La plebe, parte IV - 11
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impossibile dileguare quei dubbi che ci si affacciano intorno all'essere
di quel giovane.
Il marchese lo interruppe con un gesto che indicava desiderare che per
allora non gli si parlasse più di codesto.
— Penserò di meglio quello che mi tocchi di fare, disse: pregherò Dio, e
preghi anche Lei per me, di grazia, perchè m'illumini.
S'era giunti al convento del Carmine, il gesuita discese con
ringraziamenti, rispettose salutazioni ed umili proteste di devozione, e
il marchese continuò la strada per al suo palazzo. Diverse idee gli
tenzonavano nella mente, diversi affetti gli agitavano l'animo. I
pregiudizi, l'orgoglio, la bontà del suo cuore, il rimorso lottavano in
lui, mandandolo a volta a volta ai più opposti partiti. Aveva bisogno di
guida e di consiglio, e non sapeva a cui rivolgersi, e non voleva
aprirsene a nessuno. Ad un tratto si presentò alla sua mente l'immagine
sorridente e bonaria dell'umile parroco di villaggio. Là era il buon
senso, là l'onestà la più pura, là una vera religione, la virtù più
generosa, il più esatto e preciso sentimento del dovere, là
l'ispirazione della carità veramente cristiana.
Salì di fretta nel suo quartiere e fece venire a sè il domestico.
— Cercate subito di Don Venanzio, e pregatelo di venir da me al più
presto.
Il lacchè s'inchinò in segno d'ubbidienza, ma non uscì della stanza.
— Che cosa avete da dirmi? domandò il marchese.
— Durante la sua assenza venne uno scudiere di Corte, pregandola di
recarsi a Palazzo chè S. M. desidera parlarle.
Il marchese represse un lievissimo atto di contrarietà, e disse
sollecito:
— Non si stacchino dunque i cavalli. Ci vado tosto: e frattanto si
cerchi di Don Venanzio. Vorrei trovarlo qua al mio ritorno.
E messosi di nuovo in carrozza, fu in pochi minuti nel palazzo reale
alla presenza di Carlo Alberto che lo aspettava e lo accolse tosto.
CAPITOLO VII.
Il commissario Tofi, fattasi inutile ogni insistenza presso lo svenuto
Nariccia, passò in altra camera e si diede ad interrogare coloro fra i
casigliani che aveva fatto trattenere, nella lusinga potessero fornire
qualche testimonianza utile al suo còmpito. Apprese egli di questo modo
il fatto della crudele cacciata sul lastrico della strada della famiglia
del povero Andrea, e quindi il furore e i propositi di vendetta di
quest'esso. Nel passato del misero operaio non c'era nulla che potesse
farlo stimar capace d'un delitto, e sopratutto d'una ruberia; ma la
passione di vendicarsi e la miseria in cui si sapeva caduto il
disgraziato sono così cattive consigliatrici! Gli stravizi a cui s'era
dato in preda, le triste compagnie cui da tempo frequentava erano
argomenti da far credere in Andrea offese e smussate quella moralità e
quell'onoratezza onde poteva un tempo vantarsi; per poter penetrare in
quel modo nel quartiere dell'avaro, senza effrazione, gli assassini
dovevano avere in loro mano delle chiavi ben fatte all'uopo; ora
sapevasi che Andrea era un abilissimo fabbro ferraio. Quella mattina era
stato visto in quella strada medesima ed aveva mostrato assai
turbamento. Tutto ciò parve al signor Tofi altro che bastevole per
legittimare i sospetti sul conto di Andrea e la sua cattura: diede
ordine senz'altro che il marito di Paolina venisse arrestato.
Ma dove trovarlo questo vagabondo che non aveva più domicilio? Tofi, che
conosceva i suoi polli, mandò gli sgherri prima all'osteria, e poi, se
Andrea non fosse colà, all'ospedale dove giaceva inferma la moglie
dell'operaio.
Povera Paolina! Pareva ch'ella fosse già precipitata al colmo delle
disgrazie, eppure una nuova le incombeva sul capo ed un nuovo massimo
dolore stava per colpirla. Rimasta fuor de' sensi quasi ventiquattr'ore
(ah! perchè non aveva Iddio concessole di continuare in questo stato,
nel quale almeno le era tolta la coscienza della sua sventura?) era
finalmente tornata in sè per conoscersi in un lettuccio sotto la trista
vôlta d'un camerone d'ospedale. La prima idea che le era venuta era
stata quella dei suoi cari.
— I miei figli! mio marito! esclamò essa.
Le rispose la voce dolce d'una pietosa suora di carità che per ventura
le stava presso in quel punto.
— I vostri figliuoli sono ricoverati nell'Ospizio di *** e non mancano
di nulla; vostro marito è già venuto due volte a vedervi, e credo che
tornerà di quest'oggi medesimo.
La inferma volse uno sguardo tra attonito e riconoscente alla mite
fisionomia di quella monaca, e stette un poco a guardarla, come se non
avesse parole fatte da risponderle; poi ad un tratto un'idea spaventosa
l'assalse, ed ella ruppe in un singhiozzo.
— Mio marito, disse, può venire a vedermi; ma i miei figli?.... Oh! non
verranno essi pure?.... Io non potrò uscir più di qua per vederli
loro... Dovrò io dunque morire senza più abbracciarli?
La suora tentò calmare lo spasimo della poveretta con buone parole, e
infonderle il coraggio di qualche speranza; ma tutto fu inutile.
— No, no: diceva ella scotendo sul guanciale la testa con mossa
desolata: lo sento bene; io morrò qui... qui, separata dai miei!...
Povera donna! Ella doveva aver pur troppo ragione!
Poco dopo Andrea si trovava presso il letto di sua moglie.
Non ebbero cuore a parlarsi i due infelici. Essa lo fissava cogli occhi
velati da lagrime; egli non osava quasi arrestare il suo sguardo sul
viso di lei, aimè! quanto cambiato, che già pareva il viso di una morta.
Nell'aspetto di lui c'era una confusione, una vergogna, un rimorso:
tutto esprimeva il pentimento ed il dolore; il suo contegno era
un'accusa di se stesso ed un implorare perdono: in lei non un'ombra di
rampogna, non la menoma amarezza; una rassegnata mestizia, una virtuosa
mitezza nella irrimediabile desolazione. Andrea balbettò alcune voci che
non avevano senso; si curvò sulla giacente; ne prese il capo fra le sue
nere, callose mani che tremavano, e baciandole la fronte, ruppe in un
pianto angoscioso, con singhiozzi che parevano squarciargli il petto.
Piangeva eziandio Paolina, ma piangeva chetamente e lasciava colar giù
del volto immagrito e color della cera le lagrime cocenti senza
asciugarle.
Stettero così un poco; e la dolorosa amaritudine di quelle anime in tale
istante, chi la potrebbe dire? Fu la Paolina che, con quel filo di voce
che le rimaneva, cominciò a parlare.
— Calmati, Andrea, e fa coraggio, te ne prego.
Era essa, la santa donna, che riconfortava il marito; essa che andava
persuasa di morire, di dover abbandonare nel mondo, in quelle sì triste
condizioni in cui erano, i figli suoi; essa che da ciò aveva all'anima
il più grande dolore che anima di madre abbia provato mai!
— Non pianger più..... Tu sei un uomo... Conviene che tu abbia forza...
Senti, Andrea: ti voglio domandare un piacere, un gran piacere, sai, che
mi farà bene, ma tanto, tanto bene.
— Oh parla: esclamò vivamente il marito: e qualunque cosa sia, ti giuro
che io lo farò.
— Ho bisogno di vedere i nostri figliuoli... Conducimili qui... Non
dev'essere proibito di condurre de' figliuoli a vedere la madre
ammalata... Se fosse proibito anche questo, per noi povera gente, va a
domandare la grazia da chi occorre, anche dal Re se fa bisogno... te ne
supplico, ma conducimi qui i miei bambini... Tutti, sai! Anche
l'ultimo... Povero piccino!... Ah! poveri tutti!...
Si tacque chè la commozione le faceva groppo alla gola, e si voltò in là
perchè il pianto le riempiva di nuovo gli occhi.
— Sta tranquilla, rispose Andrea, dovessi mettere sottosopra il mondo,
ti contenterò.....
— Quando? quando? chiese con ansia e sollecitudine l'inferma.
— Per oggi mi è impossibile, che già è troppo tardi, e prima che io sia
andato e venuto, è di là di trascorsa l'ora in cui qui ci si lascia
entrare; ma domattina, sta sicura che verrò qui coi nostri figliuoli per
mano.
— Grazie! disse Paolina con tanta tenerezza di accento che impossibile
farsene un'idea: ah! rivedrò i figli miei!...
Successe una pausa; poi la inferma, non senza qualche imbarazzo, si fece
a domandare:
— E tu, Andrea, ora, che fai? che conti di fare? come vivi? Hai cercato,
cerchi lavoro? ne hai trovato?
Andrea rispose con impaccio maggiore di quello con cui sua moglie lo
interrogava:
— No, di lavoro fin adesso non ne ho trovato... è così scarso!... ma ne
cerco.
— E intanto come vivi?
— Ho qualche amico che mi aiuta...
— Ah! i tuoi amici
— Ho reso servizio ad un cotale che può qualche cosa e che ci torrà
tutti dalle pene... Quando tu sarai guarita, e sarà guarito ancor
egli... perchè si trova malato di molto anche lui, tutto si
aggiusterà.....
Paolina guardò fiso in volto suo marito.
— Non c'è nulla in codesto, di cui un uomo onesto come sei tu debba
arrossir mai?
Andrea chinò gli occhi innanzi a quelli della maglie: ricordò la false
chiavi fatte la sera innanzi, ed una profonda vergogna de' fatti suoi lo
prese.
— No, no, rispose tuttavia con sufficiente franchezza; anzi ho fatto per
quel cotale una che si può dire opera buona. Ti conterò poi tutto
un'altra volta.
Il domani, come aveva promesso alla moglie di fare, Andrea uscì dal
segreto riparo in cui si nascondeva così bene, che da quella sera in cui
era stato condotto in _Cafarnao_ nè Marcaccio ned altri non lo avevano
visto più, e s'avviò verso l'ospizio ov'erano ricoverati i suoi figli.
Per giungere a questo ospizio, la strada più corta era quella in cui si
trovava la casa di messer Nariccia, ed Andrea ci passò, e come tutti
quelli che in quella mattina la percorrevano, fu arrestato dal
capannello di curiosi che impediva il passo all'altezza appunto della
casa dell'usuraio. Il marito di Paolina dalle vive ciarle che udì
intorno a sè, apprese tosto quel che era avvenuto al suo già padrone di
casa, e fu grave e profondo l'effetto ch'egli ne provò. Pensò di botto a
quelle chiavi da lui fabbricate, e non ebbe dubbio nessuno che esse
avessero servito a commettere quell'orribile delitto; egli dunque ne
aveva pure la sua parte di colpa, a lui si doveva il compimento di
quella strage, su di lui la giustizia divina e l'umana avrebbero potuto
e dovuto far ricadere quel sangue. Il povero Andrea seppe così poco
nascondere il suo turbamento che i presenti lo notarono tutti, e
parlandone poscia al Commissario, rafforzarono in lui i sospetti che
complice dell'assassinio fosse Andrea, e che, mandato appunto da quelli
che avevano fatto il colpo, fosse venuto lì quella mattina ad esplorare
come si mettessero le cose.
Intanto il marito di Paolina, allontanatosi da quel luogo di buon passo,
desideroso di fuggire quella strada e quelle voci, arrivava ancora tutto
sossopra dell'animo all'ospizio in cui erano ricoverati i suoi
figliuoli. Colà domandava gli fosse concesso prender seco i bambini e
condurli al letto della madre poco meno che moribonda; e la passione
dell'animo ond'era afflitto, diede alle sue preghiere tanta efficacia,
che le monache sotto la cui direzione era quel pio istituto,
acconsentirono senza difficoltà nessuna a lasciar andare col misero
padre i bambini; i quali, di vero, appena vistolo, s'erano gettati
addosso a lui e pregavano piangendo li togliesse con sè, li conducesse
dalla mamma, tornassero tutti nella loro soffitta a vivere come prima.
Andrea li abbracciò e baciò con tanta tenerezza, quanta forse non aveva
provata mai; ringraziò le monache alle quali promise avrebbe fra due ore
al più tardi ricondotti i piccini, cui loro raccomandava colla più
commovente effusione, e toltosi in braccio il più piccolo, mandandosi
innanzi gli altri, si diresse verso l'ospedale in cui giaceva la moglie.
Quest'infelice aspettava con ansioso desiderio che le faceva parere
lentissimo il tempo. Ad ogni minuto domandava alla monaca, che aveva più
specialmente cura di lei, qual ora fosse, e udendo sempre che
trammezzavano ancora parecchi minuti al punto in cui avrebbero
cominciato ad essere ammessi i visitatori, sospirava dolorosamente.
Ma quel momento giunse pure alla fine: vide Andrea comparire in fondo al
camerone col piccino in braccio che girava attorno attoniti i suoi
occhioni tondi come se volesse cercare la mamma che il babbo gli aveva
detto eran venuti a vedere; scorse gli altri suoi figliuoli che
camminavano tenendosi per mano colle mostre dello stupore ancor essi
sulle loro faccine a quei nuovi oggetti che si trovavan dintorno;
Paolina provò una tale emozione che ne attinse la forza di drizzarsi
alquanto della persona sul letto, di levar fuori dalle coltri le braccia
e tenderle a quei suoi cari che s'avanzavano verso di lei, mentre le sue
bianche labbra tremanti esclamavano:
— Figli... oh figli miei!
In un momento, fra quelle braccia mosse da tanta tenerezza si trovò
stretto con amoroso trasporto l'ultimo de' bimbi che il padre ci aveva
messo. La povera madre lo baciava piangendo, dicendogli mille
incoerenti, inintelligibili parole; il bambino guardava sempre con que'
suoi medesimi occhi attoniti, pareva non riconoscer più sua madre:
quelle due lunghe file di letti, con entrovi tanti volti quasi
cadaverici e tanti occhi riarsi dal fuoco della febbre, parevano
spaventarlo, faceva greppo e se non avesse avuto soggezione, molto
facilmente sarebbe prorotto in pianto. Il padre lo riprese, recandoselo
al petto, ed egli si serrò colle piccole braccia al collo di lui,
guardando la madre quasi sgomento: la infelice donna rispondeva a quello
sguardo con un mesto sorriso tutto bontà e con una dolorosa
rassegnazione entro gli occhi. Gli altri figliuoli furono dalla giacente
abbracciati del pari; poscia il marito sedutosi vicino al capezzale, i
bambini sulle ginocchia di lui, e l'ultimo nato, accoccolato sulla
sponda del letto, passarono un po' di tempo dicendo parole pochissime,
ma guardandosi, ma pensando di molto i due miseri genitori al loro
passato, alle miserie presenti, alle paurose minaccie dell'oscuro
avvenire. Il più piccino dei bimbi, superata oramai quella prima
impressione di timoroso disagio, riconosciuta compiutamente la mamma,
s'era accostato vicino vicino al capo materno ch'essa aveva dovuto
abbandonare di nuovo sul guanciale, e colla manina ne accarezzava le
pallide gote.
Così rimasero forse un'ora, non felici di certo, ma con una dolce e
preziosa tregua nel loro reciproco soffrire. Ed ecco che il momento
doloroso di separarsi era giunto. La monaca pietosa colle più umane
forme e col più mite accento venne ad avvertirneli. Andrea si levò a
malincuore, con un evidente sforzo, quasi avesse da sollevare con sè un
grave peso che lo tenesse piantato a quel posto; Paolina fissò il volto
de' suoi figli con un'espressione di spasimo, di rimpianto, quasi di
terrore. Oh com'era passato presto quel tempo! Come! già separarsi da
que' suoi dilettissimi! Rimaner di nuovo sola, ripiombare così presto
nella privazione della vista di quei visini, nella lontananza da ogni
suo affetto! E li avrebbe essa potuto rivedere ancora? Era quello forse
l'ultimo addio che loro dava!..... Le sue labbra fatte tenaci, parevano
non potere staccarsi dalla fronte dei figli in quel bacio d'addio. Non
potè dir molte parole; balbettò confuse frasi soltanto; non potè
piangere nemmeno; due lagrime sole ma cocenti le colarono giù dal volto;
e la espressione dello sguardo con cui seguitò marito e figli che
partivano, finchè non furono usciti dal camerone; quell'espressione
disperatamente dolorosa, chi la potrebbe dire?
Quando e' furono fuori della soglia la misera nascose il capo sotto le
coltri, e fu udita allora dolorosamente singhiozzare.
Andrea veniva fuori dell'ospedale, quando due uomini gli si slanciarono
contro e prima ancora d'aver pronunziata una parola lo afferrarono alle
braccia e lo disgiunsero da' suoi bambini che furono in là respinti.
— Venite con noi: gli dissero col tono poco gentile che è usuale a tutti
gli sgherri del mondo.
Andrea diede una strappata affine di sciogliersi da quelle manaccie; ma
i birri travestiti, coll'abilità e prestezza che hanno acquistate
coll'uso in codesta bisogna, gli ebbero messo di subito i cantini ai
polsi e dando una giratina colle mani glie li fecero entrare nelle
carni, con un dolore che obbligò l'infelice a mandare un grido. La
tremenda verità balenò innanzi al povero Andrea, a cui come uno spavento
si presentò l'idea della carcere.
— Dove volete condurmi? domandò egli con un'ombra ancora di speranza che
quello fosse un errore oppure d'altra cosa si trattasse. Chi siete?
— Siamo agenti della forza pubblica: risposero: ed abbiamo da condurvi
dritto dritto al _correzionale_.
Molta gente usciva in quel punto dall'ospedale: presso alla porta
stavano venditori e venditrici di arancie, cui sogliono comprare i
visitatori per recare agl'infermi; tutti costoro e chi per caso passava
in quel momento per la strada, si raccolsero in un gruppo curioso,
abbastanza fitto, che si serrò intorno ai birri ed all'arrestato. I
fanciulli che non capirono che cosa avvenisse, ma videro che si voleva
separarli dal padre loro, colle manine intirizzite dal freddo, e gonfie
dai geloni, afferrarono i panni del babbo e si diedero a strillare.
Andrea volse tutt'intorno, su quelle faccie curiose che lo guardavano,
un occhio smarrito, e gli parve che quelle faccie avessero centinaia e
centinaia di pupille larghe, brillanti, che lo saettavano di
schernitrici occhiate: il sangue gli salì prima alla testa, poi gli si
aggruppò al cuore, sentì possedersi da un'immensa vergogna, si fece
rosso come una fiamma, poi pallido come un morto e balbettando disse:
— È impossibile... Si sbagliano... Io non ho fatto nulla.
— Non ci sbagliamo: risposero col solito accento e coi soliti improperii
gli sgherri. E se non avete fatto nulla, lo direte a chi conviene, a suo
tempo.
E diedero una nuova strappata ai polsi per farlo camminare con loro.
Andrea sentì trarsi i panni dai bambini che vi si tenevano afferrati.
— I miei figli: disse egli, piantandosi a resistere alla tirata; io non
posso abbandonare i miei figli... Mi lascino almanco ricondurre
all'ospizio i figliuoli miei.
— Eh! le sono storie: risposero i birri; che sì che noi abbiamo tempo da
passeggiare per la città a lasciarvi fare le vostre commissioni; o che
credereste che noi vi lasciassimo andare a fare voi da solo una piccola
corsa, colla fiducia che voi veniate di poi a consegnarvi nelle nostre
mani?
— Io sì, lo farò, lo giuro: esclamò Andrea.
— Niente affatto; non c'è da farvi di queste lusinghe; già troppe parole
abbiamo scambiate; suvvia in marcia, e non fatevi tirare.
— Babbo, babbo, seguitavano a gridare i bambini: non lasciarci..... Ci
conducano anche noi col babbo.
I popolani presenti incominciavano a intenerirsi: i birri la vollero far
finita, e senza tante cerimonie trascinarono il meschinello facendogli
entrare nelle braccia le cordicelle delle manette. I bimbi correvan
dietro a quel gruppo strillando; il povero padre volgevasi verso di
loro, avvicendando le preghiere alle minaccie ed agli improperii e tutto
col medesimo effetto sui poliziotti che lo traevan prigione: era uno
spettacolo dolorosissimo a vedersi.
Ad un punto Andrea si buttò in terra disperatamente.
— No, urlò egli in un accesso di rabbia avvoltolandosi sul fango
ghiacciato della via; no, non faccio un passo di più, non mi movo.....
mi battano, mi uccidano se vogliono, ma io non abbandonerò i miei figli.
Gli sgherri si diedero in fatto a percotere il pover'uomo accompagnando
le busse d'ogni fatta villanie; ma l'infelice padre seguitava a gridare:
— Oh che giustizia è questa? Che ho da lasciare sul lastrico i miei
bimbi crepar di freddo e di fame? La loro madre è allo spedale... Me mi
gettano in carcere che sono innocente... Vogliono dunque farci morir di
miseria noi poveri e i nostri figliuoli..... Me li lascino guidare
all'ospizio, non domando altro.
Un signore vestito da buon borghese, d'età inoltrata, d'aspetto pieno di
bontà, che passava per caso colà, si fece innanzi e disse ai birri con
un accento tra di autorità, tra di preghiera:
— Via, non maltrattate così questo pover'uomo.
Gli sgherri gli si volsero inveleniti:
— Chi è Lei?.... Che cosa viene a ficcare il suo naso qui in mezzo, Lei?
— Io posso darvi di me il ricapito che vi piace. Sono Defasi, libraio di
S. A. R. il Principe di Carignano.
Queste parole fecero effetto sui birri, come non poteva mancare di
avvenire in quei tempi, quando in presenza d'un agente qualunque del
Governo si invocasse il nome di qualcheduno appartenente alla Corte.
— Signore, risposero con meno burbanza, noi abbiamo ordine preciso di
condurre quest'uomo in prigione, e capisce anche Lei che bisogna pure
facciamo il dover nostro.
— Sta bene; ma non entra nel vostro dovere il regolarvi in tal barbaro
modo. Lasciate ch'io dica due parole a quest'uomo.... Oh non dubitate
che le udrete anche voi, e credo che dopo di esse egli camminerà senza
contrasto.
I poliziotti annuirono tacitamente con una stretta di spalle.
— E' bisogna rassegnarvi: disse ad Andrea il signor Defasi, il resistere
non vi serve di nulla, ed anzi non può riuscire che a far peggiori le
vostre condizioni.... Quanto ai vostri figli, s'io ho udito bene, voi li
vorreste accompagnati a qualche ospizio, dove hanno ricovero; ebbene
dite a me quale sia quest'ospizio, e in parola di galantuomo vi prometto
che ve li accompagnerò io stesso.
Andrea fissò in volto il Defasi cogli occhi suoi ancora smarriti. Erano
nel suo sguardo prima una diffidenza ed un sospetto che non la letizia
di aver trovato un aiuto; ma la figura aperta e leale del libraio non
tardò ad inspirare al misero padre tutta quella confidenza che la si
meritava.
— Ebben sì, esclamò Andrea con voce subitamente commossa a tenerezza. La
è padre di certo anco Lei?
Defasi fece sorridendo un cenno affermativo.
— Affido dunque a Lei i miei figli. Faccia la carità di accompagnarli
all'ospizio ***; il mio nome è questo (e glielo disse), e soggiunga
ch'e' son que' piccini che ieri ci vennero ricoverati dietro le istanze
e le raccomandazioni del dottor Quercia.
— Siate tranquillo che farò appuntino: rispose il libraio con quella sua
voce da galantuomo: e troverò modo, se altri non ne avete, di farvi
sapere alcuna volta notizie di loro, ed eziandio di vostra moglie che ho
udito essere a quest'ospedale.
Gli occhi di Andrea s'inumidirono.
— Oh grazie! esclamò egli. Iddio le renderà un tanto bene ch'Ella fa e
farà ad una povera famiglia... Ah se mia moglie potesse ignorare quel
che mi accade!... Per carità, signore, Lei che è sì buono e generoso, se
volesse almanco adoprarsi a prevenirla quella povera donna, ad
apprenderle la mia sventura con qualche riguardo, ad assicurarla che gli
è soltanto un errore, ch'io sono innocente, che presto sarò di nuovo
libero per andarla a vedere. Oh sì lo spero, ne sono certo... Oh
disgraziata mia Paolina! Che colpo avrà da esser questo per lei!
Il signor Defasi promise anche questo: che, accompagnati i bimbi
all'ospizio, sarebbe venuto al letto della madre loro ammalata, e con
quei modi che avrebbe potuto migliori, sarebbe venuto informandola a
grado a grado del disavventuroso avvenimento. Ma, pur troppo, la buona
volontà e i caritatevoli uffici del signor Defasi dovevano essere
inutili a questo riguardo, perchè mentre Andrea staccavasi a gran fatica
dai suoi figliuoli baciandoli ed abbracciandoli con trasporto, cui gli
sgherri posero fine ruvidamente, e camminava tutto pieno di vergogna
verso la prigione; mentre il libraio recavasi coi bimbi all'ospizio e ve
li faceva accogliere, la brutta nuova dell'accaduto penetrava
nell'ospedale, e nel modo più crudo giungeva sino al letto della povera
inferma.
La sorella d'un'ammalata, il cui letto era il più vicino a quello di
Paolina, giungeva all'ospedale ritardata per alcune sue faccende, quando
stava per finire l'ora di ammissione alle visite, quando appunto già ne
usciva coi fanciulli Andrea, e rimaneva testimone di quanto avveniva a
quest'ultimo. Di poi, benchè già fosse proibita l'entrata, questa donna
che era conosciuta di molto da tutti gli attendenti alle cure
dell'ospedale, e la quale aveva realmente bisogno di parlare colla
sorella inferma, otteneva dalla monaca direttrice la grazia di potere
ciò nulla meno entrare nel camerone e stare alcuni pochi minuti
coll'ammalata ch'era venuta a visitare. Fra le prime cose che questa
donna disse fu la narrazione di quanto aveva veduto testè nella strada:
ed una narrazione fatta coi colori accesi che presta una fantasia
vivamente eccitata da fresca e profonda impressione. Descrisse con
colori esagerati (e il fatto per essere pietoso non ne aveva punto
bisogno) il dolore e la resistenza del padre, i pianti dei bambini, le
sevizie degli sgherri; e Paolina udì tutto. Non poteva esserci sbaglio:
un uomo che usciva in quel punto dall'ospedale, con bimbi così e così,
vestiti a quel modo — ed ella con uno sforzo sollevatasi alquanto sul
letto, interrogò ansiosamente la donna intorno a tutto codesto — non
poteva essere altri che il su' uomo. Paolina mandò un grido che pareva
quello d'una persona ferita a morte e si drizzò di scatto a sedere sul
letto: prese a due pugna le coperte e le rigettò, fece la mossa di
slanciarsi giù dal letto, e fu a stento trattenuta dalla suora di carità
che fu lesta ad accorrere.
— Mio marito!... I miei figli! Ella gridava, e non poteva, e non sapeva
gridar altro; e gli occhi le giravano orribilmente smarriti, e i denti
le battevano in una contrazione spaventosa. Ma le forze di resistere
alle braccia della monaca e d'un'altra infermiera venuta in soccorso, le
mancarono ben presto: ricadde supina, facendo moti incomposti colle
mani, pronunziando parole senza senso, e quando un quarto d'ora più
tardi, venne sollecito, secondo la fatta promessa, il sig. Defasi, la
trovò in un pieno parosismo di febbre e di delirio.
E di Andrea intanto che cosa era avvenuto?
La lurida stanzaccia di prigione in cui fu cacciato il marito di
Paolina, era piena zeppa di gente, essendo in essa stati posti molti
degli arrestati la notte scorsa nella riotta all'officina Benda, e fra
questi una nostra antica conoscenza, quel tristo arnese di Marcaccio.
Mancava il Tanasio, perchè la spaccatura della testa ch'egli doveva al
braccio robusto di Bastiano, lo aveva fatto trasportare nella
infermeria. Era la prima volta, per Andrea, ch'ei si trovava in quello
fisicamente e moralmente sconcio ambiente che è la prigione; e codesto
non avviene di certo senza un grande sconvolgimento di tutto l'essere;
aggiungetevi le condizioni in cui si trovava egli personalmente, in cui
era l'animo suo per le sofferte vicende, e facilmente potrete immaginare
come l'infelice non avesse quasi in quel punto la coscienza di sè e di
ciò che gli accadeva dintorno.
Di quanti erano colà dentro egli non riconobbe nessuno; non vide altro
che una turba di uomini, la quale gli parve assai più numerosa di quel
che fosse in realtà; e rimase poco meno che spaventato nel vedere tutta
questa turba serrarglisi dintorno con una curiosità che a lui parve
quasi una ressa minacciosa. Dell'udirsi interpellare da varie parti, da
varie voci, chiamandolo per nome, dandogli in isconci termini uno
sconcio benvenuto. Erano la più parte operai suoi antichi compagni
all'opificio e suoi più recenti alla bettola, i quali tutti mostravano
od ostentavano per la loro condizione presente e per le minaccie della
sorte che li aspettava una spensierata noncuranza od una riagente
allegria, alcuni perchè già avvezzi alla cosa avevano smussato l'animo
così ad ogni rispetto di sè come ad ogni vergogna, alcuni per bravata,
non volendo mostrarsi da meno d'altrui nello sciagurato merito di
quell'infame cinismo.
Marcaccio in quel primo istante non si fece innanzi; e invece si
sottrasse agli sguardi ed all'attenzione di Andrea, che da parte sua era
troppo stordito nella testa per discernere alcun che. Il marito di
Paolina essendo troppo afflitto e desolato per rispondere a
quell'accoglimento sciaguratamente festoso che gli fecero i suoi
compagni di carcere, esso ebbe fine ben presto: Andrea fu lasciato stare
di quel giovane.
Il marchese lo interruppe con un gesto che indicava desiderare che per
allora non gli si parlasse più di codesto.
— Penserò di meglio quello che mi tocchi di fare, disse: pregherò Dio, e
preghi anche Lei per me, di grazia, perchè m'illumini.
S'era giunti al convento del Carmine, il gesuita discese con
ringraziamenti, rispettose salutazioni ed umili proteste di devozione, e
il marchese continuò la strada per al suo palazzo. Diverse idee gli
tenzonavano nella mente, diversi affetti gli agitavano l'animo. I
pregiudizi, l'orgoglio, la bontà del suo cuore, il rimorso lottavano in
lui, mandandolo a volta a volta ai più opposti partiti. Aveva bisogno di
guida e di consiglio, e non sapeva a cui rivolgersi, e non voleva
aprirsene a nessuno. Ad un tratto si presentò alla sua mente l'immagine
sorridente e bonaria dell'umile parroco di villaggio. Là era il buon
senso, là l'onestà la più pura, là una vera religione, la virtù più
generosa, il più esatto e preciso sentimento del dovere, là
l'ispirazione della carità veramente cristiana.
Salì di fretta nel suo quartiere e fece venire a sè il domestico.
— Cercate subito di Don Venanzio, e pregatelo di venir da me al più
presto.
Il lacchè s'inchinò in segno d'ubbidienza, ma non uscì della stanza.
— Che cosa avete da dirmi? domandò il marchese.
— Durante la sua assenza venne uno scudiere di Corte, pregandola di
recarsi a Palazzo chè S. M. desidera parlarle.
Il marchese represse un lievissimo atto di contrarietà, e disse
sollecito:
— Non si stacchino dunque i cavalli. Ci vado tosto: e frattanto si
cerchi di Don Venanzio. Vorrei trovarlo qua al mio ritorno.
E messosi di nuovo in carrozza, fu in pochi minuti nel palazzo reale
alla presenza di Carlo Alberto che lo aspettava e lo accolse tosto.
CAPITOLO VII.
Il commissario Tofi, fattasi inutile ogni insistenza presso lo svenuto
Nariccia, passò in altra camera e si diede ad interrogare coloro fra i
casigliani che aveva fatto trattenere, nella lusinga potessero fornire
qualche testimonianza utile al suo còmpito. Apprese egli di questo modo
il fatto della crudele cacciata sul lastrico della strada della famiglia
del povero Andrea, e quindi il furore e i propositi di vendetta di
quest'esso. Nel passato del misero operaio non c'era nulla che potesse
farlo stimar capace d'un delitto, e sopratutto d'una ruberia; ma la
passione di vendicarsi e la miseria in cui si sapeva caduto il
disgraziato sono così cattive consigliatrici! Gli stravizi a cui s'era
dato in preda, le triste compagnie cui da tempo frequentava erano
argomenti da far credere in Andrea offese e smussate quella moralità e
quell'onoratezza onde poteva un tempo vantarsi; per poter penetrare in
quel modo nel quartiere dell'avaro, senza effrazione, gli assassini
dovevano avere in loro mano delle chiavi ben fatte all'uopo; ora
sapevasi che Andrea era un abilissimo fabbro ferraio. Quella mattina era
stato visto in quella strada medesima ed aveva mostrato assai
turbamento. Tutto ciò parve al signor Tofi altro che bastevole per
legittimare i sospetti sul conto di Andrea e la sua cattura: diede
ordine senz'altro che il marito di Paolina venisse arrestato.
Ma dove trovarlo questo vagabondo che non aveva più domicilio? Tofi, che
conosceva i suoi polli, mandò gli sgherri prima all'osteria, e poi, se
Andrea non fosse colà, all'ospedale dove giaceva inferma la moglie
dell'operaio.
Povera Paolina! Pareva ch'ella fosse già precipitata al colmo delle
disgrazie, eppure una nuova le incombeva sul capo ed un nuovo massimo
dolore stava per colpirla. Rimasta fuor de' sensi quasi ventiquattr'ore
(ah! perchè non aveva Iddio concessole di continuare in questo stato,
nel quale almeno le era tolta la coscienza della sua sventura?) era
finalmente tornata in sè per conoscersi in un lettuccio sotto la trista
vôlta d'un camerone d'ospedale. La prima idea che le era venuta era
stata quella dei suoi cari.
— I miei figli! mio marito! esclamò essa.
Le rispose la voce dolce d'una pietosa suora di carità che per ventura
le stava presso in quel punto.
— I vostri figliuoli sono ricoverati nell'Ospizio di *** e non mancano
di nulla; vostro marito è già venuto due volte a vedervi, e credo che
tornerà di quest'oggi medesimo.
La inferma volse uno sguardo tra attonito e riconoscente alla mite
fisionomia di quella monaca, e stette un poco a guardarla, come se non
avesse parole fatte da risponderle; poi ad un tratto un'idea spaventosa
l'assalse, ed ella ruppe in un singhiozzo.
— Mio marito, disse, può venire a vedermi; ma i miei figli?.... Oh! non
verranno essi pure?.... Io non potrò uscir più di qua per vederli
loro... Dovrò io dunque morire senza più abbracciarli?
La suora tentò calmare lo spasimo della poveretta con buone parole, e
infonderle il coraggio di qualche speranza; ma tutto fu inutile.
— No, no: diceva ella scotendo sul guanciale la testa con mossa
desolata: lo sento bene; io morrò qui... qui, separata dai miei!...
Povera donna! Ella doveva aver pur troppo ragione!
Poco dopo Andrea si trovava presso il letto di sua moglie.
Non ebbero cuore a parlarsi i due infelici. Essa lo fissava cogli occhi
velati da lagrime; egli non osava quasi arrestare il suo sguardo sul
viso di lei, aimè! quanto cambiato, che già pareva il viso di una morta.
Nell'aspetto di lui c'era una confusione, una vergogna, un rimorso:
tutto esprimeva il pentimento ed il dolore; il suo contegno era
un'accusa di se stesso ed un implorare perdono: in lei non un'ombra di
rampogna, non la menoma amarezza; una rassegnata mestizia, una virtuosa
mitezza nella irrimediabile desolazione. Andrea balbettò alcune voci che
non avevano senso; si curvò sulla giacente; ne prese il capo fra le sue
nere, callose mani che tremavano, e baciandole la fronte, ruppe in un
pianto angoscioso, con singhiozzi che parevano squarciargli il petto.
Piangeva eziandio Paolina, ma piangeva chetamente e lasciava colar giù
del volto immagrito e color della cera le lagrime cocenti senza
asciugarle.
Stettero così un poco; e la dolorosa amaritudine di quelle anime in tale
istante, chi la potrebbe dire? Fu la Paolina che, con quel filo di voce
che le rimaneva, cominciò a parlare.
— Calmati, Andrea, e fa coraggio, te ne prego.
Era essa, la santa donna, che riconfortava il marito; essa che andava
persuasa di morire, di dover abbandonare nel mondo, in quelle sì triste
condizioni in cui erano, i figli suoi; essa che da ciò aveva all'anima
il più grande dolore che anima di madre abbia provato mai!
— Non pianger più..... Tu sei un uomo... Conviene che tu abbia forza...
Senti, Andrea: ti voglio domandare un piacere, un gran piacere, sai, che
mi farà bene, ma tanto, tanto bene.
— Oh parla: esclamò vivamente il marito: e qualunque cosa sia, ti giuro
che io lo farò.
— Ho bisogno di vedere i nostri figliuoli... Conducimili qui... Non
dev'essere proibito di condurre de' figliuoli a vedere la madre
ammalata... Se fosse proibito anche questo, per noi povera gente, va a
domandare la grazia da chi occorre, anche dal Re se fa bisogno... te ne
supplico, ma conducimi qui i miei bambini... Tutti, sai! Anche
l'ultimo... Povero piccino!... Ah! poveri tutti!...
Si tacque chè la commozione le faceva groppo alla gola, e si voltò in là
perchè il pianto le riempiva di nuovo gli occhi.
— Sta tranquilla, rispose Andrea, dovessi mettere sottosopra il mondo,
ti contenterò.....
— Quando? quando? chiese con ansia e sollecitudine l'inferma.
— Per oggi mi è impossibile, che già è troppo tardi, e prima che io sia
andato e venuto, è di là di trascorsa l'ora in cui qui ci si lascia
entrare; ma domattina, sta sicura che verrò qui coi nostri figliuoli per
mano.
— Grazie! disse Paolina con tanta tenerezza di accento che impossibile
farsene un'idea: ah! rivedrò i figli miei!...
Successe una pausa; poi la inferma, non senza qualche imbarazzo, si fece
a domandare:
— E tu, Andrea, ora, che fai? che conti di fare? come vivi? Hai cercato,
cerchi lavoro? ne hai trovato?
Andrea rispose con impaccio maggiore di quello con cui sua moglie lo
interrogava:
— No, di lavoro fin adesso non ne ho trovato... è così scarso!... ma ne
cerco.
— E intanto come vivi?
— Ho qualche amico che mi aiuta...
— Ah! i tuoi amici
— Ho reso servizio ad un cotale che può qualche cosa e che ci torrà
tutti dalle pene... Quando tu sarai guarita, e sarà guarito ancor
egli... perchè si trova malato di molto anche lui, tutto si
aggiusterà.....
Paolina guardò fiso in volto suo marito.
— Non c'è nulla in codesto, di cui un uomo onesto come sei tu debba
arrossir mai?
Andrea chinò gli occhi innanzi a quelli della maglie: ricordò la false
chiavi fatte la sera innanzi, ed una profonda vergogna de' fatti suoi lo
prese.
— No, no, rispose tuttavia con sufficiente franchezza; anzi ho fatto per
quel cotale una che si può dire opera buona. Ti conterò poi tutto
un'altra volta.
Il domani, come aveva promesso alla moglie di fare, Andrea uscì dal
segreto riparo in cui si nascondeva così bene, che da quella sera in cui
era stato condotto in _Cafarnao_ nè Marcaccio ned altri non lo avevano
visto più, e s'avviò verso l'ospizio ov'erano ricoverati i suoi figli.
Per giungere a questo ospizio, la strada più corta era quella in cui si
trovava la casa di messer Nariccia, ed Andrea ci passò, e come tutti
quelli che in quella mattina la percorrevano, fu arrestato dal
capannello di curiosi che impediva il passo all'altezza appunto della
casa dell'usuraio. Il marito di Paolina dalle vive ciarle che udì
intorno a sè, apprese tosto quel che era avvenuto al suo già padrone di
casa, e fu grave e profondo l'effetto ch'egli ne provò. Pensò di botto a
quelle chiavi da lui fabbricate, e non ebbe dubbio nessuno che esse
avessero servito a commettere quell'orribile delitto; egli dunque ne
aveva pure la sua parte di colpa, a lui si doveva il compimento di
quella strage, su di lui la giustizia divina e l'umana avrebbero potuto
e dovuto far ricadere quel sangue. Il povero Andrea seppe così poco
nascondere il suo turbamento che i presenti lo notarono tutti, e
parlandone poscia al Commissario, rafforzarono in lui i sospetti che
complice dell'assassinio fosse Andrea, e che, mandato appunto da quelli
che avevano fatto il colpo, fosse venuto lì quella mattina ad esplorare
come si mettessero le cose.
Intanto il marito di Paolina, allontanatosi da quel luogo di buon passo,
desideroso di fuggire quella strada e quelle voci, arrivava ancora tutto
sossopra dell'animo all'ospizio in cui erano ricoverati i suoi
figliuoli. Colà domandava gli fosse concesso prender seco i bambini e
condurli al letto della madre poco meno che moribonda; e la passione
dell'animo ond'era afflitto, diede alle sue preghiere tanta efficacia,
che le monache sotto la cui direzione era quel pio istituto,
acconsentirono senza difficoltà nessuna a lasciar andare col misero
padre i bambini; i quali, di vero, appena vistolo, s'erano gettati
addosso a lui e pregavano piangendo li togliesse con sè, li conducesse
dalla mamma, tornassero tutti nella loro soffitta a vivere come prima.
Andrea li abbracciò e baciò con tanta tenerezza, quanta forse non aveva
provata mai; ringraziò le monache alle quali promise avrebbe fra due ore
al più tardi ricondotti i piccini, cui loro raccomandava colla più
commovente effusione, e toltosi in braccio il più piccolo, mandandosi
innanzi gli altri, si diresse verso l'ospedale in cui giaceva la moglie.
Quest'infelice aspettava con ansioso desiderio che le faceva parere
lentissimo il tempo. Ad ogni minuto domandava alla monaca, che aveva più
specialmente cura di lei, qual ora fosse, e udendo sempre che
trammezzavano ancora parecchi minuti al punto in cui avrebbero
cominciato ad essere ammessi i visitatori, sospirava dolorosamente.
Ma quel momento giunse pure alla fine: vide Andrea comparire in fondo al
camerone col piccino in braccio che girava attorno attoniti i suoi
occhioni tondi come se volesse cercare la mamma che il babbo gli aveva
detto eran venuti a vedere; scorse gli altri suoi figliuoli che
camminavano tenendosi per mano colle mostre dello stupore ancor essi
sulle loro faccine a quei nuovi oggetti che si trovavan dintorno;
Paolina provò una tale emozione che ne attinse la forza di drizzarsi
alquanto della persona sul letto, di levar fuori dalle coltri le braccia
e tenderle a quei suoi cari che s'avanzavano verso di lei, mentre le sue
bianche labbra tremanti esclamavano:
— Figli... oh figli miei!
In un momento, fra quelle braccia mosse da tanta tenerezza si trovò
stretto con amoroso trasporto l'ultimo de' bimbi che il padre ci aveva
messo. La povera madre lo baciava piangendo, dicendogli mille
incoerenti, inintelligibili parole; il bambino guardava sempre con que'
suoi medesimi occhi attoniti, pareva non riconoscer più sua madre:
quelle due lunghe file di letti, con entrovi tanti volti quasi
cadaverici e tanti occhi riarsi dal fuoco della febbre, parevano
spaventarlo, faceva greppo e se non avesse avuto soggezione, molto
facilmente sarebbe prorotto in pianto. Il padre lo riprese, recandoselo
al petto, ed egli si serrò colle piccole braccia al collo di lui,
guardando la madre quasi sgomento: la infelice donna rispondeva a quello
sguardo con un mesto sorriso tutto bontà e con una dolorosa
rassegnazione entro gli occhi. Gli altri figliuoli furono dalla giacente
abbracciati del pari; poscia il marito sedutosi vicino al capezzale, i
bambini sulle ginocchia di lui, e l'ultimo nato, accoccolato sulla
sponda del letto, passarono un po' di tempo dicendo parole pochissime,
ma guardandosi, ma pensando di molto i due miseri genitori al loro
passato, alle miserie presenti, alle paurose minaccie dell'oscuro
avvenire. Il più piccino dei bimbi, superata oramai quella prima
impressione di timoroso disagio, riconosciuta compiutamente la mamma,
s'era accostato vicino vicino al capo materno ch'essa aveva dovuto
abbandonare di nuovo sul guanciale, e colla manina ne accarezzava le
pallide gote.
Così rimasero forse un'ora, non felici di certo, ma con una dolce e
preziosa tregua nel loro reciproco soffrire. Ed ecco che il momento
doloroso di separarsi era giunto. La monaca pietosa colle più umane
forme e col più mite accento venne ad avvertirneli. Andrea si levò a
malincuore, con un evidente sforzo, quasi avesse da sollevare con sè un
grave peso che lo tenesse piantato a quel posto; Paolina fissò il volto
de' suoi figli con un'espressione di spasimo, di rimpianto, quasi di
terrore. Oh com'era passato presto quel tempo! Come! già separarsi da
que' suoi dilettissimi! Rimaner di nuovo sola, ripiombare così presto
nella privazione della vista di quei visini, nella lontananza da ogni
suo affetto! E li avrebbe essa potuto rivedere ancora? Era quello forse
l'ultimo addio che loro dava!..... Le sue labbra fatte tenaci, parevano
non potere staccarsi dalla fronte dei figli in quel bacio d'addio. Non
potè dir molte parole; balbettò confuse frasi soltanto; non potè
piangere nemmeno; due lagrime sole ma cocenti le colarono giù dal volto;
e la espressione dello sguardo con cui seguitò marito e figli che
partivano, finchè non furono usciti dal camerone; quell'espressione
disperatamente dolorosa, chi la potrebbe dire?
Quando e' furono fuori della soglia la misera nascose il capo sotto le
coltri, e fu udita allora dolorosamente singhiozzare.
Andrea veniva fuori dell'ospedale, quando due uomini gli si slanciarono
contro e prima ancora d'aver pronunziata una parola lo afferrarono alle
braccia e lo disgiunsero da' suoi bambini che furono in là respinti.
— Venite con noi: gli dissero col tono poco gentile che è usuale a tutti
gli sgherri del mondo.
Andrea diede una strappata affine di sciogliersi da quelle manaccie; ma
i birri travestiti, coll'abilità e prestezza che hanno acquistate
coll'uso in codesta bisogna, gli ebbero messo di subito i cantini ai
polsi e dando una giratina colle mani glie li fecero entrare nelle
carni, con un dolore che obbligò l'infelice a mandare un grido. La
tremenda verità balenò innanzi al povero Andrea, a cui come uno spavento
si presentò l'idea della carcere.
— Dove volete condurmi? domandò egli con un'ombra ancora di speranza che
quello fosse un errore oppure d'altra cosa si trattasse. Chi siete?
— Siamo agenti della forza pubblica: risposero: ed abbiamo da condurvi
dritto dritto al _correzionale_.
Molta gente usciva in quel punto dall'ospedale: presso alla porta
stavano venditori e venditrici di arancie, cui sogliono comprare i
visitatori per recare agl'infermi; tutti costoro e chi per caso passava
in quel momento per la strada, si raccolsero in un gruppo curioso,
abbastanza fitto, che si serrò intorno ai birri ed all'arrestato. I
fanciulli che non capirono che cosa avvenisse, ma videro che si voleva
separarli dal padre loro, colle manine intirizzite dal freddo, e gonfie
dai geloni, afferrarono i panni del babbo e si diedero a strillare.
Andrea volse tutt'intorno, su quelle faccie curiose che lo guardavano,
un occhio smarrito, e gli parve che quelle faccie avessero centinaia e
centinaia di pupille larghe, brillanti, che lo saettavano di
schernitrici occhiate: il sangue gli salì prima alla testa, poi gli si
aggruppò al cuore, sentì possedersi da un'immensa vergogna, si fece
rosso come una fiamma, poi pallido come un morto e balbettando disse:
— È impossibile... Si sbagliano... Io non ho fatto nulla.
— Non ci sbagliamo: risposero col solito accento e coi soliti improperii
gli sgherri. E se non avete fatto nulla, lo direte a chi conviene, a suo
tempo.
E diedero una nuova strappata ai polsi per farlo camminare con loro.
Andrea sentì trarsi i panni dai bambini che vi si tenevano afferrati.
— I miei figli: disse egli, piantandosi a resistere alla tirata; io non
posso abbandonare i miei figli... Mi lascino almanco ricondurre
all'ospizio i figliuoli miei.
— Eh! le sono storie: risposero i birri; che sì che noi abbiamo tempo da
passeggiare per la città a lasciarvi fare le vostre commissioni; o che
credereste che noi vi lasciassimo andare a fare voi da solo una piccola
corsa, colla fiducia che voi veniate di poi a consegnarvi nelle nostre
mani?
— Io sì, lo farò, lo giuro: esclamò Andrea.
— Niente affatto; non c'è da farvi di queste lusinghe; già troppe parole
abbiamo scambiate; suvvia in marcia, e non fatevi tirare.
— Babbo, babbo, seguitavano a gridare i bambini: non lasciarci..... Ci
conducano anche noi col babbo.
I popolani presenti incominciavano a intenerirsi: i birri la vollero far
finita, e senza tante cerimonie trascinarono il meschinello facendogli
entrare nelle braccia le cordicelle delle manette. I bimbi correvan
dietro a quel gruppo strillando; il povero padre volgevasi verso di
loro, avvicendando le preghiere alle minaccie ed agli improperii e tutto
col medesimo effetto sui poliziotti che lo traevan prigione: era uno
spettacolo dolorosissimo a vedersi.
Ad un punto Andrea si buttò in terra disperatamente.
— No, urlò egli in un accesso di rabbia avvoltolandosi sul fango
ghiacciato della via; no, non faccio un passo di più, non mi movo.....
mi battano, mi uccidano se vogliono, ma io non abbandonerò i miei figli.
Gli sgherri si diedero in fatto a percotere il pover'uomo accompagnando
le busse d'ogni fatta villanie; ma l'infelice padre seguitava a gridare:
— Oh che giustizia è questa? Che ho da lasciare sul lastrico i miei
bimbi crepar di freddo e di fame? La loro madre è allo spedale... Me mi
gettano in carcere che sono innocente... Vogliono dunque farci morir di
miseria noi poveri e i nostri figliuoli..... Me li lascino guidare
all'ospizio, non domando altro.
Un signore vestito da buon borghese, d'età inoltrata, d'aspetto pieno di
bontà, che passava per caso colà, si fece innanzi e disse ai birri con
un accento tra di autorità, tra di preghiera:
— Via, non maltrattate così questo pover'uomo.
Gli sgherri gli si volsero inveleniti:
— Chi è Lei?.... Che cosa viene a ficcare il suo naso qui in mezzo, Lei?
— Io posso darvi di me il ricapito che vi piace. Sono Defasi, libraio di
S. A. R. il Principe di Carignano.
Queste parole fecero effetto sui birri, come non poteva mancare di
avvenire in quei tempi, quando in presenza d'un agente qualunque del
Governo si invocasse il nome di qualcheduno appartenente alla Corte.
— Signore, risposero con meno burbanza, noi abbiamo ordine preciso di
condurre quest'uomo in prigione, e capisce anche Lei che bisogna pure
facciamo il dover nostro.
— Sta bene; ma non entra nel vostro dovere il regolarvi in tal barbaro
modo. Lasciate ch'io dica due parole a quest'uomo.... Oh non dubitate
che le udrete anche voi, e credo che dopo di esse egli camminerà senza
contrasto.
I poliziotti annuirono tacitamente con una stretta di spalle.
— E' bisogna rassegnarvi: disse ad Andrea il signor Defasi, il resistere
non vi serve di nulla, ed anzi non può riuscire che a far peggiori le
vostre condizioni.... Quanto ai vostri figli, s'io ho udito bene, voi li
vorreste accompagnati a qualche ospizio, dove hanno ricovero; ebbene
dite a me quale sia quest'ospizio, e in parola di galantuomo vi prometto
che ve li accompagnerò io stesso.
Andrea fissò in volto il Defasi cogli occhi suoi ancora smarriti. Erano
nel suo sguardo prima una diffidenza ed un sospetto che non la letizia
di aver trovato un aiuto; ma la figura aperta e leale del libraio non
tardò ad inspirare al misero padre tutta quella confidenza che la si
meritava.
— Ebben sì, esclamò Andrea con voce subitamente commossa a tenerezza. La
è padre di certo anco Lei?
Defasi fece sorridendo un cenno affermativo.
— Affido dunque a Lei i miei figli. Faccia la carità di accompagnarli
all'ospizio ***; il mio nome è questo (e glielo disse), e soggiunga
ch'e' son que' piccini che ieri ci vennero ricoverati dietro le istanze
e le raccomandazioni del dottor Quercia.
— Siate tranquillo che farò appuntino: rispose il libraio con quella sua
voce da galantuomo: e troverò modo, se altri non ne avete, di farvi
sapere alcuna volta notizie di loro, ed eziandio di vostra moglie che ho
udito essere a quest'ospedale.
Gli occhi di Andrea s'inumidirono.
— Oh grazie! esclamò egli. Iddio le renderà un tanto bene ch'Ella fa e
farà ad una povera famiglia... Ah se mia moglie potesse ignorare quel
che mi accade!... Per carità, signore, Lei che è sì buono e generoso, se
volesse almanco adoprarsi a prevenirla quella povera donna, ad
apprenderle la mia sventura con qualche riguardo, ad assicurarla che gli
è soltanto un errore, ch'io sono innocente, che presto sarò di nuovo
libero per andarla a vedere. Oh sì lo spero, ne sono certo... Oh
disgraziata mia Paolina! Che colpo avrà da esser questo per lei!
Il signor Defasi promise anche questo: che, accompagnati i bimbi
all'ospizio, sarebbe venuto al letto della madre loro ammalata, e con
quei modi che avrebbe potuto migliori, sarebbe venuto informandola a
grado a grado del disavventuroso avvenimento. Ma, pur troppo, la buona
volontà e i caritatevoli uffici del signor Defasi dovevano essere
inutili a questo riguardo, perchè mentre Andrea staccavasi a gran fatica
dai suoi figliuoli baciandoli ed abbracciandoli con trasporto, cui gli
sgherri posero fine ruvidamente, e camminava tutto pieno di vergogna
verso la prigione; mentre il libraio recavasi coi bimbi all'ospizio e ve
li faceva accogliere, la brutta nuova dell'accaduto penetrava
nell'ospedale, e nel modo più crudo giungeva sino al letto della povera
inferma.
La sorella d'un'ammalata, il cui letto era il più vicino a quello di
Paolina, giungeva all'ospedale ritardata per alcune sue faccende, quando
stava per finire l'ora di ammissione alle visite, quando appunto già ne
usciva coi fanciulli Andrea, e rimaneva testimone di quanto avveniva a
quest'ultimo. Di poi, benchè già fosse proibita l'entrata, questa donna
che era conosciuta di molto da tutti gli attendenti alle cure
dell'ospedale, e la quale aveva realmente bisogno di parlare colla
sorella inferma, otteneva dalla monaca direttrice la grazia di potere
ciò nulla meno entrare nel camerone e stare alcuni pochi minuti
coll'ammalata ch'era venuta a visitare. Fra le prime cose che questa
donna disse fu la narrazione di quanto aveva veduto testè nella strada:
ed una narrazione fatta coi colori accesi che presta una fantasia
vivamente eccitata da fresca e profonda impressione. Descrisse con
colori esagerati (e il fatto per essere pietoso non ne aveva punto
bisogno) il dolore e la resistenza del padre, i pianti dei bambini, le
sevizie degli sgherri; e Paolina udì tutto. Non poteva esserci sbaglio:
un uomo che usciva in quel punto dall'ospedale, con bimbi così e così,
vestiti a quel modo — ed ella con uno sforzo sollevatasi alquanto sul
letto, interrogò ansiosamente la donna intorno a tutto codesto — non
poteva essere altri che il su' uomo. Paolina mandò un grido che pareva
quello d'una persona ferita a morte e si drizzò di scatto a sedere sul
letto: prese a due pugna le coperte e le rigettò, fece la mossa di
slanciarsi giù dal letto, e fu a stento trattenuta dalla suora di carità
che fu lesta ad accorrere.
— Mio marito!... I miei figli! Ella gridava, e non poteva, e non sapeva
gridar altro; e gli occhi le giravano orribilmente smarriti, e i denti
le battevano in una contrazione spaventosa. Ma le forze di resistere
alle braccia della monaca e d'un'altra infermiera venuta in soccorso, le
mancarono ben presto: ricadde supina, facendo moti incomposti colle
mani, pronunziando parole senza senso, e quando un quarto d'ora più
tardi, venne sollecito, secondo la fatta promessa, il sig. Defasi, la
trovò in un pieno parosismo di febbre e di delirio.
E di Andrea intanto che cosa era avvenuto?
La lurida stanzaccia di prigione in cui fu cacciato il marito di
Paolina, era piena zeppa di gente, essendo in essa stati posti molti
degli arrestati la notte scorsa nella riotta all'officina Benda, e fra
questi una nostra antica conoscenza, quel tristo arnese di Marcaccio.
Mancava il Tanasio, perchè la spaccatura della testa ch'egli doveva al
braccio robusto di Bastiano, lo aveva fatto trasportare nella
infermeria. Era la prima volta, per Andrea, ch'ei si trovava in quello
fisicamente e moralmente sconcio ambiente che è la prigione; e codesto
non avviene di certo senza un grande sconvolgimento di tutto l'essere;
aggiungetevi le condizioni in cui si trovava egli personalmente, in cui
era l'animo suo per le sofferte vicende, e facilmente potrete immaginare
come l'infelice non avesse quasi in quel punto la coscienza di sè e di
ciò che gli accadeva dintorno.
Di quanti erano colà dentro egli non riconobbe nessuno; non vide altro
che una turba di uomini, la quale gli parve assai più numerosa di quel
che fosse in realtà; e rimase poco meno che spaventato nel vedere tutta
questa turba serrarglisi dintorno con una curiosità che a lui parve
quasi una ressa minacciosa. Dell'udirsi interpellare da varie parti, da
varie voci, chiamandolo per nome, dandogli in isconci termini uno
sconcio benvenuto. Erano la più parte operai suoi antichi compagni
all'opificio e suoi più recenti alla bettola, i quali tutti mostravano
od ostentavano per la loro condizione presente e per le minaccie della
sorte che li aspettava una spensierata noncuranza od una riagente
allegria, alcuni perchè già avvezzi alla cosa avevano smussato l'animo
così ad ogni rispetto di sè come ad ogni vergogna, alcuni per bravata,
non volendo mostrarsi da meno d'altrui nello sciagurato merito di
quell'infame cinismo.
Marcaccio in quel primo istante non si fece innanzi; e invece si
sottrasse agli sguardi ed all'attenzione di Andrea, che da parte sua era
troppo stordito nella testa per discernere alcun che. Il marito di
Paolina essendo troppo afflitto e desolato per rispondere a
quell'accoglimento sciaguratamente festoso che gli fecero i suoi
compagni di carcere, esso ebbe fine ben presto: Andrea fu lasciato stare
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