La plebe, parte IV - 10

— Tornato nelle condizioni normali della sua vera esistenza; riparata la
grande ingiustizia che fu commessa a suo riguardo, si calmerà
l'irritazione dell'anima sua e quella mente acuta potrà scorgere il
vero.
— Non lo speri: interruppe con maggior vivacità il gesuita. Se la mia
esperienza m'abbia posto in grado di conoscere gli uomini, e se grazie
al Signore io possedo una certa abilità nel penetrare a prima veduta
entro l'animo di chi mi parla, e leggerne l'indole sulle sembianze e sui
cambiamenti della fisionomia, Ella lo sa.
Il marchese fece un sorriso ed un cenno del capo ad accennare che era
affatto conscio di tale prerogativa del frate.
— Ebbene, questi continuava, io ho parlato per un'ora con quel cotale,
più che non mi occorra a scoprire l'intimo pensiero, anche di chi voglia
celarmelo — e le assicuro che quel giovane non vuole per nulla nè
sarebbe capace ad infingersi — e l'ho definitivamente giudicato. È una
di quelle nature ferme e tenaci che s'abbrancano ad un'idea come
l'ostrica allo scoglio, che vivono di essa, che non vogliono e non
possono separarsene, e piuttosto morrebbero. Di quel legno si fanno i
fanatici d'ogni razza ed i martiri. Guidato sulla buona via, sarebbe
stato un valente campione per noi. Ora è troppo tardi: l'albero si è già
malamente piegato e più non si drizza; piuttosto si rompe.
Il marchese fissò in volto il gesuita con quel suo sguardo nobile e
dignitoso e disse lentamente:
— In conclusione, che cosa crede Ella, Padre, che si debba fare?
— Lasciargli ignorare quello che ignorò fin adesso.... e ch'egli, se noi
vogliamo, non avrà nessun mezzo di scoprir mai, fargli offrire
un'acconcia somma che gli costituisca una discreta ricchezza perchè si
allontani e corra in quelle terre laggiù oltre l'Atlantico, dove pare si
siano dato ritrovo tutte le pazzie umane, e dove gli è proprio anche per
lui il suo posto.
La coscienza del marchese si ribellò di botto a quest'iniqua proposta.
— Come! esclamò egli. Io lo defrauderei un'altra volta del suo diritto,
dell'esser suo? Egli è figliuolo legittimo d'un legittimo matrimonio:
questa è la sacrosanta verità che si ha l'obbligo di riconoscere.
Padre Bonaventura, colla mossa che gli era solita, levò in alto la sua
mano bianca come quella d'una signora.
— Conviene distinguere: disse colla maggiore unzione del suo accento
dolcereccio. Se si trattasse di caso vergine, non ancora pregiudicato in
nissun modo, V. E. avrebbe forse compiuta ragione. Io non voglio con ciò
muovere il menomo rimprovero alla venerata memoria di suo padre,
l'illustre signor marchese; egli a prendere la determinazione che fu la
sua ebbe valevoli e imperiosi motivi che debbono tenerci ben ben lontani
dal condannarlo....
Baldissero fece vivamente un atto, con cui voleva significare ch'egli si
guardava dal condannare suo padre.
— Ma però ammetto, continuava il gesuita, che Ella, trovandosi in quelle
medesime circostanze potesse, e credesse anzi suo dovere, adottare altra
risoluzione. Ora noi siamo dinanzi ad una condizione di cose affatto
diversa. L'ingiustizia — chiamiamola pure con questo nome severo — fu
commessa: sono venticinque anni oramai che la è cosa compiuta, e
quell'individuo si è adattato alle condizioni in cui fu posto, venne su
colla natura informata a quell'ambiente, coll'essere costituito di
quegli elementi. Ho già avuto l'onore di dirle qual egli sia pur troppo;
e le ripeto che torlo ad un tratto a quelle sue condizioni per
trabalzarlo in altre a cui non è acconcio per nulla, riesce
evidentemente un far male a lui, un creare un pericolo alla società. Che
gli si migliori la sorte: questo sì, a ciò credo egli abbia qualche
diritto, ma pretendere di più non lo può neppure quel giovane il quale,
in fin dei conti, non ha nessun mezzo sicuro e legale di venire alla
scoperta mai de' suoi parenti, cui basta il silenzio della _Gattona_, la
quale non ha ancora parlato, e di Nariccia che non parlerà se non si
vuole, per lasciar sempre nelle più dense tenebre intorno alla sua
origine, il quale ci viene innanzi con indizi fortissimi di essere
quello che pensammo finora perduto per sempre, ma non ce ne porge però
delle prove sicure ed irrefragabili. Chi o qual cosa ne può togliere il
dubbio che quegli oggetti, per un caso qualunque, e mille ce ne possono
essere stati, non sieno caduti in potere d'un altro? Come rimaner
proprio certi che il bambino trovato in mezzo di una strada a Torino sia
proprio quello nato in una villa presso Milano? E non deve metterci in
sospetto la differenza delle epoche fra la nascita e il rinvenimento,
che sarebbe accaduto un anno dopo? Sono tutte questioni, pare a me, che
ci debbono fare riguardosi e di molto. Come vorrebbe Ella risuscitare
tutto quel tristo passato, richiamare l'attenzione del mondo sopra un sì
doloroso episodio della sua famiglia ora compiutamente posto in oblìo
per chiamare a condizione di cui non è degno un cotale cui nulla mai
potrà provare sia davvero l'individuo supposto?
Il marchese stette alquanto pensoso, evidentemente impressionato da
queste parole.
— Prima di decidere se questi dubbi ch'Ella accenna con giusto criterio
sieno risolubili o no, converrà parlare con messer Nariccia. Egli ci
potrà chiarire di molte cose, e forse dalle sue rivelazioni sorgerà alla
nostra mente l'evidenza.... Ma, appunto; nessuno ancora ritorna a darmi
conto della imbasciata fatta a Nariccia.
Tese la mano per afferrare il cordone del campanello, ma in quel punto
medesimo l'uscio s'aprì vivamente e il cameriere del marchese, così
concitato che aveva perfino trascurato di chieder licenza d'entrare, si
precipitò nella camera con aspetto turbatissimo e quasi sgomento.
— Volevo suonare, appunto per voi: disse il marchese prima che il servo
aprisse bocca. Si fu da Nariccia?
— Sì.... sì signore: rispose l'altro con voce che tremava. Ci fui io
stesso.... Ah! Eccellenza, se sapesse!...
Il marchese notò allora il turbamento del domestico.
— Ebbene?... Che avvenne?... Ce l'avete trovato?
— Il povero signor Nariccia questa notte fu barbaramente assassinato.
Baldissero e fra' Bonaventura sorsero di scatto da sedere. —
Assassinato! esclamarono essi. Morto?
— No.... Pare ch'e' non sia morto del tutto, per ora, ma gli è poco
meno. Non ha cognizione, non può più parlare, ed ho udito che i medici
lo danno per bello e spacciato.... gli assassini gli hanno quasi
tagliata la testa. Un rubalizio dei più audaci e dei più barbari che sia
stato compito mai.... La povera vecchia fante fu sgozzata come un
pollastro: quella è morta per davvero.... Scassinarono il forziere e
portarono via tutto il denaro che c'era, si dice delle somme enormi....
E dovevano aver delle chiavi che aprivano dapertutto, perchè non ci fu
la menoma effrazione, ned alcuno dei casigliani ebbe ad udire il menomo
rumore.... La cosa fu scoperta stamattina che andò, secondo il solito, a
recar loro il latte la rivendugliola della cantonata, e trovato l'uscio
aperto s'introdusse nel quartiere e mirò l'orrendo spettacolo. Ella mise
in un momento a rumore tutta la casa e non tardarono ad accorrere la
giustizia e la forza pubblica.... Adesso colà c'è un mondo di gente....
Già si dice che gli assassini sono i soliti di quella famosa _cocca_ che
non si sa mai cogliere e che sono il terrore di tutta la città.
Il marchese fece un atto colla mano che il servo prese per un ordine di
silenzio e un cenno di congedo: si tacque, e camminando all'indietro
come i gamberi si avviò verso l'uscita.
— Si attacchino i miei cavalli.... subito: comandò il marchese.
E il domestico dopo un ultimo inchino uscì sollecito.
— È una fatalità che il filo ci si debba spezzare tra mano? Soggiunse il
marchese. Nariccia che potrebbe dileguare i dubbi, ci viene ora tolto.
Voglio vederlo: Padre, venite anche voi meco.
— Molto volentieri: rispose untuosamente il gesuita, tanto più che se
quell'infelice non è ancora morto, può essergli utile il mio santo
ministero.
L'audacia e la misteriosità di quell'assassinio così ferocemente compito
avevano sdegnato e quasi direi spaventato, non che la popolazione, ma le
pubbliche autorità medesime; e tanto la giudiziaria quanto la politica
erano disposte a mettere tutto il possibile impegno per rintracciare i
colpevoli. Sventuratamente d'indizi non se ne avevano, fuor due: nella
destra contratta di Nariccia (il quale da principio era stato creduto
cadavere ancor esso) stava stretto uno squarcio di panno, che
probabilmente aveva appartenuto agli abiti del suo assassino; sopra un
mobile vicino al posto in cui era caduta sgozzata la povera Dorotea, si
vedeva l'impronta sanguinosa d'una mano grossa, a dita tozze e robuste,
la mano d'un uomo di forme colossali e di forza non comune. Era di certo
l'uccisore della vecchia fante, il quale colla mano intrisa del sangue
di quell'infelice, erasi appoggiato a quel mobile. Il commissario Tofi,
accorso egli stesso in persona ad esaminare le cose, alla prima
sguardata di quell'impronta, disse col suo accento secco e burbero:
— Qui c'è entrato quel brigante di _Stracciaferro_; ecco il suo bollo.
_Stracciaferro_ non va senza _Graffigna_: son essi che han fatto il
colpo.... Conviene snidarli dal covo in cui queste belve si nascondono,
ad ogni costo.
Affine di procedere con ordine ed attenzione all'esame d'ogni menoma
cosa nel quartiere abitato da Nariccia, Tofi ordinò si facesse sgombrare
il locale da tutti i curiosi, e le guardie intanto, mentre non avrebbero
più lasciato entrare alcuno fuor quelli di cui era bisogno, custodissero
a vista i vicini e coloro fra gli accorsi che parevano poter fornire
all'uopo qualche utile testimonianza. Mentre il Giudice ed il
Commissario di Polizia procedevano ad una minutissima investigazione,
l'ufficiale sanitario, fatto venire in tutta fretta, verificava che la
fante era morta senza più rimedio pel taglio della gola che quasi le
aveva separato la testa dal busto, ma che invece il padrone viveva
tuttavia, che la ferita di lui non era mortale, che la minaccia alla
vita glie ne veniva non dalla pugnalata ricevuta al collo, ma
dall'apoplessia che lo aveva assalito e la quale anzi molto
probabilmente l'avrebbe già ucciso se lo scolo del sangue per la
trafittura del pugnale, facendo funzione d'un abbondante salasso, non
avesse d'alcun poco diminuito la forza dell'accesso.
Il medico giudicò che altre cavate di sangue erano ancora necessarie, e
l'assassinato fu posto sopra il letto, dove gli si aprì la vena a quel
braccio medesimo la cui mano teneva tuttavia stretto il pezzo di panno.
Al signor Tofi non era sfuggita la importanza di quel piccolo squarcio
di pannilana, e fin dal primo istante aveva cercato impadronirsene; ma
le dita contratte dell'assassinato erano strette come una morsa di
ferro, talmente che per quanta forza il Commissario ci mettesse, non ne
potè venire a capo: ma dopo i due salassi che a breve intervallo, il
medico stimò bene si facessero all'assassinato, le irrigidite membra si
rammollirono un poco, e fu possibile finalmente lo impadronirsi di
quell'importante oggetto, che poteva diventare utilissimo stromento a
rintracciare gli scellerati.
Si capiva facilmente che quello era un pezzo di bavero d'un vestito
maschile: era di panno fine di color marrone, e circostanza che diede un
sussulto di soddisfazione al Commissario, nella parte inferiore aveva
trapunte in filo di seta due lettere dell'alfabeto — F.B.
— Ecco un prezioso documento: disse Tofi al giudice, riponendo
accuratamente lo squarcio di panno. Lasci in mio potere per qualche poco
quest'oggetto, ed io saprò bene trovare fra i sarti di Torino e
d'altrove se occorre quell'informazione che ci servirà da buon capo a
dipanar la matassa.
Benchè vi fosse ordine di non lasciar entrare nessuno, quando alla casa
di Nariccia si presentò il marchese di Baldissero, tutte le porte gli si
aprirono; e con esso penetrò eziandio fino al letto dell'usuraio Padre
Bonaventura.
Nariccia poteva dirsi trattenuto sulla soglia del buio regno della
morte, ma non che vivesse; l'irrigidimento delle membra aveva sminuito
alquanto, ma la immobilità la più compiuta le toglieva all'ubbidienza
della sua volontà, se pur era che la volontà fosse tornata in
quell'essere: la paralisi, una compiuta paralisi di tutto il corpo lo
teneva inchiodato sul letto senza voce, senza possibilità nessuna di
manifestare se e che cosa sentisse, se e che cosa volesse. La speranza
d'udire dalla sua bocca la esposizione dell'atroce caso era delusa, nè
il medico lasciava lusinga che ciò potesse in avvenire aver luogo. Di
vivo non aveva più che i suoi occhi piccoli e più balusanti di prima, i
quali non avevano più espressione di fatta sotto ad una velatura che li
appannava e che già pareva l'ombra della morte che li invadesse.
Se quell'anima, racchiusa in un corpo quasi morto del tutto, con nessun
altro spiraglio sulla vita che gli occhi, di cui non si poteva manco
valere a manifestare le proprie sensazioni e volontà; se quell'anima,
dico, era conscia di sè, giudichi il lettore quale dovesse essere il suo
supplizio!
Il marchese ed il frate s'accostarono al letto del giacente, mentre gli
altri con rispetto se ne scartavano.
— Nariccia, disse Baldissero, a cui parve uno degli occhi
dell'assassinato si fissasse sopra di lui; mi riconoscete?
Non un moto, non il menomo cenno, non un batter di ciglio che indicasse
l'infermo avesse udito; ma quella pupilla velata, dal fondo
dell'occhiaia, continuò a restar fissa sul volto del marchese.
Padre Bonaventura insinuò dolcemente sotto le coltri la sua mano e prese
la destra dell'assassinato.
— Ci riconoscete? diss'egli a sua volta, curvandosi verso il giacente, e
colla sua voce dolcereccia e l'accento d'ostentata benevolenza.
Nariccia stette immobile, e il suo sguardo non si deviò nemmanco
menomamente dalla direzione che aveva prima. La mano che fra'
Bonaventura aveva presa non rispondeva in alcun modo alla stretta, ma
era dura, ghiacciata come quella d'un cadavere. Il gesuita la abbandonò
con un certo ribrezzo e si trasse in là; anche il marchese provò una
specie di fastidio per quello sguardo atono, semispento, vitreo che si
ostinava a star fiso su di lui: vide che non c'era nulla da fare e
s'allontanò di alcuni passi.
— Avete voi qualche sospetto intorno agli assassini; credete voi di
poterne scoprire le traccie? domandò egli al Commissario.
— Sono persuaso che già li conosco, almeno i principali: rispose il
signor Tofi; quanto al trovarne io traccie, questo pezzo d'abito
signorile, che viene a confermarmi nell'idea essere fra loro e dei
principali alcuni che vestono panni fini, questo servirà di prova
accusatrice irrepugnabile, perchè si troverà senza fallo il sarto che ha
cucito e trapunto queste lettere e saprà dirci per cui.
Affondò le due mani nelle grandi tasche del suo soprabito, appoggiò il
suo mento quadrato sul duro cravattone e stette innanzi a S. E. nella
mossa del soldato senz'armi in presenza del suo superiore.
Il marchese fece un allo di licenza e di saluto che significava non
avergli più nulla da domandare, e badasse pure ai fatti suoi, e si mosse
per uscire; ma Padre Bonaventura domandava in quella al medico che
ancora non era dipartitosi dal fianco del giacente:
— Crede Ella che questo sventurato possa sopravvivere, o che almeno in
lui la vita possa durare ancora alcun poco?
Il medico si strinse nelle spalle e rispose:
— Sopravvivere, no certo; sarebbe un vero miracolo, e non ci credo; ma
però questo suo stato, e fors'anche con qualche miglioria potrebbe
prolungarsi per alcuni giorni, come pure potrebbe avvenire fra pochi
minuti eziandio la morte.
Messer Tofi, che non trascurava nulla, che per le cose del suo mestiere
aveva una fortunata feracità d'idee, erasi andato a piantare in faccia
al ferito, appiè del letto, e ne guardava con tanta intentività la
faccia terrea e immota che pareva una maschera di creta, da far credere
volesse co' suoi occhi penetrare entro quella testa e leggergli il
segreto del delitto di cui era vittima nelle pieghe del cervello. Gli
parve che alle parole del medico qualche cosa avvenisse in
quell'occhietto appannato che guardava senza espressione dal fondo
dell'occhiaia, una lieve modificazione si facesse, una specie di
turbamento vi si manifestasse. Tofi s'abbrancò alla sbarra del letto e
si curvò verso il giacente con un evidente interesse, guardandolo con
più attenzione.
— Se così è, diceva fra' Bonaventura, continuando il suo colloquio col
medico, sarebbe forse opportuno dire su questo infelice le orazioni dei
moribondi.
— Sì, sì: esclamò vivamente il Commissario di Polizia; glie le dica,
Reverendo. La carità le impone di non lasciar partire quest'anima
poveretta senza i supremi conforti della religione.
Non era del tutto un trasporto di zelo cattolico che movesse il signor
Tofi a parlare così: ma era il desiderio di assicurarsi meglio se quella
sembianza d'emozione ch'egli aveva creduto di scorgere nel paralitico
era vera, se l'anima racchiusa in quel cadavere aveva tuttavia coscienza
di sè e delle cose circostanti e poteva in qualche pur lievissima guisa
manifestare esteriormente le sue sensazioni.
Padre Bonaventura cominciò la recitazione di quelle tristi preci: il
medico si ritrasse in là come colui del quale non è necessaria la
presenza, e si ridusse col giudice nel vano d'una finestra a discorrere
sottovoce; il marchese invece non solo si fermò, ma venne
riavvicinandosi al giacente, per associarsi ancor egli a quell'atto
pietoso: il Commissario stette al suo posto, curvando sopra il letto
verso la faccia di Nariccia la sua lunga persona.
Egli non aveva travisto, sotto quell'appannatura onde quei loschi
occhietti erano velati, un osservatore, qual era il Commissario, potè
scorgere una emozione di spavento, di cordoglio disperato, la quale
cercava, penosamente direi quasi, manifestarsi, e non ci riusciva che a
stento. Si sarebbe detto che quelle pupille volevano rotare sgomentite e
non erano capaci che a girar lentamente, che volevano domandar pietà e
nol potevano, che volevano piangere e non trovavan lagrime. Il volto di
messer Tofi veniva esprimendo una strana soddisfazione che pareva quasi
un sorriso. Appena fu se lasciò finire le preghiere sul labbro del
gesuita.
— Egli ci ode, egli ci vede, egli capisce e può farsi intendere: esclamò
il Commissario. Dottore, venga un po' qua e presti attenzione. Credo
aver trovato il modo di far parlare questo morto.
Il medico ed il giudice s'accostarono vivamente: anche il marchese ed il
gesuita s'aggrupparono intorno al letto non senza un po' d'emozione.
Tofi spiegò quello che aveva osservato.
— Ed ora: soggiunse: stieno attenti tutti che riusciremo a metterci in
rapporto con quell'anima chiusa in quel corpo intormentito.
Si pose vicino al capezzale di Nariccia, e curvandosi verso di lui, gli
disse:
— Per prima cosa rassicuratevi sulla vostra sorte. Il vostro male è
grave, ma non è disperato; se anzi vi mettete con buon coraggio nel
vostro interno a volere riagire contro questo intorpidimento che vi
allaccia, riuscirete a superarlo più presto. Potrete guarire ed avrete
ancora lunghi anni da vivere.
Gli astanti intorno al letto, dominati da un pungente interesse,
tenevano gli sguardi fissi su quella faccia di morto con occhi semivivi:
non un moto, non un cenno, nulla che potesse fare arguire il giacente
avesse udito.
Tofi continuava:
— E più presto vincerete questo vostro torpore, più presto potrete darci
i ragguagli perchè noi possiamo cogliere gli scellerati. Sarete
vendicato (si curvò ancora più sul capo di lui) e potrete riavere tutto
ciò che vi fu tolto.
Un fugace bagliore, come un piccolo guizzo, spento poi tosto, animò
l'occhio destro dell'assassinato.
— Hanno visto? esclamò il Commissario. Per me non v'è più dubbio: egli
comprende.
Il medico dichiarò che quel menomissimo accenno poteva essere puramente
automatico.
— Non è vero che voi ci comprendete? soggiunse Tofi, curvandosi di nuovo
sul giacente. Date retta, messer Nariccia: vegliamo fare una prova:
metteteci da parte vostra ogni sforzo, tutta la buona volontà, perchè
ciò vi deve interessare più di tutti noi. Se voi mi udite, se voi
comprendete quel che dico, volgete il vostro sguardo verso di me.
Tutti si chinarono ansiosi a vedere se questa prova riuscisse. Le
pupille di Nariccia stettero un momentino immote; poi lentamente, come
con fatica, si mossero e la destra si volse verso Tofi, mentre la
sinistra si volgeva appiè del letto, il qual modo era quello di guardare
pe' suoi occhi loschi. Una lieve esclamazione uscì dal petto dei
testimoni di quell'atto che prendeva una strana importanza.
— Vedete s'egli ci comprende! esclamò Tofi con trionfo. Oh noi lo faremo
parlare, e la verità verrà fuori anche da quelle labbra morte. Fate
attenzione, signor Nariccia, continuò indirizzandosi di nuovo al
paralitico; potete voi chiuder le palpebre a volontà? Provatevici un
po', vi prego.
Gli occhi del giacente manifestarono dapprima la stessa esitazione, la
stessa difficoltà di poc'anzi, come restii ad ubbidire all'intimo
volere; poi le ciglia si abbassarono lentamente e le pupille furono
coperte.
— Bene, benissimo: esclamò il Commissario sempre più soddisfatto. Or
dunque — fate bene attenzione, da bravo! — quando voi avreste da
accennare di sì potreste chiudere gli occhi. Sarebbe come una precisa
affermativa alle nostre interrogazioni, pronunziata dalla vostra bocca.
Avete capito?
Le palpebre floscie e giallognole di Nariccia che si erano rialzate
tornarono ad abbassarsi sulle losche pupille.
— A meraviglia! Vedono lor signori che noi ci comprendiamo
perfettamente... E credo che non si voglia perder tempo — chi sa che
cosa può sopravvenire anche nello stato di questo povero diavolo, che
c'impedisca di poi l'approfittare del lume d'intelligenza che gli
rimane? — e sia spediente il venir subito all'argomento che più preme.
Il giudice fece vivamente un cenno di assentimento, e tutti
s'accostarono ancora di più al letto, presi da nuovo e maggiore
interesse.
— Avete voi conosciuto i vostri assassini? Se sì, fate come vi dissi,
chiudete gli occhi, se no, rimanete colle pupille immote.
Più presto di quello che avessero fatto per l'innanzi, le palpebre di
Nariccia s'abbassarono.
Tofi continuò il suo interrogatorio.
— Tutti? Se li avete riconosciuti tutti, chiudete come prima gli occhi;
se alcuni soltanto, volgete le pupille alla destra.
Nariccia chiuse compiutamente gli occhi.
— Potreste dirne i nomi?
L'assassinato fece di nuovo il segno affermativo.
— Troveremo il modo di aiutarvi a dirlo questo nome. Frattanto vediamo
un po' in quanti erano. Io pronunzierò i numeri, facendo una pausa fra
l'uno e l'altro; quando avrò detto il numero che si vuole, voi
accennerete di sì. State attento. Uno!
Aspettò un istante: le pupille del giacente stettero fisse sul volto del
Commissario.
— Due....
Gli occhi rimasero immoti.
— Tre.
Le palpebre si chiusero.
— È giusto. L'avrei detto anch'io che dovevano essere in tre, solamente
a vedere le traccie del delitto. Uno, il più nerboruto, dovette
spacciare la fante, mentre gli altri due erano intorno a voi.
Nariccia fe' segno di sì; ma i suoi occhi, fino allora semispenti e
quasi atoni, cominciavano a prendere un'espressione di sgomento e di
terrore, troppo vivo essendo forse nell'interno l'effetto di questo
richiamargli alla mente l'orribile scena.
— Di questi tre assassini io sono persuaso di sapervi dire il nome di
due: sono due galeotti scappati, di cui uno vien chiamato
_Stracciaferro_, e l'altro _Graffigna_.
Cenno affermativo nel giacente.
— Rimane il terzo, e questo sono persuaso che è il più importante.
Nelle pupille di Nariccia corse come un lampo; era una fiamma fugace di
quel desiderio di vendetta che stava in lui, e con più vivezza che non
avessero ancora avuta, gli occhi si chiusero ad accennar di sì.
— Il pezzo di vestito che voi avevate tra le mani è suo?
Segno affermativo di Nariccia.
— Quello squarcio di abito indica ch'egli vestiva panni signorili. È
così?
Il paralitico rispose affermativamente.
— Sotto quel bavero ci sono trapunte due lettere dell'alfabeto, F. B.
Sono esse le iniziali del nome di quell'individuo?
Le pupille dell'assassinato rimasero immobili.
— No? Eh! volevo dirlo ancor io. Ma con un po' di pazienza voi potrete
farci conoscere subito quel nome. Porgete attenzione. Come abbiamo fatto
pei numeri faremo per le lettere dell'alfabeto: io le pronunzierò
adagio, ad una ad una, e voi mi segnerete via via quelle che entrano a
comporre cotal nome. Cominciamo dalla prima.
Si mise a recitare lento e spiccato le lettere dell'alfabeto; gli occhi
dell'assassinato stavano intentivamente fissi su quelle labbra come per
cogliere a volo il suono delle lettere fatali che avevano da notare,
quasi volendo affrettare la pronuncia di quelle che occorrevano. Ma dopo
pochissimi istanti quelle pupille tornarono ad appannarsi e la fiamma
d'intelligenza che vi balenava venne via via spegnendosi e quando il
Commissario era giunto alla lettera H gli occhi di Nariccia si chiusero.
— Acca! esclamò il signor Tofi meravigliato. Un nome che comincia per
acca? Diavolo! Non me lo sarei mai aspettato.
Si curvò di più sul giacente.
— Ehi! messer Nariccia, date retta: è proprio l'acca che avete voluto
segnare? Riaprite gli occhi da bravo e ripeteteci il segno, se gli è
proprio vostra intenzione di notare questa lettera.
Ma gli occhi di Nariccia non si riaprirono. Il medico s'accostò, lo
esaminò, e disse che era inutile insistere, poichè la soverchia interna
emozione lo aveva tolto della cognizione.
Tofi fece un atto di disappunto.
— Peccato! diss'egli. La cosa era sì bene avviata. Chi sa se
quest'infelice potrà tornare in condizione da riprendere siffatto
interrogatorio!
— Converrà usare dei riguardi: soggiunse il medico, e non ricominciare
troppo presto. La emozione è troppo forte ancora e troppo recente,
perchè facendo rivolgere su quel fatto la sua mente indebolita non
succedano tristi effetti a danno della sua salute.
Il Commissario diede bruscamente una crollatina di spalle che
significava con molta evidenza: «quando ne avessi tratto fuori quel che
voglio, crepi o non crepi costui, che cosa m'importa?» ma non disse
verbo.
Il marchese che non aveva più ragione alcuna d'indugiarsi in quella
casa, se ne partì col gesuita. Il suo animo era stranamente commosso, la
mente turbata. L'intreccio de' casi, la combinazione di quelle strane,
inaspettate, imprevedibili circostanze gli facevano scorgere in tutto
codesto un certo che di fatale, come un disegno della Provvidenza che
volesse, ora, dopo tanti anni, metterlo al cimento di nuovo e dargli
occasione a riparare a quel suo fatto per cui gli durava ancora potente
nell'animo il rimorso. S'egli non avesse ucciso Valpetrosa (andava seco
stesso pensando), il figlio di lui non sarebbe caduto in sì misera
sorte!...
Giunti alla carrozza, che aspettava nella strada, Baldissero e fra'
Bonaventura, questi, mentre il valletto, col cappello in mano, teneva lo
sportello aperto perchè ci salissero, disse:
— Eccellenza, io la saluto. Ella se ne torna forse a casa, ed io rientro
nel mio convento.
Il marchese pose una mano sotto l'ascella del frate a fargli invito a
salire nel legno.
— Venga, venga meco, gli disse, l'accompagnerò fino al Carmine e la
deporrò alla porta.
Salirono ambidue, e la carrozza si diresse di trotto verso il luogo
indicato.
Per un po' rimasero in silenzio tuttedue: fu poscia Padre Bonaventura il
primo che incominciò a parlare col suo tono più insinuante che mai.
— È una dolorosa contrarietà, un fatale contrattempo questa orrenda
disgrazia capitata al povero Nariccia. Temo pur troppo ch'egli non
tornerà mai più in istato da potersi spiegare chiaramente e farsi
intendere con sicurezza; e senza la sua testimonianza è affatto