La plebe, parte IV - 38

lo faceva introdurre presso di sè, e sola con lui nel suo gabinetto lo
invitava a spiegarsi sollecito, già sperando e indovinando che quel
misterioso individuo le dovesse parlare di cose attinenti a Luigi.
E così era diffatti. Scioltosi dalle falde del mantello, quell'uomo
lasciò vedere una faccia volgare e rozza, che era quella d'un guardiano
delle carceri. Fu già detto come quella potente associazione di
malfattori che chiamossi la _cocca_, e della quale forse vive ancora
qualche rimessiticcio, avesse affigliati ed aderenti in varie parti ed
in diverse condizioni sociali, così bene che anche negli uffici della
pubblica sicurezza ed in grado non tanto inferiore eravene alcuno da cui
partirono que' certi avvertimenti di cui il _medichino_ non seppe
approfittare. Ora la fortuna di Quercia volle che fra i guardiani a cui
era affidata la custodia di un sì importante prigioniero fossevi,
chiamato da poco tempo a prestar servizio in quelle carceri, uno di quei
subalterni soci della trista setta, e quell'altro in superior grado
costituito lo sapesse. È facile capire come, grazie a loro particolari
segni di riconoscimento e mezzi particolari di corrispondersi e
d'intendersi, anche senza parola viva, fra i componenti della _cocca_,
il _medichino_ e quel cotal guardiano si mettessero in rapporto, e il
secondo si decidesse e promettesse di servire ciecamente il primo. Era
dunque per mezzo di costui che già una prima volta Quercia aveva scritto
poche righe alla Zoe, ed era questo medesimo ch'egli ora le mandava con
una lettera in cui spiegava tutto il disegno da lui immaginato nella
solitudine della sua carcere per riconquistare colla fuga la libertà.
Anche Gian-Luigi sapeva che il capoguardiano avrebbe acconsentito a
favorire il loro intento dove se ne fosse compra con una buona somma la
fedeltà al Governo che lo pagava poco. Quando la cosa fosse intesa con
costui, bisognava procacciarsi delle false chiavi che aprissero la
carcere del _medichino_, il cancello in ferro del pianerottolo, quello
al fondo della scala. Nel corridoio a pian terreno esisteva una
porticina che non si apriva mai, ora stata murata, la quale metteva nel
cortile verso la Corte d'Appello, che allora si chiamava Senato; anche
di questa porticina bisognava fabbricare le false chiavi, poi una data
notte, ad una certa ora verso il mattino, quando è più silenziosa la
terra e più pesante il sonno degli uomini, il capoguardiano avrebbe
disposto le cose in guisa che i più zelanti e i più da temersi de'
custodi fossero allontanati e il vegliare incombesse a quello che era
addetto alla _cocca_. Questi avrebbe aperto pian piano la carcere di
Quercia, i cancelli e la porticina del cortile, e per questa il
_medichino_, vestito come un guardiano ancor egli, con abiti che il capo
medesimo dei custodi gli avrebbe procurati, sarebbe venuto sotto l'atrio
del palazzo della _Curia maxima_, dov'era facile aprire dall'interno il
portone. Per scender le scale bisognava bene passare nella stanza del
capoguardiano, ma questi avrebbe dormito d'un sonno di piombo. Una
carrozza sarebbe stata aspettando nella vicina piazza Susina, ora di
Savoia, e, appena salitovi il fuggitivo, di galoppo via fino a qualche
sicuro ricovero lontano di città, dove si sarebbe fatto trovare armi,
vestiti e mezzi di mascherare le proprie fattezze a Gian-Luigi, il quale
giurava che una volta fuori dalle unghie della giustizia non avrebbe più
lasciato che lo riafferrassero vivo a niun patto. Per ottenere le false
chiavi, Quercia scriveva si cercasse di un certo Andrea, cui Maddalena,
la serva di Pelone, conosceva per bene, come frequentatore di quella
bettola, il quale non si sarebbe rifiutato di certo, mentre non era gran
tempo, per un servizio che Gian-Luigi gli aveva reso, s'era protestato
disposto a fare per lui qualunque cosa.
Il custode affiliato alla _cocca_ già aveva preso le impronte di cera
necessarie all'uopo e insieme colla lettera le recava alla Zoe, la quale
lo congedava stimolandone con larga rimunerazione lo zelo. Non si
trattava più che di procurarsi i denari occorrenti, e la cortigiana già
pensava far capo per ciò al conte ed alla contessa Langosco, quando
ricevette la letterina di quest'ultima, che preveniva i desiderii e le
intenzioni della _Leggera_.
Giunto il mattino, Maddalena, che era necessario mettere a parte del
segreto e mandare in traccia di quell'Andrea, fu mandata chiamare dalla
Zoe; ed ecco di qual guisa avvenisse che quelle tre donne si trovarono
riunite nella stanza da letto della cortigiana.
La contessa e la cortigiana non si dissero mica tutti questi particolari
che son venuto esponendo; ma quella disse essere a sua cognizione in
modo positivo che l'Ispettore avrebbe lasciato fare, il capoguardiano
avrebbe potuto fare se qualcuno sapesse in bella maniera offrire a
quest'ultimo un certo numero di migliaia di franchi: ella avrebbe
provvisto il denaro, delle trattative con quell'uomo s'incaricasse la
Zoe: questa a sua volta confessò i tentativi già avviati, narrò che essa
tosto, di quel giorno medesimo, avrebbe cominciato l'assalto contro il
capo dei custodi, la Maddalena lì presente si sarebbe posta alla ricerca
di tale che era alla riuscita dell'impresa necessario, conchiuse, tutto
raggiante in volto d'una lieta speranza, che fra una settimana sperava
libero il _loro caro_ e finite per _tutte_ le angoscie.
— Ed Ella, signora contessa, soggiunse tendendo una mano a Candida, sarà
in possesso di quelle carte che tanto le premono.
La contessa esitò, poi non osò rifiutarsi a toccar quella mano, vi pose
dentro appena la punta delle sue dita inguantate e sentì a quel lieve
contatto serpersi nelle vene un brivido: le parve affermata la vergogna
della sua fratellanza con quella donna venduta.
In sul punto d'accomiatarsi, ella, per un atto quasi macchinale, alzò il
velo e mostrò la sua faccia impallidita e dimagrata in que' pochi
giorni, i suoi begli occhi ardenti di febbre in fondo alle occhiaie
contornate da un livido cerchio, la sua tanta bellezza fatta ora mesta,
severa, quasi direi solenne dalla espressione del dolore e dall'impronta
della sventura. Maddalena, che non aveva parlato più, e che stava sempre
osservando con occhi ostilmente avidi la contessa, frenata soltanto ne'
suoi nimichevoli sentimenti e propositi dalla presenza della Zoe, come
un animale selvaggio dalla tema del suo domatore, al vedere finalmente
scoperte quelle sembianze che tanto anelava esaminare e trovandovi tanta
bellezza, mandò un'esclamazione in cui c'erano insieme rabbia, stupore
ed una involontaria ammirazione, e si cacciò innanzi verso la nobile sua
rivale come un nemico che assale un nemico. Candida sorse in piedi e si
trasse in là con mossa di imponente fierezza, ma non scevra di
inquietudine.
— Maddalena! gridò in tono di comando la Zoe, e la giovane plebea si
arrestò; ma i suoi occhi mandavano lampi di odio da far paura.
— La riverisco: seguitò la Zoe, parlando alla contessa. Se la avrà
alcuna cosa da comunicarmi, non iscriva, la prego, ma mi mandi chiamare
o si degni disturbarsi per venire da me; io farò il medesimo quando
abbia notizie da apprenderle.
Candida fece un lieve cenno del capo che poteva passare insieme per
un'espressione di consentimento e per un saluto, abbassò di nuovo e
rattamente il velo sulla faccia ed uscì.
Maddalena fece un balzo dietro di lei, come se le volesse piombare
addosso e ghermirla.
— Ebbene? che cosa fai? Le domandò la Zoe con un certo sorriso sulle
labbra di porpora.
— Non vorrei lasciarla partire senza piantarle su quella bella faccia lo
stampo delle mie unghie.... Esclamò con accento pieno di ferocia la
Maddalena. Ah! la è bella davvero la superba!... Avrei voluto
levargliene e bellezza e superbia.
— Sta, sta: disse con quel suo sorriso la cortigiana. Quella bellezza è
già di molto danneggiata, e quella superbia non hai visto come si
contorceva spasimando sotto l'umiliazione?
Di quel giorno medesimo, come Zoe aveva annunziato avrebber fatto, le
due donne si misero all'opera. Il destino parve volerle favorire. La
seduzione del capoguardiano non fu difficile; e Maddalena, guidata
proprio da una felice ispirazione, non tardò ad incontrare Andrea. Ella
aveva udito raccontare come al tempo della catastrofe ond'era stato
colpito il povero operaio, i bimbi di costui fossero stati ricoverati
nell'Asilo infantile, e con accortissimo consiglio la si pose a
gironzare intorno a questo stabilimento, sicura che il misero padre ci
sarebbe capitato. E diffatti nella mattinata medesima lo vide.
L'infelice appena era riconoscibile. Il dolore lo aveva invecchiato di
dieci anni, e gli stenti della miseria, che continuavano per lui più
crudeli che mai, gli venivano inaridendo le fonti della vita. Maddalena
con molto acume aspettò ad accostarlo e parlargli quando egli uscisse
dall'asilo, dopo aver visti i figli. La capì che prima egli non sarebbe
stato molto disposto ad ascoltarla, ed avrebbe accolto con impazienza
una compagnia ed un discorso che gli avrebbero ritardato la gioia —
l'unica sua gioia oramai — di vedere ed abbracciare i bambini.
Quando adunque Andrea se ne venne fuori (e la sua faccia era più lieta,
meno velati i suoi occhi) Maddalena gli si appressò, e fece come se
l'incontrasse per caso, interrogandolo di lui e delle cose sue,
compiangendolo forte, e con quelle parole di pietà che ogni donna sa
trovare, delle avvenutegli disgrazie.
— Ed ora, gli domandò poi, avete trovato lavoro?
— No: rispose mestamente l'operaio; non ho potuto ancora allogarmi
presso nessuna fabbrica. Manca il lavoro; i principali mandano via i
buoni operai, altro che prenderne un tristo, come oramai ho il nome
d'esser io... come sono: soggiunse con un amaro scoraggiamento. Ho
vissuto sinora aiutando qualche mio amico facchino a portar legna... E
tutto ieri non ho potuto fare neppur questo... Ma che importa? (schiuse
le labbra ad un doloroso sorriso). Per me non me ne fa più nulla, e i
miei bambini hanno pane, vesti e ricovero.
— Pover'uomo! disse la Maddalena veramente impietosita. Vuol dire che
non avete mangiato...
Andrea curvò il capo e levò le spalle con atto che voleva dire:
— La è proprio così, ma ci sono avvezzo oramai.
— Siete avviato in qualche luogo dove abbiate da recarvi? domandò la
giovane.
— No: rispose l'operaio con quella sua tranquillità rassegnata che
pareva apatia. Non ho da andare in nessun luogo, non ho nulla da fare.
— Ebbene, venite meco; ho certe cose da far trasportare, e voi siete
appunto l'uomo che ci vuole. Intanto avrete da colazione.
Andrea nè ringraziò, nè disse pure una parola, ma seguì passivamente la
Maddalena, che lo condusse dove aveva ora la sua dimora, cioè nel
misterioso quartieretto di Bancone.
— Che cosa debbo fare? domandò l'operaio introdotto colà dentro.
— Prima di tutto colazione: disse la Maddalena, facendo sedere Andrea ad
una tavola e mettendogli innanzi cibo e bevanda.
Quando Andrea ebbe mangiato e bevuto come un affamato che da
ventiquattro ore non ha più avuto un boccon di pane sotto i denti, come
un beone che da molti giorni non ebbe più un fiasco di vino in sua
balìa, si alzò e disse con voce più sicura e più forte di quella che
avesse prima:
— Or bene, che cosa volete ch'io faccia?... Ora mi sento ritornate le
mie forze e capace di sollevare quanti _rubbi_ volete.
Guardò intorno ed esaminò l'eleganza del quartiere in cui si trovava.
— Cospetto! Siamo a casa di qualche principe, qui.... E che cosa ci fate
voi, Maddalena? Siete venuta a servire dei ricconi....
Maddalena fece un superbo sorriso, e non resistette alla vanità di dire:
— Io qui non sono serva, ma padrona....
Andrea allargò tanto d'occhi, e la guardò con una meraviglia che toccava
al sospetto.
— Davvero!... Mi rallegro con voi.... Or dunque, serva o padrona che
siate, qual cosa posso io fare per voi?
La giovane, istrutta dalla Zoe che aveva ricevute le comunicazioni di
Quercia, prese Andrea ad un braccio e gli disse:
— Vi ricordate voi di chi vi salvò la vostra Paolina dal coltello di
quei cannibali e ve la fece sotterrare da cristiana?
Le guancie d'Andrea, colorite dall'abbondoso pasto che aveva fatto pur
allora, impallidirono; gli occhi si velarono di nuovo, e la voce tornò
profonda ed affiocata.
— Che venite voi a rammentarmi? disse recandosi la mano alle ciglia come
se volesse ripararsi dalla vista del cadavere di sua moglie sulla tavola
di marmo cui le parole di Maddalena gli rievocavano dinanzi. Pur troppo
che ricordo tutto.
— Ricorderete adunque eziandio la promessa che avete fatto: «Se alcuno
di voi ha bisogno d'un uomo...»
— Ebbene? domandò Andrea interrompendo: v'è uno di quei due che abbia
bisogno di me?
— Sì... Non sapete che il dottor Quercia fu arrestato?
— Ah! è vero: esclamò l'operaio, battendosi la fronte, e con tono di
rampogna verso se stesso per non averci pensato.
— Bisogna salvarlo.
— E ci posso io qualche cosa?
— Tutto.
— Che debbo fare?
Maddalena gli pose innanzi le impronte di cera.
— Fabbricar le chiavi che devono aprirne la prigione.
Il ferraio indietrò come se vedesse uno spettro, e le sue chiome
scarmigliate gli si drizzarono sulla fronte.
— No, gridò egli, non questo... Domandatemi il mio sangue, ma non ciò.
Egli si era riveduto di botto nel sotterraneo a fabbricar le chiavi che
avevano servito per l'assassinio di Nariccia; gli pareva veder sulle sue
mani spuntare a chiazze un sudore di sangue — di quel sangue che senza
di lui non si sarebbe versato.
— Perchè non questo? domandò la Maddalena.
— Perchè ho giurato che mai più non avrei fatto opera simile.
— Avete pure giurato di far qualunque cosa per la salute del vostro
benefattore. Dura così poco in voi la riconoscenza?
Andrea non riluttò più a lungo. Si credeva realmente obbligato da quella
sua promessa. Di quel giorno si provvide di tutto il necessario, e nella
notte susseguente le chiavi furono fatte nella cucina del quartieretto
medesimo cambiata in laboratorio.
Al mattino Maddalena le portò trionfante alla Zoe che l'abbracciò e la
baciò con trasporto.
— È salvo: esclamò brandendo quelle grosse chiavi la cortigiana.
E le cose in fatti s'avviavano il meglio che si poteva desiderare in
favore di Gian-Luigi. Il capo-guardiano era stato il più arrendevole
uomo: e sollecitato anche dal conte Langosco, il quale aveva pensato del
pari dirigersi a lui, vendeva a costui ed alla cortigiana, all'insaputa
l'un dell'altra, l'opera sua. S'era già cercato il luogo di rifugio, la
Zoe aveva indotto Bancone a mettere a disposizione di lei una sua
carrozza con due cavalli, quella notte ch'ella avrebbe voluto, per
andare dove a lei piaceva e guidata da un uomo di tutta fiducia della
cortigiana: le tre donne credevano fermamente al successo, e nella loro
febbrile aspettazione cominciavano a rallietarsi. Ma per loro sventura e
per quella del _medichino_, la Zoe s'era dimenticata della
raccomandazione fattagli da Gian-Luigi nel primo bigliettino scrittole
dalla carcere, di tener d'occhio Barnaba e studiarlo per iscoprire il
movente della sua condotta. Ella, il poliziotto, non l'aveva visto più,
e l'aveva dimenticato: ma non avevala dimenticata egli, che, dopo le
fatiche di quella sera dell'arresto, rimasto due giorni nuovamente a
letto per rimettersene, erasi poi dato colle maggiori cautele del mondo
a spiare i passi e la casa della cortigiana. Vide così un uomo con
troppa cura celato il viso introdursi alcune volte nella casa di Zoe, la
sera: non lo riconobbe punto per un guardiano delle carceri, ma dubitò
che gli era qualche messo segreto per intrighi a vantaggio del
_medichino_: un'altra volta vide la Maddalena sgusciar lesta sotto il
portone della abitazione della _Leggera_: indovinò subito che all'antica
serva di Pelone la cortigiana aveva affidate le lettere tanto cercate, e
che importava quindi massimamente apprendere dove la ragazza si
nascondesse e là poi pigliarla al covo. Ma per quella volta non gli
venne fatto, perchè le due donne uscirono insieme in carrozza, ed egli
che aveva aspettato per codiarle, dovette rinunziare al proposito di
seguitarle. Una più importante scoperta ancora gli venne fatta: e fu una
mattina che vide per tempo uscire, assai modestamente vestita, la Zoe
con un fitto velo sulla testa da coprirsene le sembianze, sola, a piedi
e con certa aria di premura e di mistero da destare sospetti non che nel
furbo poliziotto, ma in ognuno che di quella donna conoscesse le
abitudini ed il modo di vita.
Barnaba la seguì e la vide entrare in una delle più vicine chiese, e
colà recarsi difilata nell'angolo più scuro d'una delle più riposte
cappelle. Non era impossibile che un impulso di divozione la menasse
colà — cotali donne ne hanno pur tante di stranezze! — ma il poliziotto
ci credeva poco. S'accostò pian piano, nascondendosi bene dietro i fusti
delle colonne e stette a sorvegliare, atteggiato in guisa che ognuno
l'avrebbe preso per un ascetico credente che non pensa se non alla
salute dell'anima sua.
Non dovette rimanere lungo tempo in attesa. Un uomo, guardandosi attorno
con molla cautela, si venne accostando alla Zoe velata; e
inginocchiatosele presso, ebbe con lei un colloquio bisbigliato, breve,
ma in apparenza vivace. Barnaba stette col viso affondato nelle mani,
come assorto nella più ardente preghiera, ma d'infra le dita il suo
sguardo non si staccava dai due colloquenti. Quando uscirono, la donna
prima e per una porta, l'uomo dopo e per un'altra parte, Barnaba lasciò
andare la Zoe e tenne dietro al maschio; lo vide entrare nelle carceri,
e riconobbe il capoguardiano. Senza perdere un minuto, egli corse dal
signor Commissario Tofi e gli parlò vivamente per un quarto d'ora. Il
Commissario, dopo uditolo, si recò in fretta dal Ministro degl'interni.
Era fissata la notte e l'ora della fuga: tutto pareva andar sempre a
seconda. L'ispettore, da qualche giorno malato, non s'era più fatto
vedere: il capo dei custodi aveva disposto le cose nel modo che s'era
voluto; le chiavi erano in mano al custode affiliato alla _cocca_, ed
erano già state provate nelle serrature.
Giunto il momento, la Zoe era nella carrozza ferma in piazza Susina,
dove sedeva a cassetta uno degli uomini scampati all'arresto dei
malfattori; la Maddalena che ce l'aveva accompagnata, era discesa e
venuta, impaziente, fino alla piazzetta davanti alla Corte d'Appello,
aspettando da un momento all'altro vedersi aprire il portone e venirne
fuori Gian-Luigi. I minuti sembravano ore, ed ore di tormento. Alla fine
credette udire nell'interno un lieve rumore di passi, un bisbiglio
soffocato di voci. Si curvò alla toppa, vi pose avidamente l'occhio, ma
per l'oscurità non vide nulla: vi appoggiò l'orecchio, e udì in modo
affatto distinto i passi di due uomini che camminavano pianamente e
venivano accostandosi; le parve di riconoscere, riconobbe di certo il
passo di Gian-Luigi. Il cuore le balzava in petto da farle male: ma
sull'ansietà oramai prepoteva l'emozione della gioia, più che la
speranza, la sicurezza della salute di lui. Tutta intenta a ciò che
succedeva sotto l'atrio del palazzo di giustizia, Maddalena non badava
ad altro più, non avvertiva ciò che aveva luogo sulla piazzetta in cui
ella si trovava: ed era che sei uomini in montura di carabinieri
sbucavano fuori dalle cantonate e s'accostavano con passo sospeso essi
pure verso il portone a cui la giovane stava origliando, preceduti da un
uomo in abiti borghesi che pareva guidarli.
Ad un punto Maddalena fu riscossa da un grido di donna, che scoppiò
sull'angolo della strada che va nella vicina piazza Susina.
— Salvati! — fu il grido — siamo perduti!
Era la Zoe, che non potendo più reggere alle mosse, era discesa di
carrozza, e veniva a vedere essa pure; e sopraggiungendo vedeva gli
agenti della forza pubblica stringersi intorno alla sua complice innanzi
al portone.
Maddalena sussultò, si volse, vide gli uomini e il luccicar delle armi,
fu per mandare un grido ancor essa; ma l'uomo in panni da borghese d'un
balzo le fu sopra, e senza dir pure una parola le pose violentemente una
mano sulla bocca, mentre due carabinieri prendevano la donna alle
braccia, ed a forza la tenevano ferma.
La _Leggera_ vide quell'uomo senza uniforme volgere verso di lei una
faccia scialba ed uno sguardo di fredda ed ironica minaccia, e gli parve
riconoscerlo.
— Sempre colui! si disse quasi spaventata. Ma chi è egli?... che vuole
da me?
Fuggì presa da un terrore strano, si gettò nella carrozza e la fece
partire di galoppo senza aspettare altro. Ogni speranza di poter salvare
Luigi, per allora, era perduta.
E Maddalena frattanto udiva — ora con angoscia — gli sforzi che facevano
quei di dentro per aprire il portone, e non poteva in niun modo
avvisarli.
Il portone finalmente si aprì e comparvero due uomini: quattro
carabinieri e Barnaba (poichè Zoe aveva veduto bene, e l'uomo in abiti
borghesi era lui) si precipitarono addosso al più giovane, che,
disarmato e preso all'improvviso, non potè far resistenza.
Egli riconobbe altresì Barnaba.
— È dunque fra noi una partita a morte? disse col suo disdegnoso
sorriso.
Barnaba fece un cenno affermativo col capo.
— La prima giuocata l'avete vinta voi, soggiunse, grazie al pugnale di
_Graffigna_: ma non l'avete vinta abbastanza bene. Ora la rivincita e la
decisiva a me.
Gian-Luigi salutò, come in un assalto cortese, un campione toccato dal
fioretto dell'avversario.
La Maddalena, libera la bocca dall'imbavaglio, gli occhi umidi di pianto
fissi con immenso desiderio e amore e rimpianto sul viso alquanto
impallidito del suo diletto, mandò una voce ed un singhiozzo:
— Oh mio Luigi! gemette ella.
Il _medichino_ le si volse con espressione di molta pietà e di molta
amorevolezza.
— Povera Maddalena! esclamò. Ora eccoti in trappola anche te.
Gettò uno sguardo pieno di rincrescimento nello scuro della notte
traverso il portone, là dove nella strada si stendevano i giallognoli
raggi d'un lampione, e represse un sospiro. Là era la libertà; ed egli
era venuto proprio fino alla soglia a contemplarla, Tantalo della
medesima.
— Ah di me non importa: disse con vivacità di sentimento che poteva
dirsi sublime la giovane plebea. Potessi aver salvato te, ed a me poi
accadesse qualunque peggior cosa del mondo.
Gian-Luigi non la ringraziò che con uno sguardo, ma era uno sguardo
d'ineffabile tenerezza, onde tutta ella si sentì commuovere.
— Costui, comandò Barnaba accennando il _medichino_, sia per ora
ricondotto nella sua prigione; ma stia sulla sua porta un uomo di
guardia fino a nuovo avviso; questo traditore (ed era il custode che
additava) sia subito messo ai ferri e nella stanza di deposito; così
pure si faccia al capoguardiano. Quanto a voi, bella giovane, prima di
trovar domicilio alle _Torri_[3] vi darete l'incomodo di condurci alla
casa dove ora avete dimora.
[3] Carcere per donne.
Maddalena incrociò le braccia al petto con atto pieno di risoluzione, e
disse fieramente:
— Dov'io dimori da me non lo saprete mai.
Barnaba sorrise con espressione d'ironica superiorità.
— Non abbiamo più bisogno d'apprenderlo, carina, disse con ischerno, e
son io medesimo che avrò l'onore di guidarvici, caso che aveste
disimparata la strada.
Così Gian-Luigi, furibondo, ma nascondendo, per la forza della volontà,
il furore sotto le mostre della maggiore indifferenza, fu ricondotto
nella carcere e custodito con una sentinella alla porta; e Maddalena
venne da Barnaba fatta camminare sino al segreto quartierino di Bancone,
dove il poliziotto da due giorni sapeva che la giovane si rimpiattava.
Colà dopo un'accurata perquisizione nel locale e sulla persona medesima
della giovane arrestata vennero scoperte le lettere e prese da Barnaba
lieto e trionfante.
Maddalena fu condotta poscia in prigione ancor essa. La Zoe non s'era
ridotta a casa sua, ma per misura di prudenza erasi ricoverata presso
l'A. R. che concorreva in parte principale a mantenerne lo sfarzo, e con
cui una lite recente, come abbiam visto, aveva da parecchi giorni
interrotti i rapporti. Sapremo poscia se la cortigiana placasse e come
l'ira principesca.
Il domani, di buon mattino, il conte Langosco riceveva un invito di
recarsi dal generale Barranchi, e andatovi sollecito gli venivano
rimesse le lettere tanto desiderate. Il marito di Candida tornò
frettoloso a casa, e si ridusse nel salottino di sua moglie, solo con
lei. Chiusi ben bene gli usci, trasse fuori l'involto, e lo gettò con
mossa piena di supremo disprezzo alla moglie.
— Guardate se le ci son tutte: disse con voce piena di fiera ironia.
La contessa sciolse l'involto con mani tremanti, ed un vivo rossore la
colorì sino alla radice dei capelli.
— Ci sono? ripetè il marito, guardandola con occhi da far abbassare
qualunque più audace pupilla.
— Sì: rispose fiocamente la misera.
— Bene! Che cosa volete farne?... Conservarle come un oggetto prezioso?
Gettatele sul fuoco, madama, per Dio!
Candida allargò le mani e le lasciò cadere nel focolare.
— Ammirate la mia discrezione, _madama_, soggiunse il conte con ghigno
insopportabile a vedersi, mentre guardava le fiamme consumare quei
fogli. Non mi sono dato nemmeno il gusto di ammirare un solo di questi
vostri periodi d'una prosa certo eloquentissima.
La donna curvò il capo e si tacque.
— Spero che la lezione vi basterà, continuava il conte, e che andrete
più guardinga altra fiata nell'espansione letteraria de' vostri
sentimenti.
Colla punta dello stivale ond'era stupendamente calzato il suo piede
piccolo e sottile di forma aristocratica, spinse in là verso il fuoco un
foglio che era caduto sulle ceneri.
— Le lettere sono state restituite da quella donna: disse con fievol
voce la contessa, non osando levar gli occhi. È dunque riuscito a
fuggire quell'..... infelice?
— Ah ah! E' vi sta bene a cuore tuttavia: esclamò Langosco scaldandosi
le mani alla fiammata.
Non rispose altro; ma dopo un breve silenzio, smesso il ghigno e
l'accento ironico, disse con piglio e voce severi:
— Per questo scorcio d'inverno, signora, vivremo qui, come per lo
passato. Giunta appena la primavera, io avrò bisogno di fare un viaggio,
poi nella state di prendere i bagni: e l'inverno venturo, se Dio mi dà
tanta vita, conto andarlo passare a Parigi. Voi, al primo sbocciar delle
foglie, andrete nel nostro castello, e di là — me vivo — non vi
muoverete più..... Le ragioni d'interesse sono già belle ed aggiustate
mercè quelle carte a cui voi non è molto metteste la vostra firma.
Candida non disse una parola, non fece un movimento. Il conte, poichè
tutte consumate dal fuoco erano le carte, s'avviò lentamente all'uscio
per partirsi; quando fu alla soglia, già colla mano alla gruccia della
serratura, si volse e disse; con crudele freddezza:
— No, quell'assassino non ha potuto fuggire. Ei fu rimesso in carcere e
sarà impiccato... Che è ciò che gli spetta per ogni verso.
Ed uscì.
Quel giorno medesimo in cui Barnaba, mercè l'attenta sua sorveglianza,
capiva che il tentativo di fuga doveva farsi nella notte e riusciva a
sventarlo; quel giorno per la prima volta Maurilio si levava a sedere
sul suo letto, e smesso il parlare interrotto del delirio, e i moti
scomposti, domandava di parlare al marchese, al quale aveva
un'importante rivelazione da fare.


CAPITOLO XXVII.

Pensatevi qual rimanesse il marchese di Baldissero quando Maurilio gli
ebbe rivelato che il possessore dell'altra metà di quella lettera che
Nariccia aveva stracciato per servirsi a dare un contrassegno di
riconoscimento dell'abbandonato figliuolo della contessina Aurora, era
il giovane conosciuto in Torino sotto il nome di dottor Quercia; che
quindi quest'esso era il fanciullo smarrito che le circostanze avevano
fatto supporre un istante fosse egli stesso, Maurilio.
Il marchese ben sapeva ciò che ignorava l'infermo, tenuto segregato dal