La plebe, parte IV - 33
— Che quello scellerato le abbia distrutte? disse il Commissario: non
posso crederlo. Mi vien voglia d'interrogarlo e cercare di
strappargliene la verità.
Barnaba fece un moto che indicava come alla riuscita di questo tentativo
credesse poco, ma disse che era forse spediente interrogare l'arrestato
in quel primo sbalordimento che certo gli aveva prodotto il suo arresto.
Tofi diede ordine il _medichino_ gli fosse condotto dinanzi.
Gian-Luigi era arrivato pur allora e stato rinchiuso in una delle
segrete delle torri. Fino a che era stato in presenza di gente, la sua
faccia aveva conservata una tranquillità quasi sprezzante, una fierezza
quasi minacciosa: ma quando fu rimasto solo, al buio in quella piccola
cella, di cui udì chiudersi con infausto rumore le serrature e tirarsi i
catenacci alla porta, dritto in mezzo alla carcere, la sua fisionomia
ebbe un'espressione di spasimo, di disperata rabbia, di selvaggia
ferocia che avrebbe fatto paura e pietà a chi l'avesse potuto vedere.
Sollevò verso la volta le sue mani ancora strettamente legate ai polsi e
ruppe in orribili bestemmie.
— Ecco: si disse: tutto è finito. Stolto ch'io fui! Non ho saputo
evitarla questa sorte che superbamente mi dicevo non sarebbe mai stata
la mia. Qui fanno capo tutte le mie audacie e tutti i miei sogni!... E
non ho nemmeno saputo uccidermi!...
Pensò scaraventarsi col capo contro la muraglia ed infrangervisi la
cervice: ma era tanto buio là dentro che non si vedeva abbastanza per
misurare il colpo e l'aire. In quella udì riaprirsi le varie serrature e
i chiavistelli dell'uscio, una luce rossiccia penetrò nel carcere, e gli
si disse che doveva comparire innanzi al Commissario. Egli aveva
ricomposto il suo volto alla superba calma di prima.
— Il vostro nome? gli domandò Tofi squadrandolo col suo burbero
sembiante.
— Lo sapete: rispose brusco Quercia stando innanzi all'interrogatore
colla mossa di un principe.
Il Commissario proruppe coll'accento che intimoriva qualunque:
— Ah! non vi crediate di fare il bell'umore con me, chè sono capace di
ridurre alla ragione anche voi.
Gian-Luigi levò le sue mani legate all'altezza dei suoi occhi e si mise
a guardare le profonde incavature livide e sanguigne che gli facevano
nella carne le cordicelle.
Tofi vide quell'atto; diè una volta per lo stanzino, e chiamò dalla
prossima camera una guardia con voce minacciosa e tonante.
— Slegate il prigioniero: disse bruscamente alla guardia che accorse.
L'ordine fu obbedito. Il _medichino_ non disse nulla, non ringraziò
nemmeno con uno sguardo, non mandò neppure un sospiro di sollievo: alzò
le braccia in su ed agitò lievemente le mani per farne discendere il
sangue agglomeratovisi tanto da renderne turgide le vene e gonfie le
carni.
— Risponderete? disse allora il Commissario.
— No: rispose asciutto il prigioniero.
— Alla croce di Dio!
— Non bestemmiate, sor Commissario. Non ho nulla da dire, non voglio dir
nulla. Rimandatemi nella carcere, risparmierete a voi l'irritazione e la
collera, a me il fastidio di queste scene.
Tofi stette un istante in silenzio a guardare il suo prigioniero; poi
gli si accostò lentamente.
— Lascierò il carico d'interrogarvi ai signori giudici; ve la caverete
con essi come vi parrà; io vo' farvi una sola domanda che ha tratto ad
un vostro interesse particolare, e rispondendo alla quale potrete averne
giovamento.
Accostò le labbra all'orecchio del _medichino_ e susurrò:
— Dove sono le lettere della contessa?
Un lampo sfavillò negli occhi di Gian-Luigi.
— Ah, ah! diss'egli scherzosamente: vi ha gente che s'interessa di molto
a quella prosa?... Or bene, prima di rispondere, ditemi un po', sor
Commissario, quale sarà il giovamento che m'avete annunciato io ne
avrei?
— Sareste trattato con più riguardi.
— Eh che cosa m'importa dei vostri riguardi? Esclamò con superbo
disdegno il _medichino_. Avreste dovuto vedere ormai s'io sono una
femminetta..... Quelle lettere sono in luogo sicuro, e dite a chi se ne
interessa, ch'io non isvelerò questo segreto fuorchè ad una persona
sola: alla contessa medesima che si degni venire a fare un'opera di
carità, visitandomi carcerato.
Non fu possibile cavarne altro. Quercia fu ricondotto alla sua prigione,
e il Commissario per disperato, esclamò avrebbe fatto qualunque cosa per
venire a capo di spuntarla e metter la mano su quelle carte. Barnaba che
aveva taciuto sino allora, accasciato com'era e mezzo disteso in un
angolo, si levò e venne dire al Commissario:
— Credo avere indovinato chi è il depositario di quelle lettere.
— Chi? domandò Tofi con tutto l'interesse che meritava una simile
circostanza.
— Una donna che fu la confidente di quest'uomo, che forse ne è complice
e che si farebbe molto bene ad arrestare eziandio: Zoe, detta la
_Leggera_.
Il Commissario strabiliò.
— La mantenuta del Duca!... Siete matto? Volete perderci tuttidue?
— Se si facesse una perquisizione colà, son certo che si troverebbero
quelle lettere che vogliamo avere.
Tofi pensò un momento.
— Converrebbe che a far ciò ci fosse un agente dei più sicuri...
Barnaba si fece ancora più pallido di quello che era, disse mettendo una
mano sul braccio del Commissario:
— Ci andrò io stesso.
— Voi! Se non potete più reggervi in piedi!
— Avrò forza bastante anche per ciò... Lo desidero, la prego di
concedermelo.
— Ebbene sia.
Era presso la mezzanotte quando Barnaba con sufficiente scorta
s'introduceva nella casa abitata dalla Zoe e suonava all'uscio della
celebre cortigiana.
CAPITOLO XXIII.
La Maddalena, sferratasi a quel modo che abbiamo visto, dalle mani
dell'_arciere_, si diede a correre per le viuzze scure e tortuose di
quella antica parte della città, senz'altra direzione e senz'altro scopo
fuor quelli d'allontanarsi dalla bettola e il più presto possibile. Si
temeva inseguita, e non cessò dal correre, finchè non la si trovò fuori
della città, sopra uno dei viali che circondavano allora Torino, in una
perfetta oscurità ed in un più perfetto silenzio. Allora la si fermò
alquanto, e per riposare, e per riavere un po' di respiro affatto
impeditole dall'affanno, e per pensare che cosa dovesse fare.
La prima cosa che voleva era sapere del _medichino_. S'accorse che le
gambe l'avevano portata su quel viale dove era la casetta isolata dei
misteriosi ritrovi, e per prima cosa pensò accostarsi cautamente a
quella palazzina, per tentare di scoprirvi alcun che. S'accorse di
subito, appena l'ebbe vista, che la casa era occupata, e non dubitò
punto che non ci fossero gli agenti della Polizia. Indugiatasi in quelle
vicinanze un po' di tempo, ora venendo presso al muro nella speranza di
scorgere cosa che le svelasse il vero, ora allontanandosene per timore
d'esser vista da qualche poliziotto messo a guardia ed in agguato,
avvenne che ad un punto ella vedesse uscire di là un gruppo di più
persone, fra le quali non tardò a conoscere _Graffigna_ e
_Stracciaferro_, posti in mezzo e legati alle mani.
Suo primo impulso fu spingersi innanzi, mostrarsi ai due mariuoli,
interrogarli con uno sguardo che essi avrebbero capito ed a cui
avrebbero saputo rispondere per apprenderle la sorte di Gian-Luigi. Ma
se ne trattenne, con più prudente consiglio, che mostrandosi correva
rischio, anzi era certa di essere arrestata anch'essa, ed allora non
avrebbe più nulla potuto per _lui_, al quale, senza sapere ancora il
come, era suo proposito, sua speranza, suo unico pensiero il giovare.
Vide allontanarsi il gruppo de' prigionieri, ed ella rimase colà,
nascosta nell'ombra, dietro il tronco d'un grosso albero, i piedi nella
neve, la testa scoperta, le spalle non difese, all'aria frizzante di
quella notte d'inverno, che la era quale al momento dell'invasione de'
poliziotti trovavasi nella calda atmosfera della bettola, incerta
l'animo, palpitante, tremante.
Che cosa era successo in quella palazzina? Che cosa in _Cafarnao_? Era
egli finito colà l'atto della tragedia in cui era in giuoco ciò ch'ella
aveva di più caro sulla terra? Pareva di no, perchè nella casetta
continuavano ad esser lumi e vedersi moto di ombre traverso i cristalli.
Maddalena era nella più ansiosa dubbiezza del mondo. Mentre la non si
poteva staccar di lì, perchè una voce segreta pareva avvertirla che in
quel luogo si decideva la sorte di _lui_, la quale era la sua sorte; una
quasi rampognante riflessione le diceva che forse avrebbe potuto altrove
spender meglio quel tempo che lì consumava inutilmente in sì febbrile ma
sì inerte aspettazione, che avrebbe dovuto esser già corsa
all'abitazione di lui, dove avrebbe sentito di certo, senza pur
interrogare, dalle ciarle della strada, se il _medichino_ colà fosse
stato colto, o no, che avrebbe potuto già far qualche cosa per
adoperarsi in favore di lui, per salvarlo.
L'istinto che la teneva inchiodata a quel luogo ebbe ragione. Dopo una
lunga attesa, che a lei parve eterna, udì nuovo rumore di gente che si
moveva dalla palazzina, vide un altro gruppo di persone uscire da
quell'uscio, scendere lo scalino, venir lentamente traverso il cortile,
accostarsi al cancello di ferro. Non ebbe mestieri che d'un'occhiata
sola per conoscere al chiaror della luna, chi fosse quell'uomo che più
legato ancora dei due che erano usciti precedentemente, veniva fuori in
mezzo ai carabinieri, camminando con uno stento che si sforzava a
dissimulare.
Era lui! Maddalena sentì il sangue darle un rimescolo: ebbe appena tanto
di prudenza e di forza da trattenere nella gola il grido di dolorosa
sorpresa, di spasimo e di rabbia che voleva scoppiare; si tenne al
tronco dell'albero dietro cui si riparava, e nella rugosa corteccia
dell'olmo piantò le sue unghie, tra per sorreggersi in piedi chè le
gambe le mancavan sotto, tra per dare un subito sfogo alla tanta
passione tormentosa che l'invase.
Come le apparve bello al pallido chiaror della luna! Più pallido di quel
raggio, che illuminandole, pareva accarezzarne le sembianze, ma fermo,
ma tranquillo, ma con una leggera amarezza d'ironia che pareva una nota
di superiorità a quelli che lo circondavano, all'umana schiatta, alla
sua sorte, egli rappresentava una sfera di gentilezza, un ideale di
distinzione a quella giovane plebea dal sangue ardente, in cui
tumultuava la passione, cui spingeva un'aspirazione d'istinto verso il
bello e l'eletto, come spinge anche la farfalla notturna una ignota
possa verso la lucentezza della fiamma.
Avrebbe voluto slanciarsi addosso a lui ad abbracciarlo; avrebbe voluto
aver le forze di Sansone per atterrare quei rappresentanti della
tirannia sociale e liberarlo; non voleva a niun conto lasciarlo passare
senza fargli sentire che ella era lì, che il cuore di lei non si mutava
e traboccava di passione per esso, che a costo anche della vita avrebbe
ella tentato giovargli. Ma non dimenticò la prudenza, camminando pian
piano, con accorta cautela, venne a portarsi innanzi ad uno dei rari
lampioni che avevano ufficio, e non lo adempivano, di rischiarare il
viale, e si pose in modo che ella, stando nell'ombra, vedesse chi
passava nel ristretto cerchio di luce rossastra, mandata dal lampione.
Quando Gian-Luigi fu a quell'altezza, ed ella ne potè ancora mirare le
dilette sembianze, Maddalena levò la voce in quel silenzio della notte,
che non era turbato fuorchè dal passo in cadenza dei carabinieri, gridò
una sola parola:
— Spera!
I carabinieri si riscossero e gettarono acuti sguardi nell'oscurità da
quella parte ond'era venuta la voce; ma nulla scorsero. Gian-Luigi
quella voce la riconobbe: volse a quel punto un sorriso di
ringraziamento, di gratitudine, d'affetto e continuò tranquillamente la
strada.
Maddalena era sparita.
Prendendo la corsa lungo il viale nella direzione opposta a quella che
avevano i carabinieri col loro prigione, nell'intento di rientrare in
città per un'altra parte, Maddalena non sapeva bene ancora che cosa
avrebbe potuto fare, che cosa avrebbe fatto in pro del suo amante.
Agire, la doveva, la voleva; sentiva una interna agitazione che non la
lasciava stare alle mosse. Ma che fare? che fare, ella povera fanciulla
della plebe, senz'altre attinenze che coi miserabili perduti nelle più
basse regioni della infima classe, nel fango sociale della povertà, dei
vizi e del delitto? Avrebbe dato tutta la sua vita, la sua bellezza fin
anco, la sua parte di paradiso (se pur osava sperar d'avere possibilità
d'entrarci) per arrivare un momento, un solo momento, a possedere forza
e potenza, l'autorità del grado, del nome, della ricchezza, la balìa
delle cose del mondo. Un'idea spuntò finalmente nel suo cervello
affaticato a immaginare spedienti dalla sua volontà incitata dalla
passione. Si ricordò che quel Barnaba medesimo, che era stato messo di
certo alla caccia del _medichino_, parlandole di costui appunto, le
aveva rivelato come Quercia fosse l'amante della Zoe, cortigiana
sfarzosamente elegante, mantenuta d'un Principe, della contessa di
Staffarda, nobilissima fra le nobili dame della città. Queste donne
dovevano avere quello che a lei mancava, l'influenza; ed esse al pari di
lei dovevano desiderare ardentemente di adoperarsi in pro del giovane,
poichè lo amavano. Non c'era altro adunque per allora da fare che
correre da una di queste, da tuttedue, raccontare il fatto e spingerle
subitamente all'opera. A quale doveva ella dare la precedenza? Editò
alquanto, e poi si decise per Zoe. Quantunque in altro ambiente, in
altro grado, direi quasi, quest'ultima era pure una cortigiana; e
Maddalena sentiva quindi con essa maggiori i punti di contatto, e per
ciò glie ne pareva più facile l'abbordo e che le sarebbe meno
impacciato, quando si trovasse in faccia a lei, il discorso. Da Barnaba
essa s'era fatto dire l'indirizzo dell'abitazione dell'una e dell'altra
dalle sue rivali: senza perder più tempo, corse dalla _Leggera_.
Costei, ancora in iscrezio col suo principesco amante, si faceva
consolare dell'abbandono di lui dalle galanterie del signor Bancone, il
re di denari nel mondo bancario d'allora; galanterie quotate alla borsa
del cuore della celebre cortigiana, e presentemente in rialzo. Quando la
confidente megera, che le serviva anche da mezzana sotto il pretesto di
farle da fante, venne a susurrarle nel padiglione di un'orecchia che una
povera popolana, giovane, belloccia, agitata, ansante era colà che
chiedeva parlarle di cosa gravissima e che premeva assai, la Zoe non
ebbe altro miglior pensiero fuor quello di mandarla ai cento mila
diavoli e risparmiarsene il fastidio d'una visita e d'un colloquio che
non poteva e non sapeva attribuire a cosa che lei potesse riguardare.
Fra la schiera immorale e tuttodì crescente con sempre più audace
spudoratezza delle venditrici d'amore, la _Leggera_ teneva un poco
invidiabile e pur da molte e da molte invidiato primato; invidiato non
che dalle compagne di vergogna cui la bellezza o la fortuna non
favorivano di tanto, ma, e questo è doloroso a pensarsi, dalle ragazze
di povere famiglie che stentavano la vita e si frustavano la non sorrisa
giovinezza ad un povero lavoro, e cui la mancanza d'attrattive, il caso
solamente, la sorveglianza de' genitori soltanto, non più un'onestà che
era sparita nelle dure prove della miseria, impediva di avere con sì
facile infamia vesti di seta ed ebbrezza di vizi. Per ciò all'antica
saltatrice di corda e danzatrice sul dorso di cavalli, avveniva sovente
quello che suole avvenire ad artisti da teatro di gran fama, a cui,
cioè, molti, o spinti dalla vocazione, o dalla molla d'una vita che
appare al pubblico piena di soddisfazioni e di gaudii, o dalla mattana,
o dall'irrequietezza dell'indole, ricorrono per aver consigli,
avviamento ed aiuti per intraprendere quella carriera in cui il
consultato è giunto già a sì elevata meta. Dalla Zoe ricorrevano povere
fanciulle abbandonate dall'amante, perseguitate dalla tirannia d'un
padrigno, od anche d'un padre ubriacone, perseguitate dalla miseria,
solleticate dalla smania dei piaceri mondani, dall'infingardaggine e
dalla voluttà, per imparare come si doveva fare a vendere utilmente quel
poco d'onore che loro ancora rimaneva. La Zoe, o loro rispondeva con
disprezzosa ironia, o le respingeva con indegnazione, o si commoveva
alle narratele miserie e veniva largamente in soccorso della sventura:
imperocchè per un'anomalia, che trovasi frequente in questa fatta di
donne, ella, spietatissima a pelare i giovani che le cadevano sotto le
unghie, non dandosi il menomo pensiero pur mai de' guai, delle
dissensioni o de' danni che recava in oneste famiglie, era poi a volta a
volta pietosissima per le sofferenze dei poveri, per quelle strette
della miseria traverso le quali ricordava pure esser passata la sua
infanzia, e di cui non esente la sua adolescenza.
Quando adunque la cameriera osò violare la soglia del gabinetto in cui
la padrona e il banchiere milionario stavano fronte a fronte
nell'intimità d'un _petit-souper_ inaffiato del vino spumeggiante di
Sciampagna, la Zoe credette che la fanciulla presentatasi a domandare un
colloquio con lei fosse una di quelle sventurate, a cui l'urgenza del
pericolo o della miseria facesse impaziente di gettar via al più presto
quel poco fardelletto di virtù e incaricò la fante della risposta che
accennai poc'anzi: ma quando la cameriera medesima tornò a riferire che
quella giovane con aria della maggior disperazione insisteva per vedere
subito la signora, affermando trattarsi di vita o di morte d'una persona
che a lei pure era carissima, la cortigiana non fu mossa da nessuna
inquietudine, sibbene da una certa curiosità che le fece sperare nel
domandato colloquio, uno spasso, un'occupazione d'un quarto d'ora —
tanto di rubato alla fastidiosa compagnia del Giove della banca che
l'aveva visitata in Anfitrione.
— Che cosa c'è? domandò appunto questi veggendo i sommessi parlari della
cameriera colla padrona.
Zoe guardò la faccia melensamente vanitosa del banchiere ringalluzzito
dal vino di Francia, i ciondoli d'oro che oscillavano e tintinnivano sul
madornale di lui ventre, e sentì viemmaggiore il desiderio di un
diversivo.
— È una povera giovane che dice avermi da parlare di cose di rilievo...
La vogliamo far venire?... Chi sa che le sue ciancie non ci
divertano!.... La è anche bellina.
Bancone ebbe un sorriso, in cui erano armoniosamente fusi quello d'un
Satiro e quello di Sileno.
— Ah ah! la è bella? domandò egli alla fante, facendo saltare i gingilli
dell'orologio.
— Signor sì.
Il banchiere si sdraiò di meglio sulla poltrona cui occupava col suo
corpo da elefante, ponendo in vista maggiormente la potenza della sua
pancia da Epulone; prese in mano un bicchier da Sciampagna e guardò con
occhio ammiccante il rifrangersi della luce traverso il liquore rosato.
— Va bene, va benissimo. Fate pure entrare quella ragazza.
Nell'entrare in quel luminoso e caldo camerino pieno di tanti profumi
che salivano impetuosamente al cervello: fiori, acque nanfe, vapori di
vivande e di vini, Maddalena rimase come abbagliata e sbalordita. La
veniva dal freddo e dall'oscurità della notte, e trovavasi di botto,
come per un colpo di verga magica, trasportata in mezzo ad uno splendore
di Eden sensuale. Stanca ed ansimante per la corsa che aveva fatta, la
si arrestò un momento sulla soglia e gettò nel gabinetto uno sguardo di
stupore, di curiosità quasi selvaggia. Gli occhi accesi dalla passione
del cuore e dall'animazione del sangue, le guancie infiammate per la
violenza del moto, pel flagellare dell'aria ghiaccia notturna, pel
rapido passaggio dal freddo intenso della strada al calore pieno di
effluvii di quello stanzino, la bellezza proterva della popolana aveva
una tale espressione di temerità, di sfacciataggine direi, che il vizio
intelligente del vecchio libertino ne fu sovraccolto.
— Oh oh! esclamò egli posando il suo bicchier da Sciampagna sul
candidissimo mantile: ecco una mariuola che deve sapere l'affar suo.
Venite avanti, venite avanti, ragazza.
La Zoe aveva piantato i suoi occhi smaglianti e a fior di pelle in volto
alla nuova venuta, e col tatto che è dote naturale delle donne, in lei
fatto più fine per codesto uso dall'esperienza, aveva subitamente
giudicata la strana visitatrice; la non era di quelle solite che vengono
a chiedere consigli di corruzione o soccorsi; ella non aveva bisogno di
andare a prendere da nessuno lezioni d'audacia o d'arte per torsi
d'impaccio. Ma per che cosa veniva ella dunque? Vi era nella sua
risolutezza qualche cosa di amaramente doloroso, nell'attenzione con cui
guardava quella innanzi a cui aveva domandato essere introdotta, v'era
alcun che d'ostile e insieme di espansivo. Zoe guardò con non celata
curiosità quel mistero in gonnella cui non sapeva spiegarsi. Maddalena,
nel medesimo tempo, esaminava con un sentimento assai complesso la
famosa cortigiana. Ne scrutava con occhio critico di rivale la bellezza,
ne studiava nell'espressione dei tratti l'indole, per indovinare che
cosa potesse sperarne. Quei due esseri simili, in quel mutuo raffronto,
non ostante un certo elemento di ripulsione che sentivano fra loro, si
riconobbero un'anima compagna, un'origine comune, una sorte medesima ed
un inesplicabile legame che le avvinceva.
Zoe fece un gesto invitativo colla mano e disse a sua volta:
— Venite avanti.
Maddalena venne fin presso alla tavola su cui specchieggiavano i
cristalli e gli argenti, appoggiò una mano al tessuto finissimo di quel
mantile di tela di Fiandra candido come la neve appena caduta, e disse
con voce che l'affanno della corsa e l'emozione del momento rendevano
saltellante e velata:
— Scusi se vengo a disturbarla, ma si tratta di cosa che preme
cotanto!...
— La è un pezzo di consistenza: disse col cinismo del ricco corrotto e
corruttore, Bancone, che guardava con occhio cupido le forme procaci
della giovane plebea. Avete freddo, eh carina? Sedetevi qui presso me,
innanzi a questa bella fiammata. Ve' la non può manco trarre il fiato.
Aspettate: bevete questo bicchiere e ne sarete rinfrancata.
Riempì sino all'orlo di vino di Sciampagna un bicchiere fatto a calice e
glie lo porse. Maddalena lo prese, guardò chi glie lo stendeva con una
malvogliosa indifferenza, come si fa d'un fastidioso che secca
incontrare, e bevve d'un fiato.
— Da brava: esclamò Bancone, tornando ad arrovesciarsi sulla sua
poltrona e scoppiando in un riso grossolano e sgangherato che gli era
solito. Che ne dite eh, cara la mia giovane?
Allungò un braccio per prenderla alla vita; Maddalena si trasse in là e
lo guardò con dispettosa impazienza.
— Tacete: disse severamente Zoe all'Anfitrione, e state fermo.
Poi volta alla giovane:
— E voi, che cosa avete da dirmi di tanta premura?
Maddalena accennò con moto del capo al grosso banchiere.
— Ho bisogno di parlare a Lei sola.
La _Leggera_ si levò e disse alla giovane:
— Venite meco.
— Ecchè? Voi mi piantate in questo bel modo? Esclamò Bancone volendo
dare al suo aspetto ed alla voce l'espressione del corruccio d'un uomo
che paga per essere divertito.
Zoe, che già era avviata all'altra stanza, non volse che la testa verso
il milionario.
— Se volete aspettarmi, siete padrone: diss'ella: se vi rincresce
l'indugio, siete padrone eziandio di andarvene.
Il banchiere borbottò una filza di rimproveri al battente dell'uscio che
si rinchiuse dietro le spalle delle due donne, e sfogò la sua bizza
sulla bottiglia di Sciampagna che aveva a tiro della mano.
— Ebbene? domandò la _Leggera_, piantandosi in faccia alla popolana. Ora
siamo sole e potete parlare.
Maddalena avvicinò il suo al capo della interrogatrice, le affondò, per
così dire, gli occhi negli occhi e disse con voce sommessa, ma vibrata:
— Gian-Luigi fu arrestato.
Zoe ebbe un sussulto di tutta la persona e una fiamma le balenò nello
sguardo; ma raffrenatasi tosto, disse freddamente:
— Chi? Quale Gian-Luigi?
— Quercia: rispose sempre a voce bassa ma con una veemenza quasi
indignata la Maddalena: il _medichino_, il vostro amante... ed il mio!
— Chi siete voi? domandò allora la cortigiana, serrando al suo petto le
braccia. Come mi conoscete? Perchè siete venuta da me? Ditemi tutto, e
siate schietta e veritiera.
La giovane contò ogni cosa, dalla prima conoscenza da lei fatta di
Gian-Luigi che aveva visto con abiti da popolano, frammisto a popolani,
introdursi nella taverna di Pelone, alla compiuta fiducia che presso di
lui le aveva acquistato la sua devozione amorosa, agli avvenimenti di
quella sera che avevano finito coll'incarceramento del _medichino_.
— Ed ora che cosa bisogna fare? disse la _Leggera_, quasi interrogando
se stessa, quando Maddalena ebbe finito.
— Bisogna salvarlo: esclamò la popolana con forza e calore. Bisogna che
lo salviamo noi, donne che lo amiamo. Io, sventurata, non ci posso nulla
che metterci la mia vita. E son pronta a dare tutto il mio sangue. Ma
Lei e la contessa di Staffarda che sono potenti: loro possono e debbono
toglierlo dal mal passo... Io imparai l'indirizzo di casa sua, con ben
altri intendimenti che di venire ad un amichevole colloquio, sa!... Fui
gelosa di Lei con una rabbia feroce, e mi sarei sentito il cuore e la
forza di sbranarla. Ma ora ch'egli è colpito dalla sventura, ho pensato
che non avremmo più che una volontà sola, che uno scopo... Lo salvi, ed
io le sarò riconoscente più che se me avesse tolta alla morte...
Zoe meditava. Recarsi dal Principe non le pareva in quel momento il
mezzo migliore; per riafferrare tutta la sua influenza su di lui era
necessario lasciare che S. A. fosse la prima a venirsi umiliare alla
bassezza della cortigiana: ed andarlo a cercare essa per supplicarlo in
favore appunto di colui che era stato la cagione del suo principesco
furore, era un'imprudenza e non altro. Il cenno che Maddalena fece della
contessa di Staffarda le richiamò alla mente una circostanza che in quel
punto non ricordava, e la pose sulla vera strada.
— La contessa di Staffarda! diss'ella. Sì! Ecco il filo che si ha da
tirare. — Ella per amore e per paura... e suo marito... sì, anche suo
marito ci ha da concorrere — il marito colla minaccia della pubblicità.
— A ciò pensava Luigi dandomi quelle lettere... Le sono un vero
talismano.
Si volse a Maddalena e disse ratto:
— Aspettatemi un momento, ed usciamo insieme.
Suonò con forza il campanello.
— Si attacchi subito subito e in tutta fretta: disse alla fante che
accorse. A me un cappellino, una mantiglia, una cosa qualunque da
mettermi sulle spalle...
La non era vestita che di una stupenda veste da camera di _cachemir_
foderata di seta; e nelle biancherie del collo e nella chioma aveva un
disordine, effetto di quella orgia a due che la Maddalena era venuta ad
interrompere. La cameriera domandò qual abito avesse da recare, per
indossarle.
— Nessuno: disse con impazienza la Zoe. Dove vo non avranno campo nè
voglia da guardarmi l'acconciatura.
Si avviluppò in un mantello e passò nel gabinetto dove Bancone
combatteva la noia dell'attesa con gli avanzi del banchetto.
— Mi capita una delle maggiori sciagure che mi potessero mai capitare:
disse affrettatamente la cortigiana a Bancone sbalordito. Bisogna ch'io
corra subito a tentar di rimediarvi. Non vi dico più di aspettarmi e
perchè non so quando potrò essere di ritorno, e perchè tornata, non avrò
tale umore da esservi di piacevole compagnia.
E senza aspettar risposta, fatto cenno alla Maddalena di seguirla, uscì.
La carrozza era pronta, le due donne vi salirono, e pochi minuti dopo
arrivavano alla porta del palazzo di Langosco.
— State qui dentro ed aspettatemi: disse Zoe alla sua compagna, ed
aperto l'usciòlo saltò leggermente a terra, corse per l'andito, su delle
scale, e si presentò nell'anticamera degli appartamenti, dove parecchi
domestici stavano sbadigliando.
— Vorrei parlare alla contessa: disse vibratamente la _Leggera_ e con
tono di comando.
— Non si può: rispose uno dei domestici: la signora contessa è a letto
malata e non riceve nessuno.
posso crederlo. Mi vien voglia d'interrogarlo e cercare di
strappargliene la verità.
Barnaba fece un moto che indicava come alla riuscita di questo tentativo
credesse poco, ma disse che era forse spediente interrogare l'arrestato
in quel primo sbalordimento che certo gli aveva prodotto il suo arresto.
Tofi diede ordine il _medichino_ gli fosse condotto dinanzi.
Gian-Luigi era arrivato pur allora e stato rinchiuso in una delle
segrete delle torri. Fino a che era stato in presenza di gente, la sua
faccia aveva conservata una tranquillità quasi sprezzante, una fierezza
quasi minacciosa: ma quando fu rimasto solo, al buio in quella piccola
cella, di cui udì chiudersi con infausto rumore le serrature e tirarsi i
catenacci alla porta, dritto in mezzo alla carcere, la sua fisionomia
ebbe un'espressione di spasimo, di disperata rabbia, di selvaggia
ferocia che avrebbe fatto paura e pietà a chi l'avesse potuto vedere.
Sollevò verso la volta le sue mani ancora strettamente legate ai polsi e
ruppe in orribili bestemmie.
— Ecco: si disse: tutto è finito. Stolto ch'io fui! Non ho saputo
evitarla questa sorte che superbamente mi dicevo non sarebbe mai stata
la mia. Qui fanno capo tutte le mie audacie e tutti i miei sogni!... E
non ho nemmeno saputo uccidermi!...
Pensò scaraventarsi col capo contro la muraglia ed infrangervisi la
cervice: ma era tanto buio là dentro che non si vedeva abbastanza per
misurare il colpo e l'aire. In quella udì riaprirsi le varie serrature e
i chiavistelli dell'uscio, una luce rossiccia penetrò nel carcere, e gli
si disse che doveva comparire innanzi al Commissario. Egli aveva
ricomposto il suo volto alla superba calma di prima.
— Il vostro nome? gli domandò Tofi squadrandolo col suo burbero
sembiante.
— Lo sapete: rispose brusco Quercia stando innanzi all'interrogatore
colla mossa di un principe.
Il Commissario proruppe coll'accento che intimoriva qualunque:
— Ah! non vi crediate di fare il bell'umore con me, chè sono capace di
ridurre alla ragione anche voi.
Gian-Luigi levò le sue mani legate all'altezza dei suoi occhi e si mise
a guardare le profonde incavature livide e sanguigne che gli facevano
nella carne le cordicelle.
Tofi vide quell'atto; diè una volta per lo stanzino, e chiamò dalla
prossima camera una guardia con voce minacciosa e tonante.
— Slegate il prigioniero: disse bruscamente alla guardia che accorse.
L'ordine fu obbedito. Il _medichino_ non disse nulla, non ringraziò
nemmeno con uno sguardo, non mandò neppure un sospiro di sollievo: alzò
le braccia in su ed agitò lievemente le mani per farne discendere il
sangue agglomeratovisi tanto da renderne turgide le vene e gonfie le
carni.
— Risponderete? disse allora il Commissario.
— No: rispose asciutto il prigioniero.
— Alla croce di Dio!
— Non bestemmiate, sor Commissario. Non ho nulla da dire, non voglio dir
nulla. Rimandatemi nella carcere, risparmierete a voi l'irritazione e la
collera, a me il fastidio di queste scene.
Tofi stette un istante in silenzio a guardare il suo prigioniero; poi
gli si accostò lentamente.
— Lascierò il carico d'interrogarvi ai signori giudici; ve la caverete
con essi come vi parrà; io vo' farvi una sola domanda che ha tratto ad
un vostro interesse particolare, e rispondendo alla quale potrete averne
giovamento.
Accostò le labbra all'orecchio del _medichino_ e susurrò:
— Dove sono le lettere della contessa?
Un lampo sfavillò negli occhi di Gian-Luigi.
— Ah, ah! diss'egli scherzosamente: vi ha gente che s'interessa di molto
a quella prosa?... Or bene, prima di rispondere, ditemi un po', sor
Commissario, quale sarà il giovamento che m'avete annunciato io ne
avrei?
— Sareste trattato con più riguardi.
— Eh che cosa m'importa dei vostri riguardi? Esclamò con superbo
disdegno il _medichino_. Avreste dovuto vedere ormai s'io sono una
femminetta..... Quelle lettere sono in luogo sicuro, e dite a chi se ne
interessa, ch'io non isvelerò questo segreto fuorchè ad una persona
sola: alla contessa medesima che si degni venire a fare un'opera di
carità, visitandomi carcerato.
Non fu possibile cavarne altro. Quercia fu ricondotto alla sua prigione,
e il Commissario per disperato, esclamò avrebbe fatto qualunque cosa per
venire a capo di spuntarla e metter la mano su quelle carte. Barnaba che
aveva taciuto sino allora, accasciato com'era e mezzo disteso in un
angolo, si levò e venne dire al Commissario:
— Credo avere indovinato chi è il depositario di quelle lettere.
— Chi? domandò Tofi con tutto l'interesse che meritava una simile
circostanza.
— Una donna che fu la confidente di quest'uomo, che forse ne è complice
e che si farebbe molto bene ad arrestare eziandio: Zoe, detta la
_Leggera_.
Il Commissario strabiliò.
— La mantenuta del Duca!... Siete matto? Volete perderci tuttidue?
— Se si facesse una perquisizione colà, son certo che si troverebbero
quelle lettere che vogliamo avere.
Tofi pensò un momento.
— Converrebbe che a far ciò ci fosse un agente dei più sicuri...
Barnaba si fece ancora più pallido di quello che era, disse mettendo una
mano sul braccio del Commissario:
— Ci andrò io stesso.
— Voi! Se non potete più reggervi in piedi!
— Avrò forza bastante anche per ciò... Lo desidero, la prego di
concedermelo.
— Ebbene sia.
Era presso la mezzanotte quando Barnaba con sufficiente scorta
s'introduceva nella casa abitata dalla Zoe e suonava all'uscio della
celebre cortigiana.
CAPITOLO XXIII.
La Maddalena, sferratasi a quel modo che abbiamo visto, dalle mani
dell'_arciere_, si diede a correre per le viuzze scure e tortuose di
quella antica parte della città, senz'altra direzione e senz'altro scopo
fuor quelli d'allontanarsi dalla bettola e il più presto possibile. Si
temeva inseguita, e non cessò dal correre, finchè non la si trovò fuori
della città, sopra uno dei viali che circondavano allora Torino, in una
perfetta oscurità ed in un più perfetto silenzio. Allora la si fermò
alquanto, e per riposare, e per riavere un po' di respiro affatto
impeditole dall'affanno, e per pensare che cosa dovesse fare.
La prima cosa che voleva era sapere del _medichino_. S'accorse che le
gambe l'avevano portata su quel viale dove era la casetta isolata dei
misteriosi ritrovi, e per prima cosa pensò accostarsi cautamente a
quella palazzina, per tentare di scoprirvi alcun che. S'accorse di
subito, appena l'ebbe vista, che la casa era occupata, e non dubitò
punto che non ci fossero gli agenti della Polizia. Indugiatasi in quelle
vicinanze un po' di tempo, ora venendo presso al muro nella speranza di
scorgere cosa che le svelasse il vero, ora allontanandosene per timore
d'esser vista da qualche poliziotto messo a guardia ed in agguato,
avvenne che ad un punto ella vedesse uscire di là un gruppo di più
persone, fra le quali non tardò a conoscere _Graffigna_ e
_Stracciaferro_, posti in mezzo e legati alle mani.
Suo primo impulso fu spingersi innanzi, mostrarsi ai due mariuoli,
interrogarli con uno sguardo che essi avrebbero capito ed a cui
avrebbero saputo rispondere per apprenderle la sorte di Gian-Luigi. Ma
se ne trattenne, con più prudente consiglio, che mostrandosi correva
rischio, anzi era certa di essere arrestata anch'essa, ed allora non
avrebbe più nulla potuto per _lui_, al quale, senza sapere ancora il
come, era suo proposito, sua speranza, suo unico pensiero il giovare.
Vide allontanarsi il gruppo de' prigionieri, ed ella rimase colà,
nascosta nell'ombra, dietro il tronco d'un grosso albero, i piedi nella
neve, la testa scoperta, le spalle non difese, all'aria frizzante di
quella notte d'inverno, che la era quale al momento dell'invasione de'
poliziotti trovavasi nella calda atmosfera della bettola, incerta
l'animo, palpitante, tremante.
Che cosa era successo in quella palazzina? Che cosa in _Cafarnao_? Era
egli finito colà l'atto della tragedia in cui era in giuoco ciò ch'ella
aveva di più caro sulla terra? Pareva di no, perchè nella casetta
continuavano ad esser lumi e vedersi moto di ombre traverso i cristalli.
Maddalena era nella più ansiosa dubbiezza del mondo. Mentre la non si
poteva staccar di lì, perchè una voce segreta pareva avvertirla che in
quel luogo si decideva la sorte di _lui_, la quale era la sua sorte; una
quasi rampognante riflessione le diceva che forse avrebbe potuto altrove
spender meglio quel tempo che lì consumava inutilmente in sì febbrile ma
sì inerte aspettazione, che avrebbe dovuto esser già corsa
all'abitazione di lui, dove avrebbe sentito di certo, senza pur
interrogare, dalle ciarle della strada, se il _medichino_ colà fosse
stato colto, o no, che avrebbe potuto già far qualche cosa per
adoperarsi in favore di lui, per salvarlo.
L'istinto che la teneva inchiodata a quel luogo ebbe ragione. Dopo una
lunga attesa, che a lei parve eterna, udì nuovo rumore di gente che si
moveva dalla palazzina, vide un altro gruppo di persone uscire da
quell'uscio, scendere lo scalino, venir lentamente traverso il cortile,
accostarsi al cancello di ferro. Non ebbe mestieri che d'un'occhiata
sola per conoscere al chiaror della luna, chi fosse quell'uomo che più
legato ancora dei due che erano usciti precedentemente, veniva fuori in
mezzo ai carabinieri, camminando con uno stento che si sforzava a
dissimulare.
Era lui! Maddalena sentì il sangue darle un rimescolo: ebbe appena tanto
di prudenza e di forza da trattenere nella gola il grido di dolorosa
sorpresa, di spasimo e di rabbia che voleva scoppiare; si tenne al
tronco dell'albero dietro cui si riparava, e nella rugosa corteccia
dell'olmo piantò le sue unghie, tra per sorreggersi in piedi chè le
gambe le mancavan sotto, tra per dare un subito sfogo alla tanta
passione tormentosa che l'invase.
Come le apparve bello al pallido chiaror della luna! Più pallido di quel
raggio, che illuminandole, pareva accarezzarne le sembianze, ma fermo,
ma tranquillo, ma con una leggera amarezza d'ironia che pareva una nota
di superiorità a quelli che lo circondavano, all'umana schiatta, alla
sua sorte, egli rappresentava una sfera di gentilezza, un ideale di
distinzione a quella giovane plebea dal sangue ardente, in cui
tumultuava la passione, cui spingeva un'aspirazione d'istinto verso il
bello e l'eletto, come spinge anche la farfalla notturna una ignota
possa verso la lucentezza della fiamma.
Avrebbe voluto slanciarsi addosso a lui ad abbracciarlo; avrebbe voluto
aver le forze di Sansone per atterrare quei rappresentanti della
tirannia sociale e liberarlo; non voleva a niun conto lasciarlo passare
senza fargli sentire che ella era lì, che il cuore di lei non si mutava
e traboccava di passione per esso, che a costo anche della vita avrebbe
ella tentato giovargli. Ma non dimenticò la prudenza, camminando pian
piano, con accorta cautela, venne a portarsi innanzi ad uno dei rari
lampioni che avevano ufficio, e non lo adempivano, di rischiarare il
viale, e si pose in modo che ella, stando nell'ombra, vedesse chi
passava nel ristretto cerchio di luce rossastra, mandata dal lampione.
Quando Gian-Luigi fu a quell'altezza, ed ella ne potè ancora mirare le
dilette sembianze, Maddalena levò la voce in quel silenzio della notte,
che non era turbato fuorchè dal passo in cadenza dei carabinieri, gridò
una sola parola:
— Spera!
I carabinieri si riscossero e gettarono acuti sguardi nell'oscurità da
quella parte ond'era venuta la voce; ma nulla scorsero. Gian-Luigi
quella voce la riconobbe: volse a quel punto un sorriso di
ringraziamento, di gratitudine, d'affetto e continuò tranquillamente la
strada.
Maddalena era sparita.
Prendendo la corsa lungo il viale nella direzione opposta a quella che
avevano i carabinieri col loro prigione, nell'intento di rientrare in
città per un'altra parte, Maddalena non sapeva bene ancora che cosa
avrebbe potuto fare, che cosa avrebbe fatto in pro del suo amante.
Agire, la doveva, la voleva; sentiva una interna agitazione che non la
lasciava stare alle mosse. Ma che fare? che fare, ella povera fanciulla
della plebe, senz'altre attinenze che coi miserabili perduti nelle più
basse regioni della infima classe, nel fango sociale della povertà, dei
vizi e del delitto? Avrebbe dato tutta la sua vita, la sua bellezza fin
anco, la sua parte di paradiso (se pur osava sperar d'avere possibilità
d'entrarci) per arrivare un momento, un solo momento, a possedere forza
e potenza, l'autorità del grado, del nome, della ricchezza, la balìa
delle cose del mondo. Un'idea spuntò finalmente nel suo cervello
affaticato a immaginare spedienti dalla sua volontà incitata dalla
passione. Si ricordò che quel Barnaba medesimo, che era stato messo di
certo alla caccia del _medichino_, parlandole di costui appunto, le
aveva rivelato come Quercia fosse l'amante della Zoe, cortigiana
sfarzosamente elegante, mantenuta d'un Principe, della contessa di
Staffarda, nobilissima fra le nobili dame della città. Queste donne
dovevano avere quello che a lei mancava, l'influenza; ed esse al pari di
lei dovevano desiderare ardentemente di adoperarsi in pro del giovane,
poichè lo amavano. Non c'era altro adunque per allora da fare che
correre da una di queste, da tuttedue, raccontare il fatto e spingerle
subitamente all'opera. A quale doveva ella dare la precedenza? Editò
alquanto, e poi si decise per Zoe. Quantunque in altro ambiente, in
altro grado, direi quasi, quest'ultima era pure una cortigiana; e
Maddalena sentiva quindi con essa maggiori i punti di contatto, e per
ciò glie ne pareva più facile l'abbordo e che le sarebbe meno
impacciato, quando si trovasse in faccia a lei, il discorso. Da Barnaba
essa s'era fatto dire l'indirizzo dell'abitazione dell'una e dell'altra
dalle sue rivali: senza perder più tempo, corse dalla _Leggera_.
Costei, ancora in iscrezio col suo principesco amante, si faceva
consolare dell'abbandono di lui dalle galanterie del signor Bancone, il
re di denari nel mondo bancario d'allora; galanterie quotate alla borsa
del cuore della celebre cortigiana, e presentemente in rialzo. Quando la
confidente megera, che le serviva anche da mezzana sotto il pretesto di
farle da fante, venne a susurrarle nel padiglione di un'orecchia che una
povera popolana, giovane, belloccia, agitata, ansante era colà che
chiedeva parlarle di cosa gravissima e che premeva assai, la Zoe non
ebbe altro miglior pensiero fuor quello di mandarla ai cento mila
diavoli e risparmiarsene il fastidio d'una visita e d'un colloquio che
non poteva e non sapeva attribuire a cosa che lei potesse riguardare.
Fra la schiera immorale e tuttodì crescente con sempre più audace
spudoratezza delle venditrici d'amore, la _Leggera_ teneva un poco
invidiabile e pur da molte e da molte invidiato primato; invidiato non
che dalle compagne di vergogna cui la bellezza o la fortuna non
favorivano di tanto, ma, e questo è doloroso a pensarsi, dalle ragazze
di povere famiglie che stentavano la vita e si frustavano la non sorrisa
giovinezza ad un povero lavoro, e cui la mancanza d'attrattive, il caso
solamente, la sorveglianza de' genitori soltanto, non più un'onestà che
era sparita nelle dure prove della miseria, impediva di avere con sì
facile infamia vesti di seta ed ebbrezza di vizi. Per ciò all'antica
saltatrice di corda e danzatrice sul dorso di cavalli, avveniva sovente
quello che suole avvenire ad artisti da teatro di gran fama, a cui,
cioè, molti, o spinti dalla vocazione, o dalla molla d'una vita che
appare al pubblico piena di soddisfazioni e di gaudii, o dalla mattana,
o dall'irrequietezza dell'indole, ricorrono per aver consigli,
avviamento ed aiuti per intraprendere quella carriera in cui il
consultato è giunto già a sì elevata meta. Dalla Zoe ricorrevano povere
fanciulle abbandonate dall'amante, perseguitate dalla tirannia d'un
padrigno, od anche d'un padre ubriacone, perseguitate dalla miseria,
solleticate dalla smania dei piaceri mondani, dall'infingardaggine e
dalla voluttà, per imparare come si doveva fare a vendere utilmente quel
poco d'onore che loro ancora rimaneva. La Zoe, o loro rispondeva con
disprezzosa ironia, o le respingeva con indegnazione, o si commoveva
alle narratele miserie e veniva largamente in soccorso della sventura:
imperocchè per un'anomalia, che trovasi frequente in questa fatta di
donne, ella, spietatissima a pelare i giovani che le cadevano sotto le
unghie, non dandosi il menomo pensiero pur mai de' guai, delle
dissensioni o de' danni che recava in oneste famiglie, era poi a volta a
volta pietosissima per le sofferenze dei poveri, per quelle strette
della miseria traverso le quali ricordava pure esser passata la sua
infanzia, e di cui non esente la sua adolescenza.
Quando adunque la cameriera osò violare la soglia del gabinetto in cui
la padrona e il banchiere milionario stavano fronte a fronte
nell'intimità d'un _petit-souper_ inaffiato del vino spumeggiante di
Sciampagna, la Zoe credette che la fanciulla presentatasi a domandare un
colloquio con lei fosse una di quelle sventurate, a cui l'urgenza del
pericolo o della miseria facesse impaziente di gettar via al più presto
quel poco fardelletto di virtù e incaricò la fante della risposta che
accennai poc'anzi: ma quando la cameriera medesima tornò a riferire che
quella giovane con aria della maggior disperazione insisteva per vedere
subito la signora, affermando trattarsi di vita o di morte d'una persona
che a lei pure era carissima, la cortigiana non fu mossa da nessuna
inquietudine, sibbene da una certa curiosità che le fece sperare nel
domandato colloquio, uno spasso, un'occupazione d'un quarto d'ora —
tanto di rubato alla fastidiosa compagnia del Giove della banca che
l'aveva visitata in Anfitrione.
— Che cosa c'è? domandò appunto questi veggendo i sommessi parlari della
cameriera colla padrona.
Zoe guardò la faccia melensamente vanitosa del banchiere ringalluzzito
dal vino di Francia, i ciondoli d'oro che oscillavano e tintinnivano sul
madornale di lui ventre, e sentì viemmaggiore il desiderio di un
diversivo.
— È una povera giovane che dice avermi da parlare di cose di rilievo...
La vogliamo far venire?... Chi sa che le sue ciancie non ci
divertano!.... La è anche bellina.
Bancone ebbe un sorriso, in cui erano armoniosamente fusi quello d'un
Satiro e quello di Sileno.
— Ah ah! la è bella? domandò egli alla fante, facendo saltare i gingilli
dell'orologio.
— Signor sì.
Il banchiere si sdraiò di meglio sulla poltrona cui occupava col suo
corpo da elefante, ponendo in vista maggiormente la potenza della sua
pancia da Epulone; prese in mano un bicchier da Sciampagna e guardò con
occhio ammiccante il rifrangersi della luce traverso il liquore rosato.
— Va bene, va benissimo. Fate pure entrare quella ragazza.
Nell'entrare in quel luminoso e caldo camerino pieno di tanti profumi
che salivano impetuosamente al cervello: fiori, acque nanfe, vapori di
vivande e di vini, Maddalena rimase come abbagliata e sbalordita. La
veniva dal freddo e dall'oscurità della notte, e trovavasi di botto,
come per un colpo di verga magica, trasportata in mezzo ad uno splendore
di Eden sensuale. Stanca ed ansimante per la corsa che aveva fatta, la
si arrestò un momento sulla soglia e gettò nel gabinetto uno sguardo di
stupore, di curiosità quasi selvaggia. Gli occhi accesi dalla passione
del cuore e dall'animazione del sangue, le guancie infiammate per la
violenza del moto, pel flagellare dell'aria ghiaccia notturna, pel
rapido passaggio dal freddo intenso della strada al calore pieno di
effluvii di quello stanzino, la bellezza proterva della popolana aveva
una tale espressione di temerità, di sfacciataggine direi, che il vizio
intelligente del vecchio libertino ne fu sovraccolto.
— Oh oh! esclamò egli posando il suo bicchier da Sciampagna sul
candidissimo mantile: ecco una mariuola che deve sapere l'affar suo.
Venite avanti, venite avanti, ragazza.
La Zoe aveva piantato i suoi occhi smaglianti e a fior di pelle in volto
alla nuova venuta, e col tatto che è dote naturale delle donne, in lei
fatto più fine per codesto uso dall'esperienza, aveva subitamente
giudicata la strana visitatrice; la non era di quelle solite che vengono
a chiedere consigli di corruzione o soccorsi; ella non aveva bisogno di
andare a prendere da nessuno lezioni d'audacia o d'arte per torsi
d'impaccio. Ma per che cosa veniva ella dunque? Vi era nella sua
risolutezza qualche cosa di amaramente doloroso, nell'attenzione con cui
guardava quella innanzi a cui aveva domandato essere introdotta, v'era
alcun che d'ostile e insieme di espansivo. Zoe guardò con non celata
curiosità quel mistero in gonnella cui non sapeva spiegarsi. Maddalena,
nel medesimo tempo, esaminava con un sentimento assai complesso la
famosa cortigiana. Ne scrutava con occhio critico di rivale la bellezza,
ne studiava nell'espressione dei tratti l'indole, per indovinare che
cosa potesse sperarne. Quei due esseri simili, in quel mutuo raffronto,
non ostante un certo elemento di ripulsione che sentivano fra loro, si
riconobbero un'anima compagna, un'origine comune, una sorte medesima ed
un inesplicabile legame che le avvinceva.
Zoe fece un gesto invitativo colla mano e disse a sua volta:
— Venite avanti.
Maddalena venne fin presso alla tavola su cui specchieggiavano i
cristalli e gli argenti, appoggiò una mano al tessuto finissimo di quel
mantile di tela di Fiandra candido come la neve appena caduta, e disse
con voce che l'affanno della corsa e l'emozione del momento rendevano
saltellante e velata:
— Scusi se vengo a disturbarla, ma si tratta di cosa che preme
cotanto!...
— La è un pezzo di consistenza: disse col cinismo del ricco corrotto e
corruttore, Bancone, che guardava con occhio cupido le forme procaci
della giovane plebea. Avete freddo, eh carina? Sedetevi qui presso me,
innanzi a questa bella fiammata. Ve' la non può manco trarre il fiato.
Aspettate: bevete questo bicchiere e ne sarete rinfrancata.
Riempì sino all'orlo di vino di Sciampagna un bicchiere fatto a calice e
glie lo porse. Maddalena lo prese, guardò chi glie lo stendeva con una
malvogliosa indifferenza, come si fa d'un fastidioso che secca
incontrare, e bevve d'un fiato.
— Da brava: esclamò Bancone, tornando ad arrovesciarsi sulla sua
poltrona e scoppiando in un riso grossolano e sgangherato che gli era
solito. Che ne dite eh, cara la mia giovane?
Allungò un braccio per prenderla alla vita; Maddalena si trasse in là e
lo guardò con dispettosa impazienza.
— Tacete: disse severamente Zoe all'Anfitrione, e state fermo.
Poi volta alla giovane:
— E voi, che cosa avete da dirmi di tanta premura?
Maddalena accennò con moto del capo al grosso banchiere.
— Ho bisogno di parlare a Lei sola.
La _Leggera_ si levò e disse alla giovane:
— Venite meco.
— Ecchè? Voi mi piantate in questo bel modo? Esclamò Bancone volendo
dare al suo aspetto ed alla voce l'espressione del corruccio d'un uomo
che paga per essere divertito.
Zoe, che già era avviata all'altra stanza, non volse che la testa verso
il milionario.
— Se volete aspettarmi, siete padrone: diss'ella: se vi rincresce
l'indugio, siete padrone eziandio di andarvene.
Il banchiere borbottò una filza di rimproveri al battente dell'uscio che
si rinchiuse dietro le spalle delle due donne, e sfogò la sua bizza
sulla bottiglia di Sciampagna che aveva a tiro della mano.
— Ebbene? domandò la _Leggera_, piantandosi in faccia alla popolana. Ora
siamo sole e potete parlare.
Maddalena avvicinò il suo al capo della interrogatrice, le affondò, per
così dire, gli occhi negli occhi e disse con voce sommessa, ma vibrata:
— Gian-Luigi fu arrestato.
Zoe ebbe un sussulto di tutta la persona e una fiamma le balenò nello
sguardo; ma raffrenatasi tosto, disse freddamente:
— Chi? Quale Gian-Luigi?
— Quercia: rispose sempre a voce bassa ma con una veemenza quasi
indignata la Maddalena: il _medichino_, il vostro amante... ed il mio!
— Chi siete voi? domandò allora la cortigiana, serrando al suo petto le
braccia. Come mi conoscete? Perchè siete venuta da me? Ditemi tutto, e
siate schietta e veritiera.
La giovane contò ogni cosa, dalla prima conoscenza da lei fatta di
Gian-Luigi che aveva visto con abiti da popolano, frammisto a popolani,
introdursi nella taverna di Pelone, alla compiuta fiducia che presso di
lui le aveva acquistato la sua devozione amorosa, agli avvenimenti di
quella sera che avevano finito coll'incarceramento del _medichino_.
— Ed ora che cosa bisogna fare? disse la _Leggera_, quasi interrogando
se stessa, quando Maddalena ebbe finito.
— Bisogna salvarlo: esclamò la popolana con forza e calore. Bisogna che
lo salviamo noi, donne che lo amiamo. Io, sventurata, non ci posso nulla
che metterci la mia vita. E son pronta a dare tutto il mio sangue. Ma
Lei e la contessa di Staffarda che sono potenti: loro possono e debbono
toglierlo dal mal passo... Io imparai l'indirizzo di casa sua, con ben
altri intendimenti che di venire ad un amichevole colloquio, sa!... Fui
gelosa di Lei con una rabbia feroce, e mi sarei sentito il cuore e la
forza di sbranarla. Ma ora ch'egli è colpito dalla sventura, ho pensato
che non avremmo più che una volontà sola, che uno scopo... Lo salvi, ed
io le sarò riconoscente più che se me avesse tolta alla morte...
Zoe meditava. Recarsi dal Principe non le pareva in quel momento il
mezzo migliore; per riafferrare tutta la sua influenza su di lui era
necessario lasciare che S. A. fosse la prima a venirsi umiliare alla
bassezza della cortigiana: ed andarlo a cercare essa per supplicarlo in
favore appunto di colui che era stato la cagione del suo principesco
furore, era un'imprudenza e non altro. Il cenno che Maddalena fece della
contessa di Staffarda le richiamò alla mente una circostanza che in quel
punto non ricordava, e la pose sulla vera strada.
— La contessa di Staffarda! diss'ella. Sì! Ecco il filo che si ha da
tirare. — Ella per amore e per paura... e suo marito... sì, anche suo
marito ci ha da concorrere — il marito colla minaccia della pubblicità.
— A ciò pensava Luigi dandomi quelle lettere... Le sono un vero
talismano.
Si volse a Maddalena e disse ratto:
— Aspettatemi un momento, ed usciamo insieme.
Suonò con forza il campanello.
— Si attacchi subito subito e in tutta fretta: disse alla fante che
accorse. A me un cappellino, una mantiglia, una cosa qualunque da
mettermi sulle spalle...
La non era vestita che di una stupenda veste da camera di _cachemir_
foderata di seta; e nelle biancherie del collo e nella chioma aveva un
disordine, effetto di quella orgia a due che la Maddalena era venuta ad
interrompere. La cameriera domandò qual abito avesse da recare, per
indossarle.
— Nessuno: disse con impazienza la Zoe. Dove vo non avranno campo nè
voglia da guardarmi l'acconciatura.
Si avviluppò in un mantello e passò nel gabinetto dove Bancone
combatteva la noia dell'attesa con gli avanzi del banchetto.
— Mi capita una delle maggiori sciagure che mi potessero mai capitare:
disse affrettatamente la cortigiana a Bancone sbalordito. Bisogna ch'io
corra subito a tentar di rimediarvi. Non vi dico più di aspettarmi e
perchè non so quando potrò essere di ritorno, e perchè tornata, non avrò
tale umore da esservi di piacevole compagnia.
E senza aspettar risposta, fatto cenno alla Maddalena di seguirla, uscì.
La carrozza era pronta, le due donne vi salirono, e pochi minuti dopo
arrivavano alla porta del palazzo di Langosco.
— State qui dentro ed aspettatemi: disse Zoe alla sua compagna, ed
aperto l'usciòlo saltò leggermente a terra, corse per l'andito, su delle
scale, e si presentò nell'anticamera degli appartamenti, dove parecchi
domestici stavano sbadigliando.
— Vorrei parlare alla contessa: disse vibratamente la _Leggera_ e con
tono di comando.
— Non si può: rispose uno dei domestici: la signora contessa è a letto
malata e non riceve nessuno.
- Parts
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- La plebe, parte IV - 11
- La plebe, parte IV - 12
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- La plebe, parte IV - 14
- La plebe, parte IV - 15
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- La plebe, parte IV - 51