La plebe, parte IV - 32
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arcigni di guardie poliziesche e di cappelli a becchi di carabinieri. Al
fondo dello stanzone, dal suo banco a cui sedeva secondo il solito, il
tavernaio, facendo una splendida eccezione alla ordinaria lentezza di
moti del suo lungo corpo dinoccolato, sorse di scatto sulle sue zattere
di piedi, assalito da un parosismo maligno della sua tosse profonda e
dal fondo delle occhiaie incavate girando attorno uno sguardo sgomento:
— Il Commissario in persona! si disse egli in fretta in fretta con un
ansioso monologo mentale. Caspita! Gli è dunque qualche cattura
importante che qui si vuol fare.
Ma lo sguardo che aveva mandato in giro gli aveva fatto conoscere che
presenti nell'osteria a quel momento, non c'era che una minutaglia di
birbanti, pesciolini senz'importanza, per cui non occorreva tanta forza
di reti nè tanta abilità di pescatore: e ciò lo spaventò ancora più.
— Ahi, ahi! Pelone, continuò egli nel suo monologo; codesto mi ha l'aria
molto brutta per te; tutto ciò temo voglia avviarsi molto male.
Qualcheduno avrà commesso delle imprudenze; già lo sapevo che sono una
manica d'imbecilli; lo dovevo prevedere ed avrei fatto bene a contar
tutto al Commissario. Ora temo d'essere nella ragna pur troppo, che il
diavolo li porti tutti quanti, e me con essi.
L'alto rumore che facevasi nella bettola, e vociare nel giuoco della
morra, e sbraitare di canzonaccie, e parole concitate che erano grida e
sghignazzamenti e imprecazioni e bestemmie, all'entrare della forza
pubblica, era cessato tutto ad un tratto, come per incanto. Tutte le
faccie s'erano rivolte alla porta, tutte le bocche erano rimaste
spalancate e gli occhi fissi nell'espressione d'una paurosa sorpresa,
nel cuore di tutti s'era messa l'ansia, perchè fra tutti quegli
avventori non ce n'era forse uno cui quella vista non dovesse dare a
riflettere ai casi suoi.
La Maddalena, che trovavasi nella cucina al pian di sotto, stupita
grandemente pel subito succedere senza transizione di quell'alto
silenzio al baccano di prima, venne su a vedere che mai fosse capitato,
e mostrò la sua faccia impertinente e rubiconda al di sopra della
botola.
— Figliuola di mala femmina, sgualdrina, sfacciata che Dio ti dia bene!
le disse mozzicando le parole fra le sue gengive il bettoliere che s'era
levato premurosamente di dietro il banco per muover all'incontro del
Commissario. Ecco qui la sbirraglia: siamo tutti perduti, che Satanasso
ti abbranchi!
Maddalena per prima cosa pensò alla più diletta persona, alla sola
diletta che avesse al mondo, al _medichino_, cui quel pericolo poteva
minacciare; guardò alla porta e veggendo entrare cinque o sei sgherri e
con essi tre carabinieri, ed una riserva di poliziotti rimanere ancora
al di fuori sulla strada, capì con molto dispetto che il fuggire di là
era impossibile. Suo proposito era correre in cerca di Luigi e tanto
aggirarsi finchè l'avesse trovato per avvisarlo di quel che avveniva
nella bettola, di guisa ch'egli potesse provvedere ai casi suoi.
Qualunque altro non avrebbe più avuta speranza nessuna di riuscire in
questo intento; ma la Maddalena era tenace nelle sue volontà, era
audacissima, accorta, ed era donna; si disse che un'occasione di
sgattaiolarsela sarebbe nata ed ella avrebbe saputo approfittarne, ed
anche l'avrebbe saputa far nascere, e salita del tutto fuor della
botola, si venne accostando lentamente al gruppo degli agenti della
forza pubblica, come spinta soltanto da una curiosità naturale, ma
affatto disinteressata.
Chi s'accostò non lentamente ma con zelante premura al sor Commissario
fu mastro Pelone, il quale, trattosi fuori di dietro il banco, levatosi
dal cranio lucido di avorio giallo la berrettaccia unta e bisunta,
veniva all'incontro del signor Tofi, lungo la corsìa in mezzo ai due
ordini di tavole, facendo passi da gigante colle sue lunghe gambaccie
stecchite e trinciando inchini da toccare colla punta del suo naso da
uccello di rapina le rotelle piatte de' suoi ginocchi.
— Oh signor Commissario, illustrissimo signor Commissario! gridava egli
colla sua voce rauca, punteggiata dagli sbruffi della tosse: in che cosa
posso servirla, signor Commissario? Mi metto a sua disposizione, signor
Commissario.... Fatevi in là voi altri: si diede a gridare a parecchi
degli avventori che ingombravano il passaggio, e li urtava nella schiena
per farneli ritrarre: toglietevi di qua, mascalzoni, fate largo, date
luogo al signor Commissario.
Questi dall'alto del suo cravattone guardò con occhio severo l'oste
tutto confuso, che credette, a quell'occhiata, sentir aprirsi il terreno
sotto i piedi, e non rispose pure una parola; poi volto al brigadiere
dei carabinieri ed a quello delle guardie di polizia, disse:
— Nessuno esca di qua sino a nuovo ordine. Prendete nome, cognome e
condizioni di tutti e quelli che sono in nota sieno ammanettati
senz'altro.
Carabinieri ed _arcieri_ si posero tosto all'opera. Della maggior parte
di quegl'individui non avevano pure da domandare il nome; chè erano
antiche loro conoscenze e non nuovi inquilini della carcere. Tutti
protestavano che gli era uno sbaglio, che erano innocenti come neonati,
ma le proteste non indugiavano d'un punto il ratto procedere degli
agenti della forza pubblica.
— Voi, Pelone, disse il signor Tofi con quel suo brusco accento, che
gelava il sangue nelle vene a chiunque: venite meco di là in quello
stanzino.
Il Commissario fe' cenno al brigadiere dei carabinieri, a quello degli
sgherri e passò primo; Pelone entrò dopo di lui abbrancato ad un braccio
dal caporale _arciere_, e le sue lunghe gambe gli si piegavano sotto:
l'uscio a vetri colle tendine rosse fu chiuso dietro di loro.
— Pelone; cominciò il signor Tofi con quel tono che toglieva ogni
volontà di resistenza; apriteci subito l'uscio segreto che c'è in quella
impiallacciatura di legno, pel quale si comunica col sotterraneo
ricovero della _cocca_.
L'oste sentì un brivido come mai l'uguale corrergli per tutte le vene e
gli venne un nodo alla gola che, secondo si espresse egli medesimo di
poi, gli parve una carezza della corda di mastro Impicca.
— Signor Commissario, balbettò egli, verde in viso e oscillando come
briaco sulle sue pertiche di gambe, non so..... non capisco..... in
parola di Pelone.....
Si ricordò che quel passaggio, per fortuna, ultimamente era stato
murato, che quindi non lo si sarebbe rinvenuto, e povero di consiglio
com'era in quel momento, preso alla sprovveduta, si figurò che il
miglior mezzo era di negare risolutamente.
— Non so che cosa Vossignoria voglia dire..... che il diavolo mi porti.
Tofi lo guardò con aria feroce, e senz'aggiunger verbo andò a quel punto
dove Barnaba gli aveva detto esistere il passaggio; toccò nel luogo
dove, per le rivelazioni di Arom, sapevasi esistere la molla, ma nulla
si mosse.
— Aprite, sarà meglio per voi: disse il Commissario furibondo a Pelone.
— La mi scusi, signor Commissario, ma per la salute dell'anima mia, per
la Madonna delle grazie e quella della Consolata, pel mio Santo
protettore, protesto.....
Il Commissario non lo lasciò finire: aprì l'uscio a vetri che metteva
nel primo stanzone e disse con accento di comando:
— Due uomini qua con ascie e picconi.
Gli uomini vennero solleciti.
— Abbattete quel tavolato lungo tutta questa parete: comandò il signor
Tofi.
In dieci minuti la bisogna fu compiuta. Non vi era passaggio di sorta
nella muraglia, ma ad un punto, ed era facile accorgersene, la muratura
era fresca.
Tofi si rivolse al bettoliere, più furibondo di prima.
— Brigante! Avete murato l'apertura, eh? E credete scappolarla?
Miserabili! siete tutti nei miei artigli ad ogni modo, ed avrete dal
boia quel che vi meritate... Distruggete quella muratura.
Gli uomini si posero a dar coi picconi in quella parte che si vedeva
costruita di recente.
Ma ecco che in quella giunge correndo un arciere della squadra che erasi
recata alla bottega del Baciccia, e viene a recare un'ambasciata al sor
Commissario.
A questa squadra ecco che cosa era avvenuto.
Giunti alla bottega del rigattiere e trovatala chiusa, se l'erano fatta
aprire ed irrompendo avevano senza perder tempo legato ben bene il
Baciccia e la sua famiglia, poi recatisi diviati al nascosto passaggio
che comunicava col sotterraneo, vi si erano introdotti, camminando pian
piano, con ogni cautela, colle loro lanterne accese.
In _Cafarnao_ erano i soliti inquilini, che non avevano altro soggiorno
più sicuro di quello: i due galeotti evasi dal bagno, _Stracciaferro_ e
_Graffigna_. Dormivano ambedue; ma l'ultimo, in qualunque luogo si
trovasse, non dormiva che di quel sonno che il volgo suole attribuire
alla lepre, la quale non chiude che un occhio e coll'altro sta sempre
spiando ciò che le succede dintorno. _Graffigna_ adunque udì fra il
sonno e la veglia il rumor lontano e soffocato dei passi guardinghi di
più persone suonare per la volta rimbombante del sotterraneo e si drizzò
in sussulto a sedere sul suo strammazzo. Era un sogno frequente ch'ei
faceva quello di essere perseguitato dai giandarmi, e credette anche
questa volta essere stato disturbato da un sogno; ma ora e' si sentiva
bene sveglio, e quel rumore non che dileguarsi veniva sempre più
accostandosi; balzò dal giaciglio e corse alla porta che usciva su
quella specie di vestibolo che precedeva lo stanzone, onde entrava
colaggiù un poco d'aria e di luce, vide dal corridoio che veniva alla
bottega del Baciccia, unica strada che ora ci fosse oltre quella della
casina del _medichino_, appressarsi uno splendore rossiccio che giudicò
prodotto da più lanterne portate a mano, e udì un tintinnare d'armi che
al suo orecchio esercitato rivelò di che razza fossero i sopravenienti.
D'un salto egli fu presso _Stracciaferro_ a scuoterlo vigorosamente. Suo
disegno era correre in tutta fretta su per l'andito che menava alla
palazzina di Quercia, il quale aveva visto ancor libero, e di là
fuggire, se ancora possibile, alla aperta campagna. Ma quanto era
leggiero il sonno di _Graffigna_, altrettanto era sodo e pesante quello
di _Stracciaferro_ onde alle scosse ed agli urtoni che il suo compagno
gli dava, quell'omaccione, senza punto destarsi, non faceva che
rispondere con un grugnito e con certi atti impazienti e collerici che
provavano essere il mal capitato chi venisse a disturbarne il riposo.
Vedendo che la cosa premeva oltre ogni dire, _Graffigna_ pensò ricorrere
ad un mezzo che ritenne infallibile: punzecchiò forte colla punta del
suo pugnale nelle carni dell'addormentato e nello stesso tempo gli gridò
nel padiglione dell'orecchia:
— Su, su, _Stracciaferro_; sono qui gli sbirri ad arrestarci.
L'omaccione mostrò che era sveglio pur finalmente sparando insieme una
grossa bestemmia e un tremendo pugno che guai per _Graffigna_ se n'era
colto.
— Possa tu venir appiccato, traditore d'un birbone da forca: esclamò
_Stracciaferro_: mi lascierai tu dormire in pace?
— Il tuo augurio sta per essere avverato: di rimando _Graffigna_,
martuffo del boia, mio caro amico, che ti venga un accidente; e sta per
avverarsi anche per te, giacchè stiamo per essere presi come due sorci
in trappola.... Ti dico che è qui la Polizia.
Questa volta _Stracciaferro_ fu desto del tutto.
— Possibile! esclamò egli levandosi.
— Senti! disse _Graffigna_.
L'omaccione udì ancor egli il passo in cadenza della squadra che
s'avanzava lentamente. Al suo spirito ottuso non balenò neppure il
pensiero d'un possibile scampo; non pensò che a vender cara la sua vita;
girò intorno lo sguardo degli occhi sanguigni e borbottò fra i denti:
— Ah cani maledetti! Or ora ne spedisco io una frolla all'altro mondo a
farmi da battistrada.
Aveva visto in un angolo un palo di ferro di quelli onde si servivano ad
abbattere imposte e sgangherar usci, e fu ad afferrarlo, maneggiandolo
con tanta facilità, come altri farebbe d'un semplice bastone.
_Graffigna_ gli spiegò in fretta in fretta la possibilità che forse
eravi ancora di fuggire per la casetta del _medichino_; ed egli allora
consentì a tentar questo passo, armato del suo palo di ferro; ma era
troppo tardi, ed appena usciti dallo stanzone, i due banditi si videro
saltare addosso gli agenti della forza pubblica. Si ritirarono essi
sulla soglia del _Cafarnao_, in alto dei pochi gradini che vi
conducevano, e disperati del tutto della vita, si prepararono ad una
strenua difesa. Non racconterò le vicende di questa lotta resa più
orribile dal luogo, dalle tenebre appena se rotte da quella luce
rossiccia che pareva anch'essa macchiata di sangue, dalla forza erculea
di _Stracciaferro_, dall'agilità di _Graffigna_ che balzava come una
pantera addosso ai nemici e riparava poscia sotto la protezione della
tremenda mazza del suo compagno, riportando ad ogni volta bagnata di
sangue novello la lama sottile del suo pugnale. Il fatto è che già
troppo durava questo combattimento, senza che si fosse potuto venire a
capo di opprimere i due assassini, e parecchi degli assalitori giacevano
malconci; speravano gli agenti della Polizia veder giungere da un
momento all'altro il rinforzo del Commissario co' suoi uomini, che
secondo le intese dovevano riunirsi colà appunto al resto della squadra,
ma non vedendo nulla arrivar mai, chi comandava quella frazione aveva
pensato miglior consiglio mandare alcuno ad istruire il signor Tofi di
quello che avveniva ed invocarne sollecito il soccorso. Codesto era
venuto a fare l'uomo che abbiamo visto soprarrivare sollecito alla
taverna di Pelone, e il Commissario appena inteso com'erano le cose,
lasciato nella bettola appena quanti uomini bastassero a tenere in freno
gli arrestati che già erano a due a due avvinti dalle manette, con tutto
il resto delle sue forze accorse sul luogo del conflitto.
La Maddalena, visto partire il Commissario e la maggior parte dei birri,
sentì accrescersi la sua mai perduta speranza di fuggire. Se ne venne
tranquillamente verso la porta d'uscita, e saettò un'occhiata assassina
all'_arciere_ che stava là appostato. Quell'_arciere_, per fortuna di
Maddalena e per sua sfortuna, praticava non di rado nella bettola, e le
attrattive petulanti della giovane lo tentavano maledettamente; a
quell'occhiata ch'egli credette gli dicesse tante cose, non potè a meno
che rispondere con un fatuo sorriso di compiacenza.
Maddalena, con atto di affettuosa domestichezza, gli pose una delle sue
mani paffutelle sul petto.
— Ho da dirvi una cosa: gli susurrò sotto voce, ponendogli bene innanzi
le sue pupille smaglianti, la sua faccia fresca e il suo sorriso
provocatore.
— Che cosa? disse il babbuino aitandosi ed andando tutto in brodo di
giuggiole.
— Non qui: soggiunse la briccona sempre più sommesso, guardandosi
dattorno con diffidenza: venite fuori un momento; è una cosa che vi farà
piacere.
E senza attender altro, lesta pose la mano sulla gruccia della
serratura, socchiuse l'uscio e sgusciò fuori: ma l'_arciere_ fu
sollecito ad allungar il braccio, afferrò la ragazza pei panni e le
tenne dietro nella strada.
— Or bene, parlate ora, mia cara...
Non ebbe tempo a finire queste parole che la Maddalena, la quale forzuta
era e coraggiosa più che a donna s'addica, gli scaraventava un pugno sul
naso con tanta violenza che il povero _arciere_ vedeva a un tratto cento
mila fiammelle, e recandosi le mani alla parte offesa non pensava più a
trattenere la donna, che non perdeva tempo a darsela a gambe e spariva
ratta nell'oscurità di quelle viuzze contorte.
Dove la si recasse vedremo poi, ora torniamo con Barnaba che dalla
camera ove giaceva il _medichino_ legato, si calava per la scala segreta
nel sotterraneo della _cocca_.
Quando Barnaba discese in _Cafarnao_ la lotta era finita, il
sopraggiungere del Commissario con nuovo rinforzo di poliziotti, aveva
dato più animo agli assalitori ed era riuscito a superare ben tosto
colla prepotenza del numero la difesa degli assassini. Questi, disarmati
e strettamente legati, stavano in quella specie d'atrio circolare dove
facevano capo le varie strade coperte, posti in mezzo ad una mezza
dozzina de' più robusti e risoluti sgherri, i quali li custodivano
tenendo gli occhi fissi su di loro e le mani sui calci delle pistole. Il
signor Tofi, penetrato nello stanzone sotterraneo, tutto lieto delle
infinite cose che vi scopriva, onde di gran lunga era superata la sua
aspettazione, ne faceva una ricognizione sommaria; riserbandosi, a cose
più calme, un minuto esame ed un esatto inventario. Intanto aveva già
riconosciuto che colà stavano le prove materiali di parecchi reati di
cui fino allora non si erano potuti trovare i colpevoli: quelli che in
linguaggio criminale si chiamano _corpi del delitto_. Là era la cassa di
ferro portata via al signor Bancone; là il mantello di Francesco Benda,
di cui uno squarcio era rimasto in mano all'assassinato Nariccia; là
varii e molteplici oggetti caduti nei più audaci furti ed assassinii
commessi. Adocchiato finalmente l'uscio che metteva nel gabinetto
particolare del _medichino_, il Commissario lo faceva atterrare, e
penetrato in quel recesso, rotte le serrature dei forzieri e della
scrivania, giungeva ad impadronirsi pur finalmente di tutti i segreti
della tremenda associazione, di tutti i fili di quella permanente
congiura di malfattori contro la proprietà e la società.
Barnaba arrivava appunto nel migliore dell'opera di sommario esame e di
separazione dei documenti sequestrati.
— Signor Commissario; cominciò egli, per richiamare su di sè
l'attenzione del suo superiore.
Il signor Tofi levò il viso vivamente e di sotto la larga tesa del suo
cappello che teneva piantato in capo, mandò uno sguardo pieno di
soddisfazione e brillante di trionfo verso il suo subordinato che gli
stava ritto dinanzi. Parve persino che le sue labbra severe si
atteggiassero ad una sembianza di sorriso; cosa che da anni ed anni
avevano affatto disimparato.
— Ah siete qui voi!... Spero che non vi sarete mica lasciato scappare il
merlotto.
Mai, a memoria di birro, il signor Commissario Tofi non aveva usato
parole e tono così scherzosi.
— No, signore, rispose Barnaba, che, sfinito del tutto di forze, si
appoggiò alla scrivania per sorreggersi; egli è colassù legato come un
salame.
— Bene, benissimo: esclamò Tofi fregandosi le mani. Ma come colassù?
Dove volete dire?
— Nella palazzina del viale.
— Ah sì! E come ce l'avete costì, perchè ce l'avete portato?
— L'abbiamo preso colà.
— Oh bella! Raccontatemi come andò la cosa.
Ma in questa il Commissario degnò accorgersi che il suo subalterno non
poteva proprio più stare in piedi.
— Sedete: gli disse con accento più benigno di quello che da lui si
potesse aspettare; avete bisogno di riposo; lo si vede.
Barnaba si lasciò andare sopra una scranna e raccontò le peripezie
dell'arresto.
— Che minchione! esclamò il Commissario: poichè vi era sfuggito dalle
branche, venirsi a porre da sè in trappola. Ma e' son tutti così: ce la
fanno, ce la fanno per un pezzo, e nissuno mai, conviene dirlo, ce l'ha
fatta così bene e per tanto tempo come questo scellerato, e poi ad un
bel punto perdono la scrima. Ora, grazie a Dio, ce l'abbiamo ed è affar
finito; non ci scappa più. Metteremo in pratica tutta la possibile
sorveglianza.
— L'affidi a me, sor Commissario: esclamò con un certo ardore Barnaba,
rianimandosi nonostante la sua sfinitezza. Lo vorrò sorvegliare anche
quando sia nelle carceri, perchè quell'associazione di cui il
_medichino_ è capo, ha tali diramazioni ed è sì potente che ci sarà
impossibile, anche con questo colpo, schiacciarla del tutto, e perchè vi
hanno troppe persone ed influenti che seguiteranno ad interessarsi per
la sorte di quel miserabile. Dobbiamo aspettarci a molti ed accorti
tentativi d'evasione.
— È giusto. Voi avete tanto merito in questa faccenda che a voi si
spetta appunto il badare che la si conduca a buon termine. Del resto
avete reso un sì gran servigio e ci avete posto tanto zelo che saprò
raccomandarvi a chi si conviene perchè ne abbiate degno compenso.
Intanto aiutatemi a frugare qui in mezzo se si trovano quelle certe
lettere di quella tale signora che vi ho detto..... O forse le avete voi
trovate nella palazzina?
Barnaba rispose di no: nemmeno fra le carte di quel gabinetto segreto
non si trovarono le lettere che si cercavano, e che il lettore ha già
indovinato esser quelle della contessa Candida Langosco di Staffarda. Si
sperò allora che le si sarebbero rinvenute fra le carte che agenti
speciali avevano sequestrate al domicilio abituale di Quercia e in
quelle altre camere che egli teneva qua e là per la città, e di cui Arom
aveva del pari rivelato l'indirizzo.
Presi seco i documenti più importanti; assicurata ben bene la custodia
dei locali e d'ogni cosa; dato ordine si traducessero in carcere il
bettoliere Pelone che invano invocava tutte le Madonne e tutti i Santi
del Calendario a protesta della sua innocenza, e quegli altri che erano
stati arrestati nell'osteria, il Commissario e Barnaba salirono nella
palazzina del _medichino_, traendosi dietro ammanettati _Stracciaferro_
e _Graffigna_.
Gian-Luigi giaceva sempre sul pavimento, legato braccia e gambe,
immobile, muto, l'occhio nero fisso innanzi a sè, la fronte corrugata a
suo modo, un'espressione d'indomabile energia nel volto. Quando vide
entrare i due agenti della polizia, que' suoi occhi ardenti li
saettarono con uno sguardo d'ira feroce; visto dietro di loro i
galeotti, suoi complici, trascinati dai carabinieri e dalle guardie, le
sue pupille presero fugacemente un'espressione di disappunto rabbioso,
di rampogna, di comando, poi divennero profondamente indifferenti.
Il Commissario si accostò al _medichino_ con passo piuttosto sollecito,
come spinto dalla vivace curiosità; gli si fermò a' piedi, guardandolo
attentamente, incrociando le sue braccia sul petto sporgente ed
abbottonato fino al collo del suo soprabito, il mento sostenuto al
solito alle stecche dure del cravattone, gli occhi felini, sfavillanti
al fondo della larga tesa del cappello abbassato sul fronte da coprir le
ispide e folte sopracciglia grigiastre. Il _medichino_ concentrò tutta
l'attenzione delle sue pupille su quel volto burbero che gli si piantava
dinanzi in alto di quella lunga, impalata, impettita persona. Non c'era
nel suo sguardo e non nella sembianza la menoma vergogna nè la menoma
paura: una sicurezza che poteva dirsi impudenza; quasi una sfida a quel
potere che l'aveva vinto, a quella autorità che lo teneva ora in sua
balìa.
Si sarebbe potuto credere che il signor Tofi dicesse qualche aspra
parola di vanto dell'ottenuta vittoria, od uscisse fuori con qualche
ironico cenno intorno al colloquio che avevano avuto insieme pochi
giorni prima; forse il giacente medesimo se l'aspettava, e nel contegno
aveva già posta per ciò tutta quella disdegnosa audacia con cui si
preparava a rispondere; ma invece il Commissario non disse pure una
parola; stato alquanto a contemplarlo con osservatrice e non niquitosa
attenzione, si volse poscia a Barnaba, e disse a mezza voce, come
risultamento del suo esame e del suo meditare:
— Un'anima da demonio, una volontà di ferro, ed un corpo da Adone.....
Sicuro che c'era da far girar le teste di tutte le donne di questo
mondo.
Gian-Luigi fece uno sprezzoso sogghigno e volse gli occhi ad altra
parte.
— Accostatevi: disse Tofi a _Stracciaferro_ ed a _Graffigna_, tornando a
tutta la brusca e fiera imperiosità del suo accento.
I due assassini, spinti alle spalle dai carabinieri, fecero pochi passi
innanzi verso il luogo dove giaceva il loro capo.
— Conoscete quest'uomo? domandò loro il Commissario, additando il
_medichino_.
_Stracciaferro_ e _Graffigna_ abbassarono gli occhi sul volto del
giacente; il primo con quel suo piglio stupido d'uomo fatto mezzo scemo
dall'abuso dei liquori, il secondo con tutta la penetrazione maliziosa
del suo sguardo intelligente. Gian-Luigi li guardò egli con perfetta
indifferenza, come per dire: «Rispondete un po' come vi pare, che per me
gli è affatto uguale.» _Graffigna_ pensò che in ogni caso il silenzio
val sempre meglio di qualunque parola, e deliberò tacersi;
_Stracciaferro_ che non aveva consiglio proprio, guardò _Graffigna_, e
vistolo tener chiusa ermeticamente la bocca, stè zitto ancor egli.
— Conoscete costui? ripetè il signor Tofi con più ruvido e minaccioso
accento; ma nè anche questa seconda interrogazione non ebbe l'onore
d'una risposta.
— Bene! esclamò egli: razza di cani, parlerete più tardi; oh ve lo
assicuro io che parlerete... Ora conduceteli in prigione.
I due galeotti furono menati via.
— Slegate le gambe a quell'uomo: comandò il Commissario accennando al
_medichino_ con una mossa del capo.
L'ordine fu tosto eseguito.
— Potete camminare? domandò allora il signor Tofi.
— Desidero una carrozza; rispose il _medichino_ con tono di orgogliosa
superiorità: me la volete concedere?
— Potete camminare? ripetè ruvidamente il Commissario.
Gian-Luigi lo guardò con inesprimibile disdegno e gli volse le spalle.
— Sono con voi: disse al brigadiere dei carabinieri. Dove avete da
condurmi?
Il brigadiere interrogò collo sguardo il Commissario.
— Al palazzo Madama: comandò questi; e poi rivolgendosi al prigioniero,
soggiunse: fra un quarto d'ora ci troveremo colà di nuovo faccia a
faccia, signore.
Il _medichino_, le braccia così legate come aveva che le cordicelle gli
entravano nella carne intorno ai polsi e gli facevano gonfiare le vene
da parere dovessero scoppiare, andò a porsi in mezzo ai carabinieri che
lo dovevano accompagnare e disse loro semplicemente:
— Andiamo pure, signori.
Le gambe, per la stretta legatura che avevano sofferto sino a quel
momento, gli dolevano così che sembravagli da principio non poter mutare
pure un passo; ma la sua fisionomia non rivelò nemmeno con una smorfia
il tormento ch'egli soffriva: impose al suo corpo d'obbedire alla
volontà, alla sua mente di non sentire il dolore, e con passo franco si
partì scortato dai carabinieri.
Il Commissario e Barnaba si avviarono da parte loro verso il Palazzo
Madama: e la debolezza del secondo rese necessaria una carrozza. Tofi
fece passare quest'essa nella strada ove abitava il generale Barranchi e
fermarsi alla porta del palazzo. Per fortuna il capo supremo della
Polizia era appunto in casa e, fatto introdurre senza ritardo il
Commissario, ne apprendeva tosto le importanti novelle delle catture e
della scoperta avvenuta quella sera.
Il bravo sor Generale lodava con moderazione e sussiego il buon successo
del Commissario, e poi tosto soggiungeva:
— Spero che quelle tali lettere di cui vi ho parlato saranno già in
poter vostro.
— No, Eccellenza, non ancora: rispose Tofi, e disse come nei luoghi da
esso perquisiti non le si fossero rinvenute.
Barranchi corrugò la sua piccola fronte superba.
— Diavolo! Codesto ve lo avevo tanto raccomandato!
— La non dubiti, s'affrettò a soggiungere il Commissario: le si saranno
trovate alla casa di quel mariuolo od in qualcuna di quelle altre camere
mobiliate ch'e' teneva a pigione.
— Va bene: e ricordatevi che appena le abbiate me le recate voi stesso.
— Sì signore.
Tofi discese, tornò nella carrozza dove Barnaba era stato aspettandolo,
e fu dopo pochi minuti nel suo bugigattolo al Palazzo Madama. Gli agenti
che avevano fatto la perquisizione al domicilio del _medichino_ e nei
varii suoi altri ricoveri, traendone in arresto i servi e taluni di
coloro che gli affittavano le camere, già stavano colà per fare la
relazione del loro operato. Il Commissario li interrogò sollecitamente e
se ne fece rimettere le carte che avevan preso: ve n'era di molte, ed
alcune abbastanza importanti, ma quelle benedette lettere tanto cercate
non v'erano. Tofi fu preso dalla stizza: mandò via con mal garbo tutti
que' suoi subordinati, e rimase solo con Barnaba, il quale in questo
affare era naturalmente elevato al grado di suo confidente e
consigliere.
fondo dello stanzone, dal suo banco a cui sedeva secondo il solito, il
tavernaio, facendo una splendida eccezione alla ordinaria lentezza di
moti del suo lungo corpo dinoccolato, sorse di scatto sulle sue zattere
di piedi, assalito da un parosismo maligno della sua tosse profonda e
dal fondo delle occhiaie incavate girando attorno uno sguardo sgomento:
— Il Commissario in persona! si disse egli in fretta in fretta con un
ansioso monologo mentale. Caspita! Gli è dunque qualche cattura
importante che qui si vuol fare.
Ma lo sguardo che aveva mandato in giro gli aveva fatto conoscere che
presenti nell'osteria a quel momento, non c'era che una minutaglia di
birbanti, pesciolini senz'importanza, per cui non occorreva tanta forza
di reti nè tanta abilità di pescatore: e ciò lo spaventò ancora più.
— Ahi, ahi! Pelone, continuò egli nel suo monologo; codesto mi ha l'aria
molto brutta per te; tutto ciò temo voglia avviarsi molto male.
Qualcheduno avrà commesso delle imprudenze; già lo sapevo che sono una
manica d'imbecilli; lo dovevo prevedere ed avrei fatto bene a contar
tutto al Commissario. Ora temo d'essere nella ragna pur troppo, che il
diavolo li porti tutti quanti, e me con essi.
L'alto rumore che facevasi nella bettola, e vociare nel giuoco della
morra, e sbraitare di canzonaccie, e parole concitate che erano grida e
sghignazzamenti e imprecazioni e bestemmie, all'entrare della forza
pubblica, era cessato tutto ad un tratto, come per incanto. Tutte le
faccie s'erano rivolte alla porta, tutte le bocche erano rimaste
spalancate e gli occhi fissi nell'espressione d'una paurosa sorpresa,
nel cuore di tutti s'era messa l'ansia, perchè fra tutti quegli
avventori non ce n'era forse uno cui quella vista non dovesse dare a
riflettere ai casi suoi.
La Maddalena, che trovavasi nella cucina al pian di sotto, stupita
grandemente pel subito succedere senza transizione di quell'alto
silenzio al baccano di prima, venne su a vedere che mai fosse capitato,
e mostrò la sua faccia impertinente e rubiconda al di sopra della
botola.
— Figliuola di mala femmina, sgualdrina, sfacciata che Dio ti dia bene!
le disse mozzicando le parole fra le sue gengive il bettoliere che s'era
levato premurosamente di dietro il banco per muover all'incontro del
Commissario. Ecco qui la sbirraglia: siamo tutti perduti, che Satanasso
ti abbranchi!
Maddalena per prima cosa pensò alla più diletta persona, alla sola
diletta che avesse al mondo, al _medichino_, cui quel pericolo poteva
minacciare; guardò alla porta e veggendo entrare cinque o sei sgherri e
con essi tre carabinieri, ed una riserva di poliziotti rimanere ancora
al di fuori sulla strada, capì con molto dispetto che il fuggire di là
era impossibile. Suo proposito era correre in cerca di Luigi e tanto
aggirarsi finchè l'avesse trovato per avvisarlo di quel che avveniva
nella bettola, di guisa ch'egli potesse provvedere ai casi suoi.
Qualunque altro non avrebbe più avuta speranza nessuna di riuscire in
questo intento; ma la Maddalena era tenace nelle sue volontà, era
audacissima, accorta, ed era donna; si disse che un'occasione di
sgattaiolarsela sarebbe nata ed ella avrebbe saputo approfittarne, ed
anche l'avrebbe saputa far nascere, e salita del tutto fuor della
botola, si venne accostando lentamente al gruppo degli agenti della
forza pubblica, come spinta soltanto da una curiosità naturale, ma
affatto disinteressata.
Chi s'accostò non lentamente ma con zelante premura al sor Commissario
fu mastro Pelone, il quale, trattosi fuori di dietro il banco, levatosi
dal cranio lucido di avorio giallo la berrettaccia unta e bisunta,
veniva all'incontro del signor Tofi, lungo la corsìa in mezzo ai due
ordini di tavole, facendo passi da gigante colle sue lunghe gambaccie
stecchite e trinciando inchini da toccare colla punta del suo naso da
uccello di rapina le rotelle piatte de' suoi ginocchi.
— Oh signor Commissario, illustrissimo signor Commissario! gridava egli
colla sua voce rauca, punteggiata dagli sbruffi della tosse: in che cosa
posso servirla, signor Commissario? Mi metto a sua disposizione, signor
Commissario.... Fatevi in là voi altri: si diede a gridare a parecchi
degli avventori che ingombravano il passaggio, e li urtava nella schiena
per farneli ritrarre: toglietevi di qua, mascalzoni, fate largo, date
luogo al signor Commissario.
Questi dall'alto del suo cravattone guardò con occhio severo l'oste
tutto confuso, che credette, a quell'occhiata, sentir aprirsi il terreno
sotto i piedi, e non rispose pure una parola; poi volto al brigadiere
dei carabinieri ed a quello delle guardie di polizia, disse:
— Nessuno esca di qua sino a nuovo ordine. Prendete nome, cognome e
condizioni di tutti e quelli che sono in nota sieno ammanettati
senz'altro.
Carabinieri ed _arcieri_ si posero tosto all'opera. Della maggior parte
di quegl'individui non avevano pure da domandare il nome; chè erano
antiche loro conoscenze e non nuovi inquilini della carcere. Tutti
protestavano che gli era uno sbaglio, che erano innocenti come neonati,
ma le proteste non indugiavano d'un punto il ratto procedere degli
agenti della forza pubblica.
— Voi, Pelone, disse il signor Tofi con quel suo brusco accento, che
gelava il sangue nelle vene a chiunque: venite meco di là in quello
stanzino.
Il Commissario fe' cenno al brigadiere dei carabinieri, a quello degli
sgherri e passò primo; Pelone entrò dopo di lui abbrancato ad un braccio
dal caporale _arciere_, e le sue lunghe gambe gli si piegavano sotto:
l'uscio a vetri colle tendine rosse fu chiuso dietro di loro.
— Pelone; cominciò il signor Tofi con quel tono che toglieva ogni
volontà di resistenza; apriteci subito l'uscio segreto che c'è in quella
impiallacciatura di legno, pel quale si comunica col sotterraneo
ricovero della _cocca_.
L'oste sentì un brivido come mai l'uguale corrergli per tutte le vene e
gli venne un nodo alla gola che, secondo si espresse egli medesimo di
poi, gli parve una carezza della corda di mastro Impicca.
— Signor Commissario, balbettò egli, verde in viso e oscillando come
briaco sulle sue pertiche di gambe, non so..... non capisco..... in
parola di Pelone.....
Si ricordò che quel passaggio, per fortuna, ultimamente era stato
murato, che quindi non lo si sarebbe rinvenuto, e povero di consiglio
com'era in quel momento, preso alla sprovveduta, si figurò che il
miglior mezzo era di negare risolutamente.
— Non so che cosa Vossignoria voglia dire..... che il diavolo mi porti.
Tofi lo guardò con aria feroce, e senz'aggiunger verbo andò a quel punto
dove Barnaba gli aveva detto esistere il passaggio; toccò nel luogo
dove, per le rivelazioni di Arom, sapevasi esistere la molla, ma nulla
si mosse.
— Aprite, sarà meglio per voi: disse il Commissario furibondo a Pelone.
— La mi scusi, signor Commissario, ma per la salute dell'anima mia, per
la Madonna delle grazie e quella della Consolata, pel mio Santo
protettore, protesto.....
Il Commissario non lo lasciò finire: aprì l'uscio a vetri che metteva
nel primo stanzone e disse con accento di comando:
— Due uomini qua con ascie e picconi.
Gli uomini vennero solleciti.
— Abbattete quel tavolato lungo tutta questa parete: comandò il signor
Tofi.
In dieci minuti la bisogna fu compiuta. Non vi era passaggio di sorta
nella muraglia, ma ad un punto, ed era facile accorgersene, la muratura
era fresca.
Tofi si rivolse al bettoliere, più furibondo di prima.
— Brigante! Avete murato l'apertura, eh? E credete scappolarla?
Miserabili! siete tutti nei miei artigli ad ogni modo, ed avrete dal
boia quel che vi meritate... Distruggete quella muratura.
Gli uomini si posero a dar coi picconi in quella parte che si vedeva
costruita di recente.
Ma ecco che in quella giunge correndo un arciere della squadra che erasi
recata alla bottega del Baciccia, e viene a recare un'ambasciata al sor
Commissario.
A questa squadra ecco che cosa era avvenuto.
Giunti alla bottega del rigattiere e trovatala chiusa, se l'erano fatta
aprire ed irrompendo avevano senza perder tempo legato ben bene il
Baciccia e la sua famiglia, poi recatisi diviati al nascosto passaggio
che comunicava col sotterraneo, vi si erano introdotti, camminando pian
piano, con ogni cautela, colle loro lanterne accese.
In _Cafarnao_ erano i soliti inquilini, che non avevano altro soggiorno
più sicuro di quello: i due galeotti evasi dal bagno, _Stracciaferro_ e
_Graffigna_. Dormivano ambedue; ma l'ultimo, in qualunque luogo si
trovasse, non dormiva che di quel sonno che il volgo suole attribuire
alla lepre, la quale non chiude che un occhio e coll'altro sta sempre
spiando ciò che le succede dintorno. _Graffigna_ adunque udì fra il
sonno e la veglia il rumor lontano e soffocato dei passi guardinghi di
più persone suonare per la volta rimbombante del sotterraneo e si drizzò
in sussulto a sedere sul suo strammazzo. Era un sogno frequente ch'ei
faceva quello di essere perseguitato dai giandarmi, e credette anche
questa volta essere stato disturbato da un sogno; ma ora e' si sentiva
bene sveglio, e quel rumore non che dileguarsi veniva sempre più
accostandosi; balzò dal giaciglio e corse alla porta che usciva su
quella specie di vestibolo che precedeva lo stanzone, onde entrava
colaggiù un poco d'aria e di luce, vide dal corridoio che veniva alla
bottega del Baciccia, unica strada che ora ci fosse oltre quella della
casina del _medichino_, appressarsi uno splendore rossiccio che giudicò
prodotto da più lanterne portate a mano, e udì un tintinnare d'armi che
al suo orecchio esercitato rivelò di che razza fossero i sopravenienti.
D'un salto egli fu presso _Stracciaferro_ a scuoterlo vigorosamente. Suo
disegno era correre in tutta fretta su per l'andito che menava alla
palazzina di Quercia, il quale aveva visto ancor libero, e di là
fuggire, se ancora possibile, alla aperta campagna. Ma quanto era
leggiero il sonno di _Graffigna_, altrettanto era sodo e pesante quello
di _Stracciaferro_ onde alle scosse ed agli urtoni che il suo compagno
gli dava, quell'omaccione, senza punto destarsi, non faceva che
rispondere con un grugnito e con certi atti impazienti e collerici che
provavano essere il mal capitato chi venisse a disturbarne il riposo.
Vedendo che la cosa premeva oltre ogni dire, _Graffigna_ pensò ricorrere
ad un mezzo che ritenne infallibile: punzecchiò forte colla punta del
suo pugnale nelle carni dell'addormentato e nello stesso tempo gli gridò
nel padiglione dell'orecchia:
— Su, su, _Stracciaferro_; sono qui gli sbirri ad arrestarci.
L'omaccione mostrò che era sveglio pur finalmente sparando insieme una
grossa bestemmia e un tremendo pugno che guai per _Graffigna_ se n'era
colto.
— Possa tu venir appiccato, traditore d'un birbone da forca: esclamò
_Stracciaferro_: mi lascierai tu dormire in pace?
— Il tuo augurio sta per essere avverato: di rimando _Graffigna_,
martuffo del boia, mio caro amico, che ti venga un accidente; e sta per
avverarsi anche per te, giacchè stiamo per essere presi come due sorci
in trappola.... Ti dico che è qui la Polizia.
Questa volta _Stracciaferro_ fu desto del tutto.
— Possibile! esclamò egli levandosi.
— Senti! disse _Graffigna_.
L'omaccione udì ancor egli il passo in cadenza della squadra che
s'avanzava lentamente. Al suo spirito ottuso non balenò neppure il
pensiero d'un possibile scampo; non pensò che a vender cara la sua vita;
girò intorno lo sguardo degli occhi sanguigni e borbottò fra i denti:
— Ah cani maledetti! Or ora ne spedisco io una frolla all'altro mondo a
farmi da battistrada.
Aveva visto in un angolo un palo di ferro di quelli onde si servivano ad
abbattere imposte e sgangherar usci, e fu ad afferrarlo, maneggiandolo
con tanta facilità, come altri farebbe d'un semplice bastone.
_Graffigna_ gli spiegò in fretta in fretta la possibilità che forse
eravi ancora di fuggire per la casetta del _medichino_; ed egli allora
consentì a tentar questo passo, armato del suo palo di ferro; ma era
troppo tardi, ed appena usciti dallo stanzone, i due banditi si videro
saltare addosso gli agenti della forza pubblica. Si ritirarono essi
sulla soglia del _Cafarnao_, in alto dei pochi gradini che vi
conducevano, e disperati del tutto della vita, si prepararono ad una
strenua difesa. Non racconterò le vicende di questa lotta resa più
orribile dal luogo, dalle tenebre appena se rotte da quella luce
rossiccia che pareva anch'essa macchiata di sangue, dalla forza erculea
di _Stracciaferro_, dall'agilità di _Graffigna_ che balzava come una
pantera addosso ai nemici e riparava poscia sotto la protezione della
tremenda mazza del suo compagno, riportando ad ogni volta bagnata di
sangue novello la lama sottile del suo pugnale. Il fatto è che già
troppo durava questo combattimento, senza che si fosse potuto venire a
capo di opprimere i due assassini, e parecchi degli assalitori giacevano
malconci; speravano gli agenti della Polizia veder giungere da un
momento all'altro il rinforzo del Commissario co' suoi uomini, che
secondo le intese dovevano riunirsi colà appunto al resto della squadra,
ma non vedendo nulla arrivar mai, chi comandava quella frazione aveva
pensato miglior consiglio mandare alcuno ad istruire il signor Tofi di
quello che avveniva ed invocarne sollecito il soccorso. Codesto era
venuto a fare l'uomo che abbiamo visto soprarrivare sollecito alla
taverna di Pelone, e il Commissario appena inteso com'erano le cose,
lasciato nella bettola appena quanti uomini bastassero a tenere in freno
gli arrestati che già erano a due a due avvinti dalle manette, con tutto
il resto delle sue forze accorse sul luogo del conflitto.
La Maddalena, visto partire il Commissario e la maggior parte dei birri,
sentì accrescersi la sua mai perduta speranza di fuggire. Se ne venne
tranquillamente verso la porta d'uscita, e saettò un'occhiata assassina
all'_arciere_ che stava là appostato. Quell'_arciere_, per fortuna di
Maddalena e per sua sfortuna, praticava non di rado nella bettola, e le
attrattive petulanti della giovane lo tentavano maledettamente; a
quell'occhiata ch'egli credette gli dicesse tante cose, non potè a meno
che rispondere con un fatuo sorriso di compiacenza.
Maddalena, con atto di affettuosa domestichezza, gli pose una delle sue
mani paffutelle sul petto.
— Ho da dirvi una cosa: gli susurrò sotto voce, ponendogli bene innanzi
le sue pupille smaglianti, la sua faccia fresca e il suo sorriso
provocatore.
— Che cosa? disse il babbuino aitandosi ed andando tutto in brodo di
giuggiole.
— Non qui: soggiunse la briccona sempre più sommesso, guardandosi
dattorno con diffidenza: venite fuori un momento; è una cosa che vi farà
piacere.
E senza attender altro, lesta pose la mano sulla gruccia della
serratura, socchiuse l'uscio e sgusciò fuori: ma l'_arciere_ fu
sollecito ad allungar il braccio, afferrò la ragazza pei panni e le
tenne dietro nella strada.
— Or bene, parlate ora, mia cara...
Non ebbe tempo a finire queste parole che la Maddalena, la quale forzuta
era e coraggiosa più che a donna s'addica, gli scaraventava un pugno sul
naso con tanta violenza che il povero _arciere_ vedeva a un tratto cento
mila fiammelle, e recandosi le mani alla parte offesa non pensava più a
trattenere la donna, che non perdeva tempo a darsela a gambe e spariva
ratta nell'oscurità di quelle viuzze contorte.
Dove la si recasse vedremo poi, ora torniamo con Barnaba che dalla
camera ove giaceva il _medichino_ legato, si calava per la scala segreta
nel sotterraneo della _cocca_.
Quando Barnaba discese in _Cafarnao_ la lotta era finita, il
sopraggiungere del Commissario con nuovo rinforzo di poliziotti, aveva
dato più animo agli assalitori ed era riuscito a superare ben tosto
colla prepotenza del numero la difesa degli assassini. Questi, disarmati
e strettamente legati, stavano in quella specie d'atrio circolare dove
facevano capo le varie strade coperte, posti in mezzo ad una mezza
dozzina de' più robusti e risoluti sgherri, i quali li custodivano
tenendo gli occhi fissi su di loro e le mani sui calci delle pistole. Il
signor Tofi, penetrato nello stanzone sotterraneo, tutto lieto delle
infinite cose che vi scopriva, onde di gran lunga era superata la sua
aspettazione, ne faceva una ricognizione sommaria; riserbandosi, a cose
più calme, un minuto esame ed un esatto inventario. Intanto aveva già
riconosciuto che colà stavano le prove materiali di parecchi reati di
cui fino allora non si erano potuti trovare i colpevoli: quelli che in
linguaggio criminale si chiamano _corpi del delitto_. Là era la cassa di
ferro portata via al signor Bancone; là il mantello di Francesco Benda,
di cui uno squarcio era rimasto in mano all'assassinato Nariccia; là
varii e molteplici oggetti caduti nei più audaci furti ed assassinii
commessi. Adocchiato finalmente l'uscio che metteva nel gabinetto
particolare del _medichino_, il Commissario lo faceva atterrare, e
penetrato in quel recesso, rotte le serrature dei forzieri e della
scrivania, giungeva ad impadronirsi pur finalmente di tutti i segreti
della tremenda associazione, di tutti i fili di quella permanente
congiura di malfattori contro la proprietà e la società.
Barnaba arrivava appunto nel migliore dell'opera di sommario esame e di
separazione dei documenti sequestrati.
— Signor Commissario; cominciò egli, per richiamare su di sè
l'attenzione del suo superiore.
Il signor Tofi levò il viso vivamente e di sotto la larga tesa del suo
cappello che teneva piantato in capo, mandò uno sguardo pieno di
soddisfazione e brillante di trionfo verso il suo subordinato che gli
stava ritto dinanzi. Parve persino che le sue labbra severe si
atteggiassero ad una sembianza di sorriso; cosa che da anni ed anni
avevano affatto disimparato.
— Ah siete qui voi!... Spero che non vi sarete mica lasciato scappare il
merlotto.
Mai, a memoria di birro, il signor Commissario Tofi non aveva usato
parole e tono così scherzosi.
— No, signore, rispose Barnaba, che, sfinito del tutto di forze, si
appoggiò alla scrivania per sorreggersi; egli è colassù legato come un
salame.
— Bene, benissimo: esclamò Tofi fregandosi le mani. Ma come colassù?
Dove volete dire?
— Nella palazzina del viale.
— Ah sì! E come ce l'avete costì, perchè ce l'avete portato?
— L'abbiamo preso colà.
— Oh bella! Raccontatemi come andò la cosa.
Ma in questa il Commissario degnò accorgersi che il suo subalterno non
poteva proprio più stare in piedi.
— Sedete: gli disse con accento più benigno di quello che da lui si
potesse aspettare; avete bisogno di riposo; lo si vede.
Barnaba si lasciò andare sopra una scranna e raccontò le peripezie
dell'arresto.
— Che minchione! esclamò il Commissario: poichè vi era sfuggito dalle
branche, venirsi a porre da sè in trappola. Ma e' son tutti così: ce la
fanno, ce la fanno per un pezzo, e nissuno mai, conviene dirlo, ce l'ha
fatta così bene e per tanto tempo come questo scellerato, e poi ad un
bel punto perdono la scrima. Ora, grazie a Dio, ce l'abbiamo ed è affar
finito; non ci scappa più. Metteremo in pratica tutta la possibile
sorveglianza.
— L'affidi a me, sor Commissario: esclamò con un certo ardore Barnaba,
rianimandosi nonostante la sua sfinitezza. Lo vorrò sorvegliare anche
quando sia nelle carceri, perchè quell'associazione di cui il
_medichino_ è capo, ha tali diramazioni ed è sì potente che ci sarà
impossibile, anche con questo colpo, schiacciarla del tutto, e perchè vi
hanno troppe persone ed influenti che seguiteranno ad interessarsi per
la sorte di quel miserabile. Dobbiamo aspettarci a molti ed accorti
tentativi d'evasione.
— È giusto. Voi avete tanto merito in questa faccenda che a voi si
spetta appunto il badare che la si conduca a buon termine. Del resto
avete reso un sì gran servigio e ci avete posto tanto zelo che saprò
raccomandarvi a chi si conviene perchè ne abbiate degno compenso.
Intanto aiutatemi a frugare qui in mezzo se si trovano quelle certe
lettere di quella tale signora che vi ho detto..... O forse le avete voi
trovate nella palazzina?
Barnaba rispose di no: nemmeno fra le carte di quel gabinetto segreto
non si trovarono le lettere che si cercavano, e che il lettore ha già
indovinato esser quelle della contessa Candida Langosco di Staffarda. Si
sperò allora che le si sarebbero rinvenute fra le carte che agenti
speciali avevano sequestrate al domicilio abituale di Quercia e in
quelle altre camere che egli teneva qua e là per la città, e di cui Arom
aveva del pari rivelato l'indirizzo.
Presi seco i documenti più importanti; assicurata ben bene la custodia
dei locali e d'ogni cosa; dato ordine si traducessero in carcere il
bettoliere Pelone che invano invocava tutte le Madonne e tutti i Santi
del Calendario a protesta della sua innocenza, e quegli altri che erano
stati arrestati nell'osteria, il Commissario e Barnaba salirono nella
palazzina del _medichino_, traendosi dietro ammanettati _Stracciaferro_
e _Graffigna_.
Gian-Luigi giaceva sempre sul pavimento, legato braccia e gambe,
immobile, muto, l'occhio nero fisso innanzi a sè, la fronte corrugata a
suo modo, un'espressione d'indomabile energia nel volto. Quando vide
entrare i due agenti della polizia, que' suoi occhi ardenti li
saettarono con uno sguardo d'ira feroce; visto dietro di loro i
galeotti, suoi complici, trascinati dai carabinieri e dalle guardie, le
sue pupille presero fugacemente un'espressione di disappunto rabbioso,
di rampogna, di comando, poi divennero profondamente indifferenti.
Il Commissario si accostò al _medichino_ con passo piuttosto sollecito,
come spinto dalla vivace curiosità; gli si fermò a' piedi, guardandolo
attentamente, incrociando le sue braccia sul petto sporgente ed
abbottonato fino al collo del suo soprabito, il mento sostenuto al
solito alle stecche dure del cravattone, gli occhi felini, sfavillanti
al fondo della larga tesa del cappello abbassato sul fronte da coprir le
ispide e folte sopracciglia grigiastre. Il _medichino_ concentrò tutta
l'attenzione delle sue pupille su quel volto burbero che gli si piantava
dinanzi in alto di quella lunga, impalata, impettita persona. Non c'era
nel suo sguardo e non nella sembianza la menoma vergogna nè la menoma
paura: una sicurezza che poteva dirsi impudenza; quasi una sfida a quel
potere che l'aveva vinto, a quella autorità che lo teneva ora in sua
balìa.
Si sarebbe potuto credere che il signor Tofi dicesse qualche aspra
parola di vanto dell'ottenuta vittoria, od uscisse fuori con qualche
ironico cenno intorno al colloquio che avevano avuto insieme pochi
giorni prima; forse il giacente medesimo se l'aspettava, e nel contegno
aveva già posta per ciò tutta quella disdegnosa audacia con cui si
preparava a rispondere; ma invece il Commissario non disse pure una
parola; stato alquanto a contemplarlo con osservatrice e non niquitosa
attenzione, si volse poscia a Barnaba, e disse a mezza voce, come
risultamento del suo esame e del suo meditare:
— Un'anima da demonio, una volontà di ferro, ed un corpo da Adone.....
Sicuro che c'era da far girar le teste di tutte le donne di questo
mondo.
Gian-Luigi fece uno sprezzoso sogghigno e volse gli occhi ad altra
parte.
— Accostatevi: disse Tofi a _Stracciaferro_ ed a _Graffigna_, tornando a
tutta la brusca e fiera imperiosità del suo accento.
I due assassini, spinti alle spalle dai carabinieri, fecero pochi passi
innanzi verso il luogo dove giaceva il loro capo.
— Conoscete quest'uomo? domandò loro il Commissario, additando il
_medichino_.
_Stracciaferro_ e _Graffigna_ abbassarono gli occhi sul volto del
giacente; il primo con quel suo piglio stupido d'uomo fatto mezzo scemo
dall'abuso dei liquori, il secondo con tutta la penetrazione maliziosa
del suo sguardo intelligente. Gian-Luigi li guardò egli con perfetta
indifferenza, come per dire: «Rispondete un po' come vi pare, che per me
gli è affatto uguale.» _Graffigna_ pensò che in ogni caso il silenzio
val sempre meglio di qualunque parola, e deliberò tacersi;
_Stracciaferro_ che non aveva consiglio proprio, guardò _Graffigna_, e
vistolo tener chiusa ermeticamente la bocca, stè zitto ancor egli.
— Conoscete costui? ripetè il signor Tofi con più ruvido e minaccioso
accento; ma nè anche questa seconda interrogazione non ebbe l'onore
d'una risposta.
— Bene! esclamò egli: razza di cani, parlerete più tardi; oh ve lo
assicuro io che parlerete... Ora conduceteli in prigione.
I due galeotti furono menati via.
— Slegate le gambe a quell'uomo: comandò il Commissario accennando al
_medichino_ con una mossa del capo.
L'ordine fu tosto eseguito.
— Potete camminare? domandò allora il signor Tofi.
— Desidero una carrozza; rispose il _medichino_ con tono di orgogliosa
superiorità: me la volete concedere?
— Potete camminare? ripetè ruvidamente il Commissario.
Gian-Luigi lo guardò con inesprimibile disdegno e gli volse le spalle.
— Sono con voi: disse al brigadiere dei carabinieri. Dove avete da
condurmi?
Il brigadiere interrogò collo sguardo il Commissario.
— Al palazzo Madama: comandò questi; e poi rivolgendosi al prigioniero,
soggiunse: fra un quarto d'ora ci troveremo colà di nuovo faccia a
faccia, signore.
Il _medichino_, le braccia così legate come aveva che le cordicelle gli
entravano nella carne intorno ai polsi e gli facevano gonfiare le vene
da parere dovessero scoppiare, andò a porsi in mezzo ai carabinieri che
lo dovevano accompagnare e disse loro semplicemente:
— Andiamo pure, signori.
Le gambe, per la stretta legatura che avevano sofferto sino a quel
momento, gli dolevano così che sembravagli da principio non poter mutare
pure un passo; ma la sua fisionomia non rivelò nemmeno con una smorfia
il tormento ch'egli soffriva: impose al suo corpo d'obbedire alla
volontà, alla sua mente di non sentire il dolore, e con passo franco si
partì scortato dai carabinieri.
Il Commissario e Barnaba si avviarono da parte loro verso il Palazzo
Madama: e la debolezza del secondo rese necessaria una carrozza. Tofi
fece passare quest'essa nella strada ove abitava il generale Barranchi e
fermarsi alla porta del palazzo. Per fortuna il capo supremo della
Polizia era appunto in casa e, fatto introdurre senza ritardo il
Commissario, ne apprendeva tosto le importanti novelle delle catture e
della scoperta avvenuta quella sera.
Il bravo sor Generale lodava con moderazione e sussiego il buon successo
del Commissario, e poi tosto soggiungeva:
— Spero che quelle tali lettere di cui vi ho parlato saranno già in
poter vostro.
— No, Eccellenza, non ancora: rispose Tofi, e disse come nei luoghi da
esso perquisiti non le si fossero rinvenute.
Barranchi corrugò la sua piccola fronte superba.
— Diavolo! Codesto ve lo avevo tanto raccomandato!
— La non dubiti, s'affrettò a soggiungere il Commissario: le si saranno
trovate alla casa di quel mariuolo od in qualcuna di quelle altre camere
mobiliate ch'e' teneva a pigione.
— Va bene: e ricordatevi che appena le abbiate me le recate voi stesso.
— Sì signore.
Tofi discese, tornò nella carrozza dove Barnaba era stato aspettandolo,
e fu dopo pochi minuti nel suo bugigattolo al Palazzo Madama. Gli agenti
che avevano fatto la perquisizione al domicilio del _medichino_ e nei
varii suoi altri ricoveri, traendone in arresto i servi e taluni di
coloro che gli affittavano le camere, già stavano colà per fare la
relazione del loro operato. Il Commissario li interrogò sollecitamente e
se ne fece rimettere le carte che avevan preso: ve n'era di molte, ed
alcune abbastanza importanti, ma quelle benedette lettere tanto cercate
non v'erano. Tofi fu preso dalla stizza: mandò via con mal garbo tutti
que' suoi subordinati, e rimase solo con Barnaba, il quale in questo
affare era naturalmente elevato al grado di suo confidente e
consigliere.
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