La plebe, parte IV - 34

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La cortigiana guardò con aria di superba superiorità i domestici, e
soggiunse fieramente:
— Andate dire alla vostra padrona che sono la Zoe, detta la _Leggera_,
che ho da dirle cose che la riguardano molto da vicino, e che non mi
parto di qua senza averle parlato.
Candida che sapeva pur troppo qual unico punto d'attinenza esistesse fra
sè e quella donna, indovinò riguardo a che ed a chi le si voleva
parlare: e benchè una grande ripugnanza fosse in lei a mettersi a
contatto con simile rivale, la curiosità, l'ansia, il pensiero di
apprendere qualche importante circostanza, la paura d'uno scandalo
fecero ch'essa tal ripugnanza superasse, e la Zoe venne introdotta nella
camera da letto della contessa di Staffarda.
Quelle due donne di sì diversa classe, educazione e qualità, che ora si
trovavano a fronte per sì strano giuoco di caso, già si conoscevano di
veduta, già, senza che paresse, incontratesi parecchie volte per istrada
ed a teatro, s'erano esaminate con occhio di rivali, non ostante la
immensa distanza che ne separava la condizione, ed avevano recato l'una
dell'altra reciproco, dispettoso e sprezzante giudizio della bellezza.
S'erano odiate: la Zoe perchè nella nobile dama invidiava quella
superiorità sociale contro cui, anche in lei, si ribellava il sangue
plebeo; la contessa perchè con vergogna sapeva che la vil cortigiana le
disputava l'amante. Si disprezzavano eziandio: e in un contrasto fra
loro, Candida aveva da riuscir meno forte e risoluta, perchè non aveva
più nemmeno di se medesima la stima, e l'autorità del grado e del nome
ch'essa aveva coscienza d'avere macchiato, non bastava a tener luogo di
quella della virtù che aveva perduta, contro la sfacciataggine della
donna, che del disonore faceva il suo mestiere. Si guardarono un poco
senza parlare, anche quando, per ordine della contessa, furono lasciate
sole; e l'imbarazzo e l'onta apparvero sulla fronte della padrona di
casa che accoglieva una tal visitatrice, e non su quella di costei.
Povera Candida! Com'era ella mutata in poco tempo! Il pallore ordinario
delle sue guancie — una delle sue bellezze — che le dava un'espressione
di sentimento e rivelava l'essere della sua anima appassionata, era
diventato un pallore morboso, segno di sofferenza; il viso dimagrato, le
labbra scolorate, le occhiaie infossate ed allividite, gli occhi
brillanti d'una luce febbrile colle palpebre rosse rivelavano le ansietà
e i patemi dell'animo suo, le mal celate lagrime dolorose. Sollevandosi
alquanto della persona, col gomito puntato ai cuscini, ella stava
aspettando, come si aspetta l'annunzio d'una sventura, le parole che
erano per uscire dalle labbra della cortigiana; ma questa, come se
godesse di quell'ansietà e di quell'imbarazzo, si teneva immobile, in
silenzio, innanzi a lei, le braccia incrociate al petto, con mossa d'una
insolente famigliarità, con un certo piglio di ostile osservazione, di
ironia e di minaccia.
La contessa si decise a provocare con una richiesta le parole della Zoe.
Esitò un momentino se avesse ad usare il _voi_ od il _lei_ parlandole; e
per allontanare la difficoltà, disse nel modo seguente, non senza sforzo
e con voce non del tutto sicura:
— Siamo sole; si può parlare liberamente e credo non vi sia ragione
d'indugiare. Sono qui ad ascoltare tutto quello che mi si vuol dire.
La _Leggera_ fece ancora un passo per avvicinarsi di più al letto, si
curvò alquanto della persona, come per diriger meglio le sue parole
sulla faccia della contessa, e guardandola sempre a quel modo
impertinente e minaccioso, disse con voce sommessa, ma vibrata:
— Luigi..... il _nostro_ Luigi fu arrestato questa sera..... E se non lo
salviamo noi, egli dovrà salire sulla _forca_!...
Per Candida fu, come se ricevesse nella faccia e nel petto l'urto d'un
colpo materiale: si lasciò andare indietro sui cuscini impallidita come
una morta, gli occhi sbarrati da uno sgomento indicibile; ma la riazione
fu lesta a venire. Quella che le tornava un'esagerazione, le apparve con
tutti gl'indizi della falsità. L'azione, le parole, l'aria del volto
della cortigiana non furono più per lei che un sanguinoso oltraggio, cui
quella donna perduta aveva avuto la temerità di venirle ad infliggere
nella sua casa medesima. Il sangue le salì di bel nuovo alla faccia a
ricolorarle più vivacemente le guancie, a ridonare più fuoco allo
sguardo. Fulminò d'un'occhiata imponente la sciagurata che le stava
dinanzi, e il disprezzo non consentendo al suo sdegno di pronunziare
pure una parola, non fece altro che allungare il braccio verso il
cordone del campanello. La Zoe, con un balzo da tigre a ghermir la
preda, le fu sopra, le afferrò quel braccio e stringendolo colla sua
mano nervosa, da lasciarvi sulla pelle liscia e finissima l'impronta
delle sue piccole dita, disse piano, con un fiero sogghigno:
— La badi, non faccia imprudenze. Cacciarmi per mezzo de' suoi domestici
di casa sua, è presto detto, ma non può farsi così presto e così piano
che non ne nasca uno scandalo. Il darmi retta è non solo nell'interesse
di Luigi, che deve starle a cuore a Lei, come sta a me, ma
nell'interesse suo: la lo dovrebbe capire, senza ch'io mi sfiati a
dirglielo.
Candida fu quasi dominata da quella violenza; non pensò a riluttare; il
suo braccio rimase inerte; il suo capo si trasse in là, e gli occhi si
sottrassero allo sguardo ardente di quelli della cortigiana. Successe un
momento di silenzio.
— Lasciatemi: disse poi la contessa con accento di comando e di superba
impazienza, movendo il braccio per isvincolarlo dalla stretta di quella
mano il cui contatto le era più doloroso d'un'offesa.
Zoe lasciò andare la mano della contessa e incrociò nuovamente le
braccia al seno.
— Che cosa volete da me? Che siete venuta a pretendere qui colle vostre
menzogne?
— Menzogne! ripetè la cortigiana col suo sogghigno. Ah Lei ricorre al
comodo spediente di non credere. Le ripeto che Luigi Quercia fu
arrestato e che lo aspetta la _forca_, perchè gli è accusato di parecchi
assassinii e depredazioni...
Abbassò ancora la voce e soggiunse:
— E l'accusa è vera. Quercia è il famoso _medichino_ capo della _cocca_.
Candida non ebbe altra forza che quella di mandare un fievol grido.
— Che cosa voglio e pretendo? continuava la Zoe: che voi sua amante...
al pari di me... più di me... mi aiutiate a salvarlo; che non lo
lasciate passare dalle vostre braccia a quelle della morte la più
ignominiosa.
La contessa chiamò a raccolta tutta la dignità e tutto il coraggio che
ancora le rimanevano.
— Strano modo di venire ad implorare la mia protezione pel _vostro
amante_, assalendomi con calunnie e minaccie, non so se più assurde o
ridicole... Uscite; io non posso e non voglio far nulla per voi nè per
quel cotale... E s'egli è quello sciagurato che voi dite, ben lo
colpisca la vendetta delle leggi.
La _Leggera_ guardava con profondo stupore la donna che così le parlava;
ad un punto proruppe con un'esclamazione che pareva un ruggito:
— Ah sì?.... Ah gli è così che la prendete?..... Implorare io?..... Dove
avete visto, da che avete capito che io venga ad implorarvi?... vengo a
comandare.... Voi non volete far nulla per _quel cotale?_... Vi dico io
che farete.... Potevate addirittura affermare che voi non l'avete mai
visto, nè conosciuto... Ecco come sono queste gran dame che si chiamano
oneste, e che non hanno per noi che disprezzo. Ci vengono a rapire i
nostri amanti, a rubare il mestiere, e quando si sono saziate dei loro
vergognosi capricci, con fronte spudorata vi negan tutto, coprono la
loro infamia del loro blasone; fanno cacciare alla porta quella ch'esse
chiamano una donna perduta, abbandonano nella disgrazia colui che pur
ieri onoravano dei loro amplessi.... Infamia ed ipocrisia!.... Voi
valete assai meno di noi, signora.... Ma vi dico che io — la quale non
abbandono chi amo — io non permetterò che sia così. Ho in mano il mezzo
di farmi obbedire, e mi obbedirete.... Conveniva essere più prudente per
prepararvi il comodo spediente del diniego.... Ho in mano io le lettere
d'amore che avete scritte a Quercia l'assassino.
Candida, senza più forza, non seppe dare altra risposta che mandare una
voce di disperazione; ma di botto la sua fisionomia espresse ancora
maggiore l'angoscia, la vergogna e lo spavento, mentre gli occhi
fissavano atterriti appiè del letto. La Zoe si volse a guardare, e vide
colà apparire il cranio giallo e gli occhi viperini del conte Langosco.
— Voi insultate mia moglie, credo: disse il marito di Candida con
espressione di supremo disprezzo ed autorità: v'impongo di rispettarla.
La cortigiana, come domata da quell'aspetto, dallo sguardo e
dall'accento, fece un passo indietro e non ribattè parola. Langosco si
avanzò così da mettersi in mezzo fra Zoe e sua moglie, e senza pur
volgere un'occhiata a quest'ultima, ripigliò a dire:
— Ho udito nominare certe lettere..... che possono essere interessanti
per noi..... Ho io inteso bene?
— Sì, signor conte: rispose la _Leggera_.
— E le sono in poter vostro?
— Sì signore.
— Bene!... Gli è dunque un affare.... Si tratta di compra e vendita...
Non è alla moglie che dovevate indirizzarvi, ma al marito... Venite meco
di là.
Zoe parve esitare un momento: guardò la contessa che si sarebbe detta
svenuta, se non avesse avuto larghi e spaventati i suoi grandi occhi
neri, guardò il conte che nascondeva il suo furore sotto il solito
ghigno sardonico delle labbra sottili, ed alla moglie prestava tanta
attenzione, come se non esistesse, e rispose con una insolente
crollatina di spalle:
— La moglie o il marito fa il medesimo: fra loro se l'aggiusteranno come
lor piace; in faccia al mondo è una causa sola ed un medesimo interesse.
Passarono nell'appartamento del conte. Questi, appena entrato nello
stanzino che avrebbe potuto chiamarsi il suo studio, se mai fosse stato
presumibile ch'egli studiasse, piantato a mezzo la stanza, fermò que'
suoi occhi grifagni in volto alla cortigiana e le disse con accento in
cui il disprezzo e la minaccia non erano temperati che da quel certo
riguardo che la sua galanteria serbava pur sempre per qualunque giovin
donna in qualsiasi grado e condiamone la fosse:
— Gli è dunque un ricatto, un _chantage_, quello che vieni ad esercitare
qui da noi, la mia bella giovane?..... Bene! Non perdiamo tempo. Quanto
ne vuoi di quelle lettere?
— La libertà di Luigi.
Langosco crollò le spalle con impazienza.
— Non dire e non farmi dire delle parole inutili. Due mila lire ti
bastano?
Zoe tentennò il capo.
— Tre?... Cinque?... Otto mila lire, via.
— Nè anco venti... Le ripeto, signor conte, che voglio la libertà di
Luigi. Non è per altro che son venuta.
— Non ti capisco: spiegati.
— Quelle lettere darò a Lei od a sua moglie quel dì, in cui Luigi sarà
uscito di carcere.
— Sei matta... Bisogna domandare alla gente cosa che si possa fare.
— E questo, Lei, se vuole, lo può fare.
— Come?
— Con quel denaro ch'Ella è disposta a spendere per riavere quelle
lettere, si può comprare qualche guardiano; coll'autorità e le
protezioni di cui Ella dispone si può ottenere che qualche occhio si
chiuda..... Quercia può di questa guisa trovare aperta la sua prigione,
pronta una carrozza ed un passaporto e....
Il conte l'interruppe.
— È questo il solo partito che tu venga a propormi, il solo che tu
voglia accettare?
— Il solo.
— Olà! Che interesse ci hai tu cotanto a salvar la pelle di quello
sciagurato?
Gli occhi della cortigiana brillarono stranamente, ed ella rispose con
accento di voce più sommesso, quasi cupo:
— L'amo.
— Oh oh, tu!... Esclamò il conte; ma l'espressione scettica e sardonica
del suo sorriso mefistofelico si dileguò in presenza della risolutezza e
della serietà che erano impresse sulla faccia della Zoe; egli riconobbe
lo stampo della passione, e meravigliato di quel miracolo che aveva
creduto impossibile nell'animo di quella venduta, s'inchinò leggermente:
— E tu fuggiresti con lui?
— Forse!
— Per andare a vivere da tortorelle in una solitudine: _une chaumière et
son cœur_. Che strana razza di gente che siete!... Senti, Zoe. Tu mi
domandi una cosa che non si deve fare. Capirai che non si può rispondere
lì su due piedi un sì, e neppure un no, quando tanto interesse è in
giuoco. Lasciami pensare. Promettimi intanto una cosa: che di quelle
tali lettere non farai uso nessuno, finchè tu non abbia perduta ogni
speranza di salvare... colui.
— Glie lo prometto.
— Io ti farò sapere la mia decisione fra pochi giorni.
Zoe si mosse per partire; ma fatti pochi passi, s'arrestò, e venendosi a
piantare di nuovo in faccia a Langosco, disse con forza quasi feroce:
— Badi che vane promesse non mi potranno ingannare; e che saprò
ricorrere a tali cautele da premunirmi contro ogni tradimento.
Il conte non rispose; lasciò partire la cortigiana, poscia avvoltosi ben
bene entro la sua pelliccia, senza servirsi della carrozza, a piedi
s'avviò di buon passo verso l'abitazione del generale Barranchi.
Questi aveva ricevute le relazioni compiute ed esatte delle importanti
operazioni eseguite quella sera dalla sua Polizia: stupito, egli stesso,
lieto e superbo dei risultamenti ottenuti, si fregava le mani per un
trionfo di cui egli non aveva il menomo merito.
La comparsa di Langosco lo fece ricordarsi che a quel successo mancava
una sola circostanza per essere compiuto: ed era che non si aveva potuto
trovare quelle lettere di cui aveva promesso il ricupero al suo buon
amico. Ma quando appena ebbe incominciato a dire tale non affatto lieta
novella al marito di Candida, questi lo interruppe.
— So che non le avete rintracciate, diss'egli: ma so eziandio dove le
sono e dove si possono pigliare.
— Ah sì? esclamò il generale con aria tra meravigliata ed incredula.
Sentiamo un po'.
— Le ha in suo potere Zoe, la mantenuta del Principe.
Barranchi guardò Langosco con un certo stupore, ma nello stesso tempo si
rimpettì, ed atteggiò la sua persona ad una mossa di orgoglioso
soddisfacimento.
— Ah ah! voi credete, caro conte, di venirci ad apprendere una novella
mai più sospettata... Udite, ed ammirate come la mia Polizia è ben
fatta. In questo stesso momento uno de' nostri più fidi, più segreti,
più sicuri agenti, quello a cui molto si deve nello scoprimento di
questa rete infernale, trovasi in casa la _Leggera_ a farvi una minuta
perquisizione, appunto per trovarvi quello che voi desiderate. Domani
mattina prima che siate levato, riceverete il plico che conterrà tutte
quelle carte; potete dormir tranquillo con questa certezza.
Ma il domattina, invece del plico che Barranchi gli aveva promesso, il
conte di Staffarda ricevette il bigliettino seguente:
«Conviene che le relazioni avute da voi e quelle che a me pervennero
fossero false, o che quel demonio d'una Zoe sia stata avvisata in
qualche modo; il fatto è che per quanto minutamente siasi perquisita
tutta la sua abitazione, nulla si rinvenne, nè quelle tali lettere, nè
altro che la potesse compromettere. Ho dato tuttavia ordine che la si
arrestasse; e vedremo se la prigione la farà parlare.»
Langosco sgualcì con mano rabbiosa quel pezzo di carta, stette un poco a
meditare, e poi rispose al comandante della Polizia:
«Credo inutile sostenerla in carcere; quella donna non parlerà. Libera,
potrò trattare con essa ed ottenere la consegna di quei fogli, che
voglio avere a qualunque costo; e poichè nessuna prova ci avete contro
di colei, io vi consiglio e vi prego di metterla in libertà. Eviterete
così anche la collera del Duca.»
Mandò sollecitamente il biglietto al suo indirizzo.
— Purchè, disse fra sè, quella sciagurata nello sdegno di vedersi presa,
non pensi di subito a vendicarsi con quell'armi che ha tra mano.
Ma la Zoe, in grazia del maggior interesse che aveva in vista, represse
il furore onde in fatto era occupata. Ecco il bigliettino che a sua
volta, appena libera, scrisse al conte Langosco:
«Ella aveva promesso di non ricorrere a tradimenti. Ho imparato che
valore hanno le sue promesse. Ecco ora l'ultimo patto che le vengo a
dettare: se fra una settimana L. non è libero, quelle lettere faranno il
giro di tutta Torino. Nè creda impedire in altro modo qualsiasi questo
fatto. Dovessi anch'io sparire dalla faccia della terra, quei documenti
sono in luogo sicuro ed in mano di tale che eseguirà ad ogni costo la
mia volontà.»
Or ecco di che guisa l'accorta Zoe aveva sottratto le lettere di Candida
alla ricerca della Polizia.
Uscendo dal palazzo di Staffarda, dopo i colloquii avuti colla contessa
e col conte, la cortigiana era salita nella carrozza, dove stava
attendendola palpitante la Maddalena.
— Ebbene? Aveva domandato costei colla sollecitudine della maggiore
ansietà.
— Ebbene: aveva risposto la _Leggera_, tutto ancora agitata dalla
passione che l'aveva mossa in que' narrati abboccamenti: ebbene li tengo
per i capelli e li farò marciare a mio talento.... Vi è tutto da
sperare.
Maddalena in uno slancio di gioia riconoscente, prese la mano della Zoe
e la baciò con calore.
— Oh oh! esclamò la elegante mantenuta del Principe con un accento
strano in cui c'era ironia, commozione, sdegno e simpatia nello stesso
tempo: cara la mia ragazza, tu ami dunque molto quel birbone di Luigi?
— Tanto, tanto! rispose la giovane col più sincero espandersi della
passione.
— Dovremmo essere nemiche ed odiarci, poichè l'amo anch'io. Ma tu non
sei come quella superba impostora di contessa. Tu lo ami per lui e non
per te. Possiamo intenderci, noi due. Ah! due donne che amano sono una
gran potenza, sai; e lascia fare che fra noi due lo salveremo. Di poi,
per contrastarcelo, ci caveremo anche gli occhi....
— Ah no! proruppe Maddalena, cui la bellezza, la risoluzione, la
vivacità, la passione della cortigiana soggiogavano. Io sento di non
esser nulla, di non poter nulla. La mi adopri come vuole, prenda la mia
vita se occorre: lo salvi solamente, ed io sparirò nell'ombra per
lasciarla felice con lui.
— Povera fanciulla! disse Zoe, passandole un braccio intorno al collo.
Sei tu forse quella che merita più d'essere amata.... E gli uomini son
essi degni di un simile amore?... Bah! Forse che si ama per merito e
ragione?... Quello che avverrà fra noi non so; per ora sento che ti
voglio bene e t'ammiro.
E tratta a sè la faccia animata della ragazza del volgo, le diede un
bacio di sorella.
— Di te, dunque: continuava: mi fido come di me stessa. Dà ben retta.
Per obbligare ad agire secondo le nostre voglie il conte e la contessa
ho un talismano che solo fa tutta la mia forza, e di cui per ciò essi
hanno massimo interesse a spogliarmi. Questo talismano sarà più sicuro
nelle tue mani che nelle mie. Conviene che tu mi prometta di non
mostrarlo a nessuno, di non farne cenno con anima viva, di nasconderti
con esso e di non restituirlo poscia che a me, nelle mie mani, quand'io
te lo ridomandi.
Maddalena promise.
— Or bene, vieni meco nella mia casa ed io te lo consegnerò di presente,
perchè temo qualche tentativo per privarmene.
Entrando in casa, Zoe apprese che vi era tuttavia Bancone; senza
preoccuparsene il meno del mondo, ella condusse Maddalena nel suo
elegante camerino da _toelette_, e chiuse là dentro le consegnò il pacco
delle lettere della contessa di Staffarda.
— Ed ora dove pensi tu andarti a rimpiattare?
— Ci ho la mia camera; ma colà non oso riparare per paura ci vengano gli
_arcieri_.
— Hai ragione. Bisogna assolutamente trovare altro ricovero. Aspetta un
poco. Te lo procurerò io.
Passò di là nel salotto da pranzo, dove trovò il banchiere milionario,
sbottonato il panciotto, disfatto il nodo della cravatta, arrovesciata
la testa sulla spalliera della poltrona, russare con voce sonora,
saporitamente addormentato.
La _Leggera_ inzuppò nell'acqua l'angolo d'una servietta, e bagnò al
dormiente la fronte e le tempia. Bancone si svegliò senza sussulto e,
vistasi innanzi la bellezza sorridente della cortigiana, fece un beato
sorriso ancor esso.
— Tò, m'ero addormentato... Tanto meglio! Così il tempo della tua
assenza mi è passato più presto... Sognavo di te, sai, sognavo che tu mi
facevi sul ventre i passi di danza che ballavi con tanta grazia sul
dorso nudo del cavallo al galoppo... Sei stata lungo tempo fuor di
casa?... Hai finito i tuoi misteriosi affari?... Sei tornata
definitivamente e possiamo stare allegri insieme senza che nessun più
venga a disturbarci?
— Quante domande! rispose Zoe con tutta la grazia seducente di cui era
capace. Vi risponderò pregandovi di farmi un piacere... che sarà un
piacere anche per voi.
— Che cosa? domandò Bancone stirandosi.
— Non ci avete mica nessun'abitatrice nel vostro appartamentino, dove,
di nascosto dalla moglie, andate a fare delle orgie da scapolo,
viziosone che siete?
Il banchiere fece saltare la sua pancia enorme in una grassa risata di
soddisfazione.
— Eh eh! Bisogna bene darsi un po' di buon tempo. La bellezza virtuosa
di mia moglie m'annoia come una quaresima; vado a fare di quando in
quando un po' di carnovale.
— Sentite. Si tratta di ricoverare e nascondere in quel vostro così ben
riposto quartieretto una bella ragazza.
Il vecchio satiro drizzò le orecchie e si levò sulle anche.
— Oh oh! esclamò egli, guardando incredulo la cortigiana: una bella
ragazza! Davvero?
— Sicuro: quella medesima che avete visto qui poco fa, e che non vi
dispiacque, io me ne sono accorta, vecchio peccatore.
— Sì, la è un discreto tocco di grazia di Dio. Ma perchè ricoverarla,
perchè nasconderla?
— Vi rincresce fare a me ed a lei questo piacere, procurare a voi
medesimo questo vantaggio?..... Lasciate stare: ricorrerò ad un altro.
— No, no. Sono disposto ad obbedirti.
— Quella giovane è perseguitata da qualcheduno, è venuta a raccomandarsi
a me; voglio salvarla, ed ho pensato il meglio fosse di affidarla alla
vostra generosa protezione.
— Affidala pure: disse il vecchio libertino, nei cui occhi brillavano le
fiamme d'una oscena cupidigia: la sarà in buone mani.
— Va bene... Vengo a consegnarvi tosto la giovane... La mia carrozza è
ancora bella ed allestita sotto il portone. Voi salite in essa colla
ragazza e... e buona notte.
— Come! Come! esclamò il banchiere meravigliato: così subito?
Ma la _Leggera_ già era sparita dietro le cortine dell'uscio.
Bancone si mescette un bicchiere di Sciampagna e lo bevette d'un fiato
per rischiararsi le idee. Cinque minuti dopo vide ricomparire la Zoe che
si traeva per mano la Maddalena. Si levò in piedi e sorresse alla tavola
il suo corpo oscillante.
— Dunque, diss'egli, aitandosi della persona colla grazia d'un orso che
si dimena entro la gabbia di un serraglio, mia bella giovane tu hai da
essere la mia ospite?
Maddalena lo guardò colla sua petulante figura e fece un sorriso poco
rispettoso; la _Leggera_ le si chinò all'orecchio e le susurrò alcune
parole, alle quali ella non rispose che con una crollatina di spalle
chiaramente significante: «Bah! ciò poco m'importa.»
— Non perdete più tempo: disse Zoe: sono le undici e mezzo, e più.
Andate.
Il vecchio libertino osò abbandonare l'appoggio della tavola e fece due
passi barellando verso la cortigiana.
— Crudele! mormorò con occhi che volevano essere espressivi d'un amoroso
rimprovero ed erano in realtà imbamboliti dall'ebbrezza: hai il coraggio
di scacciarmi di casa tua...
Zoe lo afferrò ad un braccio per aiutarlo a rimettersi in equilibrio
sulle gambe podagrose, e gli accennò Maddalena che aspettava presso
l'uscio con una certa impazienza.
— Avrete un fortunato compenso... nella buona opera che state per fare.
— Ah birbona!... susurrò il Creso della banca con quel suo certo
sorrisaccio; poi, parlando a Maddalena: vieni qua, soggiunse, vienmi
presso, biricchina... Così; dàmmi il braccio... Perbrio! che braccio
sodo... Dunque, buona notte, Zoe. Andiamo.
Appena furono usciti, la _Leggera_ chiamò a sè i servi.
— Chiunque v'interroghi, non direte che qui venne una giovane e che la è
partita con Bancone.
Ottenutane questa promessa, ordinò si spegnessero tutti i lumi, si
ridusse nella sua camera, e in pochi minuti fu spogliata ed a letto.
Eravi essa appena coricata, quando si udirono forti colpi al portone da
via. Il portinaio svegliato si recò a vedere che fosse: successe un
breve e vivace parlamentare fra quelli che picchiavano di fuori e il
portiere all'interno, quindi il portone s'aprì e i passi pesanti di
molte persone suonarono su per le scale. La Zoe stava ascoltando questi
rumori con interesse, quasi con ansia, dubitosa che quest'incidente la
dovesse riguardare, quando a levarle ogni dubbio sentì una violenta
scampanellata all'uscio del quartiere.
— È una visita della Polizia, ci scommetto: disse ella fra sè con un
sorriso di trionfo. La Maddalena è partita a tempo.
La sua fante le si precipitava in istanza, mezzo spoglia, assai
sgomenta.
— Ah signora, esclamava con voce tremante, è la forza, è l'autorità,
vogliono entrare ad ogni costo... Domandano di Lei... o mio Dio! o mio
Dio!
La _Leggera_ si sollevò un poco in mezzo alla candida neve delle sue
lenzuola, puntando il gomito ai guanciali ornati di ricche balze di
mussolina ricamata, incrociò al petto il suo giaco da notte ricco di
trine stupende e con atto superbo ed imponente da regina esclamò
imperiosamente:
— Qui non ha da entrare nessuno... Non lasciate entrare nessuno.
— Siamo già entrati: rispose una voce fiacca, affranta, ma in cui
suonava una certa maligna ironia, e in mezzo alle cortine dell'uscio Zoe
vide la faccia pallida ed infermiccia di Barnaba, e dietro lei i ceffi
caratteristici degli _arcieri_ da cui s'era fatto accompagnare.
La Zoe riconobbe di subito nell'uomo che le si affacciava, quel cotale
che da assai tempo si aggirava intorno all'abitazione di lei, gli occhi
rivolti alle finestre della medesima, e che la sua vanità femminile
aveva preso per un timido amatore. Luigi aveva avuto ragione: egli era
invece una spia. Essa lo fulminò con un'occhiata di sdegnoso disprezzo e
con un accento degno compagno di quello sguardo, domandò:
— Chi siete? Che volete? Che modo è questo d'introdursi nella casa d'una
donna?
Barnaba parve esitante; si sarebbe detto che su quella soglia trovava un
inciampo che stentava a superare; nella sua faccia scialba e sempre
impassibile eravi pure come un'ombra di misteriosa emozione; i suoi
occhi al fondo delle incavate occhiaie, velati quasi sempre, avevano ora
uno strano bagliore, mentre, trascurato ogni altro oggetto, si fissavano
sulle forme giovanili, leggiadre, procaci della cortigiana a mezzo
seduta sul suo letto.
Era davvero un'originale, irritante, potente bellezza quella che
splendeva dagli occhi, dal volto, da tutte le membra della giovine
donna. Le sue chiome abbondanti di color fulvo, slacciate, le pendevano
in ciocche ondulate che avevano i riflessi dell'oro, intorno al collo
candidissimo ed a perfezione tornito, sulle spalle, venivano a battere
come una carezza su quel turgido seno, il cui candore appariva traverso
le trine, come l'argenteo chiaror della luna traverso le squarciate
nubi. Sacerdotessa della voluttà, la sua espressione suprema, quella in
cui tutte s'appuntavano le espressioni delle sue sembianze, de' suoi
atti, d'ogni sua mossa, era l'espressione della voluttà. Anche nello
sdegno di quel momento c'era una grazia, un fascino malvagiamente
provocatore delle sensuali passioni dell'uomo.
Dopo un istante ella ripetè, ancora più sdegnosa di prima, le sue
richieste a Barnaba, il quale gli occhi fissi su di lei, il respiro
leggermente affannoso, nè parlava, nè si moveva. Allora l'agente della
Polizia si riscosse, vinse la sua emozione, ricoprì nuovamente la faccia
della maschera d'una gelata indifferenza, e con voce sorda ed affaticata
rispose:
— Siamo la Polizia; e veniamo a perquisire la vostra casa. Nessuno si
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