La plebe, parte IV - 31
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sopracciglia; Francesco sul suo letto si tirò su a vedere con moto più
vivace che non avrebbe ancora dovuto; la signora Teresa levò le mani
verso il cielo spaventata: gl'invitati allibirono, e più d'uno, temendo
d'essere compromesso, si pentì d'esser venuto.
— Ancora la Polizia! esclamò indignato il padron di casa. Che cosa mi si
vuole, per Dio?
— Falli entrare, padre mio, gridò Francesco dal suo letto, falli entrare
e vedremo tosto con che pretesto si viene a turbare nei momenti più
solenni la pace d'una famiglia, a violarne il domicilio.
Queste parole parvero molto audaci alla maggioranza dei presenti che
furono sempre più pentiti di trovarsi in quel luogo.
— Ebbene, vengano: disse bruscamente il signor Benda.
Bastiano non ebbe che ad aprire un battente. Sulla soglia si presentò la
faccia scialba d'un uomo, cui Gian-Luigi, dalla finestra ove si trovava,
riconobbe subito con dispetto per quella di Barnaba.
— Sciagurato d'un _Graffigna_: diss'egli fra sè: gli è proprio diventato
buono da nulla. Ora sì che son perduto. Chi sa?...
Aprì pian piano l'invetrata e il suo occhio corse rapidamente su due
punti: all'uscio per cui entravano gli uomini della Polizia ed al
tavolino sul quale erano le torricelle lucenti dei napoleoni d'oro.
Barnaba s'avanzò nella stanza, e dietro di lui si schierarono in fila
quattro brutti ceffi che non mentivano colle sembianze il loro essere di
arcieri travestiti.
— Non si sgomentino, disse il poliziotto che camminava ancora a stento,
appoggiandosi ad un bastone: non siamo venuti che per arrestare il
sedicente dottore Luigi Quercia.
La vecchia similitudine dell'effetto che produce un fulmine precipitato
a ciel sereno, non può menomamente esprimere lo stupore di
quell'adunanza alle parole dell'agente di Polizia.
Stettero lì, intenti tutti quanti, guardandosi, mentre Barnaba con una
rapida occhiata mandata in giro si rendeva conto della situazione
materiale delle cose per decidere del modo più opportuno di agire. Vide
Quercia nel vano della finestra e fra sè e lui frammezzare il gruppo
degl'invitati, il tavolino su cui era stato rogato il contratto e il
notaio che si levava allora esterrefatto, e per ultimo Maria che
all'udire le parole del poliziotto s'era gettata al petto dello sposo,
come per fargli scudo della sua persona.
Il _medichino_ ancor egli guardava codesto e pesava le circostanze di
tal disposizione di persone e di luoghi per servire al suo scampo. Non
aveva menomamente perduto del suo sangue freddo, nè aveva smesso il suo
superbo sorriso. E pensava:
— Fortuna traditrice! Nel migliore la mi manca. Due giorni avesse
tardato i suoi colpi!... Qualcheduno mi ha tradito.... chi?... Lo saprò,
e allora!... Intanto sfuggiamo alle loro unghie... Potessi almeno
arraffare eziandio parte di quel denaro!...
Barnaba aveva visto le invetrate aprirsi cautamente sotto la mano di
Quercia. Se le forze glie lo avessero concesso, si sarebbe slanciato
egli medesimo addosso all'uomo da arrestarsi: ma egli appena si reggeva
in piedi.
— Eccolo, gridò additandolo ai quattro seguaci, eccolo là alla finestra:
presto, afferratelo, ch'ei non ci sfugga.
Ma gli uomini avevano da passare in mezzo al gruppo degl'invitati che
avevano assistito al contratto, i quali senza punto volerlo, ma per
l'attonitaggine in cui erano, stavano piantati a fare ostacolo; e quindi
avevano da schivare il tavolino che si trovava nella linea retta da loro
al _medichino_.
— Sì, sono qua, gridò questi con una temeraria ironia; ma non mi ci
avete ancora preso, signori miei.
Erasi accorto che doveva rinunziare a far bottino di quei bei napoleoni
d'oro che splendevano sulla tavola, e n'aveva un dispetto da non dirsi;
appena appena se gli era possibile la fuga per la finestra. Si sciolse
dall'amplesso di Maria che stava palpitante sul suo seno; la rigettò
bruscamente contro i quattro uomini che si slanciavano su di lui; colla
rapidità del lampo fu sul parapetto della finestra e di là nel cortile.
Maria strammazzò nelle gambe degli _arcieri_, mandando un grido, e colla
sua caduta li arrestò un istante.
Barnaba, fatto più pallido, le labbra contratte dall'ira, gridava:
— Su, su, animali, buoni da nulla: fategli fuoco addosso; ch'e' non ci
sfugga, alla croce di Dio!
Quando gli _arcieri_ giunsero ad affacciarsi alla finestra, videro un
uomo che si dibatteva in mezzo a quattro altri ond'era circondato; si
udirono due colpi di fuoco, due dei quattro caddero e quello che era
stato aggredito fu visto fuggire con una rapidità straordinaria verso le
macerie della fabbrica incendiata.
— E' ci scappa, e' ci scappa: gridava furibondo Barnaba, giunto ancor
egli alla finestra. Fuoco, fuoco, su di lui.
Fu salutato dallo sparo di parecchie pistole, ma inutilmente: egli era
sparito.
Giacomo e Teresa erano accorsi a sollevare la figliuola; indicibile era
l'emozione in tutti.
— Signore, disse poscia il signor Benda con voce tremante dal turbamento
e dallo sdegno; si può almeno sapere a che titolo si voglia procedere
all'arresto del dottor Quercia?
Barnaba rispose con feroce crudità:
— Perchè gli è un ladro, un falsario ed un assassino. È il capo di
quella tremenda banda che chiamasi la _cocca_, ed è il soprannominato
_medichino_.
Maria non ebbe pur la forza più di mandare un grido; appoggiata com'era
alla spalla del padre si lasciò andare smarrita nelle braccia di lui, ed
egli l'adagiò sopra il sofà, priva affatto di sensi.
L'occhio del poliziotto era caduto sulle polizze di banca francese che
stavano sopra il tavolino.
— Ed ecco appunto, diss'egli, dei falsi biglietti di cui
quell'associazione di malfattori aveva la fabbrica.
E li sequestrò. Diede ordine tosto s'inseguisse da ogni parte il
fuggitivo.
— Oh! lo piglierò, diss'egli fra i denti, lo piglierò ad ogni modo.
Il padre e la madre di Maria erano intorno a lei desolati; i testimoni
di quella scena non rinvenivano dall'attonitaggine in cui erano caduti,
non sapevano che farsi nè che dirsi; alcuni, quelli che avevano meno
perduto il cervello, eransi partiti di cheto.
Barnaba si affrettò ad andarsene. Scendendo trovò i poliziotti che aveva
lasciati a guardia nel cortile, scornati, timorosi, mortificati; avevano
levati di terra e posti sotto l'atrio i cadaveri dei loro due compagni
stati uccisi dal _medichino_. L'agente della Polizia non fece loro il
menomo rimprovero; solamente li guardò con un occhio che parve loro più
severo d'ogni parola. Fu ad un giovinastro tarchiato e tozzo, dall'aria
scema, che Barnaba diresse una rampogna.
— E tu, imbecille, non sei stato da tanto di aggrapparti a lui e non
lasciarlo muover più? Ora egli ci scapperà per sempre, conducendo seco
la tua Maddalena.
Gli era Meo, che Barnaba aveva voluto condur seco, nella speranza che
gli sarebbe stato utile.
Lo stupido rispose con voce quasi piagnolosa:
— E' fu così lesto ch'io appena ebbi tempo a vederlo; quando accorsi
egli era già via; ma se mai lo trovo ancora a tiro della mia mano, le
giuro per la Madonna della Consolata, che non mi scappa più.
— Ah sì: mormorò Barnaba: ma il difficile ora sta appunto nel
ritrovarlo. Andiamo.
Camminando verso la città, il poliziotto pensava:
— Dove può egli ricoverarsi pel momento? Nella sua dimora abituale, mai
più. Nella palazzina del viale, difficilmente. Però or ora le passeremo
dinanzi ed osserveremo... Più probabilmente dalla Zoe.
In breve giunsero alla casina dei segreti ritrovi; Barnaba s'arrestò,
fece arrestare in perfetto silenzio la sua scorta e si pose ad osservare
attentamente. L'abitazione era muta e scura per l'affatto, nè si aveva
un menomo indizio che vi fosse anima viva. La neve caduta i giorni
addietro era stata spazzata via per una stretta striscia, dal cancello
all'uscio d'ingresso, quindi non vi poteva esser traccia di pedate; però
l'occhio acuto del poliziotto, in uno degli orli della neve in mezzo a
cui erasi aperto il sentiero, vide una lieve impronta; aprì il cancello
con un grimaldello e s'avanzò a contemplar davvicino quel segno. Era
l'impronta recente d'un piede ben fatto ed elegantemente calzato d'uomo.
Certo nel turbamento con cui camminava, il fuggente non aveva dovuto
badare che il suo passo, andato un po' di traverso, aveva lasciato una
piccola orma.
— Gli è qui: esclamò a bassa voce Barnaba, drizzando la sua faccia
illuminata da una fiera gioia. Il sorcio è in trappola, e questa volta
non ci può scappar più a niun modo.
Aveva seco sei guardie e Meo, che faceva sette. Non volendo tralasciare
cosa alcuna cui la previdenza consigliasse, egli trascelse due dei più
intelligenti fra i suoi uomini e diede loro l'ordine di recarsi sotto le
finestre dell'abitazione della Zoe a invigilare. Se mai per caso non
fosse Quercia quegli che era entrato nella palazzina, o già ne fosse
uscito, si tenesse d'occhio la dimora della cortigiana dov'egli poteva
riparare: tutti gli altri luoghi in cui era presumibile si recasse già
erano custoditi.
Partiti i due uomini, Barnaba fu all'uscio della casina, e senza molti
sforzi coi suoi grimaldelli lo aperse. Tutto era scuro là dentro: uno
degli _arcieri_ accese una lanterna, e cautamente, le pistole in mano,
s'introdussero tutti.
— Meo, disse Barnaba mettendo una mano sulla spalla del garzonaccio: gli
è ora che conto su di te.
CAPITOLO XXI.
Gian-Luigi, appena si fu colla sua rapida corsa di tanto allontanato pe'
campi da non temer più pel momento d'essere raggiunto, si fermò
ansimante a pensare quel che meglio gli convenisse. Fuggire addirittura
la città e il paese, tentar di giungere ad estere contrade era certo la
prima idea che gli doveva venire, e fu quella che gli venne: ma non
tardò a crollare il capo con uno scoraggiato sorriso.
— E che farò io, disse amaramente a se medesimo, senza mezzi nessuni,
senza punto denari? Aver tanto raccolto e veder tutto sfumarsi dinanzi!
Aver con tanti sforzi costrutto un edifizio e vederselo tutto
crollare!.. Espormi alla vita della miseria in altri paesi, ricominciare
da capo la vita del baro e dell'assassino per vivacchiare.... oh no! non
io discenderò sì basso.... Piuttosto morire.... Poichè tutto mi ha
fallito ad un tratto, che mi cale gettar via questa vita che ha mancato
a tutte le sue promesse?
Trasse fuori un pugnaletto acuto e sottile e ne guardò stranamente il
luccicar della lama al raggio della luna.
— Su via: diss'egli con quel suo sogghigno in quella solitudine, a quel
momento, più amaro, più superbo, più temerario che mai.
Ma la mano già levatasi per ferire, si arrestò e poi si chinò
lentamente.
— Non è una viltà fuggire innanzi al pericolo perchè si è fatto
gravissimo? Vo' lottare fino all'ultimo con questa società matrigna che
suscita tutti i desiderii e nega all'onestà ogni soddisfazione di essi,
e che ora mi minaccia colla forca... Vivo non cadrò nelle loro mani a
niun patto... Dunque tanto vale tentare ancora. Se potessi fuggire con
parte almeno de' miei tesori, sarebbe tuttavia una vittoria.
La sua decisione era presa, ringuainò il pugnale e si diresse verso la
palazzina. Camminava prudentemente celandosi dietro i tronchi degli
alberi, poco diverso dal cauteloso procedere che descrivono i romanzieri
americani dei selvaggi che vogliono sorprendere il nemico. Intorno alla
casina del viale tutto era quieto: Quercia spiò attentamente e non vide
indizio d'anima viva. Si fece ardito tanto da entrare nel cancello ed
introdursi nell'abitazione. Una lieve speranza gli venne che il segreto
nascondiglio detto _Cafarnao_ non fosse ancora conosciuto dalla Polizia
e colà potesse non solo penetrare sano e salvo a prendere il denaro che
vi aveva, ma rimanervi alcuni giorni nascosto a sviare la vigilanza e le
ricerche della Polizia. E certo se nessuno avesse tradito, quel rifugio
avrebbe dovuto essere compiutamente ignorato; ma che vi fosse stato un
traditore fra i servi era pure la prima idea che gli si era affacciata,
quando aveva visto comparirgli Barnaba per arrestarlo.
Pel segreto passaggio dalla palazzina passò nell'andito sotterraneo che
conduceva al grande stanzone centrale. Camminava lento, gli occhi e le
orecchie tese con ogni sua possibile intentività; la mano destra teneva
sull'elsa del pugnaletto, colla sinistra veniva tastando la parete per
guidarsi, essendo che quella sera non fossero accese le lampade lungo il
corridoio, ed egli avesse pensato meglio non recar seco lume nessuno. Ad
un punto udì innanzi a sè un suono, che gli fece spavento, se pure può
questa parola usarsi per l'intrepida tempra di quella natura. Era un
rumore di lotta: alcune voci d'ira e di minaccia, alcuni gemiti che
parevano di feriti, colpi e percosse. Il _medichino_ ristette. Era
questa una rissa fra i soliti abitatori del _Cafarnao_, oppure una lotta
con nemici invasori? Il dubbio non durò a lungo. Si udì una voce che
Quercia riconobbe per quella dal commissario Tofi.
— Non fate fuoco, gridava la voce, e' si vogliono prender vivi; che
diamine! siete in tanti e non ci valete ad opprimere due uomini soli, di
cui uno ancora non è che la metà d'un uomo?
Al punto in cui era giunto Gian-Luigi, poteva scorgere una luce
rossiccia in fondo al corridoio. Erano delle lanterne che tenevano in
mano vari uomini che non tardò a riconoscere per guardie di polizia. Sui
gradini che conducevano a _Cafarnao_ stavano ritti _Stracciaferro_ e
_Graffigna_ che si difendevano bravamente, il primo con un palo di
ferro, il secondo col suo coltello affilato, contro l'assalto d'una
schiera di poliziotti: alcuni di questi già erano distesi per terra
malconci; dietro degli assalitori appariva l'alta persona del
Commissario, il quale, nel suo solito contegno, le mani affondate nelle
sue grandi tasche del soprabitone, incoraggiava i suoi uomini
all'assalto. Allo sbocco dell'andito che conduceva alla bottega di
Baciccia apparivano altri poliziotti appostati.
Il primo impulso di Gian-Luigi fu quello di gettarsi là in mezzo a
soccorso de' suoi; ma fu lesto a cambiar d'avviso, egli si perdeva
inutilmente senza salvare gli altri. Sola cosa da farsi era tornare il
più presto sui suoi passi, prendere in fretta tutto quello che si poteva
di valore che era nella palazzina, e fuggire se pure s'era tuttavia in
tempo. Retrocesse adunque affrettato; giunto dietro all'uscio segreto
che metteva nel salotto della casina sostò ed applicò l'orecchio alla
commessura per ascoltare; non udì rumore di sorta; colà non era dunque
ancora penetrato nessuno. Toccò la molla nascosta; l'uscio si aprì; egli
passò ratto e lo richiuse: ma aveva fatto appena pochi passi che udì
nell'andito a pian terreno gente che entrava, che si accostava alla
scala, che saliva. Si morse le labbra fino al sangue, gettò un'occhiata
disperata intorno a sè, come per cercare una via di scampo: non ce n'era
nessuna: tornare nel sotterraneo era peggio: gli occhi gli balenarono
orrendamente: si vide compiutamente perduto e si disse con una bestemmia
che la sua ultima ora era venuta; si piantò sulla soglia di quella
stanza, impugnò con mano convulsa il pugnale e stette ad aspettare.
Non aspettò a lungo; l'uscio della camera che precedeva si aprì e
comparvero agli occhi suoi quattro uomini — quei medesimi che già lo
avevano assalito nella casa dei Benda — e in mezzo a loro, come duce,
Barnaba. Nessuna parola fu scambiata: nè i poliziotti minacciarono, nè
il _medichino_ aprì labbro; gli _arcieri_ ad un cenno di chi li
capitanava fecero un moto per islanciarsi addosso a Quercia: questi
brandì il pugnale, solidamente piantato sulle sue gambe, in una mossa
robusta ed elegante da gladiatore antico. Era sì fiero l'aspetto di lui,
sì ferocemente lampeggiavano i suoi occhi neri, la profonda ruga
incavatasi nella sua fronte dava una tale sembianza di forza, di
risoluzione disperata, di volontà e di ferocia indomabili a quel suo
volto fatto per imporne altrui e per comandare alle turbe, che gli
_arcieri_, come intimoriti, s'arrestarono. Ciascun di loro sapeva che il
primo fosse arrivato a tiro di quella sottil lama, che brillava nel
pugno piccolo e nervoso del _medichino_, sarebbe stato un uomo morto; e
per quanto si sia sicuri che la nostra morte verrà vendicata, non è
questo pensiero abbastanza consolante per deciderci a farci accoppare
così di piano senza punto oscitanze.
Barnaba, il quale voleva finirla presto, si volse indietro e chiamò a sè
un uomo che era rimasto nell'altra stanza in coda degli altri.
— A te, gli disse, vieni qua e guardalo. È egli quel desso?
Gian-Luigi vide, dietro le spalle dei quattro _arcieri_, comparire la
faccia scema e gli occhi vitrei di Meo, il garzone di mastro Pelone.
— Ah! sei tu il traditore: mormorò fra i denti il _medichino_: che sì
ch'io ti darò qui stesso la tua paga... Ma tu non sei già il solo,
perchè il segreto di _Cafarnao_ non t'era noto.
Lo sguardo di Meo, fissandosi nel volto di Gian-Luigi, s'animò per
quanto quello sguardo poteva animarsi.
— È lui, esclamò, gli è proprio lui: lo riconosco, quantunque e' sia
vestito da signore.
Barnaba aveva giudicato egli pure che alcuno dei presenti doveva
sacrificare la vita per la cattura di quell'importantissimo personaggio;
ed avvisò che, fra quante aveva in quel momento a sua disposizione,
l'esistenza di quel poveraccio era la più sacrificabile, come quella
che, arrestato il famoso _medichino_, diventavagli affatto inutile.
— Or bene, gli disse piano all'orecchio, saltagli addosso ed afferralo
tu, se non vuoi che più ci scappi e ti porti via per sempre la
Maddalena.
Meo allungò il collo fra le spalle dei poliziotti che erano dinanzi e
misurò collo sguardo lo spazio che gli restava da percorrere per
arrivare al _medichino_.
— Animo! gli susurrò all'orecchio Barnaba: l'hai giurato che non te lo
lascieresti scappar più; e così ti vendicherai di lui e di lei.
Il garzonaccio diede in una specie di grugnito: fece come il cane che,
animato dalla voce del cacciatore, esita a slanciarsi addosso al
cinghiale attergatosi ad una pianta, e poi ad un tratto ei si decide e
corre addosso alle mortifere zanne: colle due mani trasse indietro due
degli _arcieri_ per farsi lasciare il passo, e coll'impeto d'una
catapulta, piombò addosso al _medichino_ di tutto il peso della sua
persona.
Gian-Luigi piegò un istante a quell'urto; ma le sue gambe s'irrigidirono
tosto ed egli riprese di subito la sua impostatura di difesa; però
l'assalitore l'aveva afferrato alla gola e gli stava ingombro sul petto,
facendo sforzi ad abbatterlo in terra. Si vide al lume rossiccio della
lanterna balenare per aria la lama sottile, ed una riga di sangue colare
ad un tratto e per più luoghi dalle reni di Meo. Questi tuttavia non
lasciò la presa: muggiva e rantolava in orribil guisa, ma le sue braccia
si stringevano convulse al collo del _medichino_, così che tutto
pavonazzo ne diventava il viso di costui; e negli squassi dell'agonia,
cadendo a terra come sacco buttato, Meo traeva seco, sempre stretto
dalla morsa feroce delle sue braccia contratte, Gian-Luigi a mezzo
soffocato. Ma quando aveva toccato il pavimento, il povero Meo già era
cadavere.
— Su, su, gridò Barnaba: saltategli addosso ora ed impedite ch'ei possa
uccidersi, e disarmatelo.
Gli arcieri tutti quattro piombarono su di Quercia nell'atto che stava
per divincolarsi dall'amplesso orrendo di quel cadavere e volgere su di
sè l'arma omicida; non senza sforzi riescirono a torgli di mano il
pugnale e legarne le braccia e le gambe, e finirono per lasciarlo
disteso in terra ansimante, sanguinoso, pesto e allividito dai colpi
ricevuti, ma terribile ancora a mirarsi. Il pittore che avesse voluto
rappresentare il Satana fulminato, non avrebbe potuto trovare modello
più acconcio e più efficace di quell'uomo pallido, dalle chiome nere
irte sul capo come serpenti, dagli sguardi feroci e rabbiosi d'una
ferocia impotente, il quale si mordeva il labbro inferiore da far
spicciar il sangue che gli colava lungo il mento, sulla cui fronte la
ruga profonda che vi si incavava fra le sopracciglia, pareva l'impronta
della maledizione di Dio.
Barnaba, che aveva assistito con trepidante interesse alla breve ed
aspra lotta, ora che si vide disteso ai piedi, vinto ma non domato,
quell'uomo; come se soltanto per questo fine gli avessero bastato le
forze che aveva raccolte mercè il conato perseverante della sua volontà,
si lasciò cader seduto sovra una scranna, mandando un lungo sospiro, e
parve presso a svenire.
Gli occhi neri del _medichino_ caduto lo saettavano con isguardi pieni
d'un odio feroce.
Dopo un istante in cui gli _arcieri_ medesimi parvero riposarsi ancor
essi, stupiti insieme e della forza che loro aveva opposto quel giovane
dalle forme eleganti e quasi della loro vittoria, e' si volsero al
caduto a vomitargli mille improperii, urtandolo co' piedi. Il
_medichino_ rimase impassibile, muto ed immobile, nè i suoi occhi
degnarono pure volgersi sopra i suoi insultatori, ma continuarono a
restar fissi con quella espressione sopra di Barnaba.
Questi, appena gli fu tornato tanto di vigore da poter alzare la voce,
gridò ai suoi subalterni:
— Silenzio olà, e fermi!... Lasciate in pace il prigioniero.
Obbedirono colla prontezza e colla sommessione della disciplina
militare: e messisi nell'impostatura del rispettoso aspettar gli ordini
dal superiore, uno di essi, il brigadiere, domandò:
— Che ci comanda ora?
— Procederemo alla più minuta perquisizione in tutta la casa. Chiamate
gli altri uomini che abbiamo lasciato abbasso: due rimarranno qui a
custodia del prigioniero, gli altri romperanno tutti gli scrigni,
apriranno tutti i mobili, così ch'io possa rifrugar tutto e dappertutto.
Fu fatto secondo questi ordini. Ogni carta fu attentamente esaminata da
Barnaba, quelle sopratutto che avevano apparenza di lettere di donna. Di
queste se ne trovò di molte, ma non quelle che cercava l'agente della
Polizia; altre carte che avessero importanza non se ne rinvennero.
— Ed ora, disse Barnaba quando la perquisizione fu finita e lo disse in
modo che il _medichino_ potesse udire: ora non ci resta che penetrare
nel sotterraneo.
Gli occhi di Gian-Luigi che rimanevano sempre fissi sull'agente della
Polizia, diedero un leggier guizzo.
Barnaba si accostò al giacente e, curvatosi verso di lui, gli disse:
— Vedete che sono informato di tutto. So che per quella grande
specchiera laggiù si penetra nel sotterraneo covo della vostra _cocca_,
e so che la si può aprire mediante una molla segreta che si preme.
Fareste assai bene ad indicarci questo segreto per avanzarci la fatica e
il tempo di rompere ed abbattere quell'uscio così ben dissimulato, senza
contare che gli è un peccato mandar a male un sì bel cristallo.
Il _medichino_ seguitò a guardar fieramente chi gli parlava, ma non
disserrò le labbra.
— Rompete quello specchio, comandò Barnaba accennandolo colla mano, e
sfondate l'uscio che esso nasconde.
L'ordine fu tosto eseguito. Dieci minuti dopo appariva il vano nel muro
e il tenebroso pozzo della scala che s'affondava. Allora il prigioniero
fece un movimento ed accennò colle pupille a Barnaba che gli stava
seduto dappresso.
— Sentite: diss'egli.
Il poliziotto, aspettandosi qualche rivelazione, si curvò su di lui con
sollecita premura.
— Che ragioni personali d'animosità avete voi contro di me? gli domandò
Quercia, facendogli penetrare negli occhi il suo sguardo acuto.
Per un ratto istante le pupille, abitualmente velate, di Barnaba ebbero
un improvviso bagliore; ma le si spensero tosto.
— Nessuna: rispose egli freddamente.
— Voi mi avete data la caccia con ispeciale accanimento; foste voi che
veniste a suscitare fra i miei seguaci un traditore.
— Era dovere del mio ufficio.
Gian-Luigi fece quel suo scettico amaro sogghigno che ora su quelle
labbra sanguinose era più penoso a vedersi.
— Troppo zelo: diss'egli ironicamente.
Barnaba si drizzò della persona ed accennò avviarsi verso l'uscio
atterrato.
— Aspettate: disse vivamente il _medichino_ con un accento che pareva di
comando.
Il poliziotto si fermò.
— Curvatevi di più verso di me. Quello che voglio dirvi dev'essere udito
da voi solo.
Barnaba si chinò più che poteva.
— Per fare codesto mestiere voi dovete non esser ricco.
— Sono poverissimo.
— Chi mi lasciasse scappare potrebbe avere venti mila lire.
— Bah! dove le prendereste? Tutto quello che avevate qui sotto già vi fu
sequestrato.
La risposta del poliziotto accese un po' di speranza nel cuore di
Gian-Luigi. Chi si preoccupa del modo onde gli può essere pagato il
compenso ad un atto che gli si domandi, è presso ad accettare di compire
quest'atto.
— Ho in serbo altrove delle somme: disse con vivacità il _medichino_.
Sono presso una persona, dalla quale potreste avere subito, questa sera
medesima, la mercede che vi dico.
— Chi è questa persona? domandò Barnaba i cui occhi tornarono ad
animarsi alquanto.
— Vi condurrò io stesso da lei, appena ci saremo tratti di qua.
— Forse la Zoe? disse l'agente poliziesco con voce che sibilava fra i
denti.
Quercia era troppo osservatore per non por mente alla fiamma che aveva
lampeggiato nelle pupille di Barnaba, al tremare dell'accento con cui
aveva pronunziato quel nome di donna: sollevò alquanto il torso dal
suolo, puntando il gomito d'uno de' suoi bracci insieme
strettissimamente legati, ed affondò i suoi negli occhi
dell'interlocutore.
— La Zoe!... Voi la conoscete?
Barnaba aveva chinato sulle pupille le ciglia, e volto il capo
dall'altra parte.
— No: rispose freddamente. Non la conosco..... Ma mi offriste anche un
milione non consentirei nemmeno a chiudere un occhio perchè voi poteste
riacquistare la libertà.
— Va bene: disse con tutta indifferenza il _medichino_, lasciandosi
ricadere lungo e disteso per terra: siete l'eroe della Polizia.
E non pronunziò più una parola.
— Scendiamo giù: disse Barnaba ai suoi uomini: due di voi rimangano qui;
gli altri vengano meco. Credo che a quest'ora il Commissario avrà finito
con quegli altri, e se no arriveremo appunto in suo aiuto.
E l'agente cogli _arcieri_, tolti i due che rimasero presso il
_medichino_, sparirono nell'oscuro della scaletta che scendeva al
corridoio sotterraneo.
CAPITOLO XXII.
Per l'arresto dei malfattori della _cocca_, tre squadre poliziesche
eransi partite ad un tempo dal Palazzo Madama, la prima capitanata da
Barnaba si era diretta alla casa Benda dove sapevasi doversi cogliere
alla posta il capo della banda, e già abbiam visto quello che a questa
squadra era intravvenuto; la seconda erasi recata all'abitazione
ordinaria del cosidetto _medichino_ sotto la guida di un altro agente
che godeva ancor egli la speciale confidenza del signor Commissario, e
colà aveva arrestato i servi del sedicente dottor Quercia ed in una
minutissima perquisizione sequestrato tutte le carte che vi ci aveva
trovate, cui l'agente doveva consegnare nelle mani medesime del signor
Tofi: quest'ultimo poi, a capo della terza squadra, più numerosa delle
altre e rinforzata dall'aiuto di una mezza dozzina di carabinieri, s'era
assegnato il compito di penetrare nel covo sotterraneo e misterioso di
quella tremenda associazione di assassini. Giunta a poca distanza dalla
strada in cui s'apriva la taverna di Pelone, questa schiera si divise in
due, e chetamente le due frazioni s'avviarono, l'una verso la bettola,
l'altra verso la bottega di Baciccia.
Il bravo Pelone, che già da qualche giorno aveva inquietudini e di
molte, restò di stucco al vedere aprirsi l'uscio a vetri della bottega e
in mezzo al fumo denso delle pipe, delle vivande, dei lumi a olio,
presentarsi la faccia del Commissario, faccia che ispirava apprensione a
tutti e che in quel punto alla coscienza sporca di mastro Pelone fu
spaventosa come la testa della Medusa nei poeti classici. Ad accrescere
spavento questa faccia tremenda era incorniciata in un fondo di ceffi
vivace che non avrebbe ancora dovuto; la signora Teresa levò le mani
verso il cielo spaventata: gl'invitati allibirono, e più d'uno, temendo
d'essere compromesso, si pentì d'esser venuto.
— Ancora la Polizia! esclamò indignato il padron di casa. Che cosa mi si
vuole, per Dio?
— Falli entrare, padre mio, gridò Francesco dal suo letto, falli entrare
e vedremo tosto con che pretesto si viene a turbare nei momenti più
solenni la pace d'una famiglia, a violarne il domicilio.
Queste parole parvero molto audaci alla maggioranza dei presenti che
furono sempre più pentiti di trovarsi in quel luogo.
— Ebbene, vengano: disse bruscamente il signor Benda.
Bastiano non ebbe che ad aprire un battente. Sulla soglia si presentò la
faccia scialba d'un uomo, cui Gian-Luigi, dalla finestra ove si trovava,
riconobbe subito con dispetto per quella di Barnaba.
— Sciagurato d'un _Graffigna_: diss'egli fra sè: gli è proprio diventato
buono da nulla. Ora sì che son perduto. Chi sa?...
Aprì pian piano l'invetrata e il suo occhio corse rapidamente su due
punti: all'uscio per cui entravano gli uomini della Polizia ed al
tavolino sul quale erano le torricelle lucenti dei napoleoni d'oro.
Barnaba s'avanzò nella stanza, e dietro di lui si schierarono in fila
quattro brutti ceffi che non mentivano colle sembianze il loro essere di
arcieri travestiti.
— Non si sgomentino, disse il poliziotto che camminava ancora a stento,
appoggiandosi ad un bastone: non siamo venuti che per arrestare il
sedicente dottore Luigi Quercia.
La vecchia similitudine dell'effetto che produce un fulmine precipitato
a ciel sereno, non può menomamente esprimere lo stupore di
quell'adunanza alle parole dell'agente di Polizia.
Stettero lì, intenti tutti quanti, guardandosi, mentre Barnaba con una
rapida occhiata mandata in giro si rendeva conto della situazione
materiale delle cose per decidere del modo più opportuno di agire. Vide
Quercia nel vano della finestra e fra sè e lui frammezzare il gruppo
degl'invitati, il tavolino su cui era stato rogato il contratto e il
notaio che si levava allora esterrefatto, e per ultimo Maria che
all'udire le parole del poliziotto s'era gettata al petto dello sposo,
come per fargli scudo della sua persona.
Il _medichino_ ancor egli guardava codesto e pesava le circostanze di
tal disposizione di persone e di luoghi per servire al suo scampo. Non
aveva menomamente perduto del suo sangue freddo, nè aveva smesso il suo
superbo sorriso. E pensava:
— Fortuna traditrice! Nel migliore la mi manca. Due giorni avesse
tardato i suoi colpi!... Qualcheduno mi ha tradito.... chi?... Lo saprò,
e allora!... Intanto sfuggiamo alle loro unghie... Potessi almeno
arraffare eziandio parte di quel denaro!...
Barnaba aveva visto le invetrate aprirsi cautamente sotto la mano di
Quercia. Se le forze glie lo avessero concesso, si sarebbe slanciato
egli medesimo addosso all'uomo da arrestarsi: ma egli appena si reggeva
in piedi.
— Eccolo, gridò additandolo ai quattro seguaci, eccolo là alla finestra:
presto, afferratelo, ch'ei non ci sfugga.
Ma gli uomini avevano da passare in mezzo al gruppo degl'invitati che
avevano assistito al contratto, i quali senza punto volerlo, ma per
l'attonitaggine in cui erano, stavano piantati a fare ostacolo; e quindi
avevano da schivare il tavolino che si trovava nella linea retta da loro
al _medichino_.
— Sì, sono qua, gridò questi con una temeraria ironia; ma non mi ci
avete ancora preso, signori miei.
Erasi accorto che doveva rinunziare a far bottino di quei bei napoleoni
d'oro che splendevano sulla tavola, e n'aveva un dispetto da non dirsi;
appena appena se gli era possibile la fuga per la finestra. Si sciolse
dall'amplesso di Maria che stava palpitante sul suo seno; la rigettò
bruscamente contro i quattro uomini che si slanciavano su di lui; colla
rapidità del lampo fu sul parapetto della finestra e di là nel cortile.
Maria strammazzò nelle gambe degli _arcieri_, mandando un grido, e colla
sua caduta li arrestò un istante.
Barnaba, fatto più pallido, le labbra contratte dall'ira, gridava:
— Su, su, animali, buoni da nulla: fategli fuoco addosso; ch'e' non ci
sfugga, alla croce di Dio!
Quando gli _arcieri_ giunsero ad affacciarsi alla finestra, videro un
uomo che si dibatteva in mezzo a quattro altri ond'era circondato; si
udirono due colpi di fuoco, due dei quattro caddero e quello che era
stato aggredito fu visto fuggire con una rapidità straordinaria verso le
macerie della fabbrica incendiata.
— E' ci scappa, e' ci scappa: gridava furibondo Barnaba, giunto ancor
egli alla finestra. Fuoco, fuoco, su di lui.
Fu salutato dallo sparo di parecchie pistole, ma inutilmente: egli era
sparito.
Giacomo e Teresa erano accorsi a sollevare la figliuola; indicibile era
l'emozione in tutti.
— Signore, disse poscia il signor Benda con voce tremante dal turbamento
e dallo sdegno; si può almeno sapere a che titolo si voglia procedere
all'arresto del dottor Quercia?
Barnaba rispose con feroce crudità:
— Perchè gli è un ladro, un falsario ed un assassino. È il capo di
quella tremenda banda che chiamasi la _cocca_, ed è il soprannominato
_medichino_.
Maria non ebbe pur la forza più di mandare un grido; appoggiata com'era
alla spalla del padre si lasciò andare smarrita nelle braccia di lui, ed
egli l'adagiò sopra il sofà, priva affatto di sensi.
L'occhio del poliziotto era caduto sulle polizze di banca francese che
stavano sopra il tavolino.
— Ed ecco appunto, diss'egli, dei falsi biglietti di cui
quell'associazione di malfattori aveva la fabbrica.
E li sequestrò. Diede ordine tosto s'inseguisse da ogni parte il
fuggitivo.
— Oh! lo piglierò, diss'egli fra i denti, lo piglierò ad ogni modo.
Il padre e la madre di Maria erano intorno a lei desolati; i testimoni
di quella scena non rinvenivano dall'attonitaggine in cui erano caduti,
non sapevano che farsi nè che dirsi; alcuni, quelli che avevano meno
perduto il cervello, eransi partiti di cheto.
Barnaba si affrettò ad andarsene. Scendendo trovò i poliziotti che aveva
lasciati a guardia nel cortile, scornati, timorosi, mortificati; avevano
levati di terra e posti sotto l'atrio i cadaveri dei loro due compagni
stati uccisi dal _medichino_. L'agente della Polizia non fece loro il
menomo rimprovero; solamente li guardò con un occhio che parve loro più
severo d'ogni parola. Fu ad un giovinastro tarchiato e tozzo, dall'aria
scema, che Barnaba diresse una rampogna.
— E tu, imbecille, non sei stato da tanto di aggrapparti a lui e non
lasciarlo muover più? Ora egli ci scapperà per sempre, conducendo seco
la tua Maddalena.
Gli era Meo, che Barnaba aveva voluto condur seco, nella speranza che
gli sarebbe stato utile.
Lo stupido rispose con voce quasi piagnolosa:
— E' fu così lesto ch'io appena ebbi tempo a vederlo; quando accorsi
egli era già via; ma se mai lo trovo ancora a tiro della mia mano, le
giuro per la Madonna della Consolata, che non mi scappa più.
— Ah sì: mormorò Barnaba: ma il difficile ora sta appunto nel
ritrovarlo. Andiamo.
Camminando verso la città, il poliziotto pensava:
— Dove può egli ricoverarsi pel momento? Nella sua dimora abituale, mai
più. Nella palazzina del viale, difficilmente. Però or ora le passeremo
dinanzi ed osserveremo... Più probabilmente dalla Zoe.
In breve giunsero alla casina dei segreti ritrovi; Barnaba s'arrestò,
fece arrestare in perfetto silenzio la sua scorta e si pose ad osservare
attentamente. L'abitazione era muta e scura per l'affatto, nè si aveva
un menomo indizio che vi fosse anima viva. La neve caduta i giorni
addietro era stata spazzata via per una stretta striscia, dal cancello
all'uscio d'ingresso, quindi non vi poteva esser traccia di pedate; però
l'occhio acuto del poliziotto, in uno degli orli della neve in mezzo a
cui erasi aperto il sentiero, vide una lieve impronta; aprì il cancello
con un grimaldello e s'avanzò a contemplar davvicino quel segno. Era
l'impronta recente d'un piede ben fatto ed elegantemente calzato d'uomo.
Certo nel turbamento con cui camminava, il fuggente non aveva dovuto
badare che il suo passo, andato un po' di traverso, aveva lasciato una
piccola orma.
— Gli è qui: esclamò a bassa voce Barnaba, drizzando la sua faccia
illuminata da una fiera gioia. Il sorcio è in trappola, e questa volta
non ci può scappar più a niun modo.
Aveva seco sei guardie e Meo, che faceva sette. Non volendo tralasciare
cosa alcuna cui la previdenza consigliasse, egli trascelse due dei più
intelligenti fra i suoi uomini e diede loro l'ordine di recarsi sotto le
finestre dell'abitazione della Zoe a invigilare. Se mai per caso non
fosse Quercia quegli che era entrato nella palazzina, o già ne fosse
uscito, si tenesse d'occhio la dimora della cortigiana dov'egli poteva
riparare: tutti gli altri luoghi in cui era presumibile si recasse già
erano custoditi.
Partiti i due uomini, Barnaba fu all'uscio della casina, e senza molti
sforzi coi suoi grimaldelli lo aperse. Tutto era scuro là dentro: uno
degli _arcieri_ accese una lanterna, e cautamente, le pistole in mano,
s'introdussero tutti.
— Meo, disse Barnaba mettendo una mano sulla spalla del garzonaccio: gli
è ora che conto su di te.
CAPITOLO XXI.
Gian-Luigi, appena si fu colla sua rapida corsa di tanto allontanato pe'
campi da non temer più pel momento d'essere raggiunto, si fermò
ansimante a pensare quel che meglio gli convenisse. Fuggire addirittura
la città e il paese, tentar di giungere ad estere contrade era certo la
prima idea che gli doveva venire, e fu quella che gli venne: ma non
tardò a crollare il capo con uno scoraggiato sorriso.
— E che farò io, disse amaramente a se medesimo, senza mezzi nessuni,
senza punto denari? Aver tanto raccolto e veder tutto sfumarsi dinanzi!
Aver con tanti sforzi costrutto un edifizio e vederselo tutto
crollare!.. Espormi alla vita della miseria in altri paesi, ricominciare
da capo la vita del baro e dell'assassino per vivacchiare.... oh no! non
io discenderò sì basso.... Piuttosto morire.... Poichè tutto mi ha
fallito ad un tratto, che mi cale gettar via questa vita che ha mancato
a tutte le sue promesse?
Trasse fuori un pugnaletto acuto e sottile e ne guardò stranamente il
luccicar della lama al raggio della luna.
— Su via: diss'egli con quel suo sogghigno in quella solitudine, a quel
momento, più amaro, più superbo, più temerario che mai.
Ma la mano già levatasi per ferire, si arrestò e poi si chinò
lentamente.
— Non è una viltà fuggire innanzi al pericolo perchè si è fatto
gravissimo? Vo' lottare fino all'ultimo con questa società matrigna che
suscita tutti i desiderii e nega all'onestà ogni soddisfazione di essi,
e che ora mi minaccia colla forca... Vivo non cadrò nelle loro mani a
niun patto... Dunque tanto vale tentare ancora. Se potessi fuggire con
parte almeno de' miei tesori, sarebbe tuttavia una vittoria.
La sua decisione era presa, ringuainò il pugnale e si diresse verso la
palazzina. Camminava prudentemente celandosi dietro i tronchi degli
alberi, poco diverso dal cauteloso procedere che descrivono i romanzieri
americani dei selvaggi che vogliono sorprendere il nemico. Intorno alla
casina del viale tutto era quieto: Quercia spiò attentamente e non vide
indizio d'anima viva. Si fece ardito tanto da entrare nel cancello ed
introdursi nell'abitazione. Una lieve speranza gli venne che il segreto
nascondiglio detto _Cafarnao_ non fosse ancora conosciuto dalla Polizia
e colà potesse non solo penetrare sano e salvo a prendere il denaro che
vi aveva, ma rimanervi alcuni giorni nascosto a sviare la vigilanza e le
ricerche della Polizia. E certo se nessuno avesse tradito, quel rifugio
avrebbe dovuto essere compiutamente ignorato; ma che vi fosse stato un
traditore fra i servi era pure la prima idea che gli si era affacciata,
quando aveva visto comparirgli Barnaba per arrestarlo.
Pel segreto passaggio dalla palazzina passò nell'andito sotterraneo che
conduceva al grande stanzone centrale. Camminava lento, gli occhi e le
orecchie tese con ogni sua possibile intentività; la mano destra teneva
sull'elsa del pugnaletto, colla sinistra veniva tastando la parete per
guidarsi, essendo che quella sera non fossero accese le lampade lungo il
corridoio, ed egli avesse pensato meglio non recar seco lume nessuno. Ad
un punto udì innanzi a sè un suono, che gli fece spavento, se pure può
questa parola usarsi per l'intrepida tempra di quella natura. Era un
rumore di lotta: alcune voci d'ira e di minaccia, alcuni gemiti che
parevano di feriti, colpi e percosse. Il _medichino_ ristette. Era
questa una rissa fra i soliti abitatori del _Cafarnao_, oppure una lotta
con nemici invasori? Il dubbio non durò a lungo. Si udì una voce che
Quercia riconobbe per quella dal commissario Tofi.
— Non fate fuoco, gridava la voce, e' si vogliono prender vivi; che
diamine! siete in tanti e non ci valete ad opprimere due uomini soli, di
cui uno ancora non è che la metà d'un uomo?
Al punto in cui era giunto Gian-Luigi, poteva scorgere una luce
rossiccia in fondo al corridoio. Erano delle lanterne che tenevano in
mano vari uomini che non tardò a riconoscere per guardie di polizia. Sui
gradini che conducevano a _Cafarnao_ stavano ritti _Stracciaferro_ e
_Graffigna_ che si difendevano bravamente, il primo con un palo di
ferro, il secondo col suo coltello affilato, contro l'assalto d'una
schiera di poliziotti: alcuni di questi già erano distesi per terra
malconci; dietro degli assalitori appariva l'alta persona del
Commissario, il quale, nel suo solito contegno, le mani affondate nelle
sue grandi tasche del soprabitone, incoraggiava i suoi uomini
all'assalto. Allo sbocco dell'andito che conduceva alla bottega di
Baciccia apparivano altri poliziotti appostati.
Il primo impulso di Gian-Luigi fu quello di gettarsi là in mezzo a
soccorso de' suoi; ma fu lesto a cambiar d'avviso, egli si perdeva
inutilmente senza salvare gli altri. Sola cosa da farsi era tornare il
più presto sui suoi passi, prendere in fretta tutto quello che si poteva
di valore che era nella palazzina, e fuggire se pure s'era tuttavia in
tempo. Retrocesse adunque affrettato; giunto dietro all'uscio segreto
che metteva nel salotto della casina sostò ed applicò l'orecchio alla
commessura per ascoltare; non udì rumore di sorta; colà non era dunque
ancora penetrato nessuno. Toccò la molla nascosta; l'uscio si aprì; egli
passò ratto e lo richiuse: ma aveva fatto appena pochi passi che udì
nell'andito a pian terreno gente che entrava, che si accostava alla
scala, che saliva. Si morse le labbra fino al sangue, gettò un'occhiata
disperata intorno a sè, come per cercare una via di scampo: non ce n'era
nessuna: tornare nel sotterraneo era peggio: gli occhi gli balenarono
orrendamente: si vide compiutamente perduto e si disse con una bestemmia
che la sua ultima ora era venuta; si piantò sulla soglia di quella
stanza, impugnò con mano convulsa il pugnale e stette ad aspettare.
Non aspettò a lungo; l'uscio della camera che precedeva si aprì e
comparvero agli occhi suoi quattro uomini — quei medesimi che già lo
avevano assalito nella casa dei Benda — e in mezzo a loro, come duce,
Barnaba. Nessuna parola fu scambiata: nè i poliziotti minacciarono, nè
il _medichino_ aprì labbro; gli _arcieri_ ad un cenno di chi li
capitanava fecero un moto per islanciarsi addosso a Quercia: questi
brandì il pugnale, solidamente piantato sulle sue gambe, in una mossa
robusta ed elegante da gladiatore antico. Era sì fiero l'aspetto di lui,
sì ferocemente lampeggiavano i suoi occhi neri, la profonda ruga
incavatasi nella sua fronte dava una tale sembianza di forza, di
risoluzione disperata, di volontà e di ferocia indomabili a quel suo
volto fatto per imporne altrui e per comandare alle turbe, che gli
_arcieri_, come intimoriti, s'arrestarono. Ciascun di loro sapeva che il
primo fosse arrivato a tiro di quella sottil lama, che brillava nel
pugno piccolo e nervoso del _medichino_, sarebbe stato un uomo morto; e
per quanto si sia sicuri che la nostra morte verrà vendicata, non è
questo pensiero abbastanza consolante per deciderci a farci accoppare
così di piano senza punto oscitanze.
Barnaba, il quale voleva finirla presto, si volse indietro e chiamò a sè
un uomo che era rimasto nell'altra stanza in coda degli altri.
— A te, gli disse, vieni qua e guardalo. È egli quel desso?
Gian-Luigi vide, dietro le spalle dei quattro _arcieri_, comparire la
faccia scema e gli occhi vitrei di Meo, il garzone di mastro Pelone.
— Ah! sei tu il traditore: mormorò fra i denti il _medichino_: che sì
ch'io ti darò qui stesso la tua paga... Ma tu non sei già il solo,
perchè il segreto di _Cafarnao_ non t'era noto.
Lo sguardo di Meo, fissandosi nel volto di Gian-Luigi, s'animò per
quanto quello sguardo poteva animarsi.
— È lui, esclamò, gli è proprio lui: lo riconosco, quantunque e' sia
vestito da signore.
Barnaba aveva giudicato egli pure che alcuno dei presenti doveva
sacrificare la vita per la cattura di quell'importantissimo personaggio;
ed avvisò che, fra quante aveva in quel momento a sua disposizione,
l'esistenza di quel poveraccio era la più sacrificabile, come quella
che, arrestato il famoso _medichino_, diventavagli affatto inutile.
— Or bene, gli disse piano all'orecchio, saltagli addosso ed afferralo
tu, se non vuoi che più ci scappi e ti porti via per sempre la
Maddalena.
Meo allungò il collo fra le spalle dei poliziotti che erano dinanzi e
misurò collo sguardo lo spazio che gli restava da percorrere per
arrivare al _medichino_.
— Animo! gli susurrò all'orecchio Barnaba: l'hai giurato che non te lo
lascieresti scappar più; e così ti vendicherai di lui e di lei.
Il garzonaccio diede in una specie di grugnito: fece come il cane che,
animato dalla voce del cacciatore, esita a slanciarsi addosso al
cinghiale attergatosi ad una pianta, e poi ad un tratto ei si decide e
corre addosso alle mortifere zanne: colle due mani trasse indietro due
degli _arcieri_ per farsi lasciare il passo, e coll'impeto d'una
catapulta, piombò addosso al _medichino_ di tutto il peso della sua
persona.
Gian-Luigi piegò un istante a quell'urto; ma le sue gambe s'irrigidirono
tosto ed egli riprese di subito la sua impostatura di difesa; però
l'assalitore l'aveva afferrato alla gola e gli stava ingombro sul petto,
facendo sforzi ad abbatterlo in terra. Si vide al lume rossiccio della
lanterna balenare per aria la lama sottile, ed una riga di sangue colare
ad un tratto e per più luoghi dalle reni di Meo. Questi tuttavia non
lasciò la presa: muggiva e rantolava in orribil guisa, ma le sue braccia
si stringevano convulse al collo del _medichino_, così che tutto
pavonazzo ne diventava il viso di costui; e negli squassi dell'agonia,
cadendo a terra come sacco buttato, Meo traeva seco, sempre stretto
dalla morsa feroce delle sue braccia contratte, Gian-Luigi a mezzo
soffocato. Ma quando aveva toccato il pavimento, il povero Meo già era
cadavere.
— Su, su, gridò Barnaba: saltategli addosso ora ed impedite ch'ei possa
uccidersi, e disarmatelo.
Gli arcieri tutti quattro piombarono su di Quercia nell'atto che stava
per divincolarsi dall'amplesso orrendo di quel cadavere e volgere su di
sè l'arma omicida; non senza sforzi riescirono a torgli di mano il
pugnale e legarne le braccia e le gambe, e finirono per lasciarlo
disteso in terra ansimante, sanguinoso, pesto e allividito dai colpi
ricevuti, ma terribile ancora a mirarsi. Il pittore che avesse voluto
rappresentare il Satana fulminato, non avrebbe potuto trovare modello
più acconcio e più efficace di quell'uomo pallido, dalle chiome nere
irte sul capo come serpenti, dagli sguardi feroci e rabbiosi d'una
ferocia impotente, il quale si mordeva il labbro inferiore da far
spicciar il sangue che gli colava lungo il mento, sulla cui fronte la
ruga profonda che vi si incavava fra le sopracciglia, pareva l'impronta
della maledizione di Dio.
Barnaba, che aveva assistito con trepidante interesse alla breve ed
aspra lotta, ora che si vide disteso ai piedi, vinto ma non domato,
quell'uomo; come se soltanto per questo fine gli avessero bastato le
forze che aveva raccolte mercè il conato perseverante della sua volontà,
si lasciò cader seduto sovra una scranna, mandando un lungo sospiro, e
parve presso a svenire.
Gli occhi neri del _medichino_ caduto lo saettavano con isguardi pieni
d'un odio feroce.
Dopo un istante in cui gli _arcieri_ medesimi parvero riposarsi ancor
essi, stupiti insieme e della forza che loro aveva opposto quel giovane
dalle forme eleganti e quasi della loro vittoria, e' si volsero al
caduto a vomitargli mille improperii, urtandolo co' piedi. Il
_medichino_ rimase impassibile, muto ed immobile, nè i suoi occhi
degnarono pure volgersi sopra i suoi insultatori, ma continuarono a
restar fissi con quella espressione sopra di Barnaba.
Questi, appena gli fu tornato tanto di vigore da poter alzare la voce,
gridò ai suoi subalterni:
— Silenzio olà, e fermi!... Lasciate in pace il prigioniero.
Obbedirono colla prontezza e colla sommessione della disciplina
militare: e messisi nell'impostatura del rispettoso aspettar gli ordini
dal superiore, uno di essi, il brigadiere, domandò:
— Che ci comanda ora?
— Procederemo alla più minuta perquisizione in tutta la casa. Chiamate
gli altri uomini che abbiamo lasciato abbasso: due rimarranno qui a
custodia del prigioniero, gli altri romperanno tutti gli scrigni,
apriranno tutti i mobili, così ch'io possa rifrugar tutto e dappertutto.
Fu fatto secondo questi ordini. Ogni carta fu attentamente esaminata da
Barnaba, quelle sopratutto che avevano apparenza di lettere di donna. Di
queste se ne trovò di molte, ma non quelle che cercava l'agente della
Polizia; altre carte che avessero importanza non se ne rinvennero.
— Ed ora, disse Barnaba quando la perquisizione fu finita e lo disse in
modo che il _medichino_ potesse udire: ora non ci resta che penetrare
nel sotterraneo.
Gli occhi di Gian-Luigi che rimanevano sempre fissi sull'agente della
Polizia, diedero un leggier guizzo.
Barnaba si accostò al giacente e, curvatosi verso di lui, gli disse:
— Vedete che sono informato di tutto. So che per quella grande
specchiera laggiù si penetra nel sotterraneo covo della vostra _cocca_,
e so che la si può aprire mediante una molla segreta che si preme.
Fareste assai bene ad indicarci questo segreto per avanzarci la fatica e
il tempo di rompere ed abbattere quell'uscio così ben dissimulato, senza
contare che gli è un peccato mandar a male un sì bel cristallo.
Il _medichino_ seguitò a guardar fieramente chi gli parlava, ma non
disserrò le labbra.
— Rompete quello specchio, comandò Barnaba accennandolo colla mano, e
sfondate l'uscio che esso nasconde.
L'ordine fu tosto eseguito. Dieci minuti dopo appariva il vano nel muro
e il tenebroso pozzo della scala che s'affondava. Allora il prigioniero
fece un movimento ed accennò colle pupille a Barnaba che gli stava
seduto dappresso.
— Sentite: diss'egli.
Il poliziotto, aspettandosi qualche rivelazione, si curvò su di lui con
sollecita premura.
— Che ragioni personali d'animosità avete voi contro di me? gli domandò
Quercia, facendogli penetrare negli occhi il suo sguardo acuto.
Per un ratto istante le pupille, abitualmente velate, di Barnaba ebbero
un improvviso bagliore; ma le si spensero tosto.
— Nessuna: rispose egli freddamente.
— Voi mi avete data la caccia con ispeciale accanimento; foste voi che
veniste a suscitare fra i miei seguaci un traditore.
— Era dovere del mio ufficio.
Gian-Luigi fece quel suo scettico amaro sogghigno che ora su quelle
labbra sanguinose era più penoso a vedersi.
— Troppo zelo: diss'egli ironicamente.
Barnaba si drizzò della persona ed accennò avviarsi verso l'uscio
atterrato.
— Aspettate: disse vivamente il _medichino_ con un accento che pareva di
comando.
Il poliziotto si fermò.
— Curvatevi di più verso di me. Quello che voglio dirvi dev'essere udito
da voi solo.
Barnaba si chinò più che poteva.
— Per fare codesto mestiere voi dovete non esser ricco.
— Sono poverissimo.
— Chi mi lasciasse scappare potrebbe avere venti mila lire.
— Bah! dove le prendereste? Tutto quello che avevate qui sotto già vi fu
sequestrato.
La risposta del poliziotto accese un po' di speranza nel cuore di
Gian-Luigi. Chi si preoccupa del modo onde gli può essere pagato il
compenso ad un atto che gli si domandi, è presso ad accettare di compire
quest'atto.
— Ho in serbo altrove delle somme: disse con vivacità il _medichino_.
Sono presso una persona, dalla quale potreste avere subito, questa sera
medesima, la mercede che vi dico.
— Chi è questa persona? domandò Barnaba i cui occhi tornarono ad
animarsi alquanto.
— Vi condurrò io stesso da lei, appena ci saremo tratti di qua.
— Forse la Zoe? disse l'agente poliziesco con voce che sibilava fra i
denti.
Quercia era troppo osservatore per non por mente alla fiamma che aveva
lampeggiato nelle pupille di Barnaba, al tremare dell'accento con cui
aveva pronunziato quel nome di donna: sollevò alquanto il torso dal
suolo, puntando il gomito d'uno de' suoi bracci insieme
strettissimamente legati, ed affondò i suoi negli occhi
dell'interlocutore.
— La Zoe!... Voi la conoscete?
Barnaba aveva chinato sulle pupille le ciglia, e volto il capo
dall'altra parte.
— No: rispose freddamente. Non la conosco..... Ma mi offriste anche un
milione non consentirei nemmeno a chiudere un occhio perchè voi poteste
riacquistare la libertà.
— Va bene: disse con tutta indifferenza il _medichino_, lasciandosi
ricadere lungo e disteso per terra: siete l'eroe della Polizia.
E non pronunziò più una parola.
— Scendiamo giù: disse Barnaba ai suoi uomini: due di voi rimangano qui;
gli altri vengano meco. Credo che a quest'ora il Commissario avrà finito
con quegli altri, e se no arriveremo appunto in suo aiuto.
E l'agente cogli _arcieri_, tolti i due che rimasero presso il
_medichino_, sparirono nell'oscuro della scaletta che scendeva al
corridoio sotterraneo.
CAPITOLO XXII.
Per l'arresto dei malfattori della _cocca_, tre squadre poliziesche
eransi partite ad un tempo dal Palazzo Madama, la prima capitanata da
Barnaba si era diretta alla casa Benda dove sapevasi doversi cogliere
alla posta il capo della banda, e già abbiam visto quello che a questa
squadra era intravvenuto; la seconda erasi recata all'abitazione
ordinaria del cosidetto _medichino_ sotto la guida di un altro agente
che godeva ancor egli la speciale confidenza del signor Commissario, e
colà aveva arrestato i servi del sedicente dottor Quercia ed in una
minutissima perquisizione sequestrato tutte le carte che vi ci aveva
trovate, cui l'agente doveva consegnare nelle mani medesime del signor
Tofi: quest'ultimo poi, a capo della terza squadra, più numerosa delle
altre e rinforzata dall'aiuto di una mezza dozzina di carabinieri, s'era
assegnato il compito di penetrare nel covo sotterraneo e misterioso di
quella tremenda associazione di assassini. Giunta a poca distanza dalla
strada in cui s'apriva la taverna di Pelone, questa schiera si divise in
due, e chetamente le due frazioni s'avviarono, l'una verso la bettola,
l'altra verso la bottega di Baciccia.
Il bravo Pelone, che già da qualche giorno aveva inquietudini e di
molte, restò di stucco al vedere aprirsi l'uscio a vetri della bottega e
in mezzo al fumo denso delle pipe, delle vivande, dei lumi a olio,
presentarsi la faccia del Commissario, faccia che ispirava apprensione a
tutti e che in quel punto alla coscienza sporca di mastro Pelone fu
spaventosa come la testa della Medusa nei poeti classici. Ad accrescere
spavento questa faccia tremenda era incorniciata in un fondo di ceffi
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