La plebe, parte IV - 45

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massimo dovere impedire che _Graffigna_ potesse consumare su quel
vecchio il suo orribil proposito di vendetta. Si gettò dunque in mezzo
la sala, gettando colla sua voce fatta per dominare il tumulto come le
volontà umane quel cenno di comando.
_Stracciaferro_, richiamato da quella voce all'ubbidienza passiva che il
suo capo aveva saputo imporgli coll'autorità morale ed anche colla
superiorità fisica del coraggio e della forza accompagnata dall'agilità,
come ci avvenne di vedere, guardò senza nemmanco stupore nessuno il suo
capo come per discernere se quello era proprio il suo comando, vide un
gesto risoluto che confermava le parole, e senz'altro lasciò cader
l'arma e s'incrociò le braccia, lasciandosi afferrare e legare dai
quattro carabinieri che gli furono addosso; Marcaccio era caduto morto;
gli altri condannati, non preavvisati, all'inatteso fatto erano rimasti
incerti e quando parvero decidersi a secondare la mossa dei tre primi,
gli agenti della pubblica forza erano già in contegno ed in numero da
tostamente opprimerli; _Graffigna_ percosso sul capo non abbandonò pur
tuttavia il collo di _Macobaro_ finchè non sentì l'ultimo rantolo uscire
da quella gola ch'ei serrava, finchè non vide spento l'ultimo raggio da
quegli occhi che venivan fuori della testa, finchè non s'accorse di
sostenere, colle sue mani omicide, un cadavere; allora lo abbandonò, e
il misero strangolato cadde strammazzoni per terra come un sacco di
cenci.
— Ora egli ha avuto il fatto suo: disse con maligno trionfo la voce
sottile dell'omiciattolo, della quale appena se ora rimaneva un filo:
ora nè anco il diavolo può più tornarlo in vita.
E barcollando sotto il dolore delle percosse ricevute sul capo, venne
tranquillamente presso il _medichino_, al cui comando pareva così
obbedire ancor egli, e là si lasciò, senza il menomo contrasto,
ammanettare.
Tutti i condannati furono legati, eccetto Gian-Luigi. Quando gli si
accostarono per mettere le manette anche a lui, quell'individuo
straordinario li guardò in un certo modo, che, senza pur dire una
parola, gli agenti della forza pubblica se ne rimasero e si contentarono
di dirgli, quasi con rispetto:
— La venga.
Il _medichino_, colla sua solita aria di superiorità imponente, prima di
muoversi volse uno sguardo verso i due caduti.
— Quegli uomini? domandò egli.
— Morti tuttedue: gli fu risposto.
Egli guardò un momento il cadavere di Jacob Arom, la cui figura,
contratta dallo spasimo di quella morte tormentosa e violenta, era
orribile a vedersi, e mandò un sospiro che pareva un rincrescimento, una
pena, un rimpianto.
— La è finita anche per lui... Mormorò: forse gli è meglio.
— Giannino! Giannino! esclamò in quella debolmente ma con infinita
passione una voce soffocata e piena di lagrime.
Il _medichino_ si volse e vide tese verso di sè le secche mani
tremolanti della povera vecchia Margherita, cui trattenevano dal
gettarsi addosso al suo diletto.
Gian-Luigi le si accostò.
— Mia buona Margherita! diss'egli: madre mia!
Ed usò in queste parole il più melodioso e dolce suono di quella sua
voce incantatrice. Poscia volgendosi ai carabinieri:
— Permettete, disse, che questa buona donna mi abbracci.
I carabinieri la lasciarono, e Margherita gettò al collo del giovane con
mossa piena di passione le sue braccia magre e stecchite.
— Oh mio figlio!... Mio povero figlio... Oh figliuol mio!
Non seppe dire altre parole; ma quanto affetto, quanto dolore, quanto
trasporto contenevansi in questi pochi accenti!
— Addio madre mia! le disse il condannato, rispondendo con alcuni suoi
ai tanti baci ond'ella copriva la fronte, le guancie, gli occhi del
giovane. Noi non ci vedremo forse più... Abbi coraggio: la vita, vedi,
non è per nessuno, e fu meno ancora per me tal cosa che si debba
rimpiangere. Sii tu benedetta ad ogni modo per le tante cure che avesti
di me, e pel tanto amore che mi porti. Anche quando sarò passato da
questa miserabile scena del mondo, tu ti ricorderai di me, ed è questo
l'unico modo con cui possa un uomo sopravvivere alla morte.
Quest'ultima parola colpì la povera donna che di tutto il resto non
pareva comprender nulla.
— La morte! la morte! esclamò ella. Questo è impossibile..... Tu non
puoi morire, tu non devi morire..... Hanno bisogno d'una vita? Prendano
la mia..... Io sono vecchia..... Ma tu che sei sì giovane, sì
robusto..... sì bello..... No, no, non è possibile..... È una cosa che
grida vendetta.
Qui i carabinieri s'intromisero.
— Or via, è tempo di finirla. Voi, buona donna, siete libera; e il
condannato ha da venire con noi.
— Calmati, Margherita: disse allora Gian-Luigi. Torna nel tuo villaggio
e consolati colla religione... tu che così puoi. La speranza è tutto ciò
che ha di più felice l'uomo; e tu vivi nella speranza che ci rivedremo
un giorno.
Accompagnò queste parole con un sorriso che indicava quanto fosse
lontana da lui una simile speranza, ma cui fortunatamente la vecchia non
comprese; poi si sciolse con dolcezza dall'abbraccio della donna e si
voltò ad un'altra che faceva per avvicinarglisi ancor essa con viva
mostra d'immenso desiderio.
— Addio anche a te, Maddalena: le disse: t'ho tratta meco nel
precipizio; ma tu mi perdoni.
— Ti amo! rispose con una specie d'entusiasmo la popolana. Ti ho giurato
tante volte che avrei data la vita per te..... Oh potessi darla mille
volte per salvarti!...
Il _medichino_ ringraziò con un amoroso sorriso e s'avviò con passo
fermo verso l'uscita. Quando fu per varcar la soglia di quella, si fermò
un istante e voltandosi indietro gettò uno sguardo sulla scena che stava
per abbandonare.
Somma era tuttavia la confusione. Gli spettatori non si partivano, ma
dritti in piedi, agitati, raccolti a gruppi tumultuanti discorrevano,
gestivano, pascevano cogli occhi desiosi la curiosità di quello
spettacolo di sangue: i giudici s'erano ritratti; intorno ai cadaveri di
Marcaccio e di _Macobaro_ si curvavano uomini dell'arte medica, chiamati
lì per lì ad esaminarli; i condannati, chi colle sembianze abbattute,
chi indifferente, chi feroce, stavano serrati in un cerchio di ferro in
mezzo alle baionette dei carabinieri, che li circondavano. Gian-Luigi
scorse collo sguardo tutto ciò, e poi fissò un momento i suoi occhi in
un punto, e le sue pupille brillarono con più viva e speciale
significazione. Guardò la Zoe, che stava china sul suo banco, intenta
tutta a lui a seguirne ogni mossa, parlandogli coll'anima traverso gli
occhi.
— Conto su di te: disse quella suprema occhiata di Gian-Luigi.
— Non dubitare: rispose la nera pupilla della cortigiana: io non ti
mancherò.
Il _medichino_ fu ricondotto in carcere; e un quarto d'ora dopo udì egli
aprirsi i catenacci della sua porta, e vide entrargli nella segreta un
uomo.
Era Barnaba.
Que' due uomini stettero un poco a fronte l'un dell'altro, guardandosi
senza parlare.
Fu il _medichino_ che ruppe di poi il silenzio.
— Siete stato di parola: diss'egli con accento in cui suonavano insieme
una specie di superiorità indifferente, d'ironia e di superbia. Sono
condannato, e voi siete venuto.
Il poliziotto rispose con voce sorda:
— Sono sempre di parola. Quando prometto a me stesso o ad altrui di
ottenere una cosa, ci arrivo, o soccombo.
Ebbe luogo di nuovo un istante di silenzio.
Que' due evidentemente si studiavano, come fanno due lottatori, prima di
venire alle mani.
— Voi dunque avete vinto, e compiutamente vinto: riprese a dire il
condannato. Su di me fu pronunziata la sentenza di morte. E voi siete
venuto qui per null'altro che per godere della dolcezza feroce del
vostro trionfo.
— Forse! disse Barnaba con un ghiacciato sorriso. E voi, desiderando
vedermi, qual è la vostra intenzione?
Gian-Luigi affondò i suoi occhi penetranti in quelli del suo
interlocutore e rispose lentamente:
— Quello di cercare un perchè.
— Quale?
— Il perchè del vostro accanimento a mio riguardo.
Barnaba continuò a sorridere di quel suo modo.
— È facilissimo a capirsi: voi siete la lepre, io sono il segugio.
— Una lepre! proruppe il _medichino_, e la sua voce vibrò: vi pare?...
Ma accettando anche l'infelicità di questo paragone, fra il lepre ed il
cane v'è antipatia di razza; e fra noi c'è comunanza di origine. D'onde
uscite voi? Di certo da quella plebe ch'io mi sdegnai di veder preda
senza rimedio alla miseria.
Il volto del poliziotto, che di solito non aveva mai espressione veruna
e sapeva nascondere ogni sensazione dell'animo sotto una maschera
immutabile d'apatia, per caso straordinario, si rimbrunì e lasciò
scorgere una traccia di amarezza come di un antico dolore.
— Sì: diss'egli: voi avete detto il vero. Io esco proprio dalla più
infima plebe, dal fango della piazza pubblica. Da chi nasco? Non lo so.
Non so nemmanco se son frutto d'un legittimo matrimonio o d'una fortuita
unione prodotta dall'amore o dal vizio. Mi ricordo vagamente d'un tempo
lontano lontano, nei miei primi anni, che vivevo con un uomo e con una
donna che si battevano fra di loro e battevano me. Erano mio padre e mia
madre?... Forse!... Conobbi il benefizio del loro amore dalle percosse e
dalla fame. Un bel giorno mi abbandonarono sopra una strada. Fui
raccattato piangente ed affamato da un saltimbanco. Orrori d'ogni fatta
videro la mia adolescenza e la mia giovinezza. Non avevo nulla di mio,
nè anco una fede di battesimo. Mi si addestrò colle percosse a far
ridere il pubblico; per molti e molti anni, non fui più che
_Pagliaccio_. Ecco la mia origine, ecco la mia vita, ecco ciò che mi
diede, ciò che fece per me questa società ch'io ora difendo, e non senza
merito mi pare.
Amarissima era, nel dir queste parole, l'ironia del suo accento e del
suo sogghigno.
Gian-Luigi stette un istante considerandolo in silenzio.
— Strano! Strano! Pensava egli frattanto. Costui, nato di miserabili,
doveva mettersi a difendere quell'ordine sociale, dal cui sovvertimento
i pari suoi non hanno che da guadagnare; mentre io doveva assalire e
minacciare quelle istituzioni che fanno la grandezza e la superiorità
del ceto da cui ho avuto origine. È un gran burlone il caso!
— E dunque, diss'egli poscia ad alta voce, siete soddisfatto della
vostra parte, e dei risultamenti dell'opera vostra? Non vi è mai venuto
in mente il pensiero che avreste fatto meglio per vostro interesse e per
la verità delle cose a prender posto nel campo nemico, e recare la
vostra attività, la vostra accortezza e il vostro coraggio a quelli che
ora combattete come avversarii? Supponete che le nostre due abilità si
fossero incontrate, poste d'accordo ed unitesi in uno scopo comune. Oh!
non vi pare che di grandi cose avremmo potuto ottenere?
Barnaba scosse il capo.
— Prendendo una falsa strada, dove volete che si arrivi se non ad un
precipizio?..... E per quella strada della ribellione sociale ho
cominciato ancor io... Anch'io fui un giorno un eslege, posto al bando
dal Codice Penale... Ed io pure pensai allora di gittarmi a capofitto
nella demoniaca baraonda dei ribelli sociali. Sapete che cosa me ne
trattenne? Fu l'odio che avevo contro il mio carnefice il saltimbanco.
Quell'uomo mi aveva non solamente torturato e guasto il corpo, ma
insudiciata, invelenita, adulterata, deturpata l'anima. Ogni fiore di
soave e dilicato affetto che vi spuntasse, egli l'ha inesorabilmente
schiacciato e calpesto. L'uomo in generale ed il povero, il plebeo in
particolare, mi apparve in lui la più trista creatura, un mostro da' più
turpi istinti, dalle più infami tendenze, una belva feroce che doveva
esser domata. L'onestà in me naturale si suscitò nell'orrore che provai
per quell'abbiezione in cui non la mia volontà, ma le circostanze mi
avevano precipitato, per quella scellerata corruzione del volgo che
s'incarnava per me nella persona di quel miserabile. Preferii passare
nella schiera dei domatori che rimanere in quella delle belve. Mi parve
che in ogni scellerato ch'io concorressi a far punire vendicassi ancora
la mia innocenza, la mia infanzia, la mia debolezza conculcate da
quell'iniquo. Non mi sfuggì nessuna delle ingiustizie dell'attuale
società: ma mi domandai spaventato che sarebbe dell'umanità, che sarebbe
del mondo, se un giorno prevalessero mai contro l'ordine stabilito le
scellerate passioni, le rozze nature e i brutali impulsi della plebe. Mi
posi per convinzione e a poco andare per diletto a quell'opera cui avevo
intrapresa dapprima per necessità. L'ardore della lotta e il
soddisfacimento del trionfo si aggiunsero a determinare viemmeglio la
mia vocazione... E chi meglio di voi rappresentò mai il genio del mal
sociale che noi siamo chiamati a combattere?
Il _medichino_ crollò il capo con sulle labbra un sorriso da incredulo.
— Gli è dunque per solo amore del vostro mestiere che voi foste così
implacabile mio cacciatore. È un bel zelo. Ed ora godete del vostro
pieno trionfo. Io sono condannato a morte; e voi siete venuto a gioire
della dolcezza di mirare in volto un uomo che avete tratto fino ai piedi
del patibolo. Non avete più nulla da desiderare nè da operare...
— No: interruppe Barnaba: l'opera mia a vostro riguardo non è ancora
finita. Io sono risponsabile della vostra persona fino all'ultimo. Ho da
consegnarvi _vivo_ alle mani del boia.
Gian-Luigi ebbe un lieve sussulto e lanciò al suo interlocutore uno
sguardo che era una saetta di fuoco; Barnaba lo sostenne immoto.
— Questo pensate che eziandio vi riuscirà; e veramente gli è ora il più
facile.
— Penso che voi tenterete ogni cosa per sottrarvi a quell'onta; ma io
veglierò....
Gian-Luigi ebbe nello sguardo un'espressione di ferocia da sbigottire
chiunque, e nella fronte gli si disegnò la ruga caratteristica del suo
furore.
— Non avete immaginato ch'io vi potrei strozzare qui stesso in questo
momento? diss'egli coi denti stretti.
Barnaba d'un balzo fu all'uscio a cui non si erano tirati i paletti, e
socchiudendolo lasciò vedere che quattro uomini stavano là appostati.
— Vedete se non ci ho pensato! diss'egli rabbattendo di nuovo l'imposta.
— Sta bene! Tutte le carte buone sono nel vostro giuoco. La società è
ben felice d'avere in voi un così previdente ed appassionato difensore.
Vi si darà una _gratificazione_.
Ciò detto il _medichino_ volse le spalle a Barnaba, come per significare
che non aveva nulla più da chiedergli nè da dirgli e che non desiderava
più nulla a lui si chiedesse o si dicesse.
Barnaba tuttavia non si partì; sembrava che alcuna cosa ancora gli
rimanesse da dire, ma fosse di un argomento cui ripugnasse
dall'abbordare.
Gian-Luigi di colpo fu preso da un'idea, che si può dire un
indovinamento. Si ricordò delle lunghe fermate di questo cotale sotto
alle finestre della casa abitata dalla Zoe, e dell'impressione che in
lui aveva creduto notare una volta al nome di quella donna. Gli si voltò
di bel nuovo ad un tratto e gli disse osservandolo bene:
— Voi dunque avete incominciato coll'abbandono dei vostri parenti, per
esser vittima d'un malvagio saltimbanco? È una strana rassomiglianza dei
vostri casi con quelli della celebre cortigiana, la Zoe.
A questo nome un lieve scotimento, un batter di ciglia manifestarono
un'interna impressione; fu mossa lievissima, ma Gian-Luigi la scorse.
— Voi la conoscete? domandò egli.
Barnaba esitò un momento.
— No: rispose poi con voce dimessa.
Stettero in silenzio per un poco ambedue, guardandosi come prima entro
gli occhi: ma questa volta Barnaba dopo alquanto chinò i suoi.
— Quella donna vi ama di molto: diss'egli quindi con una falsa
indifferenza nell'accento.
— Sì: rispose con alquanto d'enfasi il _medichino_.
— So che ha tentato di tutto per salvarvi; e la si lusinga vanamente che
la protezione del suo Principe valga a qualche cosa.
— Per giovarmi quella donna darebbe ogni cosa che possiede, e se
stessa....
Gian-Luigi s'accorse d'un nuovo sussulto di Barnaba tostamente represso.
— Ella s'è rivolta a demoni ed a santi di sicuro.... Mi stupisco che la
non sia venuta a cercare anche di voi.
L'emozione sempre validamente contenuta di Barnaba divenne tuttavia
ancora più visibile.
— No: diss'egli colla voce sorda: da me non è venuta.
— E se ci venisse?
— Ascolterei quello che la mi domanderebbe.
— E fareste?
— Ciò che mi permette il mio dovere.
— Ella desidererà certo vedermi e parlarmi....
— È impossibile.
— Forse la eloquenza di lei, se l'ascoltaste, saprebbe convincervi che
un uomo come voi può eseguire quest'impossibilità senza violare nessuno
dei suoi doveri.
Barnaba non aggiunse verbo, ed accennò ritirarsi.
— E la conclusione del nostro colloquio? gli domandò ironicamente
Gian-Luigi quando era già sulla soglia.
— Nessuna: rispose con tono di trionfo il poliziotto: oppure se vi piace
meglio, che voi siete un'altra volta sconfitto, ed io esco di qua con
una nuova vittoria. Io vi ho letto nell'anima; voi volevate penetrare
nel mio segreto, ed io parto di qua ancora un enimma per voi.
Uscì dopo queste parole.
— Un enimma! mormorò il _medichino_, guardando l'uscio che si era chiuso
dietro di Barnaba. Ne ho ben travisto il motto, ma lasciamogli credere
di no... Ah perchè Zoe ha obliato di rivolgersi a costui?..... Egli era
forse l'uomo da salvarmi.
E la _Leggera_ allora appunto pensava precisamente a riparare
quell'oblio.
Gian-Luigi aveva perfettamente indovinato il pensiero della Zoe: ella,
uscita appena dalla sala in cui aveva udito condannato a morte il suo
amante, s'era messa tosto all'opera per ottenere licenza di poter
parlare col _medichino_. Per prima cosa, come facilmente si può
indovinare, erasi recata dal Principe. Questi, a cui ella di frequente
ricordava la fattale promessa, la qual cosa cominciava ad essergli
uggiosa, l'accolse e le rispose colle mostre dell'impazienza e del
fastidio; al che la non troppo mite natura della cortigiana contrappose
lo sdegno e la minaccia. Badasse bene S. A. R. a non dimenticare il
giuramento che a lei aveva fatto, imperocchè se fosse per mancarci mai,
ella era tal donna da farne pagare al traditore, tuttochè principe, il
fio. Il Duchino sorrise, e volendosene liberare le diede tutte le
assicurazioni ch'essa volle e la congedò. Ella attese tutto il giorno e
tutta la sera il permesso di visitare il condannato, e non vedendolo
arrivare ed essendo corsa a palazzo per sollecitare, per richiamare
ancora il Principe all'esecuzione della fatta promessa, trovò che S. A.
aveva dato ordine non la si lasciasse più penetrare sino a lui.
Allora si ricordò di Barnaba, e volò alla carcere, domandando di
potergli parlare. Il sotto-ispettore la fece aspettare un quarto d'ora e
poi ordinò la s'introducesse in sua presenza.
La camera in cui la Zoe fu condotta non era illuminata che da una
lucernetta, i cui raggi erano ripercossi in giro da un coprilume.
Barnaba nascondeva la pallidezza della sua faccia nell'ombra che
stendevasi tutt'intorno a quel cerchio di luce riflesso dal cappelletto
della lampada.
— Signore, disse la cortigiana senza esitare, senza preamboli, senza
preparazione veruna, voglio vedere Luigi, e Lei può concedermi questo
favore... Non mi dica di no: lo so: e di ciò la prego, come chi crede
prega Iddio e la Madonna..... Bisogna ch'io lo veda stassera
medesima..... Ci sono mille incombenti da fare per ottenerne
regolarmente licenza... Non ho tempo..... Sono venuta da Lei..... Ella
ci ha fatto tanto male; ci faccia questo po' di bene... Le giuro ch'Ella
non sarà compromessa per nulla..... Nessuno ciò saprà mai..... si tratta
di un condannato a morte... d'un infelice che non ha più che un giorno
da vivere..... Lasci che un'amica, forse la sola che gli è rimasta,
possa recargli alcun conforto... Io glie ne sarò grata eternamente...
Nella mia debolezza di donna ho forse più influsso e potenza che altri
non creda; farò di tutto per esserle utile; qualunque cosa la mi
chiedesse io sarei pronta a fare per Lei.
La _Leggera_ pronunziò tutte queste parole colla foga della passione, e
con una certa impazienza della risposta; quando si tacque, attendendo la
decisione di quell'uomo, ella vide nell'ombra luccicare stranamente gli
occhi di lui ed udì una voce soffocata dirle con un tremore d'emozione:
— Qualunque cosa?..... Ella farebbe qualunque cosa per me?
Zoe era troppo esperta degli uomini per non comprendere tutta la
significazione di quello sguardo e di quell'accento: si trasse indietro
d'un passo, e parve sulla sua fisionomia accennarsi un sentimento
d'indignazione: ma fu un momento fugacissimo soltanto; si riaccostò a
quell'uomo, e levando verso di lui il suo fronte senza pudore,
guardandolo co' suoi occhi di cortigiana, gli disse con impudente
franchezza:
— Faccia Ella quel ch'io voglio; ed io farò quel che vuol Lei.
Barnaba si coprì colla mano gli occhi, come se quello sguardo della
donna gli fosse penoso, e stette un istante in silenzio; quando poi
abbassò la destra disse alla Zoe, schivandone la vista come se avesse
paura di guardarla:
— La sa che l'avvocato difensore è ricorso alla grazia sovrana, e il
_medichino_ avrà forse ancora due giorni di vita?
— Voglio vederlo stassera, subito: esclamò la _Leggera_.
Venne presso presso a lui, gli pose una mano sul braccio, e lo fulminò
colle fiamme più accese del suo sguardo promettitore di voluttà.
— E voglio parlargli da sola a solo: soggiunse abbassando la voce ed
assumendo un tono carezzevole come si farebbe per una confidenza
amorosa.
Un brivido corse per tutte le fibre di Barnaba. Tolse il suo braccio dal
contatto della mano di lei, e si fece in là; atterrò gli occhi e stette
immobile e muto nell'atto di una profonda meditazione.
— Quanto lo ama! pensava egli. Ebbene voglio udire una volta che accenti
ha sulle labbra d'una donna un amore come questo; vo' darmi questo
spasimo, io che non fui, che non sono, che non sarò amato mai!...
— Che cosa mi rispondete? domandò Zoe impaziente.
— Comincierò ad attenere i patti da parte mia: farò quel che volete voi,
e voi vi ricorderete la vostra promessa..... Parlerete da sola col
condannato.
Due minuti dopo, il _medichino_ veniva introdotto in quella stanza dove
la _Leggera_ era rimasta sola; ma Barnaba trovavasi appostato in un
segreto stanzino fatto a bella posta ed in modo che tutto quanto poteva
udirsi di quello che si dicesse nella camera del colloquio anche a
bassissima voce, e tutto pure poteva scorgersi di quanto vi avvenisse
per certi bucherelli con arte nascosti.
Ed ecco ciò che Barnaba vide ed udì.
Il _medichino_ entrò colla sua solita aria di superba indifferenza; ma
appena lasciato solo colla donna, questa gli si gettò al collo con
indicibile espansione d'amore, rompendo in lagrime ed altro non potendo
dire che chiamarlo per nome; e la faccia di lui espresse allora una
riconoscente e commossa tenerezza, mentre con qualche calore rispondeva
agli abbracci di lei.
— Calmati, calmati: diss'egli poi; qui conviene por tosto a profitto il
tempo che ci viene lasciato e che temo pur troppo non sarà lungo. Lo
sapevo che tu avresti compreso il mio sguardo e saresti venuta: lo
sapevo che avresti saputo superare ogni ostacolo.... Tu hai sedotto il
misterioso poliziotto....
— Venni a pregarlo, ed egli accondiscese....
— In esso avevamo uno strumento in nostro vantaggio, e non l'abbiamo
saputo adoperare...... Quell'uomo ha per te una passione tanto più
forte, quanto più è nascosta.
Barnaba nel suo ripostiglio trasalì, strinse i pugni da piantarsi le
unghie nella carne delle palme e si morse le labbra.
— Parliamo di noi, Luigi, parliamo di te.
— Sì: è quello appunto ch'io voglio.... L'hai udita la fatale
parola...... Per me la è finita... Ma ad ogni costo io non vo' salire
l'infame scala dell'infame patibolo, e tu mi ci hai da sottrarre..... Tu
sola lo puoi oramai, e confido in te sola.
— Hai ragione, ed io ti salverò: son venuta apposta per dirtelo.... No,
non credere che tu abbia da morire.... È impossibile. Piuttosto darei
fuoco alla città..... Quel Barnaba mi ama; ebbene me gli venderò a
prezzo della tua fuga.... Il Principe è un infame..... ma pure mi ha
giurato che t'avrebbe salvo..... Andrò a ricordargli il suo giuramento
in mezzo a tutta la Corte.... Andrò a gettarmi ai piedi del Re, ed esso
ti accorderà la grazia....
Il _medichino_ scuoteva tristamente il capo.
— No, diss'egli, la fuga è impossibile, la grazia non la voglio: questa
mia vita è giunta proprio al suo termine, così dev'essere, e così mi
piace che sia. Prima ancora della sentenza dei giudici io mi era
condannato da me medesimo alla morte; ma questa non ha da essere lo
spettacolo d'un volgo feroce, che accorra a bearsi, come ad una festa,
della mia ignominiosa agonia; l'ultimo mio sguardo non ha da fermarsi
sopra una fitta di faccie avidamente tese da una curiosità infame. Vo'
liberarmi da onta siffatta, e sei tu che devi recarmi questa libertà.
Pose le sue labbra sull'orecchio della Zoe, e timoroso che altri potesse
udir mai, le parlò così sommesso che a Barnaba non giunse più che un
bisbiglio confuso: le parlò a lungo, ed ella mostrò orrore, ripugnanza,
parve riluttare, scongiurare; ma all'insistenza calorosa di lui finì per
cedere.
— Ebbene, si lasciò ella sfuggire di poi a voce abbastanza alta da
essere intesa. Se non ti potrò recare la salvezza, farò quello che vuoi.
— Ricordati che di grazia non ne voglio!.... Ti attendo adunque
all'estremo momento... Tu me lo prometti sull'anima tua?
— Te lo giuro.
— Ed io ti benedirò per quell'ultimo bacio.
Zoe gettò le braccia al collo di lui, ed appoggiando il viso al petto
ruppe in pianto, e pianse a lungo disperatamente, mentr'egli con amorose
parole cercava confortarla. Non era più la vile cortigiana, era la donna
che ama. Egli chinò il volto sul capo di lei e le susurrò colla sua voce
incantevole dolcissime parole d'amore. Quella loro mutua, tenera
effusione fu interrotta ad un punto dallo scalpito d'un passo: si
voltarono e videro la scialba figura di Barnaba dritta sulla soglia.
Luigi si sciolse dall'amplesso di Zoe, e disse freddamente:
— Il nostro colloquio ha da esser finito.... Addio e coraggio: è tempo
di separarci.
— Di già? esclamò la donna addolorata; e volgendosi verso Barnaba, gli
domandò: è egli vero? Voi venite a disgiungerci?
Il poliziotto fece gravemente cenno di sì.
— Ma vi lascierete tuttavia impietosire dalle mie preghiere, e ci
concederete ancora un po' di tempo, una mezz'ora solamente, un quarto
d'ora?
Barnaba scosse la testa in segno inesorabilmente negativo.
La _Leggera_ avrebbe forse pregato ancora: ma il _medichino_ non gliel
permise.
— È superfluo insistere: diss'egli vivamente: separiamoci.... E tu, Zoe,
ricorda le mie parole!... Conto assolutamente su di te per l'ultimo
addio, per l'ultimo amplesso!
Pronunziò queste parole con ispeciale espressione, e senza volgere a
Barnaba uno sguardo, nè un cenno, camminò verso l'uscio, dove comparvero
i soliti quattro secondini.
— Sia ricondotto alla sua carcere, comandò il sott'ispettore.
Zoe e Gian-Luigi scambiarono ancora uno sguardo in cui mille cose si
contenevano, e il prigioniero scomparve nell'oscurità del corridoio, in
cui metteva l'uscio di quella stanza. S'udirono per un poco i passi di
lui e de' suoi accompagnatori suonare cupamente sotto le vôlte, poi
tutto ridivenne silenzioso come la tomba.
Barnaba e la Zoe erano di nuovo faccia a faccia e soli in quel silenzio
notturno.
Ambedue avevano ancora qualche cosa da dirsi e capivano che una maggiore
spiegazione era necessaria fra di loro, e provavano una difficoltà
grandissima a trovar le parole.
Fu Barnaba che incominciò. Venne presso alla donna e le disse con voce
sommessa, come se avesse vergogna egli stesso d'udire le sue parole:
— Io feci quel che voleste; a voi ora il mantenere la vostra promessa.
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