime nozze un
Trivulzio padre di Cristina e in seconde il marchese Visconti d'Aragona
coinvolto quale carbonaro nei processi del '21 a Milano) era morta,
infatti, a Parigi; e la principessa ne fece trasportare la salma nei
sepolcri gentilizii ad Àffori presso Milano, come la madre cara le avea
raccomandato sul letto di morte. La bella e animosa marchesa Vittoria
fu l'ultima dei feudatarii di Àffori.

Ed ora un'altra scena: una scena di donne, degna di Carlo Goldoni e del
Molière.
Elisa, la viril sorella di Napoleone I, che voleva tutto e diventar
tutto, volle essere anche presidentessa d'un'effimera accademia
di donne, sotto il primo Impero: e Madame Jules de Castellane non
accontentandosi della notorietà acquistata a Parigi col suo teatrino
in casa e co' suoi cavalli alle corse, vagheggiava anch'essa, al
pari d'Elisa, un'Accademia femminile di quaranta donne immortali, con
sedute solenni, con ricevimenti ufficiali, coi discorsi; una copia,
insomma, dell'Accademia francese. Ma poichè possedeva almeno il buon
senso di comprendere di non essere abbastanza capace per fondarla
lei, l'accademia, ne affidò l'incarico alla ispiratrice sua segreta,
Virginia Ancelot. Madame de Castellane non pretendeva neppure al
campanello di presidentessa: voleva affidarlo alla celebre mano che
avea donato alla Francia i più appassionati romanzi: Giorgio Sand. Ma
una furiosa avversaria scattò subito contro tale illustre candidatura;
una giornalista, romanziera, commediografa, che non si reputava
inferiore per nulla all'autrice di _Lelia_. Era Madame de Girardin.
Chi avrebbe potuto resisterle?... Ell'era inebbriata dell'incenso che
scrittori e artisti le prodigavano per ingraziarsi il marito di lei,
il temuto Emilio de Girardin, padrone della pubblica opinione, coi
prepotenti sommesso, coi deboli prepotente.
Non ostante il potere d'Emilio (era figlio naturale del generale
Alessandro conte di Girardin) quella signora non veniva ammessa negli
aristocratici salotti del _faubourg Saint-Germain_; ma ella sperava di
debellarne le sdegnose ritrosie una volta che, divenuta presidentessa
e regina d'un'Accademia di donne immortali, avrebbe potuto invogliare
del nuovo, alto consesso le marchese e le duchesse più o meno intinte
di letteratura; queste non avrebbero respinte allora le sue visite; e
le avrebbero (così sperava.) aperto l'Olimpo del blasone, in compenso
dell'Olimpo della penna.
Scoppiò il conflitto. Gli animi più o meno letterarii s'appassionarono.
Gli uni, con Madame Ancelot, sostenevano la candidatura della Sand; gli
altri, con Madame de Girardin, sostenevano la candidatura.... di Madame
de Girardin. Ma la Sand, non ostante il suo coraggio in tante, anzi in
troppe cose, non si sentiva d'accettare. Non voleva accettare neppure
Madame Charles Reybaud, romanziera assai stimata, timida signora, E
allora gli sguardi si rivolsero sulla grande patriota italiana, che
in quell'anno (era il 1843) attirava più che mai l'attenzione di tutta
Parigi: la principessa Cristina Belgiojoso.
“On dut donc (dice _Une vieille Saint-Simonienne_ nella _Revue des
Revues_ di Parigi)[88] on dut donc se rejeter sur la princesse de
Belgiojoso, quoique non française. C'était une femme d'une grande
allure patricienne, amie passionnée de G. Sand. Furibonde zélatrice
de la cause républicaine, elle aidait généreusement de sa bourse
tous les conspirateurs politiques, italiens ou polonais, réfugiés en
France. M.me de Belgiojoso eut été, certes, pour l'académie des femmes,
une présidente hors ligne: elle était belle, d'une beauté tragique,
impressionnante: grande était son intelligence.„
Dinanzi alla candidatura della principessa, Madame de Girardin si
sentì vinta, ma non doma; abbandonò furiosa la candidatura, e afferrò
furiosa la penna, per deridere le idee delle due gemelle, Castellane
e Ancelot. Guizzano le sue ironie in una delle appendici, che dal '36
al '48, ella, Madame de Girardin, scriveva nella _Presse_, sotto il
titolo di _Courrier de Paris_. Le firmava con un pseudonimo nobiliare
(s'intende!): _Le Vicomte Charles de Launay_; e vi profondeva agilità
di stile, brio.... ed acido corrosivo. Anche oggi son piacevoli a
leggersi quei “corrieri„, modelli d'un genere che si crede facile ed è
difficilissimo. Tutta la vita parigina di quel periodo passa, trasvola
nei rapidi _feuilletons_ della celebre giornalista. Ecco: quello
era il campo dove ella raccoglieva allori veridici; gli altri suoi
erano allori di carta. Madame de Girardin compose, infatti, parecchie
commedie; ma esse provano una volta di più che le donne sul teatro
possono regnare come attrici, come cantanti, come ballerine, non come
autrici.
Nel _feuilleton_ del 23 marzo 1844, madame de Girardin s'occupa
dell'Accademia femminile. Ella sostiene che un italiano ha più spirito
d'un'italiana; uno spagnuolo ha più spirito d'una spagnuola; un russo
ha più spirito d'una russa; un greco ha più spirito d'una greca;
ma una francese ha più spirito d'un francese....; “car en France
(soggiunge maligna), excepté les _bas bleus_, toutes les femmes ont de
l'esprit.„[89]
E finisce con questa variante della favoletta d'Esopo sulla volpe e
l'uva:
“Quant aux femmes célèbres, elles vous diront qu'elles ne rêvent
nullement les _dignités académiques_; l'art pour elles n'est pas une
profession, mais une religion: leur talent n'est pas un trésor qu'elles
exploitent, comme les hommes, par intérêt et par orgueil: c'est un don
du ciel, qu'elles cultivent avec amour et respect.„
Ma, non contenta d'assalire l'Accademia, assalì anche la principessa
Belgiojoso.... colla penna de' proprii amici. Ed ecco tutto uno
stillicidio di veleni da penne più e men note contro la Belgiojoso!
Ecco lo stesso Teofilo Gautier, il poeta della bellezza, macchiarsi
d'un cattivo ritratto della grande Italiana. Madame de Girardin, nella
terza lettera della _Croix de Berny_, introdusse quel ritratto, che
assicurò al volume un grossolano successo di scandalo. La _Croix de
Berny_ è composta di lettere firmate da Irène de Chateaudun (ch'è
Madame de Girardin); da Raymond de Villiers (ch'è Jules Sandeau), da
Roger de Monbert (ch'è Mery) e da Edgard de Meilhan (ch'è precisamente
Théophile Gautier), amico e biografo della Girardin, a' cui piedi aveva
deposto penna e discrezione.
Il Gautier, che avea beffato un giorno l'addobbo del salotto della
principessa, con egual grazia e malignità leggiera cincischia la
dama. Senza nominarla (la chiama soltanto la _marquise_) ne esalta la
bellezza, le belle mani aristocratiche, il piede minuscolo; ma dice:
“Je fus reçu avec toutes sortes de tendresses, bourré de petits
gâteaux, inondé de the, et assassiné de dissertations romantiques et
transcendantes.„[90]
Doveva essere soddisfatta l'acre Girardin.... Ma nossignori! Ella
attirò alla sua ignobile causa una dea della moda, la contessa Merlin,
nel cui salotto la principessa Belgiojoso andava di tratto in tratto,
non certo in omaggio a lei, arricchita col più infame commercio
(quello degli schiavi), ma pei celebri artisti, che la circondavano
divertendo se stessi e divertendo tutti. Madame Merlin, che dilettavasi
a scrivere, nelle _Lionnes de Paris_ pubblicate sotto falso nome,
trasformò la principessa Belgiojoso in una spaventevole avventuriera
criminale e demoniaca. Ma questo romanzo, come tutti gli sfoghi
ignobili, ebbe voga fugace, e solo nel “petit monde boulevardier„ dei
cattivi soggetti.[91]
Come ne rimasero Madame de Castellane e la principessa Belgiojoso?...
_Une vieille St.-Simonienne_ racconta così:
“Néanmoins, malgré tous ces mécomptes, M.me de Castellane continuait
bravement à aller de l'avant. En vain M.me de Belgiojoso elle-même
terrorisée par tant d'injures, refusait-elle son concours. M.me
Ancelot, qui avait toujours été l'àme de l'entreprise, ne lui
consacrait pas moins toutes ses énergies.„
Ah, no! Non bisognava conoscere la principessa per supporre ch'ella
potesse atterrirsi. Anche allora, ella avrà fatto il suo solito
gesto di sprezzante indifferenza, sollevando il mento, senza
pronunciare neppure una sillaba. Su quella statua di marmo le raffiche
non lasciavano solco. La Belgiojoso ricusò il proprio concorso
all'Accademia Castellane, perchè le vere regine della letteratura si
erano, nel frattempo, ritirate, lasciando il posto a quaranta poetesse
e giornaliste di scarsa fama; e una principessa Belgiojoso non poteva,
non voleva, in una Parigi, offrire lo spettacolo di regnare sopra un
asilo di scrivanelle mediocri. L'Accademia s'aperse, ma senza Giorgio
Sand, senza Cristina Belgiojoso, e non ebbe importanza. Una sola seduta
fu memorabile: il ricevimento d'una celebre viaggiatrice inglese,
mistress Trollope, reduce da una traversata del deserto.

Virginia Ancelot contava allora mezzo secolo; ma, più di lei, la
contessa Merlin (per dirla con Shakespeare) era scesa nella valle degli
anni. Al pari della Girardin, la Merlin era gelosissima del fascino
che la gran dama italiana irradiava, e del gran posto che teneva nella
metropoli del mondo.
La Merlin era nata Maria de las Mercedes de Jaruco. Avea visto la
luce sotto l'azzurro cielo di quell'Avana da lei descritta nel libro
_Havana, lettres et voyages_. Suo padre era il conte de Jaruco,
ispettore generale delle truppe spagnuole a Cuba, e illustre negriero.
Ell'avea ammaliato della sua grazia il valoroso generale Cristoforo
Merlin, che la sposò, e la portò a brillare a Parigi, dove ben
presto ella seppe circondarsi di sapienti, di letterati, di poeti,
d'artisti, d'uomini di spirito e anche di donne di spirito e belle.
Nel salotto della Merlin, gli artisti italiani, le melodie italiane
primeggiavano. Gioachino Rossini si metteva al pianoforte; il grosso
e mordace napoletano Luigi Lablache, dalla bella testa nera, mirabile
nel genere buffo e nel serio, maestro di canto della regina Vittoria
d'Inghilterra, apriva la bocca alle barzellette e alle delizie canore.
Il cagliaritano marchese de Candia, che, lasciata la sciabola di
brillante ufficiale sardo, era salito (come dicemmo) sulle scene col
classico nome di Mario, avvolgendo nel dolce fiume della voce sua
le anime rapite, non si facea pregar tanto a cantare, come un altro
celebre artista italiano che frequentava pure il salotto: il bergamasco
Rubini. Questi sapeva bene d'essere il tenore più famoso e più ricco
del secolo XIX. Ma presentiva egli d'essere nominato.... colonnello
dello czar, come avvenne?... Nel salotto Merlin, il Rubini risparmiava
i celestiali vocalizzi; non così la buona Fanny Persiani, non così la
Grisi, che, intanto, era divenuta moglie di Mario.
Tutta una costellazione musicale, nel salotto della contessa
Merlin, s'aggruppava intorno al dio Rossini, a _monsieur Rossiní_,
e vi diffondeva, con lui, i raggi del genio italiano. Ma nel
salotto della Merlin non solo si eseguivano le belle arie delle
opere italiane, dominatrici allora nel mondo; vi si recitava, si
rappresentavano sciarade in azione, con bizzarri, pittoreschi costumi;
e s'improvvisavano burle, con quella gajezza che prorompeva dai cuori e
che adesso, nel tormento del sottilizzar tutto e nell'ansia del domani,
non sappiamo trovar più.
Fu per quella società che Alfredo de Musset compose i suoi “proverbii„,
narra la contessa de Bassanville ne' _Salons d'autrefois_.[92] E là
apparve la gloriosa rivale della nostra Adelaide Ristori, la Rachel,
che recitava favole del La Fontaine. E là, madame de Gernandes, sì
celebre per il suo spirito, sfavillava. Là, infine (che bella cosa!),
nessuno poteva discorrere di politica, pena il bando dal salotto.
Fra le altre piacevolezze, gli ospiti si battezzavano a perfetta
vicenda con soprannomi più e meno arguti. Alfredo de Musset veniva
chiamato _le prince tout à toutes_; la Belgiojoso (sognante, allora,
la repubblica) _Citoyenne Couperet_; e la duchessa de Plaisance, sì
bionda, sì elegante, sì profumata, e che per le sue ardite avventure
col principe Emilio Belgiojoso, doveva riempire ben presto tutta Parigi
di clamor scandaloso, veniva detta _Princesse Pompon de Falbalas_. Più
avanti, racconteremo le sue avventure.... Intanto, dobbiamo fermarci su
un piccante particolare.
La duchessa de Plaisance cercava di lottare colla principessa
Belgiojoso: anch'essa ne era gelosa. Un giorno, queste due illustri
rivali discorrevano insieme del _salon_ della Merlin. Tutto vi è
rappresentato, diceva l'una: le lettere, la musica, la poesia....
— La beautè, par Mademoiselle de Saint-Aldegonde; l'esprit par Madame
de Balby.... — soggiunse vivamente la duchessa de Plaisance.
— Et vous, madame, que representez-vous?... — le domandò ironica la
Belgiojoso.
La duchessa diventò rossa, ma con sforzata ingenuità, e sorridendo:
— Mon Dieu, je ne sais pas!... la vertu, peut-être!
E la principessa, con uno sguardo intraducibile:
— Nous prenez-vous donc pour des masques?...[93]
Madame Merlin (quand'era giovane) venne invitata una sera da gaudenti
suoi adoratori, fra i calici spumanti, fra i doppieri, tra i fiori....
Quante volte alle labbra ridenti della Merlin fu accostata da mani
traditrici la coppa inebbriante!... Troppo inebbriante; chè a poco a
poco e doppieri, e fiori, e calici, e amici si confusero come in una
ridda velata ai begli occhi della povera signora; ed ella non s'accorse
nemmeno che esperte dita le scioglievano intanto i nastri di seta, i